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La vita è una danza

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Esterno notte

Esterno notte

malvagie”) racchiude forse il paradigma di tutto il film che - senza scomodare “Il corvo” di Edgar Allan Poe - dà il senso a qualcosa di ancestrale, nascosto, un male interiore “covato” dalla giovane protagonista che prederà corpo attraverso il suo doppelgänger fino ad esserne soggiogata. L’uovo, è appunto il punto focale della narrazione, in quanto rappresenta allegoricamente lo stato d’animo di Tinja (interpretata dalla giovanissima Siiri Solaninna) che viene inglobata dall’ingombrante presenza di una madre manipolatrice ossessionata per la carriera sportiva della figlia. Chiudendosi in se stessa, la giovane inizia a “covare” il proprio mostro interiore fino a renderlo reale. Il mostro, per cui inizialmente proviamo anche una sorta di pietà (è una sorta di diverso), instaura una relazione stretta con Tinja, tanto che sembrano essere in simbiosi. Diviene non solo il suo doppio ma anche amica della giovane, ricevendo forse, tutto il calore affettivo che non ha mai ricevuto. Questa ambivalenza è evidente anche sul piano tecnico, attraverso l’ausilio di un’elegante impianto scenografico negli interni (carta da parati colorata e sontuosi arredi) che creano questo scontro antitetico tra la patinata perfezione del nucleo familiare e la natura macabra e intrinseca della storia.

Tra le note più interessanti del film infine, bisogna evidenziare l’ottimo reparto degli effetti speciali. Per l’aspetto iniziale della creatura (l’enorme corvo antropomorfo) è stata utilizzata una sorta di marionetta in animatronics creata dal designer Gustav Hoegen e dal suo team (celebri per aver lavorato ai dinosauri di Jurassic World, alle creature mitologiche di Scontro tra Titani, alla serie TV di Doctor Who e alla saga di Star Wars). Man mano che il mostro si evolve e assume un aspetto più umano, la creatura viene interpretata da diversi stuntman. Il loro make-up è stato realizzato dal due volte candidato all’Oscar Conor O’Sullivan, noto per aver lavorato alla serie TV de Il Trono di Spade, così come per i film di X-Men: L’inizio e Prometheus.

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Presentato in anteprima mondiale il 23 gennaio 2022 alla 39ª edizione del Sundance Film Festival, Hatching ha vinto nello stesso anno il Grand Prix e il Prix du Jury Jeunes al Festival international du film fantastique de Gerardmer. Il film è una co-produzione scandinava (Finlandia e Svezia) e distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Adler Entertainment il 6 ottobre 2022.

alessio D’angelo

di Cédric Klapisch

DDurante uno spettacolo, Élise, étoile della danza classica, poco prima di salire sul palcoscenico, scorge tra le quinte il tradimento del suo fidanzato anche lui ballerino. Entrata in scena, cade e si infortuna alla caviglia. La diagnosi è pesante: una grave frattura le impedirà di danzare per un lungo periodo, forse due anni nel caso di intervento chirurgico. La ragazza pensa che a ventisei anni non può permettersi uno stop così lungo. Ansiosa di recuperare, Élise continua ad allenarsi da sola e si fa seguire dall’amico fisioterapista Yann, anche lui scottato dal tradimento della fidanzata. Élise si reca insieme alle sue due sorelle a trovare il padre che vive fuori Parigi. In occasione della visita, la giovane ricorda che la defunta mamma la aveva seguita fin da piccola nei suoi primi passi nella danza. In seguito il papà la aveva sempre accompagnata alle lezioni, pur non approvando la sua scelta di fare della danza una professione e indicando per la figlia gli studi di legge. Tornata a Parigi, la danzatrice inizia ad aprirsi ad altri tipi di danza, osservando in strada esibizioni di hip-hop e danza contemporanea in compagnia dell’amica Sabrina. Dopo qualche tempo, Élise decide di allontanarsi da Parigi seguendo Sabrina e il suo fidanzato chef Loïc a bordo del loro furgone di cucina itinerante. I tre giungono in Bretagna in una residenza per artisti gestita dalla disincantata Josiane dove Sabrina e Loîc preparano buon cibo accompagnato da ottimo vino. Nella tenuta arriva una compagnia di danza contemporanea capitanata dal coreografo Hofesh Shechter. Impegnata in cucina, Élise inizia a sbirciare le prove dei danzatori restando affascinata dalla libertà

Origine: Francia,Belgio, 2022 Produzione: Cédric Klapisch per Ce Qui Me Meut, Bruno Levy, Canal+, Ciné+, France Télévisions Regia: Cédric Klapisch Soggetto e Sceneggiatura: Cédric Klapisch, Santiago Amigorena Interpreti: Marion Barbeau (Elise Gautier), Hofesh Shechter (Hofesh), Denis Podalydès (Henri Gautier), Muriel Robin (Josiane), Pio Marmaï (Loïc), François Civil (Yann), Souheila Yacoub (Sabrina), Mehdi Baki (Mehdi), Alexia Giordano (Anaïs), Marion Gautier De Charnacé (Adèle) Durata: 177’ Distribuzione: Bim Distribuzione Uscita: 6 ottobre 2022

di movimento dello stile contemporaneo. Un giorno, la ragazza viene coinvolta da un ballerino che le chiede aiuto per provare una sequenza. I giorni seguenti Élise inizia a ballare con la compagnia. Tra la ragazza e il ballerino Mehdi nasce una simpatia che ben presto si tramuta in attrazione. Nel frattempo, Yann, tornato da un viaggio, la chiama dicendole che vuole raggiungerla in Bretagna. Durante una sessione di fisioterapia, il ragazzo nota come la ripresa dopo l’infortunio sia a buon punto. Élise confessa a Yann di aver incontrato Mehdi un collega con cui sta nascendo una relazione. Da sempre attratto dalla ragazza, il giovane sfoga la sua delusione. Poco dopo, il coreografo Hofesh le propone di esibirsi con la compagnia in scena a Parigi. Élise teme di non farcela a reggere l’intero spettacolo. Dopo la partenza del gruppo di danzatori, nella residenza arriva un coro. Il giorno seguente Élise torna a Parigi con Sabrina e Loïc. Dopo una visita di controllo, la dottoressa le conferma la guarigione. La ragazza rivede Mehdi, tra i due esplode la passione. Élise va a pranzo con il papà che è in città per lavoro e gli confessa di aver sofferto per la freddezza con cui l’ha sempre trattata. Nel pomeriggio, la ragazza porta il papà alle prove dello spettacolo.

Lo show va in scena, Élise danza ispirata. Dopo lo spettacolo, il papà le dice che è fiero di lei. La ragazza cammina per strada felice con i colleghi. Poi pensa a una lettera immaginaria da scrivere alla mamma, confessando che quello è il primo giorno della sua nuova vita.

UUn corpo in movimento. Vita, morte e rinascita.

Una o più vite. Sipari che calano e che si alzano di nuovo su una scena completamente diversa.

Il significato autentico della storia raccontata da La vita è una danza, quattordicesimo lungometraggio del regista Cédric Klapisch, è nel suo titolo originale, En corps.

Dentro il corpo, fin dalle prime immagini. Un corpo si muove a ritmo di musica ma poi qualcosa si rompe: un tradimento, un orgoglio ferito a cui fa da immediata risposta un corpo spezzato. Un trauma del corpo e dell’anima.

La scena di apertura è rivelatrice e spiazzante: quindici minuti di assenza di dialoghi, solo la messa in scena di uno spettacolo, dietro le quinte e sul palcoscenico. Solo la danza. Sguardi, muscoli in tensione, movimento, musica: una sofferenza crescente, un disagio raccontato solo per immagini.

Un incipit perfetto e studiatissimo. Klapisch coglie nel segno mostrando l’essenza di un’arte e al contempo un misto di emozioni e stati d’animo girando una sequenza con uno stile a metà tra il documentario e i richiami alla storia dell’arte. È difficile non pensare alle ballerine di Degas colte dietro le quinte, nell’atto di scaldarsi alla sbarra o di allacciare una scarpetta, con prospettive tagliate in obliquo, tra luce e ombra.

La danza è stata una presenza costante fin dall’inizio della carriera di Klapisch, quando fin dai primi anni Novanta ha avuto occasione di dirigere video e cortometraggi in tema (e anche il protagonista di Parigi del 2008 è un ballerino costretto a cambiare radicalmente la sua vita), fino al documentario realizzato nel 2010 sull’addio alla danza di Aurélie Dupont. Poi nel 2018, con lo spettacolo teatrale “Four Contemporary Dancers” il regista si avvicina alla danza contemporanea conoscendo Hofesh Shechter (il coreografo israeliano che interpreta se stesso in questo film): è l’inizio di un’amicizia che fa maturare l’idea di realizzare un film di finzione sulla danza.

Una storia di morte e rinascita, di corpi, legami (e legamenti), ritmi.

Klapisch racchiude il suo film in un andamento perfettamente circolare: un balletto classico in apertura e un balletto contemporaneo in chiusura. Un’immagine speculare (lo specchio è uno dei temi cardine in un film sulla danza): La Bayadère al Théatre di Chatelet e la coreografia di Hofesh Schechter Political Mother: The Choreographer’s Cut alla Grande Halle de la Villette.

Dal classico al contemporaneo, dalle rigide regole all’abbandono del corpo, dai ritmi classici ai suoni elettrici e alle percussioni tribali, dalla salita sulle punte, all’abbandono a un ritmo più viscerale. Alto e basso, cielo e terra, volare in alto leggeri e ancorarsi al suolo e alle proprie radici. Nel passaggio dalla danza classica a quella contemporanea, la protagonista passa dal volo alla caduta, dal cielo alla disperazione. Il passaggio di Élise da un universo all’altro avviene anche attraverso il viaggio: dalle strade, i teatri e gli appartamenti parigini allo scenario rurale della campagna bretone.

Al centro della scena, l’étoile dell’Opera parigina Marion Barbeau, fisico esile e sguardo che incanta. Accanto a lei, veri ballerini che interpretano se stessi e due professionisti in due ruoli cruciali: Denis Podalydès nei panni del padre e Muriel Robin nel ruolo di Josiane, la proprietaria della residenza per artisti dove avviene la presa di coscienza della protagonista e la sua rinascita. Josiane è una donna piena di gentilezza e positività, ma sofferente, cammina con un bastone a causa di una lesione; lei e Élise in fondo si somigliano, ha sottolinea-

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