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È stata la mano di Dio

di Paolo Sorrentino È STATA LA MANO DI DIO

Origine: Italia, Stati Uniti, 2021 Produzione: Lorenzo Mieli, Paolo Sorrentino per The Apartament, Società del Gruppo Fremantle Regia: Paolo Sorrentino Soggetto e Sceneggiatura: Paolo Sorrentino Interpreti: Filippo Scotti (Fabietto Schisa), Toni Servillo (Saverio Schisa), Teresa Saponangelo (Maria Schisa), Marlon Joubert (Marchino Schisa), Luisa Ranieri (Patrizia), Renato Carpentieri (Alfredo), Massimiliano Gallo (Franco), Betti Pedrazzi (Baronessa Focale), Biagio Manna (Armando), Ciro Capano (Capuano), Enzo Decaro (San Gennaro), Lino Musella (Mariettello), Sofya Gershevich (Yulia), Carmen Pommella (Annarella), Paolo Spezzaferri (Prete anziano), Rossella Di Lucca (Daniela), Antonio Speranza (Carabiniere), Dora Romano (Signora Gentile), Lubomir Misak (Americano), Cherish Gaines (Americano) Durata: 130’ Distribuzione: Lucky Red, Netflix Uscita: 24 novembre 2021

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“H “Ho fatto quello che ho potuto. Non credo di essere andato così male”. La citazione di Diego Armando Maradona - “il più grande calciatore di tutti i tempi” - riempie lo schermo. Poi, su una sequenza aerea che svela il golfo di Napoli, scorrono i titoli di testa. Fuochi d’artificio. Traffico. Napoli, 1984. Una donna alla fermata dell’autobus viene avvicinata da una macchina che la invita a salire. Al suo interno, un uomo si qualifica come San Gennaro. Accompagna la donna in una casa, all’interno della quale incontrano ‘o monaciello, un monaco bambino. Il presunto San Gennaro invita la donna a baciare il bambino sulla fronte. In cambio, la donna potrà finalmente rimanere incinta del suo compagno. Rientrata a casa, la donna racconta l’accaduto al compagno, che trova però dei contanti nella sua borsa e la aggredisce, convinto che si sia prostituita. La donna, terrorizzata, chiama la sorella che accorre assieme al marito e al figlio: si tratta di Fabio Schisa, detto Fabietto, e dei suoi genitori Maria e Saverio. Scopriamo che la donna si chiama Patrizia e ha problemi mentali. Lo stacco porta a casa Schisa. Fabietto è un adolescente sensibile e solitario. La madre una casalinga, il padre un bancario. A completare il quadro vi sono Daniela, sorella costantemente chiusa in bagno, e Marchino, fratello maggiore con aspirazioni da attore. Saltuariamente fa visita in casa Schisa la Baronessa Focale, misantropa e cinica. Fabietto si reca a scuola, ma sembra non avere amici o particolari interessi. Passa il tempo con le cuffie sulle orecchie. Una lunga sequenza di un pranzo al mare introduce altri personaggi che ruotano attorno alla famiglia Schisa: l’antipatica signora Gentile, il pessimista zio Alfredo, il faccendiere Geppino e altri parenti coloriti. Nonostante i tanti anni di matrimonio, i genitori di Fabietto sembrano amarsi come il primo giorno. Durante il bagno in mare, tra le mille distrazioni - su tutte la sensuale zia Patrizia impegnata a prendere il sole completamente nuda - il protagonista insegue con gli occhi un motoscafo di contrabbandieri in fuga dalla Guardia di Finanza. Il giorno dopo Fabietto accompagna Marchino a un provino per un film di Federico Fellini. Il regista riminese liquida il giovane, sostenendo abbia una faccia troppo convenzionale. Tornando a casa, i due sembrano scorgere tra le strade di Napoli Diego Armando Maradona, prossimo al trasferimento tra le fila della squadra della città. Scopriamo poi che il padre del protagonista coltiva una relazione extraconiugale che mette in crisi il matrimonio. La moglie lo allontana da casa. Fabietto si imbatte successivamente sul set di un film in lavorazione all’interno della galleria Umberto I. Il regista è Antonio Capuano. Finalmente il giovane sembra aver trovato un mondo che possa interessarlo. Frattanto inizia a frequentare lo stadio, dove incontra uno dei contrabbandieri in fuga dalla Finanza. I due fanno amicizia. I mesi scorrono, Maradona segna il famosissimo gol di mano contro l’Inghilterra, il cugino Geppino viene arrestato per via dei suoi traffici e i genitori di Fabietto, dopo aver fatto pace, si godono l’agognata seconda casa in montagna da poco acquistata. Durante una notte, tuttavia, i due perdono improvvisamente la vita per via di una fuga di monossido di carbonio. Fabietto e Marchino vengono convocati in ospedale, dove ricevono la terribile notizia. Il protagonista chiede di poter vedere i corpi dei genitori, ma ciò gli viene impedito. Dopo il funerale, Marchino informa il fratello che andrà per qualche giorno a Stromboli, in vacanza. Fabietto non riesce a farsi una ragione della morte dei genitori. Fa visita a zia Patrizia, ora internata in una clinica, e le confessa di avere aspirazioni artistiche. Successivamente perde la verginità con la Baronessa Focale, che lo aiuta a “guardare al futuro”. Dopo una nottata avventurosa con l’amico contrabbandiere, che scopriamo

chiamarsi Armando, Fabietto raggiunge Marchino a Stromboli. I due passano del tempo insieme. Il fratello maggiore confessa al protagonista di non sapere come affrontare il futuro. Rientrato a Napoli, Fabietto si reca al cinema per vedere il nuovo film di Capuano. Ne resta estasiato. Qualche tempo dopo fa visita ad Armando, ora in carcere per via dei suoi traffici. Ora più che mai, Fabietto è solo. Una sera tuttavia incontra casualmente proprio il suo nuovo idolo, Antonio Capuano. Il giovane è alla ricerca di consigli per diventare regista cinematografico. Capuano, burbero e scontroso, lo invita a cercare il conflitto, a fuggire la retorica, a non arroccarsi dietro al dolore. Infine, dopo un lungo scambio, il cineasta incalza Fabietto chiedendogli se ha davvero qualcosa da raccontare. Il protagonista urla in faccia al golfo di Napoli il dolore di non aver potuto vedere i corpi dei suoi genitori. Ecco cosa ha da dire. Capuano, ridendo soddisfatto, si tuffa in acqua. Fabietto ora è pronto a lasciarsi tutto alle spalle. Dopo aver salutato zia Patrizia, la sorella Daniela e la Baronessa, il protagonista sale su un treno direzione Roma, mentre le strade di Napoli vengono invase dai tifosi in festa per via dello scudetto conquistato grazie alle gesta di Maradona. Dal treno, in una piccola stazione, Fabietto scorge il Monaciello della scena d’apertura, cui fa un cenno con la mano. Il bambino risponde con un sorriso. Poi Fabietto si infila le cuffie e schiaccia un tasto del walkman. Le note di “Napul’è” di Pino Daniele abbracciano lo schermo. Sull’inquadratura fissa del volto del protagonista, scorrono i titoli di coda.

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“Le radici sono importanti”, dice la Santa a Jep Gambardella nell’ultima parte del film che è valso il premio Oscar a Paolo Sorrentino ed è proprio attorno alle radici che il cineasta napoletano decide di costruire la sua nuova opera. Eternamente affascinato dai trucchi - quelli del mestiere, quelli degli illusionisti capaci di far scomparire le giraffe, quelli posati a chili sui volti degli attori per farli diventare personaggi - in È stata la mano di Dio, Sorrentino decide di utilizzare al minimo i suoi usuali artifici, mettendo al centro del discorso il racconto umano di una famiglia felice prima e di un adolescente arrabbiato poi, con una Napoli inquieta e sognatrice a fare da cornice. Per fare ciò, il regista campano destruttura il suo cinema, smontandolo mattone per mattone: la musica, solitamente parte integrante del racconto, viene utilizzata con parsimonia, il montaggio abbandona il ritmo scorsesianamente incalzante, facendosi dolce, gli attori lasciano cadere le maschere e si fanno umani, la fotografia dimentica le tinte caravaggesche e abbraccia l’azzurro di Napoli. Conta solo la storia. Quella di Fabietto - alla fine del film diventerà Fabio - quella di suo fratello, di sua sorella, dei suoi genitori, della tragica imprevedibilità della vita. Dopo aver celato, a volte ironicamente negato, i suoi riferimenti cinematografici, Sorrentino sembra ora pronto a dichiarare serenamente influenze, rimandi, maestri. È stata la mano di Dio si apre sulla sequenza del traffico di 8 ½ e si chiude con il protagonista in viaggio de I Vitelloni, in mezzo c’è Capuano, Pino Daniele, Massimo Troisi, Raffaele La Capria e molto altro. In un gioco di citazioni e auto-citazioni - la scena di sesso con la Baronessa arriva direttamente da Hanno tutti ragione, romanzo dello stesso Sorrentino uscito per Feltrinelli nel 2010 - il regista premio Oscar, giunto al suo nono lungometraggio (se si conta Loro come opera unica), sembra voler abbracciare il suo pubblico di vecchia data, ma riconciliarsi anche con coloro i quali non hanno amato la svolta onirica giunta da La grande bellezza in poi. È stata la mano di Dio vuole essere un film universale, accessibile, sincero. In una parola: semplice. Non è casuale che per giungere a questo risultato, Sorrentino abbia deciso di voltare pagina e cambiare buona parte della squadra con la quale aveva condiviso il suo precedente percorso professionale: la Produzione è stavolta affidata a Lorenzo Mieli e la sua The Apartment e non più allo storico amico e collaboratore Nicola Giuliano (Indigo), la Fotografia a Daria D’Antonio e non più a Luca Bigazzi, il supporto alla regia a Jacopo Bonvicino e non allo storico aiuto regia Davide Bertoni. Oltre a ciò, il film è, di fatto, un prodotto Netflix, con annesso percorso distributivo. Uscito nelle sale italiane il 24 novembre 2021 e inserito nel catalogo Netlix il 15 dicembre dello stesso anno, È stata la mano di Dio ha conquistato il Leone d’argento a Venezia 78, oltre a varie candidature internazionali, tra cui quella come miglior film straniero ai Golden Globe e agli Oscar.

giorgio FEdErico Mosco

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