Adeste nr 30 domenica 23 luglio 2017c

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on si sa come ci fosse finita sulla terza classe dell' Andrea Doria quella colonia di emigranti di Ribera.

Undici tra uomini, donne e bambini che andavano in America in cerca di fortuna. Avrebbero raggiunto la comunità di compaesani nello stato di New York. Undici, un piccolo numero rispetto alle migliaia di siciliani che giorno dopo giorno al tempo scappavano dalla loro miseria attraverso l' oceano. Due di loro, Domenico Palmeri e la figlioletta Francesca di appena tre anni, non avrebbero mai visto la statua della Libertà. Rimasero seppelliti dalle onde entrate nello squarcio provocato dalla spaccaghiacci svedese Stockholm in quella drammatica notte di nebbia del 25 luglio 1956. «Lo sperone della nave colpì proprio la cabina dove dormivano mio cugino Domenico e la figlia - racconta Paola Palmeri, 76 anni - Una sfortuna disgraziata. E dire che avevano preso la cabina di terza classe solo perché la bimba aveva la febbre a 39. Altrimenti si sarebbero salvati come tanti altri». «La madre della bambina li aspettava in America e potete immaginare il dolore», continua a ricordare Paola Palmeri. Un' altra pagina amara, una delle tante, basti pensare al crollo della miniera di Marcinelle o ai tanti incidenti sul lavoro, della storia dell' emigrazione isolana. Tutti salvi gli altri nove compaesani. E con loro anche i sei marinai siciliani che facevano parte dell' equipaggio. In tutto le vittime furono 56, tra cui cinque marinai della nave svedese; la maggior parte perse la vita nell' attimo dell' impatto. Quel giorno il mare sembrava di olio. Liscio, lucente, con i riflessi del sole cangianti, a sentire i sopravvissuti. Era l' ultimo giorno di navigazione, tutti i viaggiatori meno uno avevano ritirato i loro preziosi depositati nella cassaforte della nave alla partenza e finita la cena erano intenti a preparare i bagagli. Erano stati otto giorni di spensieratezza solleticata dalla brezza marina. Certo, l' allegria aumentava di intensità via via che si saliva dalla terza alla prima classe. I nostri emigranti erano nel girone dei più bisognosi, tra di essi non c' era certo allegria, solo morsi di nostalgia per il paese che avevano dovuto lasciare. Loro, i siciliani, la seconda e la prima classe potevano solo sbirciarla da lontano. Sbirciarla e sognare. Qualcuno che cercava di infiltrarsi nelle aree più lussuose (dove, come testimoniano i filmati d' epoca, attrici e dame del jet set danzavano fasciate in abiti sensuali e dove uomini potenti si lanciavano sul tobogan della piscina) veniva immediatamente ricacciato tra i suoi pari dal rigoroso servizio d' ordine. Niente vite mischiate su quella città navigante. Così andavano le cose sul Titanic nel 1912, così continuavano ad andare ancora negli anni Cinquanta sull' Andrea Doria. Quella dei riberesi era una storia di emigrazione come tante. «In paese c' era miseria - racconta la cugina delle vittime - Con la campagna non ci si viveva, i mestieri non davano da campare, l' emigrazione era l' unica via di salvezza. I miei cugini erano andati in America qualche anno prima della disgrazia: volevano un futuro migliore del presente che lasciavano qui». Francesca aveva quasi tre anni quando Domenico la portò in Sicilia a conoscere i parenti. Lui 4

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Adeste 30/2017 anno 6° solo: la moglie restò in America perché il viaggio era costoso. L' America non era un miraggio ma un luogo di fatica e quelle degli arricchimenti facili erano solo favole. E allora quando si poteva si risparmiava anche su un biglietto di nave. «I miei cugini stavano bene ma non si erano di certo arricchiti», riprende la Palmeri». In genere i siciliani salpavano da Palermo su una delle tante navi che facevano continuamente spola verso l' America stracolme di emigranti. Per arrivare prima a New York, i Palmeri e gli altri compaesani quella volta avevano pensato di partire da Genova. Con l' Andrea Doria. Allora andare in America era più facile: bastava che un familiare facesse il cosiddetto «atto di richiamo» per ottenere il visto d' ingresso e dopo cinque anni la cittadinanza. A Ribera e altrove si creava una sorta di catena di Sant' Antonio con la quale un parente tirava l' altro. Addirittura c' era chi, pur di realizzare il sogno americano, si sposava per corrispondenza con la complicità di amici e parenti negli States. L' amore sbocciava nelle fotografie, ma più che amore era l' illusione di poter sfiorare l' Eldorado americano. «Ormai si è persa la memoria di questa tragedia - dice ancora la Palmeri - La bambina, Francesca, era un amore, me la ricordo bene, ma con gli altri paesani sopravvissuti si è perso ogni contatto, anche perché dopo quella drammatica esperienza sicuramente non hanno avuto più voglia di imbarcarsi su una nave per tornare in Sicilia». Allora la vicenda destò una grandissima impressione in paese e fu enorme il dolore tra quanti avevano avuto la ventura di conoscere la piccola Francesca, un angelo. Niente faceva presagire il dramma mentre la lussuosa turbonave, lunga 210 metri e larga 27, varata nel 1951, si lasciava alle spalle Nantucket, l' isola da dove sono salpati i marinai del Pequod a caccia di Moby Dick, la balena bianca partorita dal genio di Melville. Nelle cabine c' era un' atmosfera serena. Ma alle 23,20, minuto più minuto meno, si verificò l' imprevedibile. Nonostante i radar delle rispettive navi avesse segnalato l' altro natante, per scansare l' ostacolo i timonieri rivolsero la barra nella medesima direzione, provocando così il terribile impatto. Nella cabina di terza classe Domenico Palmeri vegliava la sua bambina che continuava ad avere la febbre. L' uomo non si era mosso dal capezzale della piccola ed era lì quando in un attimo l' Andrea Doria cominciò a traballare. In un battibaleno il transatlantico si trovò piegato su una fiancata e con uno squarcio di 24 metri da cui cominciarono a entrare cateratte di acqua inarrestabili. I Palmeri, in quell' esatto momento, si trovavano proprio all' altezza di quello squarcio e ne furono inghiottiti. Fu l' inferno. Panico, corpi sballottati, famiglie separate dai marosi. Disperato tentativo di convergere verso la prima classe, unico luogo dove le luci erano rimaste accese. Ma le porte erano sprangate e i poveri diavoli della terza classe, tra cui gli altri riberesi che riuscirono a salvarsi, si ritrovarono schiacciati tra un muro di lamiere e la furia del mare. La turbonave, un tempo ammiraglia della marina italiana, giace ancora oggi a 75 metri di profondità. In fondo all' oceano resta la vicenda drammatica di un gioiello del mare inaffondabile e invece inabissato, e la storia esaltante della più grande operazione di salvataggio mai effettuata in secoli di navigazioni. E i corpi di due innocenti siciliani. (la Repubblica.it 25.07 2006) 5


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Guardiamo al bello, al buono che Dio semina in noi

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uesta parabola mi ha cambiato il volto di Dio. La interpretava con parole luminose padre Giovanni Vannucci, uno dei massimi mistici del ‘900. Diceva: il nostro cuore è un pugno di terra, seminato di buon seme e assediato da erbacce; una zolla di terra dove intrecciano le loro radici, talvolta inestricabili, il bene e il male. «Vuoi che andiamo a togliere la zizzania?» domandano i servi al padrone. La risposta è perentoria: «No, perché rischiate di strapparmi spighe di buon grano!». Un conflitto di sguardi: quello dei servi si posa sul male, quello del padrone sul bene. Il seminatore infaticabile ripete: guarda al buon grano di domani, non alla zizzania. La gramigna è secondaria, viene dopo, vale di meno. Tu pensa al buon seme. Davanti a Dio una spiga di buon grano vale più di tutta la zizzania del campo, il bene è più importante del male, la luce conta più del buio. La morale del Vangelo infatti non è quella della perfezione, l’ideale assoluto e senza macchia, ma quella del cammino, della fecondità, dell’avvio, di grappoli che maturano tenacemente nel sole, di spighe che dolcemente si gonfiano di vita. La parabola ci invita a liberarci dai falsi esami di coscienza negativi, dallo stilare il solito lungo elenco di ombre e di fragilità, che poi è sempre lo stesso. La nostra coscienza chiara, illuminata e sincera deve scoprire prima di tutto ciò che di vitale, bello, buono, promettente, la mano viva di Dio ha seminato in noi: il nostro giardino, l’Eden affidato alla nostra cura. Mettiamoci sulla strada con cui Dio agisce: per vincere la notte accende il mattino; per far fiorire la steppa sterile getta infiniti semi di vita; per sollevare la farina pesante e immobile mette un pizzico di lievito. Dio avvia la primavera del cosmo, a noi spetta diventare l’estate profumata di messi. Io non sono i miei difetti o le mie debolezze, ma le mie maturazioni. Non sono creato a immagine del Nemico e della sua notte, ma a immagine del Creatore e del suo giorno. L’attività religiosa, solare, positiva, vitale che dobbiamo avere verso noi stessi consiste nel non preoccupiamoci prima di tutto delle erbacce o dei difetti, ma nel venerare tutte le forze di bontà, di generosità, di accoglienza, di bellezza e di tenerezza che Dio ci consegna. Facciamo che queste erompano in tutta la loro forza, in tutta la loro potenza e vedremo le tenebre scomparire. Custodisci e coltiva con ogni cura i talenti, i doni, i semi di vita e la zizzania avrà sempre meno terreno. Preoccupati del buon seme, ama la vita, proteggi ogni germoglio, sii indulgente con tutte le creature. E sii indulgente anche con te stesso. E tutto il tuo essere fiorirà nella luce p. Ermes Ronchi

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Di episodi di bullismo se ne parla continuamente ed è spesso definito come un atteggiamento aggressivo di prevaricazione del più forte sul più debole. Ma è davvero così? Il bullo è apparentemente il più forte, è vero. Quello che solitamente ha sostegno di un buon gruppetto di gregari, che lo seguono, lo ascoltano, stanno con lui. Forte, rispettato, anche se più per timore che per reale ammirazione, può fare quello che vuole e l’ha quasi sempre vinta. Superficialmente il vincente. In realtà il bullo non è altro che un insicuro. Qualcuno che sente la necessità di trascinare in basso gli altri per apparire più in alto di loro, un individuo con problematiche relazionali che si nasconde dietro all’aggressività gratuita per ovviare a queste mancanze. Nel suo mirino ha soggetti che riconosce come più deboli, anche se spesso sono solo più educati, prede comode che non possono creare problemi e che quasi certamente non reagiranno ai suoi comportamenti vessatori. Non sa agire individualmente, ma si serve di un ‘branco’ per sentirsi al sicuro sapendo che se anche dovesse andare male non dovrà difendersi da solo, servendosi della versione più negativa del detto ‘l’unione fa la forza’. Approfondendo, quindi, il bullo è un perdente. E’ questo quello che dovremmo riuscire a far scorgere a chi subisce episodi di bullismo sulla propria pelle. Palesare quanto non sia la vittima il problema, ma chi attacca gratuitamente ad averne. Il fenomeno va affrontato e l’arma migliore è quella dello conoscenza. Sapere chi è il tuo nemico ti salva e può aiutare a smettere di sentirsi inopportuni. Dovremmo imparare tutti a guardare negli occhi quel nemico perché questa situazione ci tocca tutti. Sì, perché il bullismo esiste e purtroppo non solo tra i banchi di scuola. E’ ovunque, si limita solo a cambiare nome. E’ cyberbullismo sul web, una delle modalità di bullismo più comoda e vile. E’ mobbing sul lavoro. E in una società in cui farsi accettare è uno scopo primario, dove il privato viene pubblicato, condiviso e visualizzato da tutti, far finta di nulla è impossibile e deleterio. Il bullo non è altro che un debole che sfodera la peggiore versione di sé. Dovremmo capirlo tutti, bulli compresi. 11


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C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. L’esperienza della nostra vita quotidiana ci mette continuamente a confronto con l’esperienza del bene e del male. Lo Spirito che ci fa una «cosa sola» interceda per noi da Gesù la purificazione del cuore. Breve pausa di riflessione personale C. Pietà di noi, Signore. A. Contro di te abbiamo peccato. C. Mostraci, Signore, la tua misericordia. A. E donaci la tua salvezza. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre.Amen. COLLETTA C. Ci sostenga sempre, o Padre, la forza e la pazienza del tuo amore; fruttifichi in noi la tua parola, seme e lievito della Chiesa, perché si ravvivi la speranza di veder crescere l'umanità nuova, che il Signore al suo ritorno farà splendere come il sole nel tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, … A. Amen

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro della Sapienza Non c’è Dio fuori di te, che abbia cura di tutte le cose, perché tu debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto. La tua forza infatti è il principio della giustizia, e il fatto che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti. Mostri la tua forza quando non si crede nella pienezza del tuo potere, e rigetti l’insolenza di coloro che pur la conoscono. Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza, perché, quando vuoi, tu eserciti il potere. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R. Tu sei buono, Signore, e perdoni. Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi t’invoca. Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera e sii attento alla voce delle mie suppliche. R/. Tutte le genti che hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, Signore, per dare gloria al tuo nome. Grande tu sei e compi meraviglie: tu solo sei Dio. R/. Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, volgiti a me e abbi pietà. R/. Seconda Lettura Dalla lettera di s. Paolo apostolo ai Romani Fratelli, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo ALLELUIA Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché ai piccoli hai rivelato i misteri del Regno. C. Il Signore sia con voi A. Dal Vangelo secondo MATTEO A. Gloria a te o Signore VANGELO In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del

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buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponètelo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella


Adeste 30/2017 anno 6° fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!». Parola del Signore. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) (C R E D O) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C.O Padre, tu sai che il peccato ha confuso la nostra anima a tal punto che non sappiamo neppure ciò che è giusto e bene chiedere. Ma tu ci hai donato lo Spirito, che intercede con insistenza per noi. Per questo osiamo pregarti, affidando le nostre invocazioni a te, che scruti i cuori. Preghiamo dicendo: Ascoltaci Signore. 1. Perché la Chiesa, nata come un piccolo granello di senapa, sappia accogliere sotto i suoi rami tutti gli uomini, annunciando ad essi il Vangelo, con mitezza e sincerità. Preghiamo. 2. Perché negli uomini lieviti il desiderio di giustizia e di pace, spingendoli ad operare per il bene comune. Preghiamo.

3. Perché ogni battezzato si apra al dono dello Spirito, impari ad ascoltarlo nel suo cuore e sia pronto a tradurre i suoi insegnamenti in comportamenti coerenti. Preghiamo. 4. Perché i cristiani maturino la convinzione che nel mondo la zizzania non prevarrà sul buon seme e che il Regno si manifesterà in pienezza secondo la volontà di Dio. Preghiamo. C. La tua forza, Signore è principio di giustizia, tu sei indulgente con tutti. Per questo ti supplichiamo di accogliere le nostre preghiere e di esaudirle, secondo i tuoi disegni provvidenziali. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. .A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. O Dio, che nell'unico e perfetto sacrificio del Cristo hai dato valore e compimento alle tante vittime della legge antica, accogli e santifica questa nostra offerta come un giorno benedicesti i doni di Abele, e ciò che ognuno di noi presenta in tuo onore giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. È’ cosa buona e giusta. C. È veramente cosa buona e giusta renderti grazie e innalzare a te l'inno di benedizione e di lode, Dio onnipotente ed eterno. Tu hai creato il mondo nella varietà dei suoi elementi e hai disposto l'avvicendarsi dei tempi e delle stagioni. All'uomo, fatto a tua immagine, hai affidato le meraviglie dell'universo, perché, fedele interprete dei tuoi disegni, eserciti il dominio su ogni creatura, e nelle tue opere glorifichi te, Creatore e Padre, Per Cristo nostro Signore. E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto e proclamiamo insieme la tua gloria:

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Santo, Santo, Santo …. C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPO LAPREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O Padre nostro che sei nei cieli, C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. Assisti, Signore, il tuo popolo, che hai colmato della grazia di questi santi misteri, e fa' che passiamo dalla decadenza del peccato alla pienezza della vita nuova. Per Cristo nostro Signore. A.Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: an date in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


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