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Bisanzio

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Città d’Europa

Città d’Europa

4. Piero di Cosimo (1462-1521), Venere, Marte e Amore, particolare, 1490 circa. Gemäldegalerie, Berlino.

5. Foglio di un’edizione del 1460 dell’Eneide di Virgilio. Bibliothèque Nationale de France, Parigi. la prima età moderna corrispondente grosso modo al XVI secolo (ma in parte già avviato nel secolo precedente) e in cui – dopo la parentesi di torpore e di barbarie del «medioevo» – sarebbero rinate civiltà, cultura, arte antiche, animate naturalmente da un soffi o innovatore. Sebbene questo schema sia oggi ampiamente superato, non v’è dubbio che, già dagli ultimi decenni del Trecento e poi nel corso del Quattrocento, molte cose nella vita e nella cultura europee mutarono profondamente.

LA CULTURA UMANISTICA Si è abituati a defi nire «umanistica» la cultura italiana del Quattrocento, caratterizzata da una volontà di distacco rispetto alle tradizioni medievali e da un rapporto privilegiato con la civiltà classica greco-romana, intesa come modello al quale ispirarsi, anche se non da imitare pedissequamente; e nell’umanesimo si è abituati a vedere il momento preparatorio del Rinascimento. Termini come umanesimo, umanista e umanistico sono naturalmente moderni: essi hanno tuttavia la loro radice primaria nel culto delle humanae litterae, cioè della cultura propriamente fi losofi ca e letteraria maturata soprattutto nella Roma della cosiddetta «età aurea», vale a dire tra I secolo a.C. e I secolo d.C.; la ricerca di un modello stilistico preciso – che era anche modello etico – implicava una scelta e degli scarti. Insieme con la restaurazione di una lingua latina letteraria più bella e corretta – la lingua di Cicerone e di Virgilio –, si guardava evidentemente ai valori morali e politici che gli autori della latinità «aurea» avevano proposto. Conseguentemente ci si ispirava a un ideale umano di moderazione e di serenità e a un ideale politico di aristocratica libertà che era del resto molto adatto a essere apprezzato dalle élites delle città italiane tre-quattrocentesche, le quali – non diversamente, almeno in apparenza, dalla Roma del I secolo a.C. – erano incerte tra forme di governo repubblicano e soluzioni signorili-principesche. Al di là delle premesse ideali e delle realizzazioni intellettuali dell’umanesimo, la nuova cultura non fu priva di compromessi. Anzitutto, con le strutture gerarchiche e dogmatiche della Chiesa. Gli umanisti sono sovente sacerdoti, e pongono le loro conoscenze anche al servizio della fede; la loro stessa investigazione scientifi ca non giunge mai – almeno esplicitamente – a intaccare il dogma religioso. Anche il rapporto tra virtus e fortuna fi nisce con l’esser vissuto in modo del tutto antifatalistico (dal momento che fatalismo e predestinazione sono valori contrari al dogma cristiano dell’onnipotenza di Dio e del libero arbitrio dell’uomo), come un’esaltazione volontaristica delle migliori doti umane: l’intelligenza, l’audacia, la sapienza. Il continuo riferimento alla mitologia antica, indispensabile in una letteratura e in un’arte che si giustifi cano attraverso il modello classico, si accorda con il cristianesimo attraverso la lettura allegorica dei simboli e dei miti, che rinvia regolarmente a valori cristiani. Non mancano, certo, voci rigoristiche contro il «paganesimo» della moda umanistica: esse avranno fortuna nel secolo successivo e saranno elemento non di piccolo peso nella diffusione della Riforma luterana. Ma, in pieno Quattrocento, si può dire che gli stessi papi e perfi no molti spiriti pii aderiscano senza problemi di coscienza alla moda e ai valori culturali che essa suggerisce. Inoltre, il lavoro degli umanisti non è né gratuito, né disinteressato. Al contrario, proprio in quanto artisti e studiosi sono talvolta persone di umile origine, essi necessitano di mezzi e di serenità sia professionali sia interiori, e si volgono dunque alla ricerca di mecenati e di protettori; che trovano, regolarmente, nei grandi principi del tempo. Una protezione, quella di tali personaggi, sovente generosa, ma non gratuita. Dal poeta e dall’architetto che egli protegge e fi nanzia, il principe si aspetta celebrità e gloria: la maggior parte delle opere d’arte del Quattrocento, le migliori incluse, è difatti costituita da opere celebrative fatte su commissione.

L’ETÀ DELLE INNOVAZIONI Il pensiero umanistico è ricco pertanto di realizzazioni pratiche: raramente lo studioso è un puro intellettuale da tavolino, più sovente è anche artigiano, e nel suo lavoro arte e tecnologia s’incontrano. Il pittore quattrocentesco sa di matematica poiché deve impostare le sue opere secondo le norme della prospettiva, ma anche di merceologia e di chimica in quanto deve acquistare le materie prime per fabbricare i colori e studiarne il comportamento a contatto con le tavole di legno o le mura degli affreschi; lo scultore conosce le norme della geometria, ma anche le regole dell’arte degli scalpellini e i segreti della struttura della pietra; il fonditore getta in bronzo statue, ma anche campane e cannoni. Il mondo intellettuale del Quattrocento non ha nulla di astratto e di libresco: è un mondo di artigiani che lavorano e vivono a contatto con la loro gente e i loro problemi. Questo legame fra cultura umanistica ed esercizio del potere spiega come, nel corso del Quattrocento, si sia affermata una serie di invenzioni e di scoperte che hanno cambiato la faccia di quello che fi no allora era stato il mondo conosciuto. La polvere da sparo era conosciuta da molti secoli in Cina, dove però non serviva a scopi militari; in Europa era usata fi n dal Trecento per rudimentali bombarde che lanciavano palle di pietra; furono però i principi del Quattrocento e i loro ingegneri a perfezionare l’arma da fuoco sino a farne uno strumento d’assedio tanto effi cace da obbligare l’architettura militare a inventare tutta una serie di nuovi accorgimenti protettivi. Anche la stampa era usata già da prima del Quattrocento per la riproduzione rudimentale di brevi scritti o disegni, che venivano incisi su matrici di legno e poi impressi su fogli: fu tuttavia a partire dal Quattrocento – e soprattutto da quando, intorno al 1455, Johann Gensfl eisch, detto Gutenberg, ebbe inventato i caratteri mobili – che essa divenne un nuovo formidabile strumento di diffusio-

6. Antonio del Pollaiolo (1431-1498), Ercole e Anteo, 1475 circa. Galleria degli Uffi zi, Firenze.

7. Il torchio di Gutenberg a Magonza.

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8. Particolare di un disegno che descrive la conquista della città di Rouen da parte di Enrico V dopo un assedio di sei mesi, nel 1418-1419. Manoscritti di Warwick, 1484-1490. British Library, Londra.

9. Pianta cinquecentesca del Castello Sforzesco di Milano. ne della cultura e della propaganda. Allo stesso modo, la cosmografi a – rinnovata dagli apporti antichi riscoperti dagli umanisti – s’impose nel XV secolo non come scienza speculativa, bensì come strumento per l’ampliamento della terra e per l’arricchimento dei sovrani che ebbero l’audacia e la fortuna di promuovere i viaggi oceanici e le scoperte.

NAVI E CARTOGRAFI La grande protagonista della navigazione mediterranea medievale era stata la galera o galea, ma fra Duecento e Trecento importanti innovazioni nel campo dei trasporti erano state determinate dall’accresciuto volume di merci circolanti per il continente europeo. In particolare, il peso rilevante dell’area baltica e delle coste della Fiandra quali esportatrici di prodotti vari, sia nel campo della pesca sia in quello manifatturiero (panni di lana), aveva determinato la necessità di elaborare modelli nautici nuovi rispetto alla galea, poco adatta al commercio e per nulla alla navigazione atlantica, in quanto incapace di tenere il mare in tempesta. Questi nuovi tipi nautici si chiamavano «cocca» o «caracca»: erano navi a grande stiva, a velatura ampia anche se non ancora maneggevole, ed erano in grado di percorrere, sia pure non lontano dalle coste, l’Atlantico tra Baltico e stretto di Gibilterra. Più o meno negli stessi decenni erano entrati in uso la bussola – forse importata dai cinesi attraverso gli indiani e gli arabi – e il sestante, che insieme servivano a determinare la posizione, favorendo il passaggio dalla navigazione costiera a quella d’alto mare; inoltre si erano fatti progressi notevoli nel campo della cartografi a, abbandonando gli schemi cosmografi ci medievali e confezionando invece carte nautiche e descrizioni di coste e fondali, dette «portolani», molto precise. L’interesse geografi co e cosmografi co, nel XV secolo, era del resto parte del rinnovamento culturale di quel tempo. Nel 1410 tornava in circolazione in Occidente la Cosmographia di Tolomeo nella traduzione latina di Jacopo d’Angelo da Scarperia. Mentre i cartografi si trovavano a disposizione strumenti di navigazione sempre migliori, la critica cosmografi ca si esercitava su alcuni proble-

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mi fondamentali: quanto poteva essere largo l’oceano che separava l’Europa dall’Asia? Era possibile, quindi, giungere all’Estremo Oriente non già circumnavigando il continente africano e passando attraverso l’oceano meridionale, bensì navigando con la prua sempre rivolta a occidente? A lungo era prevalsa l’idea che il limite dell’oceano fosse invalicabile; per la diffi coltà dell’impresa, e non certo perché si pensava che la Terra fosse piatta, un’idea di lontana ascendenza biblica, ampiamente superata da quando gli scritti aristotelici erano ricomparsi nel mondo europeo. Le cose mutarono con il Quattrocento: il fatto che fosse di nuovo in circolazione la Cosmographia di Tolomeo aveva riproposto la tesi del rapporto paritario fra terre emerse e acque, e pertanto allontanato di parecchio le coste della penisola iberica da quelle della Cina. Non si era adattato tuttavia alla tesi tolemaica il geografo e astrologo fi orentino Paolo del Pozzo Toscanelli, il quale aveva per conto suo elaborato un calcolo, relativo alla distanza tra penisola iberica e Cina, che confi gurava la faccenda in modo più ottimistico di quanto essa fosse esposta in Tolomeo. Il Toscanelli espose le sue teorie in una lettera al canonico lisbonese Fernam Martins, nel 1474; i due si erano conosciuti durante il concilio di Firenze e avevano evidentemente parlato a lungo della possibilità di raggiungere la Cina navigando dalla penisola iberica verso occidente.

OLTRE IL MEDITERRANEO Sul piano pratico le navigazioni esplorative presero inizialmente la strada dell’Africa, in vista d’una sua possibile circumnavigazione. Stava probabilmente in qualche rapporto con programmi di questo tipo la spedizione genovese dei fratelli Vivaldi, salpata da Genova nel 1291 per esplorare l’oceano oltre lo stretto di Gibilterra, e mai più tornata. Alle Canarie giungeva ai primi del XIV secolo il genovese Malocello; fra 1340 e 1350 si scopriva poi l’isola di Madera; e più tardi, fra 1427 e 1432, si toccava l’arcipelago delle Azzorre. Frattanto, cominciavano a circolare notizie relative alle ricchezze in oro del Sudan e del Mali: e iniziavano le spedizioni che tentavano di giungere alla foce del Niger. Nel 1487, il portoghese Bartolomeo Diaz varcava il capo di Buona Speranza,

10. Carta nautica di Albino Canepa, XV secolo. Società Geografi ca Italiana, Roma.

11. Copia in facsimile dell’Atlante Tolemaico realizzato nel 1472 da una bottega fi orentina. Biblioteca Apostolica Vaticana.

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13 aprendo così la via verso l’oceano Indiano; e nel 1497 salpava da Lisbona Vasco da Gama, che sarebbe giunto alle coste dell’India. Il grande organizzatore delle prime fra queste straordinarie imprese marittime era un principe portoghese, Enrico detto appunto «il Navigatore» (1394-1460). Egli aveva riunito nel sud del Portogallo, l’Algarve, un vero e proprio centro di studi al quale convenivano navigatori, astronomi e cartografi . Tuttavia, l’impresa più importante e rivoluzionaria del secolo partì non dalla circumnavigazione dell’Africa, bensì dal problema che si erano posti il Toscanelli e il Martins. Le notizie sulla biografi a di Cristoforo Colombo non sono sempre e del tutto certe. Tra il 1478 e il 1479 egli si stabilì in Portogallo, dove sposò la fi glia di un piacentino, Bartolomeo Pelestrello, che era divenuto governatore di Porto Santo, nell’isola di Madera. L’interesse per la cosmografi a e l’idea che le coste asiatiche non distassero troppo da quelle europee risale a questo soggiorno: Colombo studiava gli antichi geografi , ma al tempo stesso interrogava i marinai e raccoglieva le leggende circa le isole occidentali. Nel 1488 lo scritto del Toscanelli al Martins lo rafforzò nelle sue idee. Ben presto, Cristoforo Colombo cominciò a inseguire l’idea di un viaggio che attraversasse l’oceano puntando verso occidente, anziché giungere all’Oriente attraverso la lunga e rischiosa circumnavigazione del continente africano. Mettendo insieme in modo abbastanza confuso notizie desunte da Plinio, dai geografi arabi, dal d’Ailly e dal Piccolomini egli aveva elaborato un sistema cosmografi co coerente, ma caratterizzato da colossali errori: ad esempio, riteneva la Terra molto più piccola della realtà e calcolava la lunghezza dell’equatore pari a 30.000 chilometri circa (cioè un quarto circa della sua effettiva lunghezza); pensava pertanto che per raggiungere le isole di Cipango (il Giappone) sarebbe stato suffi ciente dalle coste iberiche un viaggio di appena 5.000 chilometri, mentre l’effettiva distanza in chilometri tra le due coste è di 20.000. Una commissione di dotti riunita in Salamanca esaminò accuratamente le tesi e le confutò una per una. Oggi, abbiamo modo di controllare come i dotti di Salamanca fossero – rispetto alla verità obiettiva dell’assetto dei continenti sulla superfi cie terrestre – molto più nel giusto che Colombo. Il fatto è che sia quelli, sia questo ignoravano la presenza di un continente intermedio posto tra Europa e Asia, e che si collocava non lontano dal punto nel quale Colombo sosteneva fossero le coste dell’Asia stessa. Questo particolare avrebbe a lungo mantenuto l’equivoco: fi nché visse, Colombo non ammise mai di avere sbagliato i calcoli, e che le terre che aveva scoperto non fossero una parte del continente asiatico. Dopo la riunione di Salamanca, le speranze di essere fi nanziato dai Re Cattolici, per Colombo, erano molto esigue: egli tuttavia mise in moto tutte le sue risorse e le sue conoscenze per indurre i sovrani ad aiutarlo. E alla fi ne riuscì: il 17 aprile 1492 fu fi rmata la convenzione di Santa Fe, con la quale si concedevano tra l’altro a Colombo i titoli di ammiraglio, viceré e governatore delle terre che avesse scoperto e conquistato. Il 3 agosto di quell’anno salparono dal porto di Palos tre navi di modesta grandezza (due «caravelle» e una cocca leggermente più grande), armate con capitali in parte spagnoli, in parte fi orentini; e il 12 ottobre Colombo giungeva in vista di un’isola che egli identifi cò come uno degli avamposti del territorio di Cipango e che gli indigeni chiamavano Guanahani, mentre egli le impose il nome di San Salvador (l’identifi cazione di quest’isola è incerta, ma si tende a ritenere si trattasse dell’isola di Watling nelle Bahamas). In successive spedizioni, Colombo arrivò a Cuba (da lui identifi cata con Cipango) e a Haiti, cioè all’isola di Hispaniola, che egli credette essere il Catai. Colombo compì tra 1492 e 1504 quattro successivi viaggi tra la Spagna e quello che ormai veniva chiamato il «Nuovo Mondo». La sua attività come viceré e come governatore non fu felice: non seppe mantenere la disciplina tra i coloni spagnoli, commise crudeltà contro gli indigeni, fu addirittura accusato di atti di ruberia. Tuttavia, con questo straordinario allargamento delle dimensioni del mondo conosciuto dagli europei è tradizione – non certo univocamente accettata, tuttavia ancor solida – aprire alla storia il periodo detto «età moderna».

12. Ritratto di Enrico il Navigatore (13941460). Particolare dei pannelli di san Vincenzo attribuiti a Nuño Gonçalves, prima del 1460. Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona.

13. Eduardo Cano de la Peña (18231897), Cristoforo Colombo nel convento della Rebida, dove espone il suo piano di navigazione. Museo del Prado, Madrid.

14. Battaglia navale del 1475 tra portoghesi e genovesi raffi gurata su un ex voto della chiesa di San Pedro, Zumaia, Spagna.

15. Le vie delle grandi scoperte geografi che.

16. Incisione del 1585. Vi è raffi gurata la città di Santo Domingo, fondata nel 1497 da Bartolomeo Colombo, fratello di Cristoforo, nell’isola di Hispaniola.

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Azzorre 1413 a n o Atlantico Moscovia

Cristoforo Colombo San Salvador 1492 Cristoforo Colombo Hispaniola 1493 O c e

Cristoforo Colombo Trinidad 1502-1504 Oceano Pacific o Madeira 1419

Canarie 1341 Persia Imperomongolo

Capo Bianco

Senegambia Is. Capo Verde 1445-46 1450 Gambia A. Cadamosto Nuno Tristao A. Fernandes

Egitto Etiopia 1490 Diogo Zaire Cao Angola 1482-86 Capo di Buona Speranza 1487 Arabia Goa M al ab ar Calicut Amerigo Vespucci Oceano Indiano 1499 Via dellaseta e itinerari deimissionarinel XV secolo Via verso Oriente intorno all’Africa Via verso Oriente attraversol’Atlantico

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