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America latina

Zhenia è sparito per sempre e tutti sentono la sua mancanza. Una mattina, due agenti del dipartimento dei lavoratori stranieri dell’Ufficio per l’Impiego passano da Maria per chiedere informazioni su Zhenia, ma la donna, per proteggerlo, dichiara di non averlo mai visto, mentre la figlia Blanka afferma che l’uomo in realtà è un supereroe. Nel frattempo, il figlio di Ewa e un suo amico ripiantano un albero sopra la tomba del padre, mentre Wika sceglie di trasferirsi insieme a suo figlio. Improvvisamente, una dolce nevicata imbianca il quartiere.

MMałgorzata Szumowska e Michał Englert gettano il loro sguardo sulla Polonia trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino ma senza ricadere in una messa in scena cronachistica o in un impianto realistico che intende documentare o quantomeno descrivere razionalmente le sue condizioni politiche e sociali, preferendo immergere lo spettatore in un clima magico, intangibile, incerto, irrisolvibile che sembra quasi cogliere uno stato d’animo, un sentimento di malessere collettivo che non può essere categorizzato e spiegato razionalmente. A raccogliere queste angosce generalizzate è la figura dell’angelo custode che si fa carico del male del mondo, il cui attraversamento permette l’emersione di quelle zone d’ombra che Szumowska aveva già osservato in quello che, ad oggi, è il suo film più riuscito, ossia Un’altra vita- Mug. Vittima della catastrofe nucleare, Zhenia si erge come rappresentante di un Bene superiore che sopravvive alle spire devastatrici del Male, vedendo in esso quelle nuance necessarie per accettarlo, per non farsi divorare da esso, come nell’emblematico accostamento tra la magia della neve e la polvere radioattiva che sembra aver messo fine a qualsiasi possibilità di poter coprire in maniera salvifica il mondo.

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Al contempo, l’incidenza sul tema dell’ipnosi e del tentativo di penetrare nello stato d’animo dei personaggi, nella foresta interiore che si pone come antitetica rispetto a un mondo che invece appare disinteressato nei confronti dell’ambiente e delle conseguenze devastanti delle proprie azioni, sembra rimanere alquanto superficiale, fornendo al pubblico delle immagini rapide, fugaci, che non consentono di cogliere un ritratto articolato e complesso del malessere che anima gli abitanti di un microcosmo omologato e vittima della propria alienazione. E se le prospettive di una presa in cura del mondo sono sempre più rare (la didascalia finale ci informa che la prossima nevicata è prevista per il 2025), la figura angelica non può che eclissarsi durante uno spettacolo, illusorio e ingannevole come l’immagine cinematografica che l’ha ospitato, garantendo una carezza temporanea in un contesto ormai abbandonato alla sua solitudine.

lEonardo MagnantE

di Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo

Origine: Italia, Francia, 2021 Produzione: Lorenzo Mieli per The Apartment (Società del Guppo Ffremantle), Vision Distribution, in coproduzione con Le Pacte, in collaborazione con Sky Regia: Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo Soggetto e Sceneggiatura: Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo Interpreti: Elio Germano (Massimo), Astrid Casali (Alessandra), Sara Ciocca (Bambina), Maurizio Lastrico (Simone), Carlotta Gamba (Laura), Federica Pala (Ilenia), Filippo Dini (Roberto), Massimo Wertmüller (Padre di Massimo) Durata: 90’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 27 gennaio 2022 L Latina oggi. Massimo Sisti è un dentista benestante titolare di uno studio dentistico, felicemente sposato con Alessandra e padre di due figlie adolescenti, Ilenia e Laura, con le quali vive in una bellissima villa immersa nella quiete. La sua vita si svolge pacificamente, alternando il lavoro alla famiglia, cui è molto devoto; le uniche eccezioni sono le uscite con l’amico Simone e le visite all’anziano padre, col quale l’uomo ha però un rapporto conflittuale. Un giorno, Massimo scende nello scantinato della sua villa per una faccenda domestica e vi trova qualcosa di totalmente assurdo: una bambina legata e imbavagliata. Il dentista, sconvolto, non ha la minima idea su chi possa averla portata lì e in che modo; la bambina è inoltre molto aggressiva nei suoi confronti e rifiuta con violenza il suo aiuto. Mentre cerca di fare mente locale, Massimo decide di continuare a tenere la bambina prigioniera per proteggere se stesso e tenendola nascosta anche al resto della sua famiglia.

I primi sospetti di Massimo ricadono su Simone, che tempo prima gli aveva chiesto un ingente prestito per pagare un debito: egli crede che lui abbia rapito la bambina per ottenere un riscatto, nascondendola poi nella sua villa grazie ad una copia delle chiavi; Massimo gli pone così delle domande ambigue e arriva addirittura a mostrargli una foto della rapita, senza però turbarlo più di tanto; chiede allora informazioni a Roberto, un barista amico di entrambi, ma questi si rifiuta di dargliene e riferisce tutto a Simone; Massimo allora cerca di inseguirlo in auto per sorprenderlo in flagrante, ma l’uomo lo scopre e lo aggredisce: pur non facendogli davvero male, gli intima di lasciarlo perdere.

L’intera faccenda, nel frattempo, sconvolge la psiche di Massimo, che si rende conto di aver avuto, nel passato immediato, frequenti vuoti di memoria a causa dell’abuso di alcool e psicofarmaci; l’ansia e il nervosismo gli impediscono di lavorare serenamente e iniziano a minare anche la tranquillità familiare: per questo motivo inizia pian piano a odiare la bambina, per la quale prova al contempo un senso di protezione che lo porta nonostante tutto a tenerla al caldo, darle da bere e a curare i suoi denti.

Massimo inizia a sospettare anche di suo padre, che vive da tempo in povertà e già altre volte si è imbarcato in attività illecite per procurarsi denaro. I due hanno uno spiacevole confronto, durante il quale si rinfacciano le mancanze che ciascuno ha subito da parte dell’altro, rimarcando al tempo stesso la loro interdipendenza reciproca. Al termine del diverbio Massimo, in lacrime, viene consolato dalla fedele e amorevole Alessandra.

Col passare dei giorni, Massimo nota dei comportamenti strani nella moglie e nelle figlie, le quali hanno nei suoi riguardi atteggiamenti elusivi. L’uomo inizia a sospettare che loro siano al corrente della presenza della bambina nello scantinato: in preda alla rabbia, Massimo irrompe nello scantinato distruggendo le tubazioni per allagarlo e in questo modo punire la bambina, ritenendola a sua volta colpevole della distruzione della sua tranquillità. In seguito, tuttavia, Massimo scopre che ciò che gli veniva tenuto nascosto era una festa di compleanno a sorpresa. Durante i festeggiamenti, Alessandra lo esorta ad andare da uno psicologo, che lo aiuterebbe a ritrovare la serenità; Massimo, tuttavia, crede che lei e le ragazze non sopportino più il suo comportamento e lo vogliano far internare, così reagisce violentemente aggredendole. Successivamente riversa il suo malessere anche contro la bambina nello scantinato, tentando di annegarla.

Massimo decide di sbarazzarsi una volta per tutte della bambina e dei problemi che essa comporta, così scava una buca dove seppellirne il cadavere una volta che l’avrà ammazzata. Tornato a casa, Alessandra annuncia all’uomo che è intenzionata a lasciarlo portandosi via anche le ragazze a causa dei suoi disturbi comportamentali. A quel punto Massimo decide di confessare alle tre il motivo della sua follia: le conduce nello scantinato per mostrargli la bambina, affinché la liberino e chiamino i soccorsi; una volta lì, però, Alessandra, Laura e Ilenia scompaiono misteriosamente. Mentre Massimo viene portato via dalla polizia, un notiziario annuncia la liberazione della bambina, ma rivela anche che il rapitore (Massimo stesso), nonostante abbia chiesto insistentemente di vedere sua moglie e le sue figlie, è in realtà celibe e conduce una vita riservata, priva di qualsiasi affetto e rapporto umano.

Condotto in prigione, Massimo torna finalmente sereno e tranquillo; nella sua cella, assieme a lui convivono le proiezioni mentali di Alessandra, Ilenia e Laura, che continuano a stargli vicino.

CCos’è un incubo? Forse una sensazione che provoca nel nostro inconscio uno stato di angosciante oppressione? Oppure la rappresentazione metaforica di un evento della vita reale? Lo sanno bene i fratelli Fabio e Damiano D’Innocenzo che con il loro terzo lungometraggio, America Latina, dimostrano ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, di saper fare cinema di qualità con stile e consapevolezza dei propri mezzi attraverso un discorso autoriale che li ha condotti a indagare fino in fondo sui lati più oscuri della società moderna. E questa volta, sembrano proprio essersi spinti oltre, immergendoci in una storia allucinata di sostanziale ambiguità, quella di un uomo senza speranza, in preda alle proprie ossessioni e intrappolato all’interno di una prigione mentale da cui non riesce ad evadere. Ma allo stesso tempo, come il sogno (l’America) e la realtà (Latina), due emisferi diametralmente opposti tra loro, ad un certo punto si congiungono, fino ad annientarsi l’uno con l’altro.

Districandosi tra dramma e thriller psicologico, il film dei due

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