. Quest’anno non fa tanto caldo; l’estate non si vede. Molta gente non ha nemmeno i soldi per andare in vacanza. Siamo tutti un po’ intorpiditi: il tempo un po’ triste mette poca voglia di uscire o godersi il tempo libero, non ci si sente in vacanza (perché si è a casa, o perché piove…) e non si ha l’energia e gli impegni che costellano la quotidianità dei mesi freddi. Non è però soltanto il corpo ad essere stanco, o la voglia di divertirsi che manca. Quello che manca di più, secondo me, in questo periodo, è la vita stessa. Perché la vita è vivere minuto per minuto, istante per istante, in pienezza. È essere attenti, all’erta, rispetto a ciò che accade accanto a noi e attorno a noi. E basta aprire la finestra della nostra vita per vedere che la pioggia sull’estate forse è un problema non poi terribile. In Iraq file stremate di persone senza cibo, acqua o medicinali sono costrette a percorrere chilometri sotto il sole, avendo abbandonato ogni cosa, senza un futuro, senza un luogo dove andare, sole con la loro fatica e con la loro angoscia. A Gaza ed in Israele, innocenti continuano a morire: io non so chi abbia più ragione (o meno torto) fra le parti in guerra, ma è innegabile che morte, distruzione, sofferenza e devastazione si assommano le une alle altre. In Siria, in Ucraina e in tante parti del mondo si continua a sparare. In Africa, Ebola falcia e contagia, e resistono solo medici coraggiosi e missionari intrepidi. Nel Mediterraneo, migliaia di persone si accalcano su barconi fatiscenti, affrontano traversate impossibili e spesso muoiono sperando in un futuro migliore. E anche nel nostro Paese c’è tanta stanchezza, tanta povertà, tanta solitudine fra gli anziani, tanta disperazione fra i giovani. Non voglio sommergere chi mi legge con un fiume di sofferenza. Anch’io, certe volte, vorrei sentire i tele-
giornali estivi di una volta, in cui la notizia del giorno era il cagnolino intelligente che sapeva fare sci d’acqua. Ma purtroppo questa è la realtà. Per alcune di queste realtà possiamo fare poco: pregare, per chi ci crede, e cercare almeno di parlarne perché non se ne perda la coscienza. Per altre, possiamo donare un pochino dei nostri risparmi: so che molti di noi ne hanno pochi, in questo momento, ma quasi tutti possiamo ancora permetterci qualche sfizio e qualche spesa non necessaria. Proviamo a pensare a chi non ha veramente nulla. Per altre ancora, basterebbe che aprissimo gli occhi e vedessimo le fatiche e i bisogni (anche solo di un sorriso o di una parola gentile) di chi ci sta intorno. La signora del pianerottolo di fronte, che passa da sola il ferragosto, e che magari vorrebbe qualcuno che le chiede come va. La persona senza fissa dimora che vorrebbe smettere di essere invisibile. Quella persona così noiosa che quando comincia a parlare non smette più, ma che forse parla come un fiume in piena perché non ha mai nessuno che la ascolti. Pensiamoci. Non solo faremo bene a qualcuno, ma saremo anche più vivi noi. Perché emozionarsi, accogliere l’altro, accorgersi del prossimo è ciò che i Greci chiamavano "estesia": e il contrario è anestesia.
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pesso le vacanze in famiglia non permettono ai genitori di riposarsi come vorrebbero. Le ferie al mare sono per esempio fantastiche per i bambini, che possono trascorrere ore a giocare nella sabbia, ma implicano lunghi e faticosi viaggi in auto, in treno o in aereo. Spesso all'arrivo si è già stanchi morti. Se si vuole trovare un momento di pace e permettere ai bambini di vivere avventure emozionanti e ricche di insegnamenti le vacanze in fattoria sono l'ideale. Le fattorie offrono infatti un sacco di vantaggi. I bambini possono sfogarsi a piacimento, vivere a stretto contatto con gli animali e imparare da dove viene il cibo che consumano. 6 ragioni per trascorrere le vacanze in fattoria con la famiglia 1. Un ambiente adatto ai bambini Nelle fattorie vivono spesso bambini di ogni età. C'è dunque sempre qualcosa da fare. La famiglia del fattore sa inoltre tutto ciò che serve ai suoi ospiti perché possano trascorrere vacanze senza stress: dai lettini per i più piccoli, ai fasciatoi, fino ad arrivare agli scaldalatte, le fattorie sono davve. 2. Scoperte entusiasmanti Per i bambini la campagna rappresenta un mondo fatto di giochi e divertimenti infiniti. Possono per esempio fare amicizia con i figli del fattore e insieme a loro scorrazzare a piacimento. In questo modo non si annoiano mai e la sera vanno a letto stanchi e contenti. 3. La vita agricola vissuta in prima persona Ai bambini piace farsi coinvolgere: per esempio dando da mangiare alle caprette, osservando le galline o assistendo alla nascita di un animale. Non c'è nulla di più bello del viso incuriosito di un bambino mentre scopre tutti i misteri della vita agreste giocando e divertendosi. A questo proposito, quando prenoti la vacanza controlla che nel pacchetto sia inclusa la possibilità di partecipare in prima persona. È anche possibile frequentare corsi di equitazione, di cucina o di giardinaggio. I propri desideri possono essere espressi anche per telefono al momento della prenotazione. Molti contadini sono flessibili e felici di poter esaudire richieste specifiche. 4. Relax a contatto con la natura Lasciati alle spalle lo stress quotidiano: mentre i bambini si divertono, tu e il tuo partner potete rilassarvi e ritrovare la pace perduta. Dimentica riunioni e termini di consegna: in campagna puoi concentrarti sulle emozioni che vivi al momento. 5. Piatti sani e gustosi Una fattoria è il posto migliore al mondo dove consumare cibi freschi e sani! Nella maggior parte delle fattorie la colazione è compresa. Ciò significa uova fresche, latticini e pani fatti in casa. Gli altri pasti sono spesso composti da carne, salumi e patate del campo. E ovviamente non mancano frutta né verdura fresche di stagione. 6. Prodotti freschi da portar via Alla fine della vacanza è bello portare con sé un ricordino o regali per amici e parenti. Molte fattorie hanno anche un negozietto dove vendono i propri prodotti. Per esempio miele, salsicce, formaggio o confetture: le fattorie hanno molto da offrire dal punto di vista gastronomico!
Marcinelle, tragedia in miniera: A meno di due settimane dall'affondamento dell'Andrea Doria, l'Italia è colpita da una nuova e più grave tragedia. Nella miniera di Marcinelle (versante sud-occidentale del Belgio), per un errore umano, un carrello trancia un cavo elettrico e il conseguente corto circuito provoca un terribile incendio. A 975 metri di profondità si scatena l’inferno e ogni tentativo dei soccorritori risulterà vano. Perdono la vita 262 operai (su 274 del personale complessivo), molti nel tentativo disperato di mettersi in salvo tra vie di fuga impossibili. I morti sono di varie nazionalità (belgi, greci, polacchi, ungheresi, etc.) ma in maggioranza italiani (ben 136). Emigranti da ogni parte del Bel Paese in cerca di lavoro, avevano trovato qui la loro risposta, nell’ambito di un accordo italo-belga che in cambio di manodopera (carente nel paese fiammingo) impegnava l’Italia a importare il carbone estratto a Marcinelle. Mesi e mesi occorreranno per estrarre i corpi intrappolati in cunicoli e gallerie a diversi metri di profondità (l’ultimo sarà recuperato nel dicembre del 1957). I risultati della commissione d’inchiesta e del successivo processo saranno caratterizzati da omissioni e imprecisioni, al centro di aspre e lunghe polemiche tra le comunità italiana e belga. Parte della verità verrà a galla più tardi, ponendo l’accento sulle condizioni di sicurezza precarie della miniera, sfruttata in maniera crescente dal 1822. Un aspetto eclatante, all’origine della tragedia, scoperto in seguito: il cavo dell’olio correva vicinissimo a quello elettrico e questo avrebbe favorito il diffondersi delle fiamme in tutta la miniera. Oggi la miniera è un luogo della memoria che ricorda quei tragici momenti e anche un museo sulla storia dell’attività estrattiva e dell’industria.
"Come Gesù, Francesco parla ma anche agisce in parabole”. Parte da questa constatazione il libro “C’era un vecchio gesuita furbaccione”, un agile volumetto di 200 pagine edito dalle Paoline. Comprende “100 + 10 parabole”, e che raccoglie alcuni tra i racconti più vivi usati da Papa Francesco nella predicazione, a supporto del suo magistero narrativo, a similitudine delle parabole di Gesù". …."Crediamo di poter dimostrare - spiegano gli autori, il decano dei vaticanisti Luigi Accattoli, e il più giovane ma non meno arguto Ciro Fusco - che gli esempi del Papa costituiscono la forma più contagiosa con cui egli propone il ritorno al Vangelo. Le parabole gli servono per farsi capire, ma anche per scuotere e per dire qualcosa quando non può dire tutto". UNA “ PARABOLA” NARRATA: La puzza dei piedi Una volta ha fatto anche di più elevando la puzza dei piedi quasi ad elemento salvifico. “Alcuni giorni fa - ha raccontato all’udienza generale del 26 ottobre 2017 - è successa una storia piccolina, di città. C’era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: ‘Ma, lei cerca qualcosa?’. Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: ‘Io vorrei andare a San Pietro per entrare nella Porta Santa’. E la signora pensò: ‘Ma, non ha le scarpe, come farà a camminare?’. E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava e l’autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l’ha lasciato salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po’ della sua storia di rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a qui. Quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all’inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: “No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore’. Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di incomodità, ‘ma … puzza …’. Ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati". LE “PARABOLE” VISSUTE Le parabole bergogliane non sono però solo quelle ‘narrate’, ma quelle “vissute e attualizzate, che sono numerose e significative almeno quanto quelle narrate” e che si potrebbero definire come “atti con una loro concretezza e novità, che hanno come protagonista il Papa in persona e sono svolti con finalità di insegnamento”. Un esempio: “Battezza la bambina di una coppia sposata civilmente (12 gennaio 2014) ed è parabola vissuta che completa le parabole narrate che dedica alle dogane pastorali imposte a chi vive in situazione irregolare”. Un altro: “Visita la moschea di Bangui che raggiunge avendo come ospite l’imam sulla papamobile (29 novembre 2015)”. Un altro ancora: “Incontra in un appartamento romano un gruppo di preti che hanno lasciato il ministero e si sono sposati (11 novembre 2016) e lo fa perché ‘questi spretati sono guardati con disprezzo’ ”. Atti come quest’ultimo “dicono – rileva Accattoli – misericordia verso gli irregolari o i feriti dalla vita”. Di più: “Se si attua una compiuta ermeneutica si può notare come essi alludano a possibili cambiamenti del diritto o della prassi o a una nuova interpretazione degli stessi”. Ed è qui il punto fondamentale, perché “Francesco, con la sua parabola vissuta, ci provoca a guardare oltre ogni norma escludente”.
sordio dell’eroe Zorro: Nella California della prima metà dell'800, costellata di missioni e ranchos, il popolo vive sotto il giogo dei dominatori spagnoli, tra povertà e ingiustizia. Qui vive Don Diego Vega assieme al suo servitore sordomuto Bernardo e all'innamorata Lolita Pulido. Don Diego nella vita di tutti i giorni si comporta come un nobile ricco e lezioso. Quando c'è da aiutare la povera gente e scombinare i piani dell'infido capitano Ramon, però, si trasforma in un eroe mascherato e dal mantello nero, abile spadaccino e astuto come una volpe. Richiamandosi alle qualità di questo animale, lo scrittore pulp statunitense Johnston McCulley decide di chiamare Zorro (traduzione spagnola di “volpe”) l'eroe del suo romanzo d'esordio, La maledizione di Capistrano, pubblicato in cinque puntate sulla rivista pulp Argosy All Story Weekly, a partire dal 6 agosto 1919. Il romanzo sarà pubblicato con un nuovo titolo, Il segno di Zorro ("The mark of Zorro" nella versione originale), dopo l'uscita dell'omonimo film muto nel novembre dell'anno successivo - che segnerà l’inizio del successo del supereroe mascherato. Seguiranno numerose serie televisive, fumetti, cartoni animati e oltre venti film, tra cui i più celebri vedranno avvicendarsi nei panni del protagonista grandi attori del calibro di Tyrone Power (1940), Guy Williams (1958), Alain Delon (1975) e Antonio Banderas (1998). A lui si ispireranno autori di altri supereroi, su tutti Bob Kane creatore negli anni Trenta del celebre Batman, la cui storia inizia con i genitori brutalmente assassinati dopo aver visto al cinema Il segno di Zorro. Sulla presunta storicità del personaggio saranno avanzate diverse ipotesi, alcune intrise di elementi fantastici come quella raccontata dalla celebre scrittrice Isabelle Allende nel suo romanzo Zorro. L’inizio della leggenda; più accreditata e basata su fonti storiche la tesi del paleografo italiano Fabio Troncatelli, che fa risalire il personaggio all'avventuriero irlandese William Lamport, sottolineando la comune appartenenza alla massoneria e all'anticlericalismo.
"l'angelo in bicicletta", l'infermiere di Boretto (Reggio Emilia) che dedicò la sua vita agli ammalati e ai poveri della città argentina, beatificato da Giovanni Paolo II nel 2002.
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rtémides Zatti, beato dal 14 aprile 2002, è forse l’uomo più apprezzato e ricordato dai vecchi della città argentina di Viedma, in Patagonia. Tra loro, una radice comune: l’Italia. Ma non è solo questa la ragione dell’amore che i "viedmenses" hanno ancora per Artémides, chiamato "l’infermiere santo della Patagonia", già molto tempo prima della proclamazione a Beato del Vaticano. A conquistare la gente è stato il suo operato, tutta una vita dedicata agli ammalati di una terra che all’inizio del XX secolo, quando lui giunse dall’Italia, era l’ultimo luogo popolato nel Sud dell’Argentina. La storia del Beato parte dalla città di Boretto, detta lo "smeraldo del Po" e si conclude su un altro fiume, il Rio Negro. Nato a Boretto, in provincia di Reggio Emilia il 12 ottobre 1880, Artémides lasciò l’Italia a 16 anni insieme alla sua famiglia. Grande lavoratore, dall’età di 9 anni aiutava suo padre contadino a portare a casa il cibo per i suoi sette fratelli. A causa della crisi economica in Italia nel 1897, la famiglia decise di partire per l’Argentina, dove già si trovava un parente. A 19 anni, Artémides entrò nel seminario salesiano di Buenos Aires per diventare prete, ma si ammalò di tubercolosi. Lasciò quindi la carriera "ufficiale" di sacerdote e si trasferì a Viedma nel 1902, per recuperare la salute. In questo luogo fece una promessa alla Vergine Maria in cambio della guarigione: avrebbe aiutato tutti gli ammalati e i poveri che venivano a chiedere il suo aiuto. Ufficialmente non era prete, né medico, né infermiere, ma riusciva ad essere tutte e tre le cose insieme. "In realtà, era un angelo", dice ancora la gente. L’angelo in bicicletta. Quando i vecchi si mettono a parlare di "Don Zatti", sembra quasi di vederlo, a cavallo della sua bicicletta, con il camice bianco, per le strade della piccola città: la gioia sul suo viso come formula contro il dolore. "La bicicletta mi permette di arrivare da tutti", diceva Zatti, sempre pensando a una realtà rurale, dove non si hanno i mezzi di trasporto e spesso neanche le strade. Si racconta che anche se gli si rompeva un pedale lui andava lo stesso a fare le sue visite con uno solo. Era anche il responsabile dell’unico ospedale che assisteva i malati di tutta la regione, e inoltre aveva seguito un corso da farmacista per permettere alla farmacia locale di rimanere aperta, in mancanza di personale specializzato. Si occupava solo degli altri e non di se stesso e per questo era chiamato anche "il parente dei poveri". Quando un ammalato era grave, si coricava al suo fianco, anche sul pavimento, per fargli compagnia fino alla fine. Una volta, un medico gli chiese come faceva ad essere sempre di buon umore, e lui rispose: "E’ facile: inghiottendo amaro e sputando dolce". Per non dare troppo lavoro ai medici si incaricò perfino della propria morte: scrisse il proprio certificato medico di decesso a causa di epatite, in cui mancava solo la data. Era il 15 marzo 1951. Oggi, a Viedma, una delle strade principali della città porta il nome di Artémides Zatti. Anche l’ospedale pubblico è intitolato a lui. All’angolo della strada dove è l’ospedale, un monumento del beato testimonia l’affetto di un popolo che gli è ancora grato.
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er quanto improbabile che la neve cada in agosto, la storia racconta di una nevicata che sembrava impossibile, cioè a Roma, in Italia. 5 agosto 352, la neve cadde durante la notte a Roma. Là viveva nella Città Eterna un nobile, Giovanni e la sua moglie, che malgrado non hanno figli, erano stati benedetti con tanti beni di questo mondo. Scelsero la Madre di Dio come erede della loro fortuna e, su suggerimento di Papa Liberio, pregarono che Lei potesse far loro sapere come farlo con un segno particolare. In risposta, la Vergine Madre, durante la notte del 5 agosto, apparve a Giovanni e sua moglie e anche al Santo Padre, il Papa Liberio, ordinandoli a costruire una chiesa in suo onore sulla corona del colle Esquilino. E quale sarebbe il segno che Giovanni e sua moglie avevano richiesto? Che “La neve coprirà la cresta della collina”. La neve raramente cade a Roma, ma i fiocchi cadevano silenziosamente durante quella notte, coprendo la cima della collina storica. Al mattino la notizia si diffuse rapidamente e le folle si radunarono per accalcarsi sulla collina e contemplare il bianco splendore. La neve era caduta in un particolare disposizione, mostrando la traccia della futura chiesa. Quando si è saputo che la neve era un segno di Maria, la gente ha aggiunto spontaneamente un’altra titolo alla sua lunga lista di titoli, Madonna della Neve La chiesa costruita lì è ora conosciuta come Santa Maria Maggiore. È il punto focale della devozione per molti milioni di figli devoti di Maria, una delle chiese più famose al mondo. Lì Maria ha avuto il piacere di assicurare a varie persone molte benedizioni che sono numerose e varie, come i fiocchi di neve che cadevano quella notte di agosto.
La chiesa costruita da Giovanni e sua moglie in onore della Madonna della Neve, restaurata e ampliata in vari momenti era conosciuta con diversi nomi: la Basilica di Liberio, Santa Maria del Presepe perché custodisce le reliquie della Presepe di Cristo; infine Santa Maria Maggiore, per distinguerla dalle tante altre chiese romane dedicate alla Madre di Dio; Maggiore, significa più grande. Dentro si trova un’immagine riverita come Madonna della Neve o Salus Populi Romani, che si ritiene sia stata prodotta da San Luca Apostolo. Salus Popoli – Santa Maria Maggiore Santa Maria Maggiore è una delle quattro basiliche in cui i pellegrini a Roma devono pregare per ottenere le indulgenze dell’Anno Santo. Più adatta chiamiamo Maria Madonna della Neve. La bianca coltre di quella notte di agosto simboleggia Maria, pura come la neve infuocata; le sue benedizioni e grazie, numerose e varie come i fiocchi di neve cadenti. Per questo, una consuetudine, tipicamente romana, vuole che ogni anno il 5 agosto la Festa della Madonna della Neve sia celebrata sulla Piazza di Santa Maria Maggiore. Una cascata di petali bianchi e una “nevicata artificiale” viene lasciata cadere dall’alto della Basilica, rievocando così la miracolosa nevicata che imbiancò il Colle Esquilino quel 5 agosto di 1800 anni fa. Dalle 21 alle 24 del 5 Agosto lo scenario sarà surreale, i raggi laser e i led scriveranno pace sullo spazio della piazza e specchi ottici di luce moltiplicheranno l’emozione agli spettatori presenti. La Solennità della Dedicazione della Basilica viene preceduta da un Triduo di preghiera dal 2 al 4 agosto. Il miracolo della Madonna della Neve è conosciuto in tutto il mondo ed è considerato, dai romani, uno degli eventi più rappresentativi.
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onica guarda i numeri scorrere sul display dell’accettazione. Quando compare il suo, si avvicina allo sportello. L’infermiera chiede: «È per lei la visita? Bene, compili questo modulo». Inizia a scrivere, ma dopo un po’ si ferma e chiede: «Mi scusi, per i figli ci sono solo due spazi. Io ne ho cinque, non so dove scrivere». L’infermiera prende il modulo e la guarda: «È difficile trovare famiglie così numerose. A fianco c’è dello spazio... Vedo che i suoi due più grandi hanno la stessa età dei miei. Il maggiore lavora o studia?». «È all’università». «Allora gli piace studiare. Bella cosa. Il mio a scuola ha fatto molta fatica». «Come mai?». «È dislessico. Le difficoltà sono state tante. Quante lotte. Ho sempre cercato in tutti i modi di aiutarlo a crescere. Adesso è un uomo forte e deciso, ma io ho sempre paura». «Non capisco. Perché?». «Perché non è perfetto. Le sue difficoltà rimangono. Sono dell’idea che l’individuo non conta in questa società. Bisogna arrendersi a questa evidenza. Quando lo guardo, ho paura che prima o poi succederà qualcosa che lo schiaccerà...». ….... «Signora, lei non può smettere di lottare. Amiamo i nostri figli proprio perché sono unici. Con tutte le difficoltà, gli errori. È l’unica certezza che possiamo comunicare loro. Anche se, come dice lei, la mentalità comune vorrebbe il contrario. Io sono certa...». L’infermiera la interrompe: «Ma lei non ha paura? Sembra così sicura....». Pausa. E poi, di botto: «Forse ho capito. Lei è una seguace di papa Francesco. Solo lui oggi è sicuro e non ha paura di nulla». Monica sorride: «Ha ragione, io sono certa proprio perché ho incontrato persone come Francesco. Mi fanno vedere che vale la pena vivere, lottare, morire. Perché ognuno di noi ha un valore immenso. È amato per quello che è». Dietro, qualcuno sbuffa e sussurra: «Ma quanto ci mette!?». L’infermiera sembra non accorgersi: «Va bene. Ma mi dica, se alla fine dell’esame le dicessero che lei ha un tumore, non avrebbe paura? La sua certezza non si sgretolerebbe?». Monica ripensa agli amici ammalati, ai loro volti. «Avrei una paura folle. Eppure la mia certezza rimarrebbe, perché ho visto che anche con un tumore ci si può sentire amati e certi di un bene più grande del dolore e della paura». La donna ha gli occhi lucidi, allunga la mano e stringe forte quella di Monica: «Averla incontrata è la cosa più bella che oggi mi poteva accadere». «Per me è la stessa cosa. La ringrazio tantissimo », fa il giro del bancone che le separa e l’abbraccia. «Adesso vada. È il suo turno. Secondo piano, ambulatorio numero 50». Finito l’esame, Monica si sta avviando verso l’uscita del reparto quando da dietro qualcuno la chiama. «Signora, aspetti un attimo». Si volta, è l’infermiera di turno. «Ho dimenticato qualcosa?». «No, no, tranquilla. Devo darle questo». E le consegna un biglietto. «Grazie». In ascensore, lo apre: «Sono l’infermiera che ha parlato con lei oggi. Non sono credente, ma pregherò Dio per lei perché l’esito dell’esame sia negativo. Il mondo ha bisogno di persone come lei. Grazie. Torni a trovarmi». Tornerà.
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campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Una benedizione del cielo, secondo la visione biblica; un richiamo a vivere con molta attenzione, secondo la parabola di Gesù. Nel Vangelo le regole che riguardano la ricchezza si possono ridurre essenzialmente a due soltanto: 1. non accumulare; 2. quello che hai ce l’hai per condividerlo. Sono le stesse che incontriamo nel seguito della parabola: l’uomo ricco ragionava tra sé: come faccio con questa fortuna? Ecco, demolirò i miei magazzini e ne ricostruirò di più grandi. In questo modo potrò accumulare, controllare, contare e ricontare le mie ricchezze. Scrive san Basilio Magno: «E se poi riempirai anche i nuovi granai con un nuovo raccolto, che cosa farai? Demolirai ancora e ancora ricostruirai? Con cura costruire, con cura demolire: cosa c’è di più insensato? Se vuoi, hai dei granai: sono nelle case dei poveri». I granai dei poveri rappresentano la seconda regola evangelica: i beni personali possono e devono servire al bene comune. Invece l’uomo ricco è solo al centro del suo deserto di relazioni, avvolto dall’aggettivo «mio» (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia), avviluppato da due vocali magiche e stregate «io» (demolirò, costruirò, raccoglierò…). Esattamente l’opposto della visione che Gesù propone nel Padre Nostro, dove mai si dice «io», mai si usa il possessivo «mio», ma sempre «tu e tuo; noi e nostro», radice del mondo nuovo. L’uomo ricco della parabola non ha un nome proprio, perché il denaro ha mangiato la sua anima, si è impossessato di lui, è diventato la sua stessa identità: è un ricco. Nessuno entra nel suo orizzonte, nessun «tu» a cui rivolgersi. Uomo senza aperture, senza brecce e senza abbracci. Nessuno in casa, nessun povero Lazzaro alla porta. Ma questa non è vita. Infatti: stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita. Quell’uomo ha già allevato e nutrito la morte dentro di sé con le sue scelte. È già morto agli altri, e gli altri per lui. La morte ha già fatto il nido nella sua casa. Perché, sottolinea la parabola, la tua vita non dipende dai tuoi beni, non dipende da ciò che uno ha, ma da ciò che uno dà. La vita vive di vita donata. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo dato via. Alla fine dei giorni, sulla colonna dell’avere troveremo soltanto ciò che abbiamo avuto il coraggio di mettere nella colonna del dare. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio. Chi accumula «per sé», lentamente muore. Invece Dio regala gioia a chi produce amore; e chi si prede cura della felicità di qualcuno, aiuterà Dio a prendersi cura della sua felicità.
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Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi
SALUTO +Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. T. Amen. C. Il Dio di Gesù Cristo, che ci arricchisce di gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. T. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Chiediamo il perdono del Padre, perché spogliandoci dell’uomo vecchio con le sue azioni, siamo rivestiti dell’uomo nuovo che è Cristo: soltanto in lui troviamo la ricchezza per la quale val la pena di giocare la vita. Breve pausa di riflessione personale Tu, che ci liberi dalla schiavitù delle cose: Signore, pietà Tu, che ci hai resi eredi del regno dei cieli: Cristo, pietà Tu, che ti manifesterai nella gloria: Signore, pietà C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. T. Amen. GLORIA Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. Preghiamo Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen (seduti) LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro del Qoèlet Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità! Parola di Dio. T. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R: Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Tu fai ritornare l’uomo in polvere, quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo». Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. R. Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca. R. Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi! R. Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda. R. Seconda Lettura Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi appa-
rirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti. Parola di Dio. T. Rendiamo grazie a Dio. (in piedi) Canto al Vangelo ALLELUIA! Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. ALLELUIA VANGELO C. Il Signore sia con voi T. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo LUCA T. Gloria a te o Signore In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Parola del Signore. T. Lode a te o Cristo
OMELIA ( Seduti) CREDO in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C Gesù ci chiede di non lasciare che le difficoltà o le soddisfazioni ci facciano perdere di vista la gioia che ci guida e ci attende: l’amore di Dio. Preghiamo insieme e diciamo: Donaci, Signore, la sapienza del cuore. 1. Perché la scienza non ci illuda che la felicità è una questione di causa ed effetto. Preghiamo. 2. Perché le logiche della razionalità economica non ci facciano dimenticare che le persone non sono né risorse né problemi, ma fratelli. Preghiamo. 3. Perché la pazienza necessaria a raccogliere i frutti della bontà non ci faccia mai sentire degli sciocchi rispetto ai disonesti. Preghiamo. 4. Perché la morte non sia occasione di tremendo turbamento o una preoccupazione da scacciare, ma un utile metro di giudizio su ciò per cui vale veramente spendere il nostro tempo. Preghiamo. C. O Padre, la stretta delle necessità di ogni giorno e la sensazione di precarietà di fronte alla
forza della natura ci fanno sentire inermi. Fa’ che il nostro rapporto con te sia sorgente di sicurezza e di pace. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. T. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. T. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Santifica, o Dio, i doni che ti presentiamo e trasforma in offerta perenne tutta la nostra vita in unione alla vittima spirituale, il tuo servo Gesù, unico sacrificio a te gradito. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. T. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. T. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. T. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio T. E’ cosa buona e giusta C. È veramente cosa buona e giusta nostro dovere e fonte di salvezza, lodarti e ringraziarti sempre, Padre santo, per Cristo, tuo Servo e nostro Salvatore. Da ricco che era si è fatto povero per noi per insegnarci a cercare non cose vuote, ma l’amore che ogni giorno sazia davvero il cuore dell’uomo. Donando la sua vita sulla croce, vita che gli hai ridata nella risurrezione, ha indicato ai discepoli di ogni tempo che la vita non dipende dai beni che si hanno ma di quanto si arricchisce davanti a Dio. Perciò, o Padre, nei giorni contati della nostra esistenza. ti esaltiamo per la tua infinita dolcezza e alziamo lo sguardo alle cose di lassù, dove il tuo Cristo è assiso alla tua destra, e questa assemblea, educata dalla tua sapienza, canta con gli angeli e i santi la tua gloria: Santo… (In ginocchio) CONSACRAZIONE C. Mistero della fede T. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta.
DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. T. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO ……. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. T. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli RITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. T. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. T. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. T. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. T. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. Preghiamo Accompagna con la tua continua protezione, Signore, il popolo che hai nutrito con il pane del cielo, e rendilo degno dell’eredità eterna. Per Cristo nostro Signore T. Amen C. Il Signore sia con voi. T. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo T. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. T. Rendiamo grazie a Dio