7 minute read

Cristianizzare le campagne

8

8. Scrigno dell’imperatore Carlomagno, 1215. Dom St. Maria, Chorhalle, Aquisgrana. Sulla facciata Carlomagno, papa Leone III e il vescovo Turpino di Reims e sul lato altri imperatori.

9. Miniatura dell’Evangeliario di Liuthar: Liuthar offre l’evangeliario a Ottone III Christomimete. Domschatz, Aquisgrana.

10. Investitura del re Narsete da parte della dea Anahita, 300 d.C. circa. Naqsh-i Rustam, Iran. nella cultura giuridica e politica dell’Europa, della cui coscienza sono stati a lungo uno degli elementi fondamentali. Tale «complesso di poteri sovrani» è quel che noi conosciamo con il nome di «Sacro Romano Impero della nazione tedesca»: «sacro» e «romano» (due termini impiegati con spirito di emulazione rispetto a Bisanzio) in quanto considerato in qualche modo eredità e ripresa di quell’impero romano che – nella mentalità degli uomini del tempo – non era mai caduto, ma aveva visto le sue istituzioni deteriorarsi nella pars Occidentis mentre era rimasto ben vitale nella pars Orientis; «della nazione tedesca» perché ne erano fulcro quelle genti di stirpe germanica che si riconoscevano come unite nel regno dei «franchi orientali», sempre più sovente defi nito «regno di Germania». Nei secoli successivi il titolo di imperatore sarebbe rimasto prevalentemente elettivo, in quanto legato all’assegnazione della corona tedesca che era appunto conferita sulla base di un’elezione. Il corpo elettorale era costituito dai grandi nobili del regno di Germania; col tempo, alcune grandi famiglie avrebbero tentato di rendere ereditario il diritto a quella corona, come si stava facendo in altri paesi; infi ne, verso la fi ne del medioevo, vi sarebbe riuscita la famiglia degli Asburgo, che avrebbe mantenuto la corona del Sacro Romano Impero fi no al 1806. Ma in che modo il nuovo impero poteva davvero dirsi «romano»? Gli imperatori romano-germanici tentarono in vario modo di farsi accettare da quelli bizantini come loro pari: con i rapporti diplomatici, con le minacce, con l’instaurarsi di vari legami familiari. Ma i sovrani di Costantinopoli continuarono a chiamarli soltanto «re dei tedeschi». Insomma, il Sacro Romano Impero della nazione tedesca nasce da una serie di equivoci e di atti forzosi di volontà politica; esso tuttavia si trasforma presto in una idea-forza fondamentale, senza la quale non solo non si capisce la storia medievale, moderna e contemporanea dell’Europa, ma neppure si riesce a dare dell’Europa stessa quell’immagine culturalmente, storicamente e politicamente unitaria che viceversa è divenuta ai giorni nostri una necessità condivisa da gran parte degli europei.

LA SACRALITÀ DEL POTERE Secondo gli studi di Georges Dumézil, la funzione regale è «contesa» tra due sfere: quella magico-sacerdotale e quella eroico-guerriera, perché entrambe partecipano del delicato compito della fondazione del diritto e dell’amministrazione della giustizia. La regalità sacra è posta da Mircea Eliade al centro della sua complessa meditazione sull’equilibrio cosmico, del quale il sovrano in molteplici civiltà appare garante, del rapporto fra cielo e terra rispetto al quale il sovrano è «ponte», mediatore.Le sue conclusioni sono state confermate a livello propriamente antropologico da Gilbert Durand, che ha studiato la dimensione monarchica nell’ambito dei simboli ascensionali, sottolineando la connessione tra divinità uranica, regalità e paternità, da cui deriva il forte rapporto – vivo in tante e diverse tradizioni – tra le dimensioni del «Dio-Padre» uranico e del «Re-Padre». Il punto è quindi stabilire se il «Re-Padre» è aspetto del «Dio-Padre» o suo vicario-rappresentante-immagine. Le due forme archetipiche della monarchia sacra, l’egizia e la babilonese, forniscono al riguardo le due rispettive Urgestalten del redio e del re-sacerdote. La rifl essione eliadiana si rivela fondamentale per lo storico proprio in rapporto al concetto cristiano di regalità, in particolare alla teologia imperiale sviluppata sia nell’impero bizantino sia nell’Europa occidentale a partire dall’età ottoniana. È evidente che basileis e imperatores cristiani svilupparono il loro concetto di regalità sacra alla luce del modello costituito dalla regalità del Cristo. Ma le scaturigini della dimensione imperiale cristiana – garantite appunto dal Cristo come sovrano cosmico, Signore dello spazio e del tempo, Kosmokrator e Kronokrator – stavano essenzialmente nelle tradizioni egizia e persiana, entrambe rivisitate attraverso la ridefi nizione di Alessandro il Grande, ma avvicinate in modo apparentemente «diretto» (in realtà la mediazione alessandrina era comunque presente) prima da Cesare e da Augusto nell’Egitto tolemaico e poi dai Soldatenkaiser del III secolo, che avevano elaborato le dimensioni sia dei re-sacerdoti siriaci dediti ai culti solari, sia dei Gran Re arsacidi. Con la cristianizzazione dell’impero a questi modelli si era andato aggiungendo con forza quello davidico-salomonico desunto dall’Antico Testamento e provvisto d’una sua forte carica messianica. L’imperatore cristiano si era, da allora, presentato come vicario e fi gura del Vero Re, il Cristo; il sovrano terreno era typus Christi, ma il carattere sacramentale della sua incoronazione – specie dopo l’adattamento del rituale veterotestamentario dell’unzione – ne faceva dei «Cristi del Signore». Questa complessa dinamica si rifl ette nei cerimoniali: sia

9

10

11

11. L’imperatore Carlomagno tra Catone e Seneca. Tessuto della metà del XIV secolo. Domschatz, Halberstadt. in quello imperiale romano pagano, sia in quello cristiano, che ne costituì la continuazione ma anche la riforma profonda. Proprio nell’Incarnazione, e quindi nella giustifi cazione cristiana d’una regalità sacra come simbolica e vicariale rispetto alla regalità del Cristo, esse possano convergere. Presentandosi nell’Incarnazione – secondo le tre funzioni adombrate nel racconto evangelico dei doni dei Magi – come Vero Dio, Vero Re e Vero Uomo, il Cristo si presenta insieme come sovrano e come reggitore, come garante d’un ordine che scende dall’alto e di una norma cosmica che presiede alle cose e le ordina. Simbolo per eccellenza di tale potere è la corona. Gli imperatori romani dopo la proclamazione del cristianesimo come religione di Stato, alla fi ne del IV secolo, conservarono il diadema ch’era entrato nell’uso imperiale soprattutto a partire dal III secolo d.C., sulla base dell’assimilazione progressiva e non incontrastata della funzione imperiale alla regalità sacra d’impronta ellenistica, che Alessandro e i suoi successori avevano desunto dai modelli egizio e persiano. Ma se la corona di fronde o di foglie – al naturale o metallica, imitante comunque fronde e foglie – apparteneva nella tradizione pagana ai vincitori d’una gara e in quella cristiana agli athletae Christi, ai martiri, la corona di spine del Cristo rex unius diei va posta in rapporto con quella di rose che si portava in segno di gioia. Gli imperatori cristiani non osarono riassumere il segno cristico della corona di spine: anzi, quando i crociati presero nel 1099 Gerusalemme si disse che non fosse lecito fondarvi un regno cristiano, che nessuno avrebbe potuto osar portare corona d’oro là dove il Cristo era stato coronato di spine. Le corone medievali rappresentano uno sviluppo del diadema imperiale, costituito da una fascia continua di metallo prezioso tempestata di gemme o da una fascia «a placche», come si vede nella corona del tesoro imperiale di Vienna, risalente pare al X secolo e sormontata da un ponte aureo che indica la funzione mediatrice del sovrano, «ponte» tra volontà divina e popolo. Più tardi, si recuperarono altre forme di corona, come quelle «radiali» originariamente connesse col culto imperiale del Sol comes invictus. Il coronamento cruciforme è rimasto tradizionale in tutte le corone europee, nonostante il processo di secolarizzazione: esso rinvia all’origine divina del potere, che si può anche respingere sul piano concettuale ma che riaffi ora insistentemente e irrinunziabilmente su quello simbolico.

OMAGGI SIMBOLICI In Occidente la regalità sacra – specie nella sua direzione imperiale romanogermanica: ma anche in quelle regie francese, franco-normanna, italo-normanna, iberica – ha proceduto nella ferma fedeltà alla dimensione cristica e cristomimetica del sovrano: lo si vede bene sia nelle affermazioni che presentano l’autocoscienza del sovrano nei confronti della sua missione, sia nelle espressioni omiletiche e propagandistiche, sia negli scritti dei teorici dell’impero, sia nei cerimoniali d’incoronazione, sia infi ne negli stessi oggetti simbolici della regalità, a cominciare dalle corone.

13

12 12. Reichskrone, la corona dell’impero, che per secoli conservò la funzione di incoronare gli imperatori tedeschi. Weltliche Schatzkammer, Hofburg, Vienna.

13. Corona di foglie di quercia in oro deposta sulle ossa del re nella tomba di Filippo il Macedone a Vergina.

Il rifondatore della concezione sacrale dell’impero nei termini che accettano da una parte l’eredità carolingia e ottoniana, ma dall’altra vi aggiungono una rinnovata consapevolezza della funzione e dell’uffi cio imperiali alla luce del diritto romano di recente ricondotto in Occidente, è Federico I di Svevia. Che le caratteristiche del nuovo sovrano – ancora «re dei romani», quindi candidato alla corona imperiale che solo il papa avrebbe potuto conferirgli – fossero diverse da quelle dei suoi predecessori non diciamo carolingi, ma anche sassoni e franconi, lo si vide dall’incontro tra Federico, sceso in Italia per assumere le corone appunto italica e imperiale, e papa Adriano IV. L’incontro, detto «di Sutri», ebbe luogo l’8 o il 9 giugno 1155 presso il campo imperiale, eretto non lontano dall’arcigna città chiusa nei suoi bastioni tufacei. E fu, come sovente accade nelle circostanze in cui etichetta diplomatica formale e tensione politica si scontrano, così drammatico da rasentare il ridicolo. Federico attese difatti a piè fermo che il pontefi ce scendesse da cavallo e s’assidesse sul trono preparato per lui: dopodiché, da buon cristiano e fi glio leale della Chiesa, si apprestò al bacio del piede. La sequenza rituale prevedeva che a

This article is from: