ettimanale di Pastorale, Informazione, Condivisione per la
S ComunitĂ Italiana a cura della Missione Cattolica in Romania
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a Giornata Mondiale di Preghiera per le vocazioni. Domenica 22 Aprile 2018. Nella domenica del Buon Pastore si celebra in tutte le comunità cristiane la 55a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Lo slogan biblico che ispira il cammino vocazionale della Chiesa Italiana è: «Dammi un cuore che ascolta» (cf 1Re 3,9). In stretta consonanza con la prospettiva del Sinodo dei Vescovi: «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale» duplice è l'invito per la preghiera di oggi.
Vocazione. È la parola che dovresti amare di più. Perché è il segno di quanto sei importante agli occhi di Dio. È l’indice di gradimento, presso di Lui, della tua fragile vita. Sì, perché, se ti chiama, vuol dire che ti ama. Gli stai a cuore, non c’è dubbio. In una turba sterminata di gente risuona un nome: il tuo. Stupore generale. A te non aveva pensato nessuno. Lui sì! Più che “vocazione”, sembra una “evocazione”. Evocazione dal nulla. Puoi dire a tutti: si è ricordato di me. E davanti ai microfoni della storia (a te sembra nel segreto del tuo cuore) Ti affida un compito che solo tu puoi svolgere. Tu e non altri. Un compito su misura... per Lui. Sì, per Lui, non per te. Più che una missione, sembra una scommessa. Una scommessa sulla tua povertà. Ha scritto “T’amo” sulla roccia, sulla roccia, non sulla sabbia come nelle vecchie canzoni. E accanto ci ha messo il tuo nome. Forse l’ha sognato di notte. Nella tua notte. Alleluia. Puoi dire a tutti: non si è vergognato di me [Tonino Bello] 2
Adeste 2018/7°- 17 Il Cardinale Gualtiero Bassetti, Presidente della C.E.I. ossia della Commissione Episcopale Italiana, coetaneo e amico di don Lorenzo Milani, la cui tomba fu visitata da Papa Francesco, testimonia riguardo alla figura di don Lorenzo. “Un prete fino in fondo”
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No, non direi che la visita del Papa possa essere considerata un risarcimento. Tutti abbiamo sofferto e pagato qualcosa. Anche il Papa ne ha avuto. E quello che si è pagato non ce lo può dare il Papa, non ce lo dà la Chiesa, ma Dio». Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, commenta così la visita di papa Francesco a Barbiana. Un gesto che «ci dice semplicemente che quest’uomo, questo sacerdote ha camminato sulla strada giusta, è stato un pastore fedele. E la Chiesa oggi ne riconosce la profezia». Nativo del Mugello, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, conosce bene il priore di Barbiana, per lui è uno di casa. «I profeti li fa Dio – aggiunge – e li fa in un determinato tempo, nunc pro tunc, ora e per dopo. E allora io dico che di don Mazzolari c’è bisogno oggi, e così di don Milani». Quella di andare a Bozzolo e Barbiana è ancora una volta una scelta in direzione degli ultimi. «Come quella di andare a benedire le case – continua il presidente della Cei –. Che vuol dire? C’era bisogno che il Papa andasse a benedire le case? Voleva dire: sacerdoti ricordatevi di visitare le vostre famiglie. Sono segni esemplari che il Papa fa come pastore di tutta la Chiesa perché noi possiamo seguirlo. E certamente è un fatto esemplare andare sulle tombe di don Mazzolari e di don Milani». Nella riflessione del porporato non può mancare il ricordo personale di don Milani. «Era un uomo che aveva un’intelligenza creativa e che io, per le sue scelte così radicali e coerenti e per il primato che ha dato alla coscienza, ho spesso paragonato a Newman. Lui è stato, diciamo così, un po’ come Gesù: un segno di contraddizione». Bassetti racconta come fosse ieri l’incontro avuto con don Milani, da seminarista quando partì in lambretta da Firenze con un suo amico del Seminario, di nascosto perché il rettore non gli avrebbe potuto dare il permesso. «Ma ci venne il desiderio di conoscere questo prete, che vedevamo sulle riviste ». Quell’incontro è rimasto fissato nella sua memoria: «A Barbiana don Milani ci venne incontro sulla strada: “Chi siete?” chiese. Eravamo in talare, ci riconobbe come due seminaristi. “Avete chiesto il permesso al rettore? – aggiunse –. “No”. “Ecco, si comincia male”, disse. “Fossi io il rettore vi butterei tutt’e due fuori dal Seminario, perché siete disobbedienti”. Questo era don Milani». Si è parlato molto del paradosso 3
di questa “disobbedienza obbedientissima” del priore di Barbiana. Lei cosa ne pensa? «Se don Milani non fosse stato obbedientissimo, non avrebbe avuto senso la visita di papa Francesco a Barbiana, perché sarebbe stato uno dei tanti preti anticonformisti che si sono distinti con un carattere estremamente forte… Ma don Milani non è tutto questo. Don Milani è un prete fino in fondo, un uomo con una fedeltà assoluta alla Chiesa e alla sua coscienza». Eminenza, lei ha parlato di primato della coscienza… «È Il coraggio suggerito da Dio di dire la verità senza disobbedire alla Chiesa. Obbedire a Dio prima che agli uomini e loro, don Mazzolari come don Milani, l’hanno fatto. Ma queste sono delle costanti e delle linee direttrici per la Chiesa di ogni tempo». Don Milani è un sacerdote che dopo l’esperienza di Calenzano, piuttosto breve, va certamente inquadrato per quindici anni, dal 1952 a 1967, a Barbiana, dove è stato parroco solo di un centinaio di anime. È ancora incompreso don Milani secondo lei? «Non credo che tutti l’abbiamo compreso – sottolinea il presidente della Cei –. Quando la sua mamma è andata per la prima volta a Barbiana scrive una lettera dove lei gli dice: “Lorenzo non avere paura… parleremo con il cardinale, prima o poi te leva da lì,stai tranquillo”. E lui le dà una riposta feroce. È l’unica volta: “Tu misuri la dignità di un prete dalla grandezza della parrocchia. Ma che importa se un parroco ha dieci anime o ottantamila, quando è chiamato ad annunciare il Vangelo e a fare il prete nell’obbedienza dove stato chiamato. Io sono contento di essere a Barbiana e ti dico che voglio morire a Barbiana”. Don Milani è un prete fino in fondo intriso della sua missione della grazia di Dio. Non si spiegano né Mazzolari né Milani senza il tocco della grazia di Dio, senza il loro attaccamento ai sacramenti, alla visione sacramentale della Chiesa». Mazzolari e Milani, «preti autentici», modelli che possono essere riproposti anche alla Chiesa di oggi. Per don Mazzolari sta per aprirsi la causa di canonizzazione. Secondo lei è santo don Milani? «Don Lorenzo Milani è santo, per come l’ho conosciuto io, è un santo». «Del resto – aggiunge il cardinale Bassetti – chi è il santo? Non è quello che ha meno difetti di tutti o che moralmente ha il profilo più alto di tutti, questa non è la santità. Il santo per me è uno che è vaccinato di Spirito Santo. E lo rimane certo… anche con il suo caratteraccio, perché don Lorenzo a volte ha avuto dei modi di trattare quasi al limite. Ma possiamo dire è un santo, anche senza aureola riconosciuta canonicamente, perché tutto in lui nasceva dalla purezza del cuore e in questo modo insegnava e andava avanti nella ricerca della perfezione, confidando nella realtà dei sacramenti». La sua osservazione non stenterebbe certo a trovare consensi anche presso i suoi ex alunni e a quelli che sono stati accanto al priore di Barbiana, ma che forse non vorrebbero la sua canonizzazione. «Vuole un mio parere? Preferirei ora tenermi il mio Lorenzo con me, che per me è un grande santo, anche senza l’aureola. Non c’è bisogno che don Lorenzo faccia i miracoli, perché la sua vita è stata un miracolo»
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omani avremo un prete in meno»: con queste parole irrisorie e ciniche i partigiani commentarono l’atto vile e orribile con cui nell’aprile 1945 uccisero il giovane seminarista Rolando Rivi. Aveva solo 14 anni. Era un seminarista, al principio di un lungo cammino in fondo al quale vedeva la meta di diventare sacerdote e missionario. I suoi sogni vennero soffocati brutalmente in un bosco situato nel mezzo del cosiddetto Triangolo della Morte*, fazzoletto di terra emiliana che durante la Seconda Guerra Mondiale fu imbevuto di sangue sparso dalla ferocia dei partigiani comunisti. Il 10 aprile 1945, una pattuglia partigiana sequestrò Rivi e lo condussero nella boscaglia QUANDO ORMAI LA LIBERAZIONE ERA ALLE nei pressi di San Valentino, la frazione di Ca- PORTE , il 10 Aprile 1945, Rolando Rivi, un stellarano in cui il giovane viveva. Ai genitori seminarista di Modena martire e beato, un venne lasciato un biglietto con scritto «Non cercatelo. Viene un attimo con noi partigiani». seminarista quattordicenne ucciso "in odium fidei" dai partigiani comunisti. Una Dopo quattro giorni, il padre Roberto Rivi e vocazione soffocata dalla violenza. don Alberto Camellini, curato di San Valentino, ne ritrovarono la salma in condizioni strazianti: il corpo martoriato e due fori di proiettile ad indicare le ferite mortali, uno alla tempia sinistra e un altro all’altezza del cuore. Il fatto terribile si colloca nel mezzo del cosiddetto Triangolo della Morte, una zona dell’Emilia che durante la seconda guerra mondiale vide le imprese feroci e criminali di partigiani comunisti e particolarmente ostili alla fede e alla Chiesa. Rolando Rivi andava 0ero della sua veste e della sua vocazione: «Io sono del Signore». Quella veste gli fu sottratta nell’ora della barbarie e venne esibita poi come trofeo di guerra da un drappello di spietati esecutori animati da odio ateo e anticlericale. Perché Rolando Rivi viene proclamato martire e beato? Perché non solo il sentimento per i drammatico avvenimento ma la fama di santità del giovane Rivi si diffuse prima nelle zone in cui venne ucciso e poi anche oltre i con0ni italiani. La sua causa di beati0cazione venne presentata nel 1989, anno della caduta del muro di Berlino. Nel 2001 iniziò poi a circolare la notizia di un miracolo attribuito all’intercessione di Rolando Rivi. In quell’anno, un bambino inglese di nome James guarì inspiegabilmente da una grave forma di leucemia dopo che i suoi genitori avevano posto sotto il guanciale una reliquia di Rolando Rivi. Si trattava di una ciocca di capelli intrisa del sangue del suo martirio, procurata da un amico di famiglia del bambino inglese tramite padre Giovanni Battista Colusso, parroco di San Valentino, luogo in cui riposano le spoglie del giovane seminarista. Nel 2006, la Chiesa riconobbe l’attribuzione a Rivi di una serie di guarigioni miracolose ed avviò la causa di beati0cazione. Il 27 marzo scorso, Papa Francesco ha riconosciuto l’assassinio di Rolando Rivi come un martirio, cioè come un crimine commesso “in odio alla fede”. Il 5 ottobre, la beati0cazione. Di fronte alla beati0cazione di questo ragazzo-seminarista vengono tanti pensieri. Viene da pensare alla consapevolezza e serietà con cui, già a 14 anni, egli aveva assunto e risposto alla vocazione sacerdotale. Viene da pensare alla vocazione di molti sacerdoti e religiosi e suore, sbocciata “0n da piccoli” – anche la mia - e poi maturata negli anni. Viene da pensare che ancora oggi molti ragazzi e ragazze pensano a “qualcosa di grande per Dio” 0n da piccoli e forse non trovano le persone e le condizioni af0nché quella vocazione maturi. Rolando Rivi, a 14 anni, era già identi0cato con la sua vocazione, rappresentata in quell’abito di piccolo chierico, deturpato dall’odio ma trofeo della grazia di Dio che compie meraviglie negli umili. Don Flavio Peloso Fdp ( Don Orione.org 5.10.2013) 4
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LA DOMANDA DEL BIMBO Papa Francesco durante l’udienza alla Parrocchia di San Paolo della Croce a Cordiale - nella periferia ovest della Capitale - stava ascoltando alcune domande preparate da alcuni bimbi della parrocchia, quando è successo un fuori programma che squarcia la “cronaca banale” e rilancia il tema della misericordia e dell’amore di Cristo per i propri figli. Troppo complicati? Seguite il bimbo protagonista di questa storia, l’esatto opposto della complicazione e testimone incredibile della grandezza della fede in un cuore piccolo e semplice come quello di Emanuele. Lui è in fila lì con gli altri con una domanda in cui da fare: ma non riesce, gli viene da piangere e si allontana dal microfono. Il parroco lo invita con tenerezza a non aver paura e dire quello che si sente al Papa, ma Emanuele non ce la fa e scoppia in un pianto che ammutolisce la piazza; Francesco allora lo chiama a sé «vieni qui Emanuele, dimmi all’orecchio quello che vuoi», in una scena che (perdonate l’eccesso) ci ha ricordato quella bellissima scena del Crocifisso che chiama a sé il bimbo protagonista nel film di Bunuel “Marcellino Pane e Vino”. A quel punto Emanuele sale i gradini, raggiunge il palco e si abbandona in un abbraccio durato circa 3 minuti con il Santo Padre: piange disperato e racconta all’orecchio del Papa tutta la sua domanda e il suo dramma.
L’ABBRACCIO CHE SALVA «Magari tutti noi potessimo piangere come Emanuele come quando avremo un dolore nel cuore come lui»: il piccolo bimbo infatti piangeva per il suo papà appena morto. Era un uomo ateo, come spiega lo stesso Francesco dopo aver rimandato a posto Emanuele, non senza un altro abbraccio molto tenero. «Piangeva per il papà, ha avuto il coraggio di farlo davanti a noi, nel suo cuore c’è tanto amore per il papà. Io gli ho chiesto il permesso di dire in pubblico la domanda e per questo ve la sto dicendo». La domanda è tanto semplice quanto essenziale, cogliendo al punto del mistero glorioso della Grazia divina: «È mancato mio papà, lui era ateo ma ci ha fatto battezzare a tutti e 4 i figli: era un uomo bravo. Ma ora è in cielo papà?». Al Papa si scorgono gli occhi lucidi e tutta la piazza ascolta intensamente: «Che bello che un figlio dica di un suo papà, “era bravo”. La migliore testimonianza che quell’uomo ha dato ai suoi figli perché i suoi figli possano dire che era un uomo bravo, e la bella testimonianza del figlio che ha ereditato la forza del papà ed ha pianto davanti a tutti noi», prosegue Francesco mentre Emanuele ancora lo guarda, in un rapporto ormai divenuto privilegiato e unico, con tante lacrime in volte. Poi il Santo Padre continua, «se quell’uomo è stato capace di fare figli così, era proprio bravo: non aveva il dono della fede per lui ma ha fatto battezzare i figli. Aveva il cuore buono: ora Emanuele ha i dubbi per il papà in cielo. Ma chi dice chi va in cielo è solo Dio». Poi Francesco si rivolge a tutti, parla al cuore di ciascuno e chiede: «come è il cuore di Dio davanti ad un papà con un cuore così? Dio ha un cuore di papà e davanti ad un papà non credente che comunque è stato capace di battezzare i figli e dare quella bravura ai figli, voi pensate che Dio sarebbe capace di lasciarlo lontano da se? Dio abbandona i suoi figli?». Poi riguarda il piccolo bimbo rimasto attento come forse mai nella sua vita: «ecco Emanuele, questa è la risposta, Dio era fiero del tuo papà perché è più difficile far battezzare i figli per chi non è credente. Parla con tuo papà e prega per il tuo papà, grazie per il tuo coraggio».
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tare attenti ai consumi energetici, evitare gli sprechi in cucina e fare scelte consapevoli quando si fa la spesa. Il rispetto e la tutela dell’Ambiente, della sua biodiversità, delle risorse di Madre Natura possono far parte del proprio stile di vita ogni giorno. A ricordarlo è anche la Giornata Mondiale della Terra, che si celebra il 22 aprile 2018, con iniziative in tutto il pianeta, per sensibilizzare nella ricerca di soluzioni nella tutela di aria, acqua, suolo, ecosistemi e delle tante specie di piante ed animali a rischio estinzione. Una manifestazione che già dal secolo scorso attrae l’interesse di chiunque speri in un futuro migliore, in un ambiente migliore. Una giornata di lotta contro tutto quello che sta giorno dopo giorno distruggendo il Pianeta e che purtroppo ci sta mettendo su una strada senza uscita. Rifiuti che invadono mari e oceani, inquinamento da petrolio e gas fossili, terreni invasi da prodotti chimici dannosi che finiscono ogni giorno sulle nostre tavole. E ancora, habitat distrutti, specie animali ormai estinte, ghiacciai in continuo scioglimento, catastrofi naturali spesso non casuali. Causa di tutto solo l’uomo. Il solo però, a poter riavvolgere il nastro e salvare la Terra. L’Earth day apre le porte alla primavera e anche a un po’ di speranza. Ogni anno manifestazioni, eventi, spettacoli, grandi cortei vengono organizzati per svegliare e mobilitare il mondo. L'Earth Day prese definitivamente forma nel 1969 a seguito del disastro ambientale causato dalla fuoriuscita di petrolio dal pozzo della Union Oi al largo di Santa Barbara, in California, a seguito del quale il senatore Nelson decise fosse giunto il momento di portare le questioni ambientali all'attenzione dell'opinione pubblica e del mondo politico. “Tutte le persone, a prescindere dall'etnia, dal sesso, dal proprio reddito o provenienza geografica, hanno il diritto ad un ambiente sano, equilibrato e sostenibile”. Il 22 aprile 1970, ispirandosi a questo principio, 20 milioni di cittadini americani si mobilitarono per una manifestazione a difesa della Terra. I gruppi che singolarmente avevano combattuto contro l'inquinamento da combustibili fossili, contro l'inquinamento delle fabbriche e delle centrali elettriche, i rifiuti tossici, i pesticidi, la progressiva desertificazione e l'estinzione della fauna selvatica, improvvisamente compresero di condividere valori comuni. Migliaia di college e università organizzarono proteste contro il degrado ambientale: da allora il 22 aprile prese il nome di Earth Day, la Giornata della Terra. La Giornata della Terra diede una spinta determinante alle iniziative ambientali in tutto il mondo e contribuì a spianare la strada al Vertice delle Nazioni Unite del 1992 a Rio de Janeiro. Nel corso degli anni l'organizzazione dell'Earth Day si dota di strumenti di comunicazione più potenti arrivando a celebrare il proprio ventesimo anno di fondazione con una storica scalata sul monte Everest in cui un team formato da alpinisti statunitensi, sovietici e cinesi, realizzò un collegamento mondiale via satellite. Al termine della spedizione tutta la squadra trasportò a valle oltre 2 tonnellate di rifiuti lasciati sul monte Everest da precedenti missioni. Nel 2000, grazie alla diffusione di internet, lo spirito fondante dell'Earth Day ed in generale la celebrazione dell'evento vennero promosse a livello globale. L'evento che ne conseguì riuscì a coinvolgere oltre 5.000 gruppi ambientalisti al di fuori degli Stati Uniti, raggiungendo centinaia di milioni di persone, e molti noti personaggi dello spettacolo. Nel corso degli anni la partecipazione internazionale all'Earth Day è cresciuta superando oltre il miliardo di persone in tutto il mondo: è l'affermazione della “Green Generation”, che guarda ad un futuro libero dall'energia da combustibili fossili, in favore di fonti rinnovabili, alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo sviluppo di una green economy e a un sistema educativo ispirato alle tematiche ambientali. ( Green Earth Quality-Regione Umbria) 6
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ITALO, 82 ANNI E VEDOVO SI LAUREA IN FILOSOFIA: «Dovevo capire dove fosse finita l’anima della mia Angela» Una tesi su Tommaso Moro e una nuova consapevolezza per la sua vita da credente.
La moglie
Angela è morta nel luglio 2014, dopo 52 anni di vita passati insieme. I primi giorni sono stati terribili, ero devastato. Avevo bisogno di risposte, e di trovare un modo per andare avanti. Che cosa ci aspetta dopo la morte?». Con questa struggente preoccupazione Italo Spinelli, una vita in fabbrica nel modenese, si è avvicinato allo studio della filosofia. Non uno studio solitario o personale, ma con l’iscrizione all’università di Macerata, scelta per la possibilità di seguire i corsi online e non avere obblighi di frequenza in sede. Alla fine ce l’ha fatta con la media del 24, 35 esami dati in poco più di tre anni e una tesi su Tommaso Moro. La morte della moglie «Nel 2014 è venuta a mancare mia moglie Angela. Un tumore al polmone, dei più cattivi, se l’è portata via in pochi mesi dopo 52 anni trascorsi assieme. Lei è stata quella che mi ha sempre sostenuto, con l’amore e in senso materiale, anche nei momenti difficili, che ci sono stati. Da quel giorno ho cominciato a chiedermi: “La rivedrò?”, “Dove è finita?”. O ancora: ”Ce l’abbiamo davvero un’anima?”. Insomma, dovevo trovare una risposta alla morte di mia moglie». La risposta l’ha cercata nei libri e in un percorso rigoroso come gli studi universitari. «Io con quella materia non avevo dimistichezza. Certo, leggevo ma la mia conoscenza in fatto di filosofia si limitava a un libro di massime di Sant’Agostino, in verità bellissime» (Corriere della Sera) I dubbi e le certezze (rinnovate) di Italo «Prima ho chiesto a un prete se studiare filosofia fosse pericoloso – confida Italo al Resto del Carlino con un sorriso – e lui mi ha risposto di stare tranquillo, che molti teologi della Chiesa sono stati appunto filosofi. Eppure, dopo questi anni di studio ho capito che in realtà la filosofia è pericolosissima, perché si scontra spesso con la teologia Tutti hanno un’opinione diversa e discorde dagli altri. Io ho capito che preferisco credere a chi mi dà la possibilità, pur se eventuale, di credere all’immortalità dell’anima. Voglio tornare insieme con mia moglie, anche se nessuno può darmene la certezza. Mi rimane però la speranza: io voglio credere e quindi credo» Italo spiega convinto: “L’anima vive, sono credente e la penso come Pascal, il filosofo che sento più vicino perché la sua scommessa è davvero geniale. Il suo ragionamento porta alla conclusione che conviene credere in Dio: se esiste ottengo la salvezza e ho vissuto un’esistenza lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere” (Repubblica Bologna) «Pascal mi ha dato la risposta perfetta per quanto riguarda l’anima – continua a spiegare Italo – perché ha ragione: alla fine conviene credere, e passare con fede i nostri anni. Ma trovo affini anche Gardner, il primo filosofo che ho studiato dopo la morte di mia moglie, o di Tommaso d’Aquino, che cercava di dimostrare scientificamente l’immortalità dell’anima. E mi hanno convinto ancora di più nella mia contrarietà all’eutanasia: è come se negli ultimi giorni di mia moglie le avessi tolto quello che le permetteva di vivere. Non si può spiegare cosa significa perdere una moglie eccezionale come Angela è stata per me». Un esempio per tutti E’ questo che è Italo per molti, giovani e meno giovani, e non solo perché si è laureato ma per la perseveranza con cui ha assecondato una domanda esistenziale così forte. Se tutti fossimo capaci di approfondire le nostre domande con la stessa costanza, avremmo una fede di gran lunga più forte e più salda. Italo si è davvero guadagnato il suo titolo per la sua volontà di indagare una delle domande ultime della vita umana, la morte, il dolore, l’anima vivendo questa ricerca come bisogno e non come mero esercizio intellettuale: «A Macerata ho trovato un ambiente entusiasmante – dice Italo – sia con gli studenti che con i professori. Uno di loro dopo un esame mi ha detto: “Ha insegnato più cose lei a noi, che noi a lei”». Non ne dubitiamo. (Lucandrea Massaro/Aleteia | Apr 13, 2018) 7
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Avevamo pochi mezzi, tanta buona volontà e molta inventiva. I cuscinetti a sfera si potevano recuperare nelle molte officine in porto o alla Guglielmetti. Normalmente lo sterzo consisteva in uno spago legato alle estremità del carrello anteriore e i freni da un buon paio di scarpe e tanta fortuna. Nella costruzione del carretto ognuno aveva da dire la sua, diciamo che tutti erano costruttori di automobili. I più fortunati potevano recuperare travetti di legno da imballaggio, i più temerari univano le stecche delle cassette della frutta. Questi ultimi finivano fatalmente fuori strada in fondo alla discesa che portava alla chiesa di via Burlando, dove capannelli di curiosi attorniavano il carretto disintegrato e commentavano le pecche tecniche.
….Con il carretto, fatto regolarmente con i cuscinetti a sfera, giù per una discesa ripida sono andato fuoristrada, precipitando in un dirupo pieno di rovi, ed al rientro a casa, ridotto come San Sebastiano mia madre me le ha anche date. ….Quando sul carrettino mia sorella c'era salita col vestitino a palloncino della festa ecco lì mia mamma con urli e strepiti ha dato il meglio di sé ,ma vogliamo mettere le risate su quel carretto
….Questo era molto divertente, ma ho potuto provarlo solo in vacanza in montagna. Ce l'aveva un bambino del posto, Aldo, e aveva pure la casa con la discesa giusta! Buongiorno a tutti, ma siamo già a venerdì? Il tempo sta volando. ….Quante ginocchia rovinate, e le suole delle scarpe che si aprivano per frenare con i piedi...pero'...quanto divertimento... divertimento ….Mi ricordo si! Ci si portava anche la damigiana quando mancava l'acqua e si andava alla fontanella del paese dove sono nata e dove andavo a trascorrere le vacanze ….e chiedere ai meccanici se avevano dei cuscinetti da regalarci..... ….Non sopportavano più quel rumore assordante che ogni pomeriggio noi facevano e puff l'hanno buttato in una specie di dirupo che noi da un terrazzo lo vedevamo distrutto l'ha sotto...I PIANTIIII ….Mi ricordo, che trovammo, una porta, e così facemmo, un grande carrettone, eravamo 10 ragazzini, nella discesa di via San giuliano, 2 finirono in ospedale Santa Marta, 3 auto distrutte, e tutti a casa di corsa ….Nei pomeriggi d'estate si sentiva il rumore caratteristico che noi in Sicilia chiamavano carrozzella , quello era il passatempo dei maschietti , che lo costruivano amorevolmente ! ...qualche tavola rubata ai cantieri edili, 4 cuscinetti comprati in ferramenta; bastava poco per essere felici... ….Anche se ero una femminuccia l'ho fatto anch'io con la strada in discesa e la curva era sempre mia!!!! nelle ginocchia.... ….Ho ho ancora il mio pitturato di rosso 8
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UNA TESTIMONIANZA DI “DIGNITÀ NELL’INTEGRAZIONE” MERCOLEDÌ 18 APRILE 2018 15:44
Città del Vaticano - Una testimonianza di “dignità nell’integrazione” è stata raccontata questa mattina a Papa Francesco, da Nicola e Alfonsina Di Matteo, coniugi bolognesi che hanno partecipato all’Udienza generale in Piazza San Pietro. I due coniugi, riferisce l’Osservatore Romano sono protagonisti di una storia di accoglienza che ha segnato la loro vita: nel 1994 incontrarono “per caso in un bar una famiglia venuta dal Marocco — padre, madre incinta e un bambino piccolo — e offrimmo loro la colazione per diversi giorni, fino al loro rientro in patria”. La donna però morì subito dopo il parto e così, confidano, “abbiamo fatto il possibile per trovare un lavoro in Italia per il papà, aiutandolo a crescere i due bimbi”. Adesso l’uomo è un apprezzato barman, mentre il figlio minore è Adam Masina, calciatore professionista che gioca nel campionato di serie a con il Bologna. E Nicola e Alfonsina hanno regalato al Papa la maglia numero 25 del “loro” Adam, come simbolo di riscatto, dignità integrazione riuscita.
.DAL MAROCCO FINO ALLA ALLA SERIE A: MASINA, L’IMMIGRATO DAL CUORE AZZURRO
M
(28 DICEMBRE 2015)
asina nasce nel 1994 in Marocco, a Khouribga: il Paese nordafricano è in mano dal 1961 ad Hassan II, sovrano che, dopo aver represso nel sangue la Rivolta di Casablanca nel 1981, ha iniziato negli ultimi anni un processo di distensione con la popolazione. Le condizioni di vita però sono pessime, e il richiamo dell’Europa è sempre più forte trasformando l’emigrazione verso l’altra sponda del Mar Mediterraneo in un fenomeno di massa. Masina perde la madre subito dopo la sua nascita, e il padre ha seri problemi con l’alcool: a prendersi cura di lui è la comunità italiana Maranà-Tha, che poi lo affida a varie famiglie della zona del bolognese. “Avevo 3 mesi quando ho lasciato il Marocco – racconta Masina a ‘Iogiocopulito’ -, quindi non ricordo nulla. Sono arrivato in Italia tramite una famiglia italiana che aveva già contatti con la mia famiglia di sangue e portò in Italia me e mio fratello”. Si definisce così l’adozione di una coppia che, nonostante divorzi, dopo pochi anni diventa il suo punto di riferimento: “Il mio nome è stato scelto dai miei genitori naturali, il cognome invece è quello della famiglia che mi ha adottato in Italia”. La sua strada lo porta a seguire gli usi e i costumi italiani, oltre che la fede religiosa: “Sono cristiano cattolico, ma non mi sento un simbolo di integrazione”. Presto sboccia l’amore per il pallone: mentre nel suo Paese di origine brilla la stella di Mustapha Hadji, protagonista nella sfortunata avventura del Marocco nel Mondiale francese e Pallone d’Oro africano 1998, Adam inizia a giocare nel Ba.Sca Galliera, nel ruolo di attaccante, con l’azzurro nel cuore: “Sono cresciuto qui di conseguenza ho sempre tifato per l’Italia”. Quando compie 11 anni arriva la chiamata del Bologna, con cui inizia la trafila delle giovanili e a sognare davvero una carriera da calciatore. La maggiore età porta con se’ un brusco risveglio: il club felsineo non crede in lui e decide di scartarlo. Il suo percorso professionale sembra in dubbio, ma lo chiama Fabio Gallo, all’epoca allenatore della Giacomense nella Lega Pro Seconda Divisione, personaggio che si rivela una figura chiave per Masina. L’ex centrocampista di Brescia, Atalanta e Torino lo convince infatti a cambiare ruolo, vedendo nel suo fisico imponente (1,89 m) e nella sua progressione palla al piede le carte giuste per sfondare da terzino sinistro. E i risultati gli danno presto ragione: dopo una sola stagione, Masina si riprende ciò che era suo, il Bologna, e presto diventa grande protagonista con la maglia della Primavera rossoblu. La vera svolta arriva nell’estate dal 2014, quando viene stabilmente aggregato alla Prima Squadra: il marocchino naturalizzato italiano ha grandi meriti nella difficoltosa rincorsa della promozione nella massima serie che arriva grazie ai play-off, e il suo nome inizia a circolare con sempre maggiore frequenza tra gli addetti ai lavori. Ma Adam non perde di vista nemmeno lo studio, e la maturità conseguita con una tesina su Platone e Schopenhauer è la dimostrazione del suo essere un ragazzo ‘normale’. Il resto è storia recente, con l’ottimo impatto con la Serie A e anche la maglia azzurra, a lungo sognata. Un passo importante per un ragazzo che, nonostante sia nato in Marocco, ha sempre avuto come massima aspirazione quella di rappresentare il Paese che lo ha salvato da un’esistenza difficile. 9
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Pallanza, 20 giugno 1868 Forte dei Marmi, 7 giugno 1941 Cesare Fantoli nacque a Pallanza il 20 giugno 1868 da Antonio, geometra, e Luigia Cassani. Laureatosi a Torino in Ingegneria civile conseguì anche l'abilitazione in Elettronica, seguendo le lezioni di Galileo Ferraris. Nel 1889 conobbe a Pallanza re Carlo di Romania, ospite insieme alla moglie convalescente del Grande Albergo. Giovanissimo si trasferì in Romania occupandosi per il Ministero dei Lavori Pubblici della costruzione di ferrovie. Pur guadagnando fama in questo settore, preferì mettersi in proprio come ingegnere civile e imprenditore edile. Progettò numerosi palazzi, privati e pubblici, tra questi ricordiamo: l'ospedale, la centrale elettrica e la Scuola Ortodossa, tutti a Bucarest. Dopo l'occupazione tedesca della Romania, ritornò in Italia e si stabilì a Forte dei Marmi, dove morì il 7 giugno 1941. Scrisse Romania Russia e Italia, osservazioni ed esperienze dell'ing. Cesare Fantoli. I proventi della vendita del libro, pubblicato nel 1918, andarono a "beneficio della Croce Rossa Romena". L'ingegnere Fantoli fondò a Bieno, sotto gli auspici del Comitato Verbanese della Dante Alighieri, una scuola pratica di disegno per gli emigranti. Il suo nome è inciso nella lapide in ricordo dei fondatori del Museo del Paesaggio di Pallanza. sette giugno corrente, si è spenta a Forte dei Marmi una bella figura di concittadino: il dr. ing. cav. Cesare Fantoli, che all'estero onorò il nome d'Italia con l'ingegno e l'opera sapiente. Laureatosi a Torino in ingegneria civile conseguì anche l'abilitazione in elettrotecnica la cui cattedra era tenuta in quell'Ateneo dal sommo Galileo Ferraris. Giovanissimo fu chiamato a prestare la sua attività presso il Ministero dei Lavori Pubblici di Romania, nella sezione strade ferrate. Le costruzioni di linee ferroviarie in montagna offrirono un vasto campo per mettere alla prova le capacità del giovane tecnico. Un giorno Egli fu incaricato di provvedere alla demolizione di un alto serbatoio di acqua, che per cattive condizioni del sottosuolo presentava un'inclinazione impressionante, Egli, occultando il suo disegno ai superiori, procurò loro la sorpresa di consolidare le fondazioni e di rimettere la torre in posizione verticale. L'arditezza dell'operazione valse subito a mettere in evidenza le singolari capacità del costruttore e avrebbe potuto spianargli la via ad una brillante carriera di funzionario: ma il suo
«Sabato sera,
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spirito di intraprendenza e la sua indole ritrosa a freni d'orario e a soggezioni gerarchiche, lo spinsero a tentare la sorte dell'iniziativa individuale, nella capitale della Romania, che s'avviava a diventare una grande città, Bucarest fu quindi il campo principale della sua attività di ingegnere e di imprenditore. La valentia professionale, la vivacità della parola, la serietà volitiva lo resero noto e caro agli uomini più eminenti dello stato romeno. Prìncipi e ministri si fecero da lui edificare suntuose abitazioni. Lo studio del progetto e l'esecuzione del più grande e moderno ospedale della capitale romena sono opera sua. La Centrale Elettrica di Bucarest, la Scuola Ortodossa, seminari, palazzi, sorsero maestosi, affidati alla sua esperienza maturata durante lunghi anni di febbrile attività. Il suo prestigio era così grande, che per le cerimonie funebri di re Carlo I, egli ebbe l'incarico di provvedere alle opere di decoro e alla tumulazione del defunto Sovrano in una settimana Bucarest e Curtea d'Arges, sede dello storico mausoleo regale, videro alzarsi a ornare corsi e piazze, pennoni grandiosi e pire fumanti. Le esequie raggiunsero la magnificenza di un corteo nuziale. Le sue azioni, però, di uomo di cuore e di cittadino esemplare superarono i grandi meriti d'ingegnere sapiente, vissuto nel continuo sforzo di realizzare artistiche e grandiose opere edili. Tutti i dolori della colonia italiana di Bucarest, trovarono, durante il suo soggiorno in terra straniera, lenimento ed aiuto dalla sua inesauribile generosità. Tutte le iniziative per difendere i connazionali ed onorare il nome d'Italia ebbero il suo caldo patrocinio. Quando un grave disastro edilizio si abbatté sulla capitale seppellendo decine di vittime, l'ingegnere Fantoli fu chiamato a dirigere le opere di salvataggio. Egli assolse l'arduo e pericoloso compito con perizia e coraggio. Coprì cariche pubbliche, fu per decenni Presidente della Commissione di Vigilanza della Scuola Italiana, ebbe onorificenze dal governo italiano, fu insignito della croce al valore dal governo romeno, raccolse le sue esperienze in un volume ricco di interessanti aneddoti Romania e Italia, che divulgò durante la Grande Guerra a beneficio della Croce Rossa Romena. Ma le vicende politiche della Romania, seguite all'invasione tedesca, falcidiarono molti frutti del suo intenso lavoro. Egli dovette ritornare in patria e si stabilì a Forte dei Marmi ove seguì con simpatia ed interesse l'opera del Regime. Gravi sventure familiari si abbatterono successivamente su di lui, uomo di salda fede cristiana. L'ultima, la recente perdita del figlio rag. Franco, caduto a 17 anni al servizio della GIL, fu il colpo più forte che stroncò la sua robusta fibra di lottatore. L'ora breve non permette di mettere in luce, come meriterebbe, la figura di questo illustre figlio della nostra città. Altri parlerà più degnamente. Noi ci inchiniamo, partecipando al cordoglio della Famiglia, in ispecie al dolore degli amici dr. comm. Luciano e Luigi, fratelli del defunto». La Gazzetta del Lago Maggiore, 14 giugno 1941
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«Non è una motocicletta, ma piuttosto una piccola vettura a
due ruote». E' solo uno dei tanti spot che accompagnò l'uscita del mezzo di trasporto, considerato un'icona dell'italianità dal Dopoguerra ad oggi. Con la Vespa nacque non solo un nuovo modo di vivere la strada ma un fenomeno di costume che varcò i confini nazionali, trovando spazio nel cinema di ogni tempo. Fondata a Genova nel 1884 come azienda attiva nell'arredamento navale, la Piaggio era passata in quarant'anni ad occuparsi di materiale ferroviario e di aeronautica, trasferendo i propri stabilimenti a Pontedera. Quest'ultimo settore fu conservato dai due figli del fondatore Renzo Piaggio, Enrico e Armando, al momento di ereditare il gruppo nel 1938. Tuttavia alla fine della Seconda guerra mondiale si avvertì la necessità di variare la produzione. Si decise di investire in un settore in crescita come quello motoristico, dove la concorrenza era forte per la presenza di case quali Moto Guzzi, Gilera e Bianchi. Del progetto venne incaricato l'ingegnere Renzo Spolti, che mise a punto un veicolo alto come una bicicletta da donna e rivestito completamente da una scocca, in modo da nascondere le parti meccaniche e proteggere dagli schizzi di fango. Il prototipo, denominato MP5 Paperino, non convinse Enrico Piaggio per via del tunnel centrale che rendeva tutt'altro che agevole il montare in sella. Accantonatane la produzione, il modello servì come punto di partenza per una versione ritoccata, cui fu messo a lavorare l'ingegner Corradino D'Ascanio, già noto come inventore del primo prototipo di elicottero moderno. Geniale intuizione, destinata a cambiare per sempre la storia degli scooter, fu di spostare il serbatoio nella parte posteriore, così da ricavare un ampio spazio per le gambe del guidatore. Altri aspetti: motore a due tempi, tre marce, accensione a volano magnete e velocità max di 60 km/h. Con queste caratteristiche, il 23 aprile del 1946, D'Ascanio depositò a Firenze il brevetto della Vespa 98 (dove il numero indicava i centimetri cubici). L'atto di nascita di un mito. Il curioso nome venne suggerito dal patron Enrico che, osservandone la linea larga al centro e stretta in vita, la paragonò a quella di una vespa. Presentata in 100 esemplari alla Fiera di Milano, la prima serie andò esaurita in poche settimane. Alla fine dell'anno ne furono venduti 2.181 esemplari, che divennero oltre 10.500 l'anno successivo. Un boom senza precedenti che si sarebbe verificato ancora soltanto con la Fiat 500 nel 1957. In tanti preferirono fare qualche sacrificio economico, reso più sopportabile dalla rateizzazione, pur di comprarsi una vespa al prezzo di 68.000 lire (sei volte la paga mensile di un operaio). 11
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I lupi sono più numerosi degli agnelli, ma non più forti
I
o sono il Pastore buono è il titolo più disarmato e disarmante che Gesù abbia dato a se stesso. Eppure questa immagine, così amata e rassicurante, non è solo consolatoria, non ha nulla di romantico: Gesù è il pastore autentico, il vero, forte e combattivo, che non fugge a differenza dei mercenari, che ha il coraggio per lottare e difendere dai lupi il suo gregge. Io sono il Pastore bello dice letteralmente il testo evangelico, e noi capiamo che la bellezza del pastore non sta nel suo aspetto esteriore, ma che il suo fascino e la sua forza di attrazione vengono dal suo coraggio e dalla sua generosità. La bellezza sta in un gesto ribadito cinque volte oggi nel Vangelo: io offro! Io non domando, io dono. Io non pretendo, io regalo. Ma non per avere in cambio qualcosa, non per un mio vantaggio. Bello è ogni atto d’amore. Io offro la vita è molto di più che il semplice prendersi cura del gregge. Siamo davanti al filo d’oro che lega insieme tutta intera l’opera di Dio, il lavoro di Dio è da sempre e per sempre offrire vita. E non so immaginare per noi avventura migliore: Gesù non è venuto a portare un sistema di pensiero o di regole, ma a portare più vita (Gv 10,10); a offrire incremento, accrescimento, fioritura della vita in tutte le sue forme. Cerchiamo di capire di più. Con le parole Io offro la vita Gesù non intende il suo morire, quel venerdì, per tutti. Lui continuamente, incessantemente dona vita; è l’attività propria e perenne di un Dio inteso al modo delle madri, inteso al modo della vite che dà linfa al tralci, della sorgente che dà acqua viva. Pietro definiva Gesù «l’autore della vita» (At 3,15): inventore, artigiano, costruttore, datore di vita. Lo ripete la Chiesa, nella terza preghiera eucaristica: tu che fai vivere e santifichi l’universo. Linfa divina che ci fa vivere, che respira in ogni nostro respiro, nostro pane che ci fa quotidianamente dipendenti dal cielo. Io offro la vita significa: vi consegno il mio modo di amare e di lottare, perché solo così potrete battere coloro che amano la morte, i lupi di oggi. Gesù contrappone la figura del pastore vero a quella del mercenario, che vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge perché non gli importa delle pecore. Invece al pastore buono ogni pecora importa e ogni agnello, a Dio le creature stanno a cuore. Tutte. Ed è come se a ciascuno di noi ripetesse: tu sei importante per me. E io mi prenderò cura della tua felicità. Ci sono i lupi, sì, ma non vinceranno. Forse sono più numerosi degli agnelli, ma non sono più forti. Perché gli agnelli vengono, ma non da soli, portano un pezzetto di Dio in sé, sono forti della sua forza, vivi della sua vita.
p. Ermes Ronchi
B?@ABCDE: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balcescu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Valeriano Giacomelli mail:valeriangiac@gmail.com Tel.: 0787 804666 –0039 3341335596 Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", b-dul. Eroilor 124-126 Voluntari. *°* IADM: Cappella dell’Istituto San Luigi Orione, Soș Rediu 22 Iasi: Domenica ore 11,00 Istituto S. Luigi Orione – Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: Alelembo73@gmail.com
** CO?P: Chiesa romano-cattolica dei Piaristi. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: veresstelian@yahoo.com Domenica alle ore 12,00 *°* AOQA I?OMA: Domenica ore 11:00 nella Chiesa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* TMRMDSABA: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regina Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266
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ROMA: Il diacono orionino Francisc Lăcătuş sarà ordinato sacerdote da Papa Francesco Il diacono Francisc Lăcătuş sarà ordinato sacerdote da Papa Francesco in occasione della 55ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.
Domenica prossima 22 aprile, in occasione della 55ª Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, Papa Francesco ordinerà 16 diaconi nella Basilica di San Pietro tra cui l’orionino Francisc Lăcătuş. L’evento sarà trasmesso in diretta televisiva SAT 2000 a partire dalle ore 9,15. In vista di questo importante appuntamento lo scorso 18 aprile, Mons. Giovanni D’Ercole, vescovo orionino di Ascoli Piceno, ha fatto visita alla comunità Don Orione dell’Appio. Il presule ha voluto impartire una speciale benedizione di augurio al neo ordinando sacerdote Don Francisc. Francisc Lăcătuş nasce a Iaşi (RO) il 25 maggio 1987 e in quella stessa città inizia il suo cammino di formazione presso il seminario “Don Orione”. Dopo tre anni di liceo con indirizzo in Teologia e il biennio filosofico presso l’Istituto romano-cattolico “Sfântul Iosif” di Vasile Lupu, Francisc si trasferisce in Italia per l’anno di Postulato e per il Noviziato presso Villa Borgia, a Velletri. I suoi studi proseguono all’Istituto Santa Maria di Roma e si concludono con il primo ciclo di Teologia all’Università Pontificia Salesiana. Il percorso religioso di Francisc all’interno della Piccola Opera della Divina Provvidenza continua con il Lettorato nel 2013 e due anni di tirocinio a Oradea (RO), l’Accolitato a Roma nel marzo 2014, la Professione Perpetua il 12 marzo 2017 e il Diaconato il 7 ottobre dello stesso anno. Attualmente don Francisc risiede presso la parrocchia di Ognissanti a Roma ed ha conseguito la Licenza in Pastorale Giovanile, con una tesi su Il Progetto Orionino di Pastorale GiovanileVocazionale, dal 1995 al 2016. Linee di ricezione in Romania. Dopo quattordici anni nella “Piccola Opera della Divina Provvidenza”, Francisc Lăcătuş diventerà sacerdote nella Congregazione di Don Orione dinnanzi a Papa Francesco.
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Adeste 2018/7°- 17 C.
At 4,8-12 Sal 117 1Gv 3,1-2 Gv 10,11-18 +Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen. C. Il Dio della speranza, che ci riempie di ogni gioia e pace nella fede per la potenza dello Spirito Santo, sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. INTRODUZIONE DEL CELEBRANTE ATTO PENITENZIALE CONFESSO a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna. A. Amen. Signore, pietà. Signore, pietà. Cristo, pietà. Cristo, pietà. Signore, pietà. Signore, pietà. GLORIA Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, figlio unigenito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, tu che togli i peccati dal mondo abbi pietà di noi; tu che togli i peccati dal mondo, accogli la nostra supplica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen. COLLETTA C. O Dio, creatore e Padre, che fai risplendere la gloria del Signore risorto quando nel suo nome è risanata l'infermità della condizione umana, raduna gli uomini dispersi nell'unità di una sola famiglia, perché aderendo a Cristo buon pastore gustino la gioia di
essere tuoi figli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Dagli Atti degli Apostoli In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio. SALMO RESPONSORIALE R. Alleluia, alleluia, alleluia. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti. R/. Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. R/. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore. Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto. Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre. R/. Seconda Lettura Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. 16
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio Canto al Vangelo ALLELUIA. ALLELUIA Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. ALLELUIA. ALLELUIA C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo GIOVANNI A. Gloria a te o Signore VANGELO
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quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Parola del Signore A. Lode a te, o Cristo. OMELIA ( seduti) CREDO Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito
Adeste 2018/7°- 17 Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, invochiamo il Signore, buon pastore che conduce il suo popolo ai pascoli della vita. Preghiamo insieme e diciamo: Buon Pastore, ascolta la nostra preghiera. 1. Buon Pastore, guarda la tua Chiesa che attraverso i sentieri tortuosi della storia anela al tuo Regno, e fa' che nessuno si perda di quanti hai consacrato a te nel battesimo, preghiamo. 2. Buon Pastore, guida il Papa e tutti i ministri della Chiesa, perché diano come te la vita per il bene del loro gregge e guidino la Chiesa ad essere un solo ovile attorno a te, unico Pastore, preghiamo. 3. Buon Pastore, ispira con il tuo Santo Spirito i catechisti, i missionari e tutti i laici che nella Chiesa donano il loro tempo all'annuncio del Vangelo, e rendili testimoni coraggiosi del Cristo morto e risorto, preghiamo. 4. Buon Pastore, che conosci tutte le tue pecore, guarda con amore questa tua comunità radunata e fa' che sempre di più cresca nel desiderio di seguire te, unica meta del pellegrinaggio terreno,
preghiamo. C. Ascolta, o Padre, queste nostre preghiere, ed esaudiscile per amore del tuo nome. Per Cristo nostro unico Signore.A. Amen LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi) SULLE OFFERTE C. O Dio, che in questi santi misteri compi l'opera della nostra redenzione, fa' che questa celebrazione pasquale sia per noi fonte di perenne letizia. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. RendiamograziealSignorenostroDio. A. E’ cosa buona e giusta È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo tempo nel quale Cristo, nostra Pasqua, si è immolato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvocato: sacrificato sulla croce più non muore, e con i segni della passione vive immortale. Per questo mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l'umanità esulta su tutta la terra, e con l'assemblea degli angeli e dei santi canta l'inno della tua gloria: Santo, Santo, Santo… C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell’attesa della tua venuta. DOPOLA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C. Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: PADRE NOSTRO 17
Padre nostro che sei nei cieli, / sia santificato il tuo nome; / venga il tuo regno;/ sia fatta la tua volontà, / come in cielo così in terra. / Dacci oggi il nostro pane quotidiano, / e rimetti a noi i nostri debiti / come noi li rimettiamo ai nostri debitori,/ e non ci indurre in tentazione,/ ma liberaci dal male». C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato. DOPO LA COMUNIONE C. Custodisci benigno, o Dio nostro Padre, il gregge che hai redento con il sangue prezioso del tuo Figlio, e guidalo ai pascoli eterni del cielo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: andate in pace. A. Rendiamo grazie a Dio