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vete mai provato a cercare sul vocabolario il significato del verbo "risparmiare"? Se la risposta è no, oggi possiamo provare a farlo insieme: seguitemi, perché presto capirete il perchè di questa ricerca. Sul vocabolario on line Treccani, tagliando e riassumendo, troviamo scritto questo: "1.a. Astenersi dall’usare, dal consumare una cosa, o limitarne l’uso e il consumo allo stretto indispensabile, per lo più in vista di future necessità [...] b. In partic., non spendere una certa somma di denaro, sia rinunciando a una spesa, a un acquisto, sia ottenendo un ribasso, uno sconto [...]". Avete mai riflettuto sul significato programmatico e rivolto al tempo futuro che è insito nell'idea di risparmiare? Se leggiamo attentamente ciò che ci rivela il vocabolario, capiremo subito di essere di fronte ad un'azione saggia e previdente, che fa sì che ci asteniamo da un uso nell'oggi per mettere da parte per il domani. Conoscerete probabilmente la favola della cicala e della formica che ci raccontavano da piccoli: mentre la previdente formica accumula provviste per l'inverno, la cicala, presentata come perdigiorno e amante della bella vita, la sbeffeggia dicendole che è meglio godersi l'estate, che di sicuro durerà ancora a lungo, invece di pensare prima del tempo al domani. Tuttavia, la stagione fredda dà ragione alla saggia formica, che aveva pensato per tempo al futuro: arriverà per lei il momento di sbeffeggiare la cicala, quando questa la pregherà di aiutarla a sopravvivere donandole qualcosa delle sue provviste. La formica si rifiuterà e, probabilmente, la cicala non vedrà una bella fine. Ecco, secondo me questa favola non è proprio adatta ad insegnarci fin da bambini il valore del risparmio: chi di noi non si è ribellato all'idea della cattiveria dell'avara formica, che avrebbe potuto aiutare la cicala e insegnarle la lezione per l'estate successiva? Fin da lì arriva un pregiudizio diffuso per cui chi è ricco e chi pensa per tempo al futuro risparmiando sarebbe anche un po' meschino e avaro di cuore: ci ribelliamo all'idea di condurre una vita triste in vista di un imprecisato domani. Io vi propongo invece di iniziare a pensare al risparmio, se non l'aveste ancora fatto, come ad un dono che il me stesso di oggi fa per il me stesso di domani: lungi dall'essere una privazione e una fonte di tristezza, il risparmio dev'essere programmato in una cifra che non ci pesi e che sia sostenibile per le nostre entrate. Meglio poco, ma costante, insomma! Vi parlo di quest'argomento perché forse non lo sapete ancora, ma il 31 ottobre si festeggia la Giornata Mondiale del Risparmio. E, per andare nella direzione di un risparmio vissuto come dono verso noi stessi e non come costrizione, vi segnalo questa versione alternativa della favola della cicala e della formica, preferita da Gianni Rodari: "Chiedo scusa alla favola antica se non mi piace l'avara formica. Io sto dalla parte della cicala che il più bel canto non vende, regala". (tratto da Gianni Rodari, "Filastrocche in cielo e in terra", Einaudi Ragazzi, seconda ristampa novembre 1997, pag. 172)
Per molti di noi il 31 Ottobre è semplicemente associato alla festa di Halloween. In questa giornata però cade un altro evento molto interessante, la Giornata Mondiale del Risparmio. L’educazione al risparmio è un tema attuale non solo di denaro ma anche di tempo, di energia e di rispetto dell’ambiente. La ricorrenza è legata al nome di un importante economista italiano, Maffeo Pantaleoni, che ne ispirò la proclamazione in un discorso tenuto a Milano nel mese di ottobre dell’anno 1924, presso la sede della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde dove si tenne il primo Congresso Internazionale del Risparmio. Presero parte a questo Congresso, le Casse di Risparmio di 26 paesi. Durante i lavori, si studiarono i mezzi di raccolta e di tutela del risparmio messi in atto dai vari Istituti in ogni parte del mondo. Fu un anno molto importante per definire il concetto di risparmio e per porre lo stesso, alla base dell’educazione, non solo del settore economico della società. Una disciplina finalizzata ad una migliore gestione, sociale ed individuale della ricchezza da parte dell’intera comunità. Al termine dei lavori del primo Congresso Internazionale del Risparmio, si decise che ideali e principi, condivisi durante le giornate di studio, avrebbero avuto nell’ultimo giorno di ottobre di ogni anno, celebrazione e diffusione
primo salvadanaio, di cui si ha notizia, risaliva al II secolo avanti Cristo e aveva la forma di un tempio. Oggi, il maialino è il simbolo dell’abbon-
danza. Oggi diamo spazio alla curiosità… Il salvadanaio, come si chiama a Napoli‘O carusiello”
Il salvadanaio nella storia Non avrei mai immaginato che il primo salvadanaio, di cui si ha notizia, risalisse al II secolo avanti Cristo. Fu rinvenuto in Asia minore ed ha la forma di un tempio greco, adibito alla conservazione della ricchezza, con un foro nella parte superiore per inserire il danaro. Alla evidente sacralità del risparmio si sostituirà, nei secoli, con il maialino in ceramica o terracotta, il simbolo dell’abbondanza, della sufficienza e della utilità (del maiale, come insegna la sana cultura contadina, “non si butta nulla”). La forma tondeggiante è la più comune nei secoli, sostituita, nel Medioevo, da scrigni metallici, chiusi con lucchetti. Non credo che il salvadanaio, meglio conosciuto come “carusiello”, abbia larga diffusione ai nostri giorni. Eppure quanti di noi ricordano il tintinnio delle monete e la gioia – per quello di terracotta – di lasciarlo cadere a terra! Un tonfo sordo, un rotolare di monetine, la corsa per raccoglierle e contarle ed il “progetto” di spesa, con un “budget” spesso integrato dai soldi “di carta” ( vatti a spiegare perché la carta ha un maggior valore del metallo!). I sociologi ne dedurranno l’attitudine al risparmio ed alla selezione del suo utilizzo, oggi affievolitasi soprattutto nel settore pubblico. I primi risparmi nel dopo-guerra A me piace ricordare un particolare salvadanaio, quello che il Banco di Napoli consegnava ai ragazzi nell’immediato dopo-guerra. I miei ricordi risalgono al 1946 (avevo 8 anni), quando mio padre dirigeva la Filiale del Banco ad Atripalda. Come si vede dalla foto, il salvadanaio era in ferro; aveva un foro di lato, in cui inserire i soldi e si apriva attraverso una porticina sul fondo. Per farlo, però, era necessaria una doppia chiave, una in dotazione del possessore ed una in dotazione del Cassiere, che annotava su un librettino tutti i movimenti eseguiti, con tanto di data e firma. Che fascino e quante emozioni! Oggi la stessa Banca, diventata Intesa San Paolo, reclamizza un salvadanaio a forma di maialino, nel quale puoi effettuare on line versamenti periodici. L’obiettivo è lo stesso, ma la mancanza di fisicità lo rende freddo. Concludendo, cambiano i modi e le forme, ma non si inventa nulla
due complici lo ha poi derubato.
on vorrei fare la solita guastafeste ma a me Halloween non piace. Non perché io sia una fervente credente cattolica (non lo sono affatto). Non perché questa festa abbia origini celtiche o pagane (non ci vedo niente di male). Semplicemente perché Halloween è diventata una festa del consumismo e del “ricatto” ritualizzato. Dolcetto o scherzetto? Forse un tempo aveva un senso, quando nell’Ottocento in Irlanda i contadini avevano poco da mangiare e per una notte mandavano i loro bambini in cerca di cibo, a chiedere la carità nelle case dei vicini, e anche una patata era ben gradita in cambio di una preghiera. Oggi il senso di Halloween è solo quello dettato dalle multinazionali che aumentano i loro guadagni, (in attesa di aumentarli ancora di più a Natale), inondando il mercato di junk food: caramelle, dolcetti e merendine, zeppi di zuccheri, conservanti, coloranti, grassi industriali. Passano i bambini e i ragazzi casa per casa, ti suonano, chiedono leccornie e se non hai niente di loro gradimento ti fanno un dispetto, piccolo o grande che sia. Se sono bimbi piccoli, con mamma e papà che li aspettano nel Suv poco distante, si limitano a ficcarti carta igienica nella buca della posta. Se sono un tantino più grandi e vivaci ti ci ficcano i petardi; se sono ragazzetti emancipati ti imbrattano i muri; se sono figli di papà che non hanno niente da temere, ti possono anche bruciare un albero davanti casa (è successo a dei miei amici). Pazienza si dirà, per una volta… se a Carnevale ogni scherzo vale, ad Halloween ogni ricatto vale. Già, il ricatto ritualizzato, assunto a normalità, che scatena la prepotenza dentro ai nostri figli. Per una sera si può anche essere un po’ estorsori. In una notte, l’educazione alla legalità perde tanta credibilità. Scherzetti piccoli, medi o grandi, fino ad arrivare agli scherzetti eclatanti: in Francia le forze dell’ordine nei giorni scorsi hanno arrestato 14 adolescenti che sono andati in giro mascherati e armati di pistole, coltelli, spranghe e mazze da baseball. A Montpellier un uomo è stato aggredito con sprangate da un criminale vestito da clown, che assieme a
Anche i Comuni, pur di cavalcare l’onda dell’horror consumista, si comportano da sciacalli. Per il weekend di Halloween il servizio Turismo del Comune di Ravenna propone diverse iniziative, tra cui le “Passeggiate tra mistero e delitto” che su un volantino promozionale vengono descritte come «visite guidate alla scoperta di una Ravenna misteriosa tra simboli nascosti e delitti dall’antichità a oggi». Passeggiata di pessimo gusto, in una città ancora scossa dal terribile femminicidio di Giulia Ballestri, uccisa a bastonate appena un mese fa. Delitti di oggi? C’è poco da ridere, passeggiare e scherzare. Un’amica di Giulia ha inviato una lettera di protesta ai giornali locali: “È Giulia, e tutte le persone tragicamente morte come lei, che mi spinge a scrivere. È per lei, per loro, che voglio chiedere per lo meno un po’ di rispetto. Un po’ di buon gusto. La passeggiata fatela tra i mosaici, fatela lungo le vie che parlano della nostra grande storia, fatela tra la tomba di Dante e San Vitale. Si sa, la festa di Halloween ha meno valore, in una città come Ravenna, della sagra della castagna in una frazione dell’appennino. Ma ormai, la legge del mercato la prevede (…)” E’ proprio così, la legge del mercato prevede Halloween, e noi come polli becchiamo, senza rispetto per nessuno. Il 31 ottobre siamo tutti pagani dissacranti ribelli e le multinazionali gongolano. Tra due mesi a Natale saremo tutti ferventi cristiani credenti e sarà ugualmente un trionfo del consumismo. A San Valentino saremo tutti romantici e innamorati e le multinazionali si fregheranno ancor più le mani. Non fa differenza che le feste siano cattoliche o pagane, nostrane o importate. L’importante è che noi becchiamo e compriamo, che siamo sempre e solo docili burattini. I giovani dovrebbero capire che il boicottaggio, la sobrietà e il consumo critico sono atti più anticonformisti e ribelli che esistano, le sole vere azioni concrete per marciare controcorrente. Atti concreti che fanno paura ai potenti del mondo. Altro che vestirsi da fantasmi.
avviciniamo al mese di novembre. Un mese che iniziamo con il ricordo della morte e dei nostri defunti, anche se di fatto inizia non con la commemorazione dei fedeli defunti – il giorno 2 –, ma con la gioiosa celebrazione di tutti i santi, il giorno 1. Ciò significa che anteponiamo la vita alla morte; la vita in Dio, in cielo, di quanti si sono aperti, nella vita e nella morte, alla sua bontà e alla sua misericordia, nella fede, nella speranza e nell’amore. Le due celebrazioni ci pongono davanti al mistero della morte e ci invitano a rinnovare la nostra fede e la nostra speranza nella vita eterna. Nella festa di Tutti i Santi celebriamo i meriti di tutti i santi, il che significa soprattutto celebrare i doni di Dio, le meraviglie che Dio ha operato nella vita di queste persone, la loro risposta alla grazia di Dio, il fatto che seguire Cristo con tutte le conseguenze è possibile. Una moltitudine immensa di santi canonizzati e di altri non canonizzati. Sono arrivati alla pienezza che Dio vuole per tutti. Celebriamo e ricordiamo anche la chiamata universale alla santità che ci rivolge il Signore: “Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5, 48). Nella festa dei defunti, la Chiesa ci invita a pregare per tutti i defunti, non solo per quelli della nostra famiglia o per i più cari, ma per tutti, soprattutto quelli che nessuno ricorda. L’abitudine di pregare per i defunti è antica come la Chiesa, ma la festa liturgica risale al 2 novembre 998, quando venne istituita da Sant’Odilone, monaco benedettino e quinto abate di Cluny, nel sud della Francia. Roma adottò questa pratica nel XIV secolo, e la festa si diffuse in tutta la Chiesa. In questo giorno commemoriamo il mistero della Resurrezione di Cristo che apre a tutti la via della resurrezione futura. In questi giorni, una delle nostre tradizioni più radicate è la visita ai cimiteri per andare a trovare i familiari defunti. Momento di preghiera, momento per ricordare i cari che ci hanno lasciato, momento di riunione familiare. Un’abitudine caratteristica di questa festa è la “castagnata”, che inizialmente si faceva con la famiglia o con i vicini, utilizzando uno dei frutti tipici dell’autunno. Le castagne venivano tostate in casa o comprate. Attualmente, quest’abitudine si mantiene soprattutto nelle scuole, nei gruppi infantili e giovanili e in altre entità. In questi giorni si usa anche mangiare frutta candita. Queste tradizioni si vedono da qualche tempo invase da quelle provenienti da altri luoghi, rese popolari dal cinema e dalla televisione e che sembrano intrise di superficialità e consumismo. Non è mia intenzione sminuirle, ma sarebbe un peccato che un approccio puramente ludico tra lo scherzo e il terrore a base di teschi, streghe, fantasmi e altro finisse per alterare le tradizioni secolari della nostra terra, più basate sulla convivenza e sull’incontro di festa con la famiglia e i propri cari, nella preghiera per i nostri defunti e nella contemplazione di Dio, il Santo, che ci chiama alla perfezione
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ull'isolotto che sorge all'imboccatura del porto, di fronte all'isola di Manhattan, venne inaugurata la Libertà che illumina il mondo, in seguito chiamata dai newyorchesi e dal mondo intero, semplicemente, Statua della Libertà. Qualcosa di più di una scultura imponente: simbolo di una città e della storia di un'intera nazione; faro di libertà per tutti i popoli; messaggio di speranza da oltre un secolo per chiunque fugga dalla disperazione e dalla miseria; immagine di benvenuto per quanti inseguono il sogno americano. Ma come tramandano le cronache storiche, la sua storia iniziò nel vecchio continente, più precisamente in Francia. Qui, dopo la caduta dell'ultimo regime napoleonico e l'inizio della Terza Repubblica, si respirava un nuovo clima di libertà accompagnato da un rinnovato orgoglio per la nazione e i suoi simboli. In quel contesto, maturò nel filosofo Édouard René de Laboulaye l'idea di un monumento che celebrasse la libertà e la Repubblica, da donare ai lontani amici d'oltreoceano per commemorare il centenario dell'indipendenza. Il progetto venne affidato all'architetto Frédéric Auguste Bartholdi che, d'accordo con la fonderia francese Gaget, Gauthier & Co, giudicò più pratico realizzare il rivestimento della statua in fogli di rame battuto, con la tecnica a balzo, in modo da alleggerirne il peso. Dello scheletro interno si occupò l'architetto Gustave Eiffel (artefice dell’omonima torre parigina), che lo costruì in metallo, scelta funzionale alle operazioni di smontaggio e trasporto negli Usa. Una volta completata l'imponente opera fu smontata e trasportata in 1.883 casse, a bordo di una piccola nave costretta a numerosi viaggi. Nel frattempo, nella "grande mela" ci fu un'ampia mobilitazione di cittadini, ispirata dalla campagna del New York Times per una sottoscrizione pubblica, atta a raccogliere i fondi necessari (oltre un milione di dollari) alla costruzione del basamento. L'obiettivo fu raggiunto in pochi giorni e si riuscì a dare avvio ai lavori sull'isolotto, che aveva un grande significato per i milioni di immigrati giunti nel nuovo continente e che da quel momento prese il nome di Liberty Island. Nel giro di appena due anni i newyorchesi poterono ammirare la mitica Lady Liberty: una statua di donna alta 46 metri (93 considerando il basamento), vestita di una lunga toga e che regge nella destra una fiaccola (simbolo della fiamma eterna della libertà) e nella sinistra un libro con su incisa la data dell'Indipendenza (4 luglio 1776). Altri particolari sono: la corona a sette punte (in rappresentanza dei sette mari e sette continenti); le catene spezzate ai piedi quale segno di liberazione dal tiranno; il sonetto inciso sul piedistallo, composto dalla poetessa Emma Lazarus per esortare i cittadini alla raccolta fondi. Grazie alle due scale a chiocciola progettate da Eiffel, i cittadini poterono visitarla all'interno e raggiungere la vista panoramica dalla corona. Salutata già all'epoca come un insieme prodigioso di arte e tecnica architettonica, nel 1984 fu inserita nel Patrimonio dell'Unesco. Tra le copie distribuite nel mondo, la più famosa è quella di Parigi che guarda esattamente nella direzione della gemella americana.
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na parabola “di battaglia”, in cui Gesù ha l’audacia di denunciare che pregare può essere pericoloso, può perfino separarci da Dio, renderci “atei”, adoratori di un idolo. Il fariseo prega, ma come rivolto a se stesso, dice letteralmente il testo; conosce le regole, inizia con le parole giuste «o Dio ti ringrazio», ma poi sbaglia tutto, non benedice Dio per le sue opere, ma si vanta delle proprie: io prego, io digiuno, io pago, io sono un giusto. Per l’anima bella del fariseo, Dio in fondo non fa niente se non un lavoro da burocrate, da notaio: registra, prende nota e approva. Un muto specchio su cui far rimbalzare la propria arroganza spirituale. Io non sono come gli altri, tutti ladri, corrotti, adulteri, e neppure come questo pubblicano, io sono molto meglio. Offende il mondo nel mentre stesso che crede di pregare. Non si può pregare e disprezzare, benedire il Padre e maledire, dire male dei suoi figli, lodare Dio e accusare i fratelli. Quella preghiera ci farebbe tornare a casa con un peccato in più, anzi confermati e legittimati nel nostro cuore e occhio malati. Invece il pubblicano, grumo di umanità curva in fondo al tempio, fermatosi a distanza, si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Una piccola parola cambia tutto e rende vera la preghiera del pubblicano: «tu», «Signore, tu abbi pietà». La parabola ci mostra la grammatica della preghiera. Le regole sono semplici e valgono per tutti. Sono le regole della vita. La prima: se metti al centro l’io, nessuna relazione funziona. Non nella coppia, non con i figli o con gli amici, tantomeno con Dio. Il nostro vivere e il nostro pregare avanzano sulla stessa strada profonda: la ricerca mai arresa di qualcuno (un amore, un sogno o un Dio) così importante che il tu viene prima dell’io. La seconda regola: si prega non per ricevere ma per essere trasformati. Il fariseo non vuole cambiare, non ne ha bisogno, lui è tutto a posto, sono gli altri sbagliati, e forse un po’ anche Dio. Il pubblicano invece non è contento della sua vita, e spera e vorrebbe riuscire a cambiarla, magari domani, magari solo un pochino alla volta. E diventa supplica con tutto se stesso, mettendo in campo corpo cuore mani e voce: batte le mani sul cuore e ne fa uscire parole di supplica verso il Dio del cielo (R. Virgili). Il pubblicano tornò a casa perdonato, non perché più onesto o più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l’umiltà) ma perché si apre – come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento – a Dio che entra in lui, con la sua misericordia, questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua unica onnipotenza. Padre Ermes Ronchi
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*Foglietto preparato da Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi
fa’ che ci apriamo alla confidenza nella tua misericordia per essere giustificati nel tuo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli
C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Dal libro del Siracide. T. E con il tuo spirito. Il Signore è giudice e per lui non ATTO PENITENZIALE c’è preferenza di persone. Non è Umili e pentiti come il pubblicano parziale a danno del povero e al tempio, accostiamoci al Dio giu- ascolta la preghiera dell’oppresso. sto e santo, perché abbia pietà an- Non trascura la supplica dell’orfache di noi peccatori. no, né la vedova, quando si sfoga Breve pausa di riflessione personale nel lamento. Chi la soccorre è acConfesso a Dio onnipotente e a colto con benevolenza, la sua prevoi, fratelli, che ho molto pecca- ghiera arriva fino alle nubi. La preto in pensieri, parole, opere e ghiera del povero attraversa le nuomissioni, per mia colpa, mia bi né si quieta finché non sia arricolpa, mia grandissima colpa. E vata; non desiste finché l’Altissimo supplico la beata sempre vergi- non sia intervenuto e abbia reso ne Maria, gli angeli, i santi e soddisfazione ai giusti e ristabilito voi, fratelli, di pregare per me il l’equità. Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri R. Il povero grida e il Signore peccati e ci conduca alla vita eterlo ascolta. na. Benedirò il Signore in ogni tempo, T. Amen. sulla mia bocca sempre la sua loSignore, pietà. Signore, pietà. de. Io mi glorio nel Signore: i poCristo, pietà. Cristo, pietà. veri ascoltino e si rallegrino. R/. Signore, pietà. Signore, pietà. Il volto del Signore contro i malfattori, per eliminarne dalla terra il ricordo. Gridano e il Signore li ascolta, li libera da tutte le loro angosce. R/. Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli spiriti affranti. Il Signore riscatta la vita dei suoi servi; non sarà condannato chi in lui si rifugia. R/.
hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione.
n quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemDalla seconda lettera di san Paolo meno alzare gli occhi al cielo, ma apostolo a Timoteo si batteva il petto dicendo: “O Dio, Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il mo- abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, mento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliaterminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la co- to, chi invece si umilia sarà esaltato». rona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anO Dio, tu non fai che a tutti coloro che hanno atteso preferenze di persone e ci dai la con amore la sua manifestazione. certezza che la preghiera dell'umi- Nella mia prima difesa in tribunale le penetra le nubi; guarda anche a nessuno mi ha assistito; tutti mi noi come al pubblicano pentito, e
C. Guarda, Signore, i doni che ti presentiamo: quest'offerta, espressione del nostro servizio sacerdotale, salga fino a te renda gloria al tuo nome. Per Cristo nostro Signore.
È veramente giusto benedirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell'ascolto della Il Signore è vicino a coloro che si parola e nella comunione dell'uniaccostano a lui con un cuore contri- co pane spezzato fa memoria del to e libero. Egli ricerca un rappor- Signore risorto nell'attesa della doto con l’uomo nella verità. menica senza tramonto, quando Preghiamo insieme e diciamo: Si- l'umanità intera entrerà nel tuo rignore, accogli la nostra preghiera. poso. Allora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua mi1. Perché i fedeli laici, i diaconi, i sericordia. Con questa gioiosa sacerdoti, i vescovi e il Papa siano speranza, uniti agli angeli e ai sanfedeli al ministero loro affidato da ti, proclamiamo a una sola voce Cristo di annunciare il Vangelo. l'inno della tua gloria: Preghiamo. Santo, Santo, Santo il Signore Dio 2. Perché per quanto misera sia la dell'universo. I cieli e la terra nostra condizione abbiamo il cosono pieni della tua gloria. raggio di pregare per chi sta peg- Osanna nell'alto dei cieli. Benegio di noi. Preghiamo. detto colui che viene nel nome 3. Perché nelle ore più buie ci ridel Signore. Osanna nell'alto dei cordiamo del semplice ed immen- ciel so dono che ci hai fatto regalandoci la vita. Preghiamo. 4. Perché ricordiamo sempre che, per quanto forti possiamo sentirci, solo inginocchiandoci di fronte a te possiamo davvero tornare a casa giustificati. Preghiamo. C. O Padre, l’apertura alla tua presenza richiede il riconoscimento della nostra non autosufficicenza. Aiutaci ad essere sempre coscienti dei nostri limiti e sereni di fronte ad essi. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. T Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Signore, questo sacramento della nostra fede compia in noi ciò che esprime e ci ottenga il possesso delle realtà eterne, che ora celebriamo nel mistero. Per Cristo nostro Signore.