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dic 2016 – ISSN 11222050
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Anno XXXVI, n. 180, dic 2016 - gen 2017 Juliet è pubblicata a cura dell’Associazione Juliet. Autorizzazione del Tribunale di Trieste, n. 581 del 5/12/1980, n. 212/2016 V.G. registro informatico
Direttore Responsabile: Alessio Curto
Illustrazione di Antonio Sofianopulo
Editore Incaricato: Rolan Marino Editore Associato: Eleonora Garavello Direttore Editoriale: Roberto Vidali Direttore Editoriale Online: Giulia Bortoluzzi Direzione Artistica: Stefano Cangiano, Nóra Dzsida Contributi Editoriali: Piero Gilardi, Enzo Minarelli
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Milano - Maria Villa
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maria_villa@hotmail.it
Parigi - Marta Dalla Bernardina marta.db@free.fr
Roma - Carmelita Brunetti carmelita.arte@tiscali.it
Tolosa - Stefania Meazza stefaniameazza@gmail.com
Torino - Ivana Mulatero ivanamul@tin.it
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Sommario
Anno XXXVI, n. 180, dicembre 2016 - gennaio 2017 36 | L’Arte dei Paesi Emergenti - Cuba (I) Luciano Marucci
42 | Pratiche Curatoriali Innovative (VI) Luciano Marucci
48 | Cinema Sperimentale anni Sessanta-Settanta (IV)
pics 73 | Gary Webb - “My First Dream” 75 | Irina Razumovskaya - Birch Series 77 | Sándor Pinczehelyi - Sickle and Hammer
Luciano Marucci
79 | Filippo Berta - Allumettes #2
52 | Gianni Pellegrini - Confini d’ombra e di luce
81 | Cosimo Casoni - The Sunday Side
Claudio Cerritelli
83 | Renato Nicolodi - “Omnia Memoria I”
56 | Intrecci a Berlino - Vita e arte Emanuele Magri
85 | Beard Gallery - Marcello Diotallevi
58 | Federica Schiavo Gallery - a Milano Maria Villa
60 | Christto & Andrew - Tra verità e artificio
ritratti
Emanuela Zanon
87 | Fil rouge - Loriana Ursich
62 | Aimez-vous l’art? - Arte e realtà aziendali
Fabio Rinaldi
Maria Cristina Strati
93 | Eloisa Reverie Vezzosi
64 | Nyctophilia - Flavia Bucci ed Enrico Fico
Luca Carrà
Giulia Bortoluzzi
66 | Gioberto Noro - Oltre il visibile Valeria Ceregini
Rubriche
68 | Bruno Mangiaterra - Ricerca a tutto campo
88 | Appuntamento formazione - Accademia Design Udine
Loretta Morelli
69 | Mike Bouchet - To Load Ch. Schloss
70 | The System of Objects - Rossella Colombari Magdalini Tiamkaris
71 | Incontri Selvaggi - David Yarrow Giulia Bortoluzzi
72 | Natalina e Pier Luigi Remotti - E la Fondazione di Camogli
Alessio Curto
89 | PP* - Gea Casolaro Angelo Bianco
90 | (H)o dell’artainment Angelo Bianco
91 | Janet Echelman - Interconnectedness Leda Cempellin
92 | Arte e... - Carlo Giovanella Serenella Dorigo
Emanuele Magri
74 | Giulio De Mitri - La Morfo Blu
agenda
Boris Brollo
96 | Spray - Eventi d’arte contemporanea
76 | All art is contemporary - Flashback
AAVV
Valeria Ceregini
78 | Alba Polenghi Lisca - Il gioiello come ricerca Alessia Locatelli
COPERTINA
80 | Mario Magajna - Fotografo
Joe Grillo “Acid Eagle (minus the aluminum wind)”
Jaruška Majovski
82 | Cappanera + Veronesi - Sogno e incanto Eleonora Fiorani
84 | Immagini di - Madre
2016, collage on cardboard, 27,7 x 21,5 cm photo Cellar Contemporary courtesy Cellar Contemporary (Trento)
Liviano Papa
86 | La Maratona dei Miracoli - alla Serpentine Gallery Luciano Marucci
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Pratiche Curatoriali Innovative William Kentridge / Jannis Kounellis a cura di Luciano Marucci
La libertà espressiva da sempre rivendicata dagli artisti – mai pienamente raggiunta soprattutto a causa delle tendenze polarizzanti e dei poteri forti del sistema dell’arte – specialmente dagli anni Ottanta è andata crescendo, se non altro dal lato linguistico, e oggi viene esercitata senza grandi condizionamenti esterni. Così l’attività creativa si è ampliata e ha stabilito sinergie con altre discipline, dall’architettura al teatro, dalla musica alla letteratura… Gli artisti non sono ‘usati’ soltanto per l’allestimento di eventi organizzati da altri, ma hanno assunto un ruolo critico, dal momento che spesso, grazie alle capacità inventive, vengono chia mati a cura re importa nti esposi zioni . In tali occa sioni , godendo di maggiore autonomia, sono incoraggiati a rappresentare visioni relazionali e più competitive. E riescono a dare ulteriore spazio all’immaginario mettendolo al servizio della collettività. Attraverso format originali affrontano temi culturali connessi anche alla realtà socio-politica, senza limiti geog raf ici o temporali. Il che aumenta la loro visibilità nello scenario generale e conferisce un plus valore ai loro artefatti. Nel contempo ci sono operatori visuali che restano legati alla loro produzione dalla forte identità e preferiscono essere curatori delle proprie mostre monografiche. Non a caso ho voluto estendere questo dibattito sulle pratiche curatoriali innovative a una campionatura di artisti,
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chiamati a esplicitare i personali punti di vista sull’argomento. William Kentridge nel periodo in cui era occupato a Roma nell’attuazione di “Triumphs and Laments” e in altri lavori all’estero non a ve va pot uto r i sponde re , vi a email , alle mie doma nde. Successivamente l’ho ricontattato e mi ha inviato un file audio di cui riporto la traduzione. Nell’ottobre scorso, durante la Frieze Week di Londra , alla Whitechapel Galler y ho avuto il piacere di visitare la sua straordinaria esposi zione “Thick Time” con sei lavori realizzati tra il 2003 e il 2016, incluse due immersive installazioni audio-visuali. William Kentridge, “Notes Towards a Model Opera”, 2014-2015 videoproiezione a 3 canali, colore, suono, durata 11’ 14’’, installazione a Johannesburg, Londra, New York, Pechino 2015, riproposta in “Unlimited ” di Art Basel 2016 (courtesy Studio Kentridge, Johannesburg) Notes Towards a Model Opera è incentrata sulla storia intellettuale, politica e sociale della Cina moderna ed esplora le dinamiche di diffusione culturale e di metamorfosi della Rivoluzione culturale cinese. L’opera prende in esame i balletti didattici, sia come fenomeno culturale a sé stante sia come parte di una storia della danza che attraversa continenti e secoli. Kentridge sovrappone giocosamente le trasformazioni estetiche e ideologiche del balletto in tutto il mondo, compresa la nativa Johannesburg.
Luciano Mar ucci: Per le tue most re personal i prefer isci non coinvolgere curator i esterni? Le tematiche stabi l ite dai curators l imitano o stimolano l’immag inar io? Wi l l iam Kentridge: Credo che occorra separare le mostre che si fan no i n ga l ler ie com mercia l i da q uel le nei musei. Nel le ga l ler ie pr ivate non m i aspet to ma i c he c i sia u n c u ratore, ma la cosa pot rebbe essere i nteressante; d i sol ito prov vedo io a l la scelta del le opere e a l bi lanciamento t ra loro. Per u n museo, dove i lavori esposti vengono presi dai nuovi o da quelli g ià esistent i, sono costantemente por tato a l d ia logo e spero i n u n curatore che most r i ciò che non ho ancora prev isto i n ter m i n i d i rappor to t ra i d iversi pezzi o d i tem i t rasversa l i. Sono fel ice q uando u n curatore scegl ie le opere e a l lest isce l’esposi zione senza t roppi i nput da par te m ia, propr io nel la speranza d i vedere q ua lcosa d i i ned ito. A lt r i ment i, se prendessi io og n i decisione e cu rassi io stesso og n i most ra, esse potrebbero r isu ltare sempre ug ual i. Recentemente ho anche iniziato a lavorare con Sabin Threunissen, una scenografa che mi aff ianca in una produzione teatrale, che fa da intermediaria tra me e le istituzioni in cui i l lavoro viene presentato. Non si tratta sempl icemente d i essere un exhibition designer come un architetto, giacché spesso c’è da negoziare con l’al lestitore del l’ist it uzione stessa, ma d i u n caso d i col laborazione con q ua lcu no che conosce bene la m ia produzione e che ha mod i d i esporla come io non av rei osato fare, o che lo relaziona i n man iera nuova e i nteressante. I l rappor to con u n curatore è anc he più complesso, perc hé l’esposi zione r iesce meg l io se
William Kentridge, “Triumphs and Laments” 2016, fregio su un muraglione del Tevere a Roma, m 550 x h 10, due processioni-performance, 21 aprile 2016 (courtesy Studio Kentridge, Johannesburg; ph Marcello Leotta). Partiti da Ponte Mazzini e da Ponte Sisto, per incontrarsi al centro, i performer hanno eseguito un canto Mandinka degli schiavi africani, un’antica canzone dell’Italia meridionale e un grido dei guerrieri Zulu che mescolavano alle parole del poeta Rainer Maria Rilke. Nell’operazione Kentridge ha esplorato le tensioni che hanno dominato la storia della Città Eterna, celebrando le più grandi vittorie e sconfitte dai tempi mitologici ad oggi.
si sv i luppa su due l i nee: sia che provenga da u n i nteresse i n at to del l’ar t ista per q ua lche par t icolare tema, sia che favo r isca l’azione del curatore. C’è u no st i molo, u n obiet t ivo, u n suggerimento; la dimostrazione che il curatore riesce a legare t ut to a ciò che l’ar t ista sta facendo, che produce q ua lcosa d i d iverso da q uel lo a cu i sarebbe ar r ivato se egl i (o el la) fosse stato solo nel suo st ud io. Spesso penso che i tem i espressi dai curator i, se non t roppo d idat t ici e speci f ici, possano essere obiet t iv i rag g iu ng i bi l i , ma devono sempre der iva re da u n d ia logo par t icolare, da u n rappor to durat uro t ra curatore e ar t i sta. I contest i cu rator ia l i sono più i nteressant i q uando la relazione dura più d i u na most ra, più d i u n proget to, permet tendo a l curatore d i conoscere l’ar t ista e v iceversa. Og n i t ua espos i z ione na sce d a u n pa r t icol a re proget to? H a u na d ic h i a rat a ident it à? Credo che a volte i l lavoro riguardi ciò che accade nel lo studio du rante u n per iodo, q uel lo svolto, ad esempio, negl i u lt i m i due an n i. Per me è sig n i f icat ivo vedere che si stabi l isce u n
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Federica Schiavo Gallery a Milano
di Maria Villa
nella pagina a fronte: Patrick Tuttofuoco “Marissa” 2016, courtesy Federica Schiavo Gallery sotto: JayHeikes “Zs” 2016, malta pigmentata, juta verniciata,sale, polvere d’acciaio, filo di rame, smalto e legno, 102 x 78 x 5 cm, ph Andrea Rossetti, courtesy Federica Schiavo Gallery
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A l le spal le d i Vi l la Necchi Campigl io, i n un appartamento dal tipico sapore mi lanese, con pav i menti e sof f it t i d’epoca vado a v i sitare l’u lt i ma ga l ler ia aperta in città, quella di Federica Schiavo, che dopo an n i d i at t iv ità con i l suo spazio nel la Capita le ha deciso di aprire una seconda sede a Milano insieme a Chiara Zoppelli. Chiedo subito il perché di questa scelta, e mi dicono che la galleria è da sempre seguita anche da un pubblico milanese, conosciuto in occasione delle svariate fiere. Mi raccontano però di una sorta di “frustrazione” data dall’impossibilità di approfondire questi rapporti a causa della fugacità di quel contesto, ecco da dove è nato questo progetto. Milano poi, siamo tutte d’accordo, è un crocevia importante, per il nord Italia e per il nord Europa è un posto dove oggi si trovano realtà importanti come riviste, curatori, direttori di musei, e anche diversi artisti. Da come mi parlano capisco quanto la possibilità di confrontarsi per loro sia fondamentale: “a Roma oggi queste realtà esistono, ma tutto è più difficile”. Nonostante la diversità delle due “piazze”, la programmazione non seguirà due binari differenti e la scuderia di artisti sarà comune, tuttavia c’è un piano ideale che vorrebbero raggiungere: “Il sogno
sarebbe quello di creare due realtà complementari: fare nella Capitale quello che lì viene meglio. Roma genera una sorta di fascinazione, soprattutto negli artisti stranieri, per loro il confronto con la città è un’occasione importante. Noi poi abbiamo sempre lavorato spingendoli a produrre qualcosa di nuovo pensato appositamente per quella dimensione, li abbiamo ospitati, e quell’ambiente facilita perché tira fuori il meglio da ciascuno di loro. Il progetto ideale sarebbe q u i nd i cercare d i organi zzare l ì delle brevi residenze, insomma, sfruttare al meglio questo effetto e costruire una sorta di laboratorio. Milano dovrebbe invece diventare uno spazio più istituzionale o, per meglio dire, più tradizionale, con una linea diretta e chiara per presentarci su un territorio nuovo”. Mentre parliamo la mostra di Jay Hei kes, No future ism, la pr i ma del lo spazio d i v ia Barozzi, è ancora allestita, ma ciò che seguirà è un progetto realizzato che coinvolge una new entr y della galleria, un artista non casuale che ha un legame particolare con la città: Patrick Tuttofuoco. R imango stupita per questa scelta, ma Federica Schiavo mi spiega subito con chiarezza le motivazioni: “Patrick è stato un artista molto significativo sia per la città e sia per la mia storia personale. Quando vivevo a Milano la figura di punta era lui, un mio coetaneo, e, anche a causa di questa vicinanza anagrafica, mi ero interessata al suo lavoro. Poi dopo quell’esplosione c’è stato un momento di silenzio, o meglio, di maggiore tranquillità f ino a quando mi sono riav v icinata alla sua attività. Il libro di Nicola Ricciardi Portraits Portraits Portraits è stato un veicolo importante, infatti abbiamo voluto che anche l’autore avesse un ruolo nella mostra. La domanda è che cosa sia oggi Patrick Tuttofuoco rispetto a quella figura che aveva invaso anni fa Milano e rispetto a quello che ha rappresentato. Il libro cerca di spiegarlo attraverso una serie di contributi di critici e curatori che lo hanno sempre seguito nelle tantissime cose che ha prodotto in questi anni. Si tratta di contributi liberi che restituiscono un ritratto ideale. Tra queste righe però c’è un passaggio fondamentale di generazione. Leggendo si percepisce quello che è successo dagli anni Novanta a oggi, ovvero da un momento di fiducia sfrenata nell’uomo alla crisi di questi anni. Nel giro di pochissimo tutto è cambiato radicalmente, cosa significa ciò per un artista che spesso fa coincidere vita e lavoro? Come è stato possibile superare questo momento? Patrick è cambiato, trasferendosi a Berlino è riuscito a sfuggire dal baratro, ad evolversi, pur portandosi dietro questo bagaglio. I lavori nuovi, e questo progetto lo dimostrano bene”.
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Gary Webb “My First Dream”
Gary Webb “My First Dream” 2014, vetro e alluminio, 297,2 x 175,3 x 74,9 cm, Frieze Art Fair, Londra 2015 (stand The Approach Gallery, Londra; ph Luciano Marucci)
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Sándor Pinczehelyi Sickle and Hammer
Sándor Pinczehelyi “Sickle and Hammer” 1973, silkscreen, paper, 863 x 611 mm, Marinko Sudac Collection. Dal 27.10 al 23.12.2016 in mostra a FM Centro per l’Arte Contemporanea di Milano in “Non-Aligned modernity/Modernità non allineata. Arte e Archivi dell’Est Europa dalla Collezione Marinko Sudac”
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Spray Eventi d’arte contemporanea
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Gohar Dashti (Iran) “Untitled” 2013, archival digital pigment print 80 x 120 cm, edizione 3/7, courtesy Gohar Dashti & Officine dell’Immagine, Milano (opera vincitrice del Premio OTTELLA for GAM, Art Verona 2016)
AREZZO Fino al 19 dicembre la Galleria 33 (www.galleria33.it, via Garibaldi 33) presenta “Nyctophilia”, bi-personale di Flavia Bucci ed Enrico Fico, a cura di Tiziana Tommei. Entrambi i progetti nascono da un’analisi consapevole sugli aspetti meno manifesti del sé, sulla parte appunto “meno in luce” e più nascosta della propria coscienza. Flavia Bucci lo fa con “Esercizi d’Igiene”, progetto fotografico che riunisce una selezione di 3761 scansioni fatte dall’artista durante un anno: una vivisezione del mondo che la circonda condotta con freddezza, per riordinare il caos in un esercizio rituale e razionale. Ogni elemento fisico viene fotografato e schedato in un archivio di significati e memorie che permettono all’oggetto di essere compreso e successivamente liberato, abbandonato. Enrico Fico con “À chacun son enfer” si cimenta, quasi per caso e con estrema naturalezza, in un diario di visioni e appunti, nell’associazione d’immagini scattate alla natura del quotidiano e brevi frasi che le rispondono istintivamente. Trittici, fotogrammi, immagini in movimento di paesaggi che non sempre confortano chi osserva ma che lo spogliano dai suoi lati oscuri suggerendo una chiave di lettura più serena della verità. L’Io emana un flusso all’infuori di sé che compenetra realmente l’alterità che gli sta di fronte, la quale nell’immagine-ricordo reagisce in una nuova alterazione. Valeria Valente
ARONA All’Antico Forno & Caffè troviamo “SegnoContemporaneo”, mostra che raggruppa dieci autori noti a un vasto pubblico del lago Maggiore. Gli artisti, viaggiano in un contesto di ricerca volto alla conoscenza di un pensiero fortemente intimo che, attraverso la tavolozza, cangiante
Rossana Bucci “Contrasto - Unione” 2016, tecnica mista azionata a motore courtesy l’artista
e solare e luminosa, “raccontano” un mondo da sognare, sia attraverso una immagine figurativa, sia attraverso un possente segno gestuale. A questa rassegna, con opere di piccolo formato, in cui emergono le straordinarie capacità di questi autentici maestri, sono stati invitati: Corrado Bonomi, Delfina Camurati, Marco Carletto, Achille Pace, Arrigo Parnisari, Luca Lischetti, Franco Pulacini, Corrado Selvini, Giovanni Sesia, Massimo Romani. In contemporanea opere di grande formato di Sergio Serra (1963) che con il “Gallo”, emblema della sua ricerca, realizzato con tela di juta da caffè intrecciandola, va alla conquista del mondo con i suoi docili animali da cortile, incontrastati re del pollaio, fino a toccare le città di Los Angeles, Dubai, Parigi. (+39 393.9967851) -Liviano Papa
BARI “Sottobraccio” è la collettiva internazionale organizzata da Oronzo Liuzzi e Rossana Bucci al Museo della città e del territorio di Corato. Invitati un centinaio di artisti, che sperimentano la connessione emozionale, l’armonia dell’incontro, casuale, momentaneo o di una vita. Opere di piccolo formato che uniscono in un abbraccio virtuale e universale l’essere e l’essenza di ognuno attraverso pittura, poesia visiva, elaborazione digitale, geometrismo materico. Una mostra che lambisce il confine tra presenza-assenza, contatto-privazione, oltre le barriere, mentali e concrete, lo spazio fisico e preconcetto. Consci della necessità contemporanea di recuperare il gusto della semplice tangenza, dello stare in comunità, per una rigenerazione etica e culturale del fare arte. Segnaliamo, inoltre, presso il Museo Nuova Era di Bari “Diario Corale”, mostra personale dedicata al poeta visivo Lamberto Pignotti. -Lucia Anelli
BOLOGNA Studio G7 riapre la stagione espositiva con la personale di Mariateresa Sartori intitolata Alberi Casa Mamma: l’artista veneziana, che incentra il suo lavoro sulla concettualizzazione artistica della tensione dell’essere umano verso una conoscenza destinata a rivelarsi sempre incompleta perché fondata su basi irrimediabilmente aleatorie, presenta un recente progetto dedicato alla madre anziana e inferma e alla riscoperta delle sue radici personali. Una serie di scatti realizzati con una semplice scatola dotata di foro stenopeico riproducono oggetti, fotografie e documenti prelevati dalla casa di famiglia componendo sequenze di reperti in cui l’oggettività delle testimonianze si disperde e si complica in un flusso emotivo che vanifica l’imparzialità del procedimento iniziale. Il dato reale, se considerato come frammento di una memoria che procede per metonimie e analogie secondo coordinate spazio temporali soggettive, diventa il presupposto semantico e la verifica cognitiva di una vita interiore che resiste ad ogni tentativo di sistematizzazione. La catalogazione messa in atto dall’artista accetta, quindi, la costitutiva inafferrabilità della relazione uomo-mondo e ne trasfigura in poesia i detriti materiali per renderli universalmente esperibili. Da Gallleriapiù sarà visitabile fino al 21 gennaio Minimum, personale di Ivana Spinelli, in cui sculture, disegni e installazioni prendono spunto dal confronto tra le normative che regolano il salario minimo dei Paesi dove vengono realizzati i prodotti dei più famosi brand Made in Italy per riflettere sulle relazioni sociali alla base del commercio globalizzato. Il linguaggio e lo scarto semantico implicito nella traduzione si materializzano in intriganti sillogismi visibili ed esperibili dove l’incontro tra differenze e incongruenze costrette a confrontarsi e
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