Adeste 43 domenica 23 ottobre 2016c

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l punto di riferimento per la maggioranza degli italiani di Bucarest era ed è la Chiesa Nazionale Italiana del SS. Redentore, edificata nel centro della città nel 1916, su terreno donato dallo Stato romeno allo Stato italiano, da architetti, impresari e maestranze italiane. La chiesa, situata sul boulevard I.C. Brătianu, fu costruita con donazioni della famiglia reale italiana e del governo italiano e con una sottoscrizione tra gli italiani di Bucarest, su progetto degli architetti Mario Stoppa e Giuseppe Tiraboschi secondo il modello della chiesa «Santa Maria delle Grazie» di Milano, e con l’intervento della ditta degli ingegneri Gambara e Vignali. Al sacerdote vicentino Antonio Mantica (vedi a pagina3) furono affidate fin dall’inizio l’assistenza spirituale ai fedeli italiani e l’istruzione religiosa agli allievi della scuola italiana e a quelli che frequentavano le scuole romene. Nel 1928, la Chiesa del SS. Redentore ottenne l’autorizzazione ecclesiastica per essere sede della Parrocchia degli italiani di Bucarest e delle località vicine (distretto Ilfov), la terza parrocchia italiana dopo quelle di Cataloi e di Greci (entrambe nel distretto di Tulcea), con circa 7.000/8.000 fedeli. Nel 1938, fu inviato a Bucarest un altro sacerdote, Ruggiero Andreatta della diocesi di Treviso, come vicario parrocchiale per appoggiare il parroco Mantica nella sua attività pastorale e di assistenza agli anziani, ai malati e agli indigenti delle famiglie italiane immigrate. Sin dal suo arrivo a Bucarest, Antonio Mantica fondo una Società Corale Italiana «Giuseppe Verdi» che svolse una intensa e costante attività non solo nella capitale, con la partecipazione di musicisti e solisti italiani e romeni. Nel 1950 a causa delle pressioni del regime, lasciò Bucarest ed al suo posto fu nominato Padre Clemente Gatti che resse la Chiesa fino al 8 marzo 1951 quando fu arrestato, incarcerato e torturato. ( La sua storia a pagina 3) Dal 951 fino al 1968 la Chiesa Italiana è rimasta chiusa e per la sua riapertura si fece parte attiva l’allora primo ministro italiano Amintore Fanfani instaurando trattative fra il governo italiano e quello comunista romeno. Fino all’anno 1989 si sono svolte so ltanto celebrazioni occasionali, massimo cinque per anno. Dopo la caduta del regime comunista, la Chieda Italiana è stata aperta completamente. La Casa parrocchiale che si trova a fianco della chiesa fu costruita nell’anno 1924 e per un periodo ha funzionato come scuola italiana. Il Campanile è alto 27,75 mt.ed è dotato di 4 campane. La struttura della chiesa fu colpita dai terremoti del 1940, 1977 e 1990. I blocchi che contornano la chiesa furono eretti negli anni’30. La Chiesa italiana si distingue per la solennità e per le belle pitture interne, Sovente si organizzano concerti di organo e di musica barocco rinascimentale. La festa principale della Chiesa è il “ Corpo e Sangue di Gesù”. La Chiesa Italiana di Bucarest prima dell’erezione dei palazzi attorno. Ante 1930

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PADRE ANTONIO MANTICA (Vicenza, 17 gennaio 1871 – Bevadoro, 18 giugno 1958) Dopo un periodo di missione nel Sudan, nel 1914 venne inviato da Mons. Ferdinando Rodolfi, vescovo di Vicenza, a Bucarest alla guida della comunità italiana ivi residente. In Bucarest fondò la chiesa del SS. Redentore e ne divenne parroco. La sera del 27 dicembre del 1949, Padre Antonio Mantica, da più di trent'anni Parroco della Comunità del SS. Redentore, fu chiamato al Ministero rumeno degli Interni e trattenuto, per cinque giorni, inducendolo, con metodi di violenza psicofisica, a dichiarare al pub-blico che lasciava la Romania spontaneamente e non a seguito di espulsione. Lasciò Bucarest per l'Italia il 7 febbraio 1950. Nella Chiesa del SS. Redentore, a seguito dell'espulsione di Padre Antonio Mantica, si era reso vacante l'ufficio di parroco e di rettore. Il Nunzio Apostolico Mons. Gerard O'Hara e il Ministro d'Italia domandarono a Padre Clemente Gatti se avrebbe accettato l'incarico di Rettore della Chiesa Italiana, essendo stata soppressa parrocchia per ordine del Governo comunista ateo. (Fonte wikipedia)

SERVO DI DIO CLEMENTE GATTI Sacerdote francescano, martire .

Caselle di Pressana, Verona, 22 febbraio 1880 – Saccolongo, Padova, 6 giugno 1952 Giovanissimo entrò nel convento dei frati francescani di Lonigo (Vicenza). Emise la professione solenne il 17 settembre 1903. Completato il corso teologico all'ateneo "Antonianum" di Roma, fu ordinato sacerdote il 2 aprile 1902. Nel 1909. Quando la Transilvania faceva ancora parte dell'Ungheria, i superiori inviarono padre Clemente, in Transilvania, a Hunidoara, dove si trattenne quattro anni ad insegnare nello studentato francescano. All'inizio della prima guerra mondiale rientrò in Italia e fu chiamato alle armi come cappellano. Fu quindi ministro e definitore provinciale e prefetto degli studi nonché custode del convento delle Vigne a Venezia. Nel 1937 tornò in Transilvania, nel frattempo diventata romena. Con l'avvento del comunismo (1945) e la persecuzione religiosa, padre Gatti fu deportato ad Alba Julia. Il 7 febbraio 1949 il padre Antonio Mantica, fondatore della Chiesa degli Italiani di Bucarest e suo parroco, fu costretto dalle autorità comuniste a rientrare in Italia e come rettore della chiesa fu nominato padre Gatti. Intensificandosi la persecuzione religiosa, fu consigliato a padre Gatti di rientrare in Italia, ma rifiutò. L'8 marzo padre Clemente veniva arrestato, quindi sottoposto a processo davanti al Tribunale militare di Bucarest, dall'11 al 17 settembre 1951, e condannato a 15 anni. Il 19 maggio 1952 veniva trovato alla stazione ferroviaria di Vienna, in uno scompartimento di un treno proveniente dalla Romania, padre Clemente Gatti. Era paralizzato e senza parola, disfatto e allucinato. Era affetto da numerose e fetide piaghe da decubito e dalla fuoriuscita della spina dorsale per quasi tutta la sua lunghezza. Trasportato in Italia, non migliorava, capace di emettere solo qualche incomprensibile mugolio. Morì 20 giorni dopo il rientro in Italia. (Fonte Santi e Beati) 3


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missione? Un’immensa opera di misericordia, sia spirituale che materiale. Un’opera, quella di annunciare la fede al mondo, che diventa ancora più necessaria in tempi di crisi e di guerre. E’ quanto afferma papa Francesco nel suo messaggio per la 90esima Giornata Missionaria Mondiale, che si celebrerà domenica 23 ottobre 2016. Una gior nata promossa dalla Pontificia Opera della Propagazione della Fede e approvata da Papa Pio XI nel 1926. Eccole le parole di Francesco, proprio in apertura del suo testo: «Il Giubileo Straordinario della Misericordia, che la Chiesa sta vivendo, offre una luce particolare anche alla Giornata Missionaria Mondiale del 2016: ci invita a guardare alla missione `ad gentes´ come una grande, immensa opera di misericordia sia spirituale che materiale». In questo giorno speciale, spiega il Pontefice «siamo tutti invitati ad `uscire´, come discepoli missionari, ciascuno mettendo a servizio i propri talenti, la propria creatività, la propria saggezza ed esperienza nel portare il messaggio della tenerezza e della compassione di Dio all’intera famiglia umana». «In forza del mandato missionario - aggiunge Bergoglio -, la Chiesa si prende cura di quanti non conoscono il Vangelo, perché desidera che tutti siano salvi e giungano a fare esperienza dell’amore del Signore. Essa `ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo´ (Bolla Misericordiae Vultus, 12) e di proclamarla in ogni angolo della terra, fino a raggiungere ogni donna, uomo, anziano, giovane e bambino». Nel messaggio non manca un riferimento preciso alla presenza femminile nel mondo missionario. «Segno eloquente dell’amore materno di Dio è una considerevole e crescente presenza femminile nel mondo missionario, accanto a quella maschile». «Le donne, laiche o consacrate, e oggi anche non poche famiglie - spiega -, realizzano la loro vocazione missionaria in svariate forme: dall’annuncio diretto del Vangelo al servizio caritativo». Secondo il Pontefice, «accanto all’opera evangelizzatrice e sacramentale dei missionari, le donne e le famiglie comprendono spesso più adeguatamente i problemi della gente e sanno affrontarli in modo opportuno e talvolta inedito: nel prendersi cura della vita, con una spiccata attenzione alle persone più che alle strutture e mettendo in gioco ogni risorsa umana e spirituale nel costruire armonia, relazioni, pace, solidarietà, dialogo, collaborazione e fraternità, sia nell’ambito dei rapporti interpersonali sia in quello più ampio della vita sociale e culturale, e in particolare della cura dei poveri». Il Papa si sofferma anche sull’importanza dell’educazione. «In molti luoghi – scrive - l’evangelizzazione prende avvio dall’attività educativa, alla quale l’opera missionaria dedica impegno e tempo, come il vignaiolo misericordioso del Vangelo (cfr Lc 13,7-9; Gv 15,1), con la pazienza di attendere i frutti dopo anni di lenta formazione; si generano così persone capaci di evangelizzare e di far giungere il Vangelo dove non ci si attenderebbe di vederlo realizzato. La Chiesa può essere definita “madre” anche per quanti potranno giungere un domani alla fede in Cristo». «Auspico pertanto - prosegue - che il popolo santo di Dio eserciti il servizio materno della misericordia, che tanto aiuta ad incontrare e amare il Signore i popoli che ancora non lo conoscono. La fede infatti è dono di Dio e non frutto di proselitismo; cresce però grazie alla fede e alla carità degli evangelizzatori che sono testimoni di Cristo. Nell’andare per le vie del mondo è richiesto ai discepoli di Gesù quell’amore che non misura, ma che piuttosto tende ad avere verso tutti la stessa misura del Signore; annunciamo il dono più bello e più grande che Lui ci ha fatto: la sua vita e il suo amore». Poi l’esortazione finale: «Ogni popolo e cultura ha diritto di ricevere il messaggio di salvezza che è dono di Dio per tutti. Ciò è tanto più necessario se consideriamo quante ingiustizie, guerre, crisi umanitarie oggi attendono una soluzione. I missionari sanno per esperienza che il Vangelo del perdono e della misericordia può portare gioia e riconciliazione, giustizia e pace. Il mandato del Vangelo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20) non si è esaurito, anzi ci impegna tutti, nei presenti scenari e nelle attuali sfide, a sentirci chiamati a una rinnovata “uscita” missionaria».

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Un

cristianesimo “popolare”. È una delle parole chiave di papa Francesco, è uno dei “chiodi” che batte più frequentemente. Al Convegno di Firenze ha ripetuto, riferendosi alla “spiritualità” di don Camillo nei racconti di Guareschi: «La Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: “Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro”. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte».

…..Papa Francesco ci invita ad un cristianesimo popolare. Dove ha dignità una mamma che chiede il Battesimo per suo figlio, dove ha dignità il suo bambino al punto che viene abbracciato e baciato dal papa, dove ha dignità un anziano che con la sua vita è memoria del passato, dove ha dignità un uomo che si reca in chiesa a dire una preghiera, dove ha dignità una vecchietta che prega con il rosario, dove ha dignità un giovane che scopre il valore dell’elemosina e del servizio, dove hanno dignità i genitori che chiedono che i loro figli siano aiutati a ricevere più consapevolmente la prima Comunione anche se nemmeno sanno bene cosa chiedono, dove ha dignità un immigrato che vive una fede popolare e che non la deve perdere per non perdere con essa tutto, dove ha dignità un insegnante che perde la sua vita ad insegnare la meravigliosa tradizione italiana ai suoi alunni, dove ha dignità un adulto che è tale perché ha generato dei figli e perde il suo tempo perché essi riescano a maturare. Un cristianesimo “popolare” dove ognuno ha dignità perché è ciò che è e non ciò che pretendiamo che astrattamente sia. Papa Francesco ci invita ad avere più passione e addirittura passionalità. Ci invita ad avere grinta ed un cuore grande. Ci invita a stare con la gente, con tutta la gente, senza mai preferire questo o quello. Senza mai dire: "partiamo dagli adulti o dai giovani o dai bambini o dai vecchi". Perché sono tutti figli di Dio e chiamati a stare insieme. Ci invita a stare con quelli di una parte e con quelli dell'altra parte e pure con quelli della parte di mezzo, a non avere parrocchie nelle quali qualcuno potrebbe sentirsi discriminato per un qualsivoglia motivo. …..Una visione popolare del cristianesimo dove abbiano posto le periferie, la gente semplice, gli ultimi e i piccoli, di età e di sapienza. (Redazione de Gli scritti: 11 /11 /2015 )

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G

hiaccio!!! Ghiaccio fresco!! Erano queste le grida che riecheggiavano nelle vie e nelle piazze delle città italiane nel Dopoguerra. ...queste urla attiravano l'attenzione di adulti e bambini. I più piccoli erano subito pronti a rispondere ai richiami dei gelatai, mentre i più grandi dovevano giornalmente acquistare il ghiaccio per la conservazione degli alimenti.

Nel dopoguerra, infatti, il frigorifero era un bene di lusso riservato ai più facoltosi. La gente comune ripiegava su un mobiletto in legno, foderato di stagno o zinco, con carica verticale. Questo antenato del frigorifero era detto ghiacciaia domestica e serviva a conservare principalmente il latte, il burro e il formaggio. La carne, i salumi e altri alimenti erano meno diffusi e venivano acquistati il giorno stesso in cui era previsto il consumo. ….Una particolarità rendeva il ghiaccio prodotto in fabbrica diverso da quello odierno e ben lontano da ciò che si trova in natura. Era il forte odore di ammoniaca, r esiduo delle fasi di lavorazione, che lo faceva diventare sgradevole all'olfatto. In effetti, dagli anni '30 in poi, la produzione della sostanza avveniva mediante una vasca dove circolava una soluzione salina raffreddata dai compressori o dal contatto con gas liquefatti come ammoniaca o freon. Chi non possedeva il frigorifero aveva la buona abitudine di comprare il ghiaccio direttamente dalla fabbrica, risparmiando così alcune Lire rispetto a quello venduto dall'ambulante che girava di corte in corte. Normalmente si acquistava il cosiddetto quarto di panno, unità di misura non riconosciuta dal sistema internazionale ma ben nota a chi il ghiaccio lo utilizzava quotidianamente. Si tratta di una misura che derivava dal pezzo di ghiaccio prodotto dalla fabbrica, circa 2 metri per 40 centimetri, che veniva appunto tagliato in quarti e avvolto in un panno. Una volta riposto nella ghiacciaia il prodotto aveva un durata media di 24 ore circa, ma occorreva vuotare più volte durante la giornata le bacinelle che raccoglievano l'acqua discioltasi. Grazie a questo sistema anche i meno facoltosi potevano avere ghiaccio tutto l'anno, nonostante quello che diceva Bat Masterson: Tutti nella vita hanno una uguale quantità di ghiaccio. I ricchi d'estate, i poveri d'inverno.

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Il pubblicano e quel 'tu' che salva Gesù, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si può pregare e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo. Pregare può diventare in questo caso perfino pericoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in più. Eppure il fariseo inizia la preghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ciò che segue è sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri. La sua preghiera non è un cuore a cuore con Dio, è un confronto e un giudizio sugli altri, tutti disonesti e immorali. L'unico che si salva è lui stesso. Come deve stare male il fariseo in un mondo così malato, dove è il male che trionfa dappertutto! Il fariseo: un buon esecutore di precetti, onesto ma infelice. Io digiuno, io pago le decime, io non sono... Il fariseo è irretito da una parola che non cessa di ripetere: io, io, io. È un Narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a niente se non a registrare le sue performances, è solo una muta superficie su cui far rimbalzare la sua soddisfazione. Il fariseo non ha più nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male e il male sono gli altri. Ha dimenticato la parola più importante del mondo: tu. Il pubblicano invece dal fondo del tempio non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il petto e diceva: Abbi pietà di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera, rendendola autentica. La prima parola è tu: Tu abbi lui fa', il pubblicano la fonda su

pietà. Mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a quello che quello che Dio fa. L'insegnamento della parabola è chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazioni umane. Le regole sono semplici e valgono per tutti. Se metti al centro l'io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con gli amici, non con Dio. Vita e preghiera percorrono la stessa strada: la ricerca mai arresa di un tu, uomo o Dio, in cui riconoscersi, amati e amabili, capaci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro essere. La seconda parola è: peccatore. In essa è riassunto un intero discorso: "sono un poco di buono, è vero, ma così non sto bene, non sono contento; vorrei tanto essere diverso, ci provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta".

Il pubblicano tornò a casa sua giustificato, non perché più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l'umiltà), ma perché si apre - come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento - a un Altro più grande del suo peccato, che viene e trasforma. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua sola onnipotenza.

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La lettera di un emigrato in America alla madre rimasta in Italia

Questa lettera fu scritta da un italiano che migrava in America. Come i morti della foto, morti italiani, del naufragio della nave Sirio, nel 1906 davanti a Cartagena. Andavano in Brasile e Argentina.

C

lavano che gli spiriti maligni avevano maledetto quella nave e tutti quelli che c'erano dentro. Una maga ha officiato alcuni riti purificatori, nonostante tutto alcuni di noi, presi dal panico, volevano scappare all'aperto, ma uomini armati ci hanno trattenuto nelle stive. Ho avuto paura, poi il tempo è migliorato e d'improvviso dentro di me ho sentito una gran malinconia; tu lo sai madre, se avessi potuto rimanere lo avrei fatto. Ma la guerra a volte ti colpisce anche quando fai di tutto per evitarla, in questo triste mondo ti ero rimasto solo io, ma tu hai preferito piangere la mia lontananza piuttosto che la mia morte.

ara madre,

perdonami se dalla mia partenza non ho più avuto modo di contattarti, come sai io non so scrivere, per questo mi sto facendo aiutare da un amico che, non ci crederai, abitava proprio in un paese vicino al nostro ed è partito insieme a me; per qualche strano paradosso non l'ho mai incontrato se non una volta giunto qui. Lui è uno nobile, ma se c'è una cosa che ho imparato subito dopo la mia partenza è proprio che le caste per noi emigranti non esistono, per gli abitanti di questo paese siamo tutti uguali. Il viaggio è stato lungo e difficile, posso assicurarti che dal nostro paese fino al mare il percorso è stato davvero lungo e faticoso, per fortuna l'abito buono e le scarpe le avevo messe in saccoccia, così non si sono rovinate.

Avrei tanto voluto portarti con me, nella terra dei sogni, dove c'è il lavoro, dove c'è ricchezza, dove non c'è la guerra, dove i campi si arano con potenti macchine e gli uomini non si ammazzano per un po' d'acqua. Ma or a che sono qui sono contento che tu non sia venuta. Non voglio mentirti madre, temo di essere sbarcato nella terra sbagliata, qui le strade sono piene di insegne luccicanti e musica, ma in realtà tutto è duro, difficile, violento.

Ti dicevo del viaggio, quello via ter r a è stato duro, ma ancora peggiore è stata la navigazione. L'imbarcazione era piena, eravamo tutti ammassati: uomini, donne, bambini. Per passare il tempo alcuni intonavano i canti della nostra assolata ed arida terra ma la maggior parte temeva di finire i suoi ultimi giorni nel fondo degli abissi; qualcuno diceva che era già successo in passato. Abbiamo trovato burrasca, molti hanno iniziato a pregare, altri ur-

Appena siamo arrivati ci hanno fatto sedere a terra, poi ci hanno chiesto i documenti (molti di noi non li avevano e sono stati duramente interrogati), uomini armati si sono piazzati davanti a noi, ci controllavano per evitare che qualcuno di noi tentasse la fuga. Poi ci hanno fatto alzare e, uno ad uno, ci hanno sottoposto a delle visite mediche. Alcuni di noi sono rimasti nella stanza del dot8


Adeste 20162016 - 5°/43 5°/ 43 molti dei nostri connazionali sono delinquenti ed hanno provocato molti morti, ma non siamo tutti uguali. Io vivo nella paura, temo il futuro, la mia terra mi ha rifiutato, la terra dei miei sogni anche, ed ora mi sento figlio di nessuno. A volte penso che sarebbe più semplice se facessi anch'io il delinquente, tu mi hai insegnato a vivere onestamente, eppure madre la fame, che pure conosco da quando sono nato, si fa sentire sempre più forte. Sono solo, e se non fosse per tutte le altre persone come me, con le quali mi consolo e trovo conforto, sarei già impazzito. Le cose non cambiano, nella nostra terra alcuni nostri connazionali dediti alla delinquenza ed al malaffare ci maltrattavano, ci sfruttavano, spesso ci uccidevano.

tore troppo a lungo, erano debilitati, ed è stato come se dentro di me sentissi che alcune di queste persone in realtà quell'infermeria non l'avrebbero mai più abbandonata. Nei miei incubi sento ancora le loro voci. Per giorni sono stato chiuso in questo centro di permanenza su un isolotto in mezzo all'acqua. Poi insieme ad un amico siamo riusciti a fuggire. Forse ho sbagliato, da allora mi sento braccato. Ho trovato un impiego, ma il lavoro è difficile e pesante, di cer to non meno pesante del lavoro con il quale mi spezzavo la schiena nell'amata terra mia, terra di cui mi manca ogni cosa: i colori, gli odori, i sapori, ma soprattutto tu, cara madre. Il suolo arido della mia cara terra, la fatica delle lunghe passeggiate verso il pozzo con i carichi d'acqua che servivano per dissetare tutta la comunità. Nella città in cui ora mi trovo faccio il muratore. Carico "pezzi" sulle spalle dalla mattina alla sera, ma non tutti i giorni. La mattina aspetto assieme agli altri vicino al cantiere, se sono fortunato lavoro, altrimenti devo sperare nel giorno dopo. Non posso lamentarmi per come ci trattano, qui vivo nascosto, se ti lamenti quelli chiamano la polizia e ti fanno arrestare. La notte la passo in un dormitorio insieme ad altri connazionali e a cittadini di altre terre lontane.

La crudeltà mi ha costretto alla fuga, la crudeltà mi costringe ora a vivere da reietto. Perché ora quegli stessi connazionali li ritrovo qui, dediti alla delinquenza, intenti a fare del male al prossimo, ma soprattutto a noi; ed anche qui, come nella mia terra, nessuno ci tutela e ci protegge. Siamo alla mercè della polizia, dei nostri connazionali delinquenti, del razzismo della gente. Mamma, il nostro popolo dev'essere maledetto, forse gli spiriti maligni ci hanno fatto il malocchio, ma non preoccuparti, la mia tempra è dura, ce la farò, anche se è davvero difficile essere un emigrato italiano in questo nuovo mondo. Una cosa ti prometto, se il signore vorrà concedermi questa grazia, a mio figlio insegnerò il rispetto e l'amore per il prossimo, chiunque esso sia, proprio come tu e nostro signore mi avete insegnato. Che Dio ti protegga. Con amore

La gente del posto è vestita bene, pulita, elegante, ma ci guarda con diffidenza e disprezzo. Non vive negli stessi posti dove abitiamo noi, anzi, quei posti li evita. L'amico a cui sto dettando questa lettera, uno colto, mi ha fatto vedere un giornale, mi ha detto che per i cittadini di questa nazione siamo tutti stranieri, ma alcuni di noi sono peggio degli altri. Noi siamo tra quelli peggio. Dicono che la mia gente insulta le donne, le tratta male, le picchia e le uccide, dicono che siamo negroidi con poco cervello, che se la nostra terra è così è perché ce lo meritiamo. Il mio datore di lavoro lancia epiteti contro quelli come noi, lo fa ridendo, crede di essere simpatico, ed infatti tra di loro ridono. Gli insulti sono le prime cose che ho appreso di questa lingua così strana e difficile. Eppure madre tu mi hai insegnato a rispettare le donne, ad amare colei che a mia volta sarà la madre dei miei bambini, allora perché questi uomini ci ritengono così brutali ed arretrati?

(da Il Blog di Pier..un sottile filo rosso)

Perché ci giudicano con tanta superficialità? Si, c'è violenza nel nostr o paese, 9


Adeste 20162016 - 5°/43 5°/ 43 LITURGIA EUCARISTICA LETTURE: Sir 35,15-17.20-22 Sal 33 2Tm 4,6-8.16-18 Lc 18,9-14 C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Umili e pentiti come il pubblicano al tempio, accostiamoci al Dio giusto e santo, perché abbia pietà anche di noi peccatori. Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. O Dio, tu non fai preferenze di persone e ci dai la certezza che la preghiera dell'umile penetra le nubi; guarda anche a noi come al pubblicano pentito, e fa’ che ci apriamo alla confidenza nella tua

misericordia per essere giustificati nel tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro del Siracide. Il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone. Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano, né la vedova, quando si sfoga nel lamento. Chi la soccorre è accolto con benevolenza, la sua preghiera arriva fino alle nubi. La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Il povero grida e il Signore lo ascolta. Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. R/. Il volto del Signore contro i malfattori, per eliminarne dalla terra il ricordo. Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte le loro angosce. R/. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti. Il Signore riscatta la vita dei suoi servi; non sarà condannato chi in lui si rifugia. R/. Seconda Lettura Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timoteo Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manife-

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stazione. Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo Alleluia,Alleluia Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione. Alleluia VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Luca A. Glora a te o Signore In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato». Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state crea-


Adeste 20162016 - 5°/43 5°/ 43 te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Il Signore è vicino a coloro che si accostano a lui con un cuore contrito e libero. Egli ricerca un rapporto con l’uomo nella verità. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, accogli la nostra preghiera. 1. Perché i fedeli laici, i diaconi, i sacerdoti, i vescovi e il Papa siano fedeli al ministero loro affidato da Cristo di annunciare il Vangelo. Preghiamo. 2. Perché per quanto misera sia la nostra condizione abbiamo il coraggio di pregare per chi sta peggio di noi. Preghiamo. 3. Perché nelle ore più buie ci ricordiamo del semplice ed immenso dono che ci hai fatto regalandoci la vita. Preghiamo. 4. Perché ricordiamo sempre che, per quanto forti possiamo sentirci, solo inginocchiandoci di fronte a te possiamo davvero tornare a casa giustificati. Preghiamo. C. O Padre, l’apertura alla tua presenza richiede il riconoscimento della nostra non autosufficicenza. Aiutaci ad essere sempre coscienti dei nostri limiti e sereni di fronte ad essi. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore . A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la

gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo: quest'offerta, espressione del nostro servizio sacerdotale, salga fino a te renda gloria al tuo nome. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente giusto benedirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell'ascolto della parola e nella comunione dell'unico pane spezzato fa memoria del Signore risorto nell'attesa della domenica senza tramonto, quando l'umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua misericordia. Con questa gioiosa speranza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo a una sola voce l'inno della tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLAPREGHIERAEUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato

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il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C Signore, questo sacramento della nostra fede compia in noi ciò che esprime e ci ottenga il possesso delle realtà eterne, che ora celebriamo nel mistero. Per Cristo nostro Signore. C. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


Adeste 20162016 - 5°/43 5°/ 43 nella poesia "La Statistica", con cui svela giovedÏ 26 ottobre 1871 (145 anni fa) l'ingannevole utilizzo giovedÏ 21 dicembre 1950 (66 anni fa) delle statistiche, per fini politici, e che ella natia Roma è stato per tutt'oggi conserva la oltre mezzo secolo il princisua validità . In pratipale cantore in versi. Regica: se una persona strato all'anagrafe comangia due polli e me Carlo Alberto Salustri, si affermò un'altra nessuno, secome poeta utilizzando come nome condo la media risulta d'arte l'anagramma del suo cognoche entrambi ne hanno mangiato uno. me: Trilussa. Scomparve nella sua amata città il 21 dicemSe Gioacchino Belli aveva elevato a di- bre del 1950, venti giorni dopo aver ricevuto gnità letteraria il romanesco popolare della la nomina a senatore a vita dal presidente Eiprima metà dell'Ottocento, lui optò per naudi. Molte delle sue poesie hanno ispirato il dialetto borghese, piÚ vicino all'italiano ed artisti famosi, tra cui Baglioni e Jovanotti, e espressione appunto della classe borghese. finanche un pontefice, Giovanni Paolo I, che Politici, gerarchi fascisti, letterati e tutti gli lesse "La fede" nel corso di un'udienza. altri protagonisti della cronaca di quei tempi finirono nel mirino della sua sferzante ironia, I SANTI DELLA espressa sotto forma di favola moraleggiante SETTIMANA alla maniera di Esopo. Celebre la teoria dei due polli, contenuta

Trilussa

D

23 D

s. Giovanni da Capestrano

24 L

s. Luigi Guanella

25 M

s. Crispino

26 M

s. Evaristo

27 G

s. Fiorenzo

28

Ss. Simone e Giuda

29 S

s. Ermelinda

CJ2K: Chiesa romano-cattolica dei Piaristi. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii� din ClujNapoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: veresstelian@yahoo.com Domenica alle ore 12,00

B2345678: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balcescu, nr. 28, sector 1, BucureĹ&#x;ti tel./ fax: 021-314.18.57, don Roberto *°* Polimeni, Tel:0770953530 AJM4 I2JC4: Domenica ore 11:00 mail: polimeni.roberto@yahoo.com; polimeni.rober to70@gmail.com; Tel 0040 756066967. Trasmessa nella Chiesa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. in diretta su www.telestartv.ro 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul *°* "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari. TCOC7P454: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi*°* I47C: Cattedrale "vecchia" IaĹ&#x;i - Adormirea Maicii na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica Domenica ore 18:00. ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 M ail: Mail:parohiafabric@googlemail.com Alelembo73@gmail.com *°*

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