Karpòs n. 10 - 2015

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Karpos

Karpòs alimentazione e stili di vita

Anno IV - Karpòs - N° 10 - 2015

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Expo 201 5 “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” I Mercati di Dante Ferretti

Padiglione Zero i NOVE Cluster Comincia “l’altro” Expo2015



EDITORIALE

Comincia “l’altro” Expo2015

Renzo Angelini Direttore editoriale avviso, la specificità delle tante forme di agricoltura presenti, ha stentato ad emergere. I prodotti che oggi stanno sfamando il pianeta, non sempre sono stati focalizzati come avrebbero dovuto fare gli allestitori. Probabilmente è pur vero che il significato di una manifestazione che aggrega 21 000 000 di persone che comprano un biglietto, non inizia e non termina con problemi di apprendimento e conoscenza. Occorre mettere in moto potenti passioni. E su questo aspetto Expo2015 non ha certo fallito la sua missione. E forse è più corretto dire che la possibilità di conoscenza per l’opinione pubblica, viene dopo la nascita di un interesse emozionale. Ecco dunque la mia critica divenire sfumata e quasi inesistente: infatti Expo2015 pur terminato, comincia ora ad essere veramente un fattore di incremento di conoscenza. Proprio gli aspetti dell’agricoltura narcotizzati dal clamore dell’evento, ora possono essere recuperati in termini di maggiore consapevolezza e ricerca di ulteriori informazioni, e questo potrà succedere grazie ai tumulti passionali messi in moto dalla spettacolarità di Expo2015. Come Karpos contribuiremo alla prosecuzione simbolica dell’evento milanese, cercando di recuperare ciò che l’occhio/mente distratti dal clamore hanno appena potuto sfiorare. Cominceremo il questo numero col ripercorrere il percorso principale di Expo2015, rivisitando spazi e dando la voce a quei prodotti grazie ai quali oggi gran parte della gente del mondo può mangiare, e a partire dai quali, grazie alla scienza e al miglioramento delle pratiche agricole, si potrà trasformare in realtà il grande messaggio di speranza dell’evento.

Carissimi lettori, Ora che Expo2015 è terminato possiamo ragionevolmente discutere su aspetti della manifestazione che avremmo voluto emendare, rimuovere, trasformare oppure valorizzare, divulgare meglio, amplificare, senza che con questo atteggiamento “critico” si possa essere accusati di disfattismo o peggio. L’evento di Milano ha avuto un grande successo tra il pubblico e si può dire che abbia in parte mantenuto le promesse fatte a suo tempo da chi lo aveva traghettato in Italia. In questi sei mesi si è molto discusso di cibo, di sostenibilità, di un nuovo umanesimo alimentare. È chiaro che la notorietà pubblica dell’evento è stata dominata dalla spettacolarità dei padiglioni e dall’effetto entertainement che fatalmente accompagna manifestazioni di questo tipo. Malgrado ciò si è anche parlato come mai lo si aveva fatto prima di come nutrire il Pianeta. Se oggi siamo un po’ tutti più preparati su questo tema e prenderemo in futuro decisioni giuste ed efficaci, lo dobbiamo senz’altro a Expo2015. Allora cos’è che dell’evento ha corso il rischio di essere trascurato dai visitatori? Io penso che forse l’agricoltura, la base di ogni cibo, abbia corso il rischio di non poter essere focalizzata come speravano in tanti. Non sto accusando milioni di visitatori di essersi appassionati più al cibo che alle pratiche che lo rendono possibile. Non sarebbe giusto, e in ultima istanza non è solo una loro responsabilità. Comunque, a mio

03 EDITORIALE


Karpòs Magazine N. 10 - 2015

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Direttore editoriale Renzo Angelini

Comincia “l’altro” Expo2015 Renzo Angelini

Direttore responsabile Lamberto Cantoni Iscr. trib. di Forlì n° 3/12 del 4/5/2012

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Proprietario ed editore della testata Karpòs S.r.l. Via Zara 53 - 47042 Cesenatico (FC) P.I./C.F. 04008690408 REA 325872

Expo 2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” Renzo Angelini Lamberto Cantoni

Hanno collaborato a questo numero Antonella Bilotta antonella.bilotta@karposconsulting.net Laura Fafone laura.fafone@karposconsulting.net Amministrazione Milena Nanni milena.nanni@karposconsulting.net Raccolta pubblicitaria pubblicita@karposmagazine.net Tel. +39 335 6355354

12 I Mercati di Dante Ferretti Renzo Angelini Lamberto Cantoni

22 Padiglione Zero Renzo Angelini Lamberto Cantoni

30 Cluster: incontro con Colture e Culture dei Paesi poveri Renzo Angelini Lamberto Cantoni

32 36 Cluster Cluster: RISO Renzo Angelini Lamberto Cantoni

Cluster: Cacao e cioccolato Renzo Angelini Lamberto Cantoni


Per le fotografie: Foto © Renzo Angelini

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In copertina: Palazzo Italia e Albero della vita Foto © Renzo Angelini

Cluster: CAFFè Renzo Angelini Lamberto Cantoni

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Cluster: Cereali e Tuberi Renzo Angelini Lamberto Cantoni

Cluster: Cluster Spezie Renzo Angelini Lamberto Cantoni https://twitter.com/KarposMagazine

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https://www.facebook.com/karposmagazine1

Cluster: Zone Aride Renzo Angelini Lamberto Cantoni

80 Cluster: Frutta e Legumi Renzo Angelini Lamberto Cantoni

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Karpòs alimentazione e stili di vita

92 Cluster: Bio-Mediterraneo Renzo Angelini Lamberto Cantoni

30 Cluster: Isole, Mare e Cibo Renzo Angelini Lamberto Cantoni

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Expo 2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” Rivisitiamo i veri protagonisti della manifestazione milanese, in coerenza con il tema centrale di Expo2015, messi un po’ in ombra dalle inevitabili implicazioni spettacolari dell’evento

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Le Esposizioni Universali, fin dalle loro origini ottocentesche, hanno sempre assunto la configurazione di un grande viaggio fra le le produzioni e le culture del mondo. L’Expo di Milano non solo ha rilanciato la vocazione ecumenica delle Fiere Universali, ma ha ancorato il significato profondo della manifestazione a potenti simboli che rinviano ad una nuova alleanza con il Pianeta, per combattere lo scandalo della fame e della povertà. Non è certo per caso se il percorso fieristico

milanese si sviluppa attraverso due assi principali: il Decumano, su cui si affacciano i padiglioni dei Paesi ed i Cluster; il secondo asse invece è il Cardo nel quale si affaccia l’immenso padiglione Italia, al cui termine si trova la Lake Arena dominata dall’Albero della Vita, probabilmente il soggetto maggiormente fotografato dai milioni di visitatori nonché suggestivo simbolo del desiderio di sostenibilità e attenzione ai problemi dell’ambiente.

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Il Decumano, la via principale dell’Esposizione


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L’albero della vita, rinvia anche all’agricoltura e da questa si arriva al cibo, inteso come cultura ed espressione vitale dell’energia positiva di ogni Paese presente. L’albero della vita ha avuto la funzione di ricordare a tutti che oggi il cibo è un indicatore di giustizia sociale ed è inoltre un potente mezzo per favorire l’equilibrio ambientale utile per garantire alle future generazioni le stesse opportunità godute nel passato. I simboli sono importanti, ma senza idee si svuotano in fretta di contenuti. Durante i mesi dell’Expo le menti più brillanti si sono a più riprese ritrovate nei padiglioni della fiera per individuare strategie e soluzioni per agire subito nei confronti dei problemi paradigmatici del nostro tempo. Il messaggio popolare, che è filtrato tra la gente, potremmo sintetizzarlo con queste parole: per rispondere ai bisogni di una popolazione mondiale destinata a raggiungere i 9 miliardi nel 2050, quando cibo ed acqua

saranno il problema più grande, dobbiamo tutti insieme cambiare lo stile di vita. Quindi non solo dobbiamo affrontare il paradosso attuale degli 800 milioni di persone che soffrono la fame, mentre nei Paesi più ricchi l’eccesso alimentare è causa di obesità, disordini cardiovascolari ecc. Ma dobbiamo agire subito per non dissipare risorse ed energie che non potranno rinnovarsi con la stessa velocità con la quale le abbiamo consumate. Un ruolo cruciale lo interpreteranno gli addetti dell’agricoltura: secondo gli esperti dovremo incrementare l’efficienza della scienza applicata alle coltivazioni mettendola però al passo con l’etica, per far sì che la produttività e la sostenibilità siano una l’altra faccia dell’altra. La scienza e la tecnologia in sé non costituiscono affatto un pericolo per la sicurezza alimentare, bensì rappresentano una leva fondamentale per debellare i problemi di cibo.

A nord del Sito espositivo si trova la Lake Arena, alimentata dal Canale Villoresi, un bacino d’acqua circondato da gradinate per circa 3.000 persone sedute, al centro del quale si trova un sistema di fontane e l’Albero della Vita. Alto 37 metri è collocato davanti Palazzo Italia, all’estremità del Cardo. Progettato da Marco Balich è dotato di una chioma ampia 45 metri. L’acqua è un elemento indissolubilmente legato alla produzione di cibo: lo spreco significa gettare via acqua.


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I Mercati di Dante Ferretti Sistemati lungo la via principale del Decumano, le opere dello scenografo Dante Ferretti rappresentano le bancarelle di un mercato con frutta, verdure, vino, pane,

Mercato delle spezie

cereali, formaggi, carne, pesce e spezie. Finti ma da sembrare veri, sono otto scenografie di vari cibi che rappresentano il mercato italiano alla Esposizione Universale.

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Cereali di Dante Ferretti

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Formaggi

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Il Popolo del cibo

Dello stesso autore è Il Popolo del Cibo. I frutti della terra e gli elementi base dell’alimentazione sono interpretati nella loro trasposizione fisica e reale di una figura

umana. I guardiani del cibo e dei frutti dell’agricoltura diventano, per i visitatori, i testimoni dell’alimentazione.

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Padiglione Zero sticazione di animali e vegetali all’invenzione degli strumenti di lavoro e per la conservazione, fino ad arrivare alla complessità dell’alimentazione contemporanea. Posizionato sulla destra del Decumano presenta una grande scritta in latino “Divinus halitus terrae” cioè “il respiro divino della terra”. La prima sala è subito di grande impatto: ci troviamo di fronte a un’immensa libreria in legno, che occupa tutta la parete, piena di cassetti. Qui è conservata la memoria dei vari riti e delle varie pratiche dell’alimentazione che si sono succedute nel corso della storia dell’umanità.

La visita ai Padiglioni inizia dalla struttura che metaforizza il tema dell’Expo “Nutrire il Pianeta”. Si può dire che fin dalla comparsa dell’uomo “sapiens” il cibo è stata la prima sfida che ha mobilitato le energie di tutti gli umani. Da questa necessità derivano le trasformazioni del paesaggio naturale, la cultura, le guerre, il commercio, i rituali di consumo. Curato da Davide Rampello e progettato da Michele De Lucchi, il Padiglione Zero ci racconta questo straordinario percorso con un linguaggio emotivo ed immediato che parte dalla “memoria” e percorre le varie fasi dell’evoluzione nei suoi rapporti con la “natura”, dall’addome-

Padiglione Zero, progettato da Michele De Lucchi con scenografie di Giancarlo Basili. In 12 sale racconta l’evoluzione del rapporto millenario tra uomo e cibo.

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23 Nella prima sala una gigantesca parete a libreria, con i cassetti in legno, rappresenta la memoria

Le origini rappresentate da un enorme albero in resina che buca il tetto, con 380.000 foglie incollate a mano

Nella sala successiva, sulle pareti sono proiettate immagini di caccia, pesca, coltivazione e allevamento: un grande albero, alto 23 metri, sfonda il tetto e il pavimento, per sottolineare il dominio della natura sull’uomo. Le pareti sono fatte di contenitori retroilluminati e raccolgono i semi delle principali colture mondiali. La sala seguente è dedicata agli animali con riproduzioni delle specie che l’uomo ha allevato o cacciato durante i secoli e branchi di pesci pendono dal soffitto soffitto. Passiamo quindi nella sala dedicata all’arte del coltivare la terra con al centro un grande mulino ad acqua, muri a secco, tipici dell’Italia meridionale e insulare, e tanti strumenti e utensili appesi al soffitto. In questo viaggio in immagini e oggetti osserviamo come l’uomo, da raccoglitore, pastore e cacciatore, diventa sedentario e agricoltore.


Frutta, verdura, spezie sono proiettate su pannelli e rappresentano l’addomesticazione vegetale

Sulle pareti i semi dei vegetali addomesticati dall’uomo

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Sculture di classici animali domestici

Animali che popolano il luogo dove vive l’uomo

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lizzazione e grandi plastici raffigurano le modificazioni dell’ambiente operato dall’uomo e gli iconemi agricoli diventano industriali. Chiaramente questa trasformazione cambia il modo di produrre e consumare il cibo.

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Proseguendo si entra poi in una grande anfora, circondata da coppe, vasi, otri che simboleggiano la raccolta, la conservazione ed il trasporto del cibo nei secoli. Dalla storia dell’agricoltura e dell’artigianato si passa all’epoca della industria-

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Al centro di una piazza scoperta un enorme tavolo di legni antichi diventa tavola dove l’uomo celebra il rito della comunità, l’alimentazione

Numerosi oggetti per la raccolta e la conservazione del cibo fanno nascere il commercio e l’economia

Terre da coltivare e strumenti per la coltivazione hanno permesso all’uomo di sfruttare l’ingegno e modificare l’ambiente

Un plastico ricostruisce un paesaggio profondamente cambiato dalla rivoluzione industriale


La Sala della Borsa dove il tema centrale è la speculazione e la volatilità dei valori

La sala della Borsa è una grande parete digitale coperta di schermi che crea una fibrillazione fornendo i dati dei consumi di alimenti nel mondo e le fluttuazioni senza

sosta dei valori. Qui il tema centrale è la critica della speculazione finanziaria, i titoli tossici, e il dominio di una economia virtuale che cancella la realtà del lavoro.

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Il paradosso dello spreco è sottolineato da una discarica di prodotti alimentari. Lo spreco è diventato uno stile di vita mentre 900 milioni di persone muoiono di fame

si chiude con la speranza: esempi positivi di comunità di agricoltori e industrie alimentari e storie virtuose di cooperazione per lo sviluppo. Insomma, sembrano suggerire i curatori del Padiglione Zero, la situazione è grave ma attraverso una corretta informazione e sensibilizzazione possiamo ancora invertire il trend consumistico che porterebbe alla fine della vita sul pianeta.

Infine, una gigantesca installazione è dedicata allo scandalo dello spreco del cibo: una impressionante collina formata dagli scarti quotidiani sottolinea il grande paradosso attuale...Siamo in 7 miliardi, produciamo cibo per 12 miliardi di persone, ma sono 900 milioni le persone che ogni anno muoiono di fame. Aggiungiamo che milioni sono gli obesi, facendo dello spreco uno stile di vita patologico. Il percorso

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Cluster: incontro con Colture e Culture dei Paesi poveri mettersi un loro padiglione, e che invece accomunati secondo il prodotto/i principale della loro economia, partecipano con dignità alla manifestazione. In tal modo possono raccontare la loro storia, le tradizioni e la cultura all’interno di architetture pregevoli che non sfigurano rispetto a quelle dei grandi Paesi.

I Cluster sono una delle principali novità di Expo 2015. Rappresentano una vetrina per dare voce ai Paesi meno ricchi o più piccoli, che non avrebbero potuto per-

Mercato ortofrutticolo in Messico

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Mietitura del riso in Cambogia

Piantagione di tè in Kenya

Villaggio nel deserto del Thar, India

In totale sono 9 i Cluster tematici che accolgono ciascuno realtà nazionali che si riconoscono in prodotti simbolo. In essi i visitatori di Expo2015 hanno potuto trovare immagini e descrizioni dei prodotti più importanti grazie ai quali l’agricoltura

sta sostenendo il preoccupante aumento demografico del Pianeta negli ultimi decenni. Per onorare questi frutti della Terra e del lavoro, vi proporrò una breve descrizione della loro realtà agronomica ed economica.

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Cluster Cacao e cioccolato Tutto parte dai semi del frutto di un albero: il cacao (Theobroma cacao), una malvacea sempreverde che può raggiungere i 15 metri di altezza. Lo scenario del cluster riprende le piantagioni delle aree tropicali

Frutto di cacao

e subtropicali dove si coltiva il seme con cui si produce il “cibo degli dei”. Il cacao è originario del Sud America, coltivato dalle popolazioni precolombiane, ed ha avuto un ruolo centrale nella alimentazione e nella cultura di Maya e Aztechi. I fiori si trovano sul tronco e sui rami adulti e possono essere di diversi colori, dal bianco, al verde, al rosa. Fiorisce due volte all’anno. Il frutto è un cedro allungato che diventa bruno-rossastro a maturazione. La buccia è solcata da strisce longitudinali e contiene 25-40 semi (fave di cacao) immersi in una sostanza gelatinosa ricca di zuccheri. Oggi viene coltivato nelle zone umide della fascia equatoriale in Africa, in Asia e in America Latina. Lo sviluppo del cacao come prodotto mondiale inizia nel 1880

Riproduzione di albero di cacao

Riproduzione di fiori di cacao

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con l’introduzione di piante in Ghana. La costa meridionale dell’Africa è la più grande area di produzione di cacao del mondo, seguita da Antille, Malesia, Indonesia e Filippine. L’habitat naturale del cacao è la zona più bassa della foresta tropicale, all’ombra di altre piante da frutto come banani e palme. Precipitazioni e umidità sono fattori determinanti per la crescita; questo il motivo per cui non fruttifica fuori dalla fascia equatoriale. Il 90% del cacao

mondiale proviene da circa 3 milioni di piccole aziende agricole familiari, gestite da contadini che dipendono dalle produzioni di cacao per il loro sostentamento. L’ estrema debolezza degli agricoltori dei paesi di origine fa sì che il valore aggiunto nella filiera cacao-cioccolato si concentri nelle mani degli attori che intervengono a valle della produzione della fava lasciando solo il 6% del prezzo finale nelle mani dell’agricoltore.

Frutto e fave di cacao

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Artigianato del Ghana

Maschera del Gabon

Il cacao viene prodotto principalmente in Africa (72%), America Latina, Asia e Oceania. I maggiori Paesi produttori sono: Costa d’Avorio (dove rappresenta il 35% dell’esportazione totale), Ghana (30% dell’export), Indonesia, Nigeria, Equador e Brasile. Metà del mercato mondiale dei dolci è in mano a 5 gruppi internaziona-

li: Kraft (14,9%), Mars (14,5%), Nestlè (7,9%), Hershey’s (4,6%), Ferrero (4,5%) e 53,6% gli altri. Gli addetti del settore del cacao, del cioccolato e dei prodotti dolci confezionati sono: Ghana (6 milioni), Costa d’Avorio (4 milioni), USA (69.000) ed Europa (190.000).

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* estratto dell’atto costitutivo del 1883


cinese. Da qui si è diffuso in tutto il mondo. In virtù del suo potere nutrizionale, il riso è considerato uno dei più importanti alimenti di base (in inglese, staple food). Si stima che un quinto della popolazione mondiale sia saldamente basata sul consumo di riso.

Cluster Riso Il più importante cereale coltivato dall’uomo è ospitato in un paesaggio che ricorda una risaia, con i colori tipici che mutano con lo sviluppo e la maturazione delle piante. Versatile e nutriente il riso è uno dei primi cereali coltivati dall’uomo oltre diecimila anni fa, partendo da una specie spontanea

Riso vestito dall’involucro esterno, detto lolla o pula, è costituito di cellulosa, di grande interesse per la produzione di biocarburanti

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Il 90% della produzione mondiale di riso viene prodotta dai Paesi asiatici, con Cina e India ampiamente in testa; seguono Indonesia, Bangladesh, Vietnam, Tailandia, Myanmar, Filippine, Cambogia, Pakistan e Giappone. Il panorama delle coltivazioni di riso in Asia è altamente parcellizzato. Si contano più di 200 milioni di aziende agricole produttrici, la maggior parte delle quali sono più piccole di un ettaro e vengono gestite da famiglie o piccole comuni-

tà che sul raccolto di tale coltura basano la loro esistenza. L’Italia è il maggior produttore europeo. La produzione mondiale di riso, con 720 milioni di tonnellate, è seconda solo al mais (900 milioni di tonnellate). Tuttavia il riso viene utilizzato nella quasi totalità nell’alimentazione umana, mentre il mais è usato principalmente per alimentare gli animali domestici. Circa il 60% delle calorie consumate ogni giorno dalla popolazione mondiale deriva da

Raccolta del riso in Cina

Mietitura del riso in Vietnam

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Ciotola di riso e falcetto per la raccolta


3 colture: mais, riso e frumento. Si stima che 3 miliardi e mezzo di persone traggano dal riso oltre il 20% delle calorie quotidiane necessarie alla propria dieta, mentre in alcuni dei Paesi asiatici piĂš poveri si

arriva a superare il 50%. In molte nazioni asiatiche il consumo pro-capite è di oltre 100 kg annui contro i 5,6 kg consumati da un italiano.

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Attrezzi per la coltivazione del riso in Cambogia

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DivinitĂ con offerta di riso

Vertical field (campo verticale) del padiglione di Israele, unico nel suo genere per dimensioni e utilizzo di una tecnologia innovativa per la conservazione dell’acqua. Riso, mais e grano sono le pricipali colture


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Cluster Caffè importanti si trovano in Africa e America Latina. La produzione di caffè ha raggiunto 142 milioni di sacchi da 60 kg. Il caffè dà lavoro a circa 25 milioni di famiglie in più di 80 Paesi produttori.

La profumata bevanda nasce dai semi di piante tropicali che formano vere e proprie foreste. I chicchi sono raccolti, essiccati e poi tostati. Le piantagioni più

Caffè

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Frutti di caffè

Coltivazione di caffè in Messico

Fiori di caffè

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Il primo produttore è il Brasile (32%) seguito da Vietnam (19%), Colombia (8%), Indonesia (6%) e 35% gli Altri Paesi. Il valore di mercato del caffè verde è 25,5 miliardi di dollari. Il valore complessivo del mercato del caffè è 109

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Caffè Arabica

Caffè Timor Est

miliardi di dollari. Relativamente al consumo pro-capite la Finlandia è il primo paese con 11,7 kg; seguono Germania (6,8 kg), Brasile (6,1kg), Italia (5,6kg) e USA con 4,1kg.


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Caffè del Guatemala

Burundi, scultura e caffè


Giovane con burka nello stand dello Yemen

I Paesi presenti in questo Cluster: Burundi, Costa Rica, El Salvador, Kenya, Ruanda, Yemen, Etiopia, Guatemala e Timor Est. Oltre

ad esporre e far degustare il caffè del proprio paese esibiscono anche il loro artigianato e le loro tradizioni.

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Cluster Cereali e Tuberi sono l’alimento base per oltre 1 miliardo di persone dei Paesi in via di sviluppo. Si attraversa un’area dove si possono osservare i più importanti e diffusi cereali e tuberi coltivati sul nostro pianeta: è un viaggio nella storia delle civiltà e nei paesaggi del mondo. è un viaggio nel variegato universo del pane, della pasta e di tutti i cibi che nascono da questi preziosi prodotti della terra: sono fonte primaria di carboidrati per tutte le popolazioni. Quello dei cereali è anche l’universo della biodiversità: ne esistono oltre 10.000 varietà, ma solo poche sono coltivate. Molte di queste colture potrebbero contribuire ad affrontare importanti sfide globali, incrementando la fertilità dei suoli non adatti alla coltivazione di mais, riso e grano, per rispondere alla crescente domanda di cibo nei prossimi decenni.

La mostra, a cura dell’Università degli Studi di Milano, fa parte delle 9 esposizioni tematiche ospitate nei cluster di Expo. Dal frumento al miglio, dal mais al sorgo, dall’orzo alla segale (escluso il riso talmente importante da necessitare un cluster ed una mostra dedicati) a cui si aggiungono quinoa e amaranto e ancora, dalla patata al topinambur alla manioca, all’igname. Qui scopriamo le colture che hanno favorito l’incontro di civiltà, fondamentali per l’alimentazione. Coltivati, esportati e venduti da millenni, i cereali sono la base alimentare della maggior parte della popolazione mondiale grazie alle loro proprietà nutrizionali, al loro costo contenuto ed alla loro capacità di saziare immediatamente la fame. Radici e tuberi sono la seconda fonte di carboidrati dopo i cereali e forniscono sali minerali e vitamine:

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Mercato ortofrutticolo in Kenya

Raccolta della patata in Per첫

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Mais (Zea mays) Originario dell’America centrale dove fin dal 3.000 a.C. costituiva l’alimento principale della popolazione. Fu portato in Europa da Cristoforo Colombo, ma con varietà incapaci di fiorire nel Vecchio Continente. è solo all’inizio del XVI secolo che probabilmente Vespucci torna in Europa con le varietà coltivabili e diventa da subito un alimento fondamentale per le masse di contadini poveri, che nelle campagne stentavano a procurarsi il grano. In Italia l’uso alimentare più conosciuto è quello della farina bramata per polenta, piatto diffuso nelle regioni del nord, preparata per lenta cottura della miscela di farina e acqua. Nella polenta non si forma un vero e proprio impasto perché il mais non ha le proteine del glutine. Anche dopo una lunga cottura, ogni parte

dello sfarinato mantiene la sua individualità, semplicemente aderisce a quelle vicine perché l’amido fa da collante. Dalla macinazione a secco del mais, con macchine simili a quelle usate per il grano, si hanno altri prodotti pregiati: sono i “grits”, frammenti grossolani provenienti dalle parti vetrose del chicco, punto di partenza per i cereali per prima colazione (corn flakes) e per la birra. Senza rendercene conto mangiamo mais in molti prodotti alimentari che contengono amido, amidi modificati e sciroppi di glucosio. L’amido è estratto, “smontato” ad opera di enzimi o per via chimica, e si trasforma in una vastissima gamma di ingredienti con nuove proprietà: addensanti, dolcificanti, emulsionanti, umettanti, conservanti. Dove si coltiva il frumento, ma

Mais del Congo

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sono disponibili cereali privi di glutine, l’uomo ha trovato soluzioni originali per panificare questo tipo di materie prime. è il caso del mais in Messico con cui si producono le “tortillas” applicando uno speciale procedimento. I chicchi di mais sono sottoposti ad un trattamento con calce a caldo (processo di nixtamalizzazione). In queste condizioni si facilita il distacco delle regioni cruscali, rendendo migliore la lavorabilità e la coesione fra amido e proteine, ma soprattutto si rende disponibile la niacina o vitamina PP, presente nel chicco non trattato in forma fortemente legata alle proteine. Nel 1800 nel nord Italia ci fu una notevole diffusione di pellagra, malattia che si manifesta con dermatite, diarrea e demenza. La causa è da ricercare in una grave carenza di vitamine del gruppo B. Questa patolo-

gia era legata alla dieta dei contadini, fatta esclusivamente di polenta. Oggi si sa che il mais è incompleto dal punto di vista nutritivo, e basta integrarlo con elementi che a lui mancano. Il mais si presta ad essere lavorato attraverso tecnologie che lo trasformano in materia prima per usi non alimentari. I biopolimeri possono essere di origine sintetica o derivati da materiali vegetali e quindi rinnovabili, come amido e destrosio. Questi due elementi provengono da mais alimentare. L’amido potrebbe essere derivato anche da patata, frumento tenero, orzo, riso o sorgo. Le applicazioni di biopolimeri riguardano diversi settori: sono sacchetti, imballaggi, assorbenti, pneumatici, protesi biomedicali o per il settore agricolo (vasetti per piante, teli per solarizzazione, supporti per il lento rilascio dei fertilizzanti).

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Sorgo (Sorghum vulgare) Il sorgo è coltivato ed esportato soprattutto dagli Stati Uniti, dove serve per l’alimentazione animale. è molto importante anche per i Paesi dell’Africa occidentale dove è usata l’intera pianta: le radici come combustibile, i gambi e le foglie come materiale per costruire le capanne.

Per alcuni Paesi il sorgo rappresenta gran parte della produzione cerealicola. In Sudan ne copre l’82%, negli Emirati Arabi il 96%, in Oman l’85%. è il cereale minore (rispetto ai più coltivati grano, riso e mais) più importante in termini quantitativi e di diffusione.

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Orzo (Hordeum vulgare) L’orzo è impiegato per la produzione di farine, destinate principalmente alla panificazione, oppure come ingrediente per piatti a base di cereali. Previa tostatura (170-180°C), è usato per la produzione di bevande da consumare al posto del caffè o del cioccolato. Dopo il mais l’orzo è il principale cereale destinato all’alimentazione animale.

Si può usare la granella tal quale oppure può essere trasformato in mangime. L’orzo, sotto forma di malto, è impiegato come materia prima per la produzione di birra, distillati e liquori ad alta gradazione alcolica. La diffusione dell’orzo e la sua commercializzazione variano in funzione degli usi che ne fanno i diversi Paesi.

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Miglio (Panicum miliaceum) La pianta ha fusti robusti, alti anche più di 1 metro, foglie lanceolate con guaine irte di peli molli e pannocchia grande 15-20 centimetri, con rami più o meno pendenti. Il miglio è un cereale macroterme, o “estivo”. La temperatura minima di germinazione si aggira intorno ai 10°C e le successive fasi richiedono temperature crescenti tra i 20 e 30°C. Per questo motivo nei climi temperati il ciclo vegetativo si compie nella primaveraestate. Al contrario, nelle regioni tropicali

e subtropicali la semina può essere fatta in qualsiasi stagione. Il miglio gode di una proprietà impareggiabile rispetto agli altri cereali: può essere conservato molto a lungo. Essendo dotato di spiccata resistenza alla siccità, è spesso alla base dell’alimentazione di molti popoli dei Paesi caldi del mondo. Per alcuni Paesi africani il miglio rappresenta il primo cereale prodotto: il Niger copre con il miglio il 77% della propria produzione cerealicola, il Gambia il 48% e il Senegal il 44%. Miglio perlato

Miglio di Haiti

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Frumento (Triticum spp) è da 8-10 mila anni che l’uomo coltiva e consuma cereali. Il grano in particolare ha segnato la nascita e la diffusione dell’agricoltura in Asia e in Europa, e con essa l’organizzazione di società complesse. è necessario, infatti, saper regolare la portata dei corsi d’acqua, costruire edifici per conservare grandi quantità di raccolti e poter gestire, sorvegliare e difendere le derrate: tutte caratteristiche di consorzi stanziali e civilizzati. Le prime testimonianze del consumo di pane risalgono ad alcune migliaia di anni prima di Cristo in Medio Oriente e in Egitto. Gli Egizi raggiunsero livelli di produzione sorprendenti: lo dimostra il ritrovamento di un laboratorio di panificazione in grado di sfornare giornalmente pane sufficiente a

sfamare circa 15.000 operai. Gli antichi Egizi trasmisero il loro sapere ai Greci. Ai Greci viene attribuito il primo testo sulla tecnologia della panificazione. Come tutti i cereali la pianta produce infiorescenze chiamate spighe, contenenti i chicchi, frutti ricchi di amido il cui nome botanic­o è “cariossidi”. Composti dal 75-80% di carboidrati, 9-16% di proteine, 6-8% di fibra, 2-3% di lipidi e 1-2% di minerali. La fibra, cioè la componente non digeribile dall’uomo, è localizzata principalmente nella parte esterna del chicco. Si trova in abbondanza nei prodotti integrali. Tutte le specie di frumento possiedono le proteine (gliadine e glutenine) che danno origine al glutine che si forma durante l’impastamento. Le caratteristiche qualitative e

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quantitative del glutine sono diverse tra specie e specie, in parte per eventi spontanei di mutazione genetica, in parte per interventi mirati di selezione da parte dell’uomo. L’elevata tenacità delle proteine di riserva del grano duro, per esempio, lo rende più idoneo alla trasformazione in pasta. La maggior capacità di deformarsi delle proteine del grano tenero fa sì che questa specie sia più indicata per la panificazione e la realizzazione di prodotti da forno, perché è più facile ottenere un impasto estensibile e quindi lievitabile. La macinazione del frumento serve a separare la parte centrale del chicco dal germe e dalla crusca, che è il rivestimento esterno. Contemporaneamente si ricava farina dal grano tenero e semola dal grano duro, ideale quest’ultima a produrre la pa-

sta e il cous-cous. La farina bianca raffinata (ottenuta eliminando il germe ricco di acidi grassi e la crusca ricca di fibra) si conserva più a lungo di quella integrale e si trasforma in pane soffice e gradevole. Dalla semola si ottiene la pasta che ha la caratteristica, dopo la cottura in acqua bollente, di aumentare di circa 2-3 volte il proprio peso ed acquisire un sapore gradevole e piacevole da masticare. Gli italiani consumano tanta pasta (circa 30 kg pro capite l’anno); dopo la cottura la pasta deve avere una buona consistenza e non essere “collosa”. Questo risultato è possibile solo se le proteine riescono a formare un tessuto fitto e regolare, che trattiene nelle proprie maglie l’amido che, pur rigonfiandosi e assorbendo acqua, non forma masse gelatinose e appiccicose in superficie.

Cereali di Dante Ferretti

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Fonio (Digitaria exilis) è uno dei cereali più antichi dell’intera Africa. è una delle colture più importanti del Sudane dell’Etiopia ed è diffusa in tutta l’Africa Sub Sahariana.

Chicco molto piccolo è molto apprezzato come materia prima per gli alimenti per celiaci. Per il consumo alimentare deve essere decorticato.

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Tuberi Come nei cereali, il principale componente è l’amido. Anche queste materie prime rappresentano una interessante fonte di energia e costituiscono la base della dieta umana in zone tropicali e subtropicali. L’energia fornita è circa un terzo di quella assicurata dai cereali, in quanto i tuberi sono particolarmente ricchi d’acqua (dal 60 all’80% del peso). L’elevata resa che caratterizza la maggior parte dei tuberi assicura una elevata produzione per ettaro, tale da garantire una quantità

di energia al giorno molto superiore a quella dei cereali. Le proprietà fisiche dei granuli di amido influenzano la digeribilità e la qualità degli alimenti ottenuti dai tuberi. La patata (Solanum tuberosum) è il tubero più importante; originaria del Perù, della Bolivia, del Messico e del Cile fu portata in Italia dagli spagnoli intorno al 1570. A differenza del mais la diffusione della sua coltivazione in Europa fu lenta a causa della diffidenza nei confronti di ciò che “cresce sotto terra”.

Papalisa (Ollucus tuberosus)

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Chuno, patata essicata

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Tuberi per alimentazione, Cina

Zenzero

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Patate in Cina

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Patate delle Ande, Per첫

Tunta, patata disidratata

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“ROAD TO QUALITY” è un progetto che prevede la tracciabilità del processo di produzione del materiale di riproduzione (sementi e giovani piantine). Obiettivo del progetto è garantire gli utilizzatori e i consumatori sulla qualità del prodotto utilizzato o acquistato, certificando l’origine, la sanità e il corretto impiego di buone pratiche agronomiche durante l’intero ciclo produttivo. È un progetto certificato ufficialmente, aperto a tutti gli operatori interessati e che al momento vede partecipare numerose ditte sementiere e aziende vivaistiche operanti nel settore orticolo professionale.

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Quinoa (Chenopodium quinoa) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Chenopodiacee, come gli spinaci e la barbabietola. è molto resistente alla siccità, cresce a 4.000 metri, con escursioni termiche da -8 a 38°C. Prima di essere destinato all’alimentazione i semi di quinoa devono essere trattati opportunamente per eliminare le saponine, sostanze amare e tossiche, che proteggono la pianta dall’attacco dei parassiti. Si procede perciò al lavaggio con acqua (le saponine sono solubili), cui segue l’essicamento e la decorticazione. Fino a pochi anni fa era consumata solo negli stati produttori ed era l’alimento base delle popolazioni andine. La sua popolarità, e quindi la domanda del prodotto da parte del mercato globale, è molto aumentata negli ultimi anni, tanto da far triplicare il prezzo e rendere questo alimento poco disponibile per le fasce meno abbienti della popolazione locale.

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Grano saraceno (Fagopyron esculentum) Originario dell’Asia, la sua coltura si è diffusa in Europa solo nel tardo Medioevo, con le invasioni di Turchi e Mongoli. In Europa è coltivato soprattutto in Germania, Polonia, Slovenia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Russia, Finlandia. In Italia era diffuso in Valtellina (dove si produce un tipo di pasta che ne contiene fino al 25-30%) ma

la sua coltivazione è stata oggi abbandonata. L’interesse per il grano saraceno è legato alle caratteristiche delle sue proteine, di alto valore biologico e senza glutine, alla ricchezza in fibra alimentare ed alla presenza di sostanze con proprietà antiossidanti. In Europa orientale si raccoglie il 60% della produzione mondiale.

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Manioca (Manihot esculenta) Appartiene alla famiglia delle Euphorbiaceae ed è originaria del Sudamerica. Ha una radice a tubero commestibile ed è coltivata nelle regioni tropicali e subtropicali del

mondo. Avendo solo il 60% di acqua assicura una elevata consistenza alle preparazioni alimentari in cui è aggiunta.

Manioca o cassava

Farina di manioca

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Cluster Spezie Le spezie non sono più il motivo di conquiste o colonialismo come lo erano un tempo, seguendo le “rotte delle spezie” come testimoniano le mappe esposte nel Cluster, che storicamente hanno guidato gli esploratori alla scoperta del mondo e alla ricerca delle spezie. Le spezie richiamano alla mente i colori, i profumi, il fascino di terre esotiche. Spezie ed erbe aromatiche sono da sempre protagonisti di lunghi viaggi ed i prodotti più pregiati delle antiche rotte commerciali. Oggi sono presenti nelle cucine di tutto il mondo, ma anche rimedio medico o prodotto di cosmesi. Nel 1450 a.C. inizia il commercio egizio con la terra di Punt (Corno d’Africa). Petra era il nodo finale della Via dell’Incenso, una carovaniera che parti-

va dai porti della costa sud risaliva il deserto passando da Timma, Medina, Gaza con un percorso di 65 giorni, con punti di sosta prestabiliti. Sono poi i Romani ad aprire i collegamenti diretti via terra (Via della Seta) con i Paesi produttori. è un reticolo che si divideva in 3 fasce principali: 1) Percorso settentrionale attraverso le steppe russe degli Urali e terminava a Volgograd. 2) Percorso centrale, arrivava a Petra attraverso la Persia e il Pamir. 3) Percorso meridionale, arrivava in India per poi attraversare il Mar Rosso e l’Egitto. Furono poi i musulmani ad assumere il controllo delle vie commerciali. L’India si trovava al centro della rete, accoglieva i prodotti provenienti da Indonesia e Indocina

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Cinnamono (Cinnamomum verum) o cannella della Cina

Chiodi di garofano (Syzygium aromaticum)

Pepe (Piper longum)

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e li portava verso oriente per fornire Cina, Persia e Medio Oriente islamico. Maometto utilizzò la rete commerciale delle spezie nella penisola araba come mezzo per iniziare la diffusione dell’Islam partendo dalla Mecca per poi espandersi lungo le piste tracciate dalle carovane. Il monopolio del commercio arabo fu incrinato dalle crociate europee del XII secolo; ciò consentì a Venezia e Genova di assumere il controllo del commercio in Europa e di inviare esploratori verso oriente. Genova e Venezia divennero gli intermediari tra i mercanti arabi e gli acquirenti di tutta Europa costituendo una importante rete di commercio marittimo nel mediterraneo e via terra. I mercanti veneziani non svolgevano gran parte del traffico sulla Via della Seta ma si limitavano a legittimare il ruolo di

Venezia come nodo centrale del commercio mediterraneo acquistando beni direttamente dagli arabi. Fu durante la pax Mongolica che gli europei poterono superare i limiti geografici dell’antichità classica, acquisendo tre fatti fondamentali: dimensione, ricchezza e confini della Cina, le rispettive posizioni di India e Cina, la localizzazione delle aree di produzione delle spezie nelle isole e nelle aree continentali a est dell’India. Questi punti cardine furono fissati da esploratori come Marco Polo, Odorico da Pordenone, Giovanni da Pian del Carmine. Le rotte di Marco Polo, in particolare, sono la principale fonte di informazioni sull’Estremo Oriente per un lungo periodo: fu il primo europeo a fissare le dimensioni della Cina e descrivere Giappone, Birmania, Indocina e

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Indonesia. Ai fini della comprensione effettiva del traffico delle spezie, l’aspetto più importante dell’opera di Polo è l’identificazione delle terre produttrici distinte dall’India, che egli individuava in 7.448 isole. L’isola di Ceylon aveva rappresentato il limite ultimo del commercio romano, gli arabi si spinsero considerevolmente oltre aprendo i contatti

diretti con le Isole delle Spezie, le Molucche. Il nome di Isole delle Spezie deriva dall’intenso commercio di prodotti ed essenze coloniali sviluppato nei secoli da parte dei commercianti arabi, indiani, cinesi ed europei. Solo in questi luoghi era possibile trovare prodotti come chiodi di garofano, noce moscata e macis.

Anice stellato (Illicium verum)

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Cluster Zone Aride La tempesta di sabbia ispira l’architetto del Cluster e rappresenta la sfida dell’uomo di vivere e sfruttare il territorio delle zone aride e semiaride dove esistono sorprendenti risorse di vite nascosta. è sorprendente la creatività con cui uomini, animali e piante hanno imparato a vivere in un contesto così inospitale.

Un quinto della popolazione abita in aree caratterizzate dalla scarsità d’acqua e la loro sfida è la stessa della scarsità dovuta ai cambiamenti climatici che richiedono sforzi urgenti per garantire una nutrizione adeguata.

Noci di cocco

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Frutti di baobab dello Zimbabwe

Frutto di baobab aperto

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Artigianato del Mali

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Cluster Frutta e Legumi Si conoscono sin dall’antichità e sono alla base delle culture dei popoli. Gli alberi da frutto iniziarono ad essere coltivati nell’area mediterranea dove il clima è favorevole. Egizi, Greci e Romani conosce-

vano molte varietà e dal Medioevo in poi le tecniche di coltivazione vennero sempre più perfezionate. Furono i primi coloni a portare in America piante e semi che si diffusero in tutto il continente, favorendo il commercio.

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Legumi getico, si trova in abbondanza nei legumi. Si raccomanda l’assunzione di 8 mg di ferro al giorno per gli uomini e 18 mg per le donne. I legumi contengono, infine, discrete quantità di vitamine del gruppo B, coinvolte nel metabolismo energetico e nel rafforzamento delle difese immunitarie. La capacità dei legumi di produrre da sé il fertilizzante di cui necessitano è molto vantaggiosa sia da un punto di vista economico sia ambientale. Per quanto riguarda i benefici economici, la riduzione di fertilizzanti artificiali riduce i costi che gli agricoltori devono sostenere e il prezzo finale del legume. Ad esempio negli Stati Uniti la quantità di fertilizzanti chimici è quadruplicata dal 1960, così come il loro prezzo per tonnellata, aumento dovuto anche al

Erano principalmente coltivati tra Mesopotamia e Mediterraneo, ad eccezione di soia e fagioli che sono originari rispettivamente dell’Asia Centrale e Meridionale e dell’America Centrale. Fonte primaria di proteine e minerali nei Paesi in via di sviluppo, si alternano nella rotazione ai cereali. Sono semi commestibili di alcune piante che fanno parte della famiglia delle Leguminose e contengono una quantità di proteine pari, e a volte superiore, a quella della carne. Ad esempio 100 g di lenticchie contengono 25,8 grammi di proteine mentre 100 grammi di una bistecca cotta di manzo ne contengono 21,29 grammi. Il ferro, componente fondamentale dell’emoglobina, della mioglobina e di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo ener-

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Arachidi

maggior costo del gas naturale. A differenza di altre piante, i legumi hanno la capacità di produrre da sé il fertilizzante di cui hanno bisogno. Ciò avviene grazie a un genere di batteri, i Rhizobium, che vivono in simbiosi con i legumi all’interno delle loro radici. Tali bat-

teri catturano le molecole di azoto presenti nell’aria e le trasformano in ammoniaca, uno dei principali nutrienti delle piante. I batteri fissano l’azoto nelle radici dei legumi quando questi inviano, grazie ad uno specifico gene, un segnale chimico ai batteri.

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Peperoni Sono originari delle Americhe e probabilmente giunsero in Europa grazie a Cristoforo Colombo. Furono così chiamati perché il loro gusto leggermente piccante era accostato a quello del pepe (dal latino piper); nelle Americhe rimane il nome chilli (in spagnolo) e chili (in inglese). Appartengono al genere Capsicum, che comprende anche i peperoncini, e sono gli unici a non contenere capsaicina, la sostanza che conferisce il gusto piccante a questo vegetale e dà la sensazione di bruciare le mucose. I peperoni sono una importante fonte di vitamina C; in particola-

re i rossi hanno più nutrienti e più vitamine di quelli verdi ed un contenuto di carotene nove volte superiore. I peperoni verdi, in compenso, sono ricchi di acido p-cumarico, un acido dotato di proprietà antiossidanti e che si pensa aiuti a diminuire i rischi di tumore allo stomaco.

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Cavoli frutti di bosco, mango. Il suo fabbisogno giornaliero è di 40-50 mg. Il cavolo era utilizzato come cibo per i marinai che affrontavano lunghi viaggi nel periodo delle scoperte geografiche. Grazie al suo alto contenuto di vitamina C, infatti, il cavolo permette di evitare lo scorbuto, malattia causata dalla carenza di questa vitamina. Anche le arance erano utilizzate, ma i cavoli erano più reperibili nei Paesi nordici. Dal cavolo cappuccio, con la fermentazione si ottengono i crauti; esso fu portato dall’Asia Minore in Europa nel VII secolo a.C., dove ora è maggiormente diffuso nella parte settentrionale, grazie alla sua buona resistenza al freddo (Polonia, Russia, Germania).

Sono piante erbacce della famiglia delle Brassicacee o Crucifere. Sono oltre 150 le varietà coltivate, tra cui cavolfiore, broccoli, cavolini di Bruxelles, verza, cavolo cappuccio. Il cattivo odore prodotto dai cavoli durante la cottura è dovuto allo sprigionarsi di composti di zolfo presenti in grande quantità in questo ortaggio. Le Crucifere in genere sono ricche di isotiocianati, che riducono il rischio di contrarre alcuni tipi di cancro. Contengono anche indoli, che hanno effetti inibitori sullo sviluppo del cancro della mammella. I cavoli sono anche molto ricchi di acido ascorbico o vitamina C, che rafforza le difese immunitarie ed è contenuto soprattutto negli agrumi, nei vegetali a foglie verdi, peperoni, kiwi,

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Zucchine Provengono dall’America centro-meridionale, luoghi in cui si coltivavano e si mangiavano già migliaia di anni fa. Sono state portate in Europa con la scoperta dell’America, circa cinquecento anni fa. Si dice che la variante attuale conosciuta come zucchina sia stata sviluppata in Italia, nei dintorni di Milano, qualche secolo dopo la sua introduzione dal Nuovo Continente, intorno al 1800. Le zuc-

chine sono normalmente presentate come una verdura, nel senso che sono cotte e utilizzate per le preparazioni salate. Tuttavia, botanicamente, sono frutti perché costituiscono l’ovario del relativo fiore. Le zucchine presentano in diverse forme, da quella cilindrica a quella allungata, e in diversi colori, dal verde scuro al giallo, e possono raggiungere la lunghezza di un metro.

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Pomodoro Diversamente da quanto si crede non è una verdura ma un frutto. è originario della regione delle Ande nel Sud America dove la sua pianta è perenne mentre nei climi meno caldi è per lo più annuale. Già nel 500 a.C. i messicani utilizzavano i pomodori in cucina, mentre per molti anni gli europei pensarono che fosse velenoso a causa del suo contenuto di solanina, che è molto alto nelle parti verdi (foglie e fusti) ma non nel frutto, il che rende i pomo-

dori del tutto commestibili. Il loro elevato contenuto di antiossidanti ne rende anzi il consumo salutare per l’organismo.

Coltivazioni al Padiglione Francia

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Melanzana Sono originarie del subcontinente indiano, dove la melanzana è considerata la regina delle verdure. Diversi documenti in sanscrito citavano la melanzana già nel 300 a.C., e attestano la popolarità sia come cibo sia per usi medicinali. Nella medicina ayurvedica, le melanzane bianche sono raccomandate ai pazienti diabetici e le radici per alleviare l’asma. Una delle preparazioni più famose della cucina indiana è il Punjabi Baingan Bharta, piatto speziato a base di melanzane tritate, pomodori e cipolla. La melanzana fu introdotta in Europa dagli arabi. Si dice che gli italiani avessero reinterpretato il nome melanzana come “mela non sana”. Altre lingue risentono direttamente dell’influenza del nome arabo: dall’arabo al-badingian provengono infatti il catalano alberginia e il francese aubergine. Il nome inglese “eggplant” deriva dal fatto che alcune specie bianche o gialle assomigliano alle uova d’oca o di gallina.

La melanzana è originaria del subcontinente indiano dove è considerata la regina delle verdure.

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Cluster Bio-Mediterraneo difendendo la qualità del tempo trascorso a tavola secondo il rituale del convivio. La Dieta Mediterranea oltre ad offrire benefici per la salute garantisce la biodiversità e la sostenibilità delle produzioni agricole.

Il Mediterraneo unisce continenti, Europa, Asia e Africa, religioni, civiltà, popoli e culture. La tonalità di azzurro che contraddistingue il Cluster richiama i colori del mare e lo spirito della cucina Mediterranea. è la terra dove si coltiva grano, olivo, ortaggi, alberi da frutta, gli agrumi, i fiori; è anche la terra degli allevamenti animali che mettono a disposizione carne, latte e i formaggi conosciuti nel mondo. In particolare il cibo è uno degli elementi culturali che hanno aiutato a preservare l’unicità di questa zona. Si è evoluto nel tempo creando una varietà di tradizioni culinarie e combinazioni basate su grano, olivo e uva. Nel bacino mediterraneo il pasto non è semplicemente l’atto di nutrirsi ma rimanda a molti aspetti della vita sociale e culturale. La Dieta Mediterranea ha resistito alle sollecitazioni della vita moderna

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Cluster Isole, Mare e Cibo Mare e cibo danno voce ad oltre 600 milioni di persone che vivono sulle isole. A tutela di questi territori, minacciati dall’innalzamento

delle acque, l’ONU sta portando avanti molti progetti per salvaguardarne la ineguagliabile biodiversità e la loro fragile economia.

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Naturalmente è stato difficile separare in Expo2015 ciò che appartiene allo spettacolo evenemenziale, da ciò che è conforme ai contenuti specifici evocati dal tema prescelto. Secondo l’opinione di molti autorevoli commentatori il clamore mediatico e la grandiosità dei padiglioni avrebbero funzionato come attrattore privilegiato per deviare l’attenzione dei visitatori su temi molto più

effimeri, del tipo: possibilità di degustare cibi di tutto il mondo, visitare padiglioni costruiti da archistar, interessarsi ad informazioni turistiche su luoghi che si vorrebbe visitare... Insomma, ad un certo punto sembrava che la società dello spettacolo si fossa mangiata il tema etico. Per fortuna non è andata così. In sei mesi sono state organizzate una miriade di iniziative culturali. L’agricoltura del mon-

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Pane rappresentato da Dante Ferretti

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Padiglione della Cina

do ha avuto modo di rappresentarsi e di far conoscere le proprie differenze. È chiaro che la forma Expo è fondamentale per smuovere le coscienze, ma molto fragile in termini di trasmissione di conoscenze. Ora che l’evento è finito, si dovrebbe mettere a profitto le emozioni evocate dal clamore mediatico, trasformandole in un bisogno di saperne di più sul nostro cibo. Se riusciremo a farlo allora potremo sostenere che Expo2015 ha mantenuto tutte le sue promesse. La narrazione che ho proposto ai lettori di

Karpòs va in questa direzione, ovvero vuole ricordare a tutti, gli elementi di cultura materiale che permettono la vita che sono stati stupendamente illuminati dalla manifestazione milanese, ma dai quali dobbiamo ripartire per rispondere alle sfide che, grazie ad Expo2015, sono oggi un po’ più definite nei contorni: per nutrire il pianeta dobbiamo essere coscienti di vivere tutti nella stessa casa Terra, dobbiamo fare un po’ di manutenzione alle sue fondamenta, dobbiamo cercare di saperne di più.

Renzo Angelini Direttore Editoriale

Lamberto Cantoni Direttore Responsabile

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DOP e IGP: con la frutta e verdura, l’Europa firma i prodotti dei suoi territori

E se la qualità avesse un’origine? Questo programma europeo multipaese (Francia, Italia e Spagna) promuove le firme di qualità ufficiali europee DOP - IGP, attraverso l’esempio di 8 prodotti ortofrutticoli. Per la Francia troviamo il Kiwi de l’Adour, l’Asparago di Sables des Landes, la Fragola del Périgord e la Prugna d’Agen; per l’Italia la Pera dell’Emilia-Romagna, la Pesca e Nettarina di Romagna e il Radicchio di Treviso; per la Spagna il Kaki di Ribera del Xùquer. La campagna di comunicazione e promozione è proposta su 3 paesi dell’Unione Europea: Francia, Italia e Germania. La maggioranza dei prodotti partner della campagna comunicano sul mercato interno, ad eccezione della Prugna d’Agen che promuove le attività in Germania e in Italia, e del Kaki di Ribera del Xùquer che opera solo sul mercato francese.

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GP – Indicazione Geografica Protetta La garanzia di una qualità risultato di un forte legame tra il prodotto e l’origine geografica

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CAMPAGNA FINANZIATA CON IL CONTIBUTO DELL’UNIONE EUROPEA E DI ITALIA, FRANCIA E SPAGNA

l marchio DOP viene attribuito dall'Unione Europea ai prodotti originari di una regione e di un paese le cui qualità e caratteristiche siano essenzialmente, o esclusivamente, dovute allo specifico territorio di provenienza, ciò comprende sia fattori naturali come il clima e le caratteristiche ambientali, sia fattori umani quali tecniche di produzione tramandate nel tempo, artigianalità e savoir-faire. L’unione di questi elementi consente di ottenere un prodotto inimitabile al di fuori di una determinata zona produttiva. Tutta la produzione, la trasformazione e l'elaborazione del prodotto devono inoltre avvenire nell'area delimitata seguendo le regole del disciplinare di produzione.

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DOP e IGP sono due marchi europei ufficiali che certificano i prodotti alimentari e prevedono controlli accurati da parte di organismi competenti, indipendenti ed imparziali. I prodotti certificati DOP e IGP seguono uno specifico disciplinare di produzione creato al fine di esaltare i requisiti di sicurezza, qualità e gusto. I produttori devono inoltre essere obbligatoriamente iscritti ad un Albo specifico e rispettare le regole imposte dal disciplinare.

DOP – Denominazione di Origine Protetta La garanzia di una qualità strettamente legata al territorio

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DOP E IGP: LA GARANZIA DI UNA QUALITÀ LEGATA ALL’ORIGINE

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Le caratteristiche che accomuna questi prodotti sono l’Origine e la qualità, peculiarità importantissime per i consumatori fornite grazie ai marichi europei di tutale DOP e IGP.

Il marchio IGP designa un livello di tutela qualitativa che tiene maggiormente conto delle tecniche di produzione rispetto al legame territoriale. Viene quindi attribuito a prodotti originari di una regione e di un paese le cui qualità, reputazione e caratteristiche si possono ricondurre all'origine geografica, e di cui almeno una fase della produzione, trasformazione ed elaborazione avviene in un’area geografica determinata. Logo en quadrichromie


Prugna d’Agen : la star della frutta secca

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Prugna d’Agen LA LA STAR STAR DELLA DELLA FRUTTA FRUTTA SECCA SECCA

Correspondance quadri : rouge : C0% M100% Y82% B6% bleu : C100% M80% Y0% B0% jaune : C0% M10% Y90% B0%

Nel cuore del territorio

Si parte dalla prugna d’Ente per produrre la prugna d’Agen fin dal Medioevo. Il suo territorio: i versanti temperati delle vallate della Garonne, della Dordogne e del Lot. E’ in questi luoghi, in effetti, che i monaci dell’abazia di Clairac decisero nel diciassettesimo secolo di innestare dei pruni locali con una varietà portata da Damasco dai crociati. La prugna d’ Ente era nata. Molto velocemente, il prezioso frutto fu seccato per assicurare la sua conservazione ed il suo stoccaggio..

Bureau Interprofessionnel du Pruneau décembre 2014

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Grazie alla sua posizione vicino al fiume Garonne, Agen divenne la principale città fluviale per l’invio delle prugne secche a Bordeaux, il grande porto regionale, assicurandone un’ampia diffusione. Dal 2002, la famosa prugna d’Agen beneficia del marchio IGP.

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IGP: INDICAZIONE GEOGRAFICA PROTETTA Per l’IGP, il legame con il territorio. si verifica per almeno una delle fasi di produzione, trasformazione o elaborazione.

PER LA PRUGNA D’AGEN, L’IGP GARANTISCE:

IL GIUSTO CONNUBIO FRA PIACERE ED EQUILIBRIO

• Frutti di grosso calibro: numero di frutti per 500 gr inferiore o uguale a 77.

Con il suo sapore tipico, ricco e morbido, cosi’ come il suo rapporto equilibrato fra dolcezza ed acidità, la prugna d’Agen si apprezza al naturale o cucinata. Può essere gustata sia in versione salata, abbinata ad una fetta di bacon cotta nel forno, sia in versione dolce con il famoso “Far Breton”. Oltre al suo gusto inimitabile, la prugna d’Agen è un concentrato di benessere con le sue qualità nutrizio-

• Una parte esterna sottile e morbida. • Un tasso d’umidità del 35% al massimo.

nali incomparabili che vertono su tre pilastri: • glucidi di qualità, facilmente disponibili ed utilizzabili, ma con un’assimilazione progressiva e regolata; • abbondanti fibre (7 gr per 100 gr in media), armoniosamente suddivisi tra fibre solubili ed insolubili; • varie vitamine e minerali (magnesio, potassio, boro, vitamina E, betacarotene…) Fonte: Bureau national Interprofessionnel du Pruneau

CONSIGLI PRATICI: • ACQUISTO: intera o denocciolata, piu’

o meno grande (piu’ le cifre che indicano il calibro sono poche, piu’ i frutti sono singolarmente grandi).

originaria a temperatura ambiente; dopo l’apertura, qualche giorno in una scatola ermetica o nel contenitore delle verdure del frigorifero.

• CONSERVAZIONE:

• STAGIONE: tutto l’anno.

prima dell’apertura, nella confezione

N O S A

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F M A M



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