Film n. 13 gennaio/marzo 2020

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ulteriormente aggredito dai suoi compagni e ucciso. Il mattino seguente, la polizia irrompe nell’edificio, in cui i sopravvissuti iniziano a svegliarsi in preda al panico. Intanto Psyche, nella sua stanza, si inietta delle gocce di LSD negli occhi, rivelandosi la colpevole. «Vivere è un’impossibilità collettiva» recita una delle frasi che Gaspar Noé, come tipico della sua poetica, inserisce verso il termine del film, a riassunto di una pessimistica e claustrofobica visione dell’esistenza, scandita nel corso di un’ora e mezza di pura estasi visiva. Noé si dimostra nuovamente un autore consapevole delle specificità del linguaggio audiovisivo, trattando il medium cinematografico come un dispositivo capace di iperstimolare sensorialmente il soggetto, aggredendolo con un bagno di sensazioni che sembra rievocare quello shock percettivo di cui parla Benjamin, un’esperienza di assalto ai sensi che ha da sempre distinto il cinema. Il fatto di cronaca avvenuto in Francia nel 1996 non viene raccontato con valenza cronachistica

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ma attraverso una messa in scena psichedelica, capace di restituire, dal punto di vista audiovisivo, lo stato di alterazione sensoriale dei personaggi, in un crescendo infernale. Nonostante ciò, la focalizzazione non è insita nella loro mente alterata, dal momento che la macchina da presa osserva la realtà esternamente, non con taglio realistico ma rivelando una realtà invisibile a occhi nudi, capace di soggettivizzare lo stato mentale dei personaggi mediante movimenti e angolazioni vertiginose, cromatismi plastici e onirici, una musica martellante, le grida disperate dei personaggi che si mescolano alle demoniache risate, fino a un vero e proprio capovolgimento a 180° della macchina da presa nel finale, in cui Noé ci restituisce una delle più intense e angoscianti visioni dell’inferno, un mondo capovolto e immerso in una luce rossastra, in cui lo sguardo si avvicina a corpi che, sotto le note del ghetto blaster, danzano, fanno sesso e si aggrediscono vicendevolmente, permettendo allo spettatore di immergersi nell’energia cinetica e visiva del fotogramma e nella lisergica danza di morte, in un rapporto panico con l’immagine.

di John Real

Emerge un sottile gusto citazionista, che rievoca autori come il Dario Argento di Suspiria (la scuola di danza e il plasticismo fotografico) o l’Andrzej Żuławski di Possession (Selva che urla e si dimena tra i corridoi, omaggiando Isabelle Adjani nella celebre sequenza nei sotterranei della metro berlinese), titoli evocati nel gruppo di vhs collocate accanto al televisore in cui si susseguono le interviste al gruppo precedenti alle prove. Il film favorisce il visivo rispetto al narrativo, privilegiando particolarmente i piani sequenza, a partire dall’eccelsa performance che inaugura il party, coreografata appositamente per uno spettatore extradiegetico, a cui i personaggi sembrano rivolgersi. Noé ci regala una demoniaca esperienza audiovisiva, in cui il cinema si rivela capace di concretizzare il divenire, un’entità ontologica mutevole, restituita dall’evolversi del linguaggio verso un climax audiovisivo, la cui violenza è vissuta in prima persona dallo spettatore mediante lo spietato attacco sensoriale che lo scuote fino all’esaurimento. Leonardo Magnante

IL CARILLON

Origine: Italia, 2018 Produzione: Adriana Marzagalli, Giovanni Marzagalli, Maria Marzagalli per Real Dreams Entertaiment S.R.L., Ghost Film Pictures, AMG Corporation Regia: John Real Soggetto e Sceneggiatura: Adriana Marzagalli, John Real, Anita Tenerelli (supervisione) Interpreti: Rachel Daigh (Annabelle), Antonio Lujak (Loris), Fiona Whitelaw (Mrs. Nills), Cearl Pepper (Sophie), Antonella Salvucci (Eva), Melissa Leone (Lania), Anita Tenerelli (Agente), Hilary Derret, Salvo Rosano Durata: 83’ Distribuzione: Real Dreams Uscita: 7 marzo 2019 - V.M.: 18

Dopo la morte dei genitori, la piccola Sophie viene affidata a sua zia Annabelle, con cui si trasferisce in una nuova casa, acquistata a poco prezzo; in giardino, la bambina scopre una scatola sotterrata, su cui è inciso uno strano simbolo e all’interno della quale è contenuto un misterioso carillon. Loris, lo psicologo incaricato di seguire Sophie, tenta di comunicare con lei nonostante il mutismo in cui si è chiusa e cerca di stimolare Annabelle a stabilire un le-

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game con la nipote. Ogni mattina, Annabelle trova dei petali di rosa accanto al cuscino; nel frattempo, la bambina è sempre più attratta dal carillon, da cui non si separa mai. Annabelle ritira in biblioteca dei libri da restaurare per lavoro e scopre che in uno di essi, inerente a dei casi di oggetti posseduti, è presente lo stesso simbolo inciso sulla scatola. Durante la notte, scopre che Sophie sta giocando a nascondino con un amico imma-

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