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Ennio

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Esterno notte

Esterno notte

adattamento indiretto. Ciò che la pellicola trasporta sul grande schermo non è infatti l’opera originale, bensì il musical, a teatro dal 2018, diretto da Erica Schmidt (che qui figura come sceneggiatrice).

Dall’opera di origine, Wright non riprende solo i temi e lo stile, ma anche i comprimari: Peter Dinklage, marito della regista teatrale, e Haley Bennet, compagna del regista cinematografico. Questa specie di impresa familiare, invero abbastanza singolare, potrebbe essere a tutti gli effetti il motivo per cui, alla visione, si percepisce sin da subito un’aria di fiducia, di feeling tra gli attori (e quindi anche tra chi li dirige). Attori che, grazie a un’ottima gestione, sono davvero uno dei punti di forza di questo film (notevole la prova di Dinklage, ma anche quella di Kelvin Harrison Jr.).

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D’altronde la scelta, qui come a teatro, dell’ex Tyrion Lannister de Il Trono di Spade è realmente significativa: Cyrano non è più un freak per via del suo naso, bensì a causa del suo nanismo. Ogni scena in cui appare, ogni scena in cui il tema del diverso viene sviscerato, ci sembra reale, veritiera. Non è Cyrano che parla attraverso Dinklage, ma Dinklage che parla attraverso e grazie a Cyrano. E il pubblico lo percepisce (anche perché, e i social ce lo di mostrano, la paura di mostrarsi è un tema di grande attualità).

Le canzoni, croce e delizia dei musical, sono qui ben collocate e ben assortite: poche le volte in cui il passaggio tra recitazione e canto è traumatico. Un motivo è che sono accompagnate da sequenze coreografate significative sia per il proseguo del film che per puro piacere estetico. Un altro, semplice ma non banale, è che le canzoni in questione sono, effettivamente, belle.

Leitmotiv dell’intera opera è, quindi, l’arte. O meglio le arti. A dimostrarcelo sono i minuti iniziali, ma anche quelli finali. Il film si apre col teatro, un play within the play di Shakespeariana memoria, e si chiude con un meraviglioso tableaux vivant (complice la fotografia di Seamus McGarvey) che ritrae Rossana e Cyrano nei loro ultimi, ma a tutti gli effetti primi, attimi insieme.

Purtroppo, seppur il film duri più di due ore, sembra sacrificare molto l’analisi dei rapporti tra i personaggi (troppo abbozzati e quasi mai chiari), in favore di un semi-anonimo scorrimento della trama (semi perché si affida all’eternità del testo di Rostand che, bene o male, è conosciuto dai più).

giallorenzo Di Matteo

di Giuseppe Tornatore ENNIO

Origine: Italia, 2021 Produzione: Gianni Russo e Gabriele Costa per B Produzioni SRL, in Coproduzione con Potemkino, Terras, Gaga, Blossom Island Regia: Giuseppe Tornatore Soggetto e Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore Durata: 150’ Distribuzione: Lucky Red Uscita: 17 febbraio 2022

EEnnio Morricone è stato un genio, un innovatore. A dirlo sono coloro che, nel tempo, hanno avuto modo di lavorare con lui. Da piccolo voleva fare il medico ma fu il padre ad avvicinarlo alla musica. Dopo la tromba studia composizione nella classe di Goffredo Petrassi: a un inizio non dei migliori (veniva anche discriminato), seguì un’ascesa. Durante gli studi, Ennio lavorava negli spettacoli e si avvicinò al cinema suonando nelle orchestre. Dopo il conservatorio, la moglie Maria lo raccomandò alla Rai ma gli dissero che non avrebbe fatto carriera.

Seguendo l’esperienza di John Cage crea il Gruppo Improvvisazioni Nuove Consonanze in cui Morricone poteva saziare la sua fame di innovazione, rottura. Da un po’ aveva anche iniziato a fare gli arrangiamenti per il Quartetto Cetra e per altri artisti, stando attendo a non far apparire il proprio nome. Poi arriva l’RCA che lo chiama per risollevarsi da una crisi di vendite. Ennio sforna successi dopo successi: prima le canzoni venivano solamente accompagnate, lui invece le colorava, le personalizzava rendendole immediatamente riconoscibili. Tutti gli artisti lo volevano perché, nella maggior parte dei casi, le sue trovate erano geniali.

Il Federale fu il primo film, un western, fatto a suo nome, prima preferiva apparire sotto pseudonimo per evitare di essere etichettato come compositore di serie b. Da qui arriva la chiamata di Sergio Leone (un suo ex compagno di scuola): la composizione di Per un pugno di dollari crea un precedente, nessuno aveva mai osato così tanto (a lui, però, il risultato finale non piaceva).

Morricone inizia a lavorare per tantissimi film ogni anno. Per lui si trattava di musica a tutti gli effetti, in contrasto con l’idea arcaica e discriminatoria dei suoi colleghi e del suo maestro. Quasi a conferma di ciò, arrivò Pasolini con Uccellaci e Uccellini: l’autore

bolognese aveva usato solo musiche di Bach fino a quel momento. Negli anni Sessanta il compositore diventò una garanzia per produttori e registi, anche quelli più esigenti.

Ennio rimase sempre uno sperimentatore e, tema dopo tema, riusciva a osare sempre di più. I thriller si prestavano a un utilizzo di musica dissonante improvvisata, ad esempio; i registi si fidavano ciecamente, Morricone aveva una capacità di comprenderli fuori dal normale. Ciononostante, non mancavano gli avvertimenti da parte dei produttori

L’impatto più grande lo ha avuto probabilmente con Sergio Leone. L’uno non sarebbe stato quello che è stato senza l’altro. Col tema di C’era una volta in America, Ennio ottenne il riconoscimento anche dai musicisti accademici: alcuni, dopo quelle composizioni, arrivarono addirittura a scusarsi. In quella fase della propria carriera, Morricone aveva deciso di smettere con il cinema, ma non ci riuscì mai. Con Mission, tutti erano certi dell’Oscar, ma l’Academy non fu dello stesso parere. Poi Nuovo Cinema Paradiso, Gli Intoccabili (altra nomination), La leggenda del pianista sull’oceano e tanti altri.

Nel 2007 Hollywood si scusa, metaforicamente, con un Oscar alla carriera. Nonostante l’età Ennio continua a lavorare e accetta l’incarico The Hateful Eight con Tarantino: ed ecco il suo primo Oscar alla miglior colonna sonora.

Morricone è un’icona. Tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui sono sicuri che sarà ricordato nel tempo, forse anche a livello dei grandi compositori della storia. La sua influenza sulla musica contemporanea è potente: senza di lui molti musicisti d’oggi non esisterebbero o non sarebbero come sono. F Forte di un’amicizia durata più di trent’anni, Giuseppe Tornatore riesce nell’impresa di girare un film su Ennio Morricone (dopo l’esperienza di qualche anno prima del libro Ennio: Un maestro). Un’impresa sì, perché non dev’essere stato facile costringere entro i limiti dei tempi cinematografici (anche se si sfiorano quasi le tre ore) un pezzo di storia della musica e del cinema, fatto di un numero di arrangiamenti, colonne sonore, temi che difficilmente può essere quantificato.

Presentato fuori concorso alla 78ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Ennio, che assume la veste del più classico dei documentari fatto di interviste e immagini d’archivio, catapulta gli spettatori in un excursus rigoroso e cronologico sulla vita di un uomo che, forse inconsapevolmente, ha segnato il Novecento. Il personaggio è estremamente cinematografico (complice l’ottimo taglia e cuci in fase di montaggio) e segue un ritmo narrativo, tra le varie fasi della sua vita, che sembra frutto di un’arbitraria fantasia: un’infanzia difficile, una carriera intrapresa per volontà del padre (non sua), le discriminazioni e il riconoscimento in età avanzata. Eppure questa è stata la vita di Ennio Morricone, un continuo conflitto interiore tra un’identità personale (che apprezzava e non temeva il cinema) e un’identità sociale costretta (quella dei musicisti accademici che svilivano il suo lavoro).

Nella costruzione della pellicola la scelta di Tornatore è stata quella agire secondo leggi che rispondono non tanto al linguaggio cinematografico, quanto a quello della musica: c’è una traccia principale, la lunga intervista a Morricone (un girato che dura oltre 40 ore), e ci sono dei contrappunti, quali gli interventi degli ospiti, le scene musicate (e ri-musicate); in uno stile che, nella composizione, era tanto caro a Ennio.

Con la volontà di rimanere fedele a quest’idea, il regista sceglie di fare un piccolo passo indietro ed eclissarsi, diventando ospite (nel mucchio di nomi altisonanti che hanno partecipato) del suo stesso prodotto: non si tratta di un “film di” o di un “film su”, si tratta di un “film per”, al completo servizio di un uomo che ha sempre fatto fatica a raccontarsi. Da questo punto di vista, Tornatore si merita un grande applauso, non solo per il risultato finale, ma per essere riuscito a creare un ambiente confidenziale in cui Ennio si sentisse libero di esprimere sé stesso.

C’è un’immagine nel film (anche un po’ autoreferenziale) che riassume il rapporto del compositore con la settima arte. Il cinema rincorreva Morricone e, per questo, Morricone, come Danny Boodman de La leggenda del pianista sull’oceano, nonostante le critiche, non avrebbe mai abbandonato quella nave, era semplicemente la sua vita.

Ennio è l’omaggio che il più importante compositore del nostro tempo meritava; purtroppo avrebbe meritato anche la possibilità di vedere la folla commossa acclamarlo all’uscita dalle sale.

giallorenzo Di Matteo

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