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ualche giorno fa sono andato a visitare il sacrario del Grappa. …….. Non sono andato in bicicletta, nonostante molti ardimentosi si cimentino sui trenta chilometri di salita spietata che portano alla cima, però anche in auto, quando si arriva, sembra di stare in un altro mondo. Saranno le suggestioni della storia o l’aria della montagna però ci si ritrova per un attimo fuori dal tempo. Mal realtà reclama subito il suo posto mettendoci davanti agli occhi l’immenso sacrario con le spoglie di 22.910 soldati: 12.615 Italiani e 10.295 Austroungarici. Tra le tombe di quelli che allora erano i nemici ce ne è una che è diventata famosa, non perché contenga i resti di un generale o di un eroe ma perché il nome che la contrassegna è “Peter Pan”. Si, avete capito bene, quel soldatino portava il nome del faIl Libro di Ferdinando Celi che ha fatmoso personaggio letterario creato nel 1902 dalla fantasia to conoscere la storia del soldato Pedello scrittore scozzese James Matthew Barrie. ter Pan e primo piano del loculo 107 Mi sono incuriosito ed ho scoperto che un giornalista, Ferdinando Celi, aveva scritto di questo ragazzo dal nome tanto celebrato. Anche la Croce Nera Austriaca, l’istituzione del governo di Vienna che si occupa delle sepolture militari, aveva fatto delle ricerche ed è venuto fuori che Peter Pan non era austriaco ma ungherese. Apparteneva alla 7/a Compagnia del 30/o Reggimento Fanteria Honvèd ed era morto il 19 settembre del 1918 durante un'azione a Col Caprile una delle cime che fanno da contorno al Monte Grappa.
Chi era Peter Pan? Era uno dei tanti soldati di un impero multietnico mandati su quelle montagne. Sui loculi del settore Austroungarico troviamo nomi magiari, boemi, moravi, sloveni, croati, tedeschi, polacchi, bosniaci e anche qualche cognome italiano a testimoniare che l’esercito di Francesco Giuseppe rispecchiava per intero tutte le nazionalità che componevano i suoi domini. Peter aveva 21 anni , era nato il 21 Agosto 1897 nel villaggio ungherese di Ruszkabanya Krassoszoreny. Un paese che non esiste più. O meglio che ha cambiato nome perché, dopo le tante piroette della storia Ruskabanya appartiene oggi alla Romania e si chiama Rusca Montana. Peter era figlio di una povera ragazza madre, Maria Pan, non era ricco, forse sapeva a mala-
pena leggere e scrivere. Nella sua breve vita aveva conosciuto solo il suo villaggio, le oche grasse che starnazzavano negli stagni, le palizzate bianche ai bordi dei cortili e i boschi al confine dei campi. Non aveva mai visto il mare, forse per questo conservava in tasca, come raccontano i rapporti ufficiali di chi ricompose il corpo, una conchiglia raccolta in una spiaggia dell’Adriatico. Fin qui parrebbe una storia come tante altre, contrassegnata da un nome curioso e nulla più. Ci sono però alcune coincidenze che arricchiscono la storia del nostro Peter Pan. Peter uno dei fratelli Llewelyn Davies, che si dice sia servito da ispirazione per la figura del Peter Pan letterario, era nato nel 1897, lo stesso anno del Peter Pan soldato. Nella fiaba Peter Pan vive “nell'isola che non c'è” e il nostro Peter Pan viene da una cittadina che “non c’è più”. Il Peter Pan della fiaba aveva come amica una capra e il Peter Pan ungherese è morto, ironia della sorte, sul Col Caprile una cima che guarda la Valsugana e la Valle delle Capre. Peter Pan è sepolto sul Grappa e con il termine Grappa si intende quella sbarretta metallica, solitamente ripiegata agli estremi, che unisce le pietre da costruzione. Si tratta in buona sostanza di un uncino e il nemico mortale di Peter Pan si chiama Capitan Uncino. Tante analogie bizzarre di cui si è occupato, come abbiamo detto, il giornalista Ferdinando Celi nel libro "Soldato Peter Pan". Come afferma l’autore: “Del soldato si sa quasi tutto ma non si è mai riusciti a scoprire chi depone sassolini, fiori di campo e conchiglie quando, d'inverno, in quei luoghi non c'è nessuno. È un mistero anche per i soldati che controllano e puliscono ogni giorno l'ossario".
Paolo Brandi (1.8.2018)
Nella sua natia Ruszkabánya-Krassó Szo¯rény, ora 'Rusca Montana", i suoi concittadini gli hanno dedicato una via, quella che porta alla sua casa. Non solo, sempre in suo onore, a Rusca Montana ci sono una piazza e un museo dedicati al Monte Grappa. Nell'Ossario che ospita i caduti della Prima Guerra mondiale, i soldati sono tutti uguali. Ma Peter Pan è senza dubbio il più noto
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nche se per chi lavora non è un giorno di vacanza, il 4 novembre è un giorno di festa in Italia: si celebra la Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate, una festa molto sentita fino a qualche decina di anni fa e che oggi è meno nota. II 4 novembre è l’anniversario del cosiddetto armistizio di Villa Giusti del 1918, e in Italia si fa coincidere generalmente l’armistizio con la fine della Prima guerra mondiale. L’armistizio fu firmato a Padova il giorno prima, il 3 novembre 1918, da Italia e Impero austro-ungarico. L’Italia all’epoca era alleata con la Triplice Intesa formata da Francia, Russia e Regno Unito. Le trattative per l’armistizio erano cominciate qualche giorno prima, il 29 ottobre, durante la battaglia di Vittorio Veneto: l’ultimo scontro armato tra l’Italia e l’Impero austro-ungarico. Il comandante delle forze armate italiane, il generale Armando Diaz, comunicò con un bollettino la fine della Guerra e la vittoria: «La guerra contro l’Austria-Ungheria che l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta. […] I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza». In realtà l’armistizio non fu un successo per l’Italia: gli accordi iniziali prevedevano per l’Italia l’annessione di Trentino, Tirolo meridionale, Venezia Giulia, l’intera penisola istriana (esclusa Fiume), una parte della Dalmazia, alcune isole dell’Adriatico, le città albanesi di Valona e Saseno e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso; le nazioni della Triplice Intesa però decisero di non concedere all’Italia tutti i territori promessi: questa è la ragione per cui Gabriele D’Annunzio parlò di “vittoria mutilata“. L’Italia si vide riconoscere solamente il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e la Libia. Il 4 novembre si celebra comunque la giornata dell’unità nazionale per l’annessione di Trento e Trieste al Regno d’Italia (non va confusa con l’anniversario dell’unità d’Italia) e la giornata delle forze armate, poiché quei giorni del 1918 vennero dedicati alle onoranze funebri – in Italia e in Europa – per i soldati morti in guerra. La giornata dell’unità nazionale del 4 novembre è l’unica festa nazionale che sia stata celebrata dall’Italia prima, durante e dopo il fascismo: è stata istituita nel 1919 ed è durata fino al 1976, dal 1977, dopo una riforma del calendario volta ad aumentare i giorni lavorativi, si cominciò a festeggiare la giornata dell’unità nazionale e delle forze armate nella prima domenica di novembre. Negli anni Ottanta e Novanta l’importanza della festa diminuì progressivamente, rispetto agli anni precedenti Sessanta e Settanta in cui era oggetto di discussioni, polemiche e lotte politiche.
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ade il Muro di Berlino: Cade il "muro della vergogna" al grido «Libertà, libertà!» di decine di migliaia di tedeschi dell'Est, accolti in un grande abbraccio dai fratelli dell'Ovest, tra fiumi di birra gratis offerta dai locali. La notizia della caduta del Muro di Berlino rimbalza sui telegiornali di tutto il mondo, nei quali scorrono le prime immagini di festa che concludono una rivoluzione silenziosa iniziata mesi prima e che aveva portato alla caduta del leader comunista Erich Honecker, fedelissimo di Mosca. L’episodio del 9 novembre, in realtà, nasce per caso. Incalzato dalle domande del giornalista dell'ANSA da Berlino Est, Riccardo Ehrman, il ministro della Propaganda della DDR, Günter Schabowski, ammette di aver ricevuto l'ordine di lasciar attraversare il confine ai cittadini dell'Est, previo regolare permesso, ma ignora la data esatta dell'esecutività dell'ordine. Nel dubbio, si lascia scappare che la direttiva ha effetto immediato; non passa molto che la notizia venga rilanciata dalla TV, entrando nelle case di milioni di tedeschi. È il segnale di "via libera" che dopo 28 anni spalanca un orizzonte diverso per i Berlinesi e per il mondo intero, che in quel muro ha sempre visto il simbolo della guerra fredda e della divisione tra due blocchi contrapposti. Ai soldati di guardia ai famigerati checkpoint, sparsi lungo la "cortina di ferro", non resta che lasciar passare il fiume di persone che vi si riversa, senza alcuna possibilità di identificazione. L'evento sarà festeggiato, nel luglio dell'anno successivo, dal mega concerto di Roger Waters (ex bassista dei Pink Floyd) con l'esecuzione di The Wall dal vivo. L'abbattimento ufficiale inizierà il 13 giugno del 1990 ma già da prima migliaia di persone picconeranno in più punti il muro per portarsi a casa un souvenir. Alla fine della costruzione rimarranno solo alcuni punti, lasciati come monumento di un'epoca storica e un memoriale per ricordare le 170 persone che furono uccise dai militari, durante il disperato tentativo di attraversare il confine innalzato dall'Unione Sovietica il 13 agosto del 1961. Il 9 novembre sarà dichiarato dal Parlamento Italiano "Giorno della Libertà", a simboleggiare la liberazione dei popoli dall'oppressione dei totalitarismi.
proponiamo a presentare alcune figure rappresentative dei commercianti italiani di Bucarest. Dai documenti emergono alcune personalità tra cui ricordiamo Giuseppe Canevaro arrivato a Bucarest nel 1842 da Galati. Nel porto danubiano aveva fatto affari con la famiglia Pedemonte, soprattutto con Giovanni Battista. Il 9/21 aprile 1843 Canevaro scriveva al console sardo di Galati in merito ai suoi beni rimasti in città, che dovevano essere venduti da un suo intermediario. Da notare che il commerciante italiano aveva la protezione britannica dal momento in cui si era stabilito nella capitale. Fin dal 1838 viene ricordato il famoso Gerolamo Momolo, la cui sala da ballo era nota negli ambienti mondani di Bucarest. L’italiano aveva un ristorante famoso all’epoca e una sala di spettacoli teatrali. Nel 1834 qui stato rappresentato il primo spettacolo teatrale in lingua romena. Giovanni Flore, pasticciere, deliziava nel 1850 l’alta società con il vero gelato napoletano e un altro suo connazionale, Comorelli, aveva una pasticceria più modesta presso il „Pasajul român”. Abbiamo informazioni inedite su Domenico Bernardo, commerciante di sanguisughe, accusato di contrabbando. Il commercio di sanguisughe era attentamente sorvegliato dallo Stato romeno e nel 1840 Ami Boué scriveva: „Le sanguisughe della Valacchia vengono esportate attraverso Orsova dove ci sono, come a Semlin si Aleksinat, sul confine serbo-turco, agenti sempre pronti a inviarle oltre per evitare la quarantena”. Sembra che gli italiani fossero attratti da questo commercio. Nel 1843 Alexis du Valon scriveva di aver incontrato un tale commerciante a Cernavoda, e nel 1844, mentre veniva proibito il commercio di sanguisughe, scoppiava il caso Domenico Bernato. Oltre ai commercianti, a Bucarest c’erano anche gli artigiani italiani. Il numero degli artigiani italiani di Bucarest è relativamente basso rispetto a quello di altre professioni. Ricordiamo i fornai Simon Andrenovici, G. Panezzi, G. Coralli, l’imbianchino Martini–tutti registrati all’anagrafe dal 1838; Oliva Francesco–carpentiere, figlio dello scultore Filippo, nato ad Odessa, che nel 1846 aveva 22 anni ed era idoneo al servizio militare in Piemonte, Zanchi Giovanni–gioielliere e Giuseppe Ausenio, parrucchiere. Da notare che nel 1855 si trovava a Bucarest la vedova Tabanelli con suo figlio, che nel 1842 faceva la cappellaia a Galati.
Nel 1851 viene ricordato Vilarozi, allevatore di bachi da seta, chiamato a costruire una scuola specializzata a Pantelimon. E’ significativo il documento firmato nel 1857 da 15 italiani, fabbricanti di mattoni, residenti a Bucarest. Questi chiedevano nel 1879 la cittadinanza e di diventare proprietari terrieri, in base alla legge rurale del 1864. Italiani erano anche i proprietari di alcuni grandi alberghi di Bucarest. Il capitano Wilhelm Derblich ricordava che nel 1855 il proprietario del „Hôtel d’Europe” era un italiano, mentre nel 1858 si apriva in strada Selari l’albergo di Giovanni Fieschi. Costruito su un terreno comprato tre anni prima, l’albergo aveva oltre agli appartamenti, un ristorante e un caffè, dove si potevano leggere „i migliori giornali francesi, rumeni, tedeschi, greci e italiani”.
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nche Stanlio e Ollio in versione strisce e nuvolette «tentano la grande avventura: emigrare!». È con i nomi di Cric e Croc che, a partire dagli anni Trenta, la più formidabile coppia del cinema della prima metà del Novecento era conosciuta in Italia e con tali nomi era ancora popolare negli anni Sessanta e Settanta. Nel primo Dopoguerra l’editrice milanese Edital pubblicò la serie degli “Albi di Criche e Croc” realizzati da Andrea Da Passano, dove Stanlio e Ollio si cimentavano, con le classiche gags di puro divertimento, nei più disparati mestieri e nelle più diverse situazioni di vita. Nell’albo n. 74 del 1948 Criche e Croc emigrano in cerca di fortuna in Slivonia attirati dalle ricchezze di questo mitico paese «dove tutto è oro», ma dove non è consentito fare attività politica o contraddire il pensiero del serioso dittatore, come vengono messi in guardia al momento dello sbarco. Ovviamente i due ingenui bricconi sono subito scambiati per agenti della nemica Patatonia. Le scene a bordo del piroscafo ironizzano sulla fame smisurata degli emigranti alla disperata ricerca di cibo e sul timore, proprio delle società di accoglienza, che tra questi poveracci si annidino sacche di sovversivismo e pericolosi agitatori.
ll’Esposizione Universale di Buffalo del 1901 fu esposta la “carta delle razze”, una sequenza policroma che dagli scuri colori della pelle degli africani e il giallo dei popoli dell’Est, includeva il colore olivastro della pelle degli immigrati meridionali fino ad arrivare al bianco anglo, la supremazia bianca. Sulla linea del
colore gli italiani venivano chiamati “gente di mezzo”. Né bianchi né neri dunque. el 1922, mentre in Italia il fascismo affermava l’idea della razza italiana come forte, potente e bianca, in Alabama si svolse un processo nei confronti di Jim Rollins, un afroamericano accusato di intrattenere rapporti sessuali consenzienti, ma con una donna bianca. Il reato per cui Rollins era stato condannato in primo grado era quello di miscegenation (mescolanza di razze). L’avvocato di Rollins, però, argomentò che la donna non era bianca, ma italiana e il giudice accolse la tesi della difesa: essendo la donna italiana, non si poteva provare che fosse bianca al 100%.
casa mia non c'erano molti soldi. Mamma diceva sempre che non eravamo poveri, eravamo fortunati, perché avevamo il necessario e che non avevamo modo di cadere nel superfluo, a noi il superfluo non ci può tentare, mi diceva, perché tanto non potremmo permettercelo. Ad Halloween il mio costume era un vecchio lenzuolo, due buchi per gli occhi ed ecco che con zero spese si poteva partecipare a tradizioni (non nostre). Ricordo ancora quanto era difficile muoversi con quel lenzuolo addosso, era difficile correre tra un citofono e l'altro con la cesta piena di caramelle. I miei amici avevano maschere bellissime, mostri e vampiri, streghe e stregoni, costumi nuovi e comodi. Correre a loro veniva facile, a me no, io inciampavo, andavo piano e credo di aver perso tutte le
caramelle frizzanti nel tragitto. Tornai a casa triste, non levai il mio costume perché non volevo far vedere le mie lacrime a mamma, non volevo farle pesare i miei disagi, ma mamma era una mamma e le mamme riuscirebbero a intravedere la tristezza del proprio figlio anche sotto un costume fatto di velcro e piume d'oca. Dissi a lei che era stato brutto, che non mi ero divertito perché i miei amici non mi avevano aspettato, avevano fatto il dolcetto e scherzetto prima che io riuscissi a raggiungerli e non avevano condiviso le caramelle con me perché non avevo mai tenuto il loro passo. Mamma disse che non era un problema, che le caramelle me le avrebbe comprate lei, poi mi chiese di descrivere bene una caramella. -Perché ti piacciono cosi tanto le caramelle? Cosa hanno di irresistibile? Io dissi che erano piene di zucchero, che avevano un'aroma difficile da spiegare ma buonissimo, ti facevano godere il presente e che erano buone solo per questi 3 semplici fattori. -Ma perché mi chiedi questo? Mamma disse che le caramelle erano buone per questi motivi che avevo detto. Lo zucchero è la dolcezza, la delicatezza di un uomo. L'aroma è il profumo che un uomo emana. La presenza invece è quello che fa un uomo, perché un uomo distratto non è un uomo, un uomo distratto non è niente, è solo distrazione. Oggi tu sei stato una caramella, mi disse mamma, nonostante la tua giornataccia non hai perso questi tre punti fondamentali. Qualsiasi cosa ti dovesse accadere nella vita, rimani una caramella, figlio mio, non importa se gli altri non ti offrono le loro, non importa se non si offrono, tu offri sempre, offriti sempre, perché cosa è la dolcezza se non facciamo assaggiare a nessuno lo zucchero? Non era sempre facile capire mia madre ma quella sera entrai in camera senza più tristezza, mi tolsi il lenzuolo di dosso e mi accorsi di essere diventato ricco.
Vangelo ci trasmette, nella storia di Zaccheo, l’arte dell’incontro, la sorpresa e la potenza creativa del Gesù degli incontri. Prima scena: personaggi in ricerca. C’è un rabbi che riempie le strade di gente e un piccolo uomo curioso, ladro come ammette lui stesso, impuro e capo degli impuri di Gerico, un esattore delle tasse, per di più ricco. Il che voleva dire: soldi, bustarelle, favori, furti… Si direbbe un caso disperato. Ma non ci sono casi disperati per il Vangelo. Ed ecco che il suo limite fisico, la bassa statura, diventa la sua fortuna, «una ferita che diventa feritoia» (L. Verdi). Zaccheo non si piange addosso, non si arrende, cerca la soluzione e la trova, l’albero: «Corse avanti e salì su un sicomoro». Tre pennellate precise: non cammina, corre; in avanti, non all’indietro; sale sull’albero, cambia prospettiva. Seconda scena: l’incontro e il dialogo. Gesù passa, alza lo sguardo, ed è tenerezza che chiama per nome: Zaccheo, scendi. Non giudica, non condanna, non umilia; tra l’albero e la strada uno scambio di sguardi che va diritto al cuore di Zaccheo e ne raggiunge la parte migliore (il nome), frammento d’oro fino che niente può cancellare. Poi, la sorpresa delle parole: devo fermarmi a casa tua. Devo, dice Gesù. Dio viene perché deve, per un bisogno che gli urge in cuore; perché lo spinge un desiderio, un’ansia: a Dio manca qualcosa, manca Zaccheo, manca l’ultima pecora, manco io. Devo fermarmi, non semplicemente passare oltre, ma stare con te. L’incontro da intervallo diventa traguardo; la casa da tappa diventa meta. Perché il Vangelo non è cominciato al tempio ma in una casa, a Nazaret; e ricomincia in un’altra casa a Gerico, e oggi ancora inizia di nuovo nelle case, là dove siamo noi stessi, autentici, dove accadono le cose più importanti: la nascita, la morte, l’amore. Terza scena: il cambiamento. «Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia». Zaccheo non deve prima cambiare vita, dare la metà dei beni ai poveri, e dopo il Signore entrerà da lui. No. Gesù entra nella casa, ed entrando la trasforma. L’amicizia anticipa la conversione. Perché incontrare un uomo come Gesù fa credere nell’uomo; incontrare un amore senza condizioni fa amare; incontrare un Dio che non fa prediche ma si fa amico, fa rinascere. Gesù non ha indicato sbagli, non ha puntato il dito o alzato la voce. Ha sbalordito Zaccheo offrendogli se stesso in amicizia, gli ha dato credito, un credito immeritato. E il peccatore si scopre amato. Amato senza meriti, senza un perché. Semplicemente amato. Il cristianesimo tutto è preceduto da un “sei amato” e seguito da un “amerai”. Chiunque esce da questo fondamento amerà il contrario della vita. Padre Ermes Ronchi
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*Foglietto preparato da Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi
C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. T. E con il tuo spirito.
ATTO PENITENZIALE
Umili e pentiti come il pubblicano al tempio, accostiamoci al Dio giusto e santo, perché abbia pietà anche di noi peccatori. Breve pausa di riflessione personale Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. T. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà.
Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa' che camminiamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per il nostro Signore ...
ogni proposito di bene e l'opera della vostra fede, perché sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù in voi, e voi in lui, secondo la Dal libro della Sapienza Signore, tutto il mondo davanti a te grazia del nostro Dio e del Signore Gesù Cristo. è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattuti- Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro rana caduta sulla terra. dunarci con lui, vi preghiamo, fraHai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui pec- telli, di non lasciarvi troppo presto cati degli uomini, aspettando il lo- confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né ro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esi- da qualche lettera fatta passare costono e non provi disgusto per nes- me nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. suna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l'avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te Dio ha tanto amato il non fu chiamato all'esistenza? mondo da dare il Figlio unigeniTu sei indulgente con tutte le cose, to; chiunque crede in lui ha la perché sono tue, Signore, amante vita eterna. della vita. Poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo tu correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato, perché, messa quel tempo, Gesù entrò nelda parte ogni malizia, credano in la citità di Gèrico e la stava te, Signore. attraversando, quand'ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di veRIT: Benedirò il tuo nome per dere chi era Gesù, ma non gli riusempre, Signore. O Dio, mio re, voglio esaltarti sciva a causa della folla, perché e benedire il tuo nome in eterno e era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in su un sicomòro, perché doveva passare di là. eterno e per sempre.. R. Misericordioso e pietoso è il Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Signore, Lento all'ira e grande nell'amore. Buono è il Signore ver- «Zacchèo, scendi subito, perché so tutti, la sua tenerezza si espande oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta su tutte le creature. R. Ti lodino, Signore, tutte le tue e lo accolse opere , ti benedicano i tuoi fedeli. pieno di gioia. Vedendo ciò, Dicano la gloria del tuo regno tutti mormorae parlino della tua potenza. R. Fedele è il Signore in tutte le vano: «È entrato in casa di un sue parole e buono in tutte le sue peccatore!». opere. Il Signore sostiene quelli Ma Zacchèo, che vacillano e rialza chiunque è alzatosi, disse caduto. R. al Signore: «Ecco, SignoDalla seconda lettera di san Paolo re, io do la metà di ciò che possieapostolo ai Tessalonicési do ai poveri e, se ho rubato a qualFratelli, preghiamo continuamente cuno, restituisco quattro volte tanper voi, perché il nostro Dio vi ren- to». da degni della sua chiamata e, con Gesù gli rispose: «Oggi per questa la sua potenza, porti a compimento casa è venuta la salvezza, perché
anch'egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto». .
ste di sentirci definitivamente perduti o definitivamente giustificati ci impediscono di ricercare il tuo volto. Aiutaci a coltivare un rapporto sempre nuovo con te. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore T Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
C. Questo sacrificio che la Chiesa ti offre, Signore, salga a te come offerta pura e santa, e ottenga a noi la pienezza della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore.
Il Signore non ci rifiuta mai. Anche quando abbiamo l’impressione di averla fatta troppo grossa c’è sempre un buon motivo per rivolgerci a lui senza paura: egli ci ama. Preghiamo insieme e diciamo: Signore, fermati oggi nella nostra casa. 1. Perché riusciamo ad aver cura del mondo che ci hai affidato così come tu hai cura di noi. Preghiamo. 2. Perché capiamo che la vera forza non risiede nel rifiuto dall’altro, ma nel rifiuto della sua condanna. Preghiamo. 3. Perché sappiamo che qui ed ora è il momento in cui siamo chiamati a dirti di sì o di no. Preghiamo. 4. Perché il tuo amore sia sempre una fonte d’ispirazione per realizzare opere nuove nel tuo nome. Preghiamo. 5. Per quanti ci hanno lasciato, perché là dove ora si trovano vedano moltiplicata la loro letizia, Preghiamo C. O Padre, le tentazioni oppo-
Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei ciel