ADESTE NR. 45 Domenica 10 Novembre 2019

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14 luglio del 1995 a Parigi i Paesi che fanno parte dell’Unesco hanno sancito il 16 novembre come “Giornata Internazionale della Tolleranza", ispirandosi ai principi della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sancita dall’Onu il 10 dicembre del 1948. La Giornata non può non suscitare alcune riflessioni, visto che ai giorni d'oggi sembra davvero molto difficile poter parlare di . In un momento in cui più che mai assistiamo ad epidosio di razzismo, violenza di ogni tipo, prevaricazione, ignoranza e mancanza di rispetto, pregiudizio e inamicizia, come possiamo pensare che al mondo ci sia ancora spazio per la tolleranza? La problematica è profonda. Se cerchiamo il termine sul vocabolario, ne viene fuori una definizione molto chiara che riportiamo: "Tolleranza è un termine sociologico, culturale e religioso relativo alla capacità collettiva ed individuale di vivere pacificamente con coloro che credono e agiscono in maniera diversa dalla propria. Termine solitamente collegato alla pratica della nonviolenza, estende le sue implicazioni agli ambiti della religione, del sesso e della politica, e ben difficilmente conduce a comportamenti violenti; tolleranza significa indulgenza e pazienza nei confronti degli altri; è il fondamento del rispetto reciproco tra individui e comunità ed è fondamentale per la costruzione di un’unica società globale, fondata su valori comuni. Essa costituisce una virtù e una qualità ma rappresenta soprattutto l’atto di tendere la mano al prossimo e guardare alle differenze non come barriere, ma come opportunità di dialogo e comprensione". Si tratta di valori alti e condivisibili, che però sembrano essersi smarriti. Valori che forse un tempo erano davvero i capisaldi della società, ma che poi col passare degli anni e nell'era moderna in cui viviamo, dove l'individualismo ha superato di gran lunga il senso della collettività, ci sembra che più o meno ovunque si malsopporti, si tolleri appena e a fatica tutto ciò che è "estraneo", e cioè diverso. Leggiamo che la tolleranza è necessaria per mantenere alta la guardia contro la violenza e il razzismo, ma a giudicare dagli stereotipi, dall’ignoranza e dai rancori che serpeggiano in ogni società e nazione è molto difficile poter intravedere un barlume di speranza. Il tutto esasperato dalla povertà, dai confitti e dalle tensioni di uomini contro altri uomini. Tutto ciò per dire semplicemente che la tolleranza è un valore e come tale non può essere dato per scontato: al contrario invece va insegnata, a scuola, sul posto di lavoro o altrove, e va imparata e comunicata agli altri. In questa Giornata Internazionale della Tolleranza 2020 ecco quindi il nostro auspicio: ognuno di noi rinnovi il proprio impegno al dialogo e alla comprensione, facendo del rispetto reciproco il vessillo della propria esistenza


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ice un saggio: “Poiché le guerre iniziano nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che le difese per la pace devono essere costruite”. L’arroganza e la prepotenza emergono sempre più nei comportamenti delle persone che ci circondano: si pretende senza chiedere per piacere, si ottiene qualcosa senza pronunciare nessun “grazie”, a tutti i livelli e con tutti, mamma, cameriera, commerciante, ecc… Naturalmente per gentilezza non si intende solo una forma superficiale di cortesia, ma un atteggiamento profondo che comprende diverse componenti, come il calore, la generosità, l’umiltà, la gratitudine (suggeriamo la lettura del libro “La forza della gentilezza” di P. Ferrucci, Mondadori). Sembra che il valore della cortesia e della gentilezza siano un po’ sbiaditi! Eppure tutti manifestano grande partecipazione e coinvolgimento per ritrovare questi valori nel quotidiano. Ogni tanto incontriamo una persona gentile, anche se è difficile da trovare in una società che ammira ed esalta i comportamenti aggressivi e ruvidi, da conquistatori a tutti i costi. Spesso veniamo invitati a far sì che le cose siano fatte, e siano fatte rapidamente: contano il successo, la soddisfazione, la produttività. Vogliamo la gratificazione immediata. Per qualsiasi nostra impresa o progetto vogliamo il risultato subito, senza faticare, senza aspettare. Tutto, subito, gratis: questo comunichiamo ai nostri figli. Non vi è posto, in questo quadro, per la gentilezza. Ma il costo è alto. Da molto tempo, infatti, i messaggi che ci vengono offerti dalla società (vedi i media) elogiano addirittura l’uomo forte, la persona aggressiva, che non deve chiedere mai (vi ricordate quella pubblicità?), come se la violenza aprisse tutte le porte o vincesse ottenendo risultati. A lungo andare, per fortuna, non è la violenza che vince, ma la gentilezza. È sufficiente osservare che fine hanno fatto molti dei dittatori contemporanei o meno. Una brutta fine. Cambiamo la storia interiore ed ascoltiamo dentro di noi lo spirito della gentilezza, riconoscibile se osserviamo alcuni comportamenti. Gentile è chi presta attenzione alle forze e alle debolezze dell’altro e gode più nello stare insieme che nel realizzare qualcosa. La persona gentile cammina con passo leggero, ascolta con attenzione, guarda con tenerezza e tocca con rispetto. La persona gentile sa che la vera crescita richiede nutrimento, e non forza. Essere gentili significa anche essere amorevoli; significa offrirsi in una relazione in cui il riconoscimento del valore umano dell’altro fa in modo che anch’egli riconosca in sé questa dignità, unitamente alla propria identità, ruolo e funzione, e che ciò lo aiuti a realizzare “se stesso”. “Gentile è chi non spezza la canna infranta e non spegne il lu-


cignolo fumigante” (Matteo 12,20). L’uomo gentile lo è sin dal suono dei suoi passi, ma lo è anche nei modi, nei toni, nei suoni, nelle parole, nelle attese e nelle azioni, nel rimprovero, nel monito, nell’indicar la via, nel saluto e nella richiesta, nel dir la verità o nel tacere. La gentilezza ha il dono di rendere irresistibilmente degno il messaggio e il messaggero.

Naturalmente non si fa riferimento alla persona gentile solo per formalità; non è gentile il buonista che annuisce, ma che poi non agisce. Si apprezza invece quella gentilezza che nasce dal profondo dell’animo, espressione della forza interiore e che si traduce in fatti concreti. La gentilezza pura che nasce da una reale disposizione interiore fa cadere le resistenze, i pregiudizi e apre porte che altrimenti resterebbero chiuse. E in più l’esser gentili ci dona energia rivitalizzante, perché solo chi ha pace interiore mantiene sano il proprio corpo, lo nutre correttamente non solo con cibo adeguato, ma anche con pensieri corretti. La gratitudine è uno stato mentale che ci rafforza e che ci eleva al di là dei rancori che al contrario ci appesantiscono e ci deprimono. D’altronde, diceva Ghandi, i deboli non possono mai perdonare. Il perdono è una caratteristica dei forti. In psicologia è chiaro che solo le persone veramente forti non hanno la necessità di essere violente, chi è d’acciaio dentro si può permettere di essere dolce e gentile nei comportamenti: i veri leader guidano con l’esempio e la giustizia. Al contrario chi è debole, chi sa che non può utilizzare l’intelligenza o il dialogo usa la coercizione per averla vinta a tutti i costi, piegando ai propri voleri soprattutto le persone più docili, i bambini, le donne… Così per risonanza sono invitati alla gentilezza tutti gli esseri umani per promuovere stati d’animo che generano benessere dentro e fuori di noi, un boomerang che viene generato dalla gentilezza e che torna al mittente arricchito di forza. Essere gentili è quindi una grande responsabilità che noi abbiamo non solo nei confronti di noi stessi, ma anche verso i nostri simili al fine di costruire armonia positiva. Cominciamo quindi dalle piccole azioni quotidiane, in famiglia, nel lavoro, per strada… di Leonardo Milani


LETTERA DI UN VETERINARIO .

"VIVERE DI PAURE"

Troppe volte mi son sentito dire "Dottore, può aiutarmi a trovare una nuova casa a Fido?, sa, il pediatra di mio nipote ha detto che il bambino è allergico..." - "Ma ha fatto qualche test? qualche prova allergometrica?" - No... ma sa, il bambino ha sempre la tosse... " e magari fumano in casa, ci sono i lavori in strada, vivono nella polvere ma la colpa è del cane/gatto. Poi ci sono quelli che vogliono dare via il cane/gatto perchè ci sono bambini piccoli per casa ed hanno paura delle malattie. Quali malattie? Non lo sanno ma gli animali portano SICURAMENTE malattie. Viviamo in una società che ci terrorizza col rischio biologico per farci dimenticare il rischio chimico, gente che si terrorizza per una pipì di cane e non delle 10 automobili col motore acceso che gli stanno intorno, la pipì del cane non fa venire il cancro, le polveri sottili si. Ci pensate se il ginecologo di Maria avesse detto "Il bue e l'asinello? fuori dalla stalla altrimenti Gesù si ammala!" La paura fa vendere, è economicamente vantaggiosa, ci fa comperare disinfettanti, ci fa riempire di vitamine ed integratori, ci vogliono far credere di essere tutti malati o perlomeno a rischio di esserlo. Poi, girando per il web scopri che ci sono tantissimi studi che dimostrano che i bambini nati in case con animali hanno una percentuale di malattie allergiche inferiori, scopri che gli animali fanno addirittura bene alla salute e sapete perché? perchè il nostro sistema immunitario va allenato, l'aumento vertiginoso delle patologie allergiche che si riscontrano nella nostra società è dovuto all'eccesso di igiene, alla disabitudine del nostro organismo a fronteggiare gli attacchi anche banali. I bambini che giocano con le ginocchia nel terreno, che si fanno microferite, che toccano il fango si ammalano di meno ma così non si vendono disinfettanti per le mani, per la frutta etc. etc., ci fracassiamo di tachipirine antibiotici ed antinfiammatori diventando sempre più deboli. Sono ormai quasi 29 anni che ogni mattina vado al lavoro e tocco cani e gatti a mani nude, non prendo antibiotici se qualche gatto mi graffia... e non mi ammalo di l'influenza da 15 anni,non ho mai preso funghi di pelle (e ne ho toccati di gatti con la micosi!), non ho mai preso la scabbia. L'uomo ha sempre vissuto con gli animali, invece di preoccuparci di loro dovremmo chiederci cosa mangiamo, cosa respiriamo, quanta chimica c'è nella nostra vita quotidiana, cosa c'è nei farmaci che ingurgitiamo. Dobbiamo anche chiederci quanta parte abbiano la depressione e lo stress sulle nostre patologie perché, sia ben chiaro, i nostri animali domestici sono il miglior antidepressivo che esista al mondo e non hanno effetti collaterali, mandarli via è un crimine di cui non dobbiamo essere complici. L'amore degli animali salva vite umane, sappiatelo. Dott. Vincenzo Minuto


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: Immaginare il cinema senza le sue musiche evocative è come ammirare una bella statua senza aver mai conosciuto la Pietà di Michelangelo. Compositore e direttore d'orchestra come pochi nella storia, per i musicisti di ogni genere e lingua è semplicemente "il Maestro". Nato a Roma alla fine degli anni Venti, alle elementari si ritrova come compagno di classe un certo Sergio Leone, con il quale più tardi scrive un pezzo di storia del cinema, da Per un pugno di dollari (1964), primo capitolo della saga "spaghetti western", al gangster malinconico C'era una volta in America (1984). Oltre a firmare le colonne sonore di più di cinquecento film, raccogliendo cinque nomination agli Oscar, porta le sue sinfonie in giro per il mondo, dimostrando uguale abilità come direttore d'orchestra. Di premi ne avrebbe meritati molti di più, in particolare l'Oscar che gli viene riconosciuto, per la prima volta, soltanto nel 2007, "alla carriera". Insieme a questo mette in bacheca 9 David di Donatello, un Leone d'oro alla carriera nel 1995 e, primo italiano in assoluto, il Polar Music Prize dall'Accademia Reale svedese di musica, nel 2010. Nel 2013 cura le musiche de "La migliore offerta", thriller diretto da Giuseppe Tornatore, che gli vale il David per la "miglior colonna sonora". Altro anno di trionfi è il 2016: porta a casa Golden Globe ed Oscar per la "miglior colonna sonora" del thriller The Hateful Eight (diretto da Tarantino); nello stesso anno gli viene assegnata la stella numero 2574 nella celebre "Hollywood Walk of Fame".


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"L'INSEG NAMENTO DELL'ASINO"

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na mattina l'asino di un contadino cadde in un pozzo.. . L' animale pianse fortemente per ore, mentre il contadino cercava di fare qualcosa per farlo uscire ... Alla fine, il contadino decise che l'asino era già vecchio e il pozzo era ormai asciutto e non serviva e che anzi era giunto il momento di essere tappato in ogni modo, e convinto che davvero non valeva la pena di far uscire l'asino dal pozzo invitò tutti i suoi vicini per essere aiutato a chiudere il pozzo per sempre. Cosi’ afferrarono una pala e iniziarono a tirar terra dentro al pozzo... L' asino rendendosi conto di quello che stava succedendo pianse orribilmente... Poi, per sorpresa di tutti, si acquietò ... Il contadino guardò in fondo al pozzo e si è stupì di quello che videro i suoi occhi...con ogni badilata di terra, l'asino stava facendo qualcosa di incredibile: si scuoteva la terra da sopra e la faceva cadere sotto di se e poi ci camminava sopra appiattendo la terra... Molto presto tutti videro con sorpresa come l'asino riuscì ad arrivare fino alla bocca del pozzo, è una volta passato sopra il bordo uscì fuori e se ne andò via trotterellando ...

La vita sta per lanciarti terra, ogni tipo di terra... il trucco per uscire dal pozzo è usarla per fare un passo verso l'alto. Ognuno dei nostri problemi è un gradino verso l'alto... Possiamo uscire dai più profondi vuoti se non ci diamo per vinti... Usa la “ terra “ che ti buttano sopra per andare avanti..

Quando scopriamo di non essere dolci e gentili nelle nostre relazioni significa che abbiamo smarrito la strada e ci siamo allontanati dalla nostra sorgente. Lo stato naturale dei nostri cuori è caratterizzato da dolcezza e gentilezza, quindi quando ci rendiamo conto di essere aggressivi, severi, inclementi, insensibili e irritabili con gli altri, stiamo avendo paura e ascoltando la voce dell'io e non quella dell'Amore. Ricordiamo, in ogni pensiero che nutriamo e in ogni cosa che facciamo, che la dolcezza e la gentilezza vanno di pari passo, in quanto espressioni della purezza dell'Amore divino che abitano sempre in noi. Ricordiamo che quando dolcezza e gentilezza camminano mano nella mano, stiamo percorrendo una scorciatoia verso Dio.


giungendo, però, proprio alla speranza. giorno Stride il fatto che oggi tanti si arricchiscano, scrive in cui il Papa, e tanti non solo non abbiano il necessario, la Chiesa ricorda ma siano anche vessati e sfruttati: “Quante volte Antonio di Padova vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere 13 Giugno 2019, il il frutto dello scarto e del superfluo per trovare santo invocato dai fedeli di tutto il mondo perché qualcosa di cui nutrirsi e vestirsi! Diventati loro interceda per lenire le loro sofferenze, papa stessi parte di una discarica umana, sono trattati Francesco ha diffuso il messaggio con cui da rifiuti senza che alcun senso di colpa investa “traccia la linea” per la terza Giornata Monquanti sono complici di questo scandalo… Ai podiale dei Poveri (un “evento” istituito proprio veri non si perdona neppure la loro povertà… da papa Bergoglio come eredità del Giubileo Non possono permettersi di essere timidi o scodella Misericordia) che si celebrerà domenica raggiati, sono percepiti come minacciosi o inca17 novembre. paci solo perché poveri”. C’è molto anticipo, certo, ma il Santo Padre vuole Nel Salmo, però, Francesco coglie anche il che le sue parole giungano al cuore di tutti i cri“raggio di luce” decisivo: “Il contesto che il Salmo stiani e questi cerchino di fare ciò che chiede loro descrive si colora di tristezza, per l’ingiustizia, la Francesco. E il Papa chiede al contempo tanto e sofferenza e l’amarezza che colpisce i poveri. Nopoco. nostante questo, offre una bella definizione del Grande infatti è la missione che lancia, ovvero di povero: è colui che confida nel Signore, perché ha restituire speranza. Ma, come scrive nel messagla certezza di non essere mai abbandonato. Il povero, nella Scrittura, è l’uomo della fiducia!”. gio, “a volte basta poco: basta fermarsi, sorridere, ascoltare. Per un giorno lasciamo in diAnche i Cristiani possono contribuire a costruire sparte le statistiche; i poveri non sono numeri questa fiducia, spiega il Papa: “L’impegno dei a cui appellarsi per vantare opere e progetti. I Cristiani in occasione di questa Giornata e sopratpoveri sono persone a cui andare incontro: gio- tutto della vita ordinaria di ogni giorno non consivani e anziani soli da invitare a casa per condiviste solo in iniziative di assistenza… Pur lodevoli e dere il pasto; uomini donne e bambini che attennecessarie, devono mirare ad accrescere in dono una parola amica. I ognuno l’attenzione piena che è dovuta a ogni poveri ci salvano perché persona che si trova nel disagio… La speranza si ci permettono di inconcomunica anche attraverso la consolazione, che si trare il volto di Gesù”. attua accompagnando i poveri non per qualche Il tema della Giornata è momento carico di entusiasmo, ma con un impeun verso del Salmo 9: gno che continua nel tempo… Ai tanti volontari, ai “La speranza dei poveri quali va spesso il merito di aver intuito per primi non sarà mai delusa”, e l’importanza di questa attenzione ai poveri, chiepapa Francesco lo spiega do di crescere nella loro dedizione… Certo, i popartendo dalla gravità veri si avvicinano a noi anche perché stiamo della situazione attuale e distribuendo loro il cibo, ma ciò di cui hanno veramente bisogno va oltre il piatto caldo o il panino che offriamo. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno d’amore, semplicemente”.



cimentano in un apologo paradossale, quello di una donna sette volte vedova e mai madre, per mettere alla berlina la fede nella risurrezione. Lo sappiamo, non è facile credere nella vita eterna. Forse perché la immaginiamo come durata anziché come intensità. Tutti conosciamo la meraviglia della prima volta: la prima volta che abbiamo scoperto, gustato, visto, amato… poi ci si abitua. L’eternità è non abituarsi, è il miracolo della prima volta che si ripete sempre. La piccola eternità in cui i sadducei credono è la sopravvivenza del patrimonio genetico della famiglia, così importante da giustificare il passaggio di quella donna di mano in mano, come un oggetto: «si prenda la vedova… Allora la prese il secondo, e poi il terzo, e così tutti e sette». In una ripetitività che ha qualcosa di macabro. Neppure sfiorati da un brivido di amore, riducono la carne dolorante e luminosa, che è icona di Dio, a una cosa da adoperare per i pI sadducei ropri fini. «Gesù rivela che non una modesta eternità biologica è inscritta nell’uomo ma l’eternità stessa di Dio» (M. Marcolini). Che cosa significa infatti la «vita eterna» se non la stessa «vita dell’Eterno»? Ed ecco: «poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio», vivono cioè la sua vita. Alla domanda banale dei sadducei (di quale dei sette fratelli sarà moglie quella donna?) Gesù contrappone un intero mondo nuovo: quelli che risorgono non prendono né moglie né marito. Gesù non dice che finiranno gli affetti e il lavoro gioioso del cuore. Anzi, l’unica cosa che rimane per sempre, ciò che rimane quando non rimane più nulla, è l’amore (1 Cor 13,8). I risorti non prendono moglie o marito, e tuttavia vivono la gioia, umanissima e immortale, di dare e ricevere amore: su questo si fonda la felicità di questa e di ogni vita. Perché amare è la pienezza dell’uomo e di Dio. I risorti saranno come angeli. Come le creature evanescenti, incorporee e asessuate del nostro immaginario? O non piuttosto, biblicamente, annuncio di Dio (Gabriele), forza di Dio (Michele), medicina di Dio (Raffaele)? Occhi che vedono Dio faccia a faccia (Mt 18,10)? Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi. In questa preposizione «di», ripetuta cinque volte, in questa sillaba breve come un respiro, è inscritto il nodo indissolubile tra noi e Dio. Così totale è il legame reciproco che Gesù non può pronunciare il nome di Dio senza pronunciare anche quello di coloro che Egli ama. Il Dio che inonda di vita anche le vie della morte ha così bisogno dei suoi figli da ritenerli parte fondamentale del suo nome, di se stesso: «sei un Dio che vivi di noi» (Turoldo). Padre Ermes Ronchi


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*Foglietto preparato da Parrocchia Cattolica Italiana Virtuale Iasi

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C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. T. E con il tuo spirito.

ATTO PENITENZIALE

C. Gesù ci annuncia il giorno del giudizio. Ci chiede di rivedere profondamente la nostra vita e di giudicarla alla luce della sua Parola. Ringraziamolo per i suoi doni e per la sua fedeltà, ma chiediamo perdono per il nostro peccato. Breve pausa di riflessione personale C. Signore, che un giorno tornerai a giudicare il mondo, abbi pietà di noi. T. Signore, pietà. C. Cristo, che ci chiami a conversione , abbi pietà di noi. T. Cristo, pietà. C. Signore, che ci giudicherai sull’amore, abbi pietà di noi. T. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. T. Amen.

Dal libro del profeta Malachìa Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia. R/. Il Signore giudicherà il mondo con giustizia. Cantate inni al Signore con la cetra, con la cetra e al suono di strumenti a corde; con le trombe e al suono del corno acclamate davanti al re, il Signore. R/. Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra. R/. Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine. R/. Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.

. Il tuo aiuto, Signore, ci renda sempre lieti nel tuo servizio, perché solo nella dedizione a te, fonte di ogni bene, possiamo Risollevatevi e alzate il avere felicità piena e duratura. capo, perché la vostra liberazione Per il nostro Signore Gesù Cristo… è vicina.

quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».


laborare con costanza e fiducia con chi sostiene i poveri e i deboli, preghiamo. Signore, fa’ che la nostra comunità riconosca sempre la tua Provvidenza. Rendici testimoni dei tuoi doni, nel lavoro e in famiglia, per poterci presentare davanti a te dopo averne fatto buon uso, preghiamo. C. Affidiamo a te, o Signore, le nostre speranze e le nostre preghiere. Fa’ che nei poveri, nei deboli e ……….. negli emarginati siamo capaci di vedere riflesso il Tuo volto. Per Cristo nostro Signore. T

C. Quest'offerta che ti presentiamo, Dio onnipotente, ci ottenga la grazia di servirti fedelmente e ci prepari il frutto di un'eternità beata. Per Cristo nostro Signore. C. Fratelli e sorelle, mentre ci avviamo alla conclusione dell’Anno liturgico, la Parola ci mostra i limiti della nostra condizione umana. Solo a te, Signore, possiamo rivolgerci e affidare le nostre preghiere, certi che tu le accoglierai con benevolenza. Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore. Signore, ogni nuovo giorno è un dono che ci fai, affinchè ognuno di noi possa compiere le buone opere della fede, della speranza e della carità; sostienici con la tua misericordia e rendici perseveranti nell’adempiere il progetto di salvezza che hai voluto per ciascuno di noi, preghiamo. Signore, siamo bisognosi e poveri davanti a Te. Rafforza la fede delle comunità colpite delle persecuzioni, e proteggi quelle attraversate dalle tentazioni del peccato, sostienili nei loro progetti di carità cristiana in accordo con il Vangelo, preghiamo. Signore, fa’ che la Giornata dei poveri induca ognuno di noi a prestare una maggiore attenzione a coloro che, nelle nostre comunità e nel mondo, versano in condizioni critiche e disagiate. Donaci di col-

E’ veramente giusto benedirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita, perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell’ascolto della parola e nella comunione dell’unico pane spezzato, fa memoria del Signore risorto nell’attesa della domenica senza tramonto, quando l’umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua misericordia. Con questa gioiosa speranza, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo a una sola voce l’inno della tua gloria Santo, Santo, Santo

O Padre, che ci hai nutriti con questo sacramento, ascolta la nostra umile preghiera: il memoriale, che Cristo tuo figlio ci ha comandato di celebrare, ci edifichi sempre nel vincolo della tua carità. Per Cristo nostro Signore.


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