Adeste nr 13 domenica 25 marzo 2018c

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Settimanale di Pastorale, Informazione, Condivisione Per la ComunitĂ Italiana a cura della Missione Cattolica Romania


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nche se hanno date diverse in base al rito cattolico piuttosto che ortodosso (nel caso della Romania, l’87% della popolazione è ortodossa e il 5% cattolica), la Domenica delle Palme si celebra una settimana prima di Pasqua e rappresenta l’entrata di Gesù Cristo a Gerusalemme (unico momento in cui il Figlio del Signore accetta di essere acclamato come Re con applausi, fiori, rami di ulivo, datteri, fichi e salice). Quest’anno in Romania, “Duminica Floriilor” cattolica si festeggia il 25 Marzo 2018 mentre i fratelli Ortodossi la celebrano Domenica 1 Aprile. In sostanza quando i cattolici festeggiano la Pasqua, gli Ortodossi festeggiano Duminica Florilor……( senza commento!) Il sabato precedente alla Domenica delle Palme si ricorda la resurrezione di Lazzaro come uno dei miracoli compiuti da Gesù. Nella “Duminica Floriilor” (dal latino “Flora”, il nome della dea della vegetazione onorata dai Romani), detta anche “Duminica Stalparilor” oppure “Duminica Vlastarilor”, i fedeli vanno in chiesa con rami di salice germogliati e candele accese, pregano, benedicono e spargono di acqua santa i ramoscelli per poi portarseli a casa e sistemarli accanto alle icone, alla porta, alle finestre o semplicemente conservandoli (si pensa che abbiano proprietà curative delle malattie). La scelta del salice risale al IV secolo ed è giustificata dalla credenza che la stessa Santissima Madre di Dio l’avesse benedetto quando l’albero si è piegato trasformandosi in un ponte e aiutando Maria ad attraversare un fiume. Il salice fiorisce sempre in questo periodo dell’anno essendo, quindi, espressione della fertilità e della rinascita della natura. Non si buttano mai i rami vecchi dell’anno precedente se non si riesce a portarne di nuovi quando si va alla messa nella Domenica delle Palme. I ramoscelli benedetti, infatti, vengono messi accanto alle radici degli alberi (per farli fruttare), agli alveari (per benedire il lavoro delle api) oppure ci si cinge la schiena (per far passare i dolori, soprattutto per gli uomini che lavorano i campi); i contadini coltivano i germogli nei solchi. In alcune regioni, i genitori accarezzano i figli con i ramoscelli di salice benedetti in chiesa affinché crescano sani ed intelligenti. Infine, mutuando un rito alquanto pagano, le ragazze dei villaggi di alcune zone della Romania (Muntenia, Oltenia) vanno di casa in casa a cantare una canzone (“colind”) che si chiama “Lazărea” (oppure “Sălcioara”) per ricordare una divinità della natura, Lăzărica, di origine tracia. 2


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Dopo il 2017, la Pasqua cattolica, sarà lo stesso giorno di quella ortodossa Quando è Pasqua 2018? La Pasqua è una festa mobile, ciò significa che la data cambia di anno in anno in base a precisi calcoli fatti sul calendario. Quando è Pasqua nel 2018? Teniamo presente per prima cosa che l'unica costante per quel che riguarda la data di Pasqua è il fatto che essa cade sempre di domenica. C'è inoltre una specifica forchetta temporale entro la quale la festività pasquale deve cadere, ovvero fra il 22 marzo e il 25 aprile: non prima e non oltre queste date in base al calendario.

Papa Francesco ha dato da tempo il suo via libera per celebrare la Pasqua in una data fissa. Il Concilio Vaticano II lo aveva previsto sin da allora. Anche I Protestanti e Anglicani si sono dichiarati d’accordo. Il Patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo sarebbe favorevole se tutte le Chiese Ortodosse si accordassero. Purtroppo le speranze sono minime stante il notevole stato di frammentazione fra loro esistente. Ne è esempio la celebrazione del Natale che per alcune è il 25 Dicembre e per altre il 7 Gennaio.

La data della Pasqua 2018

diatamente successiva.

La data della Pasqua 2018 è domenica 1 aprile, seguita poi dal lunedì di Pasquetta il 2 aprile, un perfetto ponte. Si dice quindi in questo caso che Pasqua cada nella fascia bassa, ovvero nella prima settimana di aprile. Forse infatti non sapete che la Pasqua può essere bassa, media o alta, proprio in base alla data in cui cade. Se Pasqua è fra il 22 marzo e il 2 aprile (incluso) allora si dice che è Pasqua bassa;, come nel caso di Pasqua 2018 se Pasqua cade invece fra il 3 e il 14 aprile allora parliamo di Pasqua media; se Pasqua è infine fra il 15 e il 25 aprile allora è Pasqua alta.

La Pasqua ortodossa nel 2018 Finora abbiamo parlato però della data della Pasqua cattolica, ma anche altre comunità cristiane festeggiano questa ricorrenza che però non segue lo stesso calendario. Perché la Pasqua Ortodossa e quella Cattolica (insieme alla Pasqua Protestante) cadono talvolta in due date diverse? Il motivo è da ricercarsi prima di tutto nel diverso calendario che le due chiese seguono: la chiesa ortodossa adotta ancora oggi il calendario giuliano, mentre la chiesa cattolica segue invece il calendario gregoriano. Secondariamente la chiesa ortodossa fa cadere Pasqua nella domenica che segue la prima luna nuova dopo l'equinozio di Primavera e di conseguenza le due date di Pasqua raramente coincidono. Nel 2018 infatti la Pasqua cattolica e la Pasqua ortodossa si festeggiano ad una settimana di distanza: la Pasqua ortodossa cade l'8 aprile 2018.

Come si calcola la data della Pasqua

C'è un modo per calcolare quando cade Pasqua nel 2018 e non solo? La risposta è sì, c'è un modo preciso per capire qual è la data giusta. Ci sono due fattori che dobbiamo tenere presente perché il nostro calcolo per la data di Pasqua sia esatto: il 21 marzo, ovvero la data dell'equinozio di primavera o quella che convenzionalmente si ritiene tale e il calendario delle fasi lunari. La domenica successiva la prima Luna piena dopo l'equinozio di Primavera è Pasqua. Quindi, per fare un esempio, la Luna piena post equinozio e pre-pasquale è sabato 31 marzo 2018, Pasqua è infatti il 1 aprile 2018, ovvero la domenica imme-

NELLE FAMIGLIE MISTE: CattolicheOrtodosse ( come quelle di tanti italiani residenti in Romania) si verifica quello che una volta disse Papa Francesco scherzosamente:

«Se un cattolico e un ortodosso si incontrano si chiedono: il tuo Cristo è risorto? Perché il mio risorge domenica prossima». 3


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a pianta dell'ulivo ha origini antichissime. Nella Bibbia la troviamo citata a partire dal racconto di Noè, quando la colomba torna all'arca con un ramo di ulivo nel becco, segno di pace tra Dio e l'umanità. Tuttavia un'antica leggenda della tradizione giudaica (racconta di come Adamo, a 930 anni e ormai vicino alla morte, manda il figlio Set e la moglie Eva alle porte del Paradiso terrestre a chiedere all'Arcangelo Michele l'olio della misericordia, con cui ungersi e guarire. L'arcangelo però non gli dà l'olio, ma dei semi dell'albero della vita da mettere in bocca una volta morto. Poco dopo la sua sepoltura, sulla tomba di Adamo germinano tre ramoscelli: un cedro, un cipresso e un ulivo.

Una domenica di 5000 anni dopo, Gesù entra a Gerusalemme accolto da mani in festa con rami di ulivo. E la notte in cui viene tradito, Gesù è a pregare nell'orto degli ulivi, il Getsemani (parola aramaica che significa “frantoio”). Una tradizione narra che la croce di Gesù sia fatta del legno di queste tre piante. Da quel venerdì santo, il giorno della sua morte, il legno della croce diventa l'albero della vita: Cristo ridona all'uomo ciò che Adamo ha perso, ovvero l'eternità. L’impiego quotidiano e il significato religioso Al tempo dell'Antico Testamento, le donne e i ragazzi passavano nei mesi di settembre-ottobre a raccogliere le olive percuotendo i rami dopo aver steso delle stoffe a terra. Se rimanevano delle olive attaccate ai rami, una volta passati non potevano più tornare indietro: quelle non cadute, sarebbero diventate il cibo dei poveri. L'olio di oliva era comunemente usato come grasso per cucinare, combustibile per le lampade, medicina per la guarigione della persona e unguento per la sepoltura; se unito alla soda, si trasformava in sapone. Non solo: grazie alla capacità di penetrare in profondità nella pelle e di nutrirla, veniva impiegato nelle maschere di bellezza o versato sul capo per dare maggior lucentezza ai capelli. La Bibbia ci riporta soprattutto l'uso religioso che il popolo fa di questo frutto. L'olio di oliva è considerato come un dono di Dio e identificato con l'effusione dello Spirito di Dio. Per questo riveste una grande importanza e un utilizzo di pregio: l'unzione profetica, regale e sacerdotale. Nella vita religiosa, gli oggetti, i profeti, i sacerdoti e i re erano unti con olio esclusivamente di oliva; da quel momento essi erano consacrati, cioè separati per Dio. In ebraico il termine che esprime la consacrazione con l'olio è maseiah, da cui deriva Mashiah, l'unto, il consacrato. Cristo (dal greco Christòs, che significa unto) è l'Unto di Dio, ovvero il Messia: il profeta, sacerdote e re. Nel cattolicesimo, l'olio è il protagonista nelle celebrazioni di alcuni Sacramenti (battesimo, Confermazione, Unzione degli infermi e Ordine sacro). Esso viene benedetto durante la messa crismale del giovedì santo.

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na delle principali intese del Patto di Roma ( 8-11 aprile 1918 fra italiani, serbi, croati, romeni, polacchi) era quella di implicare nei combattimenti i prigionieri austro-ungarici, allora presenti in Italia, tramite la costituzione di compagnie, distaccamenti, reggimenti e legioni istruiti a combattere contro lo stato di cui essi facevano parte. Questi prigionieri, adoperati come lavoratori, manovali, persone da fatica nelle famiglie dei militari italiani chiamati alle armi, erano sparsi in numerosi campi di prigionia su tutto il territorio italiano. I militari romeni transilvani, del Banato, della Bucovina, e del Partium non erano pochi: si è calcolato che nel 1914-1918 tra i 400.000 – 600.000 militari di origine romena hanno combattuto sui diversi fronti dell’Austro-Ungheria, ciò che rappresenta all’incirca il 18-25% dell’intera popolazione di etnia romena (più di 5,2 milioni di abitanti) vivente nell'Impero danubiano. La devozione dei militari di origine romena verso l’interesse “nazionale” era ridotta e d’altro canto, il mancato interesse di combattere sotto gli stendardi imperiali ha fatto sì che nei primi tre anni di combattimenti, sui 300.000 disertori dell’esercito austro-ungarico, una metà, quindi 150.000, fossero romeni. Specialmente negli ultimi due anni di guerra sul fronte occidentale, la diserzione e la consegna nelle mani del nemico si erano dimostrati metodi efficienti per salvarsi la vita e per affermare uno stato di scontentezza sempre più profondo. Talvolta si consegnavano interi settori del fronte. Un metodo intrapreso dagli italiani per incitare i militari romeni a disertare era quello di lanciare volantini fra le loro fila. E’ interessante notare come fossero mal scritti. Ecco due esempi: “Soldaţii Români Voi sunticţ siliţ să va batit, sub jugul cel străin, pîntru o causă că nu ii a voattre si mulţ din spre voi, si nu or mai rivedite căşile, femeile si copii lor, Pentru ce nu desentaţ, pentru ce nu viniţ la noi? Noi ciniem binie toaţ prinsonieri, dare voi Români sintieţ pintru noi ca fraţ. Viniţ dare sigur nu vă tiemeţ, noi vă astieptăm. Si câud resbelu acesta s’a gata voi putieţi rămînie in Italia si aduce aice femeile voactre, dache aţi voi, sau veţi putie merje undie voiţ.”

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„Soldati Romeni

Siete obbligati a combattere sotto il giogo straniero, per una causa che non è vostra e molti di voi non rivedranno mai la casa, la mogie, e i propri figli. Perché non disertate, perché non venite da noi? Noi trattiamo bene tutti i prigionieri e voi Romeni siete per noi come fratelli. Venite, dunque, non dovete temervi, noi vi aspettiamo. E quando questa guerra sarà finita voi potete restare in Italia e portare quà le vostre mogli, se volete, o potete andare dove volete.” "Soldaţi Austro-Ungari! Prizionierii austro-ungari trăiesc în Italia în lagăre şi primesc în fiecare zi păne albă şi carne, pentru că noi avem în Italia toate în prisosinţă. Prizionierii austro-ungari, cari voiesc să lucreze află lucru în câmp şi în fabrici şi primesc pe zi o plată de 3 până la 4 lire. Ei aşteaptă acolo oara întoarcerei acasă cu inimă bucuroasă şi departe de orice pericol." [5] TRADUZIONE: "Soldati Austro-Ungarici! I prigionieri austro-ungarici vivono in Italia nei lager e ricevono giornalmente pane bianco e carne, perché noi in Italia ne abbiamo in eccesso. I prigionieri austro-ungarici se vogliono lavorare trovano lavoro ai campi e ricevono giornalmente da 3 fino a 4 lire. Essi aspettano là l'ora di ritornare a casa con cuore gioioso e lontano da ogni pericolo!" 6


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La TV è efficace per la formazione degli atteggiamenti nei bambini, visto che fin dalla tenera età sono sottoposti alla sua influenza senza disporre di altro tipo di informazioni n base alla teoria della socializzazione comunitaria di Erickson, è tra i 2 e i 6 anni che si definiscono le preferenze nei confronti della madre, del padre, dei familiari e di altre persone dell’ambiente del bambino. Attraverso questo processo, il bambino acquisisce abilità e modi di comportarsi in società. Dai 4-5 anni si stabiliscono le abitudini e le caratteristiche emotive attraverso l’imitazione e l’identificazione. La condotta e gli atteggiamenti delle persone che circondano il bambino sono il suo punto di riferimento, anche in modo inconsapevole. I bambini ricorrono alla televisione per distrarsi, ridurre le tensioni e ottenere informazioni. La vedono anche perché viene loro “imposta” e non hanno altra possibilità. È presente in casa, e osservano anche la condotta dei genitori quando questi la guardano. I bambini sono imitatori eccellenti, anche durante i primi mesi di vita. Imparano a mangiare, a vestirsi, a usare il bagno e a interagire con gli altri. Anche se l’imitazione non è l’unico meccanismo di apprendimento dei bambini, è il primo e getta le basi Non è un fattore che interessa solo i bambini, perché spesso influisce anche sugli adolescenti. Nell’arco della vita imitiamo gli altri per imparare cose nuove e rafforzare la nostra identità nei confronti di un gruppo particolare. dell’apprendimento futuro. Effetti negativi della televisione sui bambini È dimostrato che il contenuto dei messaggi televisivi è di bassa qualità artistica, con elevati contenuti di violenza, aggressione ed esaltazione di valori non conformi agli interessi della nostra società: esaltazione dell’individualismo, enfasi sul denaro e i beni economici… La televisione favorisce la formazione di immagini stereotipate riguardo a professionisti, gruppi etnici, religiosi o politici. Esistono altri aspetti negativi che spesso vengono trascurati o ai quali non viene data troppa importanza. Eccone alcuni: Limita gli stili attivi di ricreazione; diminuisce il tempo dedicato a giocare con altri bambini; fa disporre di meno tempo per usare l’immaginazione e pensare; lascia meno tempo per lo sport, la musica, l’arte… Diminuisce il tempo disponibile per la conversazione e lo scambio di opinioni. Riduce le interazioni sociali con famiglia e amici. Reprime l’inclinazione alla lettura. Una quantità di tempo eccessiva davanti alla televisione (più di 4 ore al giorno) fa peggiorare il rendimento scolastico. Riduce la volontà di fare esercizio Promuove la domanda di beni materiali per via della pubblicità. Benefici del fatto di vedere la televisione con i figli Dire che la televisione ha un forte impatto sullo sviluppo dei bambini non è scoprire niente di nuovo, ma bisogna ammettere che le influenze non sono tutte negative. Riguardo a quelle positive si può dire che sono più deboli, perché i programmi di qualità sono pochi e/o non ben strutturati. Anche se esistono programmi che favoriscono l’apprendimento, tutto dipende da come si acquisiscono e si interpretano le informazioni. È anche importante sottolineare che la televisione permette, attraverso i programmi culturali, di conoscere il mondo, i vari Paesi e le loro culture. Guardare la televisione con i figli e commentarne i contenuti è una regola d’oro nell’uso del piccolo schermo. In questo modo si trae più beneficio dai programmi positivi, si contrastano gli effetti nocivi di quelli che non lo sono, si promuove lo spirito critico e, cosa migliore, si passa un po’ di tempo in famiglia. È importante sottolineare l’enorme responsabilità dei genitori nella quantità e qualità di programmi televisivi a cui sono esposti i figli, visto che i genitori e gli adulti in generali dovrebbero stabilire limiti e regole, oltre a promuovere una vita familiare con più comunicazione e interazione tra i suoi membri. Si raccomanda quindi di usare tutte le misure a disposizione per prevenire gli effetti dannosi che la televisione può avere sui bambini quando viene usata senza alcun criterio.

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ne), Don Matteo sotto tiro (undicesima stagione). Don Matteo è sempre buono e gentile con tutti, anche nei confronti degli assassini. Veste spesso la tonaca (logora e trasandata nelle ultime serie), ma a volte usa anche abbigliamenti sportivi, e indossa quasi sempre un basco nero. Il mezzo che utilizza solitamente per spostarsi è una bicicletta d'epoca; in alcune occasioni è stato visto che don Matteo possiede anche un'Ape 50 (nella terza e quarta stagione), un'Ape 750 (nella settima stagione) ed è qualche volta alla guida di un'auto. Don Matteo è abile in moltissime attività, apprese durante le missioni nel mondo, tra le quali giocare a scacchi (è praticamente un campione), combattere a pugilato, cavalcare, catturare i serpenti e molto altro. Don Matteo rifugge dalla violenza perché, come uomo di chiesa, crede nella persuasione e nella mansuetudine del giusto, cercando di vedere sempre il lato migliore in chiunque, anche nei criminali. Ricorre alle maniere forti molto raramente e solo quando vi è costretto per proteggere innocenti o indifesi, ad esempio quando nel terzo episodio della quarta stagione (Mio padre è stato in carcere) abbatte con un pugno un malvivente che inseguiva Nerino per ucciderlo, oppure quando nel diciassettesimo episodio della quarta stagione (Merce preziosa) sferra un potentissimo cazzotto a un fuorilegge dell'est che era entrato in canonica per rapire un bambino ospite di don Matteo. Nel sedicesimo episodio dell'ottava stagione prende a pugni un meccanico perché questo aveva tentato di aggredirlo, insultando anche una prostituta. Nell'undicesimo episodio della nona serie (Niente da perdere) picchia dei criminali per difendere se stesso e Tomás.

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on Matteo è originario di un paese a 30 km da Gubbio, ma è stato missionario in Brasile, negli Stati Uniti d'America (e in particolare in Alaska), in Messico, in Amazzonia, in vari stati africani e nelle Filippine. Quando viene nominato parroco a Gubbio è molto felice, perché si tratta della vecchia parrocchia del povero Don Luigi (il parroco che lo ha battezzato e poi ordinato sacerdote). Dotato di umanità, di un grande intuito e di una profonda conoscenza dell'animo umano, non si limita a svolgere il suo lavoro in parrocchia, ma si improvvisa sempre detective per aiutare i Carabinieri e scagionare gli innocenti, "hobby" non molto gradito dai capitani dei Carabinieri e dai superiori del sacerdote nel mondo ecclesiastico, in particolare dai tre vescovi che si susseguono nelle serie (che per questo lo hanno rimproverato varie volte, vedendo comunque la buona fede presente in don Matteo). Il sacerdote riesce sempre a risolvere i casi e a scoprire gli assassini sempre prima dei carabinieri attraverso l'analessi. Inoltre è il migliore amico del maresciallo Nino Cecchini. Gli episodi che lo vedono direttamente coinvolto nel caso da risolvere sono In attesa di giudizio (prima stagione), Il morso del serpente (seconda stagione), Sequestro di persona (terza stagione), Il calice avvelenato (quarta stagione), Errore umano (quinta stagione), Una dura prova per don Matteo (sesta stagione), Ad ogni costo (settima stagione), Don Matteo sotto accusa (ottava stagione), Il bambino conteso (nona stagione), L'inganno (decima stagio-

pseudonimo di Mario Girotti (Venezia, 29 marzo 1939), è attore, regista, sceneggiatore e produttore televisivo italiano È conosciuto nel mondo per i film in cui ha recitato al fianco di Bud Spencer: il 7 maggio 2010 i due hanno ricevuto insieme il David di Donatello alla carriera Anche interprete di fotoromanzi, la sua popolarità si è riaffermata nella seconda fase della sua carriera come protagonista della longeva serie televisiva Rai Don Matteo.

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La tratta e a prostituzione sono crimini contro l’umanità, delitti che nascono da una mentalità malata secondo cui la donna va sfruttata. E qui in Italia, parlando di clienti, è verosimile che il 90% sono battezzati, cattolici”. Un attacco duro quello di Papa Francesco contro la prostituzione, durante il colloquio con i giovani nella riunione pre-Sinodo al pontificio collegio internazionale Maria Mater Ecclesiae di Roma.

Visita di Papa Francesco all’Ospedale Casa sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo: Mirko, fra i malati incontrati da Francesco:"Sono crollato in ginocchio, piangendo gli bagnavo la veste e mi dicevano di alzarmi. Ma il Papa ha detto: "lasciatelo sfogare, porterò con me

Bergoglio la definisce “una malattia, “uno schifo” e “non c’è femminismo che sia riuscito a togliere questa mentalità dalla coscienza maschile, dall’immaginario collettivo. Questa malattia, questo modo di pensare sociale è un crimine contro l’umanità”. Il pontefice chiede poi perdono “per tutti cattolici che fanno questo atto criminale”, ovvero cercano il sesso con le ragazze in strada, vittime di tratta. Si tratta di “un problema grave, grave, grave. Vorrei che voi – ha detto rivolgendosi ai giovani riuniti nelconvegno presinodale – lottaste per questo. Per favore se un giovane ha questa abitudine la tagli, è un crimine. Chi fa questo è un criminale. Questo non è fare all’amore, questo è torturare una donna, non confondiamo i termini”. Parlando della tratta delle ragazze che vengono indotte alla prostituzione, il Papa ha ribadito: “Questa è una schiavitù di oggi”. E ha aggiunto. “Penso allo schifo che devono sentire queste ragazze quando questi uomini le fanno fare qualche cosa”.

Presente al pontificio collegio anche una ragazza nigeriana coinvolta con l’inganno nella tratta degli esseri umani. Un’esperienza che la giovane ha definito “drammatica, di totale annullamento delle mia dignità”. Il Papa precisa poi di avere fatto visita “a una delle case delle ragazze liberate dalla schiavitù ma è da non credere. Le ragazze mi raccontavano che iniziavano i lavori e per difendersi attivano una ‘schizofrenia difensiva’, isolano cuore e mente e solo dicono: questo è il mio lavoro. Ma la dignità esterna, sociale, è sul pavimento. Così si difendono: senza alcuna speranza. Alcune sono riuscite a fuggire, ma la mafia di questa gente le perseguita, le trova. Quando si liberano non hanno il coraggio di tornare a casa. Non possono dire la verità alla famiglia, non per codardia, ma perché amano la propria famiglia e rimangono a girare come possono, in cerca di un altro lavoro. Una delle ragazze ha detto che due volte non aveva portato la sommache doveva e le hanno tagliato l’orecchio, ad altre hanno spezzato le dita. Questa è una schiavitù di oggi. Penso allo schifo che devono sentire queste ragazze quando questi uomini le facciano fare qualcosa”.

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esù entra a Gerusalemme, non solo un evento storico, ma una parabola in azione. Di più: una trappola d’amore perché la città lo accolga, perché io lo accolga. Dio corteggia la sua città, in molti modi. Viene come un re bisognoso, così povero da non possedere neanche la più povera bestia da soma. Un Dio umile che non si impone, non schiaccia, non fa paura. «A un Dio umile non ci si abitua mai» (papa Francesco). Il Signore ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito. Ha bisogno di quel puledro d’asino, di me, ma non mi ruberà la vita; la libera, invece, e la fa diventare il meglio di ciò che può diventare. Aprirà in me spazi al volo e al sogno. E allora: Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. È straordinario poter dire: Dio viene. In questo paese, per queste strade, in ogni casa che sa di pane e di abbracci, Dio viene, eternamente incamminato, viaggiatore dei millenni e dei cuori. E non sta lontano.

La Settimana Santa dispiega, a uno a uno, i giorni del nostro destino; ci vengono incontro lentamente, ognuno generoso di segni, di simboli, di luce. La cosa più bella da fare per viverli bene è stare accanto alla santità profondissima delle lacrime, presso le infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Stare accanto, con un gesto di cura, una battaglia per la giustizia, una speranza silenziosa e testarda come il battito del cuore, una lacrima raccolta da un volto. Gesù entra nella morte perché là è risucchiato ogni figlio della terra. Sale sulla croce per essere con me e come me, perché io possa essere con lui e come lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all’uomo che è in croce. Perché l’amore conosce molti doveri, ma il primo è di essere con l’amato, stringersi a lui, stringerlo in sé, per poi trascinarlo in alto, fuori dalla morte.

Solo la croce toglie ogni dubbio. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. La croce è l’abisso dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. L’ha capito per primo un pagano, un centurione esperto di morte: costui era figlio di Dio. Che cosa l’ha conquistato? Non ci sono miracoli, non risurrezioni, solo un uomo appeso nudo nel vento. Ha visto il capovolgimento del mondo, dove la vittoria è sempre stata del più forte, del più armato, del più spietato. Ha visto il supremo potere di Dio che è quello di dare la vita anche a chi dà la morte; il potere di servire non di asservire; di vincere la violenza, ma prendendola su di sé. Ha visto, sulla collina, che questo mondo porta un altro mondo nel grembo. E il Crocifisso ne possiede la chiave.


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Prato, 22 marzo 2018 - È partito all’alba dalla stazione di Prato e ha percorso sessanta chilometri in treno e otto a piedi per raggiungere il campo sportivo di Marlia, in provincia di Lucca, e restituire al legittimo proprietario un portafogli che conteneva 145 euro. Nelle sue tasche aveva così pochi spiccioli che per fare quel viaggio Jean-Marc M’Boua, 20 anni, ivoriano, in Italia dal 2016, è stato costretto a prendere in prestito qualche banconota fra quelle ritrovate la sera precedente. Ma quello che gli tornerà indietro è adesso molto di più: non solo la gratitudine di chi aveva smarrito denaro, documenti e carte di credito, ma anche un posto di lavoro in un’industria del Nord Italia. Molti, probabilmente, quella somma se la sarebbero tenuta, ma Jean-Marc no. Perché in Italia ha trovato la piena integrazione grazie al mondo del calcio (milita nella Vaianese Impavida Vernio nel campionato di Promozione Toscana) e perché quel portafogli apparteneva all’avversario, Andrea Della Maggiora, 19 anni, studente universitario, che aveva affrontato poche ore prima sul campo da calcio. Si erano guardati negli occhi, si erano sfidati e a fine gara si erano abbracciati. Poi Andrea aveva perso quei soldi venendo via dall’impianto sportivo e JeanMarc li aveva ritrovati. «Quando ho visto dai documenti che il portafogli apparteneva a un giocatore della Folgor Marlia – racconta Jean-Marc – ho pensato di restituirglielo di persona. Volevo essere certo che nessuno si approfittasse di questa situazione. Sono prima andato a casa sua, ma non c’era nessuno. Allora ho pensato di andare direttamente al campo da calcio: lì sapevo che qualcuno mi avrebbe aiutato a rintracciarlo». La consegna del portafogli c’è stata qualche ora dopo. E all’impianto della Folgor Marlia è andata in scena una vera e propria festa. «Si sono tutti quanti complimentati per il mio gesto – prosegue JeanMarc –. Andrea mi ha abbracciato e ha voluto darmi a tutti i costi 50 euro per ringraziarmi di tanta gentilezza. Per me non è stato niente di speciale, è stato un gesto istintivo che rifarei altre mille volte. Forse però senza sollevare tutta questa curiosità. In fondo chiunque dovrebbe comportarsi così». Al di là del gesto, la vicenda ha avuto un epilogo ancora più a sorpresa. Perché Della Maggiora, una volta tornato a casa, ha raccontato in famiglia quanto successo. E il padre Davide, dirigente d’azienda di un gruppo che opera in provincia di Cremona nel settore della produzione di contenitori per la conservazione di alimenti, stupito da tanta generosità ha deciso di premiare Jean-Marc, aiutandolo a trovare un posto di lavoro. «Quel ragazzo ha compiuto un gesto bellissimo – dice Davide Della Maggiora –. Sono rimasto colpito dal racconto di mio figlio. Appena possibile lo incontrerò e vorrei assumerlo nell’azienda per cui lavoro. Una persona così merita assolutamente di essere aiutata» D’accordo anche il figlio Andrea: «Vogliamo aiutare Jean-Marc in ogni modo possibile – conclude –. Non so davvero quante persone si sarebbero comportate in questo modo. Mi ha stupito la sua bontà. La mia famiglia gli sarà sempre vicino»


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ietro Domenico Ernesto Gatti, nasce a Caselle di Pressana (VR) il 16 Febbraio 1880 . All’età di 11 anni entra tra i postulanti nell’Ordine Francescano presso il Convento di San Bernardino a Verona. Ordinato presbitero nel 1904 per le sue grandi capacità e la profondità della Fede venne incaricato di seguire i giovani francescani prima in Sardegna e successivamente a Malta ed infine, nel 1913, in Transilvania, allora facente parte del Regno d ’Ungheria. Allo scoppi del primo conflitto mondiale, Padre Gatti, ritornò in Italia dove prestò servizio come cappellano militare sul fronte dell’Isonzo. La sua attività e la sua abnegazione furono segnalate con un encomio solenne nell’aprile del 1917 e successivamente con la nomina, nel 1918, a Cavaliere della Corona d ’Italia. Al termine della Guerra, Padre Gatti, viene nominato Ministro Provinciale della Provincia Veneta, poi Prefetto agli studi, indi Custode provinciale. Ma, la sua vera vocazione rimaneva la missione e l’educazione. Chiese di essere mandato in Terra Santa ma, il suo destino era un altro. Dopo un nuovo passaggio in Sardegna venne destinato nuovamente alla Transilvania, che dopo il 1918, era ritornata a far parte della Romania. Stabilitosi nel convento di Hunedoara dove rimase fino al 1949 anno in cui il nuovo regime aveva occupato il convento per farne la sede della polizia politica. Dopo alcuni giorni di detenzione, in quanto cittadino italiano, venne rilasciato subito ma obbligato a lasciare la Romania. Padre Gatti, tuttavia riuscì a rimanere in terra romena, e grazie ai contatti con l’Ambasciata italiana, venne incaricato di seguire la chiesa italiana di Bucarest prestando assistenza spirituale e materiale a quei italiani che per diverse ragioni non erano riusciti a rientrare in Patria. Ma, la sua attività di apostolato non fu solamente rivolta alla comunità italiana, ma si estese anche ai romeni ortodossi e ai fedeli ed al clero greco cattolico sottoposti ad un vero e proprio calvario nel tentativo di sradicare la chiesa greco cattolica in terra romena. Attraverso Padre Gatti, giunsero ai fedeli e ai sacerdoti greco cattolici gli aiuti economici del Santo Padre. Per il governo dell’epoca, il religioso era un ostacolo, arrestato nel 1951 fu condannato a 13 anni di lavori forzati. Nel 1952 , grazie all’intervento del Governo italiano, padre Gatti venne liberato ma ormai era in fin di vita. Trasportato in Italia, via Vienna, venne immediatamente ricoverato, era semiparalizzato per via delle privazioni e delle torture subite dalla “Sercuritate” . Mori il 6 Giugno 1952, sulla sua tomba vi è scritto “ Padre Clemente Gatti, eroe della fede in Romania». 13


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C- Nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo C- La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. C- Fratelli carissimi, questa assemblea liturgica é preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la penitenza e con le opere di carità fin dall'inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagniamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione. C- Dio onnipotente ed eterno, benedici questi rami , e concedi a noi tuoi fedeli, che accompagniamo esultanti il Cristo, nostro Re e Signore, di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. TAmen Dal vangelo secondo Marco. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli

sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Parola del Signore. TLode a te, o Cristo. C- Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che acclamavano Gesù, Re e Signore, e avviamoci in pace.

Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. R/. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele. R/.

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino C- O Dio onnipotente ed eterno, alla morte e a una morte di croce. che hai dato come modello agli uo- Per questo Dio lo esaltò e gli donò mini il Cristo tuo Figlio, nostro Sal- il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù vatore, fatto uomo e umiliato fino ogni ginocchio si pieghi nei cieli, alla morte di croce, fa' che abbiasulla terra e sotto terra, e ogni linmo sempre presente il grande ingua proclami: «Gesù Cristo è Sisegnamento della sua passione, gnore!», a gloria di Dio Padre. per partecipare alla gloria della Parola di Dio. risurrezione. Egli è Dio, e vive e Rendiamo grazie a Dio. regna con te, nell’unità dello Spiri- Tto Santo, per tutti i secoli dei secoli. Gloria e lode a te, o Cristo! TAmen Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome. Il Signore Dio mi ha dato una lingua Gloria e lode a te, o Cristo! da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio Mancavano due dorso ai flagellatori, le mie guance a giorni alla Pasqua e coloro che mi strappavano la barba; agli Àzzimi, e i capi non ho sottratto la faccia agli insulti e dei sacerdoti e gli agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, scribi cercavano il per questo non resto svergognato, modo di catturare per questo rendo la mia faccia dura Gesù con un ingancome pietra, sapendo di non restare no per farlo moriconfuso. Parola di Dio. re. Dicevano infatti: TRendiamo grazie a Dio «Non durante la SALMO RESPONSORIALE festa, perché non R. Dio mio, Dio mio, perché vi sia una rivolta del popolo». Gemi hai abbandonato? sù si trovava a Betània, nella casa Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le labbra, di Simone il lebbroso. Mentre era a scuotono il capo: «Si rivolga al Sitavola, giunse una donna che aveva gnore; lui lo liberi, lo porti in salvo, un vaso di alabastro, pieno di prose davvero lo ama!». R/. fumo di puro nardo, di grande vaUn branco di cani mi circon- lore. Ella ruppe il vaso di alabastro da, mi accerchia una banda di mal- e versò il profumo sul suo capo. Ci fattori; hanno scavato le mie mani e furono alcuni, fra loro, che si indii miei piedi. Posso contare tutte le gnarono: «Perché questo spreco di mie ossa. R/. Si dividono le mie vesti, sulla profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai mia tunica gettano la sorte. Ma tu,

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Adeste 2018/7°- 13 poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto». Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno. Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio

sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bace-

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rò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo. Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’


Adeste 2018/7°- 13 il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano. Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto. E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!».

Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa “Luogo del cranio”, e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando

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un forte grido, spirò. (Chi può si mette in gi-

nocchio. Pausa di preghiera silenziosa) Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salomè, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto. Parola del Signore. TLode a te o Cristo.

CREDO in un solo Dio, Padre

onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cie-


Adeste 2018/7°- 13 lo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

T- Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

durre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. C- Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da C- Dio onnipotente, la passione del ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro tuo unico Figlio affretti il giorno del tuo perdono; non lo meritiamo per le salvatore Gesù Cristo. T- Tuo è il regno, tua la potenza e la nostre opere, ma l'ottenga dalla tua gloria nei secoli misericordia questo unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore. C- Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi TAmen apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri pecC- Il Signore sia con voi. cati ma alla fede della tua Chiesa, e TE con il tuo spirito. donale unità e pace secondo la tua C- In alto i nostri cuori. volontà. Tu che vivi e regni nei secoli TSono rivolti al Signore. C-Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. dei secoli Amen TÈ’ cosa buona e giusta. TC La pace del Signore sia sempre C- È veramente cosa buona e con voi. giusta, nostro dovere e fonte di salE con il tuo spirito. vezza, rendere grazie sempre e in TC - Come figli del Dio della pace, ogni luogo a te, Signore, Padre scambiatevi un gesto di comunione santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro. Egli, che fraterna. T - Agnello di Dio, che togli i pecera senza peccato, accettò la pascati del mondo, abbi pietà di noi.(2 sione per noi peccatori e, conseVOLTE) gnandosi a un'ingiusta condanna Agnello di Dio, che togli i pecportò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre col- cati del mondo, dona a noi la pace. C - Beati gli invitati alla cena del Sipe e con la sua risurrezione ci acgnore Ecco l’Agnello di Dio che toglie quistò la salvezza. E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te i peccati del mondo. T - O Signore, non sono degno di paril nostro canto, e proclamiamo intecipare alla tua mensa: ma di’ solsieme la tua lode: T- Santo, Santo, Santo il Signo- tanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE re Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. C- O Padre, che ci hai nutriti con Osanna nell'alto dei cieli. Bene- i tuoi santi doni, e con la morte del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in detto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cui crediamo, fa' che per la sua risurrezione possiamo giungere alla cieli. meta della nostra speranza. Per Cristo nostro Signore. Mistero della fede Amen. TAnnunciamo la tua morte, Si- TCIl Signore sia con voi. gnore, proclamiamo la tua risurrezioTE con il tuo spirito. ne nell’attesa della tua venuta. C- Vi benedica Dio onnipotente, Padre,Figlio e Spirito Santo. DOPOLAPREGHIERAEUCARISTICA TAmen. C - Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire:

C- Cristo Gesù, che ti sei fatto obbediente fino alla morte per donarci la pienezza della vita, ascolta la nostra preghiera, che con fiducia ti rivolgiamo dopo aver meditato sulla tua crocifissione. Preghiamo insieme e diciamo: Cristo, nostra salvezza, ascoltaci. 1. Tu, che nella morte in croce hai unito cielo e terra, guarda alla tua Chiesa e donale pace e unità, perché sia segno nel mondo della tua salvezza, preghiamo. 2. Tu, che sei venuto per salvare tutti, da' agli sfiduciati la forza per superare le difficoltà della vita, il coraggio di affrontare la malattia e la premura della solidarietà a chi sta vicino a chi soffre, preghiamo. 3. Tu, che hai sofferto un'ingiusta condanna, dona forza e coraggio a chi lotta per la giustizia e a chi cerca la pace attraverso la riconciliazione e il rifiuto della violenza, preghiamo. 4. Tu, che al ladrone pentito hai promesso il paradiso, fa' che tutti i popoli ti possano riconoscere come unico salvatore, preghiamo. 5. Tu, che sei venuto a liberarci dal peccato e dalla morte, fa' che tutti noi, riconoscendo le nostre colpe e omissioni, veniamo a te, sorgente del perdono e della vita, preghiamo. C- O Dio, nostro Padre, che ci hai tanto amato da donare il tuo Figlio unigenito, fa' che abbiamo sempre presente l'insegnamento della sua passione, per poter partecipare alla gloria della sua risurrezione. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. TAmen Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Pregate, fratelli e sorelle, per- regno, sia fatta la tua volontà, come ché portando all’altare la gioia e la in cielo così in terra. Dacci oggi il fatica di ogni giorno, ci disponiamo nostro pane quotidiano, e rimetti a a offrire il sacrificio gradito a Dio noi i nostri debiti come noi li rimetPadre onnipotente. tiamo ai nostri debitori, e non ci in-

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