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Intervista a padre Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione Migranti & Rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Tante buone pratiche per affrontare in maniera chiara e pragmatica il fenomeno delle migrazioni. Perché, se si vuole, le soluzioni si trovano. Dai visti umanitari o per motivi di studio ai programmi di sponsorship, dai canali umanitari ai ricongiungimenti familiari, dalla regolarizzazione di chi vive da tempo in un Paese di accoglienza senza documenti fino alla cittadinanza secondo lo ius soli. Sono le tante proposte e indicazioni contenute nel Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e rifugiato che sarà celebrata il 14 gennaio 2018 in tutte le chiese.
Il Papa ha già spiegato in passato il significato di questi quattro verbi. Cosa c’è di nuovo nel messaggio?
Nel messaggio vengono date indicazioni molto pratiche su come esplicitare questi verbi nel contesto attuale. Una serie di azioni e proposte che nascono dalle buone pratiche della Chiesa cattolica in diversi contesti. Buone pratiche come ampliare canali legali e sicuri per tutti i migranti attraverso i visti umanitari, i programmi di sponsorship, i canali umanitari, i visti di studio per giovani rifugiati che vivono nei campi. Soprattutto c’è un appello molto chiaro perché la Chiesa si impegni a proporre queste buone pratiche in tutto il mondo, con un coinvolgimento diretto da parte delle Conferenze episcopali e dei movimenti cattolici nel sensibilizzare le comunità ai due Global compacts (patti globali) che verranno firmati nel secondo semestre 2018 dalla comunità internazionale: uno sui migranti internazionali e l’altro sui rifugiati. In questo processo la Chiesa cattolica è chiamata ad essere più attivamente presente. Questi principi fanno riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, ma La Sezione Migranti e Rifugiati si trasformano in buone pratiche e indicano soluzioni a pro- è un piccolo e dinamico reparto blematiche presenti.
È quindi un messaggio molto concreto.
Certamente. È un messaggio che spiega nel dettaglio tutti quei canali che possono essere aperti o ampliati (per chi lo sta già facendo). Ad esempio il canale della riunificazione familiare, un diritto che la Chiesa ha sempre promosso, sarebbe una via interessante attraverso la quale molte persone potrebbero arrivare in modo sicuro e legale nel nostro Paese.
vaticano diretto personalmente da Papa Francesco. Egli crede che siano necessari sforzi ed attenzioni particolari per garantire che chi è costretto a fuggire non sia chiuso fuori o lasciato indietro.
Cosa implica il verbo “proteggere” riferito ai migranti?
Il Papa accenna all’importanza di proteggere i migranti fin dalla partenza sia durante il transito, offrendo loro tutte le informazioni necessarie per decidere se partire o no, dove e come andare. Poi nel Paese di arrivo attraverso le missioni diplomatiche e quelle forme di protezione e assistenza fornite dalla società e dai governi locali, provvedendo a dare informazioni perché possa-
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Adeste 2018/7°-3 no permanere in situazione regolare o regolarizzare la loro posizione.
E il verbo “promuovere”?
A livello di promozione si chiede il riconoscimento delle capacità e delle competenze dei migranti con la convalida di titoli di studio e professionali, perché queste persone possano offrire il meglio e possano approfondire la loro istruzione, sia secondaria, terziaria o all’università. Che possano veder riconosciute le loro professionalità in modo che possa essere un contributo e una opportunità di sviluppo per i Paesi che li ricevono. Riconoscere, inoltre, ai migranti e ai rifugiati che permangono per lungo tempo un facile canale di nazionalizzazione. Per chi è nei Paesi da 20 o 30 anni in permanenza irregolare si può cercare una facile soluzione, con formule di regolarizzazione straordinaria che in qualche Paese sono state già previste.
Un tema che riguarda la cittadinanza e – in Italia – l’acceso dibattito sullo ius soli…
La Chiesa italiana ha esplicitato molto chiaramente la posizione: ogni bambino che nasce deve avere una nazionalità, sia quella dei genitori (qualora lo prevedano e utilizzino i canali adeguati allo scopo) oppure riconosciuta dallo Stato. Come Chiesa cattolica continuiamo ad insistere sul fatto che la cittadinanza non è un diritto necessariamente regalato. I diritti ius sanguinis e ius soli possono coesistere, come già avviene in molti Paesi. Dipende semplicemente dalla volontà di mettersi in gioco. Una considerazione personale: in questi casi è sempre opportuno insistere non tanto sul diritto ma sul fatto che appartenere ad una nazione è una scelta personale e responsabile. Da questa scelta derivano una serie di doveri e responsabilità di partecipazione, di crescita, di sviluppo del Paese in cui si ha deciso di vivere. Non è soltanto un passaporto ma è prendersi un impegno con un luogo, con un territorio. Non è dire: “Puoi o non puoi”, ma: “Se vuoi, tieni presente che c’è una certa responsabilità da assumere”.
Ma c’è chi teme di perdere l’identità italiana od europea o si sente invaso…
Sono temi che riguardano le singole Conferenze episcopali. A livello globale la paura dell’invasione è data dalla non conoscenza e ignoranza rispetto a quelli che bussano alle porte. Dipende sempre dalle percezioni, che dal mio punto di vista personale debbono sempre essere considerate in modo molto serio, perché la percezione determina la scelta. Bisogna lavorare moltissimo sull’educazione, sulla cultura dell’incontro, fornendo dati reali. L’andare verso l’altro non è necessariamente naturale: nel bambino è molto più presente ma nell’adulto c’è spesso una remora perché nell’incontro con l’altro teme di perdere qualcosa. L’esperienza della storia – io sono uno storico – ci insegna invece che le civiltà sono nate proprio dall’incontro tra diversi popoli: nel momento in cui si sono aperti, non quando si sono chiusi.
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Non è grossa, non è pesante la valigia dell’emigrante… C’è un po’ di terra del mio villaggio, per non restar solo in viaggio… un vestito, un pane, un frutto e questo è tutto. Ma il cuore no, non l’ho portato: nella valigia non c’è entrato. Troppa pena aveva a partire, oltre il mare non vuole venire. Lui resta, fedele come un cane. nella terra che non mi dà pane: un piccolo campo, proprio lassù… Ma il treno corre: non si vede più. Di GIANNI RODARI 4
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I REGISTRI PARROCCHIALI. La fonte anagrafica pià antica
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L’obbligatorietà della compilazione di vari registri parrocchiali (Nascite e Matrimoni) fu decretata durante il Concilio Ecumenico di Trento in data 11 Novembre 1563. Ogni parroco doveva annotare in libri separati i battesimi e i matrimoni; la norma fu estesa anche ai morti con successive costituzione pontificie. Ciascun parroco, poi, aveva l’obbligo di redigere uno “stato delle anime” dei propri amministrati ed un registro per le “confermazioni” (cresime). In Italia questi registri costituiscono l’unica registrazione continuativa dei nati nel periodo anteriore all’istituzione dello stato civile. Se si va all’anagrafe comunale i primi registri delle nascite li si trova solo a partire dal 1867.
Il giorno della nascita a questo mondo tutti la conoscono e la festeggiano. L'anniversario di nozze, di ordinazione o professione religiosa è noto e altrettanto celebrato. Ma la data più importante di tutte, la data del battesimo, è spesso affidata all'oblio. Il sito di padre Finigan ci rammenta , in alcuni post recenti, che il ricordo annuale del proprio battesimo è talmente importante che la Chiesa Cattolica permette in tale giorno di ricevere l'indulgenza plenaria, a quanti pentiti, confessati e comunicati e devotamente offrendo preghiere per le intenzioni del Papa, rinnovano le promesse battesimali. L'enchiridion delle indulgenze così recita: Votorum baptismalium renovatio (Rinnovazione delle promesse battesimali) Si concede l'indulgenza parziale al fedele che rinnova con qualsiasi formula i voti battesimali; l'indulgenza sarà invece plenaria se la rinnovazione è fatta nella celebrazione della Veglia Pasquale o nell'anniversario del proprio battesimo.
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na scuola informale ma accogliente e rigorosa: è nata 10 anni fa dall'impegno di Eraldo Affinati (insegnante e scrittore) e di sua moglie Anna Luce Lenzi. I professori sono docenti, pensionati, ragazzi italiani e non; gli allievi sono minori spesso non accompagnati e migranti anche meno giovani che apprendendo la lingua italiana cercano di porre le basi per un futuro meno difficile. La Penny Wirton (dal nome del protagonista di un romanzo di Silvio D'Arzo) è una associazione che ha generato a Torino e in diverse località della Calabria realtà analoghe, egualmente finalizzate all'insegnamento dell'italiano a stranieri seguendo un metodo informale ma operando con continuità di metodo e con simile passione. Un'esperienza di condivisione di un sapere molto concreto che coinvolge volontari di tutte le età, mettendo in relazione rappresentanti di generazioni differenti e facendo sì che il processo di integrazione sia compiuto allo stesso modo dagli stranieri e dagli italiani. Si tratta di un percorso di insegnamento che non avviene secondo la classica strutturazione di “gruppi-classe” ma mediante un inserimento quasi a tu per tu: per ogni docente ci sono al massimo due o tre allievi, spesso uno. Nel ruolo di docenti, Affinati è riuscito a coinvolgere giovani di seconda generazione magari nati in Italia da genitori stranieri e studenti italiani che nel loro cammino scolastico incontrano anche difficoltà vere. Per questi ultimi la Penny è un'occasione di assunzione di responsabilità e offre l'oro l'opportunità di mettersi alla prova sperimentando panni, quelli dei docenti, a loro sconosciuti. «Cerchiamo di dare a ognuno ciò di cui necessita», spiega lo scrittore che aggiunge: «i nostri sono docenti speciali. Non ricevono un euro, non firmano registri e non bocciano mai». Testimoniano l'accoglienza che genera benessere 6
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Parla Eraldo Affinati , insegnante e scrittore, fondatore con la Moglie Anna Luce Lenzid della scuola Penny Wirton: a scuola Penny Wirton, naturalmente, tenta di realizzare tutto questo. «La nostra Penny Wirton è una scuola gratuita di italiano per immigrati, che si basa sull’uno a uno, sul rapporto diretto docente-studente: niente classi, ma tanti ragazzi con altrettanti professori e professoresse. In più abbiamo anche i liceali italiani, studenti italiani che con il metodo peer to peer insegnano l’italiano ai loro coetanei immigrati. E anche tutto questo significa recuperare Don Milani. Lo scenario diventa così quello di uno spettacolo antropologico unico, in cui un giovane italiano parla e insegna il verbo essere e avere a un giovane di origini straniere che viene da un centro di pronta accoglienza. Ecco, in questi momenti mi rendo conto fino a che punto Don Milani sia ancora vivo. Però dobbiamo lavorare per questo, perché non è facile superare i pregiudizi e gli stereotipi, smettendo di credere che la nostra identità sia una cassaforte chiusa a riccio. C’è bisogno di un lavoro umano da compiere: ma se non facciamo questo, delegando tutti ai politici, la società non va avanti. Non possiamo delegare tutto alla classe politica: loro devono scrivere i regolamenti, d’accordo, ma noi poi dobbiamo vivere, dobbiamo impastarci con queste persone». A tutti è messo a disposizione, per l'uso durante le lezioni, il manuale Italiani anche noi, costruito sull'osservazione e la pratica con i nostri studenti dei primi corsi. A tutti viene fornito il materiale didattico lezione per lezione. Alla scuola Penny Wirton si impara: - a parlare e scrivere in lingua italiana per capire e farsi capire sempre più; - a prendere confidenza e fare amicizia tra noi tutti; - a conoscere i diritti e i doveri di chi vive in Italia; a capire un po' meglio la cultura italiana e a raccontare la propria.
http://www.eraldoaffinati.it/ pennywirton.asp
http://www.scuolapennywirton.it 7
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“Il maestro Manzi ci insegnava la vita”. A tu per tu con l’ex allieva
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Alberto Manzi
(Roma, 3 novembre 1924 – Pitigliano, 4 dicembre 1997) è stato un docente, pedagogista, personaggio televisivo e scrittore italiano, noto principalmente per aver condotto la fortunata trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi, messa in onda fra il 1960 e il 1968, il cui successo fu tale che, successivamente, venne riprodotta all'estero in ben 72 Paesi, e riuscí a far prendere a quasi un milione e mezzo di italiani la licenza elementare
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Adeste 2018/7°-3 Ri-PROPONIAMO PERCHE’ ANCORA ATTUALE, UNA INTERVISTA DEL 2012 AL METROPOLITA ORTODOSSO RUMENO SILUAN, IN TEMA DI ECUMENISMO IN ITALIA FRA CATTOLICI E ORTODOSSI. ROMA, giovedì, 26 gennaio 2012 (ZENIT.org).- Il dialogo ecumenico negli ultimi anni a fatto grandi passi avanti, in particolare tra i fedeli. Dopo il crollo dei regimi comunisti, sono stati moltissimi i fedeli ortodossi che sono emigrati in Europa. In questo contesto la Chiesa cattolica ha dimostrato una grande apertura e disponibilità. Le famiglie italiane hanno affidato nonni e i figli a badanti di religione ortodossa con il risultato che spesso pregano insieme. Una apertura senza precedenti, che ha superato le diffidenze. Un risultato incredibile che il solo dialogo teologico non avrebbe mai raggiunto. E’ quanto ha spiegato monsignor Siluan Span, primo vescovo della neo costituita Diocesi Ortodossa Romena, intervistato da ZENIT alla fine dei Vespri nella basilica romana di San Paolo fuori le Mura. A che punto si trova il dialogo ecumenico tra cattolici e ortodossi? Sua Ecc. Siluan: Credo che malgrado qualche voce che dice che il dialogo ecumenico sia in crisi, in realtà ci sono significativi passi in avanti. Negli ultimi 15 anni, i cristiani dell’Oriente europeo, di Romania, Bulgaria, Russia, e in particolare dei Paesi che sono entrati nell’Unione Europea, hanno conosciuto in maniera diretta la realtà dei paesi occidentale. Dobbiamo dire che la Chiesa cattolica in Italia, Spagna e negli altri Paesi ha manifestato una apertura e una disponibilità che è stata molto apprezzata dalle Chiese dell’Oriente e dalla Chiesa ortodossa. Che tipo di rapporti si sono creati? Sua Ecc. Siluan: Io parlo per la Chiesa ortodossa romena e vedo che si sono sviluppati rapporti che sono diversi da quelli del passato, nel senso che la badante romena incontra la famiglia italiana nella sua realtà. E’ un ecumenismo di base che non è mai stato così. La famiglia italiana ha fiducia di far assistere ad una romena non solo la nonna e il nonno ma anche i suoi bambini. Sono frequenti situazioni in cui le persone anziane di fede cattolica fanno leggere il breviario alla badante rumena di fede ortodossa. Pregano insieme, e posso testimoniare di molte badanti che mi chiedono di pregare per le persone che hanno in cura. 10
Cattolici e ortodossi uniti nella pratica quotidiana? Sua Ecc. Siluan: Proprio così. Questa preghiera gli uni per gli altri, questa fede, diciamo domestica, è un inizio di vicinanza e di dialogo più profondo di quello delle commissioni di più alto livello. Un rapporto di vicinanza e dialogo anche tra i nostri parroci e quelli cattolici, i quali ospitano la maggior parte delle nostre comunità in Italia. Si tratta di una collaborazione molto importante. In alcune chiese la comunità cattolica prega al mattino e alle 10 o alle 11 prega la comunità ortodossa. Vediamo la presenza dei cattolici italiani al battesimo dei bimbi nelle nostre chiese. Ci sono poi tante coppie miste italo-romene e romeno-italiane. Quindi c’è un tipo di dialogo e integrazione che non ha precedenti nella storia. Cosa è stato determinante per questo cambiamento? Sua Ecc. Siluan: Dobbiamo dire che sotto il regime comunista i rumeni non hanno avuto la libertà di viaggiare, conoscere e frequentare i cattolici. C’era solo un rappresentante della Chiesa Ortodossa che usciva una o due volte l’anno e non era libero di dire quello che pensava. Invece in questi ultimi quindici o vent’anni si sono creati dei rapporti che non hanno precedenti. E tra i religiosi? Sua Ecc. Siluan: Anche se ci sono dei momenti e luoghi nel quale il dialogo è in crisi i rapporti sono maturati, vedo gli incontri con i monaci cattolici, sacerdoti o vescovi, che ho conosciuto 20 anni fa in Francia, Oggi ci incontriamo come dei vecchi amici. No c’è diffidenza. Mentre durante i primi incontri avevamo imparato dai libri e dai quaderni, con un atteggiamento critico. Così non era facile dialogare. Poi si è iniziato piano, piano, a conoscerci tra le persone, a dialogare, a incontrarsi, a condividere tanti momenti della vita. Condividere è fondamentale, il cibo per esempio, fa superare delle diffidenze che non si potevano eliminare discutendo solo di argomenti teologici.
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Federico Fellini: Nell'olimpo dei migliori registi di sempre, al punto che l'aggettivo felliniano ovunque rievoca scene immortali che hanno fatto la storia della settima arte. Nato a Rimini e morto a Roma nel 1993, dimostrò il suo sconfinato estro inizialmente come vignettista del quindicinale Marc'Aurelio, la principale rivista satirica italiana, e poi come autore alla radio. Il battesimo con il set avvenne come sceneggiatore, dapprima di diversi film di Aldo Fabrizi, successivamente di due manifesti del neorealismo, "Roma città aperta" e "Paisà" (per i quali ebbe due nomination all'Oscar), firmati da Roberto Rossellini. Dopo il debutto alla regia con Luci del varietà (1950), impose la sua poetica visione del cinema, proiettando la cara realtà di provincia in un universo onirico e indefinito. Da "I vitelloni" (Nastro d'argento come "miglior regista") del 1953 ad Amarcord (premio Oscar come "miglior film") del 1973, passando per la La dolce vita e 8½, suo capolavoro assoluto. Oltre a cinque premi Oscar (l'ultimo alla carriera nel 1993, poco prima di morire), conquistò la Palma d'oro al Festival di Cannes e nel 1985 il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.
Un film sulla purezza, sull'innocenza, sulla cattiveria, sull'infanzia. Non a caso è stato portato ad esempio da Jorge Mario Bergoglio durante l'incontro con circa 7 mila tra circensi, giostrai, domatori, artisti di strada, madonnari. «Voi non potere immaginare il bene che fate: un bene che si semina», ha detto il Papa. «Quando suonavano quella bella musica del film “La strada”, io ho pensato a quella ragazza che, con la sua umiltà, il suo lavoro itinerante del bello, è riuscita ad ammorbidire il cuore duro di un uomo che aveva dimenticato come si piange. E lei non lo ha saputo, ma ha seminato! Voi seminate questo seme: semi che fanno tanto bene a tanta gente che voi, forse, mai conoscerete… Ma siate sicuri: voi fate queste cose. E grazie di questo, grazie!» In altra occasione Papa Francesco cita il pensiero che il Matto, l’attore Richard Basehart, rivolge a Gelsomina in una scena chiave del film: « – Tu non ci crederai, ma tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì, per esempio. – Quale? – Questo… Uno qualunque… Be’, anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto. – E a cosa serve? – Serve… Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei? – Chi? – Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché, se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa». 11
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Sant’Antonio Abate è storicamente considerato il fondatore del monachesimo cristiano, ovvero uno stile di vita più essenziale, fatto di rinunce materiali in favore di un’esistenza maggiormente spirituale. Il santo, di origini egiziane, è anche il primo degli abati, ovvero creatore di una realtà monastica costituita solitamente da un minimo di dodici unità all’interno di un monastero. Grazie a lui hanno preso il via le realtà dei monaci con le varie diversificazioni per famiglie, con la presenza di un capo o padre spirituale noto come Abbà. È conosciuto anche come Sant’Antonio del purcell, Sant’Antonio il Grande, Sant’Antonio d’Egitto, Sant’Antonio del Fuoco, Sant’Antonio del Deserto e Sant’Antonio l’Anacoreta. Si festeggia di il 17 gennaio per la chiesa cattolica e luterana, mentre la chiesa ortodossa lo celebra il 31 dello stesso mese È nato a Coma nel 251, da una famiglia piuttosto benestante, impiegata nell’agricoltura. Ma la dipartita dei genitori in giovane età l’ha costretto, appena ventenne, a riordinare la propria esistenza. Con un’attività da gestire, un patrimonio da coordinare e una sorella più piccola da accudire, ha preso in mano le redini della situazione preferendo però un percorso più essenziale e spirituale. Dopo aver affidato la sorella a una comunità femminile, donando tutto ai poveri, si è immerso in un’esistenza solitaria e di sola preghiera. Tra dubbi e scelte più radicali, Sant’Antonio ha condotto una vita di quasi totale povertà, rifuggendo tentazioni fisiche e materiali, scegliendo luoghi ritirati e poco accessibili come grotte e fortini, nutrendosi della carità della gente che lo seguiva ma scappando dal demonio. Con il tempo si è dedicato alle guarigioni e alla liberazione dal demonio: i seguaci hanno creato due comunità differenti vivendo sempre in povertà e conducendo un’esistenza ritirata dedita alla preghiera. La corrente creata dal santo, l’anacoretismo, è la rappresentazione delle sue scelte. L’uomo morì ultracentenario, dopo aver scansato persecuzioni e tentazioni. Le rappresentazioni iconografiche del santo lo vedono quasi sempre anziano con barba bianca, in contemplazioni o in viaggio sorretto da un bastone. Spesso in balìa del demonio ma di sovente accanto ad animali domestici. Sant’Antonio Abate svolge il ruolo di protettore di questi esemplari, perciò nei dipinti è spesso affiancato da un maiale con una campanella legata al collo. Con San Francesco condivide il ruolo di protettore degli animali, ma anche dei contadini, dei macellai e dei salumai, anche se il santo di Assisi tutela tutti gli esemplari di Madre Natura. Alla celebrazione di Sant’Antonio Abate, che come anticipato si festeggia il 17 gennaio, è legata la benedizione delle stalle. Secondo un’antica tradizione veneta, durante la festività gli animali acquisirebbero la facoltà di parlare e discutere, caratteristica che permetteva l’allontanamento degli allevatori dalle stalle. Ascoltare gli animali parlare garantiva un pessimo presagio. Sempre il 17 di gennaio, per celebrare il santo, in moltissime regioni si accendono falò e pire. Tradizioni antiche legate alla coltivazione, ma anche al risveglio della natura, utili a propiziare l’arrivo della bella stagione e di un raccolto rigoglioso.
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esù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Le prime parole di Gesù che il Vangelo di Giovanni registra sono sotto forma di domanda. È la pedagogia di quel giovane rabbi, che sembra quasi dimenticare se stesso per mettere in primo piano quei due giovani, quasi dicesse loro: prima venite voi. Amore vero mette sempre il tu prima dell’io. Anche all’alba di Pasqua, nel giardino appena fuori Gerusalemme, Gesù si rivolgerà a Maria di Magdala con le stese parole: Donna, chi cerchi? Le prime parole del Gesù storico e le prime del Cristo risorto, due domande uguali, rivelano che il Maestro dell’esistenza non vuole imporsi, non gli interessa stupire o abbagliare o indottrinare, ma la sua passione è farsi vicino, porsi a fianco, rallentare il passo per farsi compagno di strada di ogni cuore che cerca. Che cosa cercate? Con questa domanda Gesù non si rivolge all’intelligenza, alla cultura o alle competenze dei due discepoli che lasciano Giovanni, non interroga la teologia di Maddalena, ma la sua umanità. Si tratta di un interrogativo al quale tutti sono in grado di rispondere, i colti e gli ignoranti, i laici e i religiosi, i giusti e i peccatori. Perché lui, il maestro del cuore, fa le domande vere, quelle che fanno vivere: si rivolge innanzitutto al desiderio profondo, al tessuto segreto dell’essere. Che cosa cercate? significa: qual è il vostro desiderio più forte? Che cosa desiderate più di tutto dalla vita? Gesù, che è il vero maestro ed esegeta del desiderio, ci insegna a non accontentarci, insegna fame di cielo, «il morso del più» (L. Ciotti), salva la grandezza del desiderio, lo salva dalla depressione, dal rimpicciolimento, dalla banalizzazione. Con questa semplice domanda: che cosa cercate? Gesù fa capire che la nostra identità più umana è di essere creature di ricerca e di desiderio. Perché a tutti manca qualcosa: infatti la ricerca nasce da una assenza, da un vuoto che chiede di essere colmato. Che cosa mi manca? Di che cosa mi sento povero? Gesù non chiede per prima cosa rinunce o penitenze, non impone sacrifici sull’altare del dovere o dello sforzo, chiede prima di tutto di rientrare nel tuo cuore, di comprenderlo, di conoscere che cosa desideri di più, che cosa ti fa felice, che cosa accade nel tuo intimo. Di ascoltare il cuore. E poi di abbracciarlo, «di accostare le labbra alla sorgente del cuore e bere» (San Bernardo). I padri antichi definiscono questo movimento: il ritorno al cuore: «trova la chiave del cuore. Questa chiave, lo vedrai, apre anche la porta del Regno» (San Giovanni Crisostomo). Che cosa cercate? Per chi camminate? Io lo so: cammino per uno che fa felice il cuore. Padre Ermes Ronchi 13
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C. +Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Disponiamo il nostro cuore all’ascolto della Parola di Dio. Essa trovi in noi terreno favorevole per produrre frutto e generare la risposta adeguata agli inviti del Signore. Riconosciamo che siamo peccatori e chiediamo perdono delle nostre mancanze di ascolto, di attenzione, di carità nei confronti di Dio e dei fratelli. Breve pausa di riflessione personale C..A. Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo: Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre. Amen COLLETTA C. O Dio, che riveli i segni della tua presenza nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli, fà che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua
parola, per riconoscere il tuo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal primo libro di Samuele. In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R. Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà. Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, una lode al nostro Dio. R/. Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo». R/. «Nel rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». R/. Ho annunciato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi: non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. R/. Seconda Lettura
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo! Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo ALLELUIA «Abbiamo trovato il Messia»: la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.ALLELUIA C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo GIOVANNI A. Gloria a te o Signore VANGELO In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro. Parola del Signore. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Si-
Adeste 2018/7°-3 gnore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. A. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, l’apostolo Andrea annuncia al fratello Pietro: «Abbiamo trovato il Messia». Anche noi lo incontriamo in questa celebrazione: presentiamogli le nostre domande, rivolgiamogli la nostra preghiera per i poveri, i perseguitati perché la sequela di Cristo non venga rallentata dalle difficoltà, ma sia vissuta con impegno e decisione. Preghiamo insieme e diciamo: Si compia in noi la tua Parola, Signore. Per la Chiesa di Cristo: riconosca sempre il primato della Parola di Dio accogliendola e donandola al mondo come sola forza capace di convertire i cuori degli uomini; preghiamo. Per quanti hanno in mano le sorti del mondo: nell’esercizio del loro potere, promuovano leggi giuste e sagge, mirate al rispetto e all’edificazione vicendevole tra tutti i popoli, dove la pace ed il bene comune siano l’emblema di ogni uomo e donna del pianeta; preghiamo. Per tutti i cristiani: attenti ai segni dei tempi sappiano dare risposte vere ai problemi quotidiani degli uomini e della storia; preghiamo. Per tutti i ragazzi, gli adolescenti, i giovani: si sentano disponibili, come Samuele, nei confronti di Dio per scoprire la loro vocazione nella disponibilità a rispondere con gioia alla chiamata del Signore;
preghiamo. Per tutti i battezzati: nell’odierna giornata mondiale del migrante e del rifugiato sappiano ravvivare l’impegno ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare quanti lasciano le loro terre di disperazione alla ricerca di un futuro e di una vita migliore; preghiamo. C – Signore, tu sei attento al grido delle tue creature e di quanti in te confidano. Ascolta anche la preghiera di noi che abbiamo accolto l'invito a seguirti. Tu vuoi che tutti gli uomini formino una sola famiglia. Rendici capaci di riconoscerti sempre come nostra salvezza e liberazione. Per Cristo nostro Signore..A.Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Concedi a noi tuoi fedeli, Signore, di partecipare degnamente ai santi misteri perché, ogni volta che celebriamo questo memoriale del sacrificio del tuo Figlio, si compie l'opera della nostra redenzione. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. In ogni tempo tu doni energie nuove alla tua Chiesa e lungo il suo cammino mirabilmente la guidi e la proteggi. Con la potenza del tuo Santo Spirito le assicuri il tuo sostegno, ed essa, nel suo amore fiducioso, non si stanca mai d'invocarti nella prova, e nella gioia sempre ti rende grazie per Cristo Signore nostro. Per mezzo di lui cieli e terra inneggiano al tuo amore; e noi, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo senza fine la tua gloria: Santo, Santo, Santo C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta.
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DOPO LAPREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. Infondi in noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché nutriti con l'unico pane di vita formiamo un cuor solo e un'anima sola. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio
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