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Il capo perfetto

scono a riparare la slitta in tempo, per cui Romeo e Babbo Natale, con l’aiuto di Genny, consegnano i pacchi ai bambini di tutto il mondo. Babbo Natale afferma che solo Genny può donare il regalo impossibile richiesto da Checco, ossia poter riabbracciare i genitori. Il protagonista passa a prendere il bambino e, grazie a una leva sulla slitta capace di riportarli indietro nel tempo, permette a Checco di poterli riabbracciare un’ultima volta.

DDopo i Babbo Natale di Diego Abatantuono e di Gigi Proietti, il film di Siani rilancia la tradizione della commedia fantasy natalizia per famiglie mirata a un pubblico giovanile, con un’ironia meno triviale di quella tipica del cinepanettone ma non meno opinabile (basti pensare alle gag costruite sugli elfi affetti da mutismo), più indirizzato alle derive fiabesche del Michele Soavi di La Befana vien di notte e del sequel diretto da Paola Randi.

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Come perfettamente attendibile, sebbene Siani si affianchi a un volto celebre della commedia natalizia come Christian De Sica, è evidente quanto il suo lavoro di scrittura tenda a costruire l’intera vicenda attorno al primato indiscusso della sua comicità, risultando però sempre più forzato ed eccessivo. Per fare ciò, la scelta narrativa ricade sulla totale messa in crisi del personaggio tipico di De Sica, che ritroviamo come magnanimo, ignavo, rispettoso del prossimo, nella totale distillazione di tutte quelle caratteristiche delle commedie natalizie di cui è stato protagonista. Di conseguenza, la comicità di Siani sembra avere non solo il predominio su quella del suo coprotagonista, ma sfrutta la furbizia opportunistica tipica della cazzimma napoletana per resuscitare il De Sica più noto al pubblico (si pensi al taglio di capelli e della barba per sancire il suo ritorno vero e proprio), ritrovandoci di fronte al volgare imbroglione, con un passato da latin lover ma che, al contempo, deve fungere da figura di riferimento per il cambiamento di Genny, il che avviene con una forzatura narrativa non indifferente. Se la comicità di Siani poteva risultare quantomeno tollerabile per uno sketch televisivo di Striscia la notizia (si pensi alla sua «E si amma parlà parlamm» che recupera anche nel film), tende a diventare sovrabbondante nella sua ripetitività all’interno di un contesto più dilatato come quello di un lungometraggio, soprattutto se l’obiettivo è inseguire un portento della comicità napoletana come Massimo Troisi.

Il tentativo di tirare in ballo temi come la disoccupazione, i diritti dei lavoratori, la criminalità di strada, giovani sempre più assuefatti dalle nuove tecnologie, fino al lacrimevole epilogo melodrammatico, non riesce ad andare oltre luoghi comuni ormai radicati nell’immaginario collettivo (a partire proprio dallo stile di vita “alla napoletana”), battute piuttosto esigue e monologhi superficiali, che nel puntare a ritrovare uno spazio riflessivo all’interno di una scrittura prettamente ludica, non hanno la forza di imporsi in un contesto che rimane costantemente vacuo e autoreferenziale.

lEonardo MagnantE

SSpagna, oggi. Blanco, titolare di un’azienda che produce bilance (ereditata dal padre) fa in modo che tutto sia sotto controllo, dagli stadi della produzione, alla soddisfazione dei dipendenti compresa la loro vita privata e sociale perché i loro problemi possono ricadere sul profitto aziendale con delle conseguenze perniciose. Il momento poi è particolarmente delicato perché sta per arrivare in visita ispettiva all’azienda una commissione governativa che deve assegnare un premio importante, foriero di cospicui finanziamenti dello stato...ovvio che Blanco stia piuttosto attento a tutto; a mantenere intanto un buon rapporto

di Fernando León De Aranoa

Origine: Spagna, 2021 Produzione: Fernando León De Aranoa, Jaume Roures Regia: Fernando León De Aranoa Soggetto e Sceneggiatura: Fernando León De Aranoa Interpreti: Javier Bardem (Blanco), Manolo Solo (Miralles), Almudena Amor (Liliana), Óscar de la Fuente (Jose), Sonia Almarcha (Adela), Fernando Albizu (Román), Tarik Rmili (Khaled), Rafa Castejón (Rubio), Celso Bugallo (Fortuna), Francesc Orella (Alejandro) Durata: 120’ Distribuzione: Bim Uscita: 23 dicembre 2021

con la moglie in un matrimonio un po’ annoiato, senza rinunciare alle belle stagiste che si alternano per brevi periodi nel suo stabilimento.

Il destino vuole che proprio in questo periodo in cui tutto dovrebbe filare liscio, i problemi invece sembrano acuirsi e mettere a dura prova i nervi dell’imprenditore.

Un dipendente appena licenziato per dare una piccola sforbiciata al personale meno produttivo, comincia un sit-in solitario occupando con tende e insegne antipadronali uno spazio davanti alla fabbrica.

Il figlio di uno dei suoi più vecchi e fidati operai frequenta brutti amici, picchiatori di destra, ragazzi del branco, insieme ai quali combina il pestaggio di un extracomunitario; dietro le preghiere del padre, Blanco lo assume come addetto alle consegne presso la boutique della moglie.

Un altro dipendente, Miralles, distratto dai tradimenti di sua moglie (che se la fa con un tecnico della stessa azienda, giovane e palestrato), fa un errore dopo l’altro, nei trasporti della merce, negli appuntamenti con i clienti e così via.

La storia tocca il culmine delle problematiche quando Blanco inizia una ennesima storia di sesso con la stagista ultima arrivata, Liliana, senza sapere che questa ha preferito mantenere l’anonimato ma in realtà è la figlia del suo migliore amico, altro imprenditore, conosciuto fin dai tempi dell’università.

La chiave di tutto è, però, sempre nelle mani di Blanco il cui credo è l’equilibrio (fabbrica bilance) tra i problemi, le esigenze aziendali, la sua tranquillità e i piaceri che la sua vita può offrirgli.

Quindi: il dipendente accampato fuori della fabbrica subisce il pestaggio e l’incendio (purtroppo ne muore) del suo accampamento da parte degli amici del figlio del suo operaio; il distratto Miralles, accusato di scarso rendimento con la testimonianza della segretaria di Blanco con cui ha una relazione è messo fuori dell’azienda; la dolce stagista è assunta in pianta stabile da Blanco che realizza la ritrovata padronanza del suo equilibrato “ecosistema”.

D

Due le basi del successo di questo film che si fa seguire con interesse in tutte le sue parti e in più di un momento con evidente, critica passione. Fernando Leon de Aranoa è il regista spagnolo che ha codificato i suoi trascorsi cinematografici nell’affrontare argomenti famigliari o i rapporti tra amici, amanti, subordinati e anche operatori umanitari al fronte (A Perfect Day, 2015).

Tutto questo, però, si è sempre rivelato un mezzo, non un fine: le sue storie di famiglia o di amicizia o d’amore sono sempre servite per raccontare qualcosa di più grande, del disastro che possono toccare i rapporti tra le persone, dell’ipocrisia e della finzione in cui versa la società, non solo spagnola ma universale. L’unico modo possibile per esorcizzare l’incubo è trasformarlo in grottesco, in una recita fatta di maschere, illusioni e di specchi che si ribaltano in continuazione.

Non c’è più nulla da difendere, tutto è perduto, squilibrato proprio quando si vuole tenere sotto controllo e il sistema che si crede di mantenere non c’è più se non al prezzo di una manipolazione, una rielaborazione, un trucco continuo.

Questo ultimo film di De Aranova parte come una commedia, ha dei balzi di durezza che lo accompagnano fino alla fine quando prende la strada del grottesco che ha al suo capolinea la mostruosità, il deforme.

A rendere cristallina, brillante e spietata la soluzione finale c’è la presenza del “diavolo”: la giovane stagista ammaliatrice, avida e senza tentennamenti è il tornasole che mette a posto le caselle nella loro eterna forza coesiva cioè la seduzione, il potere, i soldi; il circolo è chiuso.

Il film, candidato all’Oscar come miglior film straniero, protagonista ai premi Goya (gli Oscar spagnoli) con venti candidature, ha una punta di diamante, acuminata e tagliente, affascinante e naturale in Javier Bardem. L’attore spagnolo, già da tempo apprezzato per la sua bravura espressa in tanti film qui va oltre: unisce il dramma e la commedia, la finzione, la costruzione e il reale in un unico corpus che ha la sapidità della satira vera, bruciante nei confronti della società, della storia, del suo Paese, del suo personaggio e, siamo sicuri, di se stesso.

Con Bardem l’allegoria diventa realtà, così l’opportunismo e la maschera, le crisi di nervi ammansite e trasformate in sorriso, il fare felpato che esplode nel sesso, in una unica manifestazione di sentimenti, cinismo e bugie che vanno a comporre il fascino di una semplice, grandissima recita.

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