Adeste nr 48 domenica 26 novembre 2017c

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I ROMENI E GLI ITALIANI NEL 1918 AL TEMPO DELL’ UNIFICAZIONE

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l processo di unificazione dei romeni, reso definitivo tramite l’atto pubblico del 1 dicembre 1918, per il quale oggi si festeggiano 99 anni, significa la più importante pagina di svolta della storia romena. La grandezza di questo processo, che è stato la spinta per il coronamento dell’unità nazionale, è data dal fatto che questo avvenimento storico assai imponente non è stato l’opera di un politico e nemmeno di un partito o governo, ma raffigura per eccellenza l’operato dell’intera nazione romena, manifestato mediante il documento firmato ad Alba-Iulia. L’atto politico è stato il risultato della politica estera romena e della partecipazione della Romania alla Prima Guerra Mondiale, tra il 1916 e il 1918, accanto alla Francia, Inghilterra, Russia e agli Stati Uniti. Nel contesto dello smembramento degli imperi multinazionali, Ottomano e Asburgico, della rivoluzione bolscevica in Russia e della proclamazione del presidente statunitense Thomas Woodrow Wilson sui diritti delle nazioni, sulle rovine di questi imperi nacquero nuovi stati nazionali. “Avevamo ormai quello che fu chiamato la Grande Romania. Un paese che aveva più che raddoppiato la sua superficie e popolazione e che includeva la maggioranza dei parlanti di lingua romena”, ricordava lo storico Neagu Djuvara. Dovunque si siano trovati i romeni, nell’anno di grazia 1918, hanno lottato con tutte le loro forze per l’identificazione di questa realtà storica: il popolo romeno è stato convocato all’unione. Sono stati fatti tanti sforzi anche da parte dei romeni che in quel momento si trovavano fuori dai confini del paese, ma nonostante ciò pronti a darsi anima e corpo per l’unificazione, con lo stesso entusiasmo che animavano i romeni rimasti nelle vecchie provincie storiche. Secondo gli atti del periodo prima del 1918, in Italia vivevano all’incirca qualche migliaio di romeni. Questo numero cosi grande di romeni è giustificato soprattutto dalle conseguenze che ha portato lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Una buona parte dei romeni dal Regno della Romania si è diretta a quei tempi verso l’Italia, non essendo molto contenti dell’armistizio di Focsani del dicembre 1917 e di quello di pace di Bucarest del maggio 1918. La maggior parte dei romeni che vivevano in Italia proveniva dalla Transilvania e una minoranza da altri territori romeni. Com’è noto, una volta scoppiata la Prima Guerra Mondiale, decine e decine di romeni sono state mobilitate nell’esercito austro ungarico e tanti di questi romeni sono stati mandati nelle zone di combattimento italiane. Ma ben presto capiscono che non c’è nessun interesse da parte loro di combattere per la vittoria delle Forze Centrali per il semplice motivo che contravveniva al loro ideale di unificazione della Transilvania con il Regno della Romania. Dalle testimonianze di quei tempi si viene a sapere che tantissimi soldati ed ufficiali hanno disertato ed è proprio per questo motivo che, alla fine della guerra, in Italia si trovava un numero cosi grande di prigionieri di guerra romeni, sparsi dappertutto nei campi di concentramento. Una buona parte di loro ha chiesto alle autorità italiane l’ammissione di arruolamento nelle squadre militari che avrebbero combattuto per la liberazione della Transilvania e della Bucovina. Nel 1916 la percentuale di prigionieri austro-ungarici di nazionalità romena presenti in Italia era assai rilevante e concentrata soprattutto nei campi del Nord Italia. Secondo le stime del Ministero della Guerra erano cosi suddivisi ben 3.600 nel campo di Mantova, 2.000 a Cavarzere, 800 rispettivamente a Ostiglia e Chiaravalle. Le pressanti domande per l’utilizzo di prigionieri di guerra provenivano da tutta l’Italia e in particolare dai proprietari terrieri dell’intera penisola. I soldati prigionieri furono utilizzati con continuità nei lavori agricoli e in misura ridotta, anche nell’industria. Per la durata di tutto l’anno 1918, i romeni che vivevano in Italia hanno divulgato vari manifesti per far conoscere il loro ideale. In questo senso, a Roma è nata addirittura un’organizzazione centrale: ‘L’associazione degli aromeni della Transilvania, Banat e Bucovina’ e come presidente era Simion Mandrescu. Lo stesso tipo di organizzazioni si costituisce anche in altri paesi europei. Sono state istituite associazioni e comitati speciali ‘Pro-Romeni’ e ‘Pro-Romania’ nelle citta: Roma, Torino, Napoli. di cui faceva parte un gran nu-

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Adeste 48/2017 anno 6° mero di personaggi politici, scientifici e culturali italiani. Insieme, romeni ed italiani, hanno coordinato una serie di riunioni pubbliche tramite le quali hanno espresso esplicitamente il forte desiderio della libertà e dell’indipendenza della nazione romena. Altre riunioni pubbliche sono state avviate anche a Roma, Milano, Torino, Genova. Un evento molto importante lo ha rappresentato il Convegno delle nazioni sottomesse, che si è svolto a Roma, al quale ha preso parte anche una delegazione romena. Per determinare una più veloce disfatta austriaca, tra l’8 e l’11 aprile 1918, il Governo italiano aveva convocato a Roma diversi rappresentanti delle nazionalità sottomesse dell’Impero AustroUngarico. Erano presenti italiani, serbi, croati, polacchi ma anche i romeni. In rappresentanza delle province romene sottoposte alla Duplice Monarchia vi prendevano parte insigni intellettuali, con importanti meriti nella lotta per l’affermazione dei diritti dei connazionali: i prof. Simion Mândrescu incaricato come: ‘Presidente della Società dei Romeni di Transilvania, del Banato e Bucovina’), G. Mironescu, il senatore Drăghicescu, il deputato Lupu. Il Comitato romeno, costituito da sedici membri, è stato riconosciuto dal governo italiano come unica rappresentanza nazionale, sul territorio italiano, per la difesa degli interessi legittimi di tutti i romeni. Da ricordare il ruolo importante svolto in Italia in quel periodo da due personaggi diventati esponenti degli interessi dei romeni in Italia: Simion Mândrescu, docente di lingua e letteratura tedesca all’Università di Bucarest e George G. Mironescu docente presso l’Università di Bucarest, tutti e due impegatii a diffondere nella stampa le notizie che si riferivano agli sforzi compiuti del paese nella prima guerra mondiale. L’ottima collaborazione fra i romeni e gli italiani a quella data ha generato anche l’Assemblea popolare del 25 agosto 1918, che si è svolta a Roma, nel Foro di Traiano. Hanno preso parte a quell’assemblea deputati di venti città italiane e sessanta associazioni patriottiche, rappresentanti del governo, personalità pubbliche, migliaia di persone. I giornalisti italiani hanno dato ampio spazio a quest’enorme manifestazione. Il giornale italiano ‘il Messaggero’ ha scritto riguardo a quest’evento: ‘ la manifestazione in onore della Romania è stata veramente imponente’ (…), ‘ una dimostrazione vera e propria di fiducia e speranza nella sorte di questo popolo coraggioso, ma cosi tanto messo a dura prova (…)’. Parallelamente, hanno iniziato a prendere forma anche gli sforzi che si stavano facendo riguardo la formazione di una squadra militare romena sul territorio italiano, già avvenuta per metà in seguito a una forte intesa tra la commissione speciale dei prigionieri di guerra e il ministero di competenza. In tal modo, è stato messo a disposizione un certo numero di ufficiali e graduati romeni concentrati in un accampamento particolare, nella località Cittaducale della regione Lazio, con l’intento di essere addestrati per mettere le basi di un gruppo di unità militare romene, sotto la diretta autorità del comandamento supremo italiano. Grazie al coinvolgimento diretto del Ministro della guerra italiano, Vittorio Zuppelli, fu costituita nel mese di giugno 1918 la “Legione Romena d’Italia”, posta sotto il comando del generale di brigata Luciano Ferigo e sede ad Avezzano. Il piano messo a punto da Ferigo prevedeva che da tutti i campi di prigionia i soldati romeni venissero radunati nel centro abruzzese, inquadrati militarmente e forniti di tutto il necessario equipaggiamento bellico. La sede di questa squadra militare si trovava ad Avezzano, nella regione Abruzzo. Alla fine della guerra, nello spazio italiano si sono formati altri due reggimenti romeni, ‘Horia’ e ‘Closca’, che però non sono mai stati attivati per colpa della fine della prima conflagrazione mondiale, che ha portato ai romeni il coronamento dell’Unione. Ogni anno, all’inizio di dicembre si celebra la Festa nazionale della Romania, che ricorda la formazione, il 1 dicembre 1918, dello stato nazionale romeno moderno. Dopo la partecipazione del piccolo Regno della Romania alla Prima Guerra Mondiale (1916-1918), nel 1918 le regioni storiche nelle quali i romeni formavano la maggioranza della popolazione – la Bessarabia, la Bucovina e la Transilvania – decisero la loro unione con la Romania. Così, il 1 dicembre 1918, con l’unione della Transilvania, si concluse il lungo processo dell’unità nazionale dei romeni. Dopo la caduta del regime totalitario di Ceausescunel 1989, il 1 dicembre è ridiventato la festa nazionale del popolo romeno.( Violeta Popescu

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ra vent’anni Rebecca sorriderà ancora. Come sorride oggi che ha vent’anni. Rebecca è una ragazza rom, la sua storia potrebbe riempire le pagine di un romanzo. Ma è tutta roba vera. A sei anni lascia la Romania con la sua famiglia e inizia un lungo e drammatico pellegrinaggio in giro per il mondo; dal Brasile, alla Spagna, dalla Francia all’Italia. Prima a Genova, poi in Basilicata ed anche a Napoli. Da tutti questi luoghi devono fuggire. Cercano un posto dove stare, dove vivere, dove mettere radici. Incontrano odio, disprezzo, cattiveria, pregiudizio. A quell’età Rebecca conosce cose Sabato 25 Novembre che un bambino non dovrebbe guardare nemmeno nei peggiori incubi. Scappare e basta, questo sembra essere il loro destino. Poi sette anni fa GIORNATA DELLA l’arrivo a Milano e qualcosa cambia. La prima notte dormono in macchina, COLLETTA ALIMENTARE. sotto un ponte e di quella prima volta Rebecca ricorda le stelle che vide Non solo raccolta di nel cielo. Le stelle nel cielo di Milano, roba che noi che ci viviamo, nemgeneri alimentari per meno sappiamo che esistono. Ma qualcosa inizia; una casa senza riscaldamento e senza finestre ma soi poveri,..ma esperienze che spesso la- prattutto la scuola. Rebecca si iscrive in un liceo artistico, grazie alla lungimiranza di un preside e di alcuni insegnanti. Già perché Rebecca ha una sciano il segno… passione: dipingere. Per lei i colori sono parole e l’arte “come una preghiera che ti fa superare le difficoltà della vita”. In un piccolo libro racCCO STORIE conta la sua storia attraverso il racconto di quel suo lungo pellegrinaggio e i suoi disegni. In uno di questi c’è disegnato il suo volto ed una lacrima che scende. Dentro la lacrima c’è lei con la sua famiglia ed una baracca che va a fuoco. Vi chiederete che cosa c'entra il Banco Alimentare con Rebecca. Tantissimo perché ad un certo punto della storia si sono incontrati. Una mattina sui corridoi della scuola una professoressa con cui è diventata amica, le chiede se avesse bisogno qualcosa. Rebecca risponde semplicemente: “Prof, abbiamo fame”. E così da allora, tutti i mesi gli amici del Banco di Solidarietà le portano il pacco con gli alimenti. Per la sua famiglia una boccata d’ossigeno ma soprattutto la sensazione di non essere più soli. Rebecca ad ogni appuntamento è lì che li aspetta sotto casa e accoglie quegli amici con quel sorriso abbagliante. La sua gratitudine è tanto evidente, quanto sincera. Sono passati anni ma ogni volta dice semplicemente: “Grazie perché non vi dimenticate di noi”. Oggi Rebecca è riuscita ad ottenere la maturità. Continua a dipingere e a vendere i suoi quadri sui Navigli. Sono ancora tanti a guardarla con odio, ma lei non si perde d’animo. Dice cose che aprono il cuore: “Quando inizio un’opera, desidero che il mio lavoro tolga un po’ di sofferenza al mondo. Dipingo gli episodi tristi che avvengono intorno a noi e colpiscono i poveri, perché sogno che non accadano mai più. Dipingo mondi fantastici, in cui gli esseri umani la natura vivono d’amore e d’accordo. Desidero raccontare alla gente la bellezza del vivere insieme senza differenze, senza odio, in pace”. Così continua a dipingere e intanto suona il violino. Non tutto è diventato buono. “Io ho cominciato a raccontare la mia vita, la mia esperienza e alcuni hanno capito e si sono interessati e adesso sono miei amici. Altri invece non vogliono ascoltare e questo mi fa soffrire”. Ormai Milano è diventata la sua città. Se le chiedi, cosa ti piace di Milano”. “Mi piace il cielo. Lo so che non lo dice nessuno, ma verso le 11 guardo il cielo e sono contenta perché vedo le stelle”. E così capita anche a noi, tutte le volte che la incontriamo, di alzare lo sguardo in alto e di guardare il cielo di Milano

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i chiamo Ceres Nicoletta sono stata una detenuta per un lungo periodo negli ultimi due anni sono stata detenuta nel carcere di Taranto dove mi e stata data l’opportunità di partecipare alla Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, tra tante detenute hanno scelto me. È stata un’esperienza indimenticabile non potrò dimenticare mai uno di quei giorni. Mi sembrava di vivere in una favola, per un giorno intero non avrei sentito rumori di chiavi e di cancelli che si chiudevano alle mie spalle ma avrei passato una giornata come una persona normale. Ricordo che durante la giornata stavo all’uscita per raccogliere i sacchetti della spesa dalla gente e ad un certo punto uno dei volontari si è avvicinato chiedendomi: “Tu da quale Parrocchia vieni?” Non sapevo che dire, la mia non era proprio una parrocchia. Ma non volevo mentire, così mi son fatta coraggio e avvicinandomi gli ho sussurrato all’orecchio che ero una detenuta del carcere di Taranto in permesso. Lui mi ha sorriso e mi ha abbracciata ed io mi sono sentita accolta guardata come una persona e non come una detenuta. Voi forse non potete immaginare cosa significhi, per chi come me ha sbagliato nella vita che ha fatto del male, passare una giornata intera a fare del bene e incontrare gente straordinaria che lo fa con te. Alcuni giorni dopo la colletta ho ottenuto un altro permesso per partecipare alla consegna di una parte degli alimenti raccolti nell’istituto penitenziario di Taranto per la mensa dei poveri. Ricordo che il parroco disse ai volontari che mi tenevano in consegna, di farmi mangiare qualcosa prima di rientrare in carcere. Io pensavo che avrei pranzato da sola invece quando sono entrata in mensa c’era una tavolata enorme e abbiamo pranzato tutti insieme. Ricordo di aver mangiato le pennette con le melanzane e mi e sembrata la pasta più buona che abbia mai mangiato non solo per il sapore del sugo ma a rendere speciale quel pasto e stato il calore immenso che mi ha trasmesso tutta quella gente, mi hanno fatto sentire parte di una grande famiglia. Ricordo che dopo il pranzo abbiamo pregato tutti insieme e ringraziato il Signore per tutto quello che in quel giorno ci aveva donato. Al mio rientro in cella purtroppo ahimè ho risentito quel rumore di chiavi e di cancelli che si chiudevano alle mie spalle lasciando fuori il mondo e aprendosi su una realtà carceraria che molte volte spinge ogni detenuto a tirare fuori il peggio di se. La mia esperienza però è stata una vittoria perché tutto il calore che ho ricevuto mi ha dato la forza ed il coraggio di andare avanti. Colgo l’occasione per ringraziare tutti per avermi dato quell’opportunità. Ho conosciuto persone straordinarie che tutti i giorni con il loro impegno portano avanti questo progetto. Oggi sono una donna libera. Grazie di cuore a tutti.

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Adeste 48/2017 anno 6° Pagina settimanale a cura del Parinte Valerian

LA VECCHIETTA CHE ASPETTAVA DIO vita di ognuno di noi è intessuta di attese. Si tratta di una esperienza importante e di grande valore educativo. Consapevole di ciò, la Chiesa ha fissato un tempo per ravvivare questo 'stato' fondamentale nella vita del cristiano: il tempo dell'Avvento. La storia sottolinea che Dio è sempre sorprendente... è possibile incontrarlo in tanti modi, ma in modo particolare nelle persone che ci avvicinano tutti i giorni. C'era una volta un'anziana signora che passava in pia preghiera molte ore della giornata. Un giorno sentì la voce di Dio che le diceva: "Oggi verrò a farti visita". Figuratevi la gioia e l'orgoglio della vecchietta. Cominciò a pulire e lucidare, impastare e infornare dolci. Poi indossò il vestito più bello e si mise ad aspettare l'arrivo di Dio. Dopo un po', qualcuno bussò alla porta. La vecchietta corse ad aprire. Ma era solo la sua vicina di casa che le chiedeva in prestito un pizzico di sale. La vecchietta la spinse via: "Per amore di Dio, vattene subito, non ho proprio tempo per queste stupidaggini! Sto aspettando Dio, nella mia casa! Vai via!". E sbattè la porta in faccia alla mortificata vicina. Qualche tempo dopo, bussarono di nuovo. La vecchietta si guardò allo specchio, si rassettò e corse ad aprire. Ma chi c'era? Un ragazzo infagottato in una giacca troppo larga che vendeva bottoni e saponette da quattro soldi. La vecchietta sbottò: "Io sto aspettando il buon Dio. Non ho proprio tempo. Torna un'altra volta!". E chiuse la porta sul naso del povero ragazzo. Poco dopo bussarono nuovamente alla porta. La vecchietta aprì e si trovò davanti un vecchio cencioso e male in arnese. "Un pezzo di pane, gentile signora, anche raffermo... E se potesse lasciarmi riposare un momento qui sugli scalini della sua casa", implorò il povero. "Ah, no! Lasciatemi in pace! Io sto aspettando Dio! E stia lontano dai miei scalini!" disse la vecchietta stizzita. Il povero se ne partì zoppicando e la vecchietta si dispose di nuovo ad aspettare Dio. La giornata passò, ora dopo ora. Venne la sera e Dio non si era fatto vedere. La vecchietta era profondamente delusa. Alla fine si decise ad andare a letto. Stranamente si addormentò subito e cominciò a sognare. Le apparve in sogno il buon Dio che le disse: "Oggi, per tre volte sono venuto a visitarti, e per tre volte non mi hai ricevuto".

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Si tratta di credenze popolari ma fanno parte della tradizione e della cultura rumena contrariamente a Halloween che, importato dall’America, da noi non rappresenta niente. Da queste tradizioni ha certamente preso spunto Braham Stoker scrittore e creatore del personaggio di Dracula.

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l momento del bucato una volta era un pò come il caffè con le amiche oggi per noi, quando tutte le donne del paese con la “bagnarola” in testa piena di panni sporchi si incontravano in piazza per andare insieme al fiume a lavare la biancheria. Immagino che per non pensare alla fatica si davano alle chiacchiere, si facevano scherzi e si raccontavano i segreti… Il grande mistero però di tutta questa storia per me è sempre stato il sapone… o meglio, con cosa le lavandaie lavassero i loro panni sporchi! Mia nonna mi diceva che veniva usata la cenere e chiaramente le spiegazioni che mi davo, tra lenzuola cosparse di cenere e macchie tolte strofinandocela sopra come se fosse uno scrub, non erano del tutto esaurienti. Il sapone di una volta La mia curiosità è stata soddisfatta quando finalmente ho scoperto il segreto del sapone di una volta! La cenere che si raccoglieva nel camino veniva trattata in modo da ricavare un prodotto, la lisciva che insieme agli scarti del maiale era essenziale per la produzione del sapone, preziosissimo al tempo, tanto che non se ne poteva sprecare nemmeno un pezzettino. Un altro modo per fare il sapone era con la soda e i soliti scarti del maiale ed in quel caso la lisciva veniva usata per potenziare l’effetto del sapone; la biancheria insaponata si riponeva in un fusto di legno con un piccolo buco sul fondo, da qui il termine “bucato” e su di essa veniva riversata la lisciva. Il tutto rimaneva per una notte intera a scolare in un contenitore riposto sotto all’apertura del fusto che raccoglieva la “bucaticcia”, un mix di sapone e lisciva che veniva poi usata per lavarsi il corpo e i capelli per non sprecare proprio nulla. Il bucato era poi messo ad asciugare all’aria per una notte intera, perchè si credeva che l’aria frizzante della notte “disinfettasse” i capi. Anche oggi possiamo realizzare a casa nostra il sapone nello stesso modo in cui lo preparavano le nostre nonne, iniziamo a mettere da parte la cenere! (G.S.) 10


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Cosa resterà di noi alla fine? L’amore dato e ricevuto

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l Vangelo dipinge una scena potente, drammatica che noi siamo soliti chiamare il giudizio universale. Ma che sarebbe più esatto definire invece “la rivelazione della verità ultima, sull’uomo e sulla vita”. Che cosa resta della nostra persona quando non rimane più niente? Resta l’amore, dato e ricevuto. Avevo fame, avevo sete, ero straniero, nudo, malato, in carcere: e tu mi hai aiutato. Sei passi di un percorso, dove la sostanza della vita ha nome amore, forma dell’uomo, forma di Dio, forma del vivere. Sei passi per incamminarci verso il Regno, la terra come Dio la sogna. E per intuire tratti nuovi del volto di Dio, così belli da incantarmi ogni volta di nuovo.

IL GIORNO DEL SIGNORE

Prima di tutto Gesù stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini da arrivare fino a identificarsi con loro: l’avete fatto a me. Il povero è come Dio! Corpo di Dio, carne di Dio sono i piccoli. Quando tocchi un povero è Lui che tocchi. Poi emerge l’argomento attorno al quale si tesse l’ultima rivelazione: il bene, fatto o non fatto. Nella memoria di Dio non c’è spazio per i nostri peccati, ma solo per i gesti di bontà e per le lacrime. Perché il male non è rivelatore, mai, né di Dio né dell’uomo. È solo il bene che dice la verità di una persona. Per Dio il buon grano è più importante e più vero della zizzania, la luce vale più del buio, il bene pesa più del male. Dio non spreca né la nostra storia né tantomeno la sua eternità facendo il guardiano dei peccati o delle ombre. Al contrario, per lui non va perduto uno solo dei più piccoli gesti buoni, non va perduta nessuna generosa fatica, nessuna dolorosa pazienza, ma tutto questo circola nelle vene del mondo come una energia di vita, adesso e per l’eternità. Poi dirà agli altri: Via, lontano da me… tutto quello che non avete fatto a uno di questi piccoli, non l’avete fatto a me. Gli allontanati da Dio che male hanno commesso? Non quello di aggiungere male a male, il loro peccato è il più grave, è l’omissione: non hanno fatto il bene, non hanno dato nulla alla vita. Non basta giustificarsi dicendo: io non ho mai fatto del male a nessuno. Perché si fa del male anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra. Non impegnarsi per il bene comune, restando a guardare, è già farsi complici del male comune, della corruzione, delle mafie, è la “globalizzazione dell’indifferenza” (papa Francesco). Ciò che accade nell’ultimo giorno mostra che la vera alternativa non è tra chi frequenta le chiese e chi non ci va, ma tra chi si ferma accanto all’uomo bastonato e a terra, e chi invece tira dritto; tra chi spezza il pane e chi si gira dall’altra parte, e passa oltre. Ma oltre l’uomo non c’è nulla, tantomeno il Regno di Dio. Padre Ermes Ronchi

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SEGNO DELLA CROCE C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. A Gesù salvatore, che vuole sottrarci ai poteri delle tenebre che rendono schiava la nostra esistenza, affidiamo la nostra umile richiesta di perdono. Breve pausa di riflessione personale C.A. Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. Dio onnipotente ed eterno, che hai voluto rinnovare tutte le cose in Cristo tuo Figlio, Re dell'universo, fa' che ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, ti serva e ti lodi senza fine. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro del profeta Ezechiele Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia. A te, mio gregge, così dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. I l Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare. Ad acque tranquille mi conduce. R/. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. R/. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. R/. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. R/.

Seconda Lettura

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a

Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

Canto al Vangelo

ALLELUIA Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! ALLELUIA C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo MATTEO A. Gloria a te o Signore

VANGELO

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o


Adeste 48/2017 anno 6° nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».Parola del Signore. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) (C R E D O)

Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, chiediamo al Padre di renderci servi impegnati e gioiosi del suo Regno, che si manifesterà nella sua pienezza con l’avvento di Gesù nella gloria. PREGHIAMO DICENDO: Ascoltaci Signore. 1. Perché la Chiesa sia segno credibile della signoria di Cristo sul mondo e dell’azione dello Spirito nella storia, verso la manifestazione piena del Regno. Preghiamo. 2. Perché i cristiani sappiano vedere il volto di Cristo nei poveri, negli affamati, negli emarginati. Preghiamo. 3. Perché in coloro che vivono in Paesi travagliati dalla guerra e dalla violenza non venga mai meno la speranza nel Regno di Dio, in cui avranno stabile dimora la giustizia e la pace. Preghiamo. 4. Per i religiosi, le religiose e le

persone consacrate, perché il Signore Gesù sia l’unico re della loro vita. Preghiamo. 5. Perché la nostra comunità sappia onorare con la carità fraterna la divina sovranità di Cristo. Preghiamo. C. O Padre, che hai inaugurato il tuo Regno di amore con la risurrezione di Cristo, rendici operai appassionati e sinceri, affinché la regalità del tuo Figlio venga riconosciuta in ogni angolo della terra. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Accetta, o Padre, questo sacrificio di riconciliazione, e per i meriti del Cristo tuo Figlio concedi a tutti i popoli il dono dell'unità e della pace. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Tu con olio di esultanza hai consacrato Sacerdote eterno e Re dell'universo il tuo unico Figlio, Gesù Cristo Signore nostro. Egli, sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull'altare della Croce, operò il mistero dell'umana redenzione; assoggettate al suo potere tutte le creature, offrì alla tua maestà infinita il regno eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace. E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l'inno della tua gloria: Santo,Santo,Santo... C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta.

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DOPO LAPREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà,come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. O Dio, nostro Padre, che ci hai nutriti con il pane della vita immortale, fa' che obbediamo con gioia a Cristo, Re dell'universo, per vivere senza fine con lui nel suo regno glorioso. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. . A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio


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