Karpòs Agri-Cultura n. 6 2016

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Anno II - Agri-Cultura N° 6 - 2016

Karpòs

AGRI-CULTURA

BIOSTIMOLANTI | BIOCONTROLLO | BIOFERTILIZZANTI In Valagro realizziamo le migliori soluzioni per la nutrizione e il benessere delle piante nel pieno rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Da oltre 30 anni ci prendiamo cura dei bisogni delle piante coniugando efficienza e sostenibilità, Scienza e Natura. Grazie al nostro impegno in ricerca e sviluppo e alla nostra presenza globale, siamo in grado di offrire il meglio dell’innovazione per una agricoltura sostenibile.

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Il futuro del vino italiano Finite le ansiE dei viticoltori del Nord-Est Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine

Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà IL SISTEMA AGROALIMENTARE ITALIANO: MUSEO O LABORATORIO

Viticoltura del Triveneto



EDITORIALE

Viticoltura del Triveneto

Renzo Angelini Direttore editoriale

Carissimi lettori, migliorare la redditività aziendale. In altre parole, dobbiamo introdurre innovazioni attraverso una stretta alleanza di trasferimento dei risultati della Ricerca e dell’industria alla viticoltura. Le innovazioni percepite più urgenti dalle aziende viticole italiane sono: -Riduzione dell’impatto ambientale dovuto ai trattamenti. -Vitigni più resistenti o tolleranti ai parassiti. -Portinnesti resistenti a stress abiotici come siccità, calcare, salinità. -Gestione del vigneto su base fisiologica/metabolomica, in altre parole una relazione più stretta tra genetica e risposta del vitigno alle operazioni colturali. -Affermare diffusamente l’agricoltura di precisione per garantire adattabilità e rapidità di risposta ai cambiamenti climatici e conseguenti benefici tecnici ed economici. In sintesi, fare più e meglio con meno. Vorrei ringraziare tutti coloro che stanno consentendo la realizzazione di questi eventi sul territorio e la messa insieme di consigli, proposte informazioni che saranno disponibili sulle nostre pubblicazioni e sul sito www.karposmagazine.net

dopo la Toscana il secondo incontro, organizzato da Karpòs, sui “Cambiamenti climatici e nuovi percorsi tecnici in viticoltura” si è svolto in Veneto, a Susegana (TV) presso la Scuola di Viticoltura. Uno dei territori simbolo del vino italiano ed in controtendenza rispetto ad altre aree: la superficie vitata, in costante aumento, dai 70.450 ettari del 2007 si è attestata a 91.676 ettari di quest’anno grazie al successo dei vini DOC e del Prosecco in particolare. Dai dati della vendemmia 2016 l’Italia si conferma primo Paese in Europa e nel mondo, per quantità prodotte, surclassando Francia e Spagna. I cambiamenti climatici stanno mettendo in discussione la magia del 45° parallelo, la latitudine ideale per la produzione dei grandi vini del mondo ma possono essere anche l’opportunità per una evoluzione del modo di fare agricoltura. Le sfide emerse dagli incontri e dai dibattiti sono: -Produrre alimenti di qualità e salubrità riducendo la pressione ambientale. -Tutelare le risorse che entrano nel processo produttivo come acqua, suolo. -Garantire processi produttivi più sostenibili e che affrontino le sfide dei cambiamenti climatici. -Assicurare la qualità della vita nelle aree rurali e

3 CAMBIAMENTI CLIMATICI E NUOVI PERCORSI TECNICI SOSTENIBILI PER LA VITICOLTURA ATTILIO SCIENZA


Karpòs AGRI-cultura N. 6 - 2016

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Direttore editoriale Renzo Angelini

Viticoltura del Triveneto Renzo Angelini

Direttore Responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012

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Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) P.I./C.F. 04008690408 REA 325872

Il futuro del vino italiano Renzo Angelini

Hanno collaborato a questo numero Antonella Bilotta Laura Fafone Amministrazione Milena Nanni

20 Finite le ansiE dei viticoltori del Nord-Est Michele Borgo

40 Bilanciofitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini

52 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


Per le Foto: Da pag. 20 a pag. 36 Michele Borgo Da pag. 40 a pag. 48 Elisa Angelini, Michele Borgo Da pag. 72 a pag. 87 Mario Colapietra

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Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato

Tutte le altre fotografie: © Renzo Angelini

L’editore ha cercato di reperire tutte le fonti, ma alcune restano sconosciute. L’editore porrà rimedio, in caso di segnalazione, alle involontarie omissioni o errori nei riferimenti.

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https://twitter.com/KarposMagazine

Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra https://www.facebook.com/karposmagazine1

90 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli

112 IL SISTEMA AGROALIMENTARE ITALIANO: MUSEO O LABORATORIO Bruno Marangoni

Karpos

Karpòs alimentazione e stili di vita

www.karposmagazine.net

Non si restituiscono testi, immagini, supporti elettronici e materiali non espressamente richiesti. La riproduzione anche parziale di articoli e illustrazioni è vietata senza espressa autorizzazione dell’editore in mancanza della quale si procederà a termini di legge per la quantificazione dei danni subiti. L’editing dei testi, anche se curato con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze, limitandosi l’editore a scusarsene anticipatamente con gli autori e i lettori. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo ha scritto e pertanto ne impegna la personale responsabilità. Le opinioni e, più in generale, quanto espresso dai singoli autori non comportano alcuna responsabilità da parte dell’editore anche nel caso di eventuali plagi di brani da fonti a stampa e da internet. Karpòs rimane a disposizione di altri eventuali aventi diritto che non è stato possibile identificare e contattare.


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018 Il futuro paolo inglese del vino italiano Il destino Renzo angelini in una promessa


Il futuro del vino italiano Il futuro paolo inglese del vino italiano Il destino Renzo angelini in una promessa

Renzo Angelini

02 9


Abbiamo dunque dedicato il primo evento organizzato da Karpòs a fare il punto della situazione, interrogandoci sulle inedite opportunità che potrebbero avere i nostri viticultori se cominciassero a utilizzare la più che probabile turbolenza climatica che ci attende, come una leva per rinnovare pratiche e tecniche agricole, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei nostri vini. Può sembrare un paradosso ma le più recenti ricerche scientifiche stanno dimostrando che, grazie a una agricoltura aggiornata con le tecnologie informatiche capaci di orchestrare informazioni eterogenee sui fattori portanti della viticoltura e sulla vinificazione, le emergenze possono essere trasformate in un vantaggio competitivo per aumentare il valore delle

Il vino italiano ha recentemente ottenuto un risultato impensabile fino a qualche decennio fa. I nostri produttori sono diventati i primi al mondo per quantità di vino esportato. Tuttavia questo primato nasconde delle insidie. Il valore che genera sinora, è relativamente modesto rispetto le potenzialità dei nostri vigneti, unici al mondo per varietà e ricchezza geologica. In seconda battuta stanno emergendo dei problemi storici che costringeranno i viticultori e i tecnici a una grande trasformazione culturale e operativa. Primo fra tutti la inquietante accelerazione dei cambiamenti climatici che da tempi ancestrali decretano l’ampiezza della fascia geografica dove risulta possibile una agricoltura di qualità.

10 IlPANE futuro NOSTRO del vino QUOTIDIANO italiano Giovanni Renzo angelini Ballarini


tito da una burocrazia lenta e costosa. Solo muovendoci all’unisono avremo la possibilità di far crescere il valore necessario per trasformare tutta la nostra viticoltura in un modello produttivo esemplare per competitività, sostenibilità e qualità delle produzioni.

nostre produzioni. Detta in termini sintetici, con i nostri eventi intendiamo contribuire alla diffusione della cosiddetta Agricoltura di precisione. Oltre al tema centrale rappresentato dal cambiamento climatico, gli eventi Karpòs sono stati pensati per dare compattezza a tutti i protagonisti del vino italiano: dai produttori ai fornitori di prodotti e servizi; dai ricercatori agli agronomi delle aziende; dagli enologi ai comunicatori. Il progetto dell’aumento del valore del vino italiano oggi non può più essere demandato alle eroiche avanguardie imprenditoriali che nel recente passato hanno dato un contributo fondamentale nel rivestire con un abito festoso un “corpo” complessivo compromesso da troppi ritardi e appesan-

Permettetemi di aggiungere ancora qualche pensiero sul tema della condivisione strategica e della compattezza tra tutti gli attori protagonisti della nostra agricoltura. Sino a ora il vino italiano di qualità si è evoluto grazie all’azione di grandi eroi culturali e imprenditoriali che singolarmente, superando ostacoli di natura eterogenea, sono meritatamente riusciti a raggiungere posizioni di privilegio.

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di Alessandro Magno, una piccola regione a nord della Grecia dominata da Atene e Sparta, è stata capace di disintegrare immensi eserciti e imperi. La sua forza era la falange cioè un esercito di uomini che in battaglia si muovevano all’unisono, agivano come un unico organismo. Io credo che, se sapremo alternare le nostre diversità con i momenti in cui dobbiamo agire come una falange, otterremo la crescita di valore che tutti auspichiamo.

Grazie agli stimoli di questi eroi della viticoltura tutto il settore è stato attraversato da una energia che ha portato il nostro Paese a essere il primo produttore al mondo per quantità di prodotto. Ora siamo di fronte al passo più difficile, ovvero stiamo per incamminarci lungo stretta via che introduce al passaggio dalla quantità delle produzioni all’aumento progressivo del valore aggiunto. Per far ciò, io credo che, gli ammirevoli eroi non siano più sufficienti. Il vino italiano per conquistare valore in un mercato grande come il pianeta, deve saper far squadra. In altre parole, dobbiamo imparare nelle circostanze giuste a muoverci come una falange macedone. Pensate, tanti secoli fa, ai tempi di Filippo II e

Nel frattempo, posso dire che, in questo momento, insieme con i nostri partner stiamo contribuendo alla costruzione della falange del vino italiano. A mia memoria, sono stati ben pochi gli eventi creati per la crescita nella

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far capire a chi ama la cultura del vino la nostra specificità. Per questo motivo non dobbiamo avere paura di superare modi di dire che non riflettono la nostra complessità. Per esempio, io al concetto di Terroir preferisco quello di Genius Loci. Nell’accezione classica il genio (cioè il saggio) del “luogo” è una entità metafisica che lo presidia, nel senso che lo protegge e lo com-prende essendo parte delle forze generatrici che lo ha materializzato. In quanto tale, era oggetto di culto per gli antichi romani. Oggi, il Genius Loci potrebbe essere inteso come il gioco di sostanze espressive che orientano le forze del “luogo” a prendere la forma di significazioni che identificano un vino conferendo a esso la sua specificità. Il Genius Loci racconta delle storie e

condivisione degli obiettivi. Nell’incontro organizzato a San Felice un ragguardevole esercito di protagonisti ha dato prova di credere nella fecondità della crescita della conoscenza comune e nella libera e franca discussione sui passi da intraprendere ora, senza rimettere i problemi a un futuro indeterminato. Cercate di capirmi bene: sono cosciente che non abbiamo ancora conquistato nulla, ma può dire che tutti insieme abbiamo lavorato per trasformare un problema, il cambiamento climatico, in una occasione di crescita del settore. Il vino italiano viene da una grande tradizione e da un contesto geologico e territoriale senza paragoni. A mio avviso dobbiamo trovare il modo di

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storia dell’avventura umana connessa alla vite, dai greci agli etruschi, dai romani ai Borboni. Pur privilegiando il percorso scientifico mi pare giusto non dimenticare che la grande ricchezza della diversità del vino italiano dipende anche dalla nostra capacità di preservare le differenze che la nostra storia millenaria ci ha consegnato. Una falange di “differenze” che agiscono insieme non può che vincere.

avvicina all’uomo le forze generatrici della natura. Io credo che questo concetto sia importante perché ci permette di aggiungere a “Terroir” (imposto dal dominio francese sulla viticoltura) un supplemento di senso che, aldilà dei microclimi e alle diverse tecniche di viticoltura, mette in gioco “differenze” inscritte nel territorio dall’evoluzione di specifiche e coerenti forme di vita. Con i nostri prossimi eventi andremo alla scoperta dei Genius Loci che presidiano le molteplici viticultore dei nostri territori. Siamo partiti dal centro per muoverci a nord e poi nel sud del nostro invidiabile Paese. Le diversità geologiche italiane (vini dei territori vulcanici, alluvionali, dei termini sedimentari...) si riflettono nella

Renzo Angelini Direttore Editoriale

14 Il futuro del vino italiano Renzo angelini


IL FUTURO DEL VINO ITALIANO Specificità dei territori vinicoli italiani, eccezionale presenza di varietà autoctone e culture storiche

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Finite le ansiE dei viticoltori del Nord-Est Michele Borgo

20 Finite le ansi dei viticoltori del Nord-Est Michele Borgo


Veduta vigneto Glera_SS. Angeli

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L’autunno è la stagione dei bilanci in agricoltura. I vigneti sono ormai spogli delle uva raccolte con tempo buono e soleggiato, mentre in cantina è ancora frenetica l’attività di trasformazione e di vinificazione. Quindi un’altra annata viticola è ormai alle spalle. I viticoltori, finalmente, possono tirare un sospiro di sollievo, lasciando alle spalle molte ansie, che li hanno assillati per tutto il periodo primaverile del 2016.

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Già, l’annata appena trascorsa si prefigurava come annus horribilis, in quanto straordinario e sorprendente, viste e considerate le condizioni climatiche dei mesi di maggio e di giugno. Alla fine, invece, il bilancio generale si è dimostrato abbastanza positivo per grande parte delle aziende viticole; in molti casi è invece risultato particolarmente negativo. Le ragioni di tali differenze sono state bene metabolizzate dai viticoltori e dai tecnici del settore, in quanto in ogni azienda e in ogni vigneto c’è stato modo di conoscere i rischi a cui si andava incontro in una annata difficile, in cui il meteo stagionale lasciava poco spazio a scelte imprenditoriali. Le condizioni meteorologiche sono state alquanto anomale rispetto alle aspettative dell’attuale ciclo climatico. È ormai risaputo che il clima “cambia”,

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ossia che è in continua evoluzione e che, rispetto al periodo antecedente agli anni novanta del secolo scorso, risulta molto più variabile ed imprevedibile, caratterizzandosi per il susseguirsi di fasi piuttosto lunghe di tempo piovoso con piogge abbondanti, alternate a fasi altrettanto prolungate con tempo asciutto e caldo. Quindi il clima della primavera ed estate 2016, ancor più rispetto ad altre annate, è stato il fattore dominante che ha determinato il bello ed il brutto dei processi fisiologici, produttivi e fitosanitari della viti. Fin dalle prime fasi fenologiche si poteva intuire che l’annata sarebbe risultata diversa rispetto al recente passato; in primo luogo era possibile prevedere che le vendemmie si sarebbero spostate in avanti di circa 10–15 giorni rispetto alle epoche di raccolta registrate negli ultimi anni.

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Il lungo periodo fresco e piovoso di fine maggio e di giugno, epoca coincidente con la fioritura dell’uva, ha ritardato e mantenuto assai prolungato questa importante fase fenologica, determinando, in parte, difetti di allegagione, concretizzati con forti colature fiorali, accentuate acinellature. Queste conseguenze sono state quindi conteggiate alla vendemmia, avvenuta con un certo ritardo e con un calo di produzione, salvo il fatto di non trovarsi di fronte a varietà, come la Glera, che è risultata molto fertile e con elevato numero di grappoli. I mali peggiori sono stati determinati dalle

epidemie di peronospora e di mal dell’esca. Le vere complicazioni sono arrivate con le frequenti ed abbondanti piogge di maggio e, in modo particolare, di giugno, facendo registrare a Conegliano rispettivamente 13 e 18 giornate piovose, oltre 150 mm di pioggia e quasi 200 mm a giugno. Sebbene le prime infezioni di peronospora siano state segnalate con un certo ritardo rispetto sia al germogliamento, avvenuto nella media storica, che alle piogge, sparse ma pure intense di fine aprile e di metà maggio, le prime avvisaglie di epidemie in espansione giunsero verso fine maggio.

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Il lungo periodo piovose che ne seguĂŹ mise a dura prova le aziende per difendere le viti dai continui e virulenti attacchi di Plasmopara viticola, annidata principalmente sui

grappoli. Si innescò quindi una lotta senza fine contro il patogeno per contenere al meglio la malattia, che ha rappresentato il vero banco di prova per tutte le aziende.

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Successi ed insuccessi!

della parete vegetativa da trattare, la regolare e completa copertura della vegetazione; all’opposto i problemi maggiori sono sorti ove i primi trattamenti sono stati eseguiti a filari alterni, a volte con mezzi mal tarati e con volumi di acqua inappropriati, velocità elevata di avanzamento delle macchine, i tempi di lavoro poco concilianti con le finestre di tempo asciutto, ecc.

Ăˆ impossibile poter qui dare dettagliate spiegazioni sulla variabilitĂ della situazione fitosanitaria emersa in generale nei vigneti del territorio. Sta il fatto che vari fattori agronomici hanno avuto la meglio: una giusta scelta degli antiperonosporici (sostanze attive, dosaggi, intervalli, loro sequenze, ecc.), brevi intervalli tra i trattamenti, ridotto spessore e compattezza

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Finalmente, l’arrivo dell’estate con una lunga fase di giornate asciutte e calde di luglio si è dimostrato essere il migliore ed efficiente sistema di difesa, potendo quin-

di stoppare le epidemie, anche gravi, di peronospora, che comunque ha lasciato indelebili i sui grandi e piccoli danni a livello dei grappoli. I vigneti a conduzione

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biologica sono stati comunque esposti a maggiori rischi epidemici, facendo registrare situazioni solo parzialmente accettabili, per lo piĂš poco confortevoli, dipen-

denti dai limiti cogenti sull’uso del solo rame e di altri prodotti corroboranti, non all’altezza della situazione del momento.

Soligo

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Particolarmente seria è apparsa la gravità del mal dell’esca. Questa sindrome patologica sta mostrando sempre di più i suoi effetti deleteri in aree e su vigneti di pregio. È risaputo che le epidemie più accentuate si manifestano su vitigni sensibili, in

primo luogo Cabernet Sauvignon, Glera, Riesling, Sauvignon bianco, Traminer, su vigneti adulti e più vecchi e dopo importanti piogge estive. Nei vigneti di Glera, in particolare di collina e potati a doppio capovolto, l’incidenza della malattia spesso

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è apparsa molto elevata, potendo quantificare oltre il 40% di piante sintomatiche e con elevate perdite produttive. Considerate le oggettive difficoltà di prevenzione e di controllo della malattia, molta inquietudine sta quindi serpeggiando tra i viticolto-

ri ed i tecnici del settore, già preoccupati per il diffondersi di alcune malattie sistemiche, quali i giallumi da fitoplasmi e la nuova virosi del Pinot grigio, non più una emergenza ma ormai una spiacevole realtà per molti aree e vitigni del territorio.

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Ma non solo male si è visto nei vigneti del Nord-Est. Anzi, molte realtà del territorio si sono qualificate per l’eccellenza della gestione e della protezione del vigneto, segno evidente che, nonostante le difficoltà dell’annata 2016, la professionalità, che si sta progressivamente diffondendo in tutte

le aziende del territorio, è fondamentale per una gestione sostenibile, che permette di avere viti in equilibrio vegeto produttivo, bene potate con altrettanta corretta gestite al verde, di conseguenza bene protette contro le avversità. Il tutto a vantaggio del bilancio aziendale, della valoriz-

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zazione della bellezza del paesaggio e della indiscussa gratificazione degli operatori. In relazione a questi ultimi aspetti, merita sottolineare che negli ultimi anni si è andata affermando l’importanza del paesaggio viticolo, il quale riesce ad imprimere valore aggiunto e forza sia in termini concreti che

di marketing. La conservazione e la valorizzazione del paesaggio, oltre ad attrarre l’interesse ed a far crescere la responsabilità dei residenti, riescono ad affascinare il visitatore ed il turista, i quali, anche in remoto, possono apprezzare la qualità enologiche grazie alle emozioni vissute ed offerte pro-

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Veduta vigneti Collagù

prio dalla bellezza del territorio. È altrettanto risaputo che tutto ciò ha un costo, che ricade principalmente sull’azienda e che va ad aggravare ulteriormente i costi di produzione unitaria dell’uva. In questo ambito, è alquanto arduo poter azzardare cifre e valori, vista e considerata l’eterogeneità dei territori viticoli del Nord-Est e tenuto conto delle dimensioni aziendali, della frammentazione dei vigneti di collina nonché dell’importanza delle aree da valorizzare, le quali concorrono a dipingere tipici ed irrepetibili scenari. Molte realtà viticole, nazio-

nali ed in particolare di Paesi confinanti, ne hanno colto l’importanza ed il valore per la promozione dei loro prodotti vitivinicoli, la salvaguardia dell’ambiente e per far vivere emozioni e indelebili ricordi a chi viene da fuori.

Michele Borgo Fitopatologia Viticola

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Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini

40 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


41 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


Il bilancio fitosanitario dell’annata non può prescindere dalle considerazioni sull’andamento meteorologico della stagione, che sostanzialmente ne determina l’evoluzione, e che anche nel 2016 è stato decisamente irregolare, evidenziando come un cambio climatico sia effettivamente in atto.

Dopo un inverno ed un inizio primavera con temperature in genere sempre sopra la media, la vite ha germogliato in maniera uniforme con 7-10 giorni di anticipo sulle medie storiche, a partire dalla seconda decade di marzo nella zona di Conegliano.

Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa AngeliniGiovanni Ballarini

Germogliamento

42 Mappa triveneto


concomitante ad un abbassamento delle temperature. Ciò ha causato in prima istanza una fioritura disomogenea e molto prolungata, che ha lentamente annullato il notevole anticipo fenologico prima registrato.

Data la velocità di allungamento della vegetazione, i trattamenti antiperonosporici sono iniziati precocemente, anche se il rischio di infezioni era generalmente basso, e tale si è mantenuto fino alla prima decade di maggio. In seguito è iniziato un lungo periodo di precipitazioni frequenti,

Cascola dei grappolini su vite con sintomi della virosi del Pinot grigio

43 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


dati i numerosi giorni di pioggia, spesso i viticoltori non sono riusciti a limitare con adeguati trattamenti. La media delle perdite di produzione nei vigneti è stata infatti stimata per il 2016 fra il 5 e il 20%, in dipendenza dalla varietà e forma di allevamento e dal tipo di conduzione aziendale.

Le piogge hanno poi comportato carenze di ferro e magnesio, tipiche dei vigneti dei suoli veneti, ed infine ad inizio giugno hanno fatto esplodere le prime rilevanti infezioni di peronospora, che in molti casi si sono presentate direttamente sui grappolini, sotto forma di peronospora larvata. Un’impennata improvvisa che,

Attacco di peronospora su grappolino

Forte attacco di peronospora su foglie e grappolo

44 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


po delle fasi larvali di Scaphoideus titanus, la cicalina vettrice della Flavescenza dorata, il che ha portato a rinviare i trattamenti obbligatori contro i giovani di circa due settimane. A causa delle piogge e delle basse temperature, i primi due voli delle tignole (Lobesia botrana ed Eupoecilia ambiguella) sono stati in genere poco importanti.

Le condizioni climatiche hanno fortemente influenzato anche la fenologia di insetti ed acari dannosi alla vite. Gli acari dell’erinosi (Colomerus vitis) si sono presentati in maniera importante già al germogliamento, salvo poi diminuire e quasi scomparire nei mesi successivi. Le condizioni climatiche di maggio e giugno hanno rallentato lo svilup-

Tumore da agrobatterio

45 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


A partire dalla fine di giugno si è assistito ad un innalzamento delle temperature e ad un quasi totale arresto delle precipitazioni, che ha sicuramente aiutato la gestione anticrittogamica del vigneto, ma ha favorito anche le ustioni fogliari.

Le manifestazioni primaverili di alcune virosi (degenerazione infettiva e virosi del Pinot grigio) sono state facilitate dalle condizioni meteorologiche, e si sono palesate con gravi colature dei fiori e dei grappolini, cascole che erano giĂ in atto anche a causa della presenza di botrite fiorale.

46 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


Da questo momento sono comparsi in tutto il Triveneto gravi sintomi del mal dell’esca, sia in forma cronica, agevolati dalle abbondanti piogge del periodo precedente, ma soprattutto in forma apoplettica, indotti dalle improvvise alte temperature, che hanno segnato i vigneti in modo indelebi-

le. Nonostante ciò, lo stato sanitario del vigneto non ha subito ulteriori ingiurie, grazie soprattutto al perdurare del bel tempo e ad un settembre caldo ed asciutto, che ha permesso di attendere per la vendemmia le condizioni ottimali, con uve sane e grado zuccherino raramente cosÏ alto.

Mal dell’esca

47 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


Oidio su grappolo

le condizioni meteorologiche. Si segnala purtroppo la prima comparsa anche in Veneto della cimice asiatica, Halyomorpha halys, presente in Friuli Venezia Giulia da pochi anni, che per ora in Triveneto attacca i frutteti. Grandinate, tempeste e trombe d’aria hanno completato il quadro del 2016.

Per quanto riguarda altre patologie: l’oidio ha destato serie preoccupazioni solo nelle zone collinari ed in Alto Adige; i sintomi da giallumi della vite (Flavescenza dorata e Legno nero) sono rientrati nella norma in tutto il Triveneto; il tumore della vite causato da Agrobacterium vitis è rimasto per lo più latente, destando qualche preoccupazione solo in alcune zone del Friuli Venezia Giulia; le cocciniglie (Planoccoccus ficus e Parthenolecanium corni le più comuni in Triveneto) risultano sempre più diffuse; i danni da Drosophila suzukii, particolarmente abbondante nella prima metà del 2016 a causa del clima, sono stati contenuti in Alto Adige grazie a tempestivi trattamenti ed al miglioramento del-

Elisa Angelini CREA Centro di Ricerca per la Viticoltura, Conegliano (TV)

48 Bilancio fitosanitario per la viticoltura del Triveneto Elisa Angelini


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Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti

52 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


53 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


I biostimolanti di origine naturale sono strumenti innovativi di crescente interesse ed utili per ottimizzare la gestione del vigneto e per mitigare gli effetti negativi indotti da stress biotici ed abiotici. In condizioni di stress estivi incipienti di moderata e media intensità (Ψ fusto fino a -0,60 MPa), gli effetti positivi su fisiologia e produttività delle piante di Montepulciano (clone

VCR100)/420A indotti da somministrazioni ripetute di Phylgreen® (estratto puro al 100% dell’alga bruna Ascophyllum nodosum ottenuto per estrazione a freddo) sono legati al potenziamento dell’attività fotosintetica delle foglie (mediamente dal 20% al 40%) e dell’efficienza dell’uso dell’acqua (dal 18% al 38%).

54 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


cativamente più elevati del rapporto Fv/ Fm (ovvero dell’efficienza fotochimica del PSII) e del parametro Area (cioè delle dimensioni del pool di plastochinoni presenti sul sito riducente del PSII).

Parimenti rilevante è la capacità che le foglie hanno esibito nel dissipare con maggiore efficacia l’energia in eccesso rispetto alle viti non trattate, come evidenziato dall’analisi della fluorescenza della clorofilla, dalla quale emergono valori signifi-

55 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


In vendemmia il Phylgreen® ha potenziato sia la resa per ceppo (+15%) imputabile ad un aumento del peso medio dell’acino e del grappolo (+12-13%), sia l’accumulo degli zuccheri (+1,4 °Brix) e degli antociani totali (+12%). In termini di efficienza,

rispetto alle piante non trattate, il Phylgreen® ha incrementato la capacità nell’accumulo complessivo di zuccheri del 22% (401 vs. 328 g/ceppo), di antociani del 28% (1,07 vs. 0,84 g/ceppo) e di polifenoli totali del 15% (1,87 vs. 1,62 g/ceppo).

56 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


Infine, inoculi artificiali di Botrytis cinerea su acini maturi in ambiente controllato hanno evidenziato, a 72 ore dall’inoculo, una riduzione dell’incidenza di acini attaccati del 24%, passando dal 97% dei controlli al 73% dei trattati. A questo riguardo dati preliminari sembrano indicare che il trattamento con Phylgreen® sia capace di indurre dopo 24 e/o 48 ore, l’accumulo dei

trascritti dei geni VvPR1 (codificante per la proteina di patogenesi PR1 considerata un marcatore della resistenza indotta dipendente dall’acido salicilico) e VvCAS2 (una callosio sintasi coinvolta nella biosintesi del callosio, un polimero che si appone alla parete cellulare rafforzandola e ostacolando in tal modo il processo infettivo del fungo).

57 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


Pertanto, il Phylgreen® può essere oggi considerato un biostimolante utile nelle annate calde e/o negli areali viticoli ove gli eventi siccitosi estivi sono ricorrenti al fine di mitigarne gli effetti negativi e migliorare le rese e la composizione dell’uva e come biofortificante utile per aumentare la resistenza nei confronti della muffa grigia.

Alberto Palliotti Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali Università di Perugia

58 Aspetti fisiologici della pianta ed impiego di alghe marine Alberto Palliotti


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Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato

62 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


63 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


L’utilizzo della tecnologia digitale è ormai parte integrante del nostro tempo. Anche il mondo dell’agricoltura, e della viticoltura in particolare, fa parte di questo processo e le scelte che si compiono per decidere

i processi produttivi saranno sempre più basate non solo sull’impiego di macchinari “intelligenti ma soprattutto sull’utilizzo di dati oggi disponibili in grande quantità e in tempo reale.

64 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


65 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


66 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


Per molto tempo gli agricoltori si sono basati per le loro decisioni solo su informazioni, necessariamente parziali e incomplete, ricavate dalle misurazioni a terra; oggi il ricorso alle informazioni disponibili grazie ai dati satellitari, alle centraline meteo, alla valorizzazione di dati giĂ in possesso delle cantine possono permettere interventi il piĂš possibile specifici per massimizzare le rese, ottimizzando le risorse e riducendo i rischi e i costi.

67 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


Valutare con tempestività ciò che accade nei vigneti diventerà sempre più elemento fondamentale di gestione agronomica da abbinare con l’altra grande rivoluzione che stiamo vivendo, l’agricoltura di precisione. Abbinare questi due fattori significa dare alla specifica pianta esattamente ciò di cui ha bisogno nel momento preciso in cui lo richiede. Per farlo servono dati, come già detto oggi facilmente disponibili, e piattaforme gestionali in grado di elaborare informazioni provenienti da fonti diverse per

generare una mole di indicazioni utili alla produzione molto più vasta di quella che i singoli sistemi potrebbero generare separatamente.

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68 Utilizzo delle piattaforme gestionali in agricoltura Luca Toninato


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RICERCA IN CAMPO

Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra

72 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


73 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Caratteristiche del vigneto per la produzione di uva da tavola utilizzato per la sperimentazione con EVEO ll vigneto sperimentale è situato in Puglia a Mola in provincia di Bari. La forma di allevamento è a tendone poggiato su una struttura costituita da pali in cemento precompresso e fili di ferro zincato su cui è legata la vegetazione. Potato mediamente con 4 capi a frutto. Il numero di gemme fruttifere è di 30 - 40 per pianta. E’ dotato di impianto irriguo per la microirrigazione, per la distribuzione di acqua necessaria a compensare l’evapotraspirazione.

Gli interventi irrigui sono stati effettuati dall’inizio dell’allegagione alla maturazione, con ridotti volumi di adacquamento. Il vigneto è coperto da film di plastica, su cui sono fissati teli di polietilene necessari per inalzare la temperatura all’interno della serra e favorire la maturazione anticipata dell’uva. La copertura del vigneto, ha anche la funzione di proteggerlo dalla grandine, vento, polvere e altre avversità. Le fasi fenologiche sono anticipate rispetto agli altri vigneti con la maturazione dell’uva ritardata. Ciò riduce la presenza di insetti, non si ha presenza di peronospora e l’oidio è facilmente controllabile.

Uva da tavola della varietà Victoria trattata con EVEO

74 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Vigneto uva da tavola della varietĂ Victoria allevato a tendone e coperto con plastica, utilizzato per la sperimentazione con EVEO

75 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Caratteristiche del prodotto EVEO equilibratore vegetale organico

lula vegetale si scompongono in derivati etilenici, questi reagendo con l’ ammonio originano etanolammina. Questa sostanza svolge funzione nutrizionale essendo fonte di amminoacidi. Inoltre si trasforma glicerofosfolipidi, costituenti della membrana cellulare che determina maggiore resistenza alle alterazioni strutturali provocate da stress idrico - termico. I trattamenti con EVEO provocano la concentrazione della linfa e “vetrificazione” dei liquidi cellulari rallentando la formazione di cristalli di ghiaccio. Le piante trattate con EVEO sono anche più resistenti alle alte temperature e carenza di acqua.

Eveo è un nuovo prodotto costituito da sostanze complesse che svolgono attività di osmo protettori. Proposto per equilibrare lo sviluppo vegetativo delle piante, soprattutto in condizioni climatiche sfavorevoli. Stimola i processi metabolici naturali della pianta. Gli effetti si manifestano particolarmente in condizioni di coltivazione da stress climatici (temperature alte o basse) o in presenza di terreni mal strutturati o con presenza di ristagni di acqua. La componente organica è costituita da particolari alcoli che all’interno della celPreparazione della soluzione sperimentale per i trattamenti con EVEO

76 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Scopo della sperimentazione

Di seguito è riportato il piano sperimentale, con l’indicazione delle due dosi di 1 - 1,5 kg/ha applicate su due parcelle e confontati gli effetti rispetto al vigneto senza trattamenti (test). Su ogni parcella sono stati eseguiti 5 applicazioni iniziando in prefioritura e proseguendo con bacche di 6 e 12 mm, chiusura grappolo e inizio invaiatura

Il prodotto Eveo è stato sperimentato su diverse colture, su vigneti per la produzione di uva da vino ma non sul’uva da tavola. Lo scopo del primo anno è di verificare gli effetti sul comportamento vegetativo, produttivo e qualitativo dell’uva prodotta a seguito dell’applicazione di EVEO.

sperimentazione con EVEO Tesi

Tesi 1

Prodotto

Tesi 2 Dosi

Test Trattamenti

Epoche fenologiche

Eveo

1 kg/ha

1.5 kg/ha

1

Prefioritura

Eveo

1 kg/ha

1.5 kg/ha

2

Bacche di 6 mm

Eveo

1 kg/ha

1.5 kg/ha

3

Bacche di 12 mm

Eveo

1 kg/ha

1.5 kg/ha

4

Chiusura grappolo

Eveo

1 kg/ha

1.5 kg/ha

5

Inizio invaiatura

Tecnica colturale adottata per il vigneto trattato con EVEO La coltivazione dell’uva da tavola richiede l’esecuzione di operazioni da eseguire esclusivamente con manodopera specia-

lizzata. Tra queste vi sono il diradamento delle bacche in ritardo di sviluppo, con abrasioni, macchie e l’eliminazione dei grappoli mal formati e con sviluppo al di sotto degli standard qualitativi. La prima applicazione di EVEO è avvenuta in prefioritura

77 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Risultati sperimentali eventuali anomalie. Non si è notato nessun inconveniente sull’uva e per la preparazione della soluzione con EVEO.

Nella tabella 1 sono riportati i rilievi ottenuti con i trattamenti con EVEO e nel test. Dopo alcuni giorni dai trattamenti sono sono state osservate le piante per rilevare

TABELLA 1 - Effetti dei trattamenti con EVEO sulle caratteristiche produttive e contenuto di zuccheri dell’uva da tavola della varietà Victoria coltivata a tendone in serra Tesi

Uva

Resa pianta Grappolo

Bacca

Diametro bacche (mm) Zuccheri

(q/ha)

(kg)

(g)

(g)

Polare

Equatoriale

(°Brix)

Test

245 b

15,3 b

765 b

10,2 b

32 b

21 b

14,8 a

EVEO 1,0 kg/ha

257 a

16,1 a

802 a

10,7 a

35 a

23 a

14,5 a

EVEO 1,5 kg/ha

271 a

16,9 a

847 a

11,3 a

38 a

24 a

14,1 a

Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤ 0,05) in base al test REGWQ

Vigneto con la sperimentazione con EVEO - Su tutte le tesi confontate sono state eseguite le operazioni necessarie per l’ottenimento di uva di qualità: eliminazione di grappoli e bacche di ridotte dimensioni e mal formati

78 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


A completamento dello sviluppo sono stati misurati la lunghezza dei grappoli del test e delle tesi trattate. Il vigneto trattato con 1,5 kg/ha di EVEO aveva grappoli della lunghezza di 37 cm rispetto a 33 cm dei grappoli con 1,0 kg/ha e 28 cm del test

79 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Resa di uva (q/ha) La differenza di resa di uva fra le due dosi è risultata di 14 q/ha. Rispetto al vigneto senza trattamento (245 q/ha) gli aumenti di resa di uva dei vigneti trattati sono risulttati di 26 e 12 q/ha rispettivamente per 1,5 e 1 kg/ha di EVEO.

La resa di uva da tavola (Tab. 1 e fig.1) stimata in base alla resa di uva per pianta, è risultata di 271 q/ha per il vigneto trattato con EVEO alla dose di 1,5 kg/ha e 257 q/ha per 1 kg/ha. Il test ha prodotto 245 q/ha.

Fig. 1 - Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive sulla resa di uva da tavola della varietà Victoria (Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤ 0,05) in base al test REGWQ)

Resa di uva (q/ha) 271 a

257 a

245 b

Test

Eveo Intensive 1 kg/ha

Eveo Intensive 1,5 kg/ha

Resa di uva del vigneto trattato con 1,5 kg/ha di EVEO

80 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Resa di uva/pianta (Kg) spettivamente con 1,0 kg/ha di EVEO e il test (fig.2)

Il vigneto trattato con EVEO con la dose di 1,5 kg/ha ha prodotto 16,9 kg/ pianta,rispetto a 16,1 e 15,3 ottenuti ri-

Fig. 2 - Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive sulla resa di uva per pianta della varietà Victoria (Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤ 0,05) in base al test REGWQ)

Resa pianta (kg) 16,9 a

16,1 a

15,3 b

Test

Eveo Intensive 1 kg/ha

Eveo Intensive 1,5 kg/ha

Peso medio grappolo (g) Minor peso (45 g) è stato riscontrato con la dose più bassa (802 g). Il test ha prodotto grappoli di 765 g, in meno rispetto ai trattamenti di 82 e 37 g.

I valori del peso medio grappolo sono riportati in tab. 1 e fig. 3. Grappoli con il peso maggiore (847 g) erano presenti nel vigneto trattato con la dose di 1,5 kg/ha.

Fig. 3 - Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive sul peso grappolo di uva della varietà Victoria (Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤ 0,05) in base al test REGWQ)

Peso grappolo (g) 847 a

802 a

765 b

Test

Eveo Intensive 1 kg/ha

Eveo Intensive 1,5 kg/ha

81 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Peso medio bacca (g) alla dose di 1,5 kg/ha. Rispetto alla dose più bassa (1 kg/ha) l’incremento è risultato di 0,6 g. Il test senza trattamenti aveva bacche di peso medio di 10,2 g.

Il peso medio degli acini si osserva dalla fig. 4 dove sono indicati i valori ottenuti dalle tesi trattate e non. Bacche con valori medi più elevati di 11,3 g si sono sviluppati a seguito delle applicazioni di EVEO

Fig. 4 - Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive sul peso bacca di uva da tavola Victoria (Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤ 0,05) in base al test REGWQ)

Peso bacca (g) 11,3 a

10,7 a

10,2 b

Test

Eveo Intensive 1 kg/ha

Eveo Intensive 1,5 kg/ha

Grappoli della varietà Victoria trattati con EVEO

82 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Diametro polare degli acini (mm)

sultati delle applicazioni di EVEO hanno consentito di produrre grappoli con acini molto sviluppati. Ha contribuito allo sviluppo anche il ridotto numero di acini presenti sul grappolo. Con la dose maggiore di EVEO hanno raggiunto mediamente 38 mm di diametro polare (fig. 5). Il test alla raccolta aveva grappoli di 32 mm.

La dimensioni degli acini è un parametro con la maggiore considerazione quando si esprime, nei vigneti o nei centri commerciali, un giudizio sulla qualità dell’uva. Sono preferite e pagate di più le uve caratterizzate da bacche molto sviluppate. I ri-

Fig. 5 - Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive sul diametro polare di uva da tavola cv. Victori (Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative (P≤ 0,05) in base al test REGWQ)

Diametro polare bacche (mm) 38 a

35 a 32 b

Test

Eveo Intensive 1 kg/ha

Eveo Intensive 1,5 kg/ha

Grappoli con acini di 38 mm della varietà Victoria trattati con EVEO

83 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Contenuto di zuccheri (°Brix)

L’uva raccolta dal test senza trattamento aveva 14,8 °Brix di zuccheri, rispetto a 14,5 e 14,1 delle tesi trattate con EVEO. Ciò è dovuto alla maggior resa di uva ottenuta con i trattamenti. Non vi è stata una differenza statisticamente significativa.

La raccolta dell’uva nel vigneto trattato con EVEO è avvenuta per tutte le tesi confrontate il 22 giugno in anticipo rispetto agli altri sistemi di copertura della varietà Victoria.

Fig. 6 - Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive sul contenuto di zuccheri di uva da tavola Victoria (Non vi è stata una differenza statisticamente significativa)

Zuccheri (°Brix) 14,8 a 14,5 a

14,1 a

Test

Eveo Intensive 1 kg/ha

Eveo Intensive 1,5 kg/ha

84 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


Conclusioni

EVEO è stato distribuito con pompa elettrica a spalla, caratterizzata da flusso di distribuzione costante e uniforme, cercando di imitare la distribuzione aziendale. Nessun inconveniente è stato rilevato a seguito di 5 trattamenti eseguiti nelle diverse epoche fenologiche dalla prefioritura all’inizio invaiatura, e delle due dosi di 1 kg/ha e 1,5 kg/ha. Sui grappoli non è stato rilevato nessuna traccia dei trattamenti. La sperimentazione è stata eseguita in una serra, anche per verificare il comportamento della vite in condizione di stress climatico determinato dalle temperature superiori a 40 °C della copertura della

L’attività di sperimentazione svolta nel 2016 con l’impiego del prodotto commerciale EVEO della Società TERMOFLORA in collaborazione con il dr. Vitaly Nosulya, è stata la prima svolta sull’uva da tavola. I risultati sono interessanti e si riferiscono essenzialmente sugli effetti di EVEO sull’attività vegetativa e sui parametri produttivi e qualitativi dell’uva destinata ai più esigenti mercati nazionali ed esteri. L’uva raccolta nell’azienda di Mola in provincia di Bari è stata la prima raccolta in Puglia con le caratteristiche ottimali per la commercializzazione.

85 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


struttura con plastica (polietilene) attuata per accellerare la maturazione dell’uva. La vite trattata con EVEO non ha manifestato situazioni di stress, svolgendo con regolarità l’attività vegetativa e di accrescimento dei grappoli e acini. Ciò con effetti positivi sui tempi di maturazione e qualità dell’uva.

Dal confronto fra i trattamenti, la dose maggiore di 1,5 kg/ha è da consigliare rispetto a 1 Kg/ha in quanto ha consentito di ottenere maggior resa di uva e sviluppo dei grappoli e acini. Rispetto al vigneto senza trattamenti, EVEO ha permesso di ottenere interessanti incrementi produttivi e qualità dell’uva.

86 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra


La sperimentazione è iniziata in prefioritura e non ha consentito di rilevare ulteriori effetti nelle fasi fenologiche precedenti: dal germogliamento al momento dell’inizio delle applicazioni. Pertanto sarebbe interessante applicare EVEO 30 - 40 o anche alcuni giorni prima del germogliamento per verificare se stimola e provoca il germogliamento precoce (effetto Dormex). Altro aspetto interessante da verificare, l’azione di protezione dalle gelate dei vi-

gneti di uva da tavola protetti con plastica per anticipare la maturazione. AvversitĂ che si manifesta frequentemente e interessa alcune migliaia di ettari di vigneti.

Mario Colapietra Ricercatore in Viticoltura

87 Effetti dei trattamenti con Eveo Intensive su uva da tavola Victoria in serra Mario Colapietra




LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli

90 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


91 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


Evoluzione del quadro dell’offerta mondiale

imputabile sia ai maggiori investimenti (+75%), sia al miglioramento delle rese medie produttive (circa il 15%, in virtù del miglioramento varietale, di tecniche produttive più efficaci, ecc.), permette attualmente una disponibilità di circa 550 milioni di tonnellate di prodotto, costituiti prevalentemente da banane, arance, mele, mango, pere, ananas e pesche/nettarine.

Come è noto, l’agricoltura ha conosciuto negli ultimi quaranta anni ultimo trentennio una crescita produttiva senza precedenti che le ha consentito di raddoppiare l’offerta complessiva. Nel medesimo periodo anche la produzione di frutta è fortemente aumentata, sebbene ad un ritmo tendenzialmente più lento. Tale aumento,

92 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


L’espansione della frutticoltura è però avvenuta in misura fortemente difforme nei diversi bacini produttivi. In particolare, l’Asia orientale ha incrementato i volumi offerti di quattro-cinque volte, grazie soprattutto alla Cina in cui si realizza oggi oltre il 20% dell’intera produzione mondiale, presentandosi come paese leader per gran parte delle specie coltivate. Il bacino del Mediterraneo, che rappresenta storicamente la culla della moderna frutticoltura, ha invece evidenziato incrementi molto più modesti, circa il 30%, peraltro riconducibili esclusivamen-

te ai paesi emergenti dell’Africa e dell’Asia mediterranea, cioè Turchia, Egitto, Siria, Algeria, Marocco e Tunisia. La parte mediterranea dell’Unione europea (Italia, Francia, Spagna, Grecia e Portogallo), che negli anni ’70 rappresentava la principale area produttiva mondiale, è invece rimasta pressoché stabile, con un’offerta dell’ordine di 50 milioni di tonnellate. Va inoltre evidenziato come le superfici investite a specie frutticole abbiano subito, nel contempo, una perdita di oltre un milione di ettari.

93 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


Pero tipologia asiatica

Carmen

Anche le altre aree produttive mondiali hanno marcatamente accresciuto le rispettive produzioni, arrivando a disporre oggi di quantitativi particolarmente rilevanti. In particolare, il Sud America ha più che raddoppiato la propria offerta, mentre il Nord America e l’Africa sub mediterranea (in particolare il Sud Africa) producono il 70-80% in più rispetto a quaranta anni fa.

L’incremento di offerta in tali aree ha riguardato, inoltre, prevalentemente le specie non tropicali: a titolo di esempio si possono citare le performances sudamericane, che hanno portato a quadruplicare i quantitativi prodotti di mele e di pere e a raddoppiare quelli di pesche/nettarine, di albicocche e di susine.

94 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


Entrando nel dettaglio delle principali specie frutticole coltivate nei climi temperati, la dinamica dell’ultimo trentennio ha visto raddoppiare i raccolti annuali di mele, di pere e di pesche/nettarine. Per quanto concerne le pomacee l’aumentata offerta è, tuttavia, limitata esclusivamente ai continenti asiatico ed americano, poi-

ché nel bacino del Mediterraneo i volumi prodotti sono aumentati in misura modesta per le mele o, addirittura, diminuiti per le pere. L’offerta di pesche e nettarine si è, invece, espansa prevalentemente in Europa e in Asia, mentre il bacino americano è rimasto sostanzialmente stabile.

95 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


In forte aumento anche l’offerta di fragole, quasi triplicata nell’arco di tempo esaminato: Europa e nord America permangono le principali aree di produzione, ma anche per questa specie l’avanzata dell’Asia è piuttosto marcata e promette di crescere ancora. Il kiwi, introdotto a partire dagli anni ’70, ha conosciuto una fase di fortissimo sviluppo, che lo ha portato a stabilizzarsi attorno ad un milione di tonnellate annui, destinati tuttavia ad aumentare ulteriormente in conseguenza dei recenti investimenti avvenuti in Cina. Benché in un contesto di minore espansione, l’offerta proveniente dai paesi del bacino del mediterraneo riveste tuttora una forte importanza nel comparto frutticolo da consumo fresco e i paesi che vi si affacciano rappresentano per l’Italia, allo stato attuale, i più importanti e diretti competitori. Limitando l’attenzione alle specie frutticole più rappresentative per i produttori delle nostre latitudini, negli ultimi anni sono stati di circa 2,5 milioni gli ettari mediamente coltivati nei paesi mediterranei, di cui oltre 500 mila concentrati in Italia.

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Ciliegie della varietà Ferrovia

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Trapianto di fragole nel Guangxi, Cina

I competitors più importanti rimangono gli altri paesi del bacino appartenenti all’Unione europea, vale a dire Spagna, Francia e Grecia. Va evidenziato, tuttavia, il marcato calo degli investimenti francesi (pari a circa 20 mila ettari). Non va inoltre dimenticato che con l’ultimo allargamento dell’Unione Europea a 28 paesi la superficie a frutta è ulteriormente cresciuta di circa 450 mila ettari, un’entità superiore a quella degli storici paesi comunitari non mediterranei, un aumento che determina una crescita della pressione competitiva, accentuatasi considerevolmente dopo il recente embargo russo.A ciò si aggiunga la marcata crescita avvenuta nei paesi a sud e a sud-est del mar mediterraneo (coste africane e asiatiche) che vanno sempre più incrementando i propri investimenti frutticoli, grazie anche all’adozione di moderne tecnologie produttive.

Pero tipologia asiatica

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Scambi commerciali di frutta La commercializzazione dei prodotti frutticoli nel nuovo millennio si è caratterizzata per una più elevata dinamicità, sia in termini di volumi scambiati, sia riguardo ai paesi coinvolti, offrendo contemporaneamente maggiori opportunità di collocamento, associata peraltro ad una più intensa competizione fra i differenti attori coinvolti. A solo titolo di esempio gli importatori di pesche/nettarine e di kiwi superano oggi i 150 paesi, pari ad un aumento di circa il 30% rispetto alla situazione di fine secolo scorso. In particolare, le specie esotiche rappresentano circa il 45% in volume del traffico mondiale di frutta oltre a godere di ritmi di crescita superiori alla media. Aumentano progressivamente di importanza anche i traffici di alcune specie di climi temperati, particolarmente pomace, uva e di kiwi.

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Limitandoci ad alcune considerazioni sull’Unione europea in essa si registra un saldo commerciale in valore fortemente negativo nei confronti di paesi terzi, di oltre 15 miliardi di euro (anno 2015). Ciò è da imputarsi in gran parte all’importazione di frutta esotica (in particolare banane, con saldo negativo in valore di oltre 3,3 miliardi di euro solo per quest’ultima specie). Nello stesso tempo si registra un aumento dei commerci di frutta fresca intra-UE, sia in termini di valore, sia in termini di volumi. In particolare, negli ultimi dieci anni, ovvero dal 2016 al 2015, i quantitativi scambiati tra i paesi Ue sono passati

da circa 16,5 milioni di tonnellate a circa 20,3 milioni (+22%), mentre il relativo valore è cresciuto del 60%, toccando nel 2015 i 24 miliardi di euro. Nel complesso dunque una tale evoluzione dei commerci ha determinato una maggiore disponibilità di offerta nei paesi dell’Unione, sia di origine intra-Ue, sia di provenienza extra-Ue, con conseguente maggiore concorrenza fra i diversi attori della filiera, oltretutto in un contesto territoriale in cui i consumi risultano stagnanti o in leggero calo, in conseguenza anche della crisi economica che sta investendo ormai da diversi anni gli stessi paesi dell’Unione e dell’Italia in particolare.

100 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


101 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


Qualità, marchio e marketing Sulla base di quanto esposto appare evidente come la frutticoltura italiana sia costretta ad aumentare la propria forza competitiva per compensare il forte aumento della massa prodotta ed i sempre più evidenti effetti della globalizzazione. Nel contesto produttivo attuale il compito delle imprese è quello di ricercare un vantaggio competitivo stabile e duraturo nel tempo, che consenta di mantenere la quota di mercato detenuta e un soddisfacente livello di redditività a chi è impegnato nella filiera, produttori compresi. Le strategie adottabili non possono però prescindere da azioni volte ad incrementare la qualità e, soprattutto, la riconoscibilità del proprio prodotto da parte dei consumatori. A questo proposito il principale strumento cui stanno ricorrendo i produttori europei è quello della certificazione della propria offerta che garantisca e renda distinguibile il territorio di provenienza. Il mezzo pratico per raggiungere tale scopo è quello legato ai marchi comunitari DOP e IGP: attualmente possono fregiarsi di tali riconoscimenti oltre 50 prodotti frutticoli italiani, a cui si sommano decine di prodotti francesi, spagnoli,

greci, portoghesi, ecc.. 1 La funzione dei marchi collettivi è certamente di rilievo in un comparto come quello frutticolo, dove la merce spesso perde il legame con la produzione durante i diversi passaggi che la conducono al consumatore, per divenire in pratica una commodity e dunque un prodotto standard. Conseguentemente alla loro elevata numerosità non corrisponde una altrettanta incisività nelle filiere distributive ed i casi di successo commerciale permangono limitati e poche realtà annoverabili, tra l’altro, tra marchi collettivi di tipo privato, mentre i marchi collettivi di origine comunitaria non hanno ottenuto analoghi successi di mercato e, anzi, in taluni casi, alcuni di loro sono praticamente scomparsi dall’arena competitiva. La polverizzazione del comparto ha inoltre portato ad un’eccessiva proliferazione di marchi (pubblici e privati), singolarmente deboli, con ruoli parzialmente sovrapposti ed incapaci di imporsi (tranne rare eccezioLa tipologia dei prodotti interessati abbraccia tutte le più importanti specie frutticole: solo per ricordarle talune in Italia possiedono il riconoscimento la mela della Val di Non, la pera dell’Emilia – Romagna, la pera mantovana, la pesca e nettarina di Romagna, la ciliegia di Marostica, l’arancia rossa di Sicilia, i limoni di Sorrento e della Costa d’Amalfi, le clementine del Golfo di Taranto e di Calabria, le uve da tavola di Canicattì e di Mazzarone, il ficodindia dell’Etna, la castagna di Montella, il Marrone di Mugello,ecc..

1

102 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


La frutta nel continente asiatico viene particolarmente curata

e dunque sulla capacità di gestire quantità, qualità, prezzi e condizioni di vendita. In altre parole, è mancata la consapevolezza che l’interesse individuale sia più convenientemente espresso in quello del gruppo di appartenenza. Le poche eccezioni di successo, tra le quali è non si può non citare Melinda, sono riuscite ad avvicinarsi ai livelli di disciplina richiesti. L’elemento territoriale, pur rivestendo notevole importanza, può tuttavia non essere sufficiente raggiungere una strategia vincente: non meno importante risulta infatti un’attenta comprensione di ciò che il consumatore finale richiede per soddisfare i propri bisogni.

ni) in una filiera distributiva che tende a contrapporsi sul terreno della creazione di valore e che, conseguentemente, ha promosso e progressivamente sviluppato marchi propri, le note e ben affermate private label, che tuttavia apportano al distributore il vantaggio della marca. L’efficacia delle strategie di branding non dipende dunque solo dalla massa critica, peraltro spesso carente nelle filiere frutticole, ma piuttosto dalla efficacia dei Consorzi cui è affidata la promozione e la valorizzazione. È, inoltre, mancata, e tranne poche eccezioni è tuttora assente, nel comparto frutticolo, quella forte disciplina produttiva che viene richiesta sul piano organizzativo

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Alcune considerazioni di sintesi Come è noto viviamo in un sistema economico-produttivo e finanziario moderno, un sistema che è fortemente globalizzato e che determina di continuo opportunità e minacce. In tale contesto risulta evidente il crescente peso detenuto dal consumatore post-industriale, ovvero un consumato-

re particolarmente attento ai servizi connessi alla produzione e contestualmente attento alla sicurezza alimentare e alla salvaguardia dell’ambiente. In altre parole un consumatore molto più esigente del passato, molto più informato e soprattutto disposto ad aprirsi a nuovi modelli di consumo alimentare che gli vengono pro-

Coltivazioni di uva da tavola in Puglia

Particolare dell’allevamento di uva da tavola in Puglia

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posti. E’ da queste caratteri che occorre ripartire, cercando di impostare le migliori strategie per competere con successo in un mercato fortemente dinamico e sempre più condizionato da grandi gruppi di acquisto e di distribuzione. Nell’attuale situazione di mercato, in cui i consumi interni si presentano in stagnazione o addirittura in lieve ribasso, è indispensabile orientarsi sui mercati internazionali, cercando anche nuovi sbocchi per le nostre produzioni nazionali. Tale ricerca è oramai imprescindibile per talune imprese o loro consorzi che dispongono di importanti volumi di prodotto, benché tale strategia presenti non poche difficoltà per essere attuata, sia sul piano burocratico per gli sforzi che richiede l’apertura dei nuovi mercati, sia per la forte pressione concorrenziale in essi presente:

come è noto, l’Italia (soprattutto al Nord) sconta spesso costi di produzione più alti di altri competitor europei ed extraeuropei, e dunque maggiore dovrebbe essere lo sforzo da porre nella logistica e nell’offerta di produzioni distinguibili e di elevato valore. Un ulteriore punto di debolezza per l’export italiano è rappresentato dallo scarso rilievo internazionale delle proprie catene distributive, di dimensioni piuttosto ridotte rispetto alle grandi insegne estere che possono, invece, svolgere utili ruoli di “apripista” per le produzioni dei rispettivi paesi (gli esempi di insegne francesi o tedesche sono significativi al riguardo). Il mercato interno, sebbene attraversi una fase storica di evidente difficoltà, permane comunque ancora di primaria importanza ed occorre, pertanto, consolidare il posizionamento del prodotto nazionale, puntando

105 LA COMPETITIVITà DEI SISTEMI FRUTTICOLI ITALIANI TRA GLOBALIZZAZIONE, MARKETING E QUALITà Carlo Pirazzoli


sulle caratteristiche intrinseche, ovvero origine, qualità, sicurezza salutistica, proprietà nutrizionali e sostenibilità ambientale, comunicandole con più chiarezza al consumatore. Non può evitare di stimolare riflessioni il fatto che l’Italia, pur essendo eccedentaria per molte specie di frutta fresca, registri un aumento significativo delle importazioni anche per prodotti di cui è storica produttrice. La necessità di diminuire il differenziale esistente tra i prezzi all’origine e i prezzi al consumo permane uno dei problemi di maggior rilievo del nostro sistema distributivo, per via di note inefficienze e squilibri della filiera e in tale ottica sono da incoraggiare tutte quelle iniziative che cercano di accorciare la filiera, poiché possono portare tangibili vantaggi economici sia ai produttori, sia ai consumatori, ma non bisogna dimenticare che i numeri della distribuzione sono inequivocabili ed attribuiscono quasi i due terzi delle quo-

Abate Fetel

Abate Fetel prossima alla raccolta

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te al canale della Distribuzione Moderna. Tale quota è in costante crescita e nelle aree settentrionali raggiunge livelli anche considerevolmente più elevati e, di conseguenza, è inevitabile partire da un più equilibrato confronto con la DM. Occorre intraprendere con maggiore intensità quei percorsi volti ad una più alta ed efficace concentrazione d’offerta, in cui le leve del marketing siano di fatto maggiormente concentrate e non disperse fra troppi soggetti. In definitiva, ad una moderna distribuzione organizzata si deve contrapporre un’offerta altrettanto organizzata, che possa trattare con robuste argomentazioni, compreso la disponibilità di offrire alte dosi di servizi ricercando opportune sinergie nel sell out. In caso contrario gli sforzi compiuti, compreso quelli di referenziare le proprie produzioni attraverso una marca (commerciale, collettiva, ecc.), andranno a beneficio dello stesso distributore il quale potrà così vantare una

maggiore differenziazione d’offerta rispetto ad altre insegne, nel caso ne richiedesse l’esclusività territoriale. In conclusione, le possibili strategie per garantire la sostenibilità economica del comparto frutticolo sono diverse, ma tutte riconducono alla formazione di quello spirito di coesione storicamente assente tra gli operatori nazionali e tra gli stessi e le istituzioni, in mancanza del quale diventa estremamente difficile individuare una scelta di successo.

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La maggiore organizzazione delle imprese produttrici potrebbe, inoltre, condurre a più efficienti programmi di collaborazione con i distributori, determinando un accorciamento della filiera e creando, dunque, le condizioni per ridurre i costi della logistica, che ancora oggi assumono un grosso peso sul prezzo pagato dal consumatore: secondo talune fonti francesi l’incidenza percentuale per frutta e ortaggi potrebbe essere compresa tra il 40% e il 70% (Laborde et al., 1993). Sul versante promozionale occorre agire con ancor maggiore incisività sull’aspetto salutistico del consumo di frutta, di cui il consumatore appare conscio, pur tendendo, tuttavia, a dimenticarlo all’atto dell’acquisto. Va, infine, evidenziato come l’efficacia degli interventi non possa prescindere da un riequilibrio tra domanda e offerta, in assenza del quale è difficile pensare ad un vero ri-

lancio del comparto: ciò deve essere discusso soprattutto in ambito europeo, poiché i problemi avvertiti dai nostri produttori vanno progressivamente trasferendosi anche a livello continentale, dove i continui ribassi di prezzo imposti alle principali referenze frutticole, per effetto della strutturale eccessiva produzione e del conseguente ingolfamento dei mercati sono ormai all’ordine del giorno e stanno mettendo in crisi anche numerose filiere estere.

Carlo Pirazzoli Dipartimento di Economia e Ingegneria agrarie Università di Bologna

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L’agricoltura italiana da almeno due decenni non ha un piano nazionale programmato di sviluppo economico, sociale, tecnologico e commerciale in grado di inserirsi nel sistema agricolo e industriale mondiale dei Paesi occidentali, di quelli emergenti ed in via di sviluppo. Nonostante le radici culturali, le tradizioni storiche, l’eccellenza dei prodotti alimentari, l’inventiva individuale delle aziende, l’alta qualità dei prodotti, il nostro Paese è in ritardo sulla capacità di adattarsi al cambiamento del concetto agricolo della produzione di cibo (proprietà della terra) al sistema globalizzato attuale orientato all’ottenimento di capitali e quindi utili finanziari svincolati dalla proprietà del terreno e aziendale. L’agroalimentare dovrebbe seguire gli esempi

di settori produttivi come il modello della moda e design, quindi occorre creare un sistema produttivo con capitali misti e con società operative capaci di operare nell’attuale sistema globalizzato. Seguendo l’esempio di altri Paesi, Germania in testa, dovrebbero essere costituite società di commercio che gestiscono gli scambi commerciali dell’agroalimentare italiano (gruppi privati e cooperativi insieme). Ovviamente quando si opera con tipologie societarie complesse occorre avere uno staff adeguato, con esperienza internazionale e avere l’appoggio in loco (Paese di importazione) del sistema bancario, delle Ambasciate e degli Enti predisposti alla valorizzazione del prodotto con il marchio “made in Italy”.

Agricoltura in Alto Adige

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ra e industria. L’integrazione fra industria e agricoltura ha consentito, nel 1955, al prof.ri Goldsberg e Davis della Graduate School of Business Administration della Harward University, di coniare il termine “agribusiness”, che ha modificato la tradizionale agricoltura introducendo l’importanza del valore di tutti i mezzi tecnici (antiparassitari, concimi, macchine, impianti di lavorazione, ecc.), della commercializzazione del prodotto fino alla tavola del consumatore.

I prodotti alimentari italiani godono di storia, tradizione ed hanno una buona notorietà internazionale ma spesso mancano di adeguamento ad un sistema globale, legato alla praticità d’uso del prodotto, dove occorre conoscere bene i sistemi sociali di alimentazione e le esigenze di mercato dei vari Paesi. Lo sviluppo industriale dei Paesi trainanti a livello mondiale, ha stimolato l’innovazione in sistemi agricoli conservativi e introdotto, in molte aree, il concetto della filiera produttiva con un rapporto diretto e integrato fra agricoltu-

Raccolta del pomodoro nel Basso Ferrarese

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In un decennio il nuovo concetto del sistema agroalimentare, oltre agli U.S.A., è stato recepito in Francia, Inghilterra, Germania, Paesi Bassi, Australia e Nuova Zelanda mentre in Italia i primi ten-

Meleti in Val di Non

tativi di rinnovamento si sono avuti solo agli inizi degli anni ’80. Le motivazioni del ritardo del processo di rinnovamento strutturale del sistema agricolo, sono attribuibili alla ridotta dimensione delle aziende familiari, alla poca propensione verso i processi innovativi, alle mutate condizioni socio economiche e commerciali, alla carente rappresentatività delle Associazioni dei produttori e Cooperative, la rapida evoluzione e internazionalizzazione dei mercati, hanno reso difficile l’adozione di una linea di politica agro-industriale nazionale, ben integrata nel contesto europeo. Purtroppo le Associazioni agricole di categoria, comprese quelle delle cooperative, hanno recepito tardivamente l’integrazione dei settori della filiera alimentare dal “campo alla tavola” che include la conservazione, la trasformazione industriale, la gestione ambientale, nonché il marketing.

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Agricoltura collinare sull’Appennino romagnolo

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Azienda zootecnica - Alto Ferrarese


In molti Paesi occidentali le “organizzazioni dei produttori”sono riferite al prodotto specifico (es. cereali, mele, pere, noci, mandorle, soia, ecc.), ben coordinate fra gli agricoltori e gestite da un comitato specifico, che segue con attenzione le tendenze del mercato e il cambiamento delle abitudini dei consumatori. Inoltre viene gestita la programmazione delle coltivazioni del settore, tenendo presente il sistema commerciale nazionale e mondiale e le continue variazioni delle esigenze dei consumatori. Le Associazioni di prodotto, e non di produttori agricoli come avviene in Italia, valutano le tendenze del mercato, orientano le produzioni e intervengono nell’intera filiera produttiva, fanno la promozione del prodotto e tengono i rapporti con l’industria, con la grande distribuzione senza, di norma, svolgere attività commerciale. Inoltre questi organismi, finanziati dagli stessi produttori, favoriscono e orientano le esportazioni verso i mercati internazionali e nello stesso tempo cercano di proteggere le produzioni nazionali, spesso con l’aiuto delle stesse Istituzioni governative. Molti Paesi con si-

stemi agricoli sviluppati e ben organizzati nel mercato mondiale e globalizzato, hanno una programmazione della produzione agroalimentare che tiene conto delle aree di consumo (nazionali e internazionali) del prodotto, della concorrenza, dell’evoluzione sociale e del cambiamento delle abitudini alimentari, della innovazione tecnologica e logistica. Le organizzazioni sindacali di categoria nel nostro Paese sono molto frazionate e, a volte in contrasto fra loro, non hanno ancora trovato la necessaria unione e le linee programmatiche di sviluppo del sistema agroalimentare nazionale. Spesso non si accordano per azioni comuni, atte a favorire le integrazioni fra i vari settori del sistema agricolo italiano con la programmazione, a volte caotica, della U.E. e con le norme commerciali internazionali, in modo da creare sia la promozione sia la difesa dei prodotti italiani e delle relative filiere produttive e, soprattutto, individuare le possibili linee programmatiche della futura agricoltura. Tale comportamento ha favorito le importazioni di prodotti agricoli fortemente concorrenziali, a

Giovani impianti di pero a Ferrara

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volte di dubbia qualità, che hanno inflazionato e condizionato i redditi agricoli, per cui oggi abbiamo sul mercato nazionale grandi quantità di prodotti stranieri (es. cereali, soia, carni varie, ortofrutta, mais, ecc.). Italia - importazioni dei principali prodotti (dati 1914 in % sul totale utilizzato) Dati medi da fonti varie: EUROSTAT, FAO, ISMEA, Centri AGROALIMENTARI

% Cereali

45

Soia

85

Mais

40

Legumi (fagioli, ceci, lenticchie)

80

Frutta secca (noci, nocciole, mandorle)

75

Ortofrutta (tropicale inclusa)

30

Carni varie (escluso pollame)

50

merose e possono essere di aiuto alle individuazione di frodi e contraffazioni di alimenti, con particolare riferimento a quelli prodotti in zone DOP (denominazione di origine protetta) o IGP (indicazione geografica protetta). Purtroppo il controllo degli alimenti italiani resta valido anche se presenta lacune sia per la carenza di personale negli Enti preposti sia per il ridotto numero di laboratori analitici in grado di esaminare i campioni prelevati dagli addetti alla vigilanza sulla sicurezza alimentare. Possiamo quindi trovare situazioni in cui la presenza dei bollini e marchi di certificazione applicati sui prodotti potrebbero non garantire il controllo della filiera produttiva che va dal campo alla tavola. La proliferazione e l’eccessivo numero di zone

A volte può capitare che questi prodotti di importazione vengano commercializzati o trasformati con scarsa conoscenza del luogo di origine, delle caratteristiche merceologiche e nutrizionali, e vengono spacciati come prodotto italiano. Le norme di tutela dei prodotti alimentari italiani sono nu-

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Frutteti di melo nel ferrarese


Allevamento di vacche da latte a Cremona

protette e relative produzioni alimentari tipiche in Italia, crea anche insicurezza nei consumatori, rende difficile il controllo del prodotto e negli acquirenti stranieri crea confusione e diffidenza in quanto lo stessa specialità alimentare viene presentata sotto diverse denominazioni. Ciò facilità l’inserimento di prodotti similari provenienti da altri Paesi o nazioni. Gli esempi di falsificazioni del made in Italy alimentare sono molteplici, e difficilmente potranno essere eliminate, ma sicuramente potrebbero essere ridotte e meglio controllate se emergesse una vera volontà di politica agricola, basata su programmi definiti congiuntamente fra Enti di governo, Produttori uniti, Industrie di trasformazione e strutture commerciali. Un paese di non grandi dimensioni come l’Italia potrebbe riuscire a creare una vera linea produttiva e di commercializzazione, qualora riesca a rinunciare alle politiche frazionate delle Amministrazioni locali (politica del campanile) ed aprire un dialogo con gli interlocutori stranieri sulla base di una nuova politica agricola nazionale oggi assai limitata e poco incisiva. Sulle nostre tavole oggi arrivano prodotti provenienti da tutte la parti del globo e spesso a scapi-

Parmigiano Reggiano forme in stagionatura

to delle nostre valide produzioni locali che potrebbero reggere anche la concorrenza di prezzo di altri Paesi, ma sono spesso favoriti dalla scarsa coesione del nostro sistema agricolo molto frazionato e depauperato dalla conflittualità interna che consente ai prodotti stranieri di valicare le nostre frontiere e diventare, di frequente, prodotto nazionale. Esempi di alimenti importati sono ogni giorni sulle nostre tavole (carni, i cereali, i legumi, soia e mais, noci, mandorle, nocciole, ecc.) e rappresentano oltre il 50% dei nostri consumi, con alcuni casi come noci, legumi, soia, che vanno oltre l’80%. Nel caso di alcune derrate importate (es. soia, mais), utilizzate sia per l’alimentazione umana sia per quella animale (mangimistica) sono geneticamente modificati (tanto discussi

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Trebbiatura in Lomellina

OGM) ma ovviamente a livello mondiale vengono commercializzati in quanto non è dimostrata la loro dannosità alimentare (regolamento della “carenza informativa” nel mercato internazionale). Sulla base di queste considerazioni e leggendo attentamente le etichette, si deduce che parte degli alimenti che contengono derivati da mais e soia (olio, farine, sciroppi di glucosio e dolcificanti vari, preparati proteici, ecc.) potrebbero essere prodotti con le materie prime importate nel nostro Paese e provenienti da aree agricole dove la coltivazione di varietà con tolleranza indotta a parassiti o diserbanti sono permesse. Sarebbe opportuno affrontare senza essere prevenuti o interessi di parte il problema dell’innovazione genetica che può oggi essere gestita con metodologie che richiamano il natura-

Grano duro pronto per la trebbiatura

le processo evolutivo del mondo vegetale e animale. Dovremmo forse condannare gli orsi che nel Kazachistan (zona di origine del melo) che, molte migliaia di anni fa, hanno selezionato le mele più grosse e di colore rosso, di cui oggi esistono ancora gli alberi? Dovremmo valutare con più obbiettività il sistema agroalimentare del nostro Paese e far capire con semplicità e chiarezza il contenuto degli alimenti senza creare quella paura del cibo che oggi è propagan-

Fagioli

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data ovunque, spesso senza rendersi conto del danno che produce anche sulle normali regole nutrizionali. L’insicurezza alimentare attuale induce una psicosi della qualità, valore nutrizionale e origine del cibo, che può diventare anche patologica come nel caso della “ortoressia” che sta diffondendosi in molti Paesi ricchi del mondo occidentale. Le tendenze alimentari ovviamente incidono sulla programmazione agricola e sulle regole da applicare assai variabili in un Paese con un sistema produttivo molto frazionato e gestito da molte entità tipiche locali, che spesso non dialogano tra loro e difficilmente trovano accordi comuni per

organizzare un sistema nazionale in grado di affrontare in modo competitivo e concreto i mercati sia del mondo occidentale sia dei paesi emergenti. Esempi possono essere presi da altri paesi (Germania, Australia, U.S.A., Nuova Zelanda, Inghilterra, Olanda) che valorizzano e consumano i loro prodotti interni, con azioni promosse dalle Istituzioni Nazionali, con politiche di aggregazione dei produttori e integrazione con l’industria di trasformazione e con il sistema commerciale. Vengono così valorizzate le linee di prodotto con adeguata pubblicizzazione e informazione per il consumatore.

Aratura

Campi arati nelle terre di Siena

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Potremmo prendere ad esempio la produzione delle pesche, una parte importante della nostra frutticoltura, consumate come prodotto fresco, trasformate in succhi e sciroppati, essiccate, confetture, distillati, quindi dobbiamo avere frutti con caratteristiche adeguate a seconda del prodotto finale che deve essere ottenuto. Ovviamente il mercato più importante risulta quello del consumo diretto, il cui mercato richiede diverse tipologie di prodotto come pure consumatori. Esistono molte tipologie di frutto pesca che possono essere raggruppate a seconda della forma del frutto: rotondeggiante o piatto Schiacciato) del colore della polpa: bianche e gialle; delle caratteristiche della buccia: tomentosa (peluria) e nettarine (glabre); della consistenza della polpa: deliquescente o soda; dell’aderenza della polpa al nocciolo:

aderente (duracine – percoche), non aderente o spiccagnole. All’origine esistevano allo stato naturale poche varietà di pesco poi l’inizio della coltivazione specializzata, agli inizi del ‘900, è iniziato il lavoro di miglioramento genetico e il numero di varietà (cultivar- cv) è aumentato fortemente. Successivamente si è sviluppata l’attività vivaistica e il conseguente lavoro, da parte di enti pubblici e di privati, per l’ottenimento di nuove cultivar idonee alle mutate tecniche di coltivazione e di trasporto, alle esigenze del mercato e dei consumatori. Si è cosi creato, grazie anche all’introduzione del brevetto sulle novità vegetali, un commercio nazionale e internazionale che ha portato alla proliferazione delle cultivar e alla diffusione anche di quelle non sempre apprezzate dal mercato e dai consumatori. Oggi sono diffuse molte

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centinaia di cv, spesso all’apparenza molto simili fra loro, per ogni tipologia di pesche (comuni, nettarine, percoche, piatte o saturnine) che hanno creato difficoltà nella lavorazione e confezionamento dei frutti e una notevole confusione nei consumatori che trovano frutti apparentemente uguali ma con caratteristiche organolettiche diverse. Infatti pesche di scarso sapore e conservabilità ingenerano sfiducia nell’acquisto continuo di questa tipologia di frutta, che essendo estiva subisce anche la concorrenza di altri tipi di frutta che matura contemporaneamente. L’elevato numero di cultivar crea anche difficoltà tecniche nella coltivazione in campo, di adattamento alle diverse aree pedologiche e climatiche, nella lavorazione e commercializzazione delle pesche. Spesso i frutti di cultivar a maturazione contemporanea e con caratteristiche morfologiche molto simili vengono mescolati, calibrati e confezionati insieme dato che risulta difficile avere linee

di lavorazione per ogni singola varietà. La presenza di cultivar diverse nella stessa confezione sarebbe negativo in quanto i frutti, pur essendo simili, hanno differenti cicli metabolici, per cui nei lunghi trasporti si rischia che gli stessi frutti giunti a destinazione abbiano differente grado di maturazione, con diversa consistenza della polpa e conseguente riduzione della durata sullo scaffale di vendita quindi una disformità del prodotto non compatibile con le esigenze del consumatore. Potrebbe essere utile una riflessione sulle liste varietali delle diverse tipologie di pesche (comuni, nettarine, percoche, platiformi) e ridurre il numero di cultivar a quelle che hanno qualità organolettiche e merceologiche già dimostrate sia nella coltivazione sia sul mercato. Come è avvenuto in altri paesi con produzione peschicola da diversi anni (California in testa) le Associazioni dei produttori dovrebbero operare unite con attente analisi di mercato e trovare un

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minimo di accordo, in particolare con la Grande distribuzione dato sui bancali di vendita non troviamo il nome della cultivar ma semplicemente la tipologia frutto (pesche bianche o gialle, nettarine, percoche, ecc.) e tenendo presente che il consumatore, di norma, non riconosce le diverse varietà esposte per la vendita. Ovviamente si ricade nella solita carenza programmatica che, almeno dall’andamento dell’ultima stagione 2016, sembra venga considerata con maggior attenzione ma senza una politica comune in grado di creare un sistema peschicolo nazionale o almeno territoriale. Esempi come quelli del pesco possono essere riportati anche su altre produzioni agroalimentari italiane, che per la carenza di un sistema agricolo organizzato, frazionato, spesso individualistico e orientato a piccole produzioni locali, non riesce ad affrontare il mercato internazionale in maniera innovativa e con la necessaria aggressività e continuità di fornitura dei

mercati. Le piccole produzioni tipiche e di nicchia sono la storia e la tradizione dell’agroalimentare italiano, che deve essere mantenuta, valorizzata e divulgata a livello turistico ed enogastronomica, in quanto ritengo che dimenticare il passato si perde anche futuro. Il mercato globalizzato e l’evoluzione dello stile di vita e delle abitudini alimentari delle giovani generazioni nonché le innovative tecniche di coltivazione adottate in agricoltura e dall’industria alimentare devono suggerire la necessità di programmare il sistema agroindustriale italiano con azioni comuni e concordate fra le politiche istituzionali di governo e il mondo produttivo (privato, cooperativo) unitamente alle Associazioni di categoria al fine di creare un sistema agricolo italiano che abbia un minimo accordo comune per operare in un mercato mondiale che si evolve rapidamente e con tecnologie innovative che non possono e, spesso, non possono essere affrontate dal-

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Tomentosa

Azienda zootecnica nel mantovano

la singola azienda o da limitate produzioni alimentari di nicchia. Nel breve periodo potrebbe diventare una necessario fare una reale verifica della situazione agricola italiana, con la valutazione obbiettiva delle politiche, normative e aiuti finanziari della U.E. (non sempre condivisa ma che ha sostenuto in gran parte la agricoltura nazionale) ed evidenziare la criticità per poi migliorare e programmare le produzioni richieste e collocabili sul mercato nazionale e internazionale. Prendendo lo spunto da altri Paesi (es. Australia, Nuova Zelanda, Olanda, Cile, Norvegia, e altri) hanno fatto valutato l’andamento delle importazioni di prodotti alimentari e hanno fatto il confronto con quelli della loro produzione nazionale ed hanno concordato congiuntamente (associazioni produttori e commercio, organi politici, Ministeri interessati) linee di programmatiche che consentono una protezione delle loro produzioni tipiche e di una notevole apertura sui mercati internazionali. I risultati pratici sono visibili visitando i

mercati agroalimentari o i supermercati all’ingrosso delle grandi città europee e mondiali, dove la presenza dei nostri prodotti, a parte il vino, è piuttosto limitata e poco visibile, inoltre sono presenti le imitazioni . Per un futuro del nostro sistema agricolo dovranno essere programmate le linee politiche e tecniche di sviluppo, attraverso una revisione e anche ristrutturazione di alcuni settori produttivi, in modo da creare un vero laboratorio innovativo che rappresenti la forza e la genialità dell’agroalimentare italiano, quindi capace di sfruttare le potenzialità economiche e di mercato, proteggere le nostre produzioni e superare il concetto di un museo conservativo della dell’agricoltura nazionale.

Bruno Marangoni Accademia Nazionale di Agricoltura

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