Anno V - Agri-Cultura N° 2 - 2016
Karpòs
AGRI-CULTURA
La malattia del Pinot grigio: news dal mondo della ricerca INSALATE, UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE
Pomodoro da industria MIELE, VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA PRENOTA gratis per te e regala le riviste di karpòs
* estratto dell’atto costitutivo del 1883
EDITORIALE
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EDITORIALE EDITORIALE
Karpòs AGRI-cultura N. 2 - 2016
Direttore editoriale Renzo Angelini Direttore responsabile Lamberto Cantoni
05 PRENOTA gratis per te e regala le riviste di karpòs Renzo Angelini
12 La malattia del Pinot grigio: news dal mondo della ricerca Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012 Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) P.I./C.F. 04008690408 REA 325872 Hanno collaborato a questo numero Antonella Bilotta antonella.bilotta@karposconsulting.net Laura Fafone laura.fafone@karposconsulting.net Amministrazione Milena Nanni milena.nanni@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria pubblicita@karposmagazine.net Tel. +39 335 6355354
34 INSALATE, UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
64 Pomodoro da industria Luciano Trentini
92 MIELE, VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA Giovanni Ballarini
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Da pag.12 a pag. 26 foto Centro di Ricerca per la Viticoltura di Comegliano (TV) Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini
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12 La malattia del Pinot grigio Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
La malattia del Pinot grigio: news dal mondo della ricerca Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
13 La malattia del Pinot grigio Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
La globalizzazione rende ogni giorno più facili gli scambi tra Paesi di tutto il Mondo, permettendo una crescita più veloce sotto diversi punti di vista, e però mettendoci di fronte anche a nuove problematiche a cui la Ricerca è chiamata a dare risposte risolutive. In ambito viticolo, lo scambio di materiali di vario genere favorisce la diffusione di insetti e patogeni, che colonizzando nuovi territori producono effetti inaspettati. Potrebbe essere questo il caso della “malattia del Pinot grigio”, fitopatia della vite identificata per la prima volta nel 2003 nella Piana Rotaliana in Trentino Alto Adige e l’anno successivo nel Collio in Friuli Venezia Giulia sulla varietà Pinot grigio (da qui il nome), ma ritrovata in seguito anche su molte altre varietà, come Pinot bianco, Pinot nero, Traminer aromatico, Tocai friulano e Glera (tra le più colpite). Per un decennio la malattia è sembrata confinata in questi territori, ma più probabilmente nessuno si è accorto della sua espansione. In effetti all’inizio i sintomi che procura sono stati confusi con altre patologie che colpiscono di frequente la vite. Soltanto nel 2013 la fitopatia è stata individuata in qualche distretto del Veneto, dove, però, l’anno successivo ne è stata riscontrata l’ampia diffusione in tutte le province a forte vocazione viticola, in certi casi anche con incidenza molto alta. Attualmente essa interessa anche l’Emilia Romagna, la Lombardia e la Puglia.
01 14 La malattia paolo del inglese Pinot grigio Vally Forte, Il destino Nadia Bertazzon, in una promessa Elisa Angelini
BollositĂ : sintomi fogliari su glera
02 15 La malattia del Pinot grigio Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
Sintomi fogliari su traminer
I sintomi si manifestano fin dall’inizio della stagione vegetativa con germogliamenti ritardati e a volte necrosi degli apici, ma da giugno risulta più difficile il loro riconoscimento, poiché vengono parzialmente mascherati dalla crescita di tralci asintomatici. La malattia si esplicita con deformazioni fogliari, scolorimenti nervali e punteggiature delle foglie, che, però, sono anche le manifestazioni tipiche della presenza di tripidi ed acari eriofidi, oltre che di indesiderati effetti di diserbanti o della presenza di altre virosi o di carenze minerali. Alcune ricerche hanno valutato eventuali conseguenze della patologia sulla produttività delle piante malate, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo (ottenendo risultati
non sempre coerenti, che hanno bisogno di ulteriori approfondimenti). Sembra che i danni siano soprattutto di tipo quantitativo, in alcuni casi si è riscontrata una diminuzione di oltre il 50% di peso in vendemmia, a causa di grappoli meno numerosi e più piccoli. In vigneti di Pinot grigio è stata osservata una graduale diminuzione della produzione per ceppo direttamente proporzionale alla gravità della sintomatologia. Dal punto di vista qualitativo, invece, la forte acinellatura dei grappoli a volte è causa dell’aumento dell’acidità totale. Nei casi più gravi sono stati osservati danni anche ai tralci, compromettendo la produzione nelle annate successive, nonché la sopravvivenza della pianta stessa.
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Sintomi fogliari su glera
Sintomi su grappolo su glera
02 17 La malattia del Pinot grigio Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
Monitoraggio da parte del personale del CREA-VIT
01 18 La malattia paolo del inglese Pinot grigio Vally Forte, Il destino Nadia Bertazzon, in una promessa Elisa Angelini
Sintomi fogliari
Vite stentata
Nel 2014 il CREA Centro di Ricerca in Viticoltura, in collaborazione con l’Università di Padova ed il Consorzio DOCG Prosecco, ha condotto una ricerca approfondita sulla diffusione in campo della malattia, tramite numerosi monitoraggi soprattutto in provincia di Treviso, nel territorio dei Consorzi DOCG Prosecco e Lison-Pramaggiore. Su circa 250 vigneti controllati, il 65% presentava almeno una vite sintomatica; fra questi, il 25% aveva dall’1 al 10% delle piante
malate, mentre nel 70% degli appezzamenti l’incidenza della malattia non raggiungeva l’1%. La malattia non è quasi mai stata riscontrata in vigneti di un anno d’impianto, mentre era diffusa in vigneti con meno di 10 anni (84% dei vigneti con sintomi). Nessuna correlazione, invece, sembra esserci tra la percentuale di viti malate e l’età del vigneto o la provenienza delle barbatelle. La distribuzione dei ceppi sintomatici all’interno dei vigneti è per lo più puntiforme, ma, dove
Percentuale di vigneti con diversa incidenza sintomatologica
3%
16%
35%
Nessun sintomo Meno di 1% Tra 1 e 10% Più del 10%
46%
19 La malattia del Pinot grigio Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
l’incidenza è maggiore, si sono osservati sia casi di espansione diffusa e disomogenea sia a focolaio. Infine, è stata constatata una maggiore incidenza della malattia in vigneti caratterizzati da terreni argillosi, che potrebbero sottoporre le piante a stress maggiori rendendole più suscettibili alla manifestazione dei sintomi.
anche da studi del CREA che evidenziano la correlazione tra la presenza della sintomatologia e la maggiore concentrazione del virus nella pianta. Sembra inoltre evidente che la recrudescenza dei sintomi sia legata anche a fattori ambientali, come ad esempio il tipo di terreno, l’andamento climatico stagionale e la presenza di altri stress biotici o abiotici. è stato visto, infatti, che l’intensità dei sintomi varia da un’annata all’altra: la malattia era esplosa in maniera grave e aggressiva nel 2014, ma poi si è attenuata nell’anno successivo.
La malattia sembra essere associata alla presenza di un nuovo virus, chiamato Grapevine Pinot gris Virus (GPGV), tassonomicamente molto simile al Grapevine Berry Inner Necrosis Virus (GINV), presente unicamente in Giappone e trasmesso dall’acaro eriofide Colomerus vitis. Analisi molecolari specifiche permettono di diagnosticare la presenza del virus, che viene ritrovato in tutte le viti sintomatiche ma anche in un’alta percentuale di viti senza sintomi. Studi condotti dal CNR di Bari e dalla FEM-IASMA di San Michele all’Adige hanno dimostrato l’esistenza di due varianti virali: soltanto una delle due provocherebbe i sintomi, mentre l’altra resterebbe latente. Un’ulteriore conferma sull’associazione virus-sintomi viene
Potrebbe essere di grande aiuto capire come si diffonde in vigneto il virus. Infatti l’epidemiologia della malattia fa supporre che esistano uno o più vettori animali. Una recente ricerca, condotta dall’Università di Padova con il CNR di Bari e la FEM-IASMA di San Michele all’Adige, ha constatato che in condizioni sperimentali l’acaro Colomerus vitis è in grado di trasmettere il virus GPGV a piante di vite sane, ipotizzando un suo potenziale coinvolgimento nella diffusione della malattia anche in condizioni di campo.
Mappa della presenza del virus nei diversi Paesi Europei
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Pianta con germogliamento stentato in zona Consorzio DOCG Prosecco
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Germogli stentati su glera
22 01 La malattia paolo del inglese Pinot grigio Vally Forte, Il destino Nadia Bertazzon, in una promessa Elisa Angelini
Ma se la presenza del virus GPGV non è strettamente correlata alla manifestazione della malattia, da quanto tempo era presente il virus nei nostri vigneti prima che ce ne potessimo rendere conto? La presenza di una ricca collezione di campioni di vite, conservati presso il CREA e pervenuti da diversi Paesi europei nel corso degli ultimi 15 anni circa, ha permesso di formulare alcune interessanti ipotesi. Infatti, le analisi molecolari effettuate su questi campioni rivelano la presenza massiccia del virus in campioni raccolti prima del 2005 dall’Est-Europa, mentre la escludono in viti presenti in Veneto prima del 2000-2002 (viti che, però, attualmente risultano infette!). Da ciò si deduce che in Italia il virus è stato introdotto in tempi recenti e si è diffuso molto velocemente, probabilmente sia grazie a vettori che a materiale di propagazione infetto. Oggi il virus è presente circa nell’80% delle viti analizzate in Veneto, e praticamente in tutti i vigneti, come osservato anche in Friuli (dati ERSA) e in Trentino (dati FEM-IASMA di San Michele all’Adige); in altre regioni, invece, le segnalazioni sia della malattia che del virus sono per il momento sporadiche. Risultati recenti indicano che il virus è presente in moltissimi Paesi europei: Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Slovenia, Croazia, Serbia, Montenegro, Bosnia, Macedonia, Grecia, Turchia, Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ucraina. Negli altri Paesi europei qui non elencati il virus non è stato ancora ricercato, ma l’ipotesi più accreditata è che sia un virus ubiquitario in Europa. Inoltre di recente il virus è stato ritrovato anche in Corea e Cina, nonché in Canada ed USA. Non è stato identificato in Australia e Nuova Zelanda, nonostante le ricerche ivi effettuate. Non ci sono invece ancora informazioni sulla presenza dei sintomi della malattia nei Paesi in cui il virus è stato riscontrato.
23 La malattia del Pinot grigio Vally Forte, Nadia Bertazzon, Elisa Angelini
Esempio di diffusione della malattia in un vigneto in provincia di Treviso; in rosso sono indicate le viti malate nel 2014 e in giallo quelle sintomatiche nel 2015: in un anno la malattia si è estesa da 49 a 92 ceppi alto 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169
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Germogli stentati su traminer
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Sintomi fogliari su glera
Il CREA sta conducendo diversi filoni di ricerca di base, come studi sull’origine del virus, sulla sua interazione con la pianta ospite e la diversità genetica, oltre a dedicarsi alla ricerca applicata mirante a capire il diverso comportamento della malattia sulle differenti varietà di vite, al fine di accertare la suscettibilità varietale e l’importanza del portinnesto. Inoltre, vista l’ampia diffusione del virus e il diverso grado di sintomatologia, sono in corso alcuni studi volti a trovare sistemi di difesa utili ad attenuare i sintomi stimolando la pianta a rispondere in maniera positiva all’aggressività del patogeno, al fine di un miglioramento quantitativo e qualitativo delle produzioni nelle viti sintomatiche. Dal 2014, infatti, sono in via di
Vally Forte CREA Centro di Ricerca per la Viticoltura Conegliano (TV)
sperimentazione alcuni concimi fogliari e diversi elicitori delle difese, che stanno portando risultati promettenti, ma che richiedono ulteriori conferme. Molte sono ancora le problematiche che attendono di essere risolte. Quali azioni di lotta predisporre, dato che il virus è largamente diffuso, ma non necessariamente dannoso alla produzione viticola? Come difendersi da un’ulteriore futura diffusione, la cui aggressività è difficilmente prevedibile? Cosa rispondere a vivaisti, venditori e viticoltori, che vogliono tutelarsi? La Ricerca sta tentando di dare risposte efficaci, grazie anche al coinvolgimento di Enti pubblici, vivaisti privati, Consorzi e aziende viticole sensibili.
Nadia Bertazzon CREA Centro di Ricerca per la Viticoltura Conegliano (TV)
26 paolo inglese Il destino in una promessa
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INSALATE, UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
34 INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
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Per la verde lattuga trasparente, fresca la foglia aperta al suo ventaglio, c’è quest’olio di luce, queste mente di poggio e dal suo tartaro fiorita la viola d’aceto, spicca l’aglio. Il carciofo nell’indaco s’abbruna Al suo verde di panno e di laguna. Rosso il radicchio a prendere s’avvita Nel suo cespo croccante. È la tua tavola, un giorno che riposa – nel nome di ogni cosa. Ed è quasi una favola. Alfonso Gatto Olio e aceto. Rime di viaggio per la terra dipinta Mondadori 1969
INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
Un gradevole disordine
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Che l’insalata, anzi le insalate, siano gradevoli é indubbio e lo dimostra la loro diffusione e il continuo successo di sempre nuove varianti, che tuttavia non scalzano quelle tradizionali, e la persistenza nel tempo anche di filastrocche e canzoni sulle insalate dell’orto.
Altrettanto certo é il disordine, se non la confusione testimoniata dal significato stesso che la parola ha assunto per indicare un insieme se non un’accozzaglia di alimenti diversi, senza dimenticare l’ossimoro delle insalate senza sale. Un gradevole disordine o confusione che meritano un poco d’attenzione.
Insalate, un nome e quasi un destino
medioevo come aggettivo per definire alimenti sottoposti a salagione (carne insalata, pesce insalato, oggi diciamo salata/o). In modo analogo la salumeria si occupa del pesce salato. Dal XIV secolo e nell’area toscana l’aggettivo insalata diviene sostantivo e i termini insalata, ensalata, insaleggiata, salegiata, salatella etc. indicano preparazioni fredde di verdure e carni, condite con olio, aceto, sale e pepe. La parola senza dubbio deriva da sale, un ingrediente che era sempre presente, ma oggi non più, come dimostrano le insalate di frutta o fruit salade, dove il sale é sostituito dallo zucchero o altro dolcificante. Questa non é l’unica bizzarria. Infatti, é curioso che le insalate deducono il nome da uno degli ingredienti che compaiono in misura esigua rispetto agli altri, ma non bisogna dimenticare il valore che il sale aveva nel passato e ancor oggi il detto “pagar salato” é sinonimo di pagar caro.
Insalata da in sale, salata e quindi da sale, non vi é alcun dubbio, ma le cose non sono così semplici come pare. La maggior parte dei dizionari concorda nel definire l’insalata come una pietanza costituita da erbe commestibili e verdure condite con sale, olio, aceto o limone (Zingarelli 2014), quindi non solo sale, ma molto altro e bisogna dire con un giusto e non semplice e facile rapporto. Un tempo si diceva insalata ben salata, poco aceto e ben oliata, ma il detto é stato via via ampliato e recita che per preparare una buona insalata sono necessarie sei persone: un curioso nella scelta delle verdure, un avaro deve pensare all’aceto, un prodigo all’olio, un saggio al sale, un giudizioso al pepe, un pazzo a rimestarla. Insalata non é solo di verdura fresca e la parola s’incontra nel lessico volgare del basso
Veduta aerea delle saline di Trapani
37 INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
Insalate prima della cucina ma non del fuoco
Nelle insalate, l’aggiunta del sale é particolarmente sana, perché porta il sodio che equilibra il potassio di cui le erbe sono molto ricche. Nell’antica Roma l’insalata é detta ăcētārĭa (da ăcētum) e acetarie sono per il TommaseoBellini (18611874) le erbe che mangiansi in insalata. L’aceto é infatti uno dei principali condimenti e conservanti del passato e gli antichi romani dividevano il mosto in tre parti quasi uguali, rispettivamente destinate alla trasformazione in vino, aceto e mosto cotto e rappreso (defrutum). Altri condimenti delle insalate romane sono l’onnipresente garum e il laser o
Le insalate sono tra le più antiche preparazioni di cucina, forse l’hanno preceduta e, a dispetto della loro crudità, hanno origine dal fuoco. Lo storico Gaetano Forni, che ha approfondito come lo strumento più antico per la coltivazione delle insalate é il fuoco, afferma che con gli incendi spontanei o provocati si ottenevano le radure nelle quali, agevolate dalle ceneri, sarebbero cresciute le “erbe” mangiate crude.
38 INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
i vegetali più usati: rucola, lattuga, cicoria, indivia, radicchio, tarassaco, valeriana, ortica e tante altre specie coltivate negli orti o raccolte nei campi. I tre grandi profeti rinascimentali delle insalate sono Giacomo Castelvetro paladino delle erbe in cucina, Costanzo Felici che scrive la Lettera sulle insalate e Salvatore Massonio che compila l’Archidipno nel quale tratta in modo esaustivo ed esclusivo il tema delle erbe in insalata. Tra gli innamorati delle insalate non va dimenticato Giacomo Casanova, forse per l’attività afrodisiaca attribuita alla lattuga.
INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
lacrima cirenaica. Sulle tavole degli etruschi e soprattutto dei romani le insalate sono una presenza fissa, con particolare predilezione per la lattuga, peraltro ritenuta afrodisiaca. Marziale, che scrive all’inizio del primo secolo della nostra era, si lamenta del cambiamento dei costumi e si chiede perché mai la lattuga, che di solito chiudeva la cena dei nostri avi, oggi dà inizio ai nostri pasti? Le insalate sono una presenza fissa e importante nell’alimentazione anche medievale e rinascimentale con ricettari che descrivono
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Con gli incendi, agevolate dalle ceneri, sarebbero cresciute le erbe mangiate crude
INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
Insalata non solo lattuga
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La lattuga (Lactuca sativa L.) è una Compositae e linguaggio corrente italiano é spesso, ed erroneamente, chiamata insalata, essendo frequentissima parte o ingrediente principale dell’omonima pietanza. Insalata é invece un insieme molto vario di erbe e ortaggi, e di conseguenza il termine l’insieme delle varietà di cicoria, indivia, lattuga ed erbe di campo che di solito si mangiano crude e condite con olio aceto. Radicchio è invece un termine semplificativo e popolare che indica varie insalate amare e non ha nulla a che vedere con la classificazione scientifica delle piante in oggetto che, volendo rispettare questo criterio, dovrebbero essere chiamate cicoria). I più noti ortaggi che possono avere il nome di radicchio sono i seguenti:
Radicchio rosso, verdura di color rubino o violaceo, appartenente a molte varietà, anche parecchio differenti per forma e provenienza, appartenenti al Genere Cichorium, Specie intybus. Tra i più noti vi sono il Radicchio rosso di Treviso, precoce e tardivo, il Radicchio Rosso di Chioggia, il Radicchio rosso di Verona. Radicchio variegato di color verdegiallognolo puntinato in rossoviolaceo con il cespo aperto, e quello più noto è di Castelfranco, incrocio tra il rosso di Treviso e l’indivia scarola, anch’essa parte delle cicorie.
Radicchio rosso di chioggia
come variabile é il gusto e l’aroma. Tuttavia il termine insalata é attribuito a piatti d’ingredienti diversi, crudi o cotti, conditi con sale, olio, aceto o limone. A questi ultimi piatti appartengono l’insalata di riso, di pollo, di pesce o insalata di mare, e non ultime la Caesar Salad e l’Insalata Russa. INSALATE UN GRADEVOLE E SALUTARE DISORDINE Giovanni Ballarini
Radicchio verde è un termine ancor più generico rispetto a quello rosso, utilizzato per tutte le varietà di cicoria verde amara, escluso la cicoria catalogna e l’indivia di Bruxelles. Le varietà più note sono il Radicchio verde pan di zucchero e il Radicchio verde selvatico o di campo. Le varietà di radicchio si distinguono in precoci e tardive,
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Cicoria
Un salutare disordine
mente velenosa, é pericolosa se assunta in piccola dose. Ogni vegetale ha la sua composizione e caratteristiche, e in un’ampia miscela di erbe differenti quel che manca in una di queste é aggiunta da un’altra e viceversa. Una buona insalata non deve essere preparata con un unico ortaggio, e neppure con soli tre ortaggi diversi, ma cinque, sette e anche più ortaggi vi sono, meglio é. Un’insalata mista e preparata non solo con l’abituale lattuga ma con molte altre verdure, ha un giusto equilibrio di nutrienti e tra questi di sali, vitamine, an-
Chi dice siano centocinquanta, chi invece afferma siano duecentocinquanta le erbe raccolte dalle donne e mangiate dall’uomo del passato, cambiando secondo i territori e le stagioni. Una raccolta e un consumo solo apparentemente disordinato e quando si mangiava una gran quantità di erbe diverse, ma ognuna in piccola dose e nella quale vigevano due importanti principi, la sicurezza e l’intersupplementazione nutrizionale. Nessuna erba, anche potenzial-
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re che ogni specie vegetale contiene componenti microminerali, vitaminici e molecole con attività biologiche che interferiscono in senso positivo sulla salute e per questo denominate nutraceutiche. Molto si é parlato e si continua a parlare di queste attività nutraceutiche, anche se spesso si dimentica che i positivi risultati sono stati osservati in esperimenti nei quali erano stati usati elevate, se non elevatissime quantità di principio attivo, e spesso presente in una insalata in una quantità insufficiente per ottenere i risultati sperati.
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tiossidanti e fibre. Un alto contenuto di potassio dei vegetali é poi equilibrato da una giusta quantità di sodio del sale marino usato come condimento. Le insalate possono essere arricchite con proteine di alto valore biologico, come quelle dei formaggi e delle carni, e questo avviene in celebri ricette e tra queste la Caesar Salad. Un’insalata migliorata con sostanze proteiche, come carne, formaggio o pesce, e mangiata con la giusta quantità di pane, é un ottimo piatto unico e la soluzione più semplice per controllare le calorie. Non é da dimentica-
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I papaveri, che pennellano di rosso i campi in primavera, vengono raccolti alle prime foglie per preparare insalate di erbe di campo, cotte o crude
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Il licopene, contenuto nel pomodoro, è un potente antiossidante
44 Le cipolle contengono quercetina, un antiossidante che contribuisce a ridurre il rischio di disturbi cardiaci e ictus
peroni e ortaggi verdi ricchi di vitamina A e di carotenoidi che favoriscono l’abbronzatura, rendono la pelle più elastica e idratata, con effetto antinvecchiamento. Per la circolazione del sangue e l’attività cardiaca sono utili gli spinaci ricchi di betacarotene, le cipolle che contengono quercetina, un composto antiossidante che può contribuire a ridurre il rischio di disturbi cardiaci e ictus, e i pomodori che contenendo potassio favoriscono la regolarità delle pulsazioni cardiache. Contro la pressione alta preparare l’insalata usando il succo di limone al posto del sale. Il sedano e il finocchio, ricchi di potassio, stimolano la produzione di urina con un effetto diuretico che contribuisce a regolare la pressione del sangue. L’indivia costituisce un’utile fonte di carotenoidi, che possono contribuire alla prevenzione dell’aterosclerosi.
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É il caso ad esempio del licopene contenuto nel pomodoro, un antiossidante utile per proteggere le cellule dagli attacchi di età e malattie, e con funzione specifica di grande interesse soprattutto per l’uomo, perché può difenderlo dal cancro alla prostata, e che nelle donne aiuta a bloccare la formazione di tumori benigni nell’utero, ma non si può ritenere che questo avvenga con soli due pomodorini aggiunti di tanto in tanto a un’insalata. Con un’alimentazione attenta, nella quale le insalate siano abbondantemente e in continuazione presenti, é invece possibile avere delle associazioni salutari, utili per prevenire e controllare vari tipi di disturbi. Con i limiti ora indicati si possono giudicare le insalate migliori per il controllo di alcune delle più diffuse alterazioni sanitarie. Per l’abbronzatura estiva sono indicate le insalate contenenti carote, pomodori, pe-
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Il finocchio è ricco di potassio ed ha un effetto diuretico e contribuisce a regolare la pressione sanguigna
Nel quadro di una prevenzione antitumorale, i già citati pomodori contengono le antiossidanti vitamine E e C, e parti utili antitumorali come il licopene che proteggono dai radicali liberi e contribuiscono a prevenire le malattie degenerative e tra queste il cancro. Altri vegetali con effetti positivi sono ritenuti essere il radicchio verde, i broccoli e i broccoletti, ma soprattutto i vegetali ricchi di fibra alimentare. Come costituenti d’insalate complesse vi sarebbero quindi il farro e i fagioli, ricchi di fibre utili per il buon funzionamento e la salute del grosso intestino e quindi anche
per la prevenzione dei tumori di questo tratto. La buccia del pomodoro contiene fibre utili e i pomodorini di piccola dimensione hanno più buccia e sono quindi più attivi. Per una buona e regolare attività intestinale, la valeriana ha proprietà leggermente lassative. Contro l’anemia, un disturbo largamente diffuso, é utile un sufficiente apporto di ferro, ma le verdure hanno un ferro in una forma scarsamente utilizzabile per l’organismo e contengono ossalati che si oppongono alla sua assimilazione. Tuttavia, l’utilizzazione del ferro migliora nelle insalate preparate con succo di
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menta l’assorbimento di vitamine liposolubili A, D, E, K. Gli oli di semi non hanno sapore e non contengono colesterolo, i loro acidi grassi polinsaturi possono ridurre il colesterolo nel sangue e sono da usare come l’olio di oliva. Yogurt e maionese sono altri possibili condimenti. La maionese è molto meno ricca di calorie dell’olio e ancor meno calorie ha l’yogurt magro. Per condire un’insalata bastano un cucchiaio di maionese e uno di yogurt, per un totale di circa 45 calorie, mentre un cucchiaio d’ olio ne apporta 90.
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limone (ricco di vitamina C) e carne a dadini o fettine di pompelmo. Per il controllo del peso, le insalate sono utili perché povere di calorie. Inoltre, se assunte soprattutto all’inizio del pasto, contribuiscono a contenere l’appetito. Come condimenti delle insalate, l’olio extravergine o vergine di oliva é il prodotto principe, sia per il gusto sia per il contenuto nutrizionale. Non contiene colesterolo, consumato in piccole dosi (basta un cucchiaino a testa) può aiutare a tenere il colesterolo sotto controllo, contiene antiossidanti (polifenoli) e au-
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I fagioli sono ricche di fibre utili per il buon funzionamento dell’intestino e per la prevenzione dei tumori di questo tratto
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L’insalata di Maramao
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Maramao, perché sei morto? Pane e vino ‘n ti mancava, l’insalata l’avevi nell’orto. Maramao perché sei morto? Molte sono le canzoni satiriche ma in pochissime si parla di cibi. Perché in una di queste l’insalata é associata alla mor-te di un gatto, Maramao? Maramao perché sei morto? é una canzonetta del 1939 che ha un grande successo anche per il suo sottinteso satirico e per questo colpita dalla censura fascista per la canzonatura nei confronti del gerarca livornese Costanzo Ciano, consuocero di Mussolini e appena deceduto. In realtà la satira é più antica e la si ritrova nel sonetto Er canto provìbbito di Giuseppe Giachino Belli, ma sembra anche risalire al brigante Giuseppe Nicola Summa, detto Ninco Nanco giustiziato nel 1864 e a Fabrizio Maramaldo, persona che infierisce sui più deboli. Pane e vino sono i simboli di un mangiare, soprattutto in sen-so metaforico, di chi detiene il potere e l’insalata nell’orto la-scia allude a una particolare ricchezza. Non molti nel passato possedevano o usufruivano di un orto dal quale ottenere insa-late fresche tutto l’anno, come non può più goderne il povero Maramao del quale, tuttavia, non sappiamo perché é morto.
Successo delle insalate di quarta gamma L’indubbio e persistente successo delle insalate nella moderna alimentazione deriva anche dalla loro presentazione come prodotti di quarta gamma, dove la verdura fresca, dopo la raccolta, é sottoposta a processi tecnologici di minima entità, finalizzati a garantirne la sicurezza igienica e la valorizzazione, seguendo le buone
pratiche di lavorazione, pronta per essere utilizzata. Perché quarta gamma? La prima gamma é l’ortaggio fresco, la seconda quello conservato in barattolo, la terza il surgelato e la quarta, appunto, la verdura fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo. Quinta gamma sono invece le verdure cotte e ricettate, confezionate e pronte al consumo. Il processo di produzione e conservazione delle insalate di quarta gamma, partendo
La Caesar Salad non ha niente a che fare con i Cesari dell’antica Roma, ma é un’invenzione gastronomica dell’italiano Cesare Cardini, emigrato negli Stati Uniti a San Diego dopo la prima guerra mondiale. Nel 1924 Cesare apre e gestisce un ristorante a Tijuana, in Messico, dove crea un’insalata che da lui prende il nome e che attraverso il mon-do del cinema diviene molto famosa negli Stati Uniti e in se-guito anche in Europa. In questa insalata, Cardini unisce i sa-pori tipici italiani del formaggio parmigiano, della lattuga ro-mana e dell’olio extravergine di oliva, e i sapori americani della salsa Worcestershire usata nel condimento.
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Caesar Salad
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Serre multitunnel per la produzione di rucola per la IV gamma
dal campo fino alla tavola dei consumatori, comprendono: selezione, cernita, eventuale monda e taglio, lavaggio, asciugatura, eventuale mescolanza di vari ortaggi, confezionamento in buste o in contenitori sigillati, usando anche un’atmosfera modificata. Il confezionamento in atmosfera modificata, che avviene solo in alcuni casi, incrementa la durata di conservazione inibendo l’azione dei microrganismi aerobi, i fenomeni di ossidazione, il cam-
biamento di colore e l’imbrunimento delle insalate. Dalla uscita dallo stabilimento di lavorazione fino all’esposizione nei banchi refrigerati il prodotto deve essere mantenuto a temperature non superiori a 8° C e la catena del freddo deve essere rispettata durante il trasporto dai banchi frigo al frigorifero del consumatore. Mantenendo la catena del freddo, la vita commerciale delle insalate di quarta gamma (shelf life) è in media di 57 giorni.
Insalata Russa In Russia, l’Insalata Russa é conosciuta come Oliviè, il suo inventore. Lousiene Oliviè, ristoratore moscovita di origine francese, fa parte di un’importante famiglia francese di cuochi, e alla metà del milleottocento prepara una maionese al pollo, uccelli selvatici, un assortimento di carne di volatili, aragosta e lingua vitello serviti separatamente a salsa Provansal.Oliviè si accorge che i suoi clienti mischiano le carni con la salsa e allora lui stesso mischia le carni
con molta maionese, avendo un grandissimo successo. Questa mescolanza, con il nome di Insalata Russa e molte varianti, attraverso la ristorazione dei grandi alberghi si diffonde in tutta Europa e da qui nel resto del mondo. In Germania é denominata Insalata Italiana e in Italia, durante il fascismo, l’insalata russa solleva problemi di denominazione. Antonio Jacono (Dizionario di esotismi, 1939) la definisce una vivanda fredda dai molti ingredienti accozzati in una pasta densa e
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ma oggi ha ripreso il nome originale di Ensaladilla rusa o semplicemente Ensaladilla. L’insalata russa è una ricetta tradizionale, un piatto freddo preparato principalmente con patate e verdure cotte e poi condite con maionese, presentato come antipasto e contorno in tutte le stagioni, ma immancabile soprattutto durante le feste di fine anno e con una quasi infinita serie di varianti che confermano come con insalata si intende anche, in senso figurato, “confusione, mescolanza di cose”.
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piccante: pesce, maionese, patate, carote, piselli, peperone etc. Noi, pur continuando a mangiar di questa acidula mischianza, potremmo però smettere di chiamarla insalata russa per chiamarla invece insalata composta, o insalata densa o insalata tricolore (dai tre colori in essa prevalenti). Nello stesso periodo, in Spagna e durante il franchismo é proibito chiamarla insalata russa per evitare qualsiasi allusione al nemico comunista e per questo é denominata insalata imperiale o castigliana,
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Insalata di frutta Insalata di frutta – senza sale!! è una locuzione che traduce pari pari senza sforzo l’anglicissimo fruit salad, da noi meglio intesa come Macedonia, dimostrazione come il termine insalata identifichi anche una mescolanza di alimenti e quindi un gradevole disordine.
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Insalata di mare L’insalata di mare è un gustoso piatto di pesce fresco ideale da servire per una cena o un pranzo come antipasto o secondo piatto. Questa insalata è preparata con cozze e vongole sgusciate, gamberi, calamari e polpo sbollentati in acqua salata con verdure e poi tagliati a tocchetti, il tutto condito con olio d’oliva extravergine, limone e prezzemolo!
52 Insalate
L’insalata può comprendere ingredienti crudi, cotti o entrambi e nella distinzio-
ne degli innumerevoli piatti, il sostantivo insalata è spesso accompagnato dalla specificazione dell’ingrediente principale.
Insalate di ortaggi carciofi
pomodori crudi
carote
radicchio
cavolo (tutti i cavoli e i broccoli)
rape
cetrioli
ravanelli
cicoria
rucola
cipolle rosse/cipollotti crudi
sedano
finocchi crudi
soncino
germogli
spinaci crudi
indivia
tarassaco
lattuga
zucchine crude
peperoni crudi Insalate di frutta arance
pere
mele
pompelmo
melone
Palmetta Insalate di alimenti diversi
pasta
fagioli
riso
fave
orzo
ceci
farro
lenticchie
mais
piselli
patate
soia
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Insalate composte
sode, mozzarella, parmigiano, fiocchi di latte, noci, pinoli, mandorle, nocciole, pistacchi, sesamo, cocco ecc.
Le insalate più complete e nutrienti si ottengono aumentando il numero degli ingredienti e sono indicate con l’elencazione degli ingredienti in ordine decrescente, ad esempio: Insalata verde con olive, prezzemolo, avocado, peperoncini, pollo, tacchino, wurstel, vitello, tonno, sgombro, uova
Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma
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gruppoatomix.com
Love my salad è il social network delle insalate che unisce gli amanti di frutta e verdura in ogni angolo del mondo per condividere la passione per le salutari e gustose insalate
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SERVICES PROVIDED PLANT PROTECTION PRODUCTS (Reg. 1107/2009) ANNEX III for PPP and PPO (non professional users) Dossiers for adjuvants, label extension (LEX) Technical equivalence (SANCO/10597/2003) Mutual recognition Parallel trade
BiocidES (Reg. (EU) N0.528/2012) National authorisation Dossier Pre submission evaluation of available information Mutual recognition Minor and Major changes Technical equivalence (Reg. (EU) N0.528/2012, Art 54)
FERTILIZERS (Reg CE 2003/2003 - DL 75/2010) Classification and labelling (CLP Reg. (EC) No. 1272/2008), SDS preparation according to Reg. EU 453/2010 Declaration to ISS dangerous preparations archive (art. 45 CLP)
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Karpòs promo Lovol ArboS Group Spa acquisisce il controllo di goldoni spa In data 24 Dicembre 2015 il Tribunale di Modena ha ammesso la Goldoni Spa alla Procedura di Concordato preventivo in continuità ai sensi degli articoli 161 e 186 bis della Legge Fallimentare
Il Piano di Risanamento presentato è fondato sull’entrata nella compagine sociale della Goldoni Spa di Lovol Arbos Group Spa, Holding Industriale e di Partecipazioni, controllata al 100% da Lovol Heavy Industry Ltd con sede a Weifang, provincia dello Shandong nella Repubblica Popolare Cinese. Si tratta di un passo fondamentale per il salvataggio e il rilancio industriale della storica Azienda di Migliarina di Carpi (Modena), focalizzata sulla produzione di trattori specialistici per frutteto e vigneto nonché di motoagricole e motocoltivatori. Grazie anche a un finanziamento interinale autorizzato a metà Novembre dal Tribunale di Modena e tempestivamente reso disponibile da Lovol Arbos Group Spa, le iniziative propedeutiche alla ripresa produttiva sono in pieno corso con il previsto riavvio delle linee di montaggio già dalla seconda metà del corrente mese di Gennaio.
Andrea Bedosti, Consigliere Delegato di Lovol Arbos Group Spa
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Come ha spiegato Andrea Bedosti, Consigliere Delegato di Lovol Arbos Group Spa, “Il piano di salvataggio di Goldoni Spa si articola su tre punti fondamentali”: - Iniezione preliminare di risorse finanziarie finalizzate alla immediata ripresa produttiva per rassicurare allo stesso tempo dipendenti, fornitori e clienti sul futuro industriale della Società; - Ricapitalizzazione significativa della Società volta a dare la necessaria solidità patrimoniale in grado anche di soddisfare i creditori al momento dell’Omologazione del Piano e con il chiaro fine di confermare e salvaguardare i rapporti di collaborazione per il futuro; - Sviluppo di un Business Plan triennale che prevede il pieno rilancio della Società attraverso l’ammodernamento e l’allargamento della Gamma dei prodotti, il radicale cambiamento dell’organizzazione e delle tecniche produttive oltre all’espansione ed internazionalizzazione della rete di distribuzione. Fondamentali si riveleranno le sinergie con le competenze sia della Casa Madre Lovol, sia della Lovol Arbos Group Spa che ha recentemente presentato una gamma nuovissima di trattori da campo aperto fra 100 e 260 HP in occasione della Esposizione internazionale “Agritechnica” di Hannover.
Cerimonia inaugurazione nuova sede Lovol Arbos
“L’ammissione del nostro Piano di salvataggio della Goldoni Spa – conclude Shen Yang, Presidente di Lovol Arbos Group Spa e neo Amministratore Delegato di Goldoni Spa – è un’altra importante tappa nella strategia di internazionalizzazione perseguita con determinazione da Lovol che ha iniziato a investire in Italia a partire dal 2011. In questi ultimi intensi 5 anni abbiamo saputo realizzare in Italia un Centro di Ricerca e Sviluppo all’avanguardia tecnologica dove hanno visto la luce ben tre piattaforme di trattori da campo aperto. Alla fine del 2014 abbiamo acquisito Matermacc Spa, localizzata in Friuli Venezia Giulia, azienda specializzata nel campo delle seminatrici. Il piano di salvataggio e di rilancio di Goldoni Spa è in linea con la strategia di internazionalizzazione del Gruppo Lovol e va visto e apprezzato in questa ottica macroeconomica”.
Lovol Arbos Group
Sede Goldoni
Shen Yang, Presidente Lovol Arbos Group e neo Amministratore Delegato Goldoni
Note su Lovol Heavy Indsutry LTD Lovol Heavy Industry Ltd ha sede a Weifang nella Provincia dello Shandong, una delle aree di maggior sviluppo tanto industriale che agricolo della Repubblica Popolare Cinese. Lovol nel 2015 ha raggiunto una cifra di Affari di circa 3,3 miliardi di Euro con circa 16.000 dipendenti ed è attiva sia nel campo delle macchine agricole, che delle macchine da cantiere che del trasporto. Anche per il 2015 Lovol si è confermato il leader assoluto di mercato in Cina nel campo sia dei trattori agricoli (40% di quota di mercato) che delle mietitrebbie (32% di quota di mercato).
www.lovolarbos.com
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Pomodoro Da industria
una coltura di ieri che guarda al domani Luciano Trentini
Negli ultimi 15-20 anni la domanda da parte dei consumatori di prodotti trasformati derivati dal pomodoro sono in costante aumento, e questo non fa altro che accrescere l’interesse per questa coltivazione il cui futuro è strettamente connesso con la presenza dell’industria di trasformazione. Secondo i dati forniti dall’AMITOM, a livello mondiale il consumo del pomodoro avviene lontano dai luoghi di produzione e trasformazione. Circa il 70-80 % del prodotto trasformato è scambiato a livello mondiale. Mentre la domanda aumenta di circa un 2, 5 % all’anno, l’offerta si concentra in poli produttivi e di trasformazione sempre più grandi ed importanti.
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Oggi si stima che il consumo di derivati di pomodoro, a livello mondiale, si attesti intorno ai 5, 4 kg. pro capite, valore calcolato come equivalente in pomodoro fresco. Questo valore è aumentato di circa 1,4 kg in circa 25 anni favorendo un trend positivo determinato: - dall’aumento del consumo individuale, - dall’aumento della popolazione mondiale, stimata per il 2050 prossima ai 9 miliardi di abitanti. In questa ottica è ne-
cessario considerare che in alcune aree del pianeta l’aumento del consumo individuale è più sensibile; in Estremo Oriente la richiesta di derivati del pomodoro è aumentata da 2,0 kg a 2,6 kg persona/anno. Anche nell’Africa Mediterranea il consumo è passato da 8,3 kg a 11.0 kg persona/ anno. Trend particolarmente importanti si sono verificati soppratutto in Turchia dove l’aumento del consumo individuale è stato di oltre 9 kg persona /anno ( da 7,5 a
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17 kg) e nell’Africa Occidentale, con un aumento di 5,3 kg persona, passando da 2,3 a 7,6 kg persona/anno. E’ necessario ricordare che le proiezioni previste relativamente all’aumento della popolazione individuano proprio nell’Africa il paese in cui lo sviluppo sarà massimo, anzi praticamente raddoppierà e passerà da oltre 900 milioni ad oltre 1, 8 miliardi di abitanti . Gli esperti di marketing, tenuto conto anche del fatto che la popolazione africana è molto giova-
ne, individuano proprio il continente africano come il mercato del futuro soprattutto per il pomodoro. Pur considerando gli aspetti positivi ad oggi raggiunti, i margini di miglioramento sono ancora molto elevati soprattutto se si tiene conto del fatto che oltre 5 miliardi di abitanti del pianeta, consumano meno di 5,4 kg di derivati di pomodoro all’anno e che India e Cina attualmente consumano poco più di 200 grammi di pomodoro pro capite per anno.
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Se si tiene conto che questi paesi e molti altri emergenti, hanno un forte potenziale di sviluppo grazie ad un trend che, seppur rallentato rispetto a qualche anno fa, continua ancora ad aumentare in maniera importante, se confrontato a quello europeo. Questo andamento cresce di pari passo ad uno sviluppo sociale importante che sta dimostrando la capacitĂ di mutare in tempi brevi i trend dei consumi in particolare di quelli dei prodotti di qualitĂ . Il nostro paese deve prestare molta attenzione a questo fenomeno poichĂŠ essendo il secondo paese produttore al mondo, in grado di esporta-
re oltre il 55 % della propria produzione trasformata, deve fare i conti con gli elevati costi della filiera nella sua totalitĂ . Deve quindi continuare a preparare prodotti ad alto valore aggiunto, come per esempio il trasformato biologico che sta vivendo un sensibile incremento del mercato in molti paesi europei, oppure il pomodoro coltivato con tecniche a basso impatto ambientale. Per questo motivo agricoltura ed industria debbono continuare il dialogo intrapreso a livello interprofessionale per garantire un roseo futuro a questa specie.
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Dunque non solo strategia commerciale ma anche strategia produttiva e programmazione della produzione per evitare problemi di sovrapproduzione (come nel 2009). Situazioni come quest’ultima rischiano di mettere in ginocchio il pro-
duttore da un lato e l’industria dall’altro a causa dei tempi ristretti per la raccolta e la difficolta di trasformare quantitativi eccedenti la potenzialità degli stabilimenti di trasformazione.
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ne totale mondiale. Se analizziamo questi dati per singolo paese, emerge che la California (con 13 milioni di tonnellate) è il primo paese produttore al mondo seguito dalla Cina con 5,6 milioni di t. e dall’Italia con circa 5,4 milioni di tonnellate.
A livello mondiale il WTPC stima che nel 2015 la produzione di pomodoro fresco sia stata pari a 41,3 milioni di tonnellate, coltivate prevalentemente nell’Emisfero Nord che oggi rappresenta con oltre 38,5 milioni di tonnellate il 94 % circa della produzio-
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sti al secondo posto al mondo in termini di materia prima agricola idonea per una industria di trasformazione capace di diversificare le proprie produzioni e facendole apprezzare ai consumatori di tutto il mondo.
Questi tre paesi insieme rappresentano quasi il 60 % della produzione mondiale. Analizzando i dati del quadriennio 2012/2015 si evidenzia come un paese piccolo come l’Italia, produttivamente parlando, si atte-
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Dai dati esposti si evince che a livello nazionale la Puglia e l’Emilia Romagna sono le regioni piÚ rappresentative per questa specie e dove la provincia di Foggia rappresenta circa il 26 % della produzione, seguita dalle tre province emiliane in particolare Piacenza 14,4 %, Ferrara 11,6 % e Parma 8 %.
L’analisi dei dati relativi all’anno 2015 individuano una superficie a coltivata a pomodoro di poco superiore ai 73.000 ha, una produzione di oltre 5,3 milioni di t. e una la resa media per ettaro di 73,8 tonnellate.
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Fig. 1 - Ripartizione del costo totale di produzione della patata (Prov. di Bologna, cv. Primura)
Fonte: ISMEA
Nella tabella che segue si individuano le prime cinque regioni produttrici in Italia che sono: Produzione REGIONALE in tonnellate Fonte: Ismea Puglia
ha 22.000
t 18.467.000
Emilia-Romagna
ha 24. 791
t 16. 300.000
Lombardia
ha 8. 125
t 5.126000
Sicilia
ha 8.125
t 1.487.000
Campania
ha 4.296
t 2.849.000
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Pomodoro da industria Luciano Trentini
L’ annata 2015, nonostante le difficoltà, ha dato soddisfazioni sia produttive che commerciali. In particolare al nord si è temuto l’avvio della campagna molto piovoso che ha reso difficili anche i trapianti, poi le
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condizione meteorologiche sono mutate in forte siccità e qualche grandinata, che hanno messo a dura prova le coltivazioni ma soprattutto i produttori, sia sotto l’aspetto fisico che economico. La media
produttiva per il Nord Italia ha finito per superare le 60 tonnellate per ettaro, non molto elevata per i costi che l’agricoltore deve sostenere per la conduzione della coltura. Il nostro paese, come abbiamo
avuto modo di affermare, continua a mantenere una posizione d’avanguardia nel mondo sia sotto l’aspetto produttivo che qualitativo.
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Pomodoro da industria Luciano Trentini
E’ la distintività nella produzione di passate, pelati, ed altri prodotti innovativi che consentono di mantenere altissimo il livello qualitativo delle nostre produzioni, sostenendo quel Made in Italy (terzo marchio più conosciuto al mondo dopo Coca Cola e Visa), che tutti ci invidiano insieme alla Dieta Mediterranea che è
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stata riconosciuta dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’Umanità. Il pomodoro fresco nel Nord Italia è trasformato in concentrato di pomodoro per il 35-36% circa (semiconcentrato, doppio o triplo), polpe per il 35-36% (cubetti , fini o estruse), passata di pomodoro 27% e sughi pronti 1%.
muovere il prodotto in aree in cui il consumo è ancora basso e nello stesso tempo consolidare la loro posizione in quelli giĂ esistenti. In questo contesto la Commissione Europea in applicazione del Reg. UE 1144/2014 relativo ad “azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli realizzate sul mercato interno e nei pa-
Pomodoro da industria Luciano Trentini
Dopo i successi ottenuti sui mercati internazionali, non bisogna abbassare la guardia, il sistema deve pensare alle sfide che il settore deve ancora compiere in particolare: sotto l’aspetto strategico si deve lottare spesso contro barriere sanitarie che spesso limitano la libera circolazione delle merci, per conquistare nuovi mercati e per pro-
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esi terzi” ha messo a disposizione degli operatori un montante di risorse che per il 2016 è di oltre 110 milioni di euro, che raggiungeranno i l valore di 200 milioni di euro anni alla fine del decennio. Queste risorse debbono servire oltre che per promuovere “fare conoscere” sia i prodotti freschi che quelli trasformati e per fare educazione al consumo soprattutto verso le giovani generazioni che spesso non consumano il pomodoro trasformato non conoscendo appieno il pomodoro, la sua storia ed i suoi derivati. Uno degli aspetti negativi della nostra produzione è l’elevato costo della filiera (sia produttiva che di trasformazione) che spesso limita lo sviluppo e l’innovazione. Quest’ultimo elemento è invece fondamentale poiché solo attraverso l’innovazione tecnologica e la salvaguardia dell’ambiente si può mantenere la leadership. E’ opportuno soffermarsi su questi aspetti per garantire quella salubrità delle produzioni, sem-
pre più ricercata dai consumatori . Questi oggi sono sempre più orientati verso un mangiare sano che fa bene alla salute e il pomodoro, anche per il suo elevato contenuto di licopene, uno degli elementi antiossidanti fra i più conosciuti. In Italia, secondo il rapporto Eurispes 2014, si evince che il 7,1 % della popolazione si professa vegetariano o vegano ( oltre 4,2 milioni di persone). Erano 3,5 milioni nel 2013 mentre sono oltre 7 milioni in Germania e sono in forte aumento in Inghilterra. Questo fenomeno, deve essere osservato attentamente sia dai produttori
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che dalle industrie di trasformazione. In aumento anche il consumo di pomodoro da industria coltivato con le tecniche della agricoltura biologica, sia in Italia che all’estero, soprattutto in Germania. L’attuale tendenza è quella che la produzione integrata richiede un “residuo zero” e per questo I produttori e le loro organizzazioni debbono mettere in atto tutte quelle pratiche che tendono a ridurre in maniera drastica l’uso dei fitofarmaci. L’irrigazione a goccia ad esempio assolve a numerosi compiti in particolare per una migliore gestione e razionalizzazione dell’acqua di irrigazione distribuita sotto chioma, che consente un miglior control-
lo delle patologie e migliora la produttività e la qualità del prodotto, se usata in maniera corretta. Un esempio molto importante che può assolvere a numerosi compiti è determinato dalla pacciamatura con plastiche biodegradabili che, come dice la parola stessa, si degradano completamente nel terreno (basta solo interrarle), non lasciano residui, riducono l’evapotraspirazione garantendo una migliore gestione dell’acqua di irrigazione, contengono le malerbe e le malattie riducendo cosi l’uso di prodotti chimici di sintesi, non creano intralci durante le fasi di raccolta e concentrano la maturazione del prodotto.
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Una delle voci fondamentali del successo nella coltivazione di questa solanacea, oltre alle pratiche agronomiche citate, è la scelta varietale. Ottenuta attraverso un miglioramento genetico più performante e capace di rendere le varietà coltivate sempre più resistenti alle problematiche fitosanitarie, che spesso sono causa di importanti perdite economiche e siano in grado di migliorare la qualità del prodotto principalmente in termini di colore della polpa e di grado brix. Infine per ridurre i rischi delle patologie, bisogna prendere in maggiore in considerazione le rotazioni, che sono uno dei cardini della produzione integrata. La rotazione dovrebbero essere almeno triennale o me-
glio quadriennale deve essere tenute sotto controllo in quelle aree dove le superfici coltivate sono molto elevate e la maglia poderale piuttosto piccola. Lo stesso accorgimento va tenuto in considerazione anche quando si affittano terreni dove è opportuno accertarsi prima dell’impianto quali siano state le precessioni colturali.
Luciano Trentini Vice Presidente di Areflh
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“ROAD TO QUALITY” è un progetto che prevede la tracciabilità del processo di produzione del materiale di riproduzione (sementi e giovani piantine). Obiettivo del progetto è garantire gli utilizzatori e i consumatori sulla qualità del prodotto utilizzato o acquistato, certificando l’origine, la sanità e il corretto impiego di buone pratiche agronomiche durante l’intero ciclo produttivo. È un progetto certificato ufficialmente, aperto a tutti gli operatori interessati e che al momento vede partecipare numerose ditte sementiere e aziende vivaistiche operanti nel settore orticolo professionale.
per informazioni: Segreteria Road to quality tel: +39 051.503881 | fax: +39 051355166 segreteria@roadtoquality.it | www.roadtoquality.it
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Karpòs promo SUPERFICI IN CRESCITA PER LE FRAGOLE ITALIANE: secondo il report di CSO + 4% rispetto al 2015 grazie al Sud l report realizzato dal CSO, Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara, evidenzia una crescita delle superfici coltivate a fragola in Italia pari al +4% rispetto al 2015, con una copertura di circa 3.740 ettari, un valore che riporta la fragolicoltura nazionale ai livelli del 2008. In linea generale si può affermare che l’impulso maggiore alla coltivazione è dato dalle aree del Sud, in particolare da Basilicata e Campania che oggi rappresentano il 45% della fragolicoltura nazionale. La Basilicata conquista il primato nazionale di superficie coltivata con circa 850 ettari ed una crescita del 20% rispetto al 2015. Si consolida anche la fragolicoltura in Campania che, con oltre 800 ettari, cresce lievemente rispetto allo scorso anno. Sostanzialmente costante la fragolicoltura in Veneto, terza regione in ordine di importanza. Risulta in calo invece la coltivazione in Emilia Romagna, -2% rispetto all’anno precedente; in aumento dell’1% il Piemonte e la provincia di Trento, costante la provincia di Bolzano. Tra le altre regioni meridionali si registra una leggera perdita per la fragolicoltura in Calabria con - 1% rispetto alla campagna precedente e una flessione del -5% per la Sicilia. A livello varietale, secondo le elaborazioni di CSO basate su rilevazioni relative alla propria base sociale affiancate dai dati vivaistici, si evidenzia la predominanza di Candonga in
Basilicata e Sabrina in Campania. In Veneto prevalgono Eva, Garda e Antea, in Emilia Romagna, dove prevale la coltura in pieno campo, la produzione è più diversificata con una ripartizione tra Alba, Brilla, Roxana, così come in Piemonte, con, in ordine progressivo decrescente, Alba, Asia, Portola e Clery. A livello di consumi il 2015 non ha eguagliato gli eccezionali risultati del 2014. Va comunque considerato che la tendenza degli acquisti di fragole negli ultimi 5 anni è complessivamente molto positiva con un incremento in quantità acquistate di ben 10.000 tonnellate nel quinquennio per raggiungere un totale di 83.000 tonnellate di fragole nel 2015 ( Fonte: elaborazioni CSO su dati GFK). Per completare il quadro d’insieme relativo alla fragola si evidenzia un calo delle importazioni nel 2015, calo significativo soprattutto nei periodi di maggiore produzione nazionale. I quantitativi esportati invece sono stati pari a 13.000 tonnellate ( da gennaio a ottobre) con un incremento del 4% in valore, rispetto all’anno precedente a testimonianza di una elevata qualità dell’offerta italiana particolarmente apprezzata all’estero negli ultimi anni.
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Karpòs promo Freshness from Europe il progetto di CSO si presenta a Fruitlogistica e diventa un libro che racconta i prodotti uniti alla bellezza dei territori di provenienza. Il Progetto Freshness from Europe, finanziato da Unione Europea, Stato Italiano e CSO con le Aziende associate: Alegra, Apofruit, Assomela, Ceradini, Cico, Conserve Italia, Made in Blu, Origine e Oranfrizer è finalizzato a promuovere i consumi di frutta verso Paesi come il Nord America, Giappone Cina ed Emirati Arabi. Con un budget di oltre 3 milioni di euro per tre anni verranno realizzate azioni mirate sui diversi territori oggetto di promozione. In anteprima a Fruitlogistica il CSO ha presentato un volume di 157 pagine che racchiude gli obiettivi del progetto ma anche una descrizione dei prodotti protagonisti delle attività nei lontani Paesi oggetto di promozione. Il libro è pensato come un regalo a tutti i buyers interessati all’ortofrutta italiana ma anche al suo territorio d’origine, con la sua storia e unicità. I prodotti come kiwi, mele, agrumi, pere, pesche e nettarine vengono affiancati alla bellezza delle zone d’origine, fatta di storia, cultura, saper vivere; una unicità che certamente differenzia l’offerta italiana dalla produzione di tutto il mondo.
“Questo libro - dichiara Paolo Bruni Presidente di CSO - vuole essere il nostro biglietto da visita nel mondo e ritengo che possa fungere da guida per i nuovi buyers che incontreremo con il progetto per incitarli a venire in Italia a vedere direttamente le zone di produzione e la grande bellezza del nostro Paese”. Il catalogo pocket Freshness sarà disponibile tra pochi giorni in inglese scaricabile dal sito:
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Da sinistra: Alessandra Ravaioli (Responsabile marketing e comunicazione CSO), Paolo Bruni (Presidente CSO) Simona Rubbi (Responsabile Osservatorio Legislativo e Progettazione CSO)
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Miele, Voglia di dolce E di natura Giovanni Ballarini
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Voglia di dolce e di natura La voglia di dolce profondamente inserita nella natura umana e collegata al primo alimento, il latte, nel passato poteva essere soddisfatta soltanto con il miele e la frutta. Due alimenti una volta scarsi, e solo per pochi. Latte e miele hanno stretti legami antropologici ed il miele è l’unico alimento prepotentemente dolce che ci è dato dagli animali. Le api che sono state addomesticate proprio per la preziosità di tale alimento, oltre che per la cera. Il miele, dopo aver subito la for-
te concorrenza degli zuccheri vegetali e dei dolcificanti sintetici, gode oggi di un meritato successo che gli deriva dalle inimitabili caratteristiche nutrizionali ed extranutrizionali, tipiche di un alimento di origine animale e quindi vivo. Il miele è prodotto da animali notevolmente diversi e biologicamente distanti dall’uomo e per questo deve essere conosciuto e usato con discernimento. Purtroppo oggi anche il miele, sempre più scarso anche per l’aumento della domanda, é soggetto a sofisticazioni e adulterazioni di diverso genere.
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Apebottinatrice su borragine
... suzagara (fiore di agrume)
96 MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
... su fiore di melo
... su fiore di ciliegio
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Apicoltura, agricoltura, adulterazioni e contraffazioni
dentale) la sopravvivenza e la produttività delle api sono direttamente rapportate all’affermarsi delle monocolture in monosuccessione e al crescente utilizzo di insetticidi neurotossici d’effetto puntuale, cronico e subletale. Il calo delle capacità produttive delle api è, almeno in parte, reso meno percepibile dalla crescente presenza nel mercato mondiale di “falso miele”, con gravi fenomeni di adulterazione e percentuali più o meno significative d’aggiunta di zuccheri alle miscele di “mieli” e altre diverse sofisticazioni, prevalentemente attuati in area asiatica, ma non solo. L’ultima scoperta degli adulteratori è l’utilizzo degli zuccheri del riso, non individuabile e tracciabile con l’analisi del carbonio tredici.
Nella seconda metà del secolo scorso l’investimento per lo sviluppo dell’apicoltura è stato grande, con una conseguente crescita delle complessive capacità produttive. Nell’ultimo decennio invece, nel mondo si verifica un progressivo declino complessivo di sopravvivenza delle api e delle capacità produttive di miele, dovuto a varie cause tra cui quelle climatiche e di nuove patologie di questi insetti, con una innegabile preminenza dell’espandersi del modello di produzione agricola agroindustriale. In Canada, USA, Argentina, Brasile (in particolare nel sud del paese), Giappone ed Europa (in particolare occi-
MIELE ARTIFICIALE E ZUCCHERI VEGETALI (per 100 grammi) Miele artificiale
Zucchero di barbabietola o di canna, raffinato
Zucchero di canna non raffinato (bruno)
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Saccarosio g
5,30
99.80
96,70
6,40
Raffinosio mg
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Zuccheri rid. mg
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1.383
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Vitamina B 1 mcg (μg)
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6,00
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Vitamina B 2 mcg (μg)
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Vitamina PP mcg (μg)
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30,00
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C mg
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Energia digerib. K cal. Energia digerib. K joule
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ti nel miele) é l’unica soluzione oggettiva che fornisce informazioni relative all’origine botanica e geografica di un miele. Essa si basa sullo studio dei granuli pollinici presenti in un miele derivanti dai fiori che l’ape ha visitato alla ricerca del nettare, i quali rimangono in sospensione. Contraffazioni con dolcificanti consistono nell’alimentare le api con sciroppo di zucchero, melasso, zucchero di canna ecc. durante il periodo di flusso del nettare o estraendo covata contenente api alimentate con miele alterato. La determinazione del miele alterato con dolcificanti avviene mediante microscopio, risonanza magnetica nucleare o con spettroscopi a infrarossi.
MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
La sistematica triangolazione di “mieli” miscelati, adulterati, ultrafiltrati, privati di ogni connotato di qualità e naturalità (per cui sono in atto importanti processi penali per esempio persino negli USA) è accortamente gestita in modo da non creare eccessivi scompensi nelle quotazioni degli scambi internazionali. Le principali contraffazioni del miele sono la vendita di miele straniero smerciato come italiano e la vendita dei mieli monoflora non corrispondenti in tutto o in parte al dichiarato. Esistono anche veri e propri, inconsapevoli, errori di valutazione da parte degli apicoltori o dei commercianti a causa della complessità del problema. L’analisi melissopalinologica (esame e valutazione dei pollini presen-
99 La regina tra le sue api
MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
Apicoltura tra allevamento e agricoltura
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L’apicoltura è un allevamento animale di antichissima tradizione, oggi praticata da amatori e professionisti per la produzione di un alimento molto apprezzato, il miele. Base dell’allevamento delle api è l’apiario, costituito da un insieme di alveari (arnie provviste di favi), dove sono ospitate le api che, dopo aver raccolto il nettare e altri prodotti vegetali zuccherini, lo trasformano in miele. La principale attività dell’apicoltore sta ne seguire la fioritura delle piante, che dipende dalla loro specie, ambiente, condizioni meteorologiche, ecc. Vi è un’apicoltura stabile che, tenendo fermi gli alveari, si affida al raccolto (bottinatura) che le api riescono a fare sulla
Strumenti dell’apicoltore
flora esistente nell’ambiente circostante. É un tipo di apicoltura praticata da piccoli apicoltori, in genere dilettanti. Il miele che è prodotto deriva da una grande varietà di vegetali e generalmente è del tipo millefiori. L’apicoltura nomade è praticata da apicoltori professionisti, che spostano decine di alveari in località dove fioriscono determinate specie vegetali, trasferendoli in altre località man mano che vi fioriscono altri vegetali. Poiché la fioritura anticipa nelle regioni più calde, gli alveari si spostano da sud a nord anche per centinaia di chilometri. In questo modo si possono avere mieli di singole specie botaniche o mieli monoflora, che si distinguono per colore, gusto ed anche proprietà extranutrizionali.
da vegetali altrimenti assolutamente incommestibile per l’uomo. Per questo è un’attività che si è sviluppata prima della agricoltura e che si è diffusa in molte parti del mondo. Al tempo stesso l’apicoltura, con la sua azione d’impollinazione, condiziona la produttività di moltissimi vegetali coltivati ed è stato calcolato che rilevanti quantità di alimenti vegetali dipendono dal lavoro delle api. Per questo gli agricoltori chiedono l’opera degli apicoltori. Non bisogna tuttavia dimenticare che le api so-no fortemente danneggiate dagli insetticidi chimici usati dagli agricoltori. Oggi tuttavia, soprattutto in un quadro di una lotta biologica o di trattamenti integrati, è possibile una convivenza tra l’apicoltura e l’agricoltura, con reciproci vantaggi.
MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
Come si è accennato, il miele deriva dalla trasformazione del nettare o della melata che sono elaborati dalle api, attraverso un complesso processo di fermentazione, compiuto nel primo tratto dell’apparato digerente. Del miele sono riempite le cellette dei favi dell’alveare e da questi il miele è estratto dall’uomo con la smielatura, effettuata con diversi sistemi. Le api che visitano i fiori svolgono un’importantissima azione: quella di trasportare da un fiore all’altro il polline, contribuendo alla riproduzione dei vegetali. Infatti, lo sviluppo dei fiori è avvenuto in stretta dipendenza e attraverso una vera e propria coevoluzione con quella degli insetti impollinatori, di cui l’ape è uno dei maggiori rappresentanti. L’apicoltura è un efficace sistema di raccolta di un prezioso alimento, il miele,
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Colonia di api con la regina sul centro destra
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MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
Apicoltore al lavoro
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COMPOSIZIONE MEDIA DEL MIELE (per 100 grammi) Acqua Proteine Grassi Carboidrati disponibili Minerali Glucosio Fruttosio Saccarosio Energia (per 100 grammi Energia digeribile (per 100 g) Vitamina K Vitamina B 1 Acido Pantotenico Vitamina PP (nicotinamide) Vitamina B 6 Vitamina C Carotene (Vitamina A) Acido Salicilico Sodio Potassio Magnesio Calcio Ferro Zinco Fosforo Boro Manganese Rame Nickel Cromo Iodio
g 18,60 (17,50 - 20,60) g 0,38 ( 0,30 - 0,50) g 0 g 75,10 g 0,22 ( 0,20 - 0,24) g 33,90 (26,30 - 39,80) g 38,80 (35,90 - 42,10) g 2,37 ( 1,71 - 2,99) K cal 302 K joule 1263 K cal 302 K joule 1262 mcg (μg) 25 mcg (μg) 3 mcg (μg) 70 mg 0,13 mg 0,16 mg 2,40 mg 0 mg 6,28 mg 7,40 mg 47,00 mg 5,50 mg 4,50 mg 1,30 mg 0,35 mg 18,00 mg 0,35 mcg (μg) 30,00 mcg (μg) 90,00 mcg (μg) 5,50 mcg (μg) 29,00 mcg (μg) 0,50
In Italia 50 miliardi di api 1 milione di alveare 100.000 quintali di miele 50.000 - 90.000 apicoltori 110.000 quintali di miele importati consumo pro capite annuale: 500 g
Le api su favo co miele
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Le api non producono soltanto il miele, ma anche la cera, una secrezione di particolari ghiandole. Da un punto di vista alimentare, oltre il miele, hanno una certa importanza anche la pappa reale, il polline d’api e la propoli. Miele: Il miele è il prodotto alimentare che le api domestiche producono dal nettare dei fiori o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse (melata), che esse bottinano, trasformano, combinano con sostanze specifiche proprie, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. Non é facile stabilire con precisione la dimensione dell’’apicoltura e il mercato del miele, perché una buona parte é di tipo amatoriale. Inoltre, in questi ultimi anni l’apicoltura ha subito gli attacchi negativi d’infezioni e malattie che ne hanno diminuito la produttività. A grandi linee si stima che in Italia ogni anno oltre cinquanta miliardi di api, ospitate in circa un milione di alveari, producono circa 100.000 quintali di miele, prodotti da un elevato numero di apicoltori, da cinquanta a novantamila. In Italia vengono però importati altri 110.000 quintali di miele, con un consumo di approssimativo mezzo chilogrammo per per-
sona due terzi circa per il consumo diretto ed un terzo circa destinato dalla industria dolciaria. Il miele ha una composizione molto complessa e al tempo stesso variabile, come si può intuire dalla diversa origine (polline e melata). In modo analogo i diversi tipi di polline influiscono sulle sue caratteristiche organolettiche: colore, sapore, profumo, consistenza, ecc. Le attività nutrizionali del miele sono in stretta relazione alla sua composizione. Il miele è un alimento essenzialmente energetico e un buon dolcificante. Importante è la qualità degli zuccheri, per circa un terzo costituito da glucosio, lo zucchero semplice presente anche nel sangue dei mammiferi e che viene assorbito dall’intestino senza necessità di alcun processo digestivo. Anche gli altri zuccheri sono molto digeribili e con elevata biodisponibilità. Il glucosio presente nel miele, unitamente ad aminoacidi liberi, favorisce l’assorbimento intestinale dei minerali e in particolare degli elettroliti. Favorito è l’assorbimento del calcio: da qui l’utilità delle associazioni di latte e latticini con il miele nei bambini in accrescimento (formazione dello scheletro), nelle donne gravide e allattanti, negli anziani (attività antiosteoporosi). Il miele contiene inoltre vitamine e minerali, a differenza dello zucchero raffinato che ne è privo o che sono scarsi in quello grezzo.
MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
Miele, pappa reale, polline d’api, propoli
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IL MIELE ASPETTO FISICO: Il miele può essere fluido, denso o cristallizzato. ORIGINE: Secondo l’origine il miele si distingue in: a) miele di nettare, ottenuto principalmente dal nettare dei fiori; b) miele di melata, ottenuto principalmente dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o che si trovano sulle stesse. METODO DI ESTRAZIONE: Secondo del metodo di estrazione vi sono i seguenti diversi tipi di miele: 1) miele di favo, immagazzinato dalle api negli alveoli di favi da esse appena costruiti non contenenti covata e venduto in favi interi con celle opercolate; 2) miele con pezzi di favo, che contiene uno o più pezzi di miele in favo; 3) miele scolato, ottenuto mediante scolatura dei favi disoperpecolati non contenenti covata; 4) miele centrifugato, ottenuto mediante centrifugazione dei favi disopercolati non contenenti covata; 5) miele torchiato ottenuto mediante pressione dei favi non contenenti covata, senza riscaldamento o con riscaldamento moderato. COMPOSIZIONE: I principali caratteri compositivi del miele e sue varietà sono i seguenti. Acqua: non più del 21 % (miele di brughiera, trifoglio e corbezzolo non più del 23%). Zuccheri riduttori (come zucchero invertito): miele di nettare non meno del 65%, miele di melata o misto non meno del 60%. Saccarosio: non più del 5 % (miele di melata o misto, di acacia, lavanda non più del 10%) Esistono precisi limiti per quanto riguarda la concentrazione di sostanze insolubili, minerali, acidità, indice diastasico (contenuto in enzimi) DENOMINAZIONI: Sono possibili denominazioni che ne indicano la Produzione Nazionale, Produzione Comunitaria, Miele Extracomunitario, Miscela di mieli comunitari ed extracomunitari. L’indicazione Miele Vergine Integrale è riservata ai mieli non sottoposti a trattamento termico e che devono avere la data di produzione ed il termine minimo di conservazione. INDICAZIONI DI ORIGINE BOTANICA: I mieli possono avere l’indicazione della origine botanica (acacia, castagno, tiglio, ecc.) o mille fiori. COMMERCIALIZZAZIONE: Il miele va commercializzato come tale e non gli si può aggiungere alcun altro prodotto (acqua, zucchero, melasse, conservanti od additivi, ecc.) MIELE DA PASTICCERIA, MIELE DA INDUSTRIA: Mieli che hanno subito trattamenti termici tali da inibire le attività enzimatiche naturali.
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Attenzione all’etichetta Attenzione all’etichetta 1. La denominazione di vendita
2. La quantità netta
La denominazione minima è MIELE. Quantità stimata in grammi o Sono obbligatorie le seguenti denominazioni: in chilogrammi MIELE in favo; 1. La denominazione di vendita 2. La quantità netta MIELE con pezzi o sezioniminima di favo; La denominazione è MIELE. Quantità stimata in grammi o Sono le seguenti denominazioni: in chilogrammi MIELE filtrato: è ilobbligatorie miele ottenuto 3. Tempo di conservazione MIELE in favo; eliminando sostanze organiche (eliminaData di scadenza delle proMIELE con pezzi o sezioni di favo; zione significativa di polline). prietà3.specifiche MIELE filtrato: è il miele ottenuto Tempo di conservazione eliminando sostanze organiche (eliminazione significativa di polline).
Prodotto e confezionato da:
Produzione d’origine Italiana Produzione d’origine Italiana
L 120/05
L 120/05
7
6
8 020119 046128
4-5
1
7
6
Prodotto e confezionato da:
1
Miele Miele
Da consumarsi Da consumarsi preferibilmente entro: preferibilmente entro:
4-5
Data di scadenza delle proprietà specifiche
3 2
Verificare ?????
2
500 g
500 g
Conservare in luogo fresco e asciutto e al riparo dalla luce
4. Il nome e l’idirizzo dell’operatore alimentare
3
e
e
6. Il paese di origine Indicazione del paese o dei paesi in cui il mieile è stato raccolto
5. Sede di confezionamento 6. Il paese 7. Il lotto 4. Il nome e l’idirizzo di origine Indicazione del paese o dei paesi dell’operatore alimentare
in cui il mieile è stato raccolto
5. Sede di confezionamento
7. Il lotto
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MIELE VOGLIA DI DOLCE E DI NATURA GIOVANNI BALLARINI
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Pappa reale
Polline di api
Le api operaie vivono circa quaranta giorni d’estate e sei mesi d’inverno, ma la regina, l’unica che nell’alveare depone le uova, vive circa cinque anni. La lunga vita e l’altissima prolificità della regina si collega a una sua speciale alimentazione: la pappa reale. É una gelatina di colore bianco-giallognola, di sapore acidulo, che viene prodotta dalle api per la loro regina ed é prelevata dalle speciali celle reali in quantità di pochi mg. Intuitivo è il suo prezzo elevato. La pappa reale, diversamente dal miele, è molto proteica ed ha una composizione di 70% circa di acqua e 30% circa di sostanza secca. Quest’ultima è costituita da proteine (49%), glucidi (39%), lipidi (10%), ceneri (2%), vitamine soprattutto del gruppo B, ecc.
Sono minuscole palline formate dalle api che masticano il polline raccolto dai fiori. L’apicoltore lo raccoglie dalle api che rientrano all’alveare dopo la raccolta. Il polline contiene vitamine, enzimi e altre sostanze.
Api su covata matura
Propoli La propoli è una specie di resina. Per alcuni le api la ottengono dalle gemme di alcune piante, per altri dalla trasformazione del polline. Questa resina serve a chiudere le aperture dell’alveare ed ha buone proprietà battericide.
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Le api ricoprono un favo di covata matura, la devono mantenere costantemente calda,a 38 째c
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Terapia con il miele e mieli terapeutici Attività sanitarie Nel miele, oltre alle componenti nutrizionali rappresentate dagli zuccheri, proteine, vitamine e minerali, è contenuta una amplissima ed ancora incompletamente nota quantità di molecole o principi secondari che, singolarmente od in associazione ed anche in rapporto alle concentrazioni, svolgono interessanti azioni profilattiche e terapeutiche. I più importanti di questi principi secondari sono stati riportati in elenco sottostante. Le principali attività sanitarie possono essere riassunte come segue. Attività probiotica - La presenza di zuccheri, acidi organici (iniziando dall’ acido salicilico) e ormoni
Componenti secondari del miele
Elencati in ordine alfabetico e NON di concentrazione o di frequenza di presenza
favorisce lo sviluppo di una flora intestinale batterica buona, con prevalenza dei batteri lattici. Questo condiziona una migliore nutrizione (probiosi). Attività antinfettiva intestinale - Il miele contiene principi di tipo antibiotico, attivi verso numerosi microrganismi: streptococchi, stafilococchi, enterobatteri ecc. Attività antinfettiva locale - Attraverso meccanismi non ancora completamente noti, di tipo biologico e chimico, il miele svolge un’azione antinfettiva sulle piaghe ed ulceri, dimostrando non solo una attività antinfettiva, ma anche stimolante la cicatrizzazione. In questo contesto è da inserire la attività contro la carie dei denti, per la sua azione contro i batteri orali che fermentano gli zuccheri e producono acidi che alterano la dentina.
Antibiotici, Antiparassitari, ecc. Gli alveari e l’apicoltura sono sottoposti a Vigilanza Igienica Sanitaria Veterinaria. Il miele prodotto da alveari sottoposti a terapia non può essere destinato alla alimentazione umana, se non quando è passato un congruo periodo di tempo stabilito per legge, oppure quando gli opportuni controlli di laboratorio siano risultati negativi.
ACIDI ORGANICI - Acetico - Butirrico - Citrico - Cloridrico - Formico - Fosforico - Gluconico - Malico - Lattico - Piroglutammico - Salicilico Succinico
FARMACOLOGICHE (SOSTANZE) - Inibine ad azione antibiotica - Oli essenziali vegetali - Principi farmacologici vegetali (cocaina, ecc.)
AMINOACIDI (da idrolisi delle proteine) - Ac. aspartico - Ac. glutammico - Alanina - Arginina - Cistina - Fenilalanina - Glicina- Istidina - Leucina/isoleucina - Lisina - Prolina - Serina - Treonina - Valina
INQUINANTI e CONTAMINANTI Inquinanti ambientali (Cadmio, Piombo, ecc.) Inquinanti batterici (Clostridium botulinum, Enterobatteri, ecc.). Contaminanti da processi di estrazione, lavorazione del miele, contenitori, ecc.
AROMATICHE (SOSTANZE) - Acetaldeide - Acetone - Aldeide isobutirrica - Diacetile Formaldeide ENZIMI - Distasi - Catalasi - Fosfatasi - Glucosio-ossidasi - Invertasi FARMACI - Fitofarmaci presenti sui fiori, in quantità insufficienti a produrre la morte delle api. Farmaci usati per curare le api : Sulfamidici,
ORMONI e SOSTANZE ORMONOSIMILI Acetilcolina - UGF (Fattori sconosciuti di crescita) - Fitostimoline VELENI VEGETALI - Principi attivi dei seguenti vegetali: aconito - azalea - belladonna - coca digitale - lauroceraso - oleandro - scilla - stramonio
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Attività farmacologiche Nel miele possono venire concentrati i principi attivi contenuti nelle piante da cui deriva il nettare raccolto dalle api (miele di nettare). Questi principi attivi, in rapporto soprattutto alla loro concentrazione, svolgono azioni farmacologiche e terapeutiche. Per questo motivo i mieli monoflora possono svolgere particolari, specifiche e selettive attività terapeutiche, ma in qualche caso anche tossiche. Fin dalla antichità al miele in generale e a singoli mieli monoflora sono state attribuite proprietà terapeutiche, che in buona parte sono state oggi confermate, più per gli aspetti preventivi che non curativi di malattie o disturbi di una certa entità.
Nell’ elenco sottostante sono indicati alcuni principi attivi presenti nei mieli e alcune attività farmacoterapeutiche tradizionali. Le azioni antinfettive dei mieli sono da riferire ai composti alifatici e aromatici (terpenoidi) presenti soprattutto nei mieli monoflora di acacia, tiglio, castagno o multiflora, in particolare pinene, canfene, eucaliptolo, linalolo, alcol benzilico, farsenolo, limonene e altri composti di derivazione vegetale. Questi composti sono presenti nei diversi tipi di miele nella quantità da 0,12 a 0,26% ed esercitano una efficace attività antibiotica nei riguardi di molti microrganismi (Escherichia coli, Staphylococcus, Streptococcus, Klebsiella, Pseudomonas, Candida ed altri microrganismi).
Proprieta’ farmaco-terapeutiche tradizionalmente attribuite ad alcuni mieli monoflora ABETE - Antisettico generale - Antinfiammatorio delle vie respiratorie - Diuretico ACACIA - Regolatore intestinale ARANCIA - Antispasmodico - Neurosedativo BIANCOSPINO - Antispasmodico - Neurosedativo CASTAGNO - Regolatore della circolazione sanguigna ERICA - Antisettico generale - Antisettico dell’apparato urinario e diuretico Antianemico
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EUCALIPTO - Antisettico generale - Antisettico dell’apparato respiratorio - Antisettico dell’apparato urinario GIRASOLE - Antipiretico GRANO SARACENO - Antianemico LAVANDA - Antisettico generale – Antinfiammatorio - Antispastico ROSMARINO - Colagogo - Coleretico TIGLIO - Antispasmodico - Neurosedativo TIMO - Antisettico generale TRIFOGLIO - Dinamogenico
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Rischi sanitari
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Contaminazioni Contrariamente a quanto si potrebbe sospettare, il miele non risente in modo significativo degli inquinamenti ambientali. Infatti, quando questi superano un certo livello, le api o sono uccise o hanno disturbi per cui non producono il miele. Il miele è quindi prodotto da animali sani che si frappongono come filtri tra noi e l’ambiente e ci assicurano un alimento sano. Per prevenire la presenza nel miele di residui di farmaci usati per la cura delle malattie degli alveari, esiste una precisa regolamentazione e sono eseguiti controlli specifici. La grande differenza biologica che vi è tra le api e gli uomini evita rischi di trasmissione di infezioni. Tuttavia in alcuni mieli è stata riscontrata la presenza di spore del Clostridium botulinum che potrebbero essere pericolose per bambini lattanti. Il miele si dimostra capace tuttavia di inibire lo sviluppo delle forme
vegetative del Clostridium botulinum, peraltro inattivate dalla pastorizzazione, che distrugge anche la tossina botulinica, ma non le spore del batterio. Morte infantile improvvisa provocata dal miele? Il botulismo infantile è una forma clinica descritta per la prima volta nel 1976, dovuta allo sviluppo di Clostridium botulinum nell’intestino dei bambini. Il quadro clinico è molto vario e va da forme quasi asintomatiche fino alla morte. Spore di C. botulinum non sono state ritrovate, in alcuni casi, nel miele utilizzato per dolcificare la tettarella. L’ origine alimentare delle spore é dimostrata per il miele e per il corn syrup, mentre in tutti gli altri alimenti per l’infanzia studiati non sarebbero mai state trovate spore del microrganismo incriminato. Nelle fasi iniziali delle ricerche su questa patologia il probabile veicolo d’infezione è stato identificato nel miele per circa il 35 % dei casi. Nei casi italiani di botulismo infantile l’origine
Quanto riportato non deve far pensare che il miele possa presentare dei rischi per l’alimentazione umana in generale. Al contrario il miele è un alimento salubre anche dal punto di vista microbiologico. Le sue caratteristiche non permettono lo sviluppo di agenti patogeni. I microrganismi non sporigeni che possono contaminarlo durante produzione (raccolta nell’ambiente, stoccaggio nell’alveare, estrazione, lavorazione e confezionamento) non sopravvivono e sono inattivati nel giro di pochi giorni o alcune settimane. I microrganismi sporigeni possono invece perdurare nel miele per lunghi periodi, ma non trovano le condizioni per svilupparsi. La presenza di spore nel miele resta di solito a livelli bassi o molto bassi e raramente raggiunge livelli che segnalano una lavorazione in condizioni igieniche carenti. In nessun caso è stato segnalato, aldilà del rischio del tutto particolare del botulismo infantile, un possibile pericolo per il consumatore.
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sembra diversa, poiché il miele non è tra gli alimenti consumati dai bambini ammalati. L’ origine delle spore nel miele non è nota. Le sperimentazioni indicano che le api non sono in grado di eliminare le spore presenti nella materia zuccherina utilizzata per produrre miele. Non sembra che l’alveare sia l’origine della contaminazione. Che il punto di partenza sia l’ambiente di raccolta o la manipolazione umana, la presenza di C. botulinum è sempre occasionale e ridotta. Il rischio non può essere ridotto a zero con processi di sterilizzazione post-produzione compatibili con la natura del miele. I trattamenti termici efficaci per l’inattivazione di tali spore dovrebbero raggiungere temperature troppo elevate per garantire il rispetto degli standard qualitativi del miele. Sul miele destinato a formulazioni speciali (bibite, alimenti per l’infanzia) l’eliminazioni dei microrganismi può invece essere ottenuta con l’ultrafiltrazione del miele diluito, un processo non applicabile al miele tal quale.
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Mieli tossici Diodoro Siculo, nel Libro XIV della sua Biblioteca Storica (30, 1, 2), descrivendo la spedizione di Ciro contro il fratello e la sua uccisione (401 a.C.) racconta che l’esercito, arrivato nella Colchide, regione della costa sudorientale del Ponto Eussino, a sud del Caucaso, dopo aver occupata un’altura ben difesa, ebbe la possibilità di ristorarsi. “In quei luoghi si trovarono anche molti alveari che producevano un
magnifico miele. Quelli che lo assaggiarono ebbero una strana disavventura, perché chi ne prese uscì di senno e cadde a terra come morto. Siccome erano stati in molti a mangiarne per la dolcezza del suo gusto, in poco tempo ci furono a terra tanti caduti come dopo una disfatta in guerra. Quel giorno quindi l’esercito si scoraggiò, sbigottito dello strano fenomeno che aveva colpiti molti sventurati; ma l’indomani verso la stessa ora tutti si riebbero, ritornarono a poco a
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poco in sé e si alzarono nelle stesse condizioni fisiche di chi si salva da un avvelenamento”. Anche Senofonte (Anabasi, IV, 8, 20-21) descrive gli effetti dei mieli tossici, che dipendevano dalla tossicità delle piante ai cui fiori avevano attinto le api. Ancor oggi sulle coste del Mar nero fioriscono l’azalea, l’aconito, il giusquiamo, il rododendro pontico, il colchico, tutte piante velenose, ed anche in epoche più recenti si sono verificati fenomeni ana-
loghi a quelli descritti da Diodoro e Senofonte. Tra i mieli che contengono principi attivi farmacologici vi sono quelli che si producono nelle Ande, dove le api bottinano i fiori di coca. Questi mieli possono contenere elevate quantità di cocaina. Una precisa conoscenza della origine del miele mette al riparo da rischi tossici, che oggi sono soltanto una curiosità storica.
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Normative comunitarie La Direttiva CE sul miele del 7 marzo 2002 (n. 2001/110/CE) impone l’indicazione del Paese d’origine in cui è stato raccolto, ma dà agli importatori una prima scappatoia, perché è sufficiente aggiungere un grammo di miele italiano a una tonnellata di miele cinese per sostituire l’indicazione del Paese di provenienza con la dizione “miscela di mieli originari e non originari della CE”. Un’altra trovata è il miele filtrato, che è privato dei pollini grazie a una filtrazione. La scomparsa dei pollini rende il miele un oggetto mi-
sterioso perché è con l’analisi dei pollini che si riconosce non solo l’origine floreale, ma anche la provenienza del miele: se scompaiono, con un’opportuna miscelazione potrà essere dichiarato miele italiano anche un miele cinese.
Giovanni Ballarini
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STUDIOFABBRO.COM 10-2015
Dal 1930 in continua crescita
Vivai Cooperativi Rauscedo il numero 1 al mondo del vivaismo viticolo 66 milioni di barbatelle vendute
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1970
2000
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ITALIA 37,6 MILIONI, ESTERO 28,4 MILIONI PER UN TOTALE DI 66 MILIONI DI BARBATELLE Significa che con le barbatelle VCR sono stati realizzati quasi 20.000 ettari di vigneto di cui oltre 11.000 in Italia e 8.100 all’estero. Tutto ciò rappresenta un traguardo che non ha eguali al mondo e che potrà essere ancora migliorato sotto la spinta propulsiva dell’innovazione VCR! Via Udine, 39 33095 Rauscedo (PN) Italia Tel. +39.0427.948811 Fax +39.0427.94345 www.vivairauscedo.com vcr@vivairauscedo.com
Karpòs promo UN GRANDE SUCCESSO A SIGEP PER AGUGIARO & FIGNA I nuovi Platinum e Grano Franto protagonisti dello stand “Le Sinfonie” che ha accolto milioni di visitatori e buyer da tutto il mondo In occasione della 37^ edizione della fiera SIGEP di a Rimini l’azienda Agugiaro & Figna, leader italiano per la macinazione del grano tenero, ha presentato al pubblico due nuovi prodotti che si aggiungono alla già vasta gamma di mix e farine di altissima qualità: Platinum e Grano Franto. Il salone è stata l’occasione per incontrare buyer, clienti, visitatori e curiosi da tutto il mondo che si sono dimostrati interessati alla grande innovazione dei nuovi prodotti che portano la firma Agugiaro & Figna, frutto di lunghi studi aziendali in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma sui processi di lievitazione. Platinum è un preparato a base di lievito madre attivo. Il mulino di Agugiaro & Figna è oggi l‘unico a produrre un lievito madre essiccato. Quest’anno la formulazione è stata prodotta nella forma di Lievito madre attivo in modo da far svolgere fin da subito il processo di fermentazione in maniera corretta ed efficace. Il prodotto permette di impiegare una “madre” selezionata, garantita e pronta all’uso, senza doverla sempre conservare e rinnovare, con
risultati sempre costanti. Unendo la forza della tradizione del passato alla moderna tecnologia ha formato una combinazione vincente che dona a questo prodotto caratteristiche di grande valore quali l’alta digeribilità e la lunga conservazione. La creazione di Naturkraft, la linea di Agugiaro&Figna di lieviti madre essicati nasce dalla lunga esperienza aziendale sui processi della lievitazione e dalla collaborazione con il Dipartimento di Genetica, Biologia dei microrganismi, Antropologia, Evoluzione dell’Università degli Studi di Parma. Il risultato ottenuto è oggi non solo l’isolamento e la caratterizzazione molecolare di microrganismi come lieviti e batteri lattici ma anche il miglioramento del prodotto che risulta stabilizzato e mappato geneticamente. Un prodotto che affonda sì le origini nell’antichità ma con applicazioni all’avanguardia. Il salone di Rimini è stata l’occasione per clienti e curiosi di scoprire anche Grano Franto, la seconda novità dell’azienda. Il prodotto è un mix che conserva tutta la fragranza del chicco di grano perché semplicemente schiacciato e
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non ancora sottoposto al completo processo di macinazione. Il fiocco, ottenuto da un’accurata selezione dei migliori grani sul mercato, trova tutto il sapore e la gradevole consistenza che solo un dono della terra come il grano può donare. Le sue capacità organolettiche sono intatte e in equilibrio con il resto della farina bianca e il contenuto di fibra grezza del preparato è perfetto per una corretta alimentazione, salutare e genuina. E’ importante ricordare che Grano Franto contiene anche lievito madre essiccato, che rende il prodotto facilmente digeribile e dall’aroma inconfondibile che riporta ad uno dei sapori più antichi del mondo. Quest’anno le ricerche scientifiche dell’azienda vertono sulla caratterizzazione ed individuazione nelle farine di eventuali aspetti nutrizionali, per potenziali applicazioni innovative e migliorare gli aspetti che possono essere presenti nei cereali . L’azienda ha imboccato una strada che attraverso investimenti ed applicazioni costanti potrebbe portare risultati sempre più eccellenti in futuro. About Agugiaro&Figna L’azienda, con le sue 280.000 tonnellate di macinato all ‘anno, ha tre stabilimenti: a Parma, Padova e Perugia specializzati per rispondere a tutta la gamma di esigenze del mercato quali l’industria, la panetteria tradizionale, il catering, la G.D.O e le pizzerie. Con il marchio Cinque Stagioni infatti è leader sul mercato italiano per le farine da pizza ed esporta in 70 paesi nel mondo. L’Azienda è sempre molto attenta ad una interazione e collaborazione con il cliente fornisce infatti assistenza tecnica e di marketing per panettieri e pasticceri. E’ in possesso di tutte le certificazioni più importanti ed opera nello scrupoloso rigore di continui controlli fatti dai suoi laboratori interni e da analisi di istituti esterni.
www.agugiarofigna.com
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