Adeste 2018/7°-4
IL 27 GENNAIO SI CELEBRA IL GIORNO DELLA MEMORIA.
In quel freddo giorno del 1945 le Forze Alleate liberarono il campo di prigionia di Auschwitz dai tedeschi. L'INFERNO IN TERRA - Al di là di quel cancello apparve l’inferno: il mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo e conobbe la scioccante realtà dello sterminio. Il Giorno della Memoria rappresenta oggi un atto di riconoscimento di questa storia. ORRORE SENZA FINE - Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, ci fu il più grande campo di sterminio di quella sofisticata macchina tedesca denominata "soluzione finale del problema ebraico". Da quel momento Auschwitz, composta da diversi campi come Birkenau e Monowitz ed estesa per chilometri, significò una sola parola: morte. Il 27 gennaio è il giorno in cui si ricorda il dramma della Shoah e la barbarie di tutti i genocidi perpetrati dal Nazismo. PER NON DIMENTICARE - Si stima che nel campo morirono da 1 a 1,5 milioni di persone, in maggioranza Ebrei. Questo giorno deve essere una presa di coscienza collettiva delle barbarie condotte dall'uomo, del punto fino al quale si è spinto nel nome di un'ideologia perversa e assassina. Non deve essere animato dalla pietà per i morti ma dalla consapevolezza di ciò che accadde. Per non dimenticare, per fare in modo che ciò non si ripeta mai più.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA HA NOMINATO LILIANA SEGRE SENATRICE A VITA “per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”. Nel 1944 Segre fu internata nel campo di concentramento di Auschwitz, dove rimase per circa un anno prima di essere liberata. Segre, che ha 87 anni, sarà la quinta senatrice a vita nominata da un Presidente della Repubblica nell’attuale Senato, dopo Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia. Liliana Segre, nata a Milano nel 1930 in una agiata famiglia di origine ebraica e rimasta orfana di madre da giovanissima, fu arrestata nel 1943 mentre con suo padre cercava di scappare in Svizzera per fuggire alle leggi razziali e alle deportazioni. Respinti al confine, Liliana Segre e suo padre Alberto furono detenuti a Como e Milano, da dove – con uno dei treni che partivano dal binario sotterraneo della stazione Centrale – nel gennaio del 1944 fu trasferita nel campo di concentramento nazista di Auschwitz, in Polonia. Quando arrivò ad Auschwitz, Segre aveva 13 anni: fu separata da suo padre, che fu immediatamente ucciso insieme alla maggior parte delle circa 600 persone che avevano viaggiato con loro. Tatuata con il numero di riconoscimento 75190, Liliana Segre venne assegnata ai lavori forzati in una fabbrica che produceva munizioni. Rimase ad Auschwitz fino al gennaio del 1945, quando i tedeschi in ritirata costrinsero gli 80.000 prigionieri del campo di concentramento a marciare fino in Germania. Segre fu internata nel campo di concentramento di Malchow, dove il 30 aprile del 1945 fu liberata dall’esercito sovietico. Tornata in Italia, Segre andò a vivere con i nonni materni, gli unici membri della sua famiglia ad essere sopravvissuti: si sposò nei primi anni Cinquanta ed ebbe tre figli. Per molto tempo e fino ai primi anni Novanta, Segre non parlò pubblicamente della sua esperienza nei campi di concentramento, da quel momento ha collaborato a diversi eventi e documentari sull’olocausto, andando spesso a raccontare la sua esperienza nelle scuole in occasione del Giorno della Memoria.
2
Adeste 2018/7°-4
S
afran, Alexandre 12.9.1910 Bacău (Romania), 27.7.2006 Ginevra, isr., cittadino rumeno, dal 1962 di Ginevra, cittadino onorario di Bacău. iglio di Bezalel Zeev, rabbino. ∞ (1936) Sara Reinharz, figlia di Jacob, commerciante, di Iaşi (Romania). Dopo studi con il padre, si formò come rabbino all'Ist. teol. isr. e studiò filosofia all'Univ. di Vienna (1930-33), conseguendo il dottorato. Rabbino a Bacău (1935), fu attivo come pubblicista per la stampa rumena in lingua jiddisch e nel 1940 venne eletto rabbino capo di Romania. Membro d'ufficio del Senato rumeno, si impegnò in favore degli ebrei perseguitati intervenendo di persona presso le più alte autorità statali ed ecclesiastiche. Tramite René de Weck, ministro di Svizzera, intrattenne contatti con l'estero e contribuì a salvare quasi la metà degli ebrei rumeni (ca. 347'000 persone) dallo sterminio. Espulso dal nuovo governo comunista (1947), fu nominato rabbino capo dalla comunità isr. di Ginevra. Insegnò filosofia della religione ebraica all'Univ. di Ginevra. Fu uno degli interlocutori isr. al Concilio Vaticano II (1965) ed ebbe contatti con il cardinale Augustin Bea, i filosofi Paul Ricœur e Jacques Maritain, Karl Barth e il vescovo Pierre Mamie. Fu autore di opere di mistica, filosofia ed etica ebraiche e insegnò anche in Francia. Nel 1995 venne riabilitato dalla Romania. Fu il più importante rabbino della Svizzera franc.
I
Il Rabbino Safran, testimone che Papa Pio XII fu parte attiva per il salvataggio di migliaia di ebrei dalla deportazione
l 7 aprile 1944 Alexandru Safran gran rabbino di Romania scriveva una lettera ad Andrea Cassulo nunzio apostolico nel Paese danubiano dal 1936 al 1947, esprimendogli la sua «gratitudine rispettosa» per quanto era stato fatto da Papa Pio XII, e per il suo personale impegno di incaricato diplomatico «in favore degli ebrei di Romania e di Transnistria» durante la persecuzione nazista. Una frase alludeva esplicitamente all'azione esercitata dal nunzio apostolico nell'autunno del 1942: «Nelle ore più difficili che noi, ebrei di Romania abbiamo passato — diceva Safran — l'appoggio generoso della Santa Sede tramite la vostra alta personalità è stato decisivo e salutare». Il concetto sarebbe stato ribadito con forza da Safran in un'intervista rilasciata al giornale «Mântuirea» il 27 settembre 1944: «I passi di sua Eccellenza sono stati decisivi nei frangenti più pericolosi della nostra vita. Quando la situazione pareva ormai senza speranza il suo prestigioso intervento poneva fine alla sciagura che si annunciava. Due anni fa, durante quelle giornate terribili — proseguiva il rabbino Safran — (...) l'atteggiamento di Sua Eccellenza, con la sua alta autorità morale, ci ha salvato. Con l'aiuto di Dio egli è riuscito a far cessare le deportazioni. Non dimenticherò mai il tenore drammatico delle mie discussioni con Sua Eccellenza in quei giorni d'autunno — sottolineava infine Safran. “Coraggio, coraggio” erano le parole che mi rivolgeva mentre ci separavamo». 3
Adeste 2018/7°-4
servito agli esseri umani ricordare eventi luttuosi per evitare il ripetersi di questi eventi? No. Con l’andare del tempo la ferocia è aumentata, la capacità di uccidere o di torturare è diventata sempre più diffusa e a portata di tutti. È servito all’umanità dimenticare quegli eventi, non saperne più nulla, ignorarli, come se mai fossero accaduti? È servito sapere che sono avvenuti e far finta che non sia successo nulla? No. Allora la natura umana, la propensione alla violenza, alla ferocia, all’assassinio è ineliminabile, la civiltà non avanzerà mai, nel diventare meno crudele, meno violenta, meno egoista? Rassegnarsi a un’idea simile sarebbe terribile. Non riconoscerne la realtà e andare avanti alla cieca è altrettanto vano e illusorio. Ed è probabilmente per questo che è nata la decisione di dedicare almeno un giorno dell’anno al ricordo degli orrori messi in atto oltre settant’anni fa, all’epoca in cui sono nati i genitori di uomini che oggi hanno circa trent’anni. E le vittime a quell’epoca erano i nonni di quei trentenni, i loro zii, i cugini. Ora i mezzi di comunicazione di massa sciorinano ogni giorno numeri spaventosi sugli esseri umani uccisi il giorno prima. Ne parlano come di noccioline, a volte ne esagerano la portata soltanto per incutere orrore e paura, non per offrire una possibile maniera di far cessare i massacri o per offrire una conoscenza obiettiva dei fatti. Molte cose vengono falsificate in una direzione o nell’altra. Si mostrano feretri, corpi dilaniati soltanto come simboli, non come corpi di persone umane esistite, ciascuna con la sua storia, lo svolgersi della sua vita tra tanti stenti, tanto faticare, tanto gioire, tanto pensare, tanto piangere. Ovviamente nulla di questo è volto a migliorare l’uomo, a impedire il ripetersi, l’estendersi del male, della violenza, degli eccidi. Tutto questo mette fortemente a repentaglio l’utilità vera dei Giorni della Memoria, del moltiplicarsi di monumenti eretti per rammentare lotte, sacrifici, ideali. Che cosa si può fare per impedire che in questo modo tutto finisca in retorica, in vuoti cerimoniali consumati in un giorno, per continuare, nei rimanenti 364 giorni dell’anno a perpetrare gli stessi delitti, gli stessi abusi e le stesse violenze appena ricordati? Sarebbe meglio allora creare Giorni dell’Oblio? O usanze comuni per dimenticare, come si fa a San Pietroburgo dove si festeggiano matrimoni con tanto di spumante e calici, nel grande cimitero in cui sono seppelliti i cinquecentomila morti periti durante l’assedio della città per opera dell’esercito nazista? Nobile cerimonia in onore della vita che continua, ma è quella la strada giusta per il ricordo? Può anche darsi. Però occorre pure ricordare quei morti che si avviavano verso le camere a gas di Auschwitz cantando preghiere. Lì si trattava del progetto di cancellare dalla faccia della Terra un popolo intero additato come portatore di male. C’è la possibilità di rievocare quei delitti senza precedenti nella Storia dell’umanità? Interi popoli sono scomparsi nel fiume spietato del tempo e della Storia, ma non così, cioè come esecuzione di un piano scientifico, meditato, ponderato e preparato fin nei minimi dettagli. Sono passati settant’anni, i ragazzi di oggi non riescono a immaginare nemmeno lontanamente che cosa potesse essere avvenuto nei campi di sterminio dove sono portati in visita, Tutto può essere soltanto una sorta di messa in scena, uno spettacolo allestito apposta. E per giunta ci sono anche gruppi di individui che negano tutto, negano che quegli eventi siano veramente accaduti. Lo negano già da tempo, nonostante gli ultimi sopravvissuti siano ancora oggi tra noi, parlino, si muovano. Fautori di ideologie, gruppi di sedicenti religiosi corrono in aiuto a costoro, allenati come sono alla menzogna. Ricordare o dimenticare, ricordare e condividere quei ricordi con quelli che erano stati gli autori di quei delitti?È il giorno delle tante, infinite domande quello che noi chiamiamo il Giorno della Memoria. Come è potuto accadere quello che ricordiamo? E come dobbiamo ricordarlo? Non sarebbe meglio ricordare, (come fanno gli ebrei durante il Pesach, la Pasqua ebraica) in che modo quel popolo è riuscito a liberarsi dalla schiavitù? Noi viviamo ancora in quella schiavitù, nella schiavitù della violenza, dell’eccidio, del sopruso ufficialmente autorizzato. Quando e come ce ne libereremo? Dobbiamo trovare la strada che ci conduca verso la liberazione da questa schiavitù, o sarà l’intera umanità, non un singolo popolo, a scomparire (Avvenire 21.1.2013 Giorgio Pressburgher)
4
Adeste 2018/7°-4
«Quella mattina entriamo in classe e assisto alla prima sorpresa. Tutti i banchi sono in fila, come sempre. Ma ce ne sono due in un canto, un po’ scostati. Io faccio per sedermi a caso, quando mi arriva alle spalle un professore e mi dice: “No, laggiù per favore”, e indica uno dei banchi messi da parte. Quasi nessuno si accorge di quel che sta accadendo perché c’è il solito trambusto, gli amici cercano di stare insieme, c’è chi cambia idea all’ultimo momento, chi baratta il suo con un altro posto. Alla fine siamo tutti seduti. C’è un attimo di silenzio, finalmente. Ed è in quel momento che, da un banco centrale, si alza un ragazzo. Non è bianco, è un mulatto. Alza la mano, per poter parlare. È il figlio di una principessa eritrea e d’un generale italiano. “Volevo sapere perché quei candidati son tenuti da parte”. Ha una voce sonora, un accento romanesco, ma elegante. Il professore ha un momento d’imbarazzo, ma si riprende. “Sono privatisti”. Il mulatto sorride. “Certo: privatisti. Ma perché sono ebrei, non è vero?”. Questa volta l’imbarazzo del professore è più evidente. Il giovane eritreo non gli dà nemmeno il tempo di dire una parola. “Se è per una questione di razza, nemmeno io sono ariano, come certo non vi sarà sfuggito, non è vero? Perciò, con il suo permesso...”. Ma non aspetta il permesso di nessuno. Prende l’ultimo banco della fila, che era vuoto, e lo spinge verso i nostri, di lato. Allora accade l’imprevedibile, davvero. Tutta la classe si alza, alcuni mi fanno alzare, prendono anche il mio banco. In un niente la classe è tornata normale: tutti i banchi tornano in tre file, noi siamo con gli altri. Il giovane mulatto, prima di sedersi a sua volta, fa un rigoroso inchino al professore. C’è un attimo di silenzio. L’insegnante è turbato. Si leva gli occhiali, passa una mano sugli occhi. Poi, quasi parlando a se stesso, ma lo sentiamo benissimo dal posto, si lascia scappare un: “Vorrei abbracciarvi tutti quanti”». –
5
–
Adeste 2018/7°-4 – –
-
-
-
6
Adeste 2018/7°-4
P
arlando un giorno con un giovane gli ho chiesto che cosa potesse metterlo di cattivo umore. Mi ha detto: ‘Quando al cellulare si scarica la batteria o quando perdo il segnale internet”. È l’aneddoto raccontato dal Papa ai giovani, al santuario di Maipù. “Gli ho chiesto: ‘Perché?'”, ha proseguito Francesco: “Mi ha risposto: ‘Padre, è semplice, mi perdo tutto quello che succede, resto fuori dal mondo, come appeso. In quei momenti, vado di corsa a cercare un caricabatterie o una rete wi-fi e la password per riconnettermi'”. Per il Papa, “può succederci la stessa cosa con la fede”: “Dopo un primo tempo di cammino e di slancio iniziale, ci sono dei momenti in cui, senza accorgerci, comincia a calare la nostra ‘larghezza di banda’ e iniziamo a restare senza connessione, senza batteria, e allora ci prende il cattivo umore, diventiamo sfiduciati, tristi, senza forza, e incominciamo a vedere tutto negativo”. “Quando rimaniamo senza questa ‘connessione’ che dà vita ai nostri sogni – l’analisi di Francesco – il cuore inizia a perdere forza, a restare anch’esso senza carica e, come dice quella canzone, ‘il rumore intorno e la solitudine della città ci isolano da tutto. Il mondo che si capovolge cerca di immergermi in esso annegando le mie idee'”. “Senza connessione, senza la connessione con Gesù, finiamo per annegare le nostre idee, i nostri sogni, la nostra fede e ci riempiamo di malumore”, ha ammonito il Papa: “Da protagonisti – quali siamo e vogliamo essere – possiamo arrivare a pensare che è lo stesso fare qualcosa o non farlo. Rimaniamo disconnessi da ciò che sta accadendo nel mondo. Cominciamo a sentire che restiamo fuori dal mondo, come mi diceva quel ragazzo”. “Mi preoccupa quando, perdendo il ‘segnale’, molti pensano di non avere niente da dare e rimangono come persi”, il grido d’allarme di Francesco: “Non pensare mai che non hai niente da dare o che non hai bisogno di nessuno. Mai”, il consiglio ad ogni giovane. “Quel pensiero, come amava dire Hurtado – ha commentato il Papa citando il santo gesuita – è il consiglio del diavolo che vuole farti credere che non vali nulla… ma per lasciare le cose come stanno. Siamo tutti necessari e importanti, abbiamo tutti qualcosa da dare”. “Ognuno si può chiedere”, il suggerimento a braccio: “Quanto io ho da dare nella vita?”. Se la risposta è “no”, il consiglio del Papa è: “Cerca di trovarlo in fretta, tu hai qualcosa da 7
Adeste 2018/7°-4
IL FASCINO DELLA FOTO GRAFIA “TRADIZIONALE”
-
-
Adeste 2018/7°-4
«Quote più elevate nei concorsi popolari. La scheda a 13 vi porterà fortuna!» Con questo messaggio accattivante, agli amanti della storica schedina viene annunciato che da domenica 21 gennaio, se vorranno portarsi a casa l'intero montepremi, dovranno indovinare tredici risultati e non più dodici. Una piccola grande rivoluzione nel mondo dei pronostici e della lingua italiana, destinata a durare oltre mezzo secolo. Ideata nel 1946 dal giornalista sportivo Massimo Della Pergola e ribattezzata due anni dopo (con la gestione diretta del CONI) Totocalcio, la schedina entra subito nel cuore di migliaia di italiani, che al bar e nelle case si ritrovano a rispettare un rito di speranzosa attesa della domenica calcistica. I loro sogni di riscatto sociale e di una vita migliore sono legati a un numero: il 12. Tante le partite elencate su quel foglietto rettangolare, di cui bisogna azzeccare l'esito finale. Impresa non facile visto che, statistiche alla mano, parliamo di una possibilità su 531.441. Ciononostante, non pochi sul finire del weekend si trovano a gridare «Ho vinto!», per aver centrato dodici o undici risultati. Per questo le quote sono spesso popolari e a cinque anni dal lancio del gioco gli organizzatori pensano a una modifica. Si arriva alla prima giornata del girone di ritorno del campionato di serie A 1950/51, in cui fa la sua comparsa la nuova griglia a 13 partite. Le regole restano immutate, tranne che da adesso si vince con il 13 e con il 12. Le probabilità di ottenere la vincita massima salgono a 1 su 1.594.323 ma subiscono una decisa impennata anche le quote. L'anno dopo viene introdotta la seconda colonna che dà alla schedina il formato storico, al costo minimo di 100 lire a colonna. Da qui in poi il numero dei giocatori e delle giocate cresce vertiginosamente e si registrano le prime vincite multimilionarie: i primi a superare i 100 milioni di lire sono Renzo Rinferi di Prato e Luigi Piacenza di Savona, che si aggiudicano, ognuno, un "13" da 104 milioni. A loro, e a tanti dopo di loro, il Totocalcio sconvolge l'esistenza e da quel momento «fare 13» entra nella lingua italiana, quale sinonimo di una strepitosa fortuna ricevuta dal destino o del conseguimento del più alto profitto tratto da un'impresa. Verso la fine degli anni Novanta il primato del Totocalcio inizia a scricchiolare, dapprima per la comparsa di altri concorsi legati al mondo del calcio (quali Totogol, Totosei e Totobingol, questi ultimi due soppressi dal 2003); in seguito per la legalizzazione (dal 1998) delle scommesse sportive. Il mito del "13" resiste per sessant'anni, tramontando definitivamente nell'agosto 2003 quando sulla schedina debutta il "Tredicissimo", alias il quattordicesimo risultato. 9
Adeste 2018/7°-4
Ecumenismo. Arriveremo mai all'unità dei cristiani? –
–
-
10
Adeste 2018/7°-4
11
Adeste 2018/7°-4
E una notizia percorse la Galilea: un altro mondo è possibile poche righe, un incalzare di avvenimenti: Giovanni arrestato, Gesù che ne prende il testimone, la Parola che non si lascia imprigionare, ancora Gesù che cammina e strade, lago, barche; le prime parole e i primi discepoli. Siamo al momento fresco, sorgivo del Vangelo. Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio. La prima caratteristica che Marco riferisce è quella di un uomo raggiunto da una forza che lo obbliga a partire, a lasciare casa, famiglia, clan, paese, tutto. Il primo atto registrato dal Vangelo è l’itineranza di Gesù, la sua viandanza. E per casa la strada. Proprio su questo andare e ancora andare, si innesta la seconda caratteristica: camminava e proclamava il Vangelo di Dio: Dio come una bella notizia. Non era ovvio per niente. Non tutta la Bibbia è Vangelo, non tutta è bella e gioiosa notizia, alle volte è minaccia e giudizio, spesso è precetto e ingiunzione, ma ora la caratteristica nuova del rabbi itinerante è proprio il Vangelo: una parola che conforta la vita, Dio che libera e fa fiorire. Gesù passa e dietro di lui resta una scia di pollini di primavera, un’eco in cui vibra il sapore bello e buono della gioia: è possibile la felicità, un’altra storia, un mondo altro sono possibili. E quell’uomo sembra conoscerne il segreto. La bella notizia che inizia a correre per la Galilea è raccontata così: il regno di Dio (il mondo come Dio lo sogna) è vicino. Perché Dio si è avvicinato, ci ha raggiunto, è qui. Ma quale Dio? Gesù ne mostra il volto, da subito, con il suo primo agire: libera, guarisce, purifica, perdona, toglie barriere, ridona pienezza di relazione a tutti, anche a quelli marchiati dall’esclusione. Un Dio esperto in nascite, in vita. Per accoglierlo, suggerisce Gesù, convertitevi e credete nel Vangelo. La conversione non come un’esigenza morale, ma un accorgersi che si è sbagliato strada, che la felicità è altrove. Convertitevi allora, giratevi verso la luce, come un girasole che si rimette ad ogni alba sui sentieri del sole, perché la luce è già qui. Credete nel Vangelo, non semplicemente al Vangelo. Buttatevici dentro, con una fiducia che non darete più a nient’altro e a nessun altro. Camminando lungo il mare di Galilea, Gesù vide… Cammina senza fretta e senza ansia; cammina sulla riva, in quel luogo intermedio tra terra e acqua, che sa di partenze e di approdi, e chiama quattro pescatori ad andare con lui. Vi faro diventare pescatori di uomini, vi farò pescatori di umanità, cercatori di tutto ciò che di più umano, bello, grande, luminoso ogni figlio di Dio porta nel cuore. Lo tirerete fuori dall’oscurità, come tesoro dissepolto dal campo, come neonato dalle acque materne. Padre Ermes Ronchi
12
Adeste 2018/7°-4
Gio 3,1-5.10 Sal 24 1Cor 7,29-31 Mc 1,14-20
C. +Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE C. Gesù nel vangelo ci invita a convertirci e a credere alla sua buona novella. Per non aver sempre risposto ai suoi inviti con prontezza e generosità chiediamo perdono. Breve pausa di riflessione personale C..A. Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo: Gesù Cristo, con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre. Amen COLLETTA
C. O Padre, che nel tuo Figlio ci hai dato la pienezza della tua parola e del tuo dono, fa' che sentiamo l'urgenza di convertirci a te e di aderire con tutta l'anima al Vangelo, perché la nostra vita annunzi anche ai dubbiosi e ai lontani l'unico Salvatore, Gesù Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dal libro del profeta Giona Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore. Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R. Fammi conoscere, Signo re, le tue vie. Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, perché sei tu il Dio della mia salvezza. R/. Ricòrdati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre. Ricòrdati di me nella tua misericordia, per la tua bontà, Signore. R/. Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giusta; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via. R/. Seconda Lettura Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come
se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo! Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo ALLELUIA Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. ALLELUIA C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo MARCO A. Gloria a te o Signore VANGELO Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergi-
Adeste 2018/7°-4 ne Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. A. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, il Signore è luce e salvezza per la nostra vita. Per l'intercessione di san Paolo, rivolgiamogli in comunione di fede le nostre suppliche. Lo invochiamo dicendo: Padre, converti i nostri cuori! 1. Perché possiamo accogliere con docilità la Parola di Cristo tuo Figlio. Preghiamo 2. Perché nel mondo trionfi il bene sul male. Preghiamo 3. Perché gli uomini accolgano il messaggio di pace del Vangelo. Preghiamo 4. Perché le Chiese cristiane sappiano superare le divisioni ancora presenti. Preghiamo 5. Perché nelle famiglie si superino le fratture, attraverso una disponibilità al perdono reciproco. Preghiamo 6. Perché tutti i cristiani rispondano con docilità e prontezza alla propria vocazione. Preghiamo C. O Dio, Padre di ogni uomo, giuda i nostri passi con la luce della tua Parola, e fa' che, uniti nel vincolo del tuo amore, accogliamo il tuo invito alla conversione e alla concordia. Per Cristo nostro Signore. A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue
mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. Accogli i nostri doni, Padre misericordioso, e consacrali con la potenza del tuo Spirito, perché diventino per noi sacramento di salvezza. Per Cristo nostro Signore . A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta È veramente giusto benedirti e ringraziarti, Padre santo, sorgente della verità e della vita perché in questo giorno di festa ci hai convocato nella tua casa. Oggi la tua famiglia, riunita nell'ascolto della parola e nella comunione dell'unico pane spezzato fa memoria del Signore risorto nell'attesa della domenica senza tramonto, quando l'umanità intera entrerà nel tuo riposo. Allora noi vedremo il tuo volto e loderemo senza fine la tua misericordia. Con questa gioiosa speranza, uniti agli angeli e ai santi, proclamiamo a una sola voce l'inno della tua gloria: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la
14
tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. O Dio, che in questi santi misteri ci hai nutriti col corpo e sangue del tuo Figlio, fa' che ci rallegriamo sempre del tuo dono, sorgente inesauribile di vita nuova. Per Cristo nostro Signore A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: an date in pace. A. Rendiamo grazie a Dio
-
–
-
–
-
-