volta, come nelle favole, quando il tempo sembrava più lento nel passare si la villeggiatura.
diceva:
si parte per
Oggi, passato qualche decennio, i nostri giorni liberi si chiamano “vacanze” e, ora che il bene maggiore è avere un lavoro, si va “in ferie”. Nel primo caso il piacere maggiore era dividere l'aria fresca con le onde del mare, o con il vento delle montagne, dove anche la campagna offriva i suoi silenzi accompagnati dal brucare delle greggi che scandivano le ore del giorno. Si cercava infine la pace e la compagnia di un amico. Le vacanze invece sembravano appartenere solo ai bambini che le riempivano del loro chiasso dimenticando la scuola, le maestre, i brutti voti. Ma le ferie sono un diritto di tutti ed essendosi tramutate in valore assoluto hanno perso quel senso di lievità e di riposo cui all'inizio avevano diritto. Le ferie oggi sono un impegno per tutta la famiglia; si deve cercare di ottenerle assieme, si deve decidere non più per un luogo, ma possibilmente consumarle in diverse località che rispondano al desiderio di ogni componente che viene spinto alla ricerca del meglio delle letture dei rotocalchi e quasi mai da una ricerca personale e meditata.
L'insieme diventa un affanno perché la ricerca del bello, del godimento a ogni costo diventa una fatica. In questi giorni di ferragosto se la figura di Nostro Signore ci potesse guardare dalle sue nuvole vedrebbe il suo popolo correre con la frenesia di un formicaio, quasi impazzito e senza meta verso una felicità che sfugge come i lampi di un temporale. Il compito è quello di divertirsi a ogni costo e in pochi giorni perché gli euro governano con crudeltà la nostra vita, perché non manca giorno che le banche, i governi, e le disavventure dei mercati mondiali, non ci ricordino che se dimentichiamo la serietà, la prudenza, la solidarietà quello che ci aspetta sarà non solo la perdita del superfluo, ma l'impoverimento graduale di tutta una società che aveva creduto di continuare a vivere al di sopra delle proprie possibilità reali. Il rimedio potrebbe essere quello di contenere i desideri che abbiamo scambiato per necessità o per diritti, aprire un libro sulle bellezze dell'India invece di comperare un biglietto per Nuova Delhi. L'Italia offre ricchezze di arte, di storia, di varietà della natura che richiama turisti da tutto il mondo e che noi abbandoniamo senza conoscerle, dimenticando di essere orgogliosi di ciò che ci appartiene. Non c'è paese della Toscana, non c'è porto della Sardegna, né tramonto sulle Dolomiti che trovi l'eguale e distribuito sul medesimo territorio come tutto questo che un fortunato destino ci ha regalato. Allora impariamo ad aprire gli occhi e da amare ciò che ci viene offerto vicino a casa nostra e soprattutto a non sentirci umiliati o diversi a confronto di quelli che partono carichi di bagagli e di affanno di spendere troppo. Vestiamo invece l'abito del turista e cerchiamo anche nella nostra città o nei dintorni del nostro paese ciò che l'intelligenza dell'uomo, o la vivacità della natura ci hanno saputo offrire.
Q
uante volte nella nostra vita ci siamo sentiti chiedere se preferiamo il mare o la montagna, o quale tra queste due località sceglieremmo per passare le nostre vacanze o i nostri momenti liberi? A tal proposito, e a prescindere dalle nostre preferenze, sono stati condotti vari studi sull’argomento. Cominciamo con il mare. Come molti affermano, il mare è considerato un “farmaco” gratuito, in quanto possiede una fonte di proprietà benefiche per la salute. Inoltre, previene e combatte molte patologie. Per gli amanti del mare ogni stagione è buona, ma i mesi estivi sono, da sempre, i mesi per eccellenza, perché sono quelli che ci permettono di recuperare le energie accumulate durante l’anno. Le passeggiate lungomare, i tuffi in acqua, i giochi con la sabbia, prendere il sole o rilassarsi sotto l’ombrellone con un buon libro è tutto ciò che ci può distendere e che ci fa tornare il buon umore. Ma anche il corpo e la mente ne traggono molti benefici, motivo per cui anche molti medici lo consigliano. Gli esperti sostengono che l’assorbimento dei sali e degli oligoelementi favorisce il ripristino dell’equilibrio organico ed il corpo diventa così più forte e resistente ai fattori esterni dell’ambiente. E l’acqua del mare, grazie alla salsedine, aiuta a liberare le vie respiratorie; ma non solo, in linea generale il mare allevia da forme di allergia, sinusite e asma; i dolori ossei si riducono (distorsioni, artrosi, dolori articolari, malattie reumatiche), così come si riducono le malattie della pelle (eczemi, psoriasi, dermatiti). Inoltre, esso contribuisce anche a migliorare gli stati anemici, l’ipotiroidismo e, aspetto molto importante, aiuta a combattere gli stati depressivi. Altri fattori interessanti: il mare attiva la circolazione sanguigna, migliora il metabolismo, il sistema circolatorio, il tono muscolare e rafforza le difese immunitarie. Senza considerare il fatto che l’aria che si respira al mare contiene una quantità di sali minerali, come il cloruro di sodio e di magnesio, lo iodio, il calcio, il potassio, il bromo ed il silicio. Tutto ciò è ottimo, ovviamente, per gli amanti
del mare; ma per chi invece predilige la montagna? Anch’essa aiuta moltissimo e fa bene alla salute; tra l’altro, anche alcune ricerche scientifiche hanno dimostrato che stare nella natura sia un vero toccasana per abbassare lo stress e per stimolare la produzione di endorfine, che sono responsabili della sensazione di benessere. Alcune di queste ricerche sono state effettuate, ad esempio, dalla University of Michigan e dalla bretannica Edge Hill University e pubblicate sulla rivista scientifica “Ecopsychology”. Risultati che sono poi stati confermati anche da un’altra ricerca britannica condotta dal “Social Economic and Geo-
graphical Sciences Research Group”, presso il James Hutton Institute di Aberdeen (in Scozia), che ha dimostrato come anche piccole passeggiate nella natura, effettuate con regolarità (almeno tre volte a settimana), possono abbattere i livelli di stress. Inoltre, è interessante sapere che il sistema sanitario scozzese si è mosso proprio in questa direzione e ha messo in atto il programma “Nature Prescriptions”, il quale prevede, oltre alle terapie tradizionali, anche prescrizioni di “dosi di natura” in caso di malattie croniche quali ansia, diabete, ipertensione e depressione. Successivamente sono state effettuate anche altre ricerche ed esperimenti, come quelli svolti da alcuni ricercatori della Virginia, al termine dei quali è emerso che le persone più estroverse preferiscono stare negli spazi aperti e più frequentati, come le spiagge; mentre quelle più introverse sono attratte più da boschi e da montagne. Questo sembra derivare dal fatto che le foreste sono mete ideali per la solitudine e la riflessione, oltre ad offrire meno opportunità di aggregazione; a differenza delle spiagge, con distese di sabbia, bar e discoteche dove non può mancare occasione di fare festa. In ogni caso, tra mare e montagna è solo una questione di gusti e la scelta migliore da fare è sicuramente quella di pensare al nostro benessere psicofisico e di ricaricare le batterie ogni qualvolta se ne sente il bisogno.
Caro amico/a, sono il tuo cane. Sì, proprio io, quel rompiscatole che devi portare a spasso due o tre volte al giorno e che ti osserva con sguardo languido e affamato anche se ha appena fatto fuori un chilo di carne di maiale. Tu per me sei un dio. Anzi, il Dio, nella mia elementare cosmogonia che non cerca forze divine intangibili ma si accontenta della materialità del quotidiano. Sei il mio dio e ti amo qualunque cosa tu faccia. Anche se sei un integralista cattolico, un estremista di sinistra o di destra, un violento patologico, anche se non ricicli i rifiuti, se sei debole con i forti e forte con i deboli, se sei malato, stupido, vigliacco, ignorante, io ti voglio bene. Nessun altro ti amerà mai dello stesso amore incondizionato. I tuoi genitori sono vecchi ed egoisti, il tuo partner ti ha lasciato per un altro/a più ricco o bello, i tuoi fratelli ti snobbano, il tuo datore di lavoro ti umilia, i tuoi amici scompaiono nel momento del bisogno, lo Stato succhia i tuoi soldi. Per me non c’è nessuno più bello e interessante di te. In cambio non ti chiedo che cibo, coccole e un po’ di attenzione, specialmente se è primavera e si fa dura la lotta per la riproduzione. Tra poche settimane andrai in vacanza e come ogni anno ho paura: paura che dimentichi tutto questo. Paura di ritrovarmi da solo sul ciglio di un’autostrada, tra auto che sfrecciano a 150 km/h accanto a me, di non rivedere più la mia cuccia e la mia ciotola. Tu hai mai avuto paura? Io non ho paura della morte come voi umani: accetto la transitorietà della mia esistenza. Ho paura, invece di essere abbandonato perché l’albergo non accetta animali o perché, semplicemente, per te é più semplice così, andare in vacanza senza palle al piede. Non rendere reale questo incubo. Non abbandonarmi, non lasciarmi solo. Non rendere la mia vita brutta come quella di voi umani, che da tanto tempo avete dimenticato cos’è l’amore incondizionato. Con affetto. Il tuo cane.
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è l’8° mese dell’anno nel Calendario Gregoriano e abbraccia il periodo più caldo dell’anno, con il termometro che fa segnare le temperature più alte. Ciò lo rende tradizionalmente il periodo ideale per andare in vacanza. In natura segna la fase di raccolta in particolare del grano, come suggerisce il fatto che gli antichi romani avevano consacrato il mese a Cerere, dea delle messi e della vegetazione. Nei 31 giorni che lo compongono sono compresi i cosiddetti ”giorni della canicola” (dal 24 luglio al 26 agosto) durante i quali il caldo e l’afa raggiungono i livelli più alti. “Canicola” viene dal latino canicula, “piccolo cane”, nome dato alla stella più luminosa (Sirio) della costellazione del Cane Maggiore, che in questo periodo sorge prima del Sole. I Cattolici celebrano l’Assunzione di Maria al Cielo il 15 del mese, noto come giorno di Ferragosto e ispirata a un’antica festività romana. Per studiosi e appassionati di fenomeni celesti, è imperdibile la celebre notte di San Lorenzo, o “delle stelle cadenti”. In quella data - convenzionalmente il 10 agosto ma che spesso slitta ai giorni successivi - si verifica il suggestivo fenomeno degli sciami meteorici: una pioggia di meteore che entrando a grande velocità nell’atmosfera terrestre si disintegrano in tanti piccoli corpi luminosi.
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F
ilippo spegne il motore, dal sedile posteriore prende la borsa. Fa ogni cosa con calma, questa sera non deve correre a casa per preparare la cena ai figli. Niente pizza surgelata o affini: sua moglie Ida è tornata dal Veneto, dove è stata ad accudire il padre in ospedale. Col pensiero si pregusta già la bella serata tranquilla. Unica preoccupazione: i suoi genitori, che da qualche giorno soffrono per l’influenza. Ma anche lì, la situazione sembra migliorata. Quando scende dalla macchina, un brivido di freddo gli corre per la schiena. Pochi passi ed è davanti a casa. Un uomo è appoggiato al portone. Gli sguardi si incrociano. Filippo ha già la chiave nella toppa, quando l’uomo si avvicina e bisbiglia: «Mi scusi, non avrebbe una coperta? Dormo là sotto i portici, vicino al bancomat. La mia ormai è consumata...». In un istante, a Filippo viene in mente che a Natale è arrivata una bella trapunta che però non serve a nessuno. «Se aspetti, salgo a prenderti qualcosa». Il senzatetto fa un mezzo sorriso: «Ho capito. Non importa». «No, non hai capito. Non sto scherzando. Torno davvero». In casa c’è profumo di pasta e broccoli. Il suo piatto preferito. Filippo entra in cucina, dove Ida sta finendo di apparecchiare. «Ciao. Ho bisogno subito della trapunta che ci hanno regalato». La moglie lo guarda con aria interrogativa: «È in camera delle ragazze. Ma a cosa ti serve con così tanta fretta?». «È per un povero che ho incontrato qua sotto». Prima di uscire, ripassa dalla cucina. Tutto è pronto. «Avrà anche fame... Chissà se ha mangiato». Ida non dice nulla. Scende di corsa e gli consegna la trapunta ancora impacchettata. «Ecco, per te. Come ti chiami?». «Antonio». E prendendo l’involucro: «Ma è nuova!». «Sì, mai usata. Allora, buona serata». «Grazie ancora». L’uomo, con il pacco sottobraccio, sta per andare, quando Filippo lo ferma: «Vuoi venire a mangiare un boccone da noi?». Antonio si guarda e poi: «Meglio di no. Da tempo non riesco a farmi una doccia, lascia perdere». Filippo non molla: «Dai, vieni. Mia moglie è una brava cuoca e i miei figli... li conoscerai». Alla fine, l’uomo si convince. A tavola, i ragazzi si presentano. Poi tocca ad Antonio: «Ho 42 anni. Fino a qualche anno fa lavoravo in una ditta di spedizioni. Poi ho perso il lavoro». Giacomo, il più piccolo, chiede: «Come mai?». «È una storia lunga». «E adesso dove vivi?». «Non ho una casa, non ho nulla». Poi si passa al racconto di quello che è capitato nei giorni in cui la mamma non c’era. Stranamente non ci sono battibecchi o litigi. In un momento di silenzio, Antonio esclama: «Come fate ad essere così? Sembrate una famiglia... della pubblicità!». Filippo guarda Ida prima di rispondere: «Siamo così perché amati da Cristo». E l’unica risposta che gli viene. L’unica che tenga. La più concreta. Dopo il caffè, Antonio riprende il suo pacco. Tutta la famiglia lo accompagna in strada. Filippo gli stringe la mano: «Buonanotte. Ci rivediamo». Lui sorride: «Certo. Io sono sempre in zona. Grazie ancora». Risalendo in casa, Filippo pensa a chi rivolgersi per dargli una mano, quando il cellulare si illumina. È un sms della mamma: «Venuta guardia medica. Per papà sospetta polmonite». Di corsa in casa a prendere le chiavi della macchina e via al Pronto Soccorso. La serata tranquilla è definitivamente cancellata. Ma è lì, mentre attraversa la città, che gli viene in mente una frase della lettera del Papa: «Andiamo dai poveri non perché sappiamo già che il povero è Gesù, ma per tornare a scoprire che quel povero è Gesù...».
Sui monti
del Rio Grande do Sul non c’era che foresta vergine: i contadini veneti, tra enormi sacrifici, in pochi decenni la trasformarono in ordinati vigneti con fiorenti città commerciali Rimodellando la stessa struttura sociale brasiliana, che fino ad allora conosceva solo i grandi latifondi lavorati da schiavi Il Brasile l’hanno costruito gli immigrati. Prima i portoghesi, poi gli schiavi africani e quindi, dopo il distacco dal Portogallo, nel 1822, gli europei. Soprattutto gli italiani. Quando il governo decise di riconoscere l’enorme debito di riconoscenza che ci era dovuto, scelse la città di Caxias do Sul. Qui il presidente Getulio Vargas inaugurò nel 1954 il grandioso Monumento nazionale all’immigrato sul quale campeggia la scritta « A nação brasileira ao imigrante ». Perché proprio Caxias? Perché in questa città che ora supera il mezzo milione di abitanti, nella quale tutto, a partire dai cognomi, tradisce l’origine peninsulare, incuneata nella zona di montagna del Rio Grande do Sul, nel lembo meridionale del Brasile, a 800 metri di altitudine, è avvenuto uno più riusciti e straordinari trapianti di popolazione dell’intera storia migratoria. Una vicenda epica, che merita di essere meglio conosciuta. Oggi Caxias è uno dei centri più ricchi e industrializzati di tutta l’America latina, con colossi produttivi come la fabbrica di autobus Marcopolo, quella di camion e vagoni ferroviari Randon, aziende vinicole e agroalimentari poderose. Ma ancora a fine ’800 non era che un remoto villaggio di contadini che lavoravano come matti per disboscare la foresta e mettere insieme due pasti al giorno. Attorno c’era il vuoto. Tutto il Brasile non aveva che dieci milioni di abitanti (1872) e il Rio Grande do Sul (esteso poco meno dell’Italia) meno di mezzo milione, dislocati sulla costa atlantica. La zona di montagna, la Serra Geral coperta da incontaminate foreste di araucaria dove ora sorge Caxias, era terra di nessuno, abitata solo da animali e da residue tribù indigene. Il governo decise così di iniziare una massiccia politica immigratoria dall’Europa per riempire lo spazio e metterlo a coltura, ristabilire l’equilibrio fra la componente bianca e quella nera, che rischiava di diventare maggioritaria, affiancare la piccola proprietà contadina di lavoratori liberi alle immense proprietà terriere di origine portoghese, fondate sul lavoro schiavo. Il territorio più delicato era proprio il Rio Grande, il più fertile, percorso da fremiti separatisti mai sopiti anche dopo la fine della Guerra dei Farrapos (18351845), quella in cui si era infilato Garibaldi dopo la fuga dal Piemonte. Qui, nella serra, fu delimitata una zona coloniale vasta più o meno come la Val Padana, e vi fu indirizzata, negli ultimi decenni dell’800, una parte della folla di emigranti italiani che dopo l’Unità fuggivano dalla miseria delle campagne per cercare terra e lavoro nel nuovo mondo. Dopo un viaggio sfibrante – via oceano fino a Santos e da Santos a Porto Alegre, quindi via fiume e poi a piedi fino alla zona coloniale – approdarono in queste montagne circa settantamila famiglie, per la maggior parte provenienti dal Veneto. Ricevettero lotti di terreno mal delimitati nei boschi, gli attrezzi indispensabili per disboscare e seminare e fu detto loro di arrangiarsi. I primi anni furono drammatici. «È doloroso, è orribile il seguire gl’infelici emigranti nel loro
Calvario», scrivono gli ispettori italiani che dal consolato di Porto Alegre cercavano di seguirli e inviavano relazioni al nostro ministero degli Esteri proponendo misure a loro favore, sempre disattese. Qui, invocano i consoli, occorrono maestri elementari, medici, una linea diretta di navigazione fra Genova e Porto Alegre. Qui sta nascendo una nuova Italia che contribuisce con le rimesse alla ricchezza nazionale (incredibilmente, questa gente risparmiava e mandava denaro in Italia) e chiede soccorso. Invece non fu fatto nulla. I coloni fecero tutto da sé. Molti «vivono in uno stato semiselvaggio, non osano mostrarsi quando passa un viaggiatore ». A salvarli fu il clima sano di montagna, ventilato, con stagioni ben differenziate. E poi la coesione famigliare, la solidarietà reciproca, il senso religioso forte che avevano portato dall’Italia. L’isolamento mantenne viva la lingua, la parlata dialettale veneta (nessuno parlava italiano), che è sopravvissuta e oggi è riconosciuta per legge come patrimonio culturale del Rio Grande, il talian. Più forte della disperazione fu tuttavia la libertà da ogni servitù che offriva loro il Brasile, la prospettiva della proprietà della terra che era stata negata loro in Italia. Già alla vigilia della Grande Guerra, una quarantina d’anni dopo i primi arrivi, la zona era irriconoscibile. Dove c’era prima la foresta, ora c’erano paesi, strade, coltivazioni, un’attiva rete di scambio. La vite, prima sconosciuta in Brasile, era entrata definitivamente nel ciclo produttivo locale e Caxias svettava fra le colonie come il centro più prospero e vivace. «Predominano le case di legno – scrive il console italiano Giovanni Battista Beverini nel 1912 – tutto, in esse, vi dà l’idea del lavoro febbrile, materiale; nulla, neppure il letto, offre l’idea del riposo». I lotti di terreno erano stati riscattati e avevano fatto nascere una nuova classe di piccoli proprietari. A prezzo di inenarrabili sacrifici era avvenuto esattamente quello su cui aveva puntato il governo creando la colonia italiana: era nato un inedito modello sociale di lavoratori autonomi, di piccoli imprenditori, sconosciuto nel vecchio Brasile portoghese a economia servile. Una censura si ebbe quando divenne presidente Getulio Vargas. Per unificare i tanti Brasili che convivano nel suo immenso Paese progettò l’“Estado novo” con una forte impronta autoritaria e misure che limitavano le manifestazioni di autonomia. Quando poi scese in guerra contro l’Asse, nel 1942, l’uso in pubblico dell’italiano (e del tedesco) divenne un reato. Per molti vecchi immigrati, che non avevano mai imparato il portoghese e parlavano solo il dialetto veneto, queste misure apparvero quasi un tradimento. È per riparare quel torto che lo stesso Vargas, tornato al potere dopo la guerra, volle andare a Caxias a inaugurare il monumento all’immigrato. Delle sofferenze d’un tempo rimane ormai solo il ricordo, anche se l’espressione “colonia” continua ad essere usata per indicare il vecchio territorio italiano. A tenere viva la memoria delle origini oggi c’è la “Festa da uva”, un evento di rilievo nazionale che richiama centinaia di migliaia di persone a Caxias, una delle città più prospere e produttive di tutto il Sudamerica. I discendenti di quei contadini analfabeti sono diventati la classe dirigente del Rio Grande do Sul, al quale hanno dato, nel dopoguerra, sette governatori e una nuova generazione di storici, sempre più attivi nelle università, a partire proprio da quella di Caxias, fondata nel 1967. I loro studi, dopo quelli pionieristici di Rovilio Costa (1937-2009), tendono a dimostrare come l’emigrazione europea (italiana in primis) e la colonizzazione non rappresentino una storia minore, una sorta di versione americana di quella che noi chiamiamo storia locale, ma siano, al contrario, parte integrante e decisiva del processo di costruzione della nazione e dello Stato. La tesi che se ne può ricavare è tanto suggestiva quanto innovativa per la cultura nazionale: il Brasile moderno non è un paese monocentrico (Rio de Janeiro, San Paolo, la Bahia) ma policentrico, tuttora in divenire, alla cui costruzione hanno contribuito e contribuiscono tanto le componenti tradizionali, di origine coloniale, quanto quelle derivate dall’emigrazione. Come dire: la Festa dell’uva è costitutiva dell’identità del Brasile non meno del Samba di Rio o della Capoeira o della letteratura del Sertão. E così gli italiani, dopo aver rifuso la società e trasformato l’economia del Paese che li ha accolti, ne stanno ora modificando la percezione culturale.
ull'isola di Brownsea (nella baia di Poole, sulla Manica) si raduna un gruppo di venti ragazzi con sette adulti in veste di coordinatori: è il primo campo scout della storia! Nato da un’idea del generale inglese Sir Robert Baden-Powell, lo scoutismo si pone come una proposta educativa ed esistenziale, complementare alla famiglia ed alla scuola. Basato sul principio dell'imparare facendo, la disciplina scout mira a formare il carattere e la personalità dei giovani adolescenti stimolando il senso di responsabilità, di competenza personale e di collaborazione. Tutto questo all'aria aperta, a stretto contatto con la natura. Attualmente lo scoutismo conta oltre 30 milioni di iscritti in circa 216 paesi nel mondo
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ignore insegnaci a pregare. Tutto prega nel mondo: gli alberi della foresta e i gigli del campo, monti e colline, fiumi e sorgenti, i cipressi sul colle e l’infinita pazienza della luce. Pregano senza parole: «ogni creatura prega cantando l’inno della sua esistenza, cantando il salmo della sua vita» (Conf. epis. giapponese). I discepoli non domandano al maestro una preghiera o delle formule da ripetere, ne conoscevano già molte, avevano un salterio intero a fare da stella polare. Ma chiedono: insegnaci a stare davanti a Dio come stai tu, nelle tue notti di veglia, nelle tue cascate di gioia, con cuore adulto e fanciullo insieme. «Pregare è riattaccare la terra al cielo» (M. Zundel): insegnaci a riattaccarci a Dio, come si attacca la bocca alla sorgente. Ed egli disse loro: quando pregate dite “padre”. Tutte le preghiere di Gesù che i Vangeli ci hanno tramandato iniziano con questo nome. È il nome della sorgente, parola degli inizi e dell’infanzia, il nome della vita. Pregare è dare del tu a Dio, chiamandolo “padre”, dicendogli “papà”, nella lingua dei bambini e non in quella dei rabbini, nel dialetto del cuore e non in quello degli scribi. È un Dio che sa di abbracci e di casa; un Dio affettuoso, vicino, caldo, da cui ricevere le poche cose indispensabili per vivere bene. Santificato sia il tuo nome. Il tuo nome è “amore”. Che l’amore sia santificato sulla terra, da tutti, in tutto il mondo. Che l’amore santifichi la terra, trasformi e trasfiguri questa storia di idoli feroci o indifferenti. Il tuo regno venga. Il tuo, quello dove i poveri sono principi e i bambini entrano per primi. E sia più bello di tutti i sogni, più intenso di tutte le lacrime di chi visse e morì nella notte per raggiungerlo. Continua ogni giorno a donarci il pane nostro quotidiano. Siamo qui, insieme, tutti quotidianamente dipendenti dal cielo. Donaci un pane che sia “nostro” e non solo “mio”, pane condiviso, perché se uno è sazio e uno muore di fame, quello non è il tuo pane. E se il pane fragrante, che ci attende al centro della tavola, è troppo per noi, donaci buon seme per la nostra terra; e se un pane già pronto non è cosa da figli adulti, fornisci lievito buono per la dura pasta dei giorni. E togli da noi i nostri peccati. Gettali via, lontano dal cuore. Abbraccia la nostra fragilità e noi, come te, abbracceremo l’imperfezione e la fragilità di tutti. Non abbandonarci alla tentazione. Non lasciarci soli a salmodiare le nostre paure. Ma prendici per mano, e tiraci fuori da tutto ciò che fa male, da tutto ciò che pesa sul cuore e lo invecchia e lo stordisce. Padre che ami, mostraci che amare è difendere ogni vita dalla morte, da ogni tipo di morte.
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Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi
SALUTO +Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. T. Amen. C. La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo siano con tutti voi. T. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Fiduciosi nella misericordia del Padre, chiediamo a lui perdono dei nostri peccati e dell’incapacità di riconciliarci gli uni gli altri per essere avvolti dal suo amore. Breve pausa di riflessione personale Signore, spesso siamo preoccupati per la nostra vita e non ci curiamo di coloro che sono nel bisogno: Signore, pietà. Cristo, spesso bussiamo a “porte effimere” invece di chiedere al tuo cuore ciò che manca alla nostra vita: Cristo, pietà. Signore, spesso eleviamo preghiere a idoli falsi invece di invocare il tuo nome nel quale c’è salvezza: Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. T. Amen. GLORIA Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. Preghiamo Rivelaci, o Padre, il mistero della preghiera filiale di Cristo, nostro fratello e salvatore e donaci il tuo Spirito, perché invocandoti con fiducia e perseveranza, come egli ci ha in-
segnato, cresciamo nell'esperienza del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen (seduti) LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro della Gènesi In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». Parola di Dio. T. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R. Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto. Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole del-
la mia bocca. Non agli dèi, ma a te voglio cantare, mi prostro verso il tuo tempio santo. R/. Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome. Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza. R/. Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile; il superbo invece lo riconosce da lontano. Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita; contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano. R/. La tua destra mi salva. Il Signore farà tutto per me. Signore, il tuo amore è per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani. R/. Seconda Lettura Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Parola di Dio. T. Rendiamo grazie a Dio. (in piedi) Canto al Vangelo ALLELUIA Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre! ALLELUIA VANGELO C. Il Signore sia con voi T. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo LUCA T. Gloria a te o Signore Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami
tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Parola del Signore. T. Lode a te o Cristo OMELIA ( Seduti) CREDO in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C .Gesù ci insegna ad avere fiducia nel fatto che il Padre sempre ascolta le nostre invocazioni. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, insegnaci a chiamarti Padre.
1. Perché non ci stanchiamo mai di cercare e di chiedere giustizia. Preghiamo. 2. Perché sappiamo sempre che l’unica rottura che può recidere il nostro rapporto col Padre è il nostro rifiuto. Preghiamo. 3. Perché siamo sempre coscienti che nel nostro battesimo siamo entrati a far parte di una comunità nella quale ci rivolgiamo ad un unico Padre. Preghiamo. 4. Perché impariamo ad accogliere l’immagine di Dio che ci è rivelata nel Vangelo. Preghiamo. C. O Padre, la tua volontà di chiamarci “figli” supera la nostra capacità di riconoscerti come Padre. Aiutaci ad accettare quanto è meraviglioso ciò che siamo insieme a te. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore T. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. T. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Accetta, Signore, queste offerte che la tua generosità ha messo nelle nostre mani, perché il tuo Spirito, operante nei santi misteri, santifichi la nostra vita presente e ci guidi alla felicità senza fine. Per Cristo nostro Signore. T. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. T. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. T. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio T. E’ cosa buona e giusta C. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Abbiamo riconosciuto il segno della tua immensa gloria quando hai mandato tuo Figlio a prendere su di sé la nostra debolezza; in lui nuovo Adamo hai redento l'umanità decaduta e con la sua morte ci hai resi partecipi della vita immortale. Per mezzo di lui si allietano gli angeli e nell'eternità adorano la gloria del tuo volto. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode. Santo… (In ginocchio) CONSACRAZIONE C. Mistero della fede
T. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO ……. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. T. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli RITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. T. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. T. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. T. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. Preghiamo O Dio, nostro Padre, che ci hai dato la grazia di partecipare al mistero eucaristico, memoriale perpetuo della passione del Tuo Figlio, fa' che questo dono del suo ineffabile amore giovi sempre per la nostra salvezza. Per Cristo nostro Signore. T. Amen C. Il Signore sia con voi. T. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo T. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. T. Rendiamo grazie a Dio