Adeste 36 domenica 04 settembre 2016c

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EROI A QUATTRO ZAMPE


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Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quando amore mettiamo nel dare”. E’ una delle più celebri frasi di Madre Teresa e ben descrive l’intera sua vita, un dono infinito al servizio dei più poveri, nelle periferie del mondo, là dove dietro ogni volto si nasconde quello di Gesù. Agnes Gonxha Bojaxhiu, questo è il suo nome, nacque il 26 agosto 1910 a Skopje, nell’attuale Macedonia, da una famiglia di origine albanese. Rimasta orfana di padre dall’età di otto anni, fin dall’infanzia sperimentò proprio quella povertà che cercò di combattere per tutto il corso della sua vita. L’umiltà di Agnes la vediamo anche nella scelta del nome: “ho scelto di prendere il nome di Teresa, ma non quello della grande Teresa d'Avila; ho scelto il nome della piccola Teresa: Teresa di Lisieux”. Così, nel 1928, la diciottenne suor Teresa venne accettata nell’Ordine di Loreto e si trasferì nel convento di Rathfarnam, in Irlanda. Poco dopo partì per l’India ed arrivò a Calcutta il 6 gennaio 1929. Per qualche tempo lavorò come insegnante presso la Saint Mary’s High School di Calcutta. Ben presto dimostrò il suo valore, anche come organizzatrice, tant’è che all’età di soli 34 anni fu nominata direttrice. La chiamata nella chiamata Il 10 settembre 1946, durante il viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling per il ritiro annuale, Madre Teresa ricevette l’“ispirazione”, la sua “chiamata nella chiamata”. Quel giorno, come riporta la sua biografia sul sito del Vaticano: “la sete di Gesù per amore e per le anime si impossessò del suo cuore, e il desiderio ardente di saziare la Sua sete divenne il cardine della sua esistenza”. Nel corso delle settimane e dei mesi successivi, per mezzo di locuzioni e visioni interiori, Gesù le rivelò il desiderio del suo Cuore per “vittime d’amore” che avrebbero “irradiato il suo amore sulle anime.” ”Vieni, sii la mia luce”, la pregò. “Non posso andare da solo” Le rivelò la sua sofferenza nel vedere l’incuria verso i poveri, il suo dolore per non essere conosciuto da loro e il suo ardente desiderio per il loro amore. Le Missionarie della carità Gesù chiese a Madre Teresa di fondare una comunità religiosa, le Missionarie della Carità, dedite al servizio dei più poveri tra i poveri. Circa due anni di discernimento e verifiche trascorsero prima che Madre Teresa ottenesse il permesso di cominciare la sua nuova missione. Il 17 agosto 1948, indossò per la prima volta il sari bianco bordato d’azzurro (l’abito più economico che trovò in un piccolo negozio) e oltrepassò il cancello del suo amato convento di “Loreto” per entrare nel mondo dei poveri. Teresa usciva la mattina, con la corona del Rosario tra le mani, e visitava le famiglie, lavava le ferite dei bambini, si prendeva cura degli anziani e degli ammalati. Faceva tutto questo per servire Lui in coloro 2


Adeste 20162016 - 5°/36 5°/ 36 che sono “non voluti, non amati, non curati dalla società... tutti coloro che, considerati un peso, venivano rifuggiti da tutti”. La sua era una autentica lotta contro la logica dello scarto, denunziata oggi da Papa Francesco. Nel 1950, quando a Teresa, una dopo l’altra, si erano unite anche le ex allieve, venne ufficialmente riconosciuta la congregazione delle Missionarie della Carità. La città della pace Nel 1952, in un tempio indù abbandonato donatole dall’Arcidiocesi di Calcutta, fondò la Casa Kalighat per i puri di cuore, dove venivano assistiti anziani ed ammalati, senza distinzione di fede. In seguito Madre Teresa aprì una casa per lebbrosi “la città della pace”, un orfanotrofio e moltissimi altri ospedali e lebbrosari in tutta Calcutta. In questi luoghi gli ammalati di lebbra, un tempo emarginati e scartati, potevano vivere e lavorare, coltivare i campi, allevare capi di bestiame e dedicarsi all’artigianato. “Non ci sono lebbrosi – ripeteva spesso Madre Teresa – solo la lebbra, e si può curare”. La sua attività non si limitò però all’India, ma si diffuse in tutti i continenti: Il 26 luglio 1965 inaugurò la prima casa a Cocorote, in Venezuela. Oggi le suore di Madre Teresa sono circa 5.200, presenti nelle 762 case di missione sparse in 123 paesi del mondo. Gli sforzi per la pace L’impegno di Madre Teresa non fu solo rivolto all’assistenza degli ammalati e dei più poveri, ma ebbe anche un notevole rilievo in campo internazionale. Nel 1997 fu insignita del Premio Nobel per la Pace. Poco più avanti, nel 1982, mentre il conflitto tra Israele e Palestina rischiava di infiammare tutto il Medio Oriente, Madre Teresa riuscì a persuadere i combattenti a cessare il fuoco per il tempo sufficiente ad evacuare un ospedale assediato a Beirut. Moltissimi i pazienti ed i disabili che vennero messi in salvo grazie a questo gesto. Alla caduta del muro di Berlino e dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est, Madre Teresa avviò poi decine di progetti anche in questi luoghi, dai quali era partita per recarsi in India. La valigia della carità Madre Teresa è sepolta a Calcutta in una tomba semplice e bianca su cui è incisa un verso del Vangelo di Giovanni, sintesi della vita della religiosa: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. “L’unica valigia che porteremo di là è la valigia della carità. Finché sei in tempo, riempila, perché è l’unica valigia che porterai con te”. E’ questa la frase con la quale mi piace chiudere questo piccolo ricordo di Madre Teresa. Gli occhi di tutto il mondo si punteranno di nuovo sulla “piccola matita di Dio” la mattina del 4 settembre quando, in Piazza San Pietro, verrà proclamata Santa da Papa Francesco 3


Adeste 20162016 - 5°/36 5°/ 36 “A due metri dalla Chiesa i Vigili del Fuoco stavano recuperando due bambine. Una, la più grande, Giulia, era riversata sulla più piccola, Giorgia. Giulia morta, Giorgia viva. Erano abbracciate, è l’abbraccio tra la morte e la vita. Ma a me sembra che abbia vinto la vita, la piccola Giorgia. E allora mi viene in mente quello che Gesù ha detto poc’anzi nel Vangelo. Dice alla donna che piange suo figlio di non piangere e dice al ragazzo: Alzati! L’avrei fatto anch’io per la piccola Marisol, ma non ci riesco, però so che Dio non abbandona”. Un “terremoto è la fine”, ha proseguito mons. D’Ercole, ma “la nostra terra è popolata di gente che non si scoraggia. Mi rivolgo soprattutto a voi, giovani, che ben sapete che i nostri nonni erano contadini. È saggio dialogare con la natura e non provocarla indebitamente. I sismologi tentano di prevedere il terremoto, ma solo la fede ci aiuta a superarlo. La fede, la nostra difficile fede, ci indica come riprendere il cammino: con i piedi per terra e lo sguardo al cielo”. In una pagina di letteratura un messaggio di speranza, ovvero la certezza della rinascita: “C’è una pagina nella bellissima avventura di Don Camillo che nar r a di una ser a malinconica nella quale questo originale parroco dovette affrontare il dramma di un’alluvione che aveva complicato terribilmente la speranza della sua gente. Leggo dal libro di Giovannino Guareschi: ‘la porta della Chiesa era spalancata, si vedeva la piazza con le case allagate e il cielo grigio e minaccioso. Fratelli, disse Don Camillo, le acque escono tumultuose dal letto del fiume e tutto travolgono, ma un giorno esser torneranno placate nel loro alveo e ritornerà a splendere il sole. E se alla fine voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete perso la Fede in Dio, ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni cosa. Don Camillo parlò a lungo nella Chiesa devastata e deserta e intanto la gente immobile sull’argine guardava il campanile, diffidente, come in questi momenti. E’ giusto. Ma perché Dio fa questo. E continuò però a guardarlo questo campanile, vennero i rintocchi dell’elevazione, le donne si inginocchiarono, le campane suonarono. Amici, le torri campanarie dei nostri paesi che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni sono crollate, non suonano più, ma un giorno riprenderanno a suonare e sarà il giorno della Pasqua”. “Amici tutti – ha concluso mons. D’Ercole -, non abbiate paura, non vi lasceremo soli. Non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio. Insieme ricostruiremo le nostre case e chiese; insieme soprattutto ridaremo vita alle nostre comunità, a partire proprio dalle nostre tradizioni e dalle macerie della morte” (Il Popolo Veneto

“E adesso, vescovo, che si fa?” Mons. Giovanni D’Ercole ha pronunciato un’omelia potente, a tratti adirata, con molti interrogativi, ma anche con tante risposte consolatorie: “Vescovo mi hanno detto – ed ho letto sui social – non ci ripetere le solite cose di voi preti, che in queste circostanze avete sempre parole per tutto. No, è giusto che voi lo diciate, è giusto che voi lo gridiate, anzi, diciamolo insieme: ‘Signore tu parli, ci dici sempre le stesse cose, ma qui abbiamo perso tutto. Capisci? Ma tu dove stai?’. Apparentemente però non ho ricevuto nessuna risposta. Eppure, se appena, amici miei, mi rivolgo soprattutto a voi, eppure se appena guardate oltre le lacrime, voi scorgerete qualcosa di più profondo. Nessuno di noi, e anche voi come me oggi, potete testimoniare che il terremoto con la sua violenza può togliere tutto, tutto, eccetto una cosa: il coraggio della Fede. Ecco perché, queste solite cose, che noi ripetiamo e che oggi ripeto, non solo solite cose convenzionali, ma sono una scialuppa di salvataggio quando uno si trova in un mare in tempesta. Senza questa sorgente di speranza che è la Fede, noi saremmo in un lastrico di miseria, abbandonati da tutti. Perché oggi i riflettori sono accesi, domani si spegneranno”. Come Elia Wiesel per quanto riguarda la tragedia dei campi di sterminio, mons. D’Ercole ha toccato il tema scabroso dell’apparente silenzio di Dio: Nella preghiera ho trovato molta pace, questa notte preparandomi a parlare a voi e a tutte le persone convenute ho rivolto questa domanda a Dio: E adesso che si fa? Gli ho presentato l’angoscia di tante persone che in questi giorni i giornali l’hanno raccontato, ma un conto è raccontare, un conto è vivere da vicino. E ho detto: Signore, ma queste persone che hanno perso tutto, che sono stati strappati dalla loro famiglia, che sono stati sventrati dal terremoto, ora che fai, che fai Tu adesso? E mentre pregavo mi è venuta in mente, viva, l’immagine di Giobbe che abbiamo ascoltato nella prima lettura, un uomo giusto perseguitato, incompreso, abbandonato da Dio, che però non lo abbandona, e nel momento più terribile e dopo essere stato abbandonato da tutti, dopo aver perso tutto, dopo aver perso la sua famiglia, dispersa, totalmente; lui si rivolge a Dio e con solo la forza dei deboli ha detto: ‘Ma io so che il mio Redentore è vivo e si ergerà, ultimo, sulla polvere’. Sì la polvere, il terremoto è polvere”. Durante la sua omelia mons. Giovanni D’Ercole ha ricordato le due sorelline rimaste sepolte sotto le macerie e la piccola Marisol, dicendo che la morte non ha mai l’ultima parola: 4


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Ernesto Olivero fondatore del SERMIG (Servizio Missionario Giovanile), dialoga con il filosofo Norberto Bobbio, non credente.

Io difendo Dio (parlare non basta) Un giorno dialogavo con il mio amico filosofo, non credente, Norberto Bobbio. Lui mi dice: «Ma Dio dov’è? Se permette guerre, terremoti, fame, dov’è?». Di fronte a una domanda così mi ritrovai a difendere Dio. «Posso fare una riflessione?». «Certamente». «La guerra: la colpa è di Dio o dell’uomo? La fame: la colpa è di Dio o dell’uomo? Gli incidenti stradali: la colpa è di Dio o dell’uomo? Così per un terremoto: la colpa è di Dio o dell’uomo? Se l’uomo facesse tutta la sua parte e costruisse case come la tecnica insegna, forse i danni sarebbero minimi. L’uomo ha in sé l’intelligenza per costruire anche in zone sismiche ma con una saggezza diversa. Sì o no?». Dio ha detto al primo uomo: «Il bene e il male sono dentro di te, ma il male è accovacciato». Ma se l’uomo usa tutto il suo abbandono a Dio in modo da fare della preghiera il suo respiro, può capire che il buio si combatte solo diventando luce. Dentro ognuno di noi c’è un gemito inesprimibile che porta a Dio, ma l’uomo può soffocarlo in tanti modi: con l’io, con le passioni, con gli imbrogli. Impazzisco di gioia quando nel Vangelo di Giovanni leggo le parole di Gesù, quando dice che noi possiamo fare le cose che ha fatto Lui. Anzi, possiamo farne di più grandi. Quando questa verità mi è entrata dentro e l’ho capita, sono caduto in ginocchio e la mia preghiera è diventata incessante: «Dio mio, Dio mio...». Se capiamo questo, il mondo cambierà. L’uomo amerà la natura e per questo non la violenterà, l’uomo amerà perdutamente l’altro come vorrebbe essere amato. E lì ci sarà Dio. «Ma l’uomo – dissi al mio amico filosofo – deve fare tutta la sua parte, spendere la sua intelligenza per il bene». La stessa intelligenza – purtroppo non sempre usata per il bene – che ho visto nei “missili intelligenti”, quelli capaci di centrare un obiettivo da migliaia di chilometri di distanza. Se tutto questo avvenisse in altri campi, il mondo sarebbe diverso. L’uomo quindi faccia la sua parte e solo dopo chieda a Dio: «Dove sei?». L’uomo cominci a sciogliere tutti i “perché” che dipendono da lui prima di chiedere “Perché?” a Dio. Solo a quel punto potremo farci le domande che contano. «Dio, dove sei?». Se saremo in buona fede, Lui si mostrerà. Se useremo solo parole, tacerà.

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Merc.31 Agosto 2016 da Migrantes online

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nche la Romania piange i suoi morti. Tra le 292 vittime del sisma, infatti, ci sono 11 romeni, mentre 6 sono feriti e ricoverati. Non solo: circa 30 romeni sono sfollati e vivono nelle tende nella zona di Amatrice. Sette salme sono già ar r ivate ier i in Romania con due convogli funebri, domani sarà lutto nazionale. La comunità romena, che conta oltre un milione di persone nel nostro Paese, è stata dunque particolarmente colpita dal sisma del 24 agosto e in questi giorni si è stretta in preghiera, intorno ai morti e ai loro familiari. In Romania paesi interi sono in lutto. Dai sindaci, fino alle famiglie delle vittime, il dolore si respira dappertutto. La maggior parte delle vittime è rappresentata da badanti partite dai loro villaggi per aiutare anziani italiani, divenute nel tempo preziosa risorsa per i connazionali rimasti in patria, a cui inviavano soldi. Tra i drammi di questo terremoto, c’è la storia di Steluta Novac, 47 anni, di Vaslui, la zona più povera della Romania. «Non aveva una famiglia sua, ma aiutava tutti» dicono adesso di lei. Anche Elena Olaru, ha raccontato la stampa romena, nonostante i suoi 67 anni lavorava da oltre 10 anni ad Amatrice come badante. In questo modo riusciva a mandare i soldi necessari per le cure del suo nipote, ammalato di leucemia. Un bambino di 11 anni è rimasto orfano: la mamma Il Metropolita Siluan in Italia celebra un rito funebre per i romeni deceduti Aurelia, romena, e il papà Fabio, italiano, non ce l’hanno fatta. Violeta Moldovan, una donna di 37 anni, invece si trovava ad Amatrice per sorridere, in vacanza. In questi giorni, la stampa romena ha riportato storie strazianti ma anche di grande coraggio come quella dei fratelli Chirilus che a San Lorenzo sono riusciti a salvare nove persone. Loro non si considerano eroi, ma un vigile del fuoco li ha definiti «fantastici », ha scritto il sito di notizie romeno ziare.com. Il governo di Bucarest, intanto, ha annunciato che stanzierà 6mila euro per i bambini rimasti orfani, 1.000 euro per ciascun deceduto e 1.000 euro ai parenti fino a quelli di secondo grado. Altri 10.000 euro andranno alle persone le cui abitazioni sono state distrutte nel terremoto. Dovrebbero essere una cinquantina le famiglie di romeni pronte a usufruire degli aiuti stanziati da Bucarest. Da ieri il primo Ministro romeno, Dacian Ciolos, già Commissario Europeo all’Agricoltura, si trova insieme al Ministro del Lavoro, Dragos Pislaru, in Italia, ad Amatrice, per una visita nelle zone colpite. Ha incontrato i suoi connazionali feriti, ha consolato chi ha perso tutto. Poi ha partecipato insieme al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai funerali di stato di Amatrice. «Siamo insieme all’Italia per affrontare le sfide» ha detto, ricordando i rapporti di amicizia tra i due Paesi, testimoniati oltre che dalla presenza di oltre un milione di romeni nella penisola, anche dall’impegno di diversi imprenditori italiani che hanno scelto la Romania. (Mihaela Iordache) 6


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n questi giorni, riferisce l’Enpa, è stato possibile restituire ai proprietari già molti animali tra cui numerosi gatti recuperati con gabbie trappole posizionate anche in zona rossa. Con la cagnolina Lola, è salito a più di 400 il numero di animali soccorsi da Enpa nelle zone colpite dal sisma. Una attività, quella della Protezione Animali, condotta senza sosta e senza tregua 24 ore al giorno, che ha impegnato 34 persone, tra veterinari, volontari e Guardie Zoofile che si sono alternati sul territorio e che hanno distribuito – nelle tendopoli, negli allevamenti e nei punti di alimentazione mobile per li animali vaganti – 10 tonnellate di petfood e farmaci veterinari.

L’AMORE CONTRACCAMBIATO PER GLI ANIMALI DI COMPAGNIA NELLE ZONE TERREMOTATE.

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er cinque notti Daniela è tornata sotto il campanile di Amatrice, per rivolgere ai vigili del fuoco sempre la stessa domanda: “vi prego, ritrovate il mio gatto, mi è rimasto solo lui”.

E per cinque notti Daniela l’ha chiamato, urlando il suo nome tra il frastuono dei generatori che alimentano le fotocellule. Ed oggi Gigia (e non Gioia, come precedentemente comunicato) è tornata tra le braccia della sua padrona. Quasi non ci credeva, Andrea, il vigile del fuoco che l’ha ritrovata. “Stavamo lavorando con le ruspe, per spostare le macerie e aprirci un varco – racconta – Ad un certo punto mi sono fermato perché mi era sembrato di vedere qualcosa, sembrava uno di quei contenitori dove si tengono gli oggetti di valore”. Invece era proprio Gigia, la gattina bianca e grigia che Daniela Tursini cercava dal momento della scossa. Il gatto era in buone condizioni, solo un po’ debilitato. Appena l’hanno tirato fuori dalle macerie, i vigili del fuoco gli hanno dato da bere e poi lo hanno portato nelle tende dei veterinari dell’Enpa (autori delle foto), dove è stato assistito prima di essere riconsegnato alla sua proprietaria. “Quanto è arrivata la scossa – ha raccontato Daniela ai vigili del fuoco – sono corsa al piano terra ma quando ho tentato di aprire la porta non ci sono riuscita. C’era qualcosa che la bloccava. Così sono tornata su, ho preso il gatto e ho cominciato ad urlare”. Poi è arrivato qualcuno con una scala e l’ha aiutata ad uscire dalla finestra, ma in quel momento Gigia si era allontanata e Daniela non è più riuscita a trovarla. La scossa del mattino successivo ha fatto crollare il resto della casa, seppellendo i ricordi della donna e anche il suo gatto. “Non ho più nessuno – ha ripetuto tutte queste notti ai vigili del fuoco – non ho una casa e non ho più nulla. Ritrovate il mio gatto“. I pompieri ce l’hanno fatta. Destino ha voluto che a trovarlo fosse Andrea, aquilano. “il 6 aprile del 2009 ero a casa mia, so bene cosa vuol dire essere terremotati, cosa si prova quando si perde tutto”. 7


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Gesù ci insegna ad amare di più

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esù, vedendo la folla numerosa che lo segue, si volta per metterla in guardia, chiarendo bene che cosa comporti andare dietro a lui. Gesù non illude mai, non strumentalizza entusiasmi o debolezze, vuole invece adesioni meditate, mature e libere. Perché alla quantità di discepoli preferisce la qualità. E indica tre condizioni per seguirlo. Radicali. Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Parole che sembrano dure, eccessive, le diresti la crocifissione del cuore, con i suoi affetti, e invece ne sono la risurrezione. Infatti il verbo centrale su cui poggia tutta l'architettura della frase è: se uno non mi ama di più... Non si tratta di una sottrazione, ma di una addizione. Gesù non ruba amori, aggiunge un 'di più'. Il discepolo è colui che sulla luce dei suoi amori stende una luce più grande. E il risultato che ottiene non è una limitazione ma un potenziamento. Dice Gesù: Tu sai quanto è bello dare e ricevere amore, quanto contano gli affetti, io posso offrirti qualcosa di ancora più bello. Gesù è il sigillo, la garanzia che se stai con Lui, se lo tieni con te, i tuoi amori saranno custoditi più vivi e più luminosi. Seconda condizione: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. La croce: e noi la pensiamo metafora delle inevitabili difficoltà di ogni giorno, dei problemi della famiglia, della malattia da sopportare. Ma nel Vangelo la parola 'croce' contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Gesù. Croce è: amore senza misura e senza rimpianti, disarmato amore che non si arrende, non inganna e non tradisce. Che va fino alla fine. Gesù possiede la chiave dell'andare fino in fondo alle ragioni dell'amore. Allora le due prime condizioni: Amare di più e portare la croce si illuminano a vicenda. Prendi su di te una porzione grande di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami. La terza condizione: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. La rinuncia che Gesù chiede non è innanzitutto un sacrificio ascetico, ma un atto di libertà: esci dall'ansia di possedere, dalla illusione che ti fa dire: «io ho, accumulo, e quindi sono e valgo». Un uomo non vale mai per quanto possiede, o per il colore della sua pelle, ma per la qualità dei suoi sentimenti (M.L. King). Lascia giù le cose e prendi su di te la qualità dei sentimenti. Impara non ad avere di più, ma ad amare di più. Allora nominare Cristo e il Vangelo equivarrà a confortare la vita.

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ella stessa situazione si trovavano anche le comunità dei tedeschi disperse in vari villaggi di Tulcea, compreso Cataloi. In una lettera per il ministro degli Affari Esteri romeno, ALINA DOROJAN Iacob Lahovari, (Doctor, Universitatea Roma Tre) mandata da DirecţiuPresente su :www.academia.edu nea Domeniilor a Ministerului Agriculturii, Industriei, Comerţului şi Domeniilor si fece menzione sulla possibilità di firmare nuovi contratti d’affitto nel villaggio di Cataloi per una superficie in più, però non era precisato se questo fatto era valido tanto per gli italiani, quanto per i tedeschi oppure solo per alcuni tra di loro. Gli eventi successivi dimostrarono che gli italiani non avrebbero beneficiato dell’aumento delle superfici dei terreni La scadenza del secondo contratto fu 15 luglio 1921, mentre il 1° marzo 1936, fu firmato l’ultimo contratto tra la colonia italiana e il capo dell’Ocolul Domenial Babadag. Il prezzo arrivò a 26 lei/anuo per un ettaro, vale a dire una somma totale di 28.080 lei, che doveva essere pagata in una unica soluzione il 1° agosto di ogni anno. Il terzo contratto fu firmato nella presenza del console generale di Galaţi da 81 coloni italiani, tra cui ricordiamo: Angelo Prini, Domenico Savioli, Luca Ravagnani, Luigi Savioli, Roberto Savioli, Emilio Zanchi, Riccardo Gazzi, Ipolito

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Barotti, Pietro Sofiatti, Fioravante Soffiati, Sigismundo Savioli, Angelo Cavicchioli, Vittorio Cavariani, Antonio Fioratti. Nel 1939, il governo fascista d’Italia sembro’ dare nuove speranze ai coloni italiani di Romania. Infatti richiese il rimpatrio degli immigrati italiani all’estero per popolare le paludi pontine che erano state strappate alle acque e restituite all’agricoltura. Il rimpatrio di questi italiani emigrati in estero fu il frutto di una nuova politica fascista in materia d’immigrazione che, dal sostegno economico che era stato elargito loro fino allora, si concretizzò nella creazione della Commisione permanente per il rimpatrio degli italiani all’estero. Questa commissione si occupava principalmente del rimpatrio degli italiani dai Balcani, dall’Egitto, dalle colonie francesi di Tunisi e Algeria, e degli italiani della Corsica. Nell’Agro-Pontino doveva nascere “il tipo dell’italiano fascista chiamato dal destino a forgiare la storia della nuova Roma imperiale” Questa politica fece sì che molti italiani rimpatriati si sentirono truffati da questo progetto perché aveva disatteso le loro aspettattive a causa del fatto che in realtà furono costretti a comportarsi come una massa di militanti del regime. Questo determinò che una volta arrivati nelle terre bonificate dell’Agro Pontino, molti di loro furono spinti a sollecitare il Ministero degli Affari Esteri italiano per ottenere il permesso di ritornare in Romania, dove molti di loro erano nati. Malgrado la colonia italiana di Cataloi fosse disciolta a causa della partenza della grande maggioranza delle famiglie, alcune di loro rimasero nel distretto di Tulcea e si spostarono nel villaggio vicino di Greci, dove si trovava un’altra nutrita comunità italiana. Al seguito del rimpatrio, i beni immobili della comunità italiana furono venduti dal Governo romeno per la somma di 2.353.000 lei. La Legazione italiana di Bucarest fu incaricata dal Ministero degli Affari Esteri italiano di effettuare l’incasso.


Adeste 20162016 - 5°/36 5°/ 36 LITURGIA EUCARISTICA LETTURE: Sap 9,13-18 Sal 89 Fm 1,9-10.12-17 Lc 14,25-33: C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Esaminiamo il nostro cuore e vediamo se l’amore del Signore viene prima di tutto, se accogliamo la croce di ogni giorno, se c’è il distacco effettivo dai beni di questo mondo. Chiediamo perdono al Signore delle nostre infedeltà e apriamoci alla sua misericordia. Breve pausa di riflessione personale Gesù, che ci impegni ad assumere la nostra croce quotidiana, abbi pietà di noi. Signore, pietà. Cristo, che ci insegni a perdere la vita per ritrovarla, abbi pietà di noi. Cristo, pietà. Maestro, che ci chiami ad essere tuoi discepoli nell’amore, abbi pietà di noi. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. O Dio, tu sai come a stento ci raffiguriamo le cose terrestri, e con quale maggiore fatica possiamo rintracciare quelle del cielo; donaci la sapienza del tuo Spirito, perché da veri discepoli portiamo

la nostra croce ogni giorno dietro il Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro della Sapienza «Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni. A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito? Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito e furono salvati per mezzo della sapienza». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Tu fai ritornare l’uomo in polvere, quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo». Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte. R/. Tu li sommergi: sono come un sogno al mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca. R/. Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Ritorna, Signore: fino a quando? Abbi pietà dei tuoi servi! R/. Saziaci al mattino con il tuo amore: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio: rendi salda per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rendi salda. R/. Seconda Lettura Dalla lettera a Filemone Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te

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lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo e insegnami i tuoi decreti. Alleluia VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Luca A. Glora a te o Signore A. In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra,


Adeste 20162016 - 5°/36 5°/ 36 di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, anche oggi abbiamo ascoltato l’annunzio del Vangelo di salvezza. Ci rivolgiamo al Padre perché ci aiuti ad accoglierlo donandoci il suo Spirito. Preghiamo insieme dicendo: Manda, Signore, il tuo Santo Spirito. Perché la Chiesa sia fedele interprete della Parola e sappia annunciarla con coraggio, preghiamo. Per la pace nel mondo: il Signore ci aiuti ad allontanare gli orrori delle guerre e sia vicino alle persone ingiustamente colpite, preghiamo. Perché ogni nazione si impegni a difendere e a rispettare la vita, promulgando leggi che salvaguardino la persona in tutte le fasi dell’esistenza, preghiamo. Perché sappiamo trovare spazi adeguati per meditare la Parola di Dio, in modo da compiere fedelmente la sua volontà, preghiamo. C. Padre, che in tuo Figlio ci proponi un modello di vita autentica, donaci di incamminarci sulla strada della croce che Gesù per primo ha percorso. Egli vive

e regna nei secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. O Dio, sorgente della vera pietà e della pace, salga a te nella celebrazione di questo mistero la giusta adorazione per la tua grandezza e si rafforzi la fedeltà e la concordia dei tuoi figli. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro. Nella sua misericordia per noi peccatori egli si è degnato di nascere dalla Vergine, morendo sulla croce, ci ha liberati dalla morte eterna, e con la sua risurrezione ci ha donato la vita immortale. Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo con gioia l'inno della tua lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLAPREGHIERAEUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O

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che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C O Padre, che nutri e rinnovi i tuoi fedeli alla mensa della parola e del pane di vita, per questi doni del tuo Figlio aiutaci a progredire costantemente nella fede, per divenire partecipi della sua vita immortale. Per Cristo nostro Signore. C. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


Adeste 20162016 - 5°/36 5°/ 36 Nel tempo l'opera è stata oggetto di diversi danneggiamenti, il piÚ grave nel 1527 con la frantumazione del braccio sinistro (di cui sono ancora visibili i segni), il piÚ recente nel 1991 con la rottura dell'alluce del piede sinistro.

Michelangelo inizia a lavorare al David: David giovedĂŹ 9 settembre 1501 (515 anni fa)

In questa data Michelangelo Buonarroti iniziò a lavorare per la prima volta al blocco di marmo Oggi il David è conservato alla Galleria dell'Acda cui trasse fuori il celebre David, destinato a cademia di Firenze, Firenze mentre dal 1910 in piazza diventare l’ideale perfetto di bellezza maschile nell’arte. Commissionata dalla corporazione Arte della Lana e dagli Operai del Duomo di Firenze, l’opera doveva rappresentare, nelle intenzioni di questi ultimi, un'immagine diversa dell'eroe biblico, rispetto all'iconografia tradizionale. Un'opera monumentale che doveva scrivere un nuovo corso della scultura e in generale dell'arte universali. Michelangelo aveva davanti a sĂŠ il prodotto di due tentativi falliti da Agostino di Duccio e da Bernardo Rossellino, ridella Signoria è presente una copia fedele spettivamente nel 1463 e nel 1476. Un blocco I SANTI DELLA marmoreo di enormi dimensioni, in parte modiSETTIMANA ficato e in alcuni punti molto fragile, da trasformare in una figura possente e al tempo stesso 04 D s. Rosalia slanciata. Tre anni di duro e quotidiano lavoro, difeso 05 L s.Madre Teresa Calcutta gelosamente dagli sguardi dei curiosi, portarono a un risultato che, parafrasando il Vasari, tol06 M s.Zaccaria se ÂŤil grido a tutte le statue moderne et antiche, 07 M s. Grato o greche o latine che elle si fosseroÂť. L'iniziale destinazione della statua, all'esterno 08 G s. NativitĂ della B.V.Maria della zona absidale della cattedrale di Santa Maria del Fiore, fu accantonata per la monumenta09 s. Pietro Claver litĂ dell'opera, che si scelse di collocare a lato dell'ingresso principale di Palazzo Vecchio. Vecchio 10 S s. Nicola da Tolentino C6 7: Chiesa romano-cattolica dei Piaristi. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatiiâ€? din ClujNapoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: veresstelian@yahoo.com Domenica alle ore 12,00

B : Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balcescu, nr. 28, sector 1, BucureĹ&#x;ti tel./ fax: 021-314.18.57, don Roberto *°* Polimeni, Tel:0770953530 A69 I 6* : Domenica ore 11:00 mail: polimeni.roberto@yahoo.com; polimeni.rober to70@gmail.com; Tel 0040 756066967. Trasmessa nella Chiesa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. in diretta su www.telestartv.ro 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul *°* "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari. T*;* < : Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi*°* I *: Cattedrale "vecchia" IaĹ&#x;i - Adormirea Maicii na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica Domenica ore 18:00. ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 M ail: Mail:parohiafabric@googlemail.com Alelembo73@gmail.com *°*

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