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Città d’Europa

11. Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo, particolare, 1338-1340. Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena. verno, gli Effetti del Buon Governo in città e in campagna, il Malgoverno e i suoi effetti – accostano rappresentazioni allegoriche delle Virtù (nel Buon Governo) e dei Vizi (nel Malgoverno) a scene di perfetto realismo in cui sono descritti paesaggi urbani e rurali, vivacizzati da momenti di vita quotidiana. A questi affreschi si accompagnava nella Sala dei Nove il Mappamondo, grande raffi gurazione dei domini senesi, oggi purtroppo distrutta. Vi è poi un altro genere di affresco profano, pure a carattere pubblico, ma di natura del tutto diversa da quanto visto sinora: si tratta della cosiddetta «pittura infamante», che si confi gurava come un supplemento di punizione o come un elemento atto a dare pubblicità a un determinato atto criminoso. Potevano subire l’onta della pittura infamante i falliti con dolo, gli uffi ciali corrotti, i malversatori, i falsari, gli assassini, i traditori. Spesso questa pena colpiva coloro che si erano resi responsabili di tradimento verso il comune, assumendo così un carattere pienamente pubblico. Oltre che a scopo celebrativo o polemico, nel Trecento i soggetti profani venivano affrescati anche per puro piacere estetico. Si tratta di raffi gurazioni ispirate alla miniatura gotica francese, di ambientazione cortese. Più che altro, questi cicli venivano commissionati da famiglie patrizie per le proprie residenze. Nei decenni successivi, con l’accrescersi dell’interesse per la storia e l’arte classica, ai personaggi dei romanzi francesi o del Decameron si comincerà a preferire soggetti tratti dalle opere degli antichi o dai volgarizzamenti che di queste si facevano; Boccaccio, con le sue Genealogiae, rimase ancora un protagonista della cultura fi gurativa del tempo. IL XV SECOLO Agli inizi del XV secolo la situazione della pittura non sembra differire sostanzialmente da quella trecentesca per quanto concerne la committenza (grandi famiglie, corporazioni, enti religiosi) e l’organizzazione del lavoro; i prodotti delle botteghe degli artisti hanno quindi una fruizione pubblica, così come era stato nei secoli passati. Tuttavia, almeno in alcuni centri urbani - non sempre necessariamente maggiori - nei quali per vari motivi le istituzioni e l’organizzazione del lavoro di tipo corporativo non si erano mai affermate in maniera decisa oppure erano state più facilmente superate, si affermavano nuovi tipi di committenza e di artisti, che si presentano più liberi da tradizioni e convenzioni; il restringersi del potere nelle mani di ristrette élites comportava che la fruizione delle opere d’arte potesse divenire un fatto del tutto privato, scisso dalla vita collettiva delle città. Contemporaneamente, la cultura umanistica prima, rinascimentale poi, vedono la nascita di una nuova concezione dell’artista che, se non è ancora del tutto slegato dalla tradizione collettivistica del lavoro in bottega (avranno questi esordi, come vedremo, tutte le fi gure di spicco del Quattrocento), comincia a proiettarsi con sempre maggior decisione verso una dimensione individualistica e una più precisa coscienza del proprio ruolo di intellettuale, che crea e dirige il gusto estetico e al contempo elabora una rifl essione sul rapporto con l’antico e con i modelli dell’età classica che avrebbe travalicato l’ambito puramente artistico per dar vita a una morale e a una concezione del mondo almeno parzialmente nuove. Le arti fi gurative quattrocentesche si collocano dunque a metà strada tra innovazione e perpetuazione di modelli tradizionali; all’evoluzione del settore con-

12. Francesco del Cossa, Mese di aprile, particolare degli amanti nel trionfo di Venere. Palazzo Schifanoia, Ferrara.

13. Piero della Francesca, Annunciazione, particolare del polittico di sant’Antonio. Galleria Nazionale dell’Umbria, Perugia. tribuisce anche un rinnovamento tecnico della pittura su tavola che si affermò in Italia dopo la metà del XV secolo, con il passaggio dalla pittura a tempera a quella a olio. L’esigenza di unire in uno stesso dipinto sfondi trasparenti e forme in primo piano più plastiche portò all’uso di tinte più acquose, dette «tempere magre», insieme con altre più dense e compatte, le «tempere grasse», in cui le sostanze colloidali erano di tipo oleoresinoso. Si raggiunse così pian piano la tecnica della pittura a olio (vegetale di noce o di lino), che, unito alla trementina, conferiva maggior lucentezza alle tele. Alle innovazioni nel campo della tecnica si aggiunsero però mutamenti ben più importanti sotto il profi lo della concezione dello spazio fi gurativo. La cosiddetta «prospettiva» rivoluzionava infatti le modalità pittoriche – ma anche scultoree e architettonico-urbanistiche, come vedremo – in modo profondo. L’invenzione della «prospettiva» è attribuita al Brunelleschi, che, rifacendosi alla geometria euclidea, applicò alla raffi gurazione pittorica alcuni princìpi dell’ottica; il quadro doveva essere il punto di intersezione piana della piramide visiva dei raggi che uniscono l’occhio dello spettatore all’oggetto. Tuttavia, nel campo della pittura la «prospettiva» quattrocentesca vide il suo grande interprete in Piero della Francesca. Nell’ultimo periodo della sua vita Piero scrisse tre trattati di geometria e di prospettiva: il De quinque corporibus regolaribus, il De prospectiva pingendi e il De abaco. In essi chiarisce il suo punto di vista in materia pittorica, peraltro evidente anche dall’analisi delle sue opere: immagini fondate su una forte essenzialità monumentale, costruite su criteri geometrico-matematici rigorosi e resi vivi da un felice uso del colore che teneva in conto le variazioni cromatiche in base alla distanza del soggetto-oggetto nello spazio. Anche se il rapporto di Piero con l’arte classica, inteso tanto come ricerca programmatica di un nitore e di un rigore di fondo che ne caratterizzasse lo stile, quanto come ripresa di particolari specifi ci dell’arte antica, è un dato sottolineato spesso dai suoi critici, nel suo lavoro non mancano però forti agganci con temi e motivi dell’arte religiosa medievale.

IL RINNOVAMENTO ARCHITETTONICO Dal punto di vista teorico, la tesi umanistica d’una corrispondenza puntuale tra uomo e cosmo informa di sé anche l’arte e la scienza del XV secolo. Anche sul pia-

14. Paolo Uccello, Presentazione di Maria al Tempio. Duomo, Prato.

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