idea di fondare un club che riunisse gli alpinisti italiani era nata nella mente di Quintino Sella presso Casa Voli (Verzuolo), il 12 agosto 1863, in occasione dell'ascensione del Monviso da parte sua e di altri alpinisti italiani tra cui si possono ricordare Giovanni Barracco, e Paolo e Giacinto di Saint Robert; ispirandosi ad analoghe associazioni esistenti in altri paesi europei come Austria, Svizzera e Inghilterra con l'Alpine Club di Londra. La fondazione ufficiale del club si ebbe all'una del pomeriggio il 23 ottobre 1863, nel Castello del Valentino a Torino. Tra i fondatori appartenenti alla prima lista di adesione, oltre al Sella, vi furono circa altri duecento appassionati di montagna, tra cui: Giovanni Piacentini, Giorgio Tommaso Cimino, Luigi Vaccarone, Bettino Ricasoli e Giovanni Battista Schiapparelli. Il primo presidente del CAI eletto fu il barone Ferdinando Perrone di San Martino e vicepresidente Bartolomeo Gastaldi, che ne divenne poi secondo presidente dal 1864 al 1872. Il CAI ebbe sede dapprima a Torino, e poi dopo la seconda guerra mondiale la sede legale fu trasferita a Milano in via Errico Petrella 19, dove si trova tuttora. In seguito furono aperte sedi anche in numerose altre città italiane. Nel 1873, con l'annessione del Lazio al Regno d'Italia Quintino Sella, in quanto ministro delle finanze del regno, si trasferì nella nuova capitale, e fondò quindi la sezione di Roma. Dopo la prima guerra mondiale il CAI assorbì la Società degli alpinisti tridentini (nel 1920) e la Società alpina delle Giulie; mentre nel 1931 fu riconosciuta come sezione del CAI anche la Società escursionisti milanesi. Nel 1938 il fascismo impose al CAI un temporaneo cambio di denominazione, da Club alpino italiano a Centro alpinistico italiano, nel tentativo di preservare la "purezza" della lingua italiana dalla commistione coi termini inglesi. A Torino vi è ancora oggi la sede sociale, sul Monte dei Cappuccini, nella Salita al Club alpino italiano sez. Torino 39, ove è anche collocata la Biblioteca nazionale del CAI e il Museo nazionale della montagna. Ad oggi l'associazione conta più di 300.000 iscritti in tutto il territorio nazionale, a fronte dei soli 3.500 (in prevalenza benestanti piemontesi) dell'anno 1877.
montagna è fatta per tutti, non solo per gli alpinisti: per coloro che desiderano riposo nella quiete come per coloro che cercano nella fatica un riposo ancora più forte». Quando, nel 1914, ha scritto “Alpinismo acrobatico”, Guido Rey, alpinista e tra i massimi scrittori di montagna, certo non pensava che un secolo dopo ci sarebbe stato bisogno di mettere il “numero chiuso” al Monte Bianco, per contenere l’assalto di alpinisti-turisti, spesso impreparati, che si avventurano verso i 4.810 metri della vetta d’Europa, magari in pantaloncini e scarpette da passeggio. Una massa di gente che, con impressionante frequenza, si caccia nei guai. Soltanto quest’estate si sono contati circa settanta morti sull’intero arco alpino, mentre da maggio a settembre, il Soccorso alpino ha recuperato 125 vittime. Una vera e propria strage che in Francia cercano di prevenire contingentando gli accessi a sentieri e ghiacciai. Ma è davvero possibile e, soprattutto, è giusto chiudere le montagne, anche per una ragione di sicurezza? Montagna e libertà salgono ancora in cordata, oppure il binomio è messo in crisi dall’aumento imponente dei fruitori delle Terre alte? «La montagna è libertà, ma l’altra faccia della libertà è la responsabilità», ricorda Vincenzo Torti, presidente generale del Club alpino italiano, che ha recentemente attivato un Osservatorio sulla libertà in montagna. «Anche la montagna – ricorda Torti – è attraversata dalle mode e questo fa sì, per esempio, che tutti si concentrino su poche mete. Come Cai, invece, cerchiamo di educare a una fruizione consapevole della montagna, anche attraverso la promozione di cime alternative, magari meno conosciute ma non per questo meno affascinanti, con l’intento di distribuire gli appassionati sul territorio. Ed evitare ingorghi pericolosi. Per chi si caccia nei pasticci ma anche, è bene ricordarlo, per chi è poi chiamato a recuperare questi sprovveduti, come i nostri tecnici del Soccorso alpino». Contrario a qualsiasi ipotesi di chiusura è la guida alpina e scrittore Alessandro Gogna, che sul suo gognablog. com, ha spesso affrontato il tema della libertà in montagna ed è stato tra gli ideatori dell’Osservatorio del Cai. «Mettere dei divieti, delle limitazioni alla frequentazione cambia i connotati stessi della montagna – osserva Gogna –. Da luogo selvaggio, contrapposto e alternativo alla vita cittadina, si trasforma in qualcosa d’altro, perdendo, appunto, la sua caratteristica principale che è la libera espressione di chi la vive. Per questo rifiuto e respingo qualsiasi limitazione della libertà in montagna. Piuttosto, sono per una forte azione culturale che faccia capire che il Monte Bianco non è alla portata di click. Anziché reprimere, serve educare». Nel frattempo, però, qualche contromisura bisogna pur prenderla, almeno per «organizzare» un alpinismo che, secondo Reinhold Messner, è definitivamente cambiato, diventando a tutti gli effetti turismo di massa. «Sul Monte Bianco – spiega il Re degli Ottomila – ogni giorno centinaia di persone salgono, in fila, sulla pista che porta alla cima. Questo non è più alpinismo, in senso classico, ma diventa, appunto, “alpinismo da pista”. Che, come avviene, per esempio, nello sci, deve essere organizzato e regolamentato. Altro è, invece, l’alpinismo tradizionale, di avventura e scoperta nella natura, dove ci deve essere posto per tutti e che deve essere liberamente fruibile da tutti. Sono contrario alla chiusura delle montagne, ma dico anche la montagna non regge più la massa enorme di gente, spesso impreparata, che la vuole salire. Per questo condivido la decisione della Francia, che ha scelto di limitare l’accesso per aumentare la sicurezza».
nato in montagna, in una stretta valle sotto le Odle. Ho scalato per vedere cosa c’era oltre quelle cime. Ma, anche se sono andato fino in vetta alle più alte montagne, continuo ad amare quelle fra le quali sono cresciuto: le Dolomiti, le Alpi. L’ho scritto anche in un libro che, in Svizzera, Mountain Wilderness vorrebbe usare come una sorta di suo manifesto. In Italia invece il cieco integralismo porta a falsare quegli stessi concetti che da sempre esprimo. Come diceva Walter Bonatti, la montagna senza l’uomo è solo un mucchio di sassi. Parlava di quella inospitale, che soltanto gli alpinisti vanno ad affrontare. Quella che spero resti selvaggia, per offrire anche alle future generazioni la possibilità di vivere l’avventura fino a che non si sarà tutta sbriciolata, come purtroppo sta avvenendo sempre più velocemente. Destino inevitabile: sono i cicli della natura. Ma alla stessa maniera spero che resti viva anche l’altra montagna. Quella che l’uomo con la sua fatica ha “costruito”. Non parlo di impianti e di piste, ma di coltivazioni, di prati, di alpeggi. Fino al limite delle rocce scoscese. Quella montagna che purtroppo in larga parte delle valli italiane è stata abbandonata. Perché lassù la vita è faticosa, dura, spesso solitaria. In alto, grazie all’alpinismo, e in basso, grazie all’umile lavoro dei contadini e dei pastori, la montagna è anche cultura. Per questo penso che sia giusto far vivere ogni malga e favorire chi vi lavora la terra, vi alleva animali, vedendo sul piatto il frutto delle proprie fatiche. Che oggi non possono e non devono essere pesanti come in passato. Altrimenti nessuno resterà lassù a difendere il paesaggio e la natura, a vantaggio non solo dei turisti, ma di tutti.
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Montagne montagne montagne, io vi amo." Questa dichiarazione d'amore, così profondamente semplice e intensa, è di Pier Giorgio Frassati (1901-1925) il giovane torinese - beatificato nel 1990 e socio, tra l'altro, anche del Club Alpino Italiano - che "amava la montagna e la sentiva come una cosa grande, un mezzo di elevazione dello spirito, una palestra dove si tempra l'anima e il corpo". In tutto il suo agire, e perciò anche nell'aspro fascino dei monti, Pier Giorgio ha sempre ben palesato la quotidiana ricerca di Dio: "Ogni giorno m'innamoro sempre più delle montagne - scriveva ad un amico - e vorrei, se i miei studi me lo permettessero, passare intere giornate sui monti a contemplare in quell'aria pura la Grandezza del Creatore". Una contemplazione arricchita dalla gioia per la compagnia degli amici e intensificata dal raggiungimento di vette sempre più alte: "Sempre desidero scalare i monti, guadagnare le punte più ardite; provare quella gioia che solo in montagna si ha"
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tiro ai rigori, un due tre stella… le bambine sono entusiaste, per loro è tutto nuovo. «Che bel pomeriggio», esclama Giovanni quando le nuove amiche se ne vanno.Il giorno dopo, alle tre suona il campanello di casa. Francesca apre e sulla porta ci sono Jennifer, Mary e altri due bambini. «Abbiamo portato questi nostri amici. Facciamo i giochi belli di ieri?». «Certo! E anche di nuovi!». Il giorno dopo ancora, così per tutta la settimana con aumento dei nuovi amici. Giovanni e Tommaso sono al settimo Una famiglia italiana in Inghilterra cielo. Domenica, grande festa. Francesca orgaiovanni, faccia contro il vetro, scruta il cielo. nizza i “giochi belli” dentro e fuori casa per i doHa piovuto tutta la mattina. dici bambini che si sono Normale amministrazione a presentati. Poi la comDurham, Nord-Est dell’Inghilbriccola si trasferisce in terra: qui il sole è merce rara cucina a preparare la pizanche in estate. Ma ora una za, che non risulta prodebole luce filtra attraverso le prio come quella che si nubi, illuminando la strada anmangia in Italia, anzi, ma cora bagnata. Di colpo, il bamper i bambini è bino si gira: «Mamma, corri: ci “buonissima”. Alla fine, sono due bambine che si lanvedendoli stanchi, Franciano la palla nella nostra cesca propone: «Visto via!». Francesca si avvicina: che non piove, ecco dei «Ti piacerebbe giocare con gessetti, uscite e disegnaloro?». «Si, tantissimo, ma se te sui pietroni davanti poi non vogliono…». «Dài, all’ingresso di casa». usciamo e chiediamo». Capi«Cavolo! Non lo avevamo sce la titubanza di Giovanni. mai fatto», esclama MaNon è facile trovare degli amiry.Il pomeriggio vola via. ci con cui stare insieme. Finita Alle 17 è ora di tornare a la scuola, ognuno sta a casa casa. Ognuno con il suo propria per “non disturbare”, pezzo di pizza. Dopo ceche sembra il motto con cui lì na, Francesca esce. vivono tutti. Ognuno chiuso «Chissà cosa hanno disenella sua routine: lavorognato», pensa. Fuori, la scuola-casa. Ci si è scontrata sorpresa: sui lastroni di più volte anche lei. Ma forse pietra ci sono dei disegni questa potrebbe essere una buona occasiobellissimi e poi… due grandi scritte colorate: ne...Sulla porta della villetta, Francesca chiama «Questo è stato il giorno più bello di sempre», le due bambine e chiede: «Ciao. Io sono France- «Devi sorridere, stai andando dalla famiglia più sca e questi sono i miei figli, Tommaso e Giovan- felice».Si siede sulla soglia di casa, cercando di ni. Volete giocare con noi?». La più grande ritrattenere le lacrime. Tra sé pensa: «Non ho fatto sponde: «Io sono Jennifer e lei mia sorella Mary. nulla, eppure un bambino ha scritto che siamo la Per giocare devo andare a chiedere alla mia famiglia più felice… Cosa ha visto? Ecco, oggi ho mamma». «Ok. Ti aspettiamo». Giovanni si volta toccato cosa è l’opera di un Altro». Le prime gocsconsolato verso il fratello: «Vedrai che non tor- ce di pioggia cominciano a scendere, sciogliennano». E invece dopo pochi minuti arrivano. do le scritte. Da dentro, la voce di Giovanni urla: Francesca organizza i «Mamma, per domani devi pensare nuovi giochi. giochi: palla avvelenata, Perché torneranno i nostri amici!».
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era incaricato di riscuotere le tasse e assumeva le persone per il cantiere navale della città. Nel 1846 proponeva la creazione di una „casa da banco”, e nel 1853 chiedeva la costruzione di un edificio per la borsa della città. Nelle sue case esisteva un „casin”, dove si potevano leggere i giornali europei. Proprietari di navi erano anche Pedemonte e Domenico Cordiglia. comunità italiane hanno avuto un ruolo importante nella modernizzazione delle città portuarie danubiane. Fin dal 1825 Mihail Sturdza scriveva in una delle sue memorie che miravano a riformare la Moldavia: „l’opera della felicità pubblica appoggia sulla libertà del commercio. È la chiave più sicura della prosperità... Perciò auspichiamo che il porto di Galati fosse aperto a tutti quelli che vorrebbero fare commercio lì”, mentre nell’annuario del principa-to valacco del 1836 si menzionava: „Braila è diventato lo sbocco principale del commercio valacco con l’estero. Nel periodo migliore dell’anno il porto è pieno di navi turche, greche, austriache, serbe, francesi, inglesi e russe che vengono a caricare ogni sorta di prodotto valacco che trasportano fino a Costantinopoli, Genova, Marsiglia”. La fondazione delle case commerciali sarde a Galati e Braila–dopo che queste ultime hanno ricevuto lo statuto di città porto franco– hanno dinamizzato il commercio dei principati con i grandi porti del Mediterraneo. I ricchi commercianti italiani sono stati coinvolti nell’edilizia, come membri della commissione dei lavori pubblici di Galati (Francesco Pedemonte, Francesco Biga, Gustavo Gerbolini, Giovanni Fanciotti) oppure del comitato mercantile di Braila (Antonio Sarao). Hanno provato a fondare una borsa a Galati–Francesco Delvecchio - e hanno sostenuto finanziariamente la pubblica istruzione, Antonio Sarao in Braila ecc. Parte di loro sono stati coinvolti anche nell’attività del cantiere navale di Galati . È il caso di Giovanni Inglesi. Nel 1850 questo
I documenti attestano le iniziative degli italiani per la creazione di alcune strutture industriali. Se nel 1815 esisteva a Galati una fabbrica di vermicelli, nel 1842 c’erano sette fabbriche, di cui tre di maccheroni. A queste si aggiunge nel 1856 l’iniziativa di G. Pertica di creare un mulino a vapore e quella di Antonio Armao di creare una fabbrica, per la lavorazione del ferro, nel 1864. A Braila esistevano nel 1859 i mulini costruiti da Gerbolini e Bughetti, che avrebbero costruito qualche anno più tardi anche una lavanderia ad uso dei poveri della città, mentre Barabino aveva nel 1863 un pastificio che impiegava quattro operai. Medici, insegnanti, redattori, artisti italiani hanno lasciato il segno sui loro concittadini. Una particolare importanza hanno avuto i medici. Fin dal 1836 James Bailie Fraser ricordava a Galati un medico italiano il cui diploma non era riconosciuto, che però aveva una buona reputazione: „C’è un dottore, un italiano che, visto che non si era adeguato alle formalità previste dalla commissione sanitaria della Moldavia, non poteva entrare nell’elenco dei medici praticanti di quel paese, ma che, secondo alcuni, era tra i più bravi medici che si potesse trovare”. Nel 1853 veniva menzionato un chirurgo, Frigi, e nel 1863 G. Caramelli, uno tra i più importanti medici della Moldavia stabilito a Huúi: egli scriveva ad Al. Ioan Cuza, presentando la situazione sanitaria precaria degli abitanti di Galati e offriva i suoi servizi per migliorarla.
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isse poi una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. Questi sempre e mai, parole infinite e definitive, sembrano una missione impossibile. Eppure qualcuno c’è riuscito: «Alla fine della sua vita frate Francesco non pregava più, era diventato preghiera» (Tommaso da Celano). Ma come è possibile lavorare, incontrare, studiare, mangiare, dormire e nello stesso tempo pregare? Dobbiamo capire: pregare non significa dire preghiere; pregare sempre non vuol dire ripetere formule senza smettere mai. Gesù stesso ci ha messo in guardia: «Quando pregate non moltiplicate parole, il Padre sa…» (Mt 6,7). Un maestro spirituale dei monaci antichi, Evagrio il Pontico, ci assicura: «Non compiacerti nel numero dei salmi che hai recitato: esso getta un velo sul tuo cuore. Vale di più una sola parola nell’intimità, che mille stando lontano». Intimità: pregare alle volte è solo sentire una voce misteriosa che ci sussurra all’orecchio: io ti amo, io ti amo, io ti amo. E tentare di rispondere. Pregare è come voler bene, c’è sempre tempo per voler bene: se ami qualcuno, lo ami giorno e notte, senza smettere mai. Basta solo che ne evochi il nome e il volto, e da te qualcosa si mette in viaggio verso quella persona. Così è con Dio: pensi a lui, lo chiami, e da te qualcosa si mette in viaggio all’indirizzo dell’eterno: «Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre» (sant’Agostino). Il tuo desiderio di preghiera è già preghiera, non occorre star sempre a pensarci. La donna incinta, anche se non pensa in continuazione alla creatura che vive in lei, diventa sempre più madre a ogni battito del cuore. Il Vangelo ci porta poi a scuola di preghiera da una vedova, una bella figura di donna, forte e dignitosa, anonima e indimenticabile, indomita davanti al sopruso. C’era un giudice corrotto. E una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: fammi giustizia contro il mio avversario! Una donna che non si arrende ci rivela che la preghiera è un no gridato al «così vanno le cose», è il primo vagito di una storia neonata: la preghiera cambia il mondo cambiandoci il cuore. Qui Dio non è rappresentato dal giudice della parabola, lo incontriamo invece nella povera vedova, che è carne di Dio in cui grida la fame di giustizia. Perché pregare? È come chiedere: perché respirare? Per vivere! Alla fine pregare è facile come respirare. «Respirate sempre Cristo», ultima perla dell’abate Antonio ai suoi monaci, perché è attorno a noi. «In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,28). Allora la preghiera è facile come il respiro, semplice e vitale come respirare l’aria stessa di Dio.
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*Foglietto preparato da Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi
C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. T. E con il tuo spirito.
ATTO PENITENZIALE
Oggi la Chiesa celebra la Giornata Missionaria Mondiale. Strettamente unito al tema della missione è quello della preghiera, che la Liturgia ci presenta: è pregando che la nostra vita si trasforma e diventa missione, annuncio e testimonianza dell’amore di Dio per tutti gli uomini. Consapevoli di non essere sempre fedeli alla nostra vocazione missionaria, chiediamo perdono e invochiamo la misericordia del Padre. Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. T. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.
O Dio, che per le mani alzate del tuo servo Mosè hai dato la vittoria al tuo popolo, guarda la Chiesa raccolta in preghiera; fa' che il nuovo Israele cresca nel servizio del bene e vinca il male che minaccia il mondo, nell'attesa dell'ora in cui farai giustizia ai tuoi eletti che gridano giorno e notte verso di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Il Signore ti custodirà da ogni male: egli custodirà la tua vita. Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri, da ora e per sempre. R/.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a CriDal libro dell'Esodo sto Gesù, che verrà a giudicare i In quei giorni, Amalèk venne a vivi e i morti, per la sua manifestacombattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli zione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuper noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io no e non opportuno, ammonisci, starò ritto sulla cima del colle, con rimprovera, esorta con ogni main mano il bastone di Dio». Giosuè gnanimità e insegnamento. eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. QuanLa parola di Dio è viva do Mosè alzava le mani, Israele ed efficace, discerne i sentimenti e prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché i pensieri del cuore. Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimase- In quel tempo, Gesù diceva ai suoi ro ferme fino al tramonto del sole. discepoli una parabola sulla necesGiosuè sconfisse Amalèk e il suo sità di pregare sempre, senza stanpopolo, passandoli poi a fil di spa- carsi mai: «In una città viveva un da. giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, R. Il mio aiuto viene dal Si che andava da lui e gli diceva: gnore. “Fammi giustizia contro il mio avAlzo gli occhi verso i monti: versario”. Per un po’ di tempo egli da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiu- non volle; ma poi disse tra sé: to viene dal Signore: egli ha fatto “Anche se non cielo e terra. R/. temo Dio e non Non lascerà vacillare il tuo ho riguardo piede, non si addormenterà il tuo per alcuno, custode. Non si addormenterà, non dato che queprenderà sonno il custode d’Israe- sta vedova mi le. R/. dà tanto fastiIl Signore è il tuo custode, il dio, le farò giuSignore è la tua ombra e sta alla stizia perché tua destra. Di giorno non ti colpirà non venga il sole, né la luna di notte. R/. continuamente
a importunarmi”». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
cui siamo indipendenti è sempre presente. Aiutaci a capire che tu ci ami anche nella nostra condizione di peccatori. Te lo chiediamo per Padre nostro, che sei nei cieli, Cristo nostro Signore. sia santificato il tuo nome, A. venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
C. Donaci, o Padre, di accostarci degnamente al tuo altare, perché il mistero che ci unisce al tuo Figlio sia per noi principio di vita nuova. Per Cristo nostro Signore.
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. In ogni tempo tu doni energie nuove alla tua Chiesa e lungo il suo cammino mirabilmente la guidi e la proteggi. Con la potenza del tuo Santo Spirito le assicuri il tuo sostegno, ed essa, nel suo amore fiducioso, non si stanca mai d'invocarti nella prova, e nella gioia sempre ti C. Dio è vicino a coloro che si rende grazie per Cristo Signore rivolgono a lui senza menzogna e con l’animo aperto. Egli desidera nostro. Per mezzo di lui cieli e terra inneggiano al tuo amore; e noi, avere un rapporto con l’uomo. Preghiamo insieme e diciamo: Si- uniti agli angeli e ai santi, proclagnore, insegnaci a pregare. miamo senza fine la tua gloria: 1. Perché non consideriamo nulla Santo, Santo, Santo…... O Signore, questa celebrazione come troppo infimo perché tu te ne eucaristica, che ci ha fatto pregupossa occupare. Preghiamo. stare le realtà del cielo, ci ottenga i 2. Perché come te sappiamo essetuoi benefici nella vita presente e re ogni giorno presenti e attenti ai ci confermi nella speranza dei beni nostri fratelli. Preghiamo. futuri. Per Cristo nostro Signore. 3. Perché la nostra fede non coinvolga solo il nostro cuore o solo la nostra mente, ma tutto il nostro essere. Preghiamo. 4. Perché sappiamo che nessun contesto è inadeguato alla tua presenza. Preghiamo. C. O Padre, la tentazione di dividere in due il nostro cuore tra un ambito che ti riguarda ed uno in