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Il discorso perfetto

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Esterno notte

Esterno notte

di non essere riuscito a fermarlo. Liberatosi da questo peso che aveva all’interno, chiede perdono alle rispettive famiglie.

Ormai liberi da qualsiasi problema interiore, i due amici si dirigono verso un pontile e, svestendosi dai propri abiti, si tuffano in mare.

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NNel cinema, quando si affrontano tematiche così delicate come quello della disabilità, si rischia molto spesso di inciampare sui soliti pietismi e falsi sentimentalismi che, oltre a banalizzare la materia trattata, puntano a sedurre facilmente un pubblico meno esigente. Altri invece, per evitare tutto ciò, decidono di svincolarsi da tali convenzioni per adottare un approccio diverso, concentrandosi più sull’umanità di tali individui che sulle loro problematiche. Ed è interessante notare che a ideare e scrivere un’opera così autentica come Beautiful minds sia proprio il filosofo e scrittore svizzero Alexandre Jollien (affetto da grave handicap cerebrale-motorio per un parziale strangolamento causatogli dal cordone ombelicale al momento del parto) che, in coppia con l’amico Bernard Campan, dirigono e interpretano i due protagonisti della vicenda, Louis e Igor. Il primo, uomo schivo e riservato che dirige un’impresa di pompe funebri.

Il secondo, un disabile di quasi quarant’anni affetto da una paralisi cerebrale, amante della filosofia, che trascorre le sue giornate a consegnare a domicilio prodotti biologici. Mentre Louis si dedica anima e corpo al suo lavoro, Igor è estraneo al mondo, infatti ignora la vita reale e ogni forma di rapporto sociale.

Sono proprio questi due personaggi, totalmente differenti l’uno dall’altro ad essere il motore trainante della pellicola che, attraverso l’espediente del road movie (spesso utilizzata in questa tipologia di trama) e una buona dose di ironia, intraprenderanno un viaggio attraverso il Sud della Francia che li porterà ad affrontare le proprie paure e a condividere un grande valore come l’amicizia: “Quello che conta è il percorso del viaggio e non l’arrivo” (Thomas Stearns Eliot). Il viaggio infatti, diviene a sua volta come un atto purificatorio di due anime solitarie che finiranno per aiutarsi a vicenda: mentre Igor deve accettare la sua condizione per aprirsi con più fiducia al mondo, Louis cerca perdono per una disattenzione determinante per la sua vita.

Non a caso è molto evocativa la scena finale, quando i due amici, si dirigono lentamente verso un pontile e, svestendosi dei loro abiti, si tuffano in mare ritrovando finalmente la propria serenità.

Tra le note dolenti, il film pecca inevitabilmente di poca originalità a causa di una sceneggiatura fin troppo prevedibile che preferisce non osare più di tanto per puntare invece su situazioni e incastri fin troppo noti. Come se non bastasse, anche la trama di fondo sembra essere una variazione a tema di Quasi amici.

Interessante infine, la scelta di girare il film in Svizzera, in particolare a Morges e zone limitrofe nel territorio del Canton Vaud.

Il film è una co-produzione franco-svizzera e distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Notorious Pictures.

alessio D’angelo

di Laurent Tirard

Origine: Francia, 2020 Produzione: Olivia Lagache per Les Films Sur Mesure, Le Pacte, France 2 Cinéma, Scope Pictures Regia: Laurent Tirard Soggetto: dal romanzo di Fabrice Caro Sceneggiatura: Laurent Tirard Interpreti: Benjamin Lavernhe (Adrien), Sara Giraudeau (Sonia), Kyan Khojandi (Ludo), Julia Piaton (Sophie), François Morel (Padre), Guilaine Londez (Madre), Sébastien Chassagne (Sébastien), Adeline d’Hermy (Solène), Sarah Suco (Karine) Durata: 88’ Distribuzione: I Wonder Pictures Uscita: 10 febbraio 2022

AAdrien è un trentacinquenne romantico, ipocondriaco e in piena crisi di mezza età. Un bel giorno però, ad aggravare ancor più la sua situazione, Sonia, la sua fidanzata, le annuncia improvvisamente che ha bisogno di mettere “in pausa” la loro relazione a data da destinarsi. L’uomo però, dopo aver attraversato un inevitabile crisi dell’abbandono (tra lacrime, dolore, rabbia) non abbandona l’idea di una possibile riconciliazione con l’amata Sonia.

Dopo trentotto giorni, Adrien non ce la fa più ad aspettare e decide di inviarle un SMS nella speranza di mettere fine a quella interminabile pausa fra loro, ma l’attesa di una sua risposta coincide proprio con la lunga cena familiare composta da: i suoi genitori, la sorella Sophie e il futuro cognato Ludo.

Adrien però è molto ansioso e sofferente nell’attesa interminabile di una risposta di Sonia al suo SMS. Nel corso della cena però, Ludo

chiede all’uomo il favore di tenere un discorso durante la cerimonia per il loro matrimonio. La proposta spiazza Adrien, che soffre al solo pensiero di tenere un discorso in pubblico senza incappare in spiacevoli conseguenze.

Adrien comincia a produrre un lungo discorso mentale, in cui immagina quel che potrebbe dire al giorno del matrimonio: uno brillante e intervallato da giochi di prestigio (che sa di essere perfettamente incapace di fare), mentre i seguenti si dimostreranno molto più disastrosi dell’altro.

Durante la cena, Adrien ricorda i traumi e i bei momenti passati, soffermandosi sulla sua famiglia, la sua relazione e se stesso. L’uomo infatti ha molti problemi a sopportare le piccole mancanze dei suoi familiari che durante la cena vengono sottolineate: Ludo che ostenta la sua conoscenza per ogni discussione; suo padre che si sofferma costantemente sugli stessi aneddoti passati; sua madre che non lo ascolta mai veramente quando chiede consiglio; e infine sua sorella che si ostina da anni a regalargli un’enciclopedia ad ogni suo compleanno senza conoscere davvero cosa piace al fratello.

Nell’angosciante attesa di una risposta al suo SMS, rievoca le fasi principali della sua relazione con Sonia, il loro casuale incontro, il loro primo appuntamento e chiedendosi come e quando il loro legame ha iniziato a deteriorarsi.

Al momento del dessert, sorpresa! Al posto della tradizionale torta allo yogurt di sua madre, viene servita una torta di pere e cioccolato preparata da sua sorella. Ludo però si lascia scappare una piccola critica che Sophie fa fatica ad accettare, e Adrien, che ha finalmente ricevuto un SMS sul suo cellulare, è entusiasta e per non rovinare la serata fa i complimenti alla sorella per il dolce ripristinando l’atmosfera. Può quindi constatare che il messaggio è davvero di Sonia.

Il film si conclude con una versione finale del discorso di Adrien al matrimonio di Sophie e Ludo; prende in giro i suoi genitori, sua sorella e suo cognato in modo amichevole, e lancia un’occhiata a Sonia che è presente tra gli invitati al matrimonio; quest’ultima le risponde con un ampio sorriso.

EEssere lasciati dopo una lunga relazione è forse una delle sensazioni più traumatiche che ogni innamorato possa mai provare. Sembra come se tutto il mondo ti crollasse addosso, fino ad essere risucchiati in un vortice di rabbia e dolore che nella peggiore delle ipotesi può tramutarsi anche in depressione. Questo è quello che accade ad Adrien, quando in un giorno come tanti, la sua ragazza ha deciso di mettere “in pausa” il loro rapporto perché qualcosa non ha funzionato. Di regola, durante il periodo di no-contact, entrambi gli ex devono prendersi un po’ di tempo da dedicare a se stessi per riflettere e capire se il loro sentimento amoroso può nuovamente riaccendersi. Purtroppo però il nostro protagonista, dal carattere nevrotico e in piena crisi esistenziale, attendere più di trenta giorni nella speranza che la propria ex possa nuovamente ricontattarlo non è affatto facile. Nemmeno quando, dopo averle inviato un SMS, l’attesa di una sua pronta risposta diventa interminabile.

Il discorso perfetto parte da questa semplice premessa per trasportarci all’interno di un lungo flusso mentale costituito da flashback, freeze frame, citazioni - splendido l’aneddoto su Darby Crash (cantante dei Germs) e il suo suicidio oscurato dalla morte di John Lennon avvenuta lo stesso giorno - attraverso cui il nostro personaggio, rompendo la quarta parete di alleniana memoria, ricostruisce i dettagli della sua vita con un linguaggio fresco, ironico e al passo coi tempi.

Il tutto viene confezionato dalla brillante regia di Laurent Tirard - già esperto in commedie irriverenti come Il piccolo Nicolas e i suoi genitori o Asterix e Obelix al servizio di sua maestà - che traendo spunto dall’omonimo romanzo del noto fumettista Fabrice Caro riesce nell’impresa di saper cogliere non solo il lato più comico del testo ma soprattutto quello più intimo e malinconico. Veniamo letteralmente inglobati all’interno dell’io narrante di Adrien, ossessionato sia da un rapporto logorato a causa della routine quotidiana che dalla paura incondizionata di non poter esprimere liberamente il proprio pensiero. Lo stesso “discorso” per il matrimonio della sorella diviene l’occasione di rivalsa per essere finalmente ascoltato da chi per tanti anni ha finto di capire quali erano le sue vere problematiche. Non a caso il regista ha dichiarato in un’intervista: “Il libro non è scritto in maniera lineare. La narrazione è caotica proprio perché corrisponde a ciò che accade nella testa di Adrien, Volevo che il film non si allontanasse troppo dal testo di partenza e ho quindi optato per una sceneggiatura che fosse altrettanto destrutturata ma cinematografica e non letteraria. […] Nel suo romanzo, Fabrice Caro parla in primo luogo dell’angoscia e fa molti riferimenti alla sua vita privata per descrivere le dinamiche familiari e le nevrosi che le caratterizzano. Il tema del resto è quasi universale: nelle riunioni di famiglia tendiamo tutti a parlare di banalità piuttosto che dirci semplicemente quanto ci vogliamo bene […]”

Il film però non è esente da difetti. Le cause sono riscontrabili a partire

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