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L’organizzazione curtense

24. Il porto di Venezia in un disegno della fi ne del XV secolo, opera del canonico tedesco Bernhard von Breydenbach. Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia.

25. Pianta di Genova e del suo porto nel XV secolo: borghi …… mura del 1155 –––– mura del 1320 .-.-.-.mura del 1346 - - - - ciali, ma non poterono mai svilupparle di pari passo con quelle politiche, così come avvenne per Venezia. Resa sicura la navigazione in Adriatico tra il IX e il X secolo con la forza e con gli accordi, al principio dell’XI secolo la rete di interessi commerciali dei veneziani si estendeva fra Costantinopoli, la costa siro-libano-palestinese, il Nord Africa e la Sicilia. Nonostante i reiterati divieti imperiali, da Oriente e da Occidente, e papali, Venezia vendeva agli arabi generi proibiti come il legname, il ferro e gli schiavi provenienti soprattutto dall’Istria, dalla Slovenia e dalla Croazia. Contemporaneamente, altre città marittime italiane stavano lanciando una loro politica autonoma: tra queste emersero presto Genova e Pisa. Furono dunque queste tre città a imporre, in concomitanza con la prima crociata, dei veri e propri itinerari che si snodavano su un asse est-ovest e viceversa, che univa i loro porti a Costantinopoli e alle colonie mercantili che le tre città avevano fondato tanto nell’impero bizantino quanto sulla costa siro-libano-palestinese, con l’appoggio dei principi crociati. I molti confl itti che scaturirono nel XII-XIII secolo tra loro ebbero sovente, appunto, origine da tensioni nate «oltremare». Ad esempio l’inimicizia tra Genova e Pisa cominciò a confi gurarsi quando si trattò di stabilire quale fra le due città avrebbe dovuto stabilire la sua egemonia sulle grandi isole di Corsica e di Sardegna; e continuò poi sia in Costantinopoli, sia in Acri e in Tiro (i due massimi porti del regno crociato), dove i «quartieri» veneziano, pisano e genovese erano contigui. Queste colonie commerciali delle città italiche sorgevano in quartieri urbani ben distinti dagli altri, addirittura dotati di loro fortifi cazioni, e prospicienti il mare: disponevano pertanto d’infrastrutture portuali, avevano fondachi e arsenali ed erano popolate da cittadini della madrepatria che passavano parte dell’anno su una sponda e parte sull’altra del Mediterraneo. Esse erano empori commerciali di straordinaria importanza, ai quali giungevano le merci dalle grandi città mercantili dell’entroterra come Damasco e Aleppo e addirittura da più lontano, attraverso la «via della seta» che metteva in comunicazione l’Asia sudoccidentale con la Cina. Da lì partivano verso l’Europa i preziosi carichi di spezie indispensabili alla medicina, all’alimentazione, alla conservazione dei cibi, ma soprattutto all’attività manifatturiera e anche all’arte (per esempio le materie coloranti, che servivano tanto a tingere le stoffe tessute in Occidente quanto alla pittura e alla vetreria); ma lì giungevano anche i panni di lana e le tele di canapa, i prodotti alimentari, il legname da costruzione, i pani di metallo greggio e le armi, ch’erano prodotti occidentali sempre più richiesti in Oriente e sempre meglio pagati, per quanto i papi cercassero con ogni mezzo – scomunica inclusa – di fermar la vendita di armi ai saraceni da parte di mercanti cristiani. In questo modo, nel corso del Duecento, la bilancia commerciale (fi no allora favorevole all’Oriente) s’invertì, e grazie all’affl usso di oro nelle casse dei mercanti latini l’Europa poté accedere alla coniazione della moneta d’oro, dal IV al XIII secolo privilegio praticamente esclusivo dei bizantini e di alcuni potentati musulmani. Se Venezia, con la quarta crociata, aveva riconfermato il suo controllo su Costantinopoli, pisani e genovesi puntarono immediatamente sui porti egiziani di Alessandria e Damietta, dove fondarono colonie commerciali sfi dando la condanna del papa, che aveva proibito i traffi ci con il mondo musulmano. Genova poi cercò di estendere i suoi interessi commerciali oltre il Bosforo, nei porti del mar Nero, dai quali si commerciava l’allume, a contatto con i tartari dell’Orda d’Oro e con i principati russi, in modo da sfruttare le correnti mercantili che attraverso il Volga e il Don provenivano dal Baltico, oltre alle carovaniere dell’Asia centrale che approdavano ai porti della Crimea e al grano ucraino che poteva rifornire l’Occidente.

26 26. Arsenale di Venezia con una nave in costruzione. Particolare di un disegno del XV secolo, opera del canonico tedesco Bernhard von Breydenbach. Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia.

27. Hartmann Schedel, veduta di Costantinopoli, incisione colorata, Norimberga, 1493.

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Capitolo XX NEMICI INTERNI E MARGINALI

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GLI ERETICI Il travaglio che aveva colpito le istituzioni politiche ed ecclesiastiche nell’XI secolo e la riforma detta «gregoriana» avevano portato alcune modifi che nell’ambito della predicazione e, più in generale, del rapporto tra clero e laici. Le decisioni conciliari non risolvevano però il problema della «cura delle anime», che anzi sembrava in procinto di emergere con nuove istanze e nuove esigenze. Mancava una riforma effettiva della predicazione che, oltre a defi nirne le competenze, riuscisse a mutarne i contenuti, aggiornandoli ai tempi. Di fronte a queste carenze, i laici reclamavano in modo sempre crescente un proprio ruolo all’interno della vita religiosa, scontrandosi però con la necessità, proclamata dal clero, di mantenere un controllo sui contenuti – e dunque sulla conformità alle dottrine della Chiesa – della predicazione. I primi segnali delle richieste di una maggiore partecipazione del laicato nella

1. Benozzo Gozzoli (1420?-1497) Incontro tra san Domenico e san Francesco, affresco, 1450-1452. Chiesa di San Francesco, Montefalco (Perugia).

2, 3. Le autorità spirituali (2) e le autorità temporali (3), particolari dell’Exultet della metà del XIII secolo conservato presso il Museo Diocesano di Salerno. La riforma gregoriana è fondamento della laicità dello Stato.

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