ARENA
WEB MAGAZINE ANNO IV N.36 MAGGIO 2018
LIFESTYLE
ENERGIA IMMATERIALE: QUESTI I LUOGHI CHE LA RICARICANO
NARCISO
Luigi Ontani con l’opera “Le Ore” alla mostra “Eco e Narciso”, Gallerie Nazionali di Arte Antica a Palazzo Barberini, Roma
IL MITO OGGI, TRA ARTE E POLITICA
ONTANI KATIA FERRI MELZI D’ERIL
H SP AR E R CIA W Y& L ED M ISS D EG UE IN H G A N
Rivista mensile web a distribuzione gratuita, supplemento di Commodity World weekly. Prodotta e diretta da Katia Ferri Melzi d’Eril www.katiaferri.com
Arena Lifestyle - supplemento del settimanale on line Commodity World Weekly - Anno I II n.. 36 5 /2018 registr. al Tribunale di Pavia n. 673 dell’11/5/2007
Arena Lifestyle 05/18- EDITORIALE MAGGIO
EDITORIALE di Katia Ferri Melzi d’Eril
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entre andiamo online, l’Italia sta finalmente girando pagina, sta cambiando pelle e soprattutto sta cambiando squadra. Arriva una squadra di governo di under 50: meno esperti e più narcisi dei loro predecessori, che già lo erano a dismisura. Dunque abbiamo pensato di dedicare questa copertina al mito di Narciso che, per una fortunata coincidenza, attualmente è in celebrazione non solo in chiave contemporanea nelle aule di Montecitorio, ma anche in forma artistica al magnifico Palazzo Barberini di Roma, che è diventato tutto pubblico e tutto da visitare, una meraviglia per gli occhi. Non ci perderemo lo spettacolo della politica prossimamente, che sarà oltremodo appassionante per tutte le generazioni e per tutti gli orientamenti politici. E speriamo che, oltre ad appassionarci, ci coinvolga anche in termini di ricaduta positiva, nel più breve tempo possibile. Attualmente l’iter di un provvedimento legislativo può richiedere ancora dai 6 ai 17 mesi. Un tempo infinito per le necessità che il nostro Paese accusa. La prima legge da fare senza dubbio quella per cambiare i tempi di legge. La seconda da fare è quella per cambiare i tempi di pagamento dalla pubblica amministrazione alle imprese. La terza è quella sulla legittima difesa. Non è possibile veder gente assalita in casa propria e costretta a risarcire feritori e assassini. E poi ce ne sono una marea in lista: leggi per stimolare la scuola, per sviluppare il turismo, leggi per proteggere i prodotti alimentari italiani, eccetera. A proposito di italian food, abbiamo mandato un inviato a Gourmandia, il salone delle eccellenze italiane. E abbiamo inchiodato sulla sedia il nostro esperto di royals Luigi Mastroianni, per commentare il matrimonio di Harry e Meghan: l’unico che si eleva sopra la massa di blogger ignoranti, che non ha storto il naso davanti alla barba rossa del neo Duke of Sussex, perchè sapeva da tempo che il suo reggimento normalmente la ammette, anche con l’alta unifome. E l’unico che ha saputo dare consigli utili (e non solo critiche) , nel caso si dovesse essere invitati a un matrimonio-show come questo. A proposito di italian style, si conferma stabilmente il trend della barba, dunque è boom ovunque di boutique dedicate alla bellezza maschile e di barberie assolutamente vintage, in stile veterosiciliano, inglese, napoletano e persino rockabilly americano anni ‘50. A proposito di Roman catholic style, non perdetevi le pagine Top Nightlife con gli outfits più surreali dell’anno indossati da cantanti, attrici, modelle americane al Met Gala. Non c’è più religione. Per una volta è stato migliore - ma molto migliore davvero - il red carpet alla chiusura del Festival di Cannes.
In alto, ritratto di Luigi Ontani, uno dei protagonisti della mostra “Eco e Narciso” appena aperta a Palazzo Barberini di Roma. Qui sopra, il leader leghista Matteo Salvini con Gianmarco Centinaio e Giancarlo Giorgetti al Quirinale. Al centro la grande terrazza di San Marino, che fa registrare un vero boom di presenze turistiche.
ARENA LIFESTYLE anno II° n. 36, maggio 2018 - Editore e Direttore responsabile: Katia Ferri Melzi d’Eril Supplemento gratuito mensile del settimanale web Commodity World Weelkly Registr. Tribunale di Pavia n.673 17/5/2007 Redazione: Villa Melzi d’Eril, via Colombarone 13, Belgioioso PV - Italia Contributors di questo numero: Simone Pini, Ufficio stampa Maxxi-Palazzo Barberini per le foto di Alberto Novelli Contatti: katiaferri@hotmail.com, Facebook: Katia Ferri Melzi d’Eril - Tutti i diritti riservati
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SOMMARIO MAGGIO - Arena Lifestyle
SOMMARIO 4/ EDITORIALE di Katia Ferri Melzi d’Eril
MAGGIO 2018
5/ SOMMARIO MAGGIO 2018
32-37 /GRAND TOUR EUROPE Istanbul, il ponte tra due civiltà
6-11/ OMNIBUS MOSTRE Gli eventi di maggio
38-39 /GRAND TOUR ITALIA San Marino Boom
12-17/ LIFESTYLE I luoghi dell’energia immateriale
40-41 / FOOD Tutti a Gourmandia
18-25/COVER STORY L’era di Eco e Narciso, in arte e politica
42-47 / SPECIALE ROYAL WEDDING SHOW Va in scena la fiaba di Harry e Meghan
26-27/ CINEMA Le uscite di maggio
48-49/ TOP NIGHTLIFE WINDSOR Gli outfit più ammirati al Royal Wedding
28-29/ TOP NIGHTLIFE I vip al Met e sulla Croisette
50-53/ BEAUTY Mi tengo la barba
30-31 /HI-TECH, MUSICA/LIBRI Lo schermo tv? Sempre più grande
54/ AGENT PROVOCATEUR Vado a scuola, ma a casa mia
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Arena Lifestyle 05/18- OMNIBUS MOSTRE
Maggio 2018 Pralormo
Firenze
FINO AL 1/5/ 2018
FINO al 6/1/19
CONVITI E BANCHETTI, L’ARTE DI IMBANDIRE Nella casa-museo Stibbert, oltre alla attività di un grande collezionista, si svolgevano anche quotidiane funzioni della vita della famiglia: si cucinava, si ricevevano gli amici, si pranzava assieme. Oggi con la mostra “Conviti e Banchetti” si vuole richiamare proprio questa grande tradizione di imbandire le mense. La mostra si propone di illustrare l’arte di decorare la tavola, dal Rinascimento fino all’Ottocento attraverso vivaci ricostruzioni delle apparecchiature del passato. Il banchetto è infatti un fenomeno sociale e culturale che nel corso dei secoli ha avuto un ruolo importante nell’evoluzione del gusto e degli stili. i migliori architetti e artisti erano chiamati per allestire celebrazioni di particolari momenti felici, come vittorie, matrimoni, o speciali ricorrenze. E ancora oggi sopravvivono le rappresentazioni pittoriche di alcuni dei più sontuosi banchetti della storia. Per stupire e dilettare gli ospiti, le famiglie principesche facevano a gara a esibire sempre nuovi tipi di vasellame e oggetti per la tavola, mentre celebri cuochi - passati alla storia per i loro libri di ricettari - confezionavano vivande dalle forme così mirabolanti che potevano rivaleggiare con le più pregevoli sculture. Una selezione di questo tipo di oggetti, parte meno nota della collezioni del Museo Stibbert, viene esposta in questa mostra, accanto a importanti pezzi provenienti da raccolte private.
MESSER TULIPANO Nel parco del castello di Pralormo è stata magnifica la fioritura di oltre 90.000 fiori per kermesse Messer Tulipano giunta alla 19° edizione. Come ogni anno, il piantamento è completamente rinnovato nelle varietà e nel progetto-colore ed ospita una collezione di tulipani neri e un percorso nel sottobosco dedicato ai tulipani pappagallo, ai viridiflora, ai tulipani fior di giglio ed ai frills dalle punte sfrangiate. La manifestazione coinvolge tutto il parco, progettato nel XIX secolo dall’architetto di corte Xavier Kurten, artefice dei più importanti giardini delle residenze sabaude. Nei prati sono state create aiuole dalle forme morbide e sinuose, progettate ponendo attenzione a non alterare l’impianto storico e prospettico. Mentre nel sottobosco occhieggiano ciuffi di muscari, di narcisi e di giacinti. Il tema collaterale della XIX edizione di Messer Tulipano è “IL PARCO SI TINGE DI ROSA” e protagonista è soprattutto la rosa. La rosa, fiore e colore, è stata infatti da sempre fonte di ispirazione nell’arte, nella letteratura, nel design. Il parco si colora di rosa: sentieri variopinti ombreggiati da curiosi ombrelli-bambù, creaNO un’atmosfera romantica che contrasta con la severità del Castello. Alcune rose sono state dedicate a sarti famosi: oltre a quella dedicata a Christian Dior, ci fu anche la rosa Paul Neyron, presente da più di 100 anni nel parco del Castello di Pralormo, che ad ogni fioritura ricorda il rosa intenso degli abiti da sera di questo famoso sarto francese. Castello di Pralormo www.castellodipralormo.com info@castellodipralormo.com
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OMNIBUS MOSTRE - Arena Lifestyle 05/18
PICASSO IN PUGLIA Arriverà in Puglia tutto il genio di Picasso, in una terra dai tratti somiglianti a quella d’origine dell’artista, la Spagna. Il calore e la bellezza del mare, sono solo alcuni degli aspetti che accomunano due terre straordinarie che hanno dato i natali ad artisti divenuti simbolo dell’arte internazionale come l’iberico Picasso. Il progetto espositivo che sarà visibile sino al 4 novembre si intitola “L’altra metà del cielo” ed interesserà tre luoghi storici: Palazzo Ducale a Martina Franca, Palazzo Tanzarella ad Ostuni ed il castello di Mesagne. Uno sguardo sul mondo femminile, con un focus particolare sulle donne che hanno amato il grandioso artista, questo il soggetto delle opere di Pablo Picasso che saranno ospitate nel Tacco d’Italia, in alcuni tra i comuni più belli ed apprezzati della regione.
Sansepolcro
Spoleto
FINO AL 6/1/19
DAL 14/5/2018
VISIONI DALL’ALTO NEL DUOMO DI SPOLETO Novità al Complesso Monumentale del Duomo di Spoleto, che comprende la Cattedrale, il Museo Diocesano e la Basilica di Sant’Eufemia, con le inedite “visioni” dall’alto – interne ed esterne – della sommità dell’abside del Duomo e del campanile. Il nuovo progetto dell’Arcidiocesi, con la collaborazione di Civita Opera, è definito “Arte dello Spirito – Spirito dell’Arte”: due concetti, un chiasmo, una lettura più ampia, ma allo stesso tempo unitaria, dei monumenti della città, in cui la Cattedrale torna a essere non solo fulcro spirituale, ma anche artistico, da cui si diparte ogni altro itinerario. Come ha rilevato l’Arcivescovo di Spoleto, Renato Boccardo, quella del Complesso Monumentale “è una lunga storia, una storia di fede, di arte e di cultura. Ma bisogna tendere non solo l’orecchio del corpo ma soprattutto quello del cuore”. In questa prospettiva, due “visioni” straordinarie faranno parte dell’innovazione del percorso di luce. Per la prima volta il visitatore potrà ammirare dall’alto il ciclo di Filippo Lippi nell’abside e salire sulla vetta del campanile, dalla terra al cielo come espone l’iconografia degli affreschi del pittore fiorentino: dall’Annunciazione alla Natività, dalla Morte della Vergine all’Assunzione fino alla rappresentazione dell’Empireo. In particolare, nella vista in prossimità dell’abside, si può meglio osservare l’affresco del catino con l’Incoronazione della Vergine: Dio Padre e Maria risultano così fi gure imponenti e il visitatore riconosce da qui il popolo del Paradiso distinguendo le figure dei Profeti e delle eroine del mondo
UMBRIA TRA MEDIOEVO E RINASCIMENTO In tandem con l’ultimazione dei restauri della Resurrezione di Piero della Francesca, presso il Museo Civico di Sansepolcro, apre al pubblico, il 25 marzo, la mostra Piero Della Francesca. La seduzione della prospettiva. L’esposizione, curata da Filippo Camerota e Francesco P. Di Teodoro, e promossa dal Comune di Sansepolcro, è un progetto del Museo Galileo di Firenze con la collaborazione della Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia ed è organizzata da Opera Laboratori Fiorentini. Il progetto espositivo, che si articola intorno al “De prospectiva pingendi” trattato composto da Piero della Francesca intorno al 1475, ha l’obiettivo di illustrare le ricerche matematiche applicate alla pittura di Piero della Francesca e la conseguente eredità lasciata ad artisti come Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer, Daniele Barbaro e ai teorici della prospettiva almeno fino alla metà del Cinquecento. La mostra mira, inoltre, a mostrare al pubblico le due anime di Piero della Francesca: raffinato pittore e grande matematico. Oltre ad essere Maestro d’abaco, geometra euclideo, studioso di Archimede, Piero è stato anche un innovatore nel campo della pittura poiché per lui, quest’ultima, nella matematica e nella geometria, trovava il suo sostanziale fondamento. I suoi scritti, infine, soprattutto il De prospectiva pingendi, hanno dato inizio alla grande esperienza della prospettiva rinascimentale. La Mostra è suddivisa in otto sezioni che approfondiscono gli studi affrontati da Piero nel corso della sua vita.
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Arena Lifestyle 05/18 - OMNIBUS MOSTRE
PARMA TRA CIBO E BELLEZZA E’ stata da poco nominata Città Creativa Unesco della Gastronomia: ecco che Parma presenta, con orgoglio, un nuovo modello di sistema territoriale per la conoscenza e la promozione delle eccellenze gastronomiche. Nasce così una cabina di regia che riunisce operatori pubblici e privati per celebrare il territorio e dare visibilità alle sue eccellenze. In questo mese, dopo l’appuntamento con Cibus, il più importante salone dedicato all’agroalimentare, e il progetto complementare Cibus Off, in un viaggio tra chef, esperti di cultura enogastronomica e piccoli artigiani del gusto. Si continua poi con City of Gastronomy Festival (2-3 giugno), che offrirà uno sguardo a tutto tondo sul mondo del food, soffermandosi sulle produzioni tradizionali e sul made in Italy, che a Parma e in Emilia hanno posto le basi della cultura del cibo. www.parmacityofgastronomy.it
Venezia
Napoli
FINO AL 6/1/2019
ALBERT OEHLEN A PALAZZO GRASSI Palazzo Grassi presenta “Cows by the water” la mostra personale di Albert Oehlen (1954, Krefeld, Germania) a cura di Caroline Bourgeois. La mostra traccia un percorso lungo la produzione di Albert Oelhen attraverso una selezione di oltre 80 opere, dalle più note a quelle meno conosciute, realizzate dagli anni ‘80 ad oggi e provenienti dalla Pinault Collection e da importanti collezioni private e musei internazionali. ‘Cows by the Water’ presenta un allestimento inedito, non cronologico bensì scandito da un ritmo sincopato tra i diversi generi e periodi, sottolineando così il ruolo centrale della musica nella produzione dell’artista, metafora del suo metodo di lavoro dove contaminazione e ritmo, improvvisazione e ripetizione, densità e armonia dei suoni diventano gesti pittorici. Albert Oehlen si afferma come uno dei protagonisti della pittura contemporanea grazie a una ricerca in continua evoluzione dedicata al superamento dei limiti formali e alle sperimentazioni, più che al soggetto dell’opera. ‘Cows by the Water’ a Palazzo Grassi è la più grande monografica in Italia dedicata ad Albert Oehlen, già protagonista di importanti esposizioni in tutto il mondo – tra le altre al Museo Nacional de Bellas Artes in L’Avana nel 2017, al Cleveland Museum of Art nel 2016, al New Museum di New York e alla Kunsthalle Zürich nel 2015, al Kunstmuseum di Bonn nel 2012 e al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris nel 2009.
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FINO AL 3/6/2018
“VAN GOGH” MULTIMEDIALE A Napoli nella monumentale Basilica di San Giovanni Maggiore, nel centro antico della città, si tiene in questo periodo una mostra multimediale innovativa su Van Gogh, prorogata fino al 3 Giugno 2018: l’esposizione, intitolata The immersive experience, unica nel suo genere, consentirà ai visitatori di utilizzare le nuove tecnologie, in particolare i sistema di proiezioni 3D mapping per ammirare i capolavori del celebre pittore fiammingo da una prospettiva inedita, sia in piedi o sdraiati a terra. L’evento è stato organizzato e prodotto a livello internazionale da Exhibition Hub e da Next Exhibition e interagisce con l’osservatore tramite proiettori ad alta definizione per immergersi completamente nei quadri. Il percorso durerà oltre un’ora e i biglietti costeranno 12 euro l’intero o 10 euro il ridotto (under 10 anni e over 65).
OMNIBUS MOSTRE Arena Lifestyle 05/18
ARTE GIAPPONESE A BOLOGNA Dal 24 marzo al 9 settembre 2018, Palazzo Albergati di Bologna ospita una grande mostra dedicata all’arte giapponese, un viaggio nel Mondo Fluttuante attraverso più di 200 opere che renderanno omaggio ai maestri dell’Ukiyo-e: Hiroshige, Utamaro, Hokusai, Kuniyoshi e molti altri. Con xilografie policrome dalle immagini fantasiose e dense di particolari il percorso si snoda tra il mondo femminile delle Geisha e delle Ōiran e il fascino dei leggendari guerrieri samurai. Ci sono il racconto della nascita dell’ukiyo-e e le famose stampe Shunga; le opere che ritraggono gli attori del teatro Nō e Kabuki accanto a quelle che rappresentano il mondo della natura, in tutte le sue manifestazioni – fiori, uccelli e paesaggi – fino all’arrivo della fotografia. La mostra, con il Patrocinio del Comune di Bologna e della Fondazione Italia Giappone, è prodotta e organizzata da Arthemisia e curata da Pietro Gobbi.
Forlì
Roma
FINO AL 17/6/2018
TRA MICHELANGELO E CARAVAGGIO Prosegue fino al 17 giugno 2018 una mostra che non è fuor di luogo defire “sontuosa”. Caratterizzata da un nuovo percorso espositivo che, per la prima volta utilizza come sede espositiva la Chiesa conventuale di San Giacomo Apostolo, a conclusione del suo integrale recupero. “L’Eterno e il tempo tra Michelangelo e Caravaggio” documenta quello che è stato uno dei momenti più alti e affascinanti della storia occidentale. Gli anni che idealmente intercorrono tra il Sacco di Roma (1527) e la morte di Caravaggio (1610); tra l’avvio della Riforma protestante (1517-1520) e il Concilio di Trento (1545-1563); tra il Giudizio universale di Michelangelo (1541) e il Sidereus Nuncius di Galileo (1610) rappresentano l’avvio della nostra modernità. Ad essere protagonisti al San Domenico saranno il dramma e il fascino di un secolo che vide convivere gli inquietanti spasimi di un superbo tramonto, quello del Rinascimento, e il procedere di un nuovo e luministico orizzonte, con grandi capolavori del Manierismo. L’istanza alla Chiesa di Roma di un maggiore rigore spirituale, se da un lato produceva una rinnovata difesa delle immagini sacre (soprattutto ad opera della ignaziana Compagnia di Gesù), dall’altro imponeva una diversa attenzione alla composizione e alla raffigurazione delle immagini, nonché a una ridefinizione dello spazio sacro e dei suoi ornamenti. Si sviluppano così scuole e orientamenti nuovi. Dal tentativo di dare vita a «un’arte senza tempo» di Valeriano e Pulzone, nell’ambiente romano, agli esiti del modellato cromatico di Tiziano, al naturalismo dei Carracci, con quel loro «affettuoso timbro lombardo», come lo chiama Longhi.
FINO AL 29/7/2018
HIROSHIGE, VISIONI DAL GIAPPONE Alle Scuderie del Quirinale proseguono le celebrazioni per il 150° anniversario dei rapporti bilaterali Italia-Giappone del 2016, con la rassegna monografica “Hiroshige, Visioni dal Giappone”, dedicata a uno dei più importanti artisti giapponesi di metà Ottocento. Una selezione di circa 230 opere, xilografie e dipinti su rotolo, divisi in sette percorsi tematici. Hiroshige è conosciuto come il maestro della pioggia e della neve, celebre per le illustrazioni di paesaggi e vedute del Giappone nelle quattro stagioni e nelle varie condizioni atmosferiche. La sua arte segna un cambio epocale all’interno del filone classico del paesaggio, con una tecnica che sfutta l’asimmetria della composizione, ponendo in primo piano le opere di grandi dimensioni. E’ sempre bene ricordare che Hiroshige ha influenzato i grandi maestri di fine ottocento, tra cui Van Gogh, Monet, Degas e Toulouse Lautrec.
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Arena Lifestyle 05 /18- OMNIBUS MOSTRE
ROMA, DOMUS AUREA fino ad agosto 2018 Sono partite le visite didattiche al cantiere di restauro della Domus Aurea di Nerone, proprio di fronte al Colosseo. Il cantiere della Domus Aurea è visitabile con degli innovativi interventi multimediali nella prospettiva di valorizzazione scientifica del cantiere di restauro. Come implementazione rispetto ai precedenti anni, è stato realizzato un progetto site specific di realtà immersiva e video racconto. Gli interventi sono volti ad ampliare la fruizione da parte del pubblico con l’utilizzo di installazioni multimediali che fanno uso delle più recenti tecnologie come il videomapping su grandi superfici e la realtà virtuale. Il sito è accessibile esclusivamente con visita didattica con prenotazione obbligatoria. Ogni sabato e domenica visita didattica con realtà virtuale al cantiere di restauro della Domus Aurea € 14,00 + diritto di prenotazione . Gratuito per bambini al di sotto dei 6 anni
Pisa
FINO AL 5/11/2018
PISA CITTA’ DELLA CERAMICA Dieci secoli di storia, tra artigianato, commerci internazio nali e trasformazioni culturali: si apre sabato 5 maggio la più grande mostra sulla ceramica mai realizzata in Italia, “Pisa città della ceramica. Mille anni di economia e d’arte, dalle importazioni mediterranee alle creazioni contemporanee”. Il progetto, realizzato dalla Società Storica Pisana, si sviluppa lungo sei mesi, fino al 5 novembre, in quattro sedi espositive principali (San Michele degli Scalzi, Palazzo Blu, Camera di Commercio di Pisa, Museo Nazionale di San Matteo), con oltre 500 pezzi in mostra, un cartellone di eventi dedicati a tutte le fasce di età, percorsi guidati in città e nel territorio pisano alla scoperta di inediti palazzi, chiese decorate da bacini ceramici, esempi di archeologia industriale e ceramisti ancora in attività, ma anche un sito web fruibile da smartphone, con mappe personalizzabili per costruire in autonomia il proprio itinerario di visita. La mostra invita a rileggere un intero territorio, che fu un’avanguardia nella tecnica destinata a cambiare le abitudini dell’Occidente, cominciando dalla tavola, per diventare un settore trainante per l’economia: la produzione della ceramica. “La città di Pisa è stata un’avanguardia in questo settore – dichiara Andrea Ferrante, assessore alla cultura del Comune di Pisa – nel futuro sarà importante connettere il sapere con il saper fare: questa mostra è un’occasione per valorizzare la tradizione del territorio”. L’esposizione al pubblico aprirà venerdì 1° giugno.
Milano
FINO AL 3/6/2018
FRIDA KAHLO, OLTRE IL MITO Il MUDEC Museo delle Culture di Milano presenta la mostra-evento sull’artista messicana più famosa e acclamata al mondo. “Frida Kahlo. Oltre il mito” è un progetto espositivo frutto di sei anni di studi e ricerche, che si propone ora di delineare una nuova chiave di lettura attorno alla figura dell’artista, evitando ricostruzioni forzate, interpretazioni sistematiche o letture biografiche troppo comode, e con la registrazione di inediti e sorprendenti materiali d’archivio. La mostra riunirà in un’unica sede espositiva per la prima volta in Italia e dopo quindici anni dall’ultima volta tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha GelmanCollection, le due più importanti e ampie collezioni di Frida Kahlo al mondo, e con la partecipazione di autorevoli musei internazionali che presteranno alcuni dei capolavori dell’artista messicana mai visti nel nostro Paese (tra i quali, il Phoenix Art Museum, il Madison Museum of Contemporary Art e la Buffalo Albright-Knox Art Gallery).
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OMNIBUS MOSTRE - Arena Lifestyle 05/18
VENEZIA
John Ruskin “torna” a Venezia in una grande mostra. Per la prima volta in Italia, un evento internazionale punta i riflettori su Ruskin e sul suo rapporto con la città lagunare. Cosa sarebbe il mito di Venezia senza John Ruskin, cantore della bellezza eterna della città, tanto più affascinante ed estrema perché colta nella sua decadenza? Personaggio centrale nel panorama artistico internazionale del XIX secolo, scrittore, pittore e critico d’arte, l’inglese John Ruskin (1819-1900) ebbe un legame fortissimo con la città lagunare, alla quale dedicò la sua opera letteraria più nota, “Le pietre di Venezia”: uno studio della sua architettura, sondata e descritta nei particolari più minuti, e un inno alla bellezza, all’unicità ma anche alla fragilità di questa città. Ruskin, ammirato da Tolstoj e da Proust, capace di influenzare fortemente l’estetica del tempo con la sua interpretazione dell’arte e dell’architettura, torna ora a Venezia nei luoghi della sua ispirazione; torna a Palazzo Ducale, edificio emblematico che egli esplorò a lungo da angolazioni diverse: taccuini, acquarelli, rilievi architettonici, calchi in gesso, albumine, platinotipi. Ad ospitarlo è la sequenza di sale e loggiati tante volte raffigurati, ove la scenografia di Pier Luigi Pizzi dà risalto alle presenze architettoniche e scultoree della Venezia gotica e bizantina, medievale e anticlassica che egli tanto amava e che desiderava preservare dall’oblio. “[Venezia] giace ancora davanti ai nostri sguardi come era nel periodo finale della decadenza: un fantasma sulle sabbie del mare, così debole, così silenziosa, così spoglia di tutto all’infuori della sua bellezza, che qualche volta quando ammiriamo il languido riflesso nella laguna, ci chiediamo quasi fosse un miraggio quale sia la città, quale l’ombra. Vorrei tentare di tracciare le linee di questa immagine prima che vada perduta per sempre, e di raccogliere, per quanto mi sia possibile, il monito che proviene da ognuna delle onde che battono inesorabili, simili ai rintocchi della campana a morto, contro le pietre di Venezia” John Ruskin, The Stones of Venice, vol. I, ch. I, § 1 Voluta da Gabriella Belli quale tributo alla conoscenza e al mito di Venezia, la mostra è curata da Anna Ottani Cavina: prima presentazione a tutto campo, in Italia, dell’opera di un artista che “ha valicato ogni confine in nome di una visione interdisciplinare, praticata quando il termine ancora non c’era”. Pervaso da spirito religioso maturato nell’Inghilterra vittoriana, animato da una visione etica, che lo spinse ad agire sul piano sociale e politico con l’obiettivo utopico di una società organica e felice per tutti (tanto che Gandhi ne sarà incantato), strenuo oppositore del meccanicismo e del materialismo che vedeva diffondersi, Ruskin nel corso della sua vita opera e s’interroga sulle questioni sociali, sull’arte, sul paesaggio e sulla Natura; scrive di mineralogia e di botanica, così come di economia, architettura e restauro, preoccupato che le tecniche allora in uso finissero con il cancellare gli edifici medievali.
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Arena Lifestyle 05/18 COVER STORY/ ENERGIA IMMATERIALE
MITO, NATURA, CITTA’: L’ENERGIA IMMATERIALE CHE FA NASCERE L’ARTE
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mbienti naturali e urbani, tensione mistica, spaziale, la matematica e le scienze, i miti. I maestri del Novecento hanno lavorato di fianco a fianco con gli sciamani e gli scienziati, raccogliendo e moltiplicando l’energia immateriale. Ecco quali sono i luoghi nel mondo musei, creati dalla natura o dalla mano degli artisti -dove si percepisce oggi un altissimo potenziale energetico.
La rappresentazione dell’energia creativa o della bellezza ha appassionato gli artisti del XX secolo, che hanno lavorato su questi temi da sempre. Dare un volto, una forma a un concetto immateriale che guida l’agire dell’uomo, è una sfida che non ha mai fine. Gli artisti che hanno saputo rappresentare al meglio l’energia vitale sono stati scelti per creare opere che, poste in uno spazio urbano, sono continuamente osservate, perchè parlano al nostro cervello. Con le loro proporzioni, forme, colori, segni, sanno offrirci mute e immediate risposte a questioni che ci parevano irrisolvibili. E’ incredibile: ogni volta che le passiamo e le guardiamo, sanno stupirci. Ma questo straordinario esercizio lo fa anche, incredibilmente, anche la natura. Esistono punti speciali del globo con caratteristiche uniche, che possiedono un altissimo potenziale energetico, dove le nostre funzioni vitali e psicologiche sono attivate ai massimi livelli. Sono in grado di farci sentire l’energia vitale che scorre nella nostra spina dorsale profonda, lavorano -come ci spiegano gli esperti di yoga - sui nostri chakra. La fine della primavera è il momento ideale per andare a caccia di energia creativa. Dovete solo scegliere quali luoghi volete raggiungere per primi, se quelli ad alto potenziale energetico creati spontaneamente e mirabilmente dalla natura, dove le sensazioni arrivano direttamente dentro di noi quando li raggiungiamo. Oppure quelli creati dall’uomo - in grandi metropoli o piccole città, all’aperto tra gli edifici o all’interno di un museo - dove è stata esposta un’ opera potente, che ci parla, riattiva il nostro spirito: a ciascuno di noi arriva un messaggio nella sua lingua, come nel giorno della Pentecoste. Può farlo un’ opera sia da sola oppure - come in questi giorni a Palazzo Barberini a Roma e alla Biennale Architettura di Venezia- in animato dialogo con un’ altra di un’altra epoca.
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ENERGIA IMMATERIALE/COVER STORY/Arena Lifestyle 05/18
LUOGHI DELL’ENERGIA CREATIVA NATI DALL’UOMO:56° BIENNALE ARCHITETTURA Venezia apre le porte della 16° Mostra Internazionale di architettura, intitolata Freespace, per riflettere sulla libertà di immaginare orizzonti accessibili e condivisi. Diretta da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, cofondatrici dello studio Grafton Architects di Dublino, che vinsero il Leone d’argento alla Biennale del 2012, ha suscitato 71 risposte, tra studi e liberi professionisti operanti in tutto il mondo, che hanno accettato la sfida di ragionare sul concetto di spazio democratico, non programmato e libero. La mostra prende il via il 26 maggio e si concluderà il 25 novembre, con il corredo di numerosi eventi collaterali disseminati in tutta la città. La sezione principale, denominata Freespace, sarà affiancata da altre due speciali: la prima denominata “Close Encontre, meetings with a remarkable projects”, che presenta una riflessione su progetti noti nel passato. E l’altra “The Practice of Teaching”, con un focus sui lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento. FREESPACE, che rappresenta la generosità e il senso di umanità che l’architettura colloca al centro della propria agenda, concentrando l’attenzione sulla qualità stessa dello spazio. La Biennale Architettura 2018 presenterà al pubblico esempi, proposte, elementi – costruiti o non costruiti – di opere che esemplificano le qualità essenziali dell’architettura: la modulazione, la ricchezza e la materialità delle superfici, l’orchestrazione e la disposizione in sequenza del movimento, rivelando così le potenzialità e la bellezza insite nell’architettura. La Mostra proporrà esempi, insegnamenti e motivi di discussione. La Mostra FREESPACE si articolerà tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includendo 71 partecipanti. Ai 71 partecipanti saranno affiancati quelli raccolti in due sezioni speciali: la prima, nel numero di 16 partecipanti, che come già detto si intitola “Close Encounter, meetings with remarkable project” presenterà lavori che nascono da una riflessione su progetti noti del passato; la seconda, nel numero di 13 partecipanti, dal titolo “The Practice of Teaching”, raccoglierà lavori sviluppati nell’ambito dell’insegnamento. La Mostra sarà affiancata da 65 Partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Sono 7 i Paesi presenti per la prima volta alla Biennale Architettura: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan, e Santa Sede (con un proprio padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore). Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee e Periferie Urbane, sarà curato Mario Cucinella con il titolo di Arcipelago Italia. Anche per questa edizione si prevedono selezionati eventi collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali. I PROGETTI SPECIALI Saranno due i Progetti Speciali della Biennale Architettura di quest’anno: - il Progetto Speciale Forte Marghera a Mestre, a cura delle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara, consiste in un’installazione degli architetti Sami Rintala e Dagur Eggertsson, realizzata anche per ospitare alcune manifestazioni in programma a Forte Marghera. - il Progetto Speciale al Padiglione delle Arti Applicate presso le Sale d’Armi dell’Arsenale, si interroga sul futuro del social housing presentando un frammento del complesso di case popolari, Robin Hood Gardens, che fu progettato da Alison e Peter Smithson nell’East London e completato nel 1972. Resa possibile grazie alla collaborazione della Biennale con il Victoria and Albert Museum di Londra che si rinnova per il terzo anno consecutivo, la mostra è a cura di Christopher Turner e Olivia Horsfall Turner. MEETINGS ON ARCHITECTURE La Biennale Architettura 2018 sarà accompagnata, per tutto il periodo di apertura, anche da uno stimolante programma di conversazioni: i Meetings on Architecture, a cura di Farrell e McNamara, costituiscono l’opportunità di discutere le diverse interpretazioni del Manifesto FREESPACE e di ascoltare dal vivo le voci dei protagonisti della Mostra. Il programma dei Meetings sarà integrato dai contributi dei Paesi partecipanti e da un calendario di incontri organizzati in collaborazione con istituzioni internazionali come la London School of Economics/Cities e Alfred Herrhaussen Gesselschaft e con il Victoria and Albert Museum di Londra. Infine, l’Archivio Storico della Biennale di Venezia presenterà una giornata di studi sull’architettura negli archivi.
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In senso orario: il gran Canyon in Arizona. Il sole del mattino sui resti di Machu Picchu. In basso a sinistra, pellegrini a Varanasi (Benares), India.
I LUOGHI DELL’ENERGIA CREATIVA NATURALE Ci sono luoghi sulla terra, in cui la potenza degli elementi si incontra, che per la pratica yoga corrispondono ai nostri sette chakra, importanti incroci di vitalità, che riaccendono la nostra energia, se raggiunti nei momenti di depressione. Quelli che sono andati in Nepal a cercare sè stessi, lo confermano: risalito un sentiero, con la mente sempre piena di pensieri, piano piano provano una sensazione di apertura. Arrivati alle pendici di una vetta, quello che sembrava irrisolvibile diventa piccolo e molto più chiaro. Giungono chiare, alla mente, risposte a domande che prima erano ingarbugliate, come se arrivassero dal luogo stesso. Nella pratica yoga il potenziale energetico dei luoghi è considerato molto importante. Ecco alcuni dei luoghi naturali più potenti al mondo.
te alle stratificazioni di oltre 2 bilioni di storia terrestre, si ritrovano le origini, risale la propria energia profonda. Chi pratica yoga si siede e visualizza delle radici che si allungano nella terra, mentre lungo la colonna vertebrale risale un canale luminoso. SECONDO CHAKRA: Varanasi (India) Il secondo chakra, che è collocato appena sotto l’ombelico, è abbinato all’elemento acqua. Presiede alla circolazione nel corpo e sta alla base della capacità di essere fluidi, elastici nella vita e di fluire, seguire il corso degli eventi. Un blocco del secondo chakra causa rigidità, inflessibilità, difficoltà a esprimersi creativamente o nella procreazione. Se si ci si sente sempre sfiniti e pare che venga richiesto troppo (sul lavoro, nella vita familiare) il posto giusto per ritrovarsi è l’India. Sulla riva del fiume Gange, migliaia di persone si siedono in silenzio a guardare il fiume a Varanasi, la città sacra, per sbloccarsi, affidando la propria vita alle onde, per imparare a vivere meglio il presente.
PRIMO CHAKRA: Grand Canyon, Arizona (Usa) Il primo chakra, abbinato all’ elemento terra, è un incrocio vitale percepibile lungo il corso del fiume Colorado, in Arizona. Con le sue incredibili ambientazioni è uno dei luoghi ideali per ritrovare equilibrio e stabilità. Il primo chakra, quello della radice, corrisponde all’elemento terra. Nel corpo presiede al movimento delle gambe, al nostro radicamento nella vita. Questo chakra ha bisogno di equilibrio, nessun altro passo è possibile se l’instabilità mina ogni costruzione. Se si ha l’abitudine di fare molti programmi e realizzarne pochi, è utile andare a ricaricarsi in Arizona, tra le monumentali pareti scavate dal fiume Colorado oltre 17 milioni di anni fa. Di fron-
TERZO CHAKRA: Machu Picchu (Peru) Il terzo chakra, detto anche chakra lombare, si trova nel plesso solare e rappresenta il fuoco, il fuoco del corpo. Si può collegarlo al cibo, ma anche alla capacità di processare gli eventi e intraprendere iniziative con determinazione, entusiasmo e coraggio. Se al momento ogni sogno pare irraggiungibile, se ci si sente sempre impotenti o prevaricati, se si
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Arena Lifestyle 05/18 COVER STORY/ ENERGIA IMMATERIALE IL CHAKRA DELL’ACQUA SU UN’ISOLA IRLANDESE Un altro luogo che emana molta energia positiva è l’isola di Skelling Michael, a largo della costa irlandese, regno degli uccelli marini. Dopo anni di ricerche nei luoghi sacri di tutta Europa, l’architetto austriaco Jorg Purner, classe 1944, si domandò perchè proprio quello scoglio roccioso, la punta più settentrionale d’Europa, era divenuto luogo di culto dei druidi. Nel VI secolo gli irlandesi vi costruirono un convento e una cappella, di cui si conservano solo alcune strutture. E’ un luogo impervio, per raggiungerlo si devono salire 600 scalini. Una grande lastra di pietra indica la zona dove era collocato l’altare. E fu proprio lì che Purner iniziò a misurare, con risultati semplicemente sorprendenti. <<Gli effetti delle radiazioni sotterranee sono note ai popoli antichi, che prima di costruire una città o una casa studiavano bene questo aspetto. Oggi abbiamo dimenticato questa pratica e soltanto pochi studiosi se ne occupano. A Karnak scoprì che le pietre erano poste esattamente sugli incroci della rete di Hartmann. In altri luoghi di culto scoprì che gli assi delle chiese erano collocati regolarmente su zone di reazione, come se i costruttori avessero voluto deliberatamente tener conto di reazioni positive. >> La conclusione non poteva essere che una: i menhir in Bretagna, le tombe megalitiche, antichi templi, chiese e cappelle come Chartres e altri costruiti prima del XVII secolo, sorgono dove sorgono perchè il terreno è dotato di particolari caratteristiche di positività, sono forniti di un’energia che carica le persone che assistono alle funzioni. In proposito l’architetto Purner non ha dubbi: <<Dovremmo imparare di nuovo a portare a livello di coscienza le realtà immateriali che ci circondano, ci appartengono, ma sulle quali non siamo più sintonizzati. Non esiste solo quello che si vede e si tocca. Nello spazio esistono anche campi energetici, tutto è in rapporto col tutto. Esistono campi di forza, luoghi di grande positività e armonia. Così come esistono anche i luoghi che fanno ammalare, che creano ansia e disarmonia. Gli antichi lo sapevano bene e la gente di campagna lo ha sempre intuitivamente compreso. Capita spesso nelle stalle costruite allo stesso modo ma con materiali diversi di vedere animali ammalati, seppure vengano nutriti e curati. La cosa viene confermata dagli allevatori, i quali talvolta lasciano appositamente vuote certe ‘poste’, appunto perchè gli animali lì continuano inspiegabilmente ad ammalarsi, ad abortire, a morire prematuramente. >> A giudizio di vari studiosi, ciò dipende dalle radiazioni sotterranee negative, punto di incrocio di torrenti, di vene e di corsi d’acqua, siti anche a grande profondità. Se ci si trattiene a lungo in questi luoghi, ci si ammala. Se poi vi si piantano degli alberi, questi si ammalano, oppure crescono stentatamente e non danno frutti, ad eccezione della quercia. Anche gli animali, lasciati in libertà - ad eccezione dell’ape e del gatto - evitano i luoghi energeticamente negativi e la stessa cosa dovrebbe fare l’uomo.
In alto: i resti del convento e della cappella sull’isola irlandese di Skelling Michael. Al centro, l’architetto Jorg Purner, che studia i campi di forza e di energia degli natichi edifici. Sotto, un’antica magione costruita tenendo conto della presenza o meno di corsi d’acqua sotterranei.
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A sinistra, luoghi per ricaricare l’energia: il vulcano Fuji, che domina il Giappone Qui a fianco, il tempio di Tana Loth a Bali, il posto giusto dove aprire il cuore, ritrovare l’ordine delle cose.
pensa di meritare una promozione ma non si ha il coraggio di reclamarla, la meta giusta da raggiungere è Machu Picchu in Perù, la sacra città degli Incas, dei devoti al sole. Dunque per raggiungerla bisogna fare un viaggio piuttosto faticoso fra le Ande, seguire il fiume Urubamba e le valli fluviali intorno al Cusco. Se si è allenati si può prenotare una guida trekking e arrivare all’alba, prima che si riempia di turisti. Per sedersi in direzione del sole, alzare le braccia respirando, per accendere il proprio fuoco interiore, visualizzare tutti i progetti che si potrebbero realizzare, dare la fiducia nelle proprie capacità. QUARTO CHAKRA: Tempio di Tanah Lot a Bali Il quarto chakra, che presiede al cuore, è l’organo vitale nel quale deve risiedere i distacco. Il centro che governa il respiro vitale e l’amore, non deve agganciare la sua energia a qualcosa di esterno. Se non si riesce ad aprire il cuore, se le passioni portano a conflitti, il posto giusto dove aprire il cuore e ritrovare l’ordine delle cose e lasciarsi indietro possesso, gelosia e vendetta, un amore o una amicizia finiti male, il viaggio giusto è a Bali, un luogo straordinario in mezzo al mare, dove si trova il tempio induista di Tanah Lot, dedicato a Varuna, il garante dell’ordine cosmico. La vicinanza al cielo, con il sostegno della terra e la fluidità delle onde, aiuta ad aprire il cuore e purificarlo dalle ferite e dagli accanimenti, a renderlo un canale aperto all’amore e meno vulnerabile alla smania di possesso o alla gelosia. QUINTO CHAKRA: la Piramide di Giza (Egitto) Il quinto chackra, posto al centro della gola, è il responsabile del metabolismo del corpo e della comunicazione. E’ anche il luogo da quale si irradiano la capacità di essere osservatori degli eventi e della calma. Se pare di non essere compresi, se scappano parole di troppo, se si rimugina troppo e si cede all’ansia, serve un viaggio alla grande Piramide di Cheope, risalente al 2500 a.C. La sua forma fatta per far convergere l’energia e spingerla verso l’alto, è perfetta per prendervi del
tempo in silenzio. Per trovare le risposte che non si trovano, per ritrovare l’energia che vale più di ogni parola. SESTO CHAKRA: Monte Fuji (Giappone) Con il sesto chakra si entra in un paesaggio quasi lunare, ultra-umano. Il suo centro risiede tra le sopracciglia, è la sede dell’occhio spirituale. L’energia, dopo la sua discesa verso la terra, procede nella direzione opposta, ci porta davanti allo specchio del nostro Sè, più alto e saggio. Questo viaggio è molto utile quando ci attribuiamo troppi meriti, quando ci dimentichiamo di essere canali ed espressioni dell’energia che attraversa il nostro corpo. Per programmare la nostra futura esistenza con maggiore saggezza, abbiamo bisogno di un paesaggio di purezza particolare, come quello offerto dalla vista di un vulcano attivo, come quello del nostro Stromboli o come il maestoso Fuji in Giappone, nell’isola di Honsu. La vista di un’entità attiva, pronta a eruttare, a emettere dall’alto la propria potenza, ci riporta alla giusta dimensione del nostro essere, il nostro piccolo Io. La montagna più sacra del Giappone ospita sulla sommità il tempio dedicato alla divinità femminile shintoista Sengen-Sama. SETTIMO CHAKRA: Monte Kilash, Tibet Il settimo chakra è conosciuto anche come ‘loto dai mille petali’. Sboccia quando si è fatto ordine e sono stati liberati gli altri sei centri. Una volta raggiunto questo luogo, non bisogna fa altro che respirare. In quell’istante scoccherà la scintilla dell’illuminazione. Chi si accinge a fare questo viaggio, ha molti nodi nell’anima da sbrogliare. Ha necessità di andare a respirare, lasciarsi attraversare dalla forza che risale la spina dorsale e si ricongiunge con la propria origine, dando compimento all’unione, la sintesi del corpo e dello spirito, l’essenza stessa dello yoga. Sul monte Kilash in Tibet, uno dei luoghi più sacri della terra, sarebbe è nato il dio Shiva, padre di tutti gli yogi e simbolo della trasformazione spirituale verso l’alto, verso l’energia universale.
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Arena Lifestyle 05/18- COVER STORY/Narciso, tra arte e politica
ECO E NARCISO, MITI D’ARTE E DI VITA
Qui sopra l’opera “Le Ore” nel salone da ballo di Palazzo Barberini, in dialogo con il Trionfo della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona. A fianco, il Maestro Ontani durante il vernissage per la stampa. Nella sua arte l’ elemento narcisistico appare decisivo, è un narcisismo di vita e non di morte. Luigi Ontani è stato insignito del Premio Presidente della Repubblica 2015 dall’Accademia di San Luca.
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uigi Ontani, uno degli artisti italiani più apprezzati al mondo, ha fatto della rappresentazione di sé il mezzo espressivo per eccellenza. E’ il Narciso contemporaneo.
La grande mostra “Eco e Narciso” aperta in questi giorni a Palazzo Barberini gli ha offerto la sala da ballo, con soffitto di Pietro da Cortona, per esporre circolarmente un’ opera che è l’apoteosi del narcisismo, il suo narcisismo positivo e non di morte. Di fianco a lui, altri grandi artisti contemporanei che si sono misurati ad altissimo livello sempre sulla stessa tematica: un nome su tutti, Yan Pei Ming, che ha esposto due dei suoi famosi ritratti giganti, di Mao Tse Tung in bianco e nero e di Papa Woityla in rosso e bianco, due pezzi che sono semplicemente emozionanti e spettacolari. Ma prima di raccontare l’intera mostra, ci soffermiamo sulla bellissima serie “Le ore” e sul Maestro Ontani, che si ammira in una serie di grandi pose fotografiche diurne e notturne realizzate nel 1975 . Al vernissage per la stampa, il Maestro Ontani spiega per-
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sonalmente, nel Salone Pietro da Cortona - dove il grandioso affresco del Trionfo della Divina Provvidenza celebra in tutta la sua magnificenza la famiglia Barberini - che si tratta di una coincidenza magnifica. E che “l’ispirazione delle pose per le 24 fotografie che compongono la serie è stata trovata nell’arco di quattro stagioni, un po’ al Nord sulle sue colline emiliane natie e un po’ a Roma e Ostia, con due fotografi diversi.” Sotto il grande Trionfo dei Barberini, “Le Ore”, il suo Trionfo di artista-Narciso, è un trionfo mitologico, colto. Con contorno di piccole cartoline di un quadro di Raffaello, Le Ore, appunto: eccole lì nelle foto, si intravedono nell’ombra, posate ai suoi piedi. Impossibile dar vita a una mostra intitolata “Eco e Narciso” senza invitare Luigi Ontani, per definizione il Narciso contemporaneo: pittore, scultore e decoratore (anche di di sè stesso) non ha mai assecondato nessun trend artistico dal suo esordio ad oggi, tirando dritto lungo il suo personalissimo percorso. Le sue pose anche
Narciso, tra arte e politica/COVER STORY/ Arena Lifestyle 05/18
estreme, i nudi anche integrali desunti da famosi dipinti della storia dell’arte, i suoi ambigui tableaux vivants, le sue fotografie acquerellate a mano, costituiscono la sua cifra stilistica più riconoscibile. Tra le sue opere di questo gruppo più conosciute ci sono il San Sebastiano nel bosco di Calenzano (1970), la Leda e il Cigno (1975) Columbus Circle N.Y. (1975). “Ho iniziato la mia avventura nell’arte come dilettante, mi sono investito non solo di vanità ma anche di narcisismo ma poi ho anche compiuto un viaggio di apprendimento nell’arte, partendo dall’archeologia” racconta il Maestro Ontani. “Poi sono passato allo studio del volto. Narciso, Eco... sono io stesso.” Giriamo attorno a Le Ore: “L’arte è simile talvolta a uno specchio d’acqua, talvolte a un’ ombra. Da sempre gli artisti precorrono il tempo, i romani guardavano i greci e io per mio diletto ho studiato sempre tante opere antiche e del Rinascimento, prima di esprimere la mia contemporaneità. “Le Ore” l’ho proiettata sul muro come se fosse un affresco, poi ho fatto delle stampe” .Tutti i simulacri, i simboli, a volte sono opere di fantasia, spiega: altre volte sono precise citazioni di miti, di grandi momenti della storia dell’arte. Ma nella sala da ballo non ci sono solo foto: lassù in alto sopra al camino scopriamo una curiosa figura. Neanche a dirlo è sempre lui. “E’ una ceramica policroma, un mio busto in vesti di Giano, l’ho realizzata con la bottega d’arte Gatti di Faenza, è stata una estemporanea voglia di esprimere questi stessi contenuti oltre le Ore.” Alla ceramica sono arrivato partendo dalla creazione di maschere, spiega a Arena Lifestyle. Un viaggio di identità negli anni Settanta che mi ha portato da molto tempo a Bali, tutte le maschere che ho raccolto in 17 anni contengono un elemento musicale. E poi ho cominciato a produrre le mie, sperimentando nuovi materiali oltre la cartapesta. Il vetro per esempio. Poi sono passato alla ceramica. Viva l’arte.” L’arte è stata un elemento liberatorio e fondante della vita di
L’immagine scelta per la locandina della mostra da Sperone Westwater a New York nel 1994.
L’ARTISTA PREMIATO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Luigi Ontani ha ricevuto il Premio Presidente della Repubblica 2015 dall’Accademia Nazionale di San Luca, che nell’ occasione ha presentato una personale dell’artista nelle sale espositive di Palazzo Carpegna. L’importante onorificenza venne istituita nel 1950 dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il quale destinò un Premio Nazionale, annuale e indivisibile, aperto a tutti gli artisti, pittori, scultori e architetti, affidandone all’Accademia di San Luca la segnalazione. Per celebrare l’assegnazione del Premio, l’Accademia Nazionale di San Luca ha invitato Luigi Ontani a ideare un’esposizione di sue opere significative della sua carriera artistica. Dai tableaux vivants dei primi anni Settanta alle ultime ErmEstEtiche, alcune delle quali inedite e altre create espressamente per la mostra intitolata “SanLuCastoMalinIconicoAttoniTonicoEstaEstE’tico.” Circa 60 opere sono state allestite negli spazi espositivi di Palazzo Carpegna: le prime opere dell’artista sono state collocate nelle sale al pianterreno, proseguendo lungo la rampa elicoidale di Borromini sono state collocate piccole opere nelle nicchie vuote. Al terzo piano in alcune delle sale della Galleria dell’Accademia, le sue opere sono state poste in dialogo con alcuni pezzi delle collezioni storiche. Celebri i tableaux vivants dell’artista, iconografie viventi che Ontani assume su di sé come simulacri, prendendo le sembianze di figure storiche, mitologiche, letterarie e popolari tra cui Leonardo, Raffaello, San Luca; in mostra anche le fotografie ritoccate a mano, memorie dei soggiorni e viaggi orientali (dal 1972 in poi), in cui la sua poetica risente dei colori e delle tradizioni orientali.
L’ONTANI-NARCISO CHE STUPISCE DA 50 ANNI L’Ontani-Narciso in questi 50 anni di lavoro non si è limitato alle foto e alle maschere. Ci sono stati i disegni a matita e inchiostro, gli acquerelli, i mobili e i letti, le grandi statue lignee. Gli piaciuto di recente inventare un ciclo di bellimbustini, dei busti sempre di sè stesso, alle prese col suo viaggio dell’identità: lo vediamo trasformato in Nerone, Dante, San Sebastiano, Leo nardo da Vinci. E poi si è ancora replicato in una collezione di erme, dette appunto Ermestetiche. “Per me è significativo vivere l’arte dando uno sguardo, ricordando, percependo, stimolando tutto ciò che l’uomo ha espresso dall’archeologia ad oggi, avendo il privilegio di ibridare, condensare, estendere tutto ciò che ancora abbiamo, dall’archeologia all’antico, al moderno e quindi anche al contemporaneo. Cerco di creare opere esprimendo con leggerezza, ironia. In India - lo sapevate? - non esiste l’artista. Esistono solo le opere.” Invece qui da noi dilagano il pressappochismo, una pseudoeducazione, la barbarie. “Per noi che viviamo a Roma, è come se vivessimo in un museo permanente. Eppure viene sbeffeggiato e sfregiato ogni momento. Il destino mi ha fatto un regalo: mi ha portato a vivere nella casa studio del Canova, un luogo abbandonato e in oblio che mi aspettava.
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Qui sopra straordinari, giganteschi, ritratti di Giovanni Paolo II e Mao Tse Tung firmati Yan Pei Ming in dialogo con Urbano VIII Luigi Ontani. “Sì, vitale per me, Ho scelto di percorrere un sentiero che purtroppo non porta direttamente all’altrove, ma perlomeno mi permette di esprimermi adeguatamente. Un percorso difficile da percorrere, si incontrano anche enigmi non spiegabili e ambiguità ideali”. Il Maestro Luigi Ontani è nato a Montovolo di Grizzana Morandi (Bologna) il 24 novembre 1943. «Non ho studiato niente. La mia arte è basata sul dilettantismo, la sorpresa, l’imprevisto» dice di sè. «Non ho frequentato nessuna Accademia di Belle Arti, solo un corso di nudo>>. Il suo incontro con l’arte avviene a Torino, durante il servizio militare nel 1963 e vede le mostre della galleria di Luciano Pistoi. Nel 1965 realizza gli Oggetti Pleonastici, calchi in scagliola di barattoli di borotalco, scatole di uova e cioccolatini. Li espone e li indossa nel 1967. Entra a 14 anni alla Maccaferri, un’ industria locale che fabbrica fil di ferro e che ha inventato le gabbie anti-frana. Ci resta tredici anni come impiegato. “La Maccaferri organizzò una mostra, una forma di sponsorizzazione. Nella giuria c’erano Francesco Arcangeli, Ruggeri, un giornalista del Resto del Carlino ed Emiliani. Videro loro le prime cose che avevo realizzato. Nel 1970 mi sono licenziato e l’amministratore della Maccaferri mi diede più della liquidazione”. A 27 anni arriva a Roma. La prima casa l’affitta con Sandro Chia. Renato Barilli, il critico che l’ha sempre seguito, sin dagli esordi bolognesi, lo presenta in una mostra alla Galleria San Fedele di Milano. “Negli anni ‘60 e ‘70 l’aspetto letterario dell’arte sembrava squalificato, a me invece interessava molto”.
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L’eccentricità fa notare Ontani, che si presenta coi suoi tableaux vivants, le fotografie realizzate negli anni bolognesi, che lo ritraggono nei panni di un fauno o del Bacchino. Si fa fotografare nei boschi del suo paese, nudo o ricoperto da grappoli d’uva, pampini o foglie della pianta da cui prende nome la sua famiglia, l’ontano. L’ elemento narcisistico appare decisivo, un narcisismo di vita e non di morte. “A differenza di altri artisti che praticano la body art, nei suoi ritratti c’è qualcosa di delicato, leggero, giocoso” scrive Marco Belpoliti. Nel 1996 l’assessore di Milano Italo Rota gli affida la creazione di una mascotte per la città. La statua presentata, ribattezzata “Bagonghi” dalla stampa, era in biscuit: con la faccia di Leonardo, un panettone per cappello, la Merda d’artista di Piero Manzoni come ponpon, il palco della Scala sul corpetto, gli scudetti di Milan e Inter sulle spalle, un piede di porco per ricordare la Scrofa Lanuta, simbolo di Mediolanum. In mano un uovo d’oro che richiamava il Piero Della Francesca di Brera e una copia dei Promessi Sposi. Il sindaco Formentini commentò: «È uno sgorbio, non può aspirare a rappresentare la nostra città». L’opera fu acquistata da un collezionista milanese che oggi la presta a musei sparsi nel mondo. «Il mio impegno è trovare un’alterità dell’arte. Ho voglia di fantasia e non di farmi condizionare dalla quotidianità» dice Ontani in una intervista ad Alain Elkann nel 2013. Veste da sempre abiti dai colori sgargianti: rosa, fucsia, verde pallido, blu-viola, grigio-ghiaccio. «Mi piacciono i colori. Mi vesto in India e in Thailandia. Io stesso vorrei essere una tavolozza di colori>>.
Narciso, tra arte e politica/COVER STORY/ Arena Lifestyle 05/18
Sono undici le sale aperte al pubblico per la prima volta e restituite alla città. Eco e Narciso è una na grande mostra che unisce arte antica e arte contemporanea, con 37 opere di 25 artisti dalle collezioni delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini e del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, in dialogo sul tema del ritratto e dell’autoritratto, da Caravaggio a GiulioPaolini, da Raffaello a RichardSerra, da Bernini a YanPeiMing
Passando alla mostra, sono undici le sale aperte al pubblico per la prima volta e restituite alla città. Eco e Narciso unisce arte antica e arte contemporanea, con 37 opere di 25 artisti dalle collezioni delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini e del MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, in dialogo sul tema del ritratto e dell’autoritratto, da Caravaggio a GiulioPaolini, da Raffaello a Richard Serra, da Bernini a YanPeiMing e molti altri. Il 18 maggio 2018 si conclude una storia cominciata nel 1949, quando lo Stato italiano acquistò Palazzo Barberini per farne la sede della Galleria Nazionale di Arte Antica. Il palazzo era a quel tempo in parte occupato dal Circolo Ufficiali delle Forze Armate e oggi, dopo circa settant’anni, giunge al termine la tortuosa vicenda che ha condizionato lo sviluppo del museo fondato nel 1895 come pinacoteca nazionale. Le nuove restaurate nel biennio 2015-2017, che si estendono su oltre 750 metri quadri di percorso espositivo, sono affacciate sui giardini del palazzo. Quest’ala del palazzo costituiva l’Appartamento nuovo, destinato ai cardinali della famiglia e dunque noto anche come “Appartamento d’inverno di Sua Eminenza”, o del Ponte, perché si apriva, appunto, sul cosiddetto Ponte ruinante ideato da Bernini. Accanto alle sale di rappresentanza, come la monumentale Sala del Trono o le due Sale dell’Udienza del Cardinale, ve ne sono altre inaspettatamente intime, come la Cappellina, risalente al primo trentennio del Seicento. I nomi delle altre sale sono per lo più convenzionali, ma rievocano l’utilizzo a cui erano
destinate o rimandano alla decorazione delle pareti: Sala delle Cineserie (o stanza Giapponese), Sala dei Marmi (o Camerone delle Commedie, dove venivano esposte opere d’arte, quadri e statue antiche), Camera da letto d’inverno. Verranno reintegrate negli spazi fruibili al pubblico anche la Sala Ovale, voluta da Bernini a forma di ellisse, e la Sala dei Paesaggi, decorata a metà dell’Ottocento da Filippo Cretoni, fino a ora chiuse al pubblico. Infine è stata resa praticabile la scala elicoidale di Francesco Borromini, a conclusione del nuovo percorso di visita che inizia dallo Scalone di Gian Lorenzo Bernini. “Eco e Narciso. Ritratto e autoritratto nelle collezioni del MAXXI e delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini” è curata da Flaminia Gennari Santori, Direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, e Bartolomeo Pietromarchi, Direttore del MAXXI Arte. Il titolo fa riferimento al mito raccontato nelle Metamorfosi di Ovidio: la ninfa Eco si consuma d’amore per Narciso che la respinge e che poi morirà annegato, punito dagli Dei, nel tentativo di catturare la propria immagine di cui si era perdutamente innamorato. La mostra evoca la figura dell’artista, allo stesso tempo Narciso ed Eco, condannato a inseguire un’immagine, un riflesso, un’illusione, metafora che ben si evince nella tematica del ritratto e autoritratto, declinata nelle sue innumerevoli sfumature: dal potere all’erotismo, dall’intimo all’esotico, dalla temporalità alla spiritualità, dal concettuale al grottesco. A Palazzo Barberini sono dunque giunti i 21 capolavori di Marco Benefial, Gianlorenzo Bernini,
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Arena Lifestyle 05/18- COVER STORY/Narciso, tra arte e politica
Bronzino, Caravaggio, RosalbaCarriera, Pietro da Cortona, Piero di Cosimo, Luca Giordano, Hans Holbein, Benedetto Luti, Raffaello, Guido Reni e PierreSubleyras appartenenti alla collezione delle Gallerie Nazionali, dialogano con 17 opere contemporanee di Stefano Arienti, Monica Bonvicini, Maria Lai, Shirin Neshat, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Yan Pei-Ming, Markus Schinwald, Richard Serra, Yinka Shonibare MBE, Kiki Smith, provenienti dal MAXXI o da prestiti, con 3 opere realizzate per l’occasione (Bonvicini, Paolini, Shonibare) di cui due, “Bent and Fused” di Bonvicini e “The Invisible Man di Shonibare”, entreranno a far parte della collezione del MAXXI. Il confronto prosegue anche al MAXXI, dove vengono esposti La Velata, scultura settecentesca di Antonio Corradini, insieme a VB74 di VanessaBeecroft, immagine della performance realizzata al MAXXI nel 2014, per la prima volta visibile al pubblico. Il percorso della mostra a Palazzo Barberini muove dal Salone Pietro daCortona, dove il grandioso affresco del Trionfo della DivinaProvvidenza, che celebra in tutta la sua magnificenza la famiglia Barberini, incontra le 24 fotografie de “ LeOre” di Luigi Ontani, artista che, nel corso della sua carriera, ha
fatto della rappresentazione di sé il mezzo espressivo per eccellenza. Si procede nel Salone Ovale, dove campeggia il Narciso di Caravaggio (o, secondo alcuni studiosi, di Spadarino – quesito attributivo che rende ancora più interessante questo dipinto) raffigurante il bellissimo giovane perso nella sua immagine specchiata, opera guida della mostra. Alla solida oscurità che invade la tela, si oppone “Eco nel vuoto”, l’opera site specific di Giulio Paolini che, del mito, sottolinea l’aspetto dell’assenza e della solitudine. L’attigua Sala dei Paesaggi, pastiche ottocentesco che rappresenta vedute dei possedimenti Barberini, è occupata da “Bisbigli, Il viaggiatore astrale e Terra”, opere di MariaLai scelte per la loro dimensione autobiografica, ma anche direttamente correlate all’idea di paesaggio quale elemento capace di costruire un’identità. La Sala delle Cineserie, o Stanza Giapponese, con decorazioni à la Japonaise di metà Ottocento, ospita i dipinti di Markus Schinwald, “untitled(extensions)#Xe Luis” a confronto con il Ritrattodi filosofo (oCratete) di Luca Giordano. Il tema affrontato è quello della deformazione e della distorsione in relazione al contrasto tra etica ed estetica. Nel cosiddetto Appartamento d’estate, in origine composto dalla stanza A Palazzo Barberini 21 capolavori di Marco Benefial, Gianlorenzo Bernini, Bronzino, Caravaggio, Rosalba Carriera, Pietro da Cortona, Piero diCosimo, Luca Giordano, HansHolbein, Benedetto Luti, Raffaello, Guido Reni e PierreSubleyras appartenenti alla collezione delle Gallerie Nazionali. Dialogano con 17 opere contemporanee di Stefano Arienti, Monica Bonvicini, Maria Lai, Shirin Neshat, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Yan Pei-Ming, Markus Schinwald, Richard Serra, Yinka Shonibare MBE, KikiSmith.
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Narciso, tra arte e politica/COVER STORY/ Arena Lifestyle 05/18
A sinistra l’opera di Giulio Paolini dedicata a Eco. Al centro il Bronzino. Qui a fianco l’opera di Kiki Smith Large Dessert, in dialogo con 5 pastelli di Rosalba Carriera. da letto estiva e dalla sala delle udienze del Cardinale, si contrappongono ai ritratti astratti di Michel Butore Hermann Melville, due degli scrittori preferiti dell’artista Richard Serra, il ritratto di Enrico VIII, di Hans Holbein, e Stefano IV Colonna di Agnolo Bronzino. Mentre i ritratti celebrativi di metà Cinquecento sottolineano attraverso dettagliati e chiari attributi l’identità del soggetto, nei ritratti di Serra prevale l’astrazione e la matericità e i personaggi appaiono come grandi cerchi neri che emergono dalla superficie. La grande Sala del Trono, decorata con le monumentali tele di Giovanni Francesco Romanelli e di Cecco Napoletano, è destinata all’opera di Shirin Neshat, artista che ha posto al centro della sua ricerca l’emancipazione femminile, soprattutto in relazione alla cultura musulmana. In mostra il video “Illusions &Mirrors” dove una donna insegue i suoi fantasmi tra uomini che fuggono e familiari che appaiono; nella Cappella della sala, il famoso ritratto di Beatrice Cenci attribuito a Guido Reni, emblema storico della ribellione femminile. Nelle sale successive, individuate convenzionalmente con l’Appartamento d’inverno del Cardinale, si trova un ambiente conviviale antesignano del salotto, dove sono state collocate l’opera di Kiki Smith, anche lei molto impegnata sulle questioni femministe, “Large Dessert” 5 pastelli di Rosalba Carriera e 5 di Benedetto Luti, tutti a rappresentare la donna, sublimata come figura elegante e delicata. Mentre la Smith lo fa con una visione critica e problematica, i piccoli ritratti settecenteschi hanno un sapore allo stesso tempo etereo e sofisticato, ma incisivo e puntuale nell’introspezione psicologica. A seguire il bellissimo Nudo femminile di schiena di Pierre Subleyras– uno dei primi dipinti di una donna nuda ritratta dal vivo che non sia rappresentata come una dea o un’allegoria, ma semplicemente come se stessa –è accostato a “SBQR,netnude,gayscape,orsiitaliani,etc...” opera, che non trova un gran consenso nella critica presente al vernissage: sono i ritratti che Stefano Arienti ha dedicato a coppie gay reperite su internet, per lo più di una certa età, colti in posizioni molto intime. Entrambi i lavori giocano sul tema del narcisismo-voyeurismo, in
cui lo spettatore viene messo dall’artista nella condizione di osservare di nascosto un’immagine solo apparentemente rubata. Molto particolare è l’incontro/scontro fra due culture nella contrapposizione del settecentesco ritratto di gruppo della Famiglia del Missionario di Marco Benefiale e The Invisible Man, l’opera realizzata per l’occasione da Yinka Shonibare, anche questa non riscuote consensi unanimi. A distanza di secoli, entrambi rappresentano il diverso, l’esotico in modi diametralmente opposti: mentre l’artista italiano punta sul messaggio missionario con alcune declinazioni esotiche nelle decorazioni, l’artista anglo-nigeriano riflette sul tema del post-colonialismo nel mondo globalizzato. Nella camera da letto d’inverno e in quella successiva, saranno in mostra una alle spalle dell’altra La Maddalena di Piero di Cosimo e La Fornarina di Raffaello, ritratti uno di una santa e l’altro di un’amante, densi di molteplici significati, celati dietro una serie di attributi. Le opere di questa sala, come Bentand Fused di Monica Bonvicini, esprimono la presa di potere, sia intellettuale che sociale, della donna, ovvero la piena consapevolezza di sé e la propria autodeterminazione. La mostra si chiude nella Sala dei Marmi, nota nel Seicento come Camerone delle Commedie o del Camino.Era il primo ambiente dell’appartamento del Cardinale al quale si accedeva direttamente sia dall’atrio sulla scala di Borromini che dal Salone di Pietro da Cortona. Qui il busto di Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini, opera di Gian Lorenzo Bernini, è fiancheggiato dai monumentali ritratti di Giovanni Paolo II e Mao di Yan Pei-Ming. Entrambi gli artisti a distanza di secoli interpretano il tema del ritratto ufficiale, della persona potente, il primo rendendolo vivo attraverso la capacità straordinaria di suggerire il movimento e la vibrazione nella pietra, e il secondo con il gigantismo, utilizzando tele di 3 metri per 3. Molte saranno le iniziative che accompagneranno la mostra, dalle conferenze, alle visite guidate, ai laboratori. La mostra è accompagnata da un catalogo, in uscita a giugno, edito da Electa, con una conversazione tra i curatori Flaminia Gennari Santori e Bartolomeo Pietromarchi, schede illustrate delle opere di Michele Di Monte ed Eleonora Farina e con fotografie di allestimento di Agostino Osioi.
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NARCISO: SE IL MITO SCENDE IN POLITICA
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La coppia Di Maio - Salvini al tavolo dei colloqui di Milano, fuori dalle stanze di Montecitorio, circondati dalle squadre dei loro fedelissimi
ggi vince la politica dei narcisi. Siamo invasi da vecchi e nuovi personaggi pieni di sè, graditi però agli elettori... Tutti a parlare dell’ego smisurato dei nuovi arrivati dell’alleanza giallo verde, Luigi Di Maio, Matteo Salvini. Quasi dimenticano quello dei loro predecessori, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Indubbiamente abilissimi a parlare, i leader dei CinqueStelle e della Lega, per due mesi ci hanno offerto uno spettacolo inedito: un confronto estenuante, muscolare, tra forze politiche ma anche tra individui, generazioni e anche un po’ tra maschi. Tutti protesi verso un solo obiettivo, il potere e la premiership. Le vecchie forme della politica sono venute meno in questi settantacinque giorni, siamo al capitolo finale di un lungo percorso di narcisismo che è cominciato con i videomessaggi di Silvio Berlusconi nel 1994 e proseguito con i tweet di Matteo Renzi dallo studio della Vetrata al Quirinale per annunciare al mondo dei follower la lista dei ministri del suo governo («Arrivo, arrivo!») nel 2014. A proposito degli ultimi leader, finalmente seduti uno di fronte all’altro, si nota che più passa il tempo, più sono inclini ai discorsi lunghissimi, ai comizi senza piazza, alle interviste senza domanda. Si ha quasi il sospetto che, in fondo in fondo, a costoro piaccia terribilmente il suono della loro voce, così come a Narciso piaceva terribilmente il riflesso della sua immagine. In entrambi i casi siamo di fronte a un vizio che, a lungo andare rende inevitabilmente
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ciechi, incoscienti e inconsapevoli. Ma anche facilmente strumentalizzabili dai grandi poteri internazionali che però, ai nuovi arrivati - Di Maio e Salvini - devono ancora prendere le misure. E ciò li preoccupa molto. Per saperne di più, anche se le notizie sono di seconda o terza mano, la cancelliera Merkel è venuta di recente Assisi, ad incontrare la vecchia guardia della politica italiana: ma è difficile che la passeggiata con Prodi e gli altri dinosauri sia servita a qualcosa. Non basta lo studio della storia, infatti, a capire quel che sta succedendo in queste settimane. E forse neppure la conoscenza della fisica o delle maree e delle correnti per disegnare la rotta. I protagonisti della tortuosa vicenda che ha portato alla nascita di questa legislatura, sono sensibili alle fluttuazioni nella loro base votante come i mercati finanziari. E appaiono spesso stanchi, come i velisti che hanno cavalcato la tempesta. Luigi Di Maio dice di sè: “Stiamo scrivendo la storia” per rafforzare il senso di novità provocato dall’arrivo sulla scena di lui e i suoi, inclusi gli alleati, i nuovi politici. La fiducia i suoi gliela danno, si capisce: gli riconoscono che con la sua caparbietà ha saputo arrivare dove è arrivato. Ma la sua fatica di scrivere anche solo la cronaca, la raccontano il volto tirato che offre ai reporter e le mani nervose che spuntano dall’abito perfettamente stirato, nelle stesse ore in cui un altro inguaribile Narciso, l’economista Giulio Sapelli, racconta ingenuamente ai media di esser stato contattato
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per guidare il Paese e finisce nella fossa dei ‘leader per un’ora sola’, insieme a Carelli. In effetti il professor Giulio Sapelli, 71 anni, docente di Storia economica all’Università di Milano, viene chiamato telefonicamente il 10 maggio con l’obiettivo di sondare l’eventualità della sua candidatura a premier. Racconta lui stesso: «Giancarlo Giorgetti mi ha chiesto se volevo incontrare Matteo Salvini per parlare della possibilità che io facessi il primo ministro». In buoni rapporti anche con M5S, per una giornata rimane il premier favorito. Ma poi arrivano le smentite. Sapelli rilascia interviste, spiega di condividere il programma, che vorrebbe Domenico Siniscalco all’Economia, ma che è rimasto deluso perché poi nessuno l’ha più contattato. Narciso economista...Tra i favoriti Giuseppe Conte, 54 anni, avvocato, docente di Diritto privato a Firenze: era stato scelto per il ministero della Pubblica amministrazione, de-burocratizzazione e meritocrazia quando Luigi Di Maio voleva presentare la squadra M5S al Quirinale. A elezioni in effetti vinte, a metà maggio il leader dei Cinque Stelle indica a Mattarella proprio lui come possibile premier. Tra i nomi M5S circolati dopo come ipotetici vi sono quelli di Riccardo Fraccaro, Alfonso Bonafede, Vincenzo Spadafora, e altri professori come Andrea Roventini. Vedremo come va a finire. L’unto giallo-verde è ancora un mistero, ma la partita del governo grilloleghista no. Sappiamo che non si costruisce più nei corridoi e negli studi della Camera, ma in altri luoghi: alberghi, ristoranti, studi commerciali. La Ninfa Eco nel mito moderno è Beppe Grillo, di lui si sente soprattutto la voce, il volto è sempre meno presente. Anche questo è un segnale allarmante, mostra chiaramente il fastidio per i vecchi riti e qualcosa cambierà (i vitalizi) anche per i vecchi sacerdoti del rito (deputati e senatori). Tutta questa rivoluzione non si può definire semplicemente, come i media stranieri, arrivismo o
populismo. Sono termini vecchi. E qui abbiamo riti e profili nuovi. Un vecchio idealista populista è pericoloso perché totalmente incontrollabile. Un arrivista classico è ben accetto perché facilmente manipolabile. Ma questi sono fuori serie, sono narcisi. Le grandi lobby della politica internazionali sono cadute in confusione e cercano nuove armi. Perchè non sono certe che le armi di prima funzioneranno con i nuovi governanti-narcisi. Già, forse non potranno riscuotere come sempre, utilizzando il solito giochetto: concedere potere in cambio di consenso, necessario per fare riforme gravi e dolorose. E poi rottamare una volta che il premier e i ministri sono diventati eccessivamente impopolari, proprio grazie alle politiche attuate. Matteo Renzi e l’ex presidente dei socialdemocratici tedeschi Martin Schulz sono le ultime due prede cadute nella rete vecchio stile dei grandi manovratori. Ci si domanda se quei due siano ancora inconsapevoli dell’impopolarità raggiunta o, se ne sono consapevoli, perchè almeno oggi non prendono comunque le distanze dalle loro storie recenti, dalle loro immagini fallimentari. Il perché è presto detto: esattamente come il Narciso della mitologia greca, che vedeva solo la sua bellezza ed era concentrato esclusivamente su sé stesso, Renzi e Schulz hanno i sensi annebbiati: sono finiti nel fiume in cui si specchiavano e stanno annegando in silenzio. In questo maggio crudele, mentre i poteri internazionali (dei grandi capitali, delle grandi potenze, dei regni musulmani) proseguono altrove la loro opera di distruzione della sovranità degli Stati e di istupidimento dell’elettorato under 60 (più interessato alla vita mondana dei parlamentari che non al funzionamento dell’economia) siamo schiavi di una rete - quella dei Cinque Stelle - rete che sta imponendo il suo modo di celebrare un rito sacro in democrazia: la formazione di un governo, di una maggioranza parlamentare, la scelta del premier.
LA DEMOCRAZIA DEL NARCISISMO
Giovanni Orsina, nel saggio appena uscito “La democrazia del narcisismo” descrive perfettamente il nuovo profilo di politici-narcisi che si imporranno col governo Di Maio-Salvini, Lega-M5S: «Se il confine fra “dentro” e “fuori”, fra desiderio e realtà, già nel narcisista è labile, in chi fa politica al tempo del narcisismo non potrà che esserlo ancora di più, a maggior ragione perché gli strumenti a disposizione del politico per trasformare davvero la realtà potere, tempo, ragione - sono diventati tutti assai fragili e non resta altro da fare che lavorare sulle rappresentazioni, ossia raccontarsi e raccontare. E tanto più perché, con la fine delle identità collettive, è venuto meno anche il legame tra élite e popolo: il popolo non riconosce più alle élite il diritto di decidere e di guidare, le élite hanno smesso di considerarsi responsabili nei confronti del popolo e si sentono autorizzate ad abbandonarsi del tutto al narcisismo». E punta il dito sul narcisismo dei capi, unito a quello di un pezzo della loro base (l’assoluta certezza di essere sempre dalla parte della ragione anche se i fatti dovessero incaricarsi di smentire questa fede, la pretesa di innocenza), sarebbe questo secondo lui il collante di una coalizione che altrimenti non avrebbe ragione di esistere. Narcisismo o no, il risultato è la crisi di sistema di queste settimane di stallo, in attesa della nascita del governo gialloverde Grilloleghista al posto di quello gialloblu Forzaleghista che tutti si aspettavano a marzo scorso, appena chiuse le urne. Una crisi sostenuta dal governo Gentiloni, sopravvissuto a sè stesso per troppo tempo e una Presidenza della Repubblica che passa di rinvio in rinvio, di dilazione in dilazione, con un nervosismo e una tensione che tra quelle mura non si sentivano da un pezzo. tituzioni, a partire da quelle europee.
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Il saggio di Giovanni Orsina “La democrazia del narcisismo”, pubblicato da Marsilio
Arena Lifestyle 05/18 -CINEMA/ Film da non perdere
L’AMORE, L’ISLAM E LA DISOBBEDIENZA
Qui sopra, una scena di “Cosa dirà la gente”, film distribuito da Lucky Red, della regista Iram Haq. Racconta la storia di una ragazza inviata in Pakistan per la ‘rieducazione’ femminile alle faccende domestiche. Una vicenda che rieccheggia la drammatica cronaca di questi giorni, l’ omicidio di Sana Cheena, la ventiseienne italo-pakistana di Brescia uccisa dai suoi familiari per aver rifiutato nozze combinate.
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edichiamo questa recensione cinematografica a Sana Cheema, la ragazza 26enne italo-pakinstana di Brescia, uccisa barbaramente il 18 aprile dai suoi stessi familiari.
Secondo quanto riferiscono i media pakistani, il padre Ghulam Mustafa ha raccontato - come si sospettava - di essersi fatto aiutare da uno dei figli maschi per strangolare la ragazza che si opponeva a un matrimonio combinato. L’autopsia aveva rivelato che alla ragazza è stato spezzato l’osso del collo. Il delitto d’onore risale al giorno prima della prevista partenza di Sana per l’Italia. Perfettamente integrata in Italia e sempre vestita all’Occidentale, Sana era innamorata di un coetaneo italiano con il quale avrebbe voluto presto andare a convivere, ma questo era inaccettabile per i famigliari che invece pensavano a un matrimonio con un uomo molto più grande, come vuole l’antica tradizione dei villaggi pakistani. Le autorità pakistane si erano occupate della riesumazione del corpo, sepolto in tutta fretta senza autorizzazione dai parenti e in una zona lontana da Mangowal, il villaggio d’origine. Un film appena uscito sugli schermi italiani, “Cosa dirà la gente” racconta una storia simile a questa: di dolore, di integralismo,
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desiderio di autodeterminazione, tragedia. La condizione della donna nell’ambito della religione islamica, negli ultimi anni, è stata sviscerata e raccontata molte volte: la ricerca di un marito gradito e approvato dalla famiglia è l’unico modo per vivere una vita normale, serena, appagante e decorosa. Nel 2004, un altro autore, Fatih Akin conquistò l’Orso d’Oro al Festival di Berlino con uno dei film più belli degli ultimi decenni “La sposa turca”. Era la storia di una ragazza turca Sibel Küner (interpretata dalla pornostar Sibel Kekilli) che sposava un alcolizzato, vent’anni più vecchio di lei, per liberarsi dalle catene conservatrici della sua famiglia. Pochi anni fa lo stesso regista girò “Mustang”, incluso nella cinquina come miglior film straniero all’Oscar, che raccontava di cinque sorelle a cui la nonna cercava di trovare cinque mariti. L’ultimo uscito nelle nostre sale, “Cosa Dirà la Gente” è il film semi-autobiografico della regista Iram Haq, racconta di una ragazza pakistana cresciuta in Norvegia, adattatasi quindi al clima e alla cultura del paese nordico. Una sera, o meglio una notte, fa entrare in camera il suo ragazzo, senza consumare alcun tipo di rapporto sessuale. Quando il padre di Nisha la scopre, redar-
Film da non perdere /CINEMA -Arena Lifestyle 05/18
guisce la figlia e picchia a sangue il ragazzo. A questo punto, preoccupati di “cosa dirà la gente”, i familiari spediscono la figlia in Pakistan da parenti, affinché impari la cultura dei genitori e diventi una perfetta casalinga. Nisha dovrà adattarsi ad una nuova cultura, dimenticandosi della progressiva Norvegia e abituandosi alla vita in Pakistan. Come cambia la vita di una ragazza perfetta, sogno di tutti i genitori: ha i migliori voti della sua classe, è ambiziosa, ligia e ben voluta dai suoi amici; si è perfettamente integrata, nonostante la nazionalità. Quando serve, fa da interprete per i genitori che poco conoscono la lingua. Tuttavia i genitori sostengono principalmente il fratello, più grande di lei, a sua volta diligente e che sogna di fare il medico. Nisha che ha la sfortuna di essere una donna incredibilmente attraente, era già diventata un problema. La sua bellezza ha già fatto riflettere i genitori sul fatto che dovranno trovarle un marito il più presto possibile. Nella prima scena girata nel supermercato del padre, lo spettatore nota la tensione sessuale fra i clienti che guardano Nisha e il padre che con dispetto osserva la situazione. Dunque Nisha viene spedita in Pakistan, e si trova di fronte alla nuova cultura, nella quale la donna deve rinunciare alle cose a cui lei tiene di più: non solo le proprie amicizie e i primi amori, ma anche lo studio, che viene molto dopo le faccende di casa, scoppia la sua disperazione. Nello stato natio dei genitori, la protagonista viene completamente militarmente rieducata, Tutto le sarà proibito. “Cosa dirà la gente” non si è concentrato sugli stereotipi, sugli aspetti politici o religiosi; invece, come un’altra pellicola interessante di quest’anno, Lady Bird di Greta Gerwig, fa leva su ricordi personali, tiene viva l’attenzione degli spettatori più esigenti. È un buon film, che non trova però tutti d’accordo sulla qualità delle scene drammaticamente più forti.
Qui sopra, un intenso ritratto di David Cronemberg, che sarà premiato col Leone d’Oro alla carriera alla 75° Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia.
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DAVID CRONEMBERG, LEONE D’ORO ALLA CARRIERA E’ stato attribuito a David Cronenberg il Leone d’oro alla carriera per la regia dalla 75. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (29 agosto – 8 settembre 2018). La decisione è stata presa dal Cda della Biennale presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra Alberto Barbera. David Cronenberg ha dichiarato commosso: “Ho sempre amato il Leone d’oro di Venezia. Un leone che vola su ali d’oro –– è l’essenza dell’arte, non è vero? L’essenza del cinema. Sarà davvero entusiasmante ricevere il Leone d’oro”. Alberto Barbera ha dichiarato: “Benché in origine Cronenberg sia stato relegato nei territori marginali del genere horror, sin dai suoi primi film scandalosamente sovversivi il regista ha mostrato di voler condurre i suoi spettatori ben al di là del cinema di exploitation, costruendo film dopo film un edificio originale e personalissimo. Il suo universo è popolato di deformità grottesche e allucinanti accoppiamenti, nel cui orrore si riflette la paura per le mutazioni indotte nei corpi dalla scienza e dalla tecnologia, la malattia e il decadimento fisico, il conflitto irrisolto fra lo spirito e la carne. La violenza, la trasgressione sessuale, la confusione di reale e virtuale, il ruolo deformante dell’immagine nella società contemporanea, sono alcuni dei temi ricorrenti, che contribuiscono a fare di lui uno dei cineasti più audaci e stimolanti i sempre, un instancabile innovatore di forme e linguaggi”. Tra i film più famosi di David Cronenberg Il demone sotto la pelle (1975), Rabid – Sete di sangue (1977), Veloci di mestiere (1979), Brood – La covata malefica (1979), Scanners (1981), Videodrome (1983), La zona morta (1983), La mosca (1986), Inseparabili (1988), Il pasto nudo (1991), M. Butterfly (1993), Crash (1996), eXistenZ (1999), Spider (2002), Violence (2005), La promessa dell’assassino (2007), A Dangerous Method (2011), Cosmopolis (2012) e Maps to the Stars (2014). Nel 1991, con Il pasto nudo, Cronenberg è stato in Concorso al Festival di Berlino, dove nel 1999 ha vinto l’Orso d’argento con eXistenZ. I film di Cronenberg Crash, Spider, A History of Violence, Cosmopolis e Maps to the Stars sono stati in gara per la Palma d’oro a Cannes, dove nel 1996 Crash ha vinto il Premio speciale della Giuria. Nel 2011, A Dangerous Method è stato in Concorso alla Mostra di Venezia. Nel 1999 ha presieduto la Giuria del Festival di Cannes, dove nel 2006 è stato premiato col riconoscimento alla carriera, la Carrozza d’oro. Nel complesso, i suoi film sono stati nominati a sette Golden Globe e quattro Oscar. Cronenberg ha ricevuto nomination ai BAFTA e ai César per A History of Violence e La promessa dell’assassino. Ha ottenuto premi al Festival di Toronto, al Directors Guild of Canada e ai Canada Genie’s Awards.Il corto di Cronenberg At the Suicide of the Last Jew in the World in the Last Cinema in the World, interpretato anche da lui stesso, è stato realizzato nel 2006 per la serie di film Chacun son cinéma che hanno celebrato il 60° anniversario del Festival di Cannes.
Arena Lifestyle 05/18- / TOP NIGHTLIFE: Eventi e party di maggio
TOP GLAM: MET GALA 1
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C’’erano tutte a New York, quest’anno, per sfilare sul red carpet del Met Gala, l’annuale party di beneficenza organizzato dalla direttrice di Vogue Anna Wintour al Metropolitan Museum of Art. La passerella di star, ha indossato creazioni curiose, stravaganti e anche trash per obbedire al dress code richiesto sul cartoncino di invito: “Il rapporto moda-religione”. C’erano angeli celestiali come Diane Kruger e Rooney Mara, i demoni tentatori (Madonna, Kate Moss, Cindy Crawford), le vergini (Kate Bosworth e Uma Thurman) e i patriarchi della Chiesa (da Sarah Jessica Parker a Kim Kardashian). Statuaria Katy Perry, vestita da angelo da Donatella Versace, con enormi ali di piume. La più papale è stata Rihanna, con u un minidress tempestato di diamanti firmato John Galliano per Maison Margiela e tiara in pendant. Madonna, la sacrilega per antonomasia, visto che tra i suoi successi c’è la scandalosa lìLike a Virgin, si è presentata in total black firmato Gaultier e sottobraccio allo stilista. La padrona di casa Anna Wintour, direttore di Vogue Usa, è arrivata con la figlia Bee Shaffer in rosso Valentino Haute Couture. “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Immagination” è il titolo della bella mostra in pendant, aperta dal 10 maggio. Alla festa non mancava nessuno: da Lady Gaga a Rita Ora, da Amal Clooney a Kate Moss, da Gisele Bundchen a Kim Kardashian, da Michelle Williams e Emily Ratajkowski. Il premio Oscar Frances McDormand è arrivata in Valentino Haute Couture. Amal Clooney quasi fuori tema con un abito firmato da Richard Quinn, con strascico e bustino argento. Tra le coppie più ammirate, quella formata da Bradley Cooper e Irina Shayk in Atelier Versace. Super innamorati anche Gisele Bundchen col marito Tom Brady e Jennifer Lopez, in Balmain: con una croce tempestata di pietre preziose e il fidanzato Alex Rodriguez.
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Eventi e party di maggio TOP NIGHTLIFE/Arena Lifestyle 05/18
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E anche quest’anno Cannes ha chiuso i battenti. La 74° edizione si è chiusa con la consegna della Palma d’oro per il miglior film internazionale andata a ... e con belle soddisfazioni per l’Italia. L’Italia, infatti, si aggiudica il premio per il miglior attore grazie alla performance di Marcello Fonte nel film “Dogman” di Matteo Garrone e anche il riconoscimento come miglior sceneggiatura alla pellicola “Lazzaro Felice” di Alice Rohrwacher. Un’edizione piena di sorprese, che verrà ricordata anche per le manifestazioni sulla parità di genere lanciate dalle donne del Festival, capitanate da una radiosa Cate Blanchett e da una impertinente Kristen Steward (che si è tolta le scarpe sul red carpet). Ed è stato proprio il red carpet a offrire importanti colpi di scena e una parata di outfits davvero interessanti, con mises classiche e di rigore (Julianne Moore ) e sensualissime (Bella Hadid). I look androgini di Kristen Stewart hanno lasciato spazio agli outfit sexy di Irina Shayk: la Palma d’Oro dello stile a chi va? I fashion bloggers non sono d’accordo. C’è perà una rosa di bellissime che ha saputo farsi notare per la raffinatissima eleganza. Stiamo parlando di Alessandra Ambrosio, che ha indossato uno Zuhair Murad e gioielli De Grisogono, di Amber Heard sul red carpet in Valentino, con gioielli De Grisogono, di Bella Hadid bellisisma in Dior con gioielli Bulgari, della splendida Carla Bruni in Dior e gioielli Chopard, di Cate Blanchett perfetta in Givenchy Haute Couture, della figlia di Simon Charlotte Le Bon in Dior Haute Couture, e di Diane Kruger affezionata ad Armani Privé e ai gioielli Chopard, di Elsa Hosk in Alberta Ferretti, pure lei con gioielli Chopard, di Emilia Clarke in Dior Haute Couture, di Eva Herzigova in Dior Haute Couture con scarpe Rene Caovilla, di Natasha Poly infine, che ha indossato un abito di Atelier Versace e gioielli De Grisogono.
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Arena Lifestyle 05/18- HI-TECH/ Lo schermo maxi
Hi-tech, le novità
A fianco, il maxischermo led in 8k, la novità dell’estate più attesa, per rispondere alla domanda di mercato di televisori sempre più grandi stile cinema.
LO SCHERMO? LO VOGLIO MAXI E’
un trend globale: lo schermo tv piace sempre più grande ma quasi invisibile. E i produttori si adeguano. Samsung ha messo a punto in tutta fretta una gamma denominata tv Qled, con modelli che variano dai 49 agli 82 pollici e toccheranno ad agosto prossimo gli 85 pollici, con l’arrivo sul mercato della serie in 8k. I più esigenti potranno sperimentare il Direct Full Away che offre una migliore gestione del contrasto, l’aumento del volume e anche neri più profondi. Si potrà avere anche una visione eccellente con ogni condizione di luce. Per ovviare all’antiestetico rettangolo nero quando il televisore è spento, ecco la funzione ambient, che permette di visualizzare informazioni come ora, data, meteo oppure animazioni o sfondi scelti da una gallery predefinita. Per un risultato ancora più personalizzato, si può anche fotografare la tappezzeria e mandare l’immagine dallo smartphone, per mimetizzare il televisiore. Il televisore è davvero molto sottile e si può anche azzerare distanza tra tv e parete con una connessione invisibile, trasparente e lunga fino a 15 metri. La tv viene configurata comodamente tramite app, come d’altra parte avviene anche per gli altri elettrodomestici nel futuro, dalle telecamere ai sistemi di illuminazione alle serrature digitali. Entro un anno arriva, per il televisore, anche l’assistente vocale Bixby. Ad agosto Samsung lancerà The wall, una tv modulare da 146 pollici, costituita da piastrelle microled. Insomma, la propria casa sarà sempre più simile a un cinema. IL TELEFONO CON TRE FOTOCAMERE Che cosa mai se ne faccia uno di tre fotocamere sul telefono, dobbiamo ancora capirlo. Comunque il nuovo top di gamma di Huawei, che si chiama P20, propone un gruppo ottico verticale a semaforo e uno stile piacevole, con una ottima qualità dei materiali e delle finiture. La collaborazione con Leica ha permesso la creazione di un occhio digitale per le foto in bianco e nero e di due obiettivi dedicati, uno con sensore da 40 mila pixel davvero notevole. Lo zoom ingrandisce fino a 5 volte, si fanno scatti ottimi anche al buio. Il tutto aiutati da una intelligenza artificialie che migliora gli scatti perchè capisce cosa si sta inquadrando. La batteria è pure capacissima. Insomma, è un concorrente terribile per l’Apple iPhone X. APRO L’AUTO CON LO SMARTPHONE Niente stupore se qualcuno aprirà e avvierà l’auto col telefono davanti a voi, se si stratta della nuova Audi A7 Sportback, una ammiraglia con linee da coupè che non lascia certo indifferenti. E’ un’ auto lunga quasi cinque metri, ma dal dinamismo inaspettato, passa da 0 a 100 in 5 secondi. Vanta una digitalizzazione elevata, una elettrificazione completa e offre una guida semiautonoma. Nel traffico il funzionamento dello start and stop è fulmineo, si viaggia in coda con il Traffic Jam Assist che permette di gestirla in modo automatico. Il guidatore può avvalersi di due display principali, uno offre il feedback aptico come gli smartphone per gestire la vettura e impostare la rotta verso ogni destinazione. La vettura può essere aperta e avviata attraverso lo smartphone Android e offre une rete wifi che accontenta le esigenze di ogni passeggero. Fra le altre dotazioni tecnologiche il garage pilot che permette di parcheggiare l’auto quando si è già scesi. Si parte da 70 mila euro ma per le configurazioni migliori ne servono altri 7 mila e altri 1400 se si vuol mettere lo stereo Bang & Olufsen.
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Arena Lifestyle 05/18- MUSICA E LIBRI
Musica e libri: le novità SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO (10-14 MAGGIO) L’evento si conferma come il ‘biglietto da visita dell’editoria italiana nel mondo’. La cinque giorni al Lingotto Fiere prosegue e come sempre qui si possono incontrare i grandi nomi della letteratura e i più importanti premi (dal Nobel al Pulitzer, dal Goncourt all’Oscar) e riflettere sul senso comune dello stare insieme e sul futuro della letteratura, un orizzonte tutto da costruire.
HENDRIX, MUCCINO E TALLENT A
50 anni di distanza dall’unico tour di Jimi Hendrix in Italia, il giornalista musicale Enzo Gentile pubblica con Jaca Book, in tandem con Roberto Crema, collezionista di cimeli hendrixiani e fondatore e curatore del sito dedicato al mito, un volume intitolato Hendrix ‘68, The Italian Experience, dedicato al mito della musica rock, con introduzione di Carlo Verdone. Si raccontano i live di Milano, Roma e Bologna del 1968, eventi di cui non esistono testimonianze audio e video. Il libro è un omaggio a tutti coloro che non sono riusciti ad ascoltare dal vivo il più grande chitarrista della storia. Al suo interno ci sono però tante foto inedite, articoli, testimonianze, biglietti e altri memorabilia. QUANDO ERAVAMO EROI Cinque ragazzi, cinque ‘meravigliosi alieni’ come ama chiamarli il loro ‘ideatore’ Silvio Muccino sono i protagonisti di ‘Quando eravamo eroi’, primo vero debutto di Silvio come scrittore (gli altri due precedenti romanzi, ‘Parlami d’amore’ e ‘Rivoluzione n°9’ sono, infatti, stati scritti a quattro mani con Carla Vangelista). ‘Quando eravamo eroi’, edito da La Nave di Teseo e presentato dall’autore al Salone del Libro di Torino, sta avendo un grandissimo successo, forse perché la storia raccontata, in fondo, fa parte di ognuno di noi. MIO ASSOLUTO AMORE L’americano Gabriel Tallent, consacrato da Stephen King, arriva in libreria con “Mio assoluto amore”, un romanzo balzato in cima alle top 10 del New York Times. Tallent ha solo trent’anni ed è l’autore di un esordio letterario meritatamente acclamato, ambientato nella California settentrionale, in mezzo a una natura selvaggia. Il romanzo racconta la storia di un padre e di una figlia, e del loro rapporto totalizzante, tra violenze e abusi THIRTY SECOND TO MARS, ESCE IL QUINTO ALBUM “AMERICA” La band capitanata dal Premio Oscar Jared Leto, Thirty second to Mars, è uscita con il suo quinto album in studio, pubblicato da Universal Music, intitolato America, una compilation che è già mito nelle classifiche internazionali. Arriva a cinque anni di distanza da “Love, Lust, Faith and Dreams” ed è stato anticipato dal singolo di successo “Walk on water”, disco che contiene 12 brani inediti, tra cui alcune preziose collaborazioni con artisti del calibro di Halsey e Asap Rocky ,è subito balzato al primo posto della classifica itunes in vari Paesi del mondo, sia nella versione fisica che in quella digitale. America è stato pubblicato con sei differenti copertine. LORENZO FRAGOLA: BENGALA Un progetto tutto suo per l’ex vincitore di XFactor, firmato Lorenzo Fragola dalla stesura dei pezzi fino alla scelta dei collaboratori. Disponibile anche in vinile e nella versione Cd Deluxe. CARMEN CONSOLI: ECO DI SIRENE La star siciliana Carmen Consoli esce con un album di 22 brani registrati in presa diretta, dopo aver conquistato pubblico e critica con 50 concerti tenuti in poco più di due mesi.
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ISTANBUL, IL PONTE TRA DUE CIVILTA’ di Simone Pini
L’antica Bisanzio è uno dei luoghi più affascinanti del mondo. Una città complessa, enigmatica, che raccoglie le testimonianze di culture e di religlioni tanto antiche quanto contrapposte. E’ fantastico perdersi tra le meravigliose moschee e tra i bazaar, i mercati, le vie pulsanti dello shopping. Per sedersi, finalmente, nei ristoranti più eleganti, per degustare la famosa cucina turca, che è un tripudio di sapori e di profumi.
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stanbul, la capitale della Turchia e megalopoli più popolata del Vecchio Continente, è una città decisamente affascinante ed enigmatica, divisa dal Bosforo, che sorge tra Europa e Asia: nominata nel 2010 Capitale Europea della Cultura, vanta una storia millenaria, le cui radici risalgono all’epoca dell’imperatore Costantino il Grande. Costituisce, da sempre, un punto d’incontro di popoli anche a causa delle stratificazioni culturali che si sono susseguite attraverso i secoli e i millenni, tra le quali quella greca, romana, bizantina, ottomana e turca. E incanta il visitatore per la sua atmosfera, sospesa nel tempo tra tradizione e modernità. L’antica Bisanzio fu fondata nel VII secolo a.C. come colonia greca di Megara, ma assunse un ruolo di primaria importanza per gli equilibri geopolitici del Mediterraneo dopo essere stata rifondata come Nova Roma da Costantino, nel 330 d.C, data dopo la quale assunse il nome di Costantinopoli, che ricoprì il ruolo di capitale dell’Impero Romano d’Oriente per più di un millennio. L’epoca romano-bizantina della metropoli turca, che ha avuto una durata di circa undici secoli, ha influenzato notevolmente il suo assetto e la sua architettura. La città è suddivisa in 27 quartieri, cioè dei distretti, ciascuno dei quali ha una propria amministrazione locale. Il suo centro storico, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è un vero gioiello proteso sul Corno d’oro, estuario preistorico invaso dal mare, situato sulla riva europea dello stretto del Bosforo: incamminandovi lungo İstiklal Caddesi, una delle vie pedonali più rinomate della città, frequentata quotidianamente da circa un milione di persone, su cui si affacciano librerie, gallerie d’arte, boutique di brand internazionali, cinema, teatri e locali, si giunge a Piazza Taksim, ubicata nel quartiere Beyoglu, che rappresenta la zona più occidentalizzata di Istanbul, il cuore pulsante dello shopping e un punto di
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Dietro il titolo di apertura, vista notturna, le luci della città sul Bosforo. Qui sopra: la straordinaria moschea di Solimano. A fianco, le spezie in vendita al Gran Bazaar. Sotto, il palazzo Dolmanbahce, una vista al tramonto dei quartieri antichi che hanno ospitato i palazzi dei sovrani bizantini, con le bellissisme moschee e una vista diurna del famoso ponte sul Bosforo. ritrovo per i giovani famoso per i negozi, gli alberghi, per i ristoranti caratteristici, i pub e le discoteche. Il nome della piazza trae origine dall’antico serbatoio in pietra, di cui resta come traccia la cisterna, costruita nel 1732 da Mahmut I, in cui si raccoglievano le linee d’acqua principali, che successivamente si diramavano in altre parti della città. Nei pressi della piazza gli appassionati d’arte avranno l’opportunità di visitare la galleria omonima, dove si espongono le opere di artisti turchi e dove si svolgono importanti mostre temporanee. Nel corso della sua storia, il quartiere di Sultanahmet è sempre stato il nucleo propulsivo di Istanbul, ha ospitato la sede della corte dei sovrani bizantini, che hanno ampliato e plasmato il Gran Palazzo di Costantino ed è il luogo in cui i sultani ottomani hanno edificato il Palazzo Topkapi, residenza del sovrano e centro amministrativo dell’impero ottomano dalla seconda metà del XV secolo al 1856. Qui si possono ammirare i principali monumenti cittadini e pregevoli edifici storici racchiusi in uno spazio circoscritto, dove si conservano le tracce di due imperi che hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella storia dell’essere umano. L’edificio, costruito nel 1453 dopo la conquista di Costantinopoli da parte di Mehmet II, fu la dimora di ben 26 dei 36 sovrani ottomani. Dopo aver varcato la Porta Imperiale, si rimane affascinati dall’immensità del luogo, costituito da chiostri, corridoi, belvedere, harem, cortili, giardini lussureggianti impreziositi da fontane. Il patrimonio dal valore inestimabile conservato in questo luogo comprende anche un vastissimo assortimento di vestiari, armature, miniature, reliquie religiose e manoscritti illustrati. Nel 1924 la residenza fu trasformata in museo, ma ai turisti è consentito visitare solo una porzione della cittadella imperiale. Il Palazzo Topkapı fa parte delle cosiddette “Aree storiche d’Istanbul”, un insieme di siti archeologico-museali considerati Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1985. Aya Sofia, la Basilica di Santa Sofia, conosciuta anche come Chiesa della Divina Sapienza, costruita nel 537 d.C. dall’imperatore Giustiniano , è uno straordinario esempio di architettura bizantina e un tempo era la chiesa cristiana più grande di Costantinopoli. In seguito all’assedio di Mehmet II, avvenuto nel 1453, fu convertita in moschea e nel 1935 Atatürk, il primo presidente turco e il fondatore della Repubblica di Turchia, la trasformò in museo: il visitatore viene piacevol-
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Ad ogni ora è speciale la passeggiata lungo il ponte di Galata, che collega la parte vecchia della città, sede del palazzo imperiale e delle istituzioni religiose, con il distretto di Beyoğlu e con quello di Eminönü, nella penisola storica, attraversando il Corno d’Oro. La prima versione del ponte risale alla metà del diciannovesimo secolo, fu ricostruito diverse volte, fino a giungere alla versione storica del 1912. UN GIRO AL GRAN BAZAAR Un affascinante mercato mediorientale da Mille e una notte, ci attende al Gran Bazar, uno dei più antichi, dei più suggestivi e dei più grandi mercati coperti labirintici del mondo, costruito nel 1461: è una piccola città con 18 porte di accesso, 4000 botteghe artigiane che si estendono su una superficie di 200.000 mq, racchiuso in un intrico di vicoli, piazzette e fontane. Le carovane potevano scaricare le merci all’interno dei caravanserragli presenti in questo primo grande magazzino della storia dell’umanità. Un tempo ogni strada era dedicata a una corporazione. Ancor oggi i gioiellieri, i mercanti di cuoio e di tappeti, hanno sede in settori dedicati . Qui si possono acquistare pregiati tappeti, oggetti di oreficeria, dinanderies (oggetti in ottone), maioliche e preziosi. A chi ricerca angoli autentici lontani dalla folla, consigliamo di visitare Zincirli Han per scoprire le botteghe degli artigiani che lavorano i metalli; a Iç Cebeci Han il ristoro tipico è in un caratteristico cortiletto con la sala da tè, mentre Cevahir Bedesten è la parte più antica e autentica del mercato dove si trovano argenteria, orologeria, oggetti di antiquariato ed altri d’epoca. Nel Bazar delle spezie, edificato intorno al 1660 come parte del complesso della moschea imperiale Yeni Cami, si trovano tutti gli ingredienti chiave della cucina turca, inclusi noci, favi di miele, fichi, frutta secca o pressata tra fogli, henné, frutta e verdura.
mente colpito dall’imponenza della maestosa cupola centrale alta 55,6 metri, dall’opulenza e dalle decorazioni dei raffinati mosaici policromi, composti da circa 30 milioni di tessere dorate. Attualmente l’uso del complesso come luogo di culto è severamente proibito. A poca distanza si ammira la Moschea del Sultano Ahmet, meglio conosciuta come Moschea Blu, le cui cupole a cascata e i cui minareti affusolati si impongono e spiccano sull’incantevole skyline metropolitano: conserva le variopinte maioliche di Iznik, più di 21000 piastrelle di ceramica, che rivestono l’interno della moschea impreziosendola con le molteplici tonalità di azzurro e di blu. La magnificenza, la solennità e la sacralità del luogo sono evidenziate dalle lampade, in origine decorate con oro e con pietre preziose, che creano coinvolgenti e spettacolari giochi luminosi, in sinergia con i raggi di luce che fendono le duecentosessanta finestre. Uno dei tratti distintivi e peculiari della moschea è rappresentato dai sei minareti: la maggior parte dei monumenti di preghiera islamici di torri solitamente ne hanno quattro, due o anche solo una.. Nel quartiere di Sultanahmet, consigliamo di visitare anche la Cisterna Basilica (in turcoYerebatan Sarnici che significa “il palazzo inghiottito”) : è una delle colossali opere realizzate dall’imperatore Costantino nel IV secolo e successivamente ampliata da Giustiniano nel 532. Fu adibita a deposito delle acque cittadine durante il periodo bizantino e in seguito consentì l’approvvigionamento idrico per la residenza imperiale di Topkapi. Questo capolavoro architettonico, risalta grazie all’utilizzo sapiente di luce rosse. Le colonne presentano stili e forme diverse, dato che provengono da molteplici templi, tra
i quali quelle corinzie e quelle che hanno come basamento due teste di medusa. Il monumento ha subito un’accurata ristrutturazione nel 1985 ed è stato aperto al pubblico nel 1987. Ma vediamo ora gli insediamenti cristiani: i coloni della Repubblica di Genova si insediarono sulla collina di Pera dal 1273 dopo essersi alleati con i bizantini e, a difesa della cittadella sviluppatasi intorno alle Chiese di San Francesco e di San Domenico: edificarono una cinta fortificata in cima alla quale costruirono anche la torre di Galata, alta sessanta me-
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La famosissima cisterna sotterranea con camminamenti sull’acqua che si trova sotto la Basilica di Istanbul. Fu realizzata da Giu stiniano I durante il periodo più prospero dell’impero romano d’Oriente, nel 532. Era alimentata da un acquedotto che portava l’acqua fin qui, in Turchia, dalla foresta di Belgrado. E’ stata ristrutturata nel 1985. L’ambiente è allagato ancor oggi e nelle sue acque sopravvivono numerosi pesci. Sono presenti due enormi teste di gorgone provenienti dall’arco del Foro di Costantino.
tri, fulcro del potere dei Genovesi: in seguito alla stipula di un trattato di resa con i Turchi, fu loro concessa una certa dose di autonomia oltre alla salvaguardia dell’incolumità dei cittadini. In questa zona banche e imprese diedero origine a quella che oggi chiamiamo normalmente la downtown, un centro degli affari dove già un secolo fa si stipulavano numerosi accordi commerciali con vari Stati dell’Europa occidentale, dalla Spagna alla Francia, per citarne alcuni. La Moschea di Solimano, Süleymaniye Camii in turco, costruita intorno al 1550 dall’architetto Mimar Sinan, celebre arti-sta dell’arte ottomana, situata sul sesto colle di Istanbul, nella parte occidentale della città, è la più imponente della città e può ospitare fino a cinquemila fedeli: intorno al luogo sacro fu edificata una cittadella, che comprendeva una biblioteca, un ospedale, scuole, vari hammam e un ristorante popolare. Il suo tratto distintivo è la sua spettacolare acustica, resa possibile dalla particolare struttura architettonica. E’ circondata dai quattro minareti e dal portico, realizzato con le colonne ricavate da un antico ippodromo romano. Anche se il percorso per raggiungerla è costituito da strade ripide e congestionate dal traffico, si è sicuramente ricompensati dallo spettacolo della sua struttura. Gli appassionati di storia, che vogliono approfondire la cultura e le tradizioni di questa città, in cui si sono sovrapposti continuamente popoli e religioni, potrebbero visitare i quartieri di Fatih, Fener e Balat, all’interno delle mura della città vecchia. Fatih è uno dei quartieri meglio conservati di Istanbul, al centro del quale si erge la sontuosa e monumen-
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tale moschea: i residenti attuali, prevalentemente immigrati dall’Est dell’Anatolia, sono rigorosamente osservanti dei dettami religiosi ed è in questa zona che si possono scoprire le molteplici tradizioni culinarie regionali, come il kebap, il pide,il sarma e il köfte. In questo quartiere si può ammirare la meravigliosa moschea di Zeyrek, anticamente era la sede del Monastero Bizantino di Cristo Pantocratore. Oggi è circondata da case ottomane in legno, pittoresche e suggestive. Nel quartiere greco di Fener, dove un tempo, camminando per queste strade, si incrociavano preti bizantini, commercianti armeni ed ebrei, si vedono oggi passanti di tutte le etnie. Qui ha sede anche il Rum Lisesi, il Liceo Greco Ortodosso, caratteristico edificio in mattoni rossi che sovrasta la collina. A poca distanza si ergono la Chiesa di Santa Maria dei Mongoli, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, la Cattedrale di San Giorgio, la Sveti Stefan Kilisesi (Chiesa Bulgara di Santo Stefano), costruita in ferro e ricca di ornamenti. Balat invece è il quartiere ebraico, in cui si trovano tre sinagoghe, tra cui quella antica e bellissima di Arhida. La Chiesa di San Salvatore in Chora, splendido esempio della perfezione stilistica bizantina, risalente all’XI secolo, è impreziosita da mosaici datati intorno al 1315 e, in seguito della conquista ottomana, fu trasformata in Moschea. All’imbocco del Bosforo sorge la Torre di Leandro, la cui origine è ancor oggi avvolta da molte leggende. Il Palazzo Dolmabahçe, nel quartiere di Beşiktaş, che è stato fatto costruire intorno alla metà dell’800 dal sultano Abdülmecid I, è situato sulla riva europea del Bosforo: lo stile è eclettico
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e combina elementi barocchi, neoclassici e rococò. E’ inoltre finemente impreziosito da decorazioni in oro e in cristalli di Boemia, da marmi, da alabastri e da mobili in mogano. Suggeriamo di visitare anche la Moschea di Ortaköy, capolavoro dell’architettura ottocentesca ottomana in stile neobarocco, che rappresenta una delle immagini più pittoresche della città. In questa zona della città ha aperto i battenti il Museo dell’Antico Oriente, dove si possono ammirare reperti dell’impero ittita e dell’epoca pre-islamica; il Museo Archeologico ospita invece preziosi reperti delle civiltà egizia, romana, greca, assira e babilonese e sumera. Per chi vuol conoscere anche la Turchia più moderna l’Istanbul Modern Museum, aperto nel 2004, ha allestito un’ esposizione permanente di manufatti del XIX e del XX secolo. Istanbul è una meta rinomata, brulicante di vita e di manifestazioni artistiche e culturali, che propone numerosi appuntamenti annuali, degni sicuramente di essere menzionati: il Festival Internazionale del Cinema, che si svolge in aprile, è una celebre kermesse che promuove e la valorizza la conoscenza del cinema internazionale all’interno della nazione turca. Nei mesi estivi, in particolare a giugno e a luglio, si svolge il Festival Internazionale d’Arte e Cultura, a cui partecipano i più grandi artisti del Paese. Il calendario musicale è ricco di eventi prestigiosi e famosi a livello mondiale, tra cui possiamo menzionare a titolo esemplificativo il Festival Internazionale di Musica mistica, che si tiene ogni anno a giugno nella sala concerti di Cemal Resit Rey Konser Salonu. Il Festival Internazionale della musica jazz, che si svolge solitamente a luglio, è organizzato dalla Fondazione di Istanbul per la Cultura e le Arti e vi hanno partecipato cantanti di fama internazionale, tra i quali Eric Clapton, Sting, Björk, Michael Bolton, Suzanne Vega e Patti Smith. Il Festival Internazionale del teatro, che si svolge a cadenza biennale, propone esempi di spettacoli teatrali classici o sperimentali e concerti. L’Istanbul Shopping Fest, che si tiene tra aprile
e giugno, è un evento di grande richiamo anche dal punto di vista turistico, realizzato con il Patrocinio del Ministero della Cultura e del Turismo e del Governatorato della metropoli turca e in collaborazione con il comune e con l’associazione dei commercianti. Il Festival della Musica di Istanbul è una manifestazione che offre ai visitatori l’opportunità di partecipare a concerti di musica classica e operistica, recital e serate jazz. Il 19 Maggio ricorre la Atatürk Remembrance e Youth & Sports Day, festività che celebra la nascita del primo Presidente dello Stato turco. Vengono organizzati numerosi eventi sportivi dedicati ai giovani. Prima di un viaggio è importante informarsi sui festivale e anche sulle date della feste religiose della tradizione musulmana, come il Ramadan e il Kurban Bayrami, che sono mobili in quanto collegate alle fasi lunari del calendario islamico: in questi periodi le banche, i mercati storici e la prevalenza dei negozi sono chiusi. Per gli appassionati di musica Jazz, il Nardis Jazz Club, situato nelle vicinanze della Torre di Galata, offre l’opportunità di degustare un cocktail in un locale accogliente e suggestivo. Volendo programmare una vacanza alla scoperta della capitale turca e dei suoi dintorni, si può scegliere tra le molteplici opportunità offerte dal settore alberghiero. A Sultanahmet, centro storico della città, per esempio, potrete soggiornare al Dosso Dossi Hotels Old City, a poca distanza dalle principali attrazioni turistiche, come la Basilica di Santa Sofia e la Mosche Blu, che offre ai suoi ospiti Wifi gratuito, servizio concierge, sauna, bagno turco e un centro fitness in una location raffinata. Il Sura Design Hotel & Suites è un elegante hotel, che propone sistemazioni in camere decorate in stile ottomano, dotate di climatizzatore e di canali satellitari: ogni piano è stato progettato con un design policromo. Presso il ristorante Deraliye si possono assaggiare i piatti della tradizione turca. Per chi è in cerca di relax, l’ideale è farsi coccolare nel centro benessere, dotato di hammam e sala fitness.
LA GUSTOSA CUCINA TURCA La cucina turca, che deriva da quella ottomana, è caratterizzata dall’abbondante utilizzo di spezie, carni arrostite e spezie. Sa fondere in modo sapiente le tradizione gastronomiche balcaniche, mediorientali, del bacino del Mediterraneo, caucasiche e della regione dell’Anatolia ed è un caleidoscopio delle cucine regionali, ciascuna della quali ha tratti caratteristici: la tradizione egea e mediterranea, per esempio, utilizza pesce, molte verdure e olio d’oliva, mentre le pietanze della zona del Mar Nero sono generalmente a base di granoturco e pesce. Bisogna assaggiare assolutamente gli squisiti meze, antipasti a base di formaggio, melanzane, peperoni e olive. Il dolma è costituito da foglie di vite cucinate in olio d’oliva e ripiene di riso con spezie e limone. Il midye dolma è un piatto tipico della costa egea costituito da cozze fritte e ripiene di riso. Il lahmacum è un’ altra leccornia di pasta, su cui si distende uno strato di carne macinata aromatizzata da cipolla, limone, spezie, prezzemolo, pomodoro e aglio.
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Per soggiornare in città, molte strutture ricettive sono modernissime, altre ricavate in antichi palazzi.
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L’Hotel Ibrahim Pasha, a poca distanza dal Museo di Arti turche ed islamiche, è un’ottima sistemazione per chi pretende un alto livello di confort: dispone di una terrazza panoramica, che permette di ammirare la Moschea Blu. E’ dotato di connessione Wifi, tv satellitare, riscaldamento a pavimento, di una biblioteca e di una saletta dove rilassarsi d’inverno al tepore di un romantico caminetto. Un’altra opportunità esclusiva è rappresentata dal Régie Ottoman Istanbul, un hotel ubicato in un edificio ottomano risalente al 1800, arredato con pezzi antichi, con caratteristiche pareti in pietra e dotato di zona fitness e di sauna. Propone un ristorante decorato con raffinati mosaici, a poca distanza dal Bazar egiziano. Nella zona prospiciente il Ponte di Galata è possibile soggiornare in molte strutture ricavate in presso pittoreschi palazzi storici, come l’elegante Nabu Hotel Karaköy, che propone anche alcune sistemazioni dotate di area salotto. Merita sicuramente di essere menzionato anche l’hotel Faik Pasha Suites & Apartments, a poche centinaia di metri da Viale viale İstiklal Caddesi, situato in uno storico edificio ottocentesco, dotato di connessione Wifi, di centro business, di bagno turco e di centro benessere, arredato con caratteristici mobili d’epoca: le suite sono dei veri e propri bijoux, rivestiti in marmo policromo e, se lo vorrete, potrete chiedere al personale della struttura turistica di essere accompagnati in visite guidate alla scoperta di Istanbul, melting pot di culture
La maestosa struttura in pietra e mattoni del liceo ortodosso di Istanbul
Quali sono i ristoranti migliori per assaggiare le prelibatezze della cucina turca: presso la storica locanda tradizionale Konyali Lokantasi si possono assaggiare squisite zuppe, come la Çorba, riso pilaf, piatti a base di carne e di verdure. Al Tarihi Sultanahmet Köftecisi, si gustano le köfte, polpette preparate con carne macinata, di solito di agnello o di vitello, aromatizzata con cipolle, uova, verdure e spezie, cotte al vapore, arrosto o fritte. Un’altra alternativa valida è rappresentata da Balkan Lokantası e Hocapaşa Pidecisi dove si ordina di solito un pide, paragonabile al calzone italiano, che può essere riempito a scelta. Presso il Karakol, situato nella splendida location dei giardini di Topkapi Sarayi, si può pranzare o cenare nel giardino dei sultani, immersi in un’atmosfera decisamente suggestiva. Nella zona di Cankurtaran, il ristorante Balikçi Sabahattin è specializzato nella preparazione di meze, deliziosi antipasti preparati con formaggio, melanzane, peperoni, olive e dell’ottimo pesce. Nel quartiere di Fatih, ad Ovest del centro storico, c’è Sur Ocakbaşi, per pranzare gustando un succulento piatto di Özel Sur Kebabı, composto da carni servite con peperoncini piccanti, farro e spezie. Per dessert si ordinano i Sur Tatlisi Irmik, formaggio fuso all’esterno con un ripieno di gelato e cannella. Il Tarihi KarakÖy BalikçisiI è un locale storico, aperto nel 1923, che propone zuppe di pesce e levrek alla griglia. Nel quartiere di Beyoğlu potrete si cena a Nevizade, nei locali della movida glam. Per gli amanti della tradizione la scelta cade su Refik o Cumhuriyet Meyhanesi per assaggiare antipasti freddi, caldi e dell’ottimo pesce alla griglia e per degustare il raki, il tradizionale liquore all’anice. Addentrandosi nel Balik Pazari, il Bazaar del Pesce, si incontra Mercan Kokoreç , dove si va a gustare il Kokoreç, tipica pietanza a base di carne di agnello tritata cotta allo spiedo, condita con un misto di origano e peperoncino, limone, pomodori. Tra le specialità da provare il simit, una ciambella salata e croccante, ricoperta di semi di sesamo, must dello street food turco, consumato di solito a colazione e come spuntino. Per trascorrere una serata romantica, il quartiere di Kuzguncuk offre deliziosi ristoranti che si affacciano sul Bosforo, tra i quali l’Ismet Baba, che propone una cucina tradizionale a base di pesce. Nella zona di Kadiköy, distretto ubicato nella parte asiatica di Istanbul, autentico centro culturale, che offre come luoghi aggregativi teatri, gallerie e locali in cui ci si può sicuramente divertire , presso il ristorante Çiya Sofrası potrete assaggiare piatti della tradizione rivisitati in chiave contemporanea. I prelibati dolci della tradizione gastronomica turca sono moltissimi: fra i tanti, gli squisiti Lokum, gelatine di rosa, amido di mais e zucchero.
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Arena Lifestyle 05/18- WEEK END MAGGIO/ San Marino
SAN MARINO BOOM
Il Museo di Stato, inaugurato nel 1899, che ha sede presso il Palazzo Pergami Belluzzi, espone opere d’arte e reperti archeologico preistorici, medioevali, romani, etruschi ed egizi e sculture del Guercino, acquisite in seguito a donazioni. Presso la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea sono esposte 750 opere realizzate da artisti come Renato Guttuso, Mauro Chessa e Michele Cascella.
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di Simone Pini Uno scrigno d’arte arroccato su uno sperone calcareo, nato per volere di una domina romana e grazie a un miracolo. San Marino con i suoi castelli è una meta tutta da scoprire, un orgoglioso stato che è stato in grado di conservare il suo assetto fin dal Medioevo.
La Repubblica di San Marino, l’Antica terra della Libertà, è un autentico scrigno ricco di arte, tradizioni, storia e cultura, incastonato nel centro - nord della penisola italiana, tra l’Emilia-Romagna e le Marche, a una decina di chilometri dalla riviera adriatica di Rimini e di Riccione. Rappresenta una meta affascinante e tutta da scoprire e offre al viaggiatore capolavori di inestimabile valore. Secondo una leggenda la sua fondazione è attribuita a Marino, un tagliapietre proveniente dalla Dalmazia che nel III secolo d.C. decise di rifugiarsi sul Monte Titano a causa delle persecuzioni contro i cristiani attuate dall’imperatore Diocleziano. La proprietaria del monte era una domina romana, di nome Felicissima, il cui figlio, Verissimo, non sopportava che Marino permanesse nei suoi possedimenti. Un giotno, quando rimase improvvisamente paralizzato, Marino lo guarì. Egli si convertì al Cristianesimo e gli offrì una terra dove praticare la propria fede e dove creare una comunità di Cristiani: in tal modo Marino riuscì a diventare un punto di riferimento essenziale per la comunità grazie al suo forte carisma. E la popolazione autoctona, accogliente e orgogliosa della propria identità culturale, si è sempre basata sui valori imprescindibili della libertà , della coesione sociale e della democrazia. Dal 2008 il centro storico e il Monte Titano sono stati dichiarati Patrimoni dell’Umanità dall’UNESCO. Stupisce il fatto che la Repubblica di San Marino è stata in grado di conservare il proprio assetto democratico e liberale dal Medioevo. Nel XI secolo questa minuscola nazione, sotto Marino, nominato diacono dal vescovo Gaudenzio, riuscì sempre a sottrarsi dai gioghi e dalle interferenze dell’Imperatore e del Papato, assunse lo status di libero Comune. La sua indipendenza fu riconosciuta sia da Napoleone nel 1797, sia dal Congresso di Vienna tenutosi nel 1815. Il Monte Titano è il rilievo principale dell’enclave, alto più di 700 metri, impreziosito da vestigia secolari, costituito da uno sperone calcareo, su cui si arrocca la città, divisa in Castelli, dalla quale trae origine il nome della nazione. Sulla vetta si possono ammirare le tre rocche medioevali raffigurate sullo stemma della città. La Torre Guaita, a base pentagonale e risalente all’X secolo, è la più antica
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San Marino - WEEK END MAGGIO Arena Lifestyle 05/18
delle tre fortificazioni e comprende anche una chiesa e le prigioni. Svolse un ruolo di primaria importanza dal punto di vista strategico per la difesa della città-Stato dai Malatesta nel XVII secolo. La Torre Cesta, che fu utilizzata come torre di avvistamento, fu costruita nel XIII secolo e dal 1956 ospita la sede del Museo delle Armi Antiche, mentre la Torre del Montale, è realizzata tra il XIII e il XIV secolo, è un fortilizio contenente una prigione profonda 8 metri, soprannominata “fondo della torre”. Un week end a San Marino permette di visitare questi antichi siti: nel caratteristico centro storico, in prossimità di Contrada del Collegio, si fa shopping anche di sera nei vicoli: passeggiando per le viuzze gremite di boutiques, di ristorantini e di storiche botteghe artigiane, si possono acquistare ceramiche dipinte a mano, lini con stampe e ricami, potrete assaporare un’atmosfera decisamente suggestiva di un borgo medioevale. Gli appassionati e i collezionisti di numismatica e di filatelia potranno trovare un cospicuo assortimento di pezzi e autentiche rarità. Una comoda funivia parte da Borgo Maggiore , a poca distanza dal capolinea: si può ammirare Piazza della Libertà, il più importante luogo aggregativo cittadino, su cui si affacciano il Palazzo Pubblico e la Parva Domus, sede della Segreteria di Stato per gli Affari Interni; da qui è possibile ammirare il suggestivo panorama del Montefeltro, ricco di castelli e di rocche pieni di fascino. Il Palazzo Pubblico, edificio dalla facciata in pietra arenaria ubicato in Piazza della Libertà, decorata da monofore e da arcate a sesto acuto, è la sede degli organi amministrativi e istituzionali, che hanno nomi antichissimi: i Capitani Reggenti, il Consiglio Grande e il Congresso di Stato. Sulle facciate dei palazzi sono raffigurati gli stemmi di celebri casate, mentre, nei pressi del portico, sono esposti gli emblemi dei Castelli. Al loro interno i visitatori ammirano i raffinati fregi, le iscrizioni e busti di illustri personalità, la Sala del Consiglio Grande e Generale e il busto del presidente statunitense Abramo Lincoln, conservato nello Scalone d’Oro. Nelle vicinanze del Palazzo si erge la famo-
sa Statua della Libertà di San Marino, un’indomita guerriera con una bandiera, simbolo della fierezza di questo minuscolo popolo. Tra i monumenti da visitare, la Basilica di San Marino, dedicata al fondatore della Repubblica e la concattedrale della Diocesi di San Marino-Montefeltro, realizzata in stile neoclassico, con colonne corinzie, costituita da tre navate, la cui costruzione è iniziata nel 1826: tra le sue mura si ammirano la statua del Redentore di Adamo Tadolini, i Dodici Apostoli, lo scranno della reggenza e le Virtù cardinali. Imperdibili anche i Musei nazionali : il Museo San Francesco, situato nel chiostro della Chiesa edificata dai Maestri Comacini nel XIV secolo, ospita una prestigiosa collezione di affreschi e di dipinti realizzati da diverse scuole regionali, di paramenti e arredi sacri. Il Museo delle Curiosità espone invece invenzioni bizzarre e oggetti inconsueti. Per scoprire la magica atmosfera dell’Età di Mezzo, potrete partecipare alle Giornate medioevali, che si svolgeranno nella città vecchia dal 22 al 29 Luglio 2018: in questa occasione San Marino ospita rievocazioni storiche, gare e di strenue battaglie, esibizioni di compagnie teatrali e di musicisti, allestiti accampamenti militari e suggestivi mercati ed esibizioni di sbandieratori e di balestrieri, che si affronteranno nella Disfida del Tricorniolo, una gara di tiro con la balestra antica all’italiana di grande complessità. Le vie del centro storico saranno animate da laboratori, bancarelle e officine in cui abili Maestri Artigiani riproporranno ai visitarori dimostrazioni degli antichi mestieri. In occasione della festa del Patrono, il 3 settembre, la Federazione Balestrieri Sammarinesi organizza il Palio delle Balestre grandi, durante il quale si scoccano quadrelli, bolzoni e berrettoni. A cadenza semestrale è possibile assistere alla Cerimonia di Insediamento dei Capitani Reggenti, in occasione della quale si organizzano cortei per celebrare l’inizio del mandato dei capi di Stato. e di limone, si può gustare
La tradizione gastronomica sanmarinese è decisamente variegata e risente degli influssi delle antiche tradizioni e delle varianti romagnola, emiliana e marchigiana: la piadina , nella variante riminese (cioè con un impasto sottile) è una pietanza molto apprezzata che accompagna ogni cibo. La polenta è servita all’antica, con sugo di salsiccia e pecorino grattugiato o con sugo di uccelletti e salvia. Sono molto apprezzati anche i passatelli e gli strozzapreti, conditi con un prelibato sugo di carne, le tagliatelle e i ravioli. Tra i secondi piatti spicca il coniglio in porchetta con finocchietto selvatico, influenzato dalla tradizione del Montefeltro, mentre tra i dolci tipici sammarinesi spiccano la torta Tre Monti, preparata con cialde farcite con crema di cacao e nocciole, sovrapposte in strati e decorate con cioccolato fondente. La Pagnotta, tipica del periodo pasquale, si prepara con uvetta e anice. Il Bustrengo viene preparato con mandorle, noci, miele, fichi, scorza di arancia e di limone e uvetta, anche se nella versione sammarinese si aggiungono farina di mais e pane grattugiato al posto del riso. La Torta Titano è il dolce tipico di San Marino: due strati di pasta sfoglia, guarnito con mandorle dolci e amare, uova, miele, arachidi, meringhe e cioccolato fondente. La Verretta invece è un dolce di cioccolato fondente, ripieno di una squisita crema di cacao, decorato con wafer e nocciole su tre strati di croccanti cialde. Queste leccornie si possono gustare cenando in uno degli ottimi ristoranti proposti dal territorio, ascoltando musica. Nel periodo estivo San Marino è animata da eventi musicali, sfilate di moda e spettacoli teatrali. Specializzato in piatti tradizionali sammarinesi il ristorante Righi, insignito del prestigioso riconoscimento della stella Michelin, offre ospitalità anche nella sua osteria.
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Moneta d’oro da 2 scudi (1978), con effigie della cittadina Loredana Pinotti degli Uberti. Sotto, torta Verretta al cioccolato.
Arena Lifestyle 05/18- FOOD& WINE/ GOURMANDIA
GOURMERS IN FESTA
Mozzarella treccia appena legata a mano, con amore. A Sanalucia di Piave, 200 produttori italiani partecipano al festival Gourmandia, nato per raccontare l’innovazione portata avanti insieme al rigoroso rispetto della tradizione, in tante preparazioni alimentari di qualità.
L’
‘appuntamento più goloso del mese è in provincia di Treviso. Sul Piave si danno appuntamento i migliori brand di vini, dei formaggi, dei salumi, dei prodotti freschi e conservati, accomunati dalla passione e dalla tradizione.
dopo la raccolta, in olio extravergine d’oliva. Ottimi sia crudi che cotti, soprattutto in abbinamento alla mortadella o alle acciughe. Dal Salento arriva un altro prodotto innovativo, a metà strada tra frisella e cous cous, è il friscous. Ideato dell’azienda Gaele di Ruffano ha come base una selezione di semole e farine di grano duro, tra cui farina ottenuta dal grano Cappelli, lievito madre e curcuma. È ottimo sia per l’aperitivo, sia come piatto. La Makai’ra è una pasta di semola di grano duro con aggiunta di sfarinato di Orzo Mondo che ne migliora le qualità nutrizionali. Viene prodotta a Guardiagrele dall’azienda agricola Giacomo Santoleri – Casino di Caprafico. Per assaporarne al meglio il gusto si consiglia un condimento in bianco. A Capannoli invece l’azienda agricola Arcenni si dedica all’elicicoltura, allevando chiocciole Helix Aspersa Muller con metodo a ciclo biologico completo in habitat naturale, all’aperto e un’alimentazione priva di pesticidi, mangimi e additivi chimici. Le chiocciole vengono trasformate e declinate in diversi modi: da quelle al naturale al ragù di chiocciole; dal patè alle chiocciole in ribollita. Le oche sono invece le regine indiscusse della Corte dell’Oca di Mortara: vivono libere in grandi spazi aperti sotto le attente cure di Gioacchino Palestro che le trasforma in prelibati salumi a filiera corta e il foie gras. Oltre ai prodotti gastronomici made in Italy, Gourmandia sarà l’occasione anche per degustare prodotti d’alta gamma di provenienza straniera, come le ostriche della Normandia importate da Vania Barthelémy di Roma e il jamon iberico, il foie gras etico e
Dal 12 al 14 maggio 2018 a Santaluciadipiave (Treviso) 200 produttori espongono a Gourmandia, il festival nato per raccontare l’innovazione artigiana dei prodotti gastronomici italiani. Come gli Paccasassi in olio, il friscous, la Makai’ra. Sono questi alcuni dei prodotti che saranno presentati in questa edizione, prodotti di eccellenza che raccontano la storia di chi ha creduto nella tradizione enogastronomica e l’ha contestualizzata al presente. Una kermesse accolta dal Veneto, una regione dove si gusta un cibo indimenticabile. Come spiega l’esperto di food Davide Paolini, tra i creatori di questa manifestazione: “La tradizione è un’innovazione riuscita. Non è un fenomeno di cultura fermo, immobile, ma è sempre in movimento, in mutazione continua. Non esiste un lasso di tempo che possa considerarsi ideale o riconosciuto per far etichettare un salume, un formaggio, un vitigno o altro come tradizionale. È l’integrazione con gli usi, le abitudini delle genti a farlo diventare tale”. Da una tradizione dimenticata marchigiana arrivano per esempio i Paccasassi del Conero, Noti anche con il nome di finocchietto marino o erba di San Pietro, sono erbe aromatiche spontanee, buone da mangiare. L’azienda Rinci di Castelfidardo le ha elette suo cavallo di battaglia e li propone conservati, subito
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le acciughe del Cantabrico frutto della scrupolosa selezione dell’azienda La Fenice – Patanegra di Grassobbio. Domenica 13 maggio, alle ore 15.30, nella Sala Show Cooking Club Magnar Ben, saranno premiate le migliori botteghe del gusto venete selezionate dal Gastronauta Davide Paolini in collaborazione con La Fenice di Grassobbio (BG), un’azienda espositrice a Gourmandia specializzata nell’importazione di prodotti d’alta gamma spagnoli (Jamon Iberico de bellota e acciughe del Cantabrico) e francesi (foie gras etico). Le botteghe del gusto selezionate sono: Il Paiolo di Belluno, El Bocon del Prete di Bassano del Grappa (Vicenza), Franchin Specialità Alimentari di Padova, Il Ceppo di Vicenza, Salumeria Bertin di Montegrotto Terme (Padova), El Casolin di Malo (Vicenza), Gastronomia Marcolin di Padova, Damini Macelleria & Affini di Arzignano (Vicenza), Fermi di Treviso, Enogastronomia Antonio Baggio di Bassano del Grappa (Vicenza), Zucchello Emporiumdi Treviso. Il Gastronauta ha deciso di premiare delle realtà che, sebbene lontano dalle luci della ribalta, hanno un’anima viva e pulsante. Botteghe che, anche nella provincia, portano avanti con coraggio e passione, una selezione scrupolosa dei prodotti, cercati con la lente della ricerca e con l’entusiasmo di chi ha voluto fare della qualità il proprio cavallo di battaglia ed è stato ripagato da una clientela fidelizzata. Piccoli artigiani della distribuzione che esercitano con orgoglio un mestiere a rischio d’estinzione e danno priorità alla materia prima, vero punto di partenza di ogni cosa perché come dice Davide Paolini, parafrasando Mirò, “bisogna
avere il rispetto per la materia. È lei il punto di partenza. È lei che detta l’opera, lei che la impone”. Nei tre giorni del festival Gourmandia, ci sarà anche uno sguardo sovranazionale: ristoranti, resort, vignaioli, produttori si susseguiranno in incontri, degustazioni show cooking per raccontare la cultura enogastronomica della macroregione europea dell’Alpe Adria composta da 4 nazioni: Italia, Austria, Slovenia e Croazia. Gourmandia, la creatura di Davide Paolini, riscuoterà anche quest’anno un grande successo. Molto di questo si deve al suo intuito e alla sua grande passione per il cibo, italiano e non, di qualità e per il suo impegno perla tutela delle tradizioni culinarie. Dopo l’esordio come giornalista, lavora per tanti anni nel gruppo Benetton, come direttore marketing-communication e come amministratore delegato del progetto Benetton Formula Uno. Appassionato da sempre di gastronomia, dal 1983 firma la rubrica “A me mi piace” per il Sole 24 Ore, collabora con numerose testate e con Radio 24, dove nel 1999 comincia la trasmissione “Il Gastronauta”. Negli anni un pubblico crescente ha sposato la filosofia del Gastronauta®, marchio registrato e coniato da Davide Paolini per definire colui che ha scelto di mangiare con la propria testa, fuggendo i luoghi comuni culinari. Davide Paolini ha scritto numerosi libri dedicati al cibo e al marketing gastronomico e territoriale. E’ stato docente di Turismo enogastronomico alla Facoltà di Scienze Gastronomiche dell’Università di Parma, di Marketing e Promozione del Territorio alla Facoltà di Sociologia dell’Università di Urbino, nonché creatore di molti eventi enogastronomici nazionali.
A TAVOLA NEL TREVIGIANO Nel territorio circostante sulle tracce di esperienze culinarie da poter consigliare, per seguire gli affezionati, anche fuori dalle porte dell’evento. Questo tour goloso ha permesso di scoprire alcune delle eccellenze della ristorazione locale. Al fondo dell’articolo, si può trovare una comoda mappa che ricalca i passi del nostro esploratore, segnalando la posizione dei vari locali rispetto a Santa Lucia di Piave. Osteria al Castelletto – Dalla Clemi Il camino acceso e Clemi, la padrona di casa, rendono queste salette avvolgenti e pieni di un calore che mette subito a proprio agio. La cucina è quella del territorio, valorizzata al meglio con prodotti di prima scelta. Asparagi, uova barzotti, maionese fatta in casa, carne cotta al camino, risi e bisi: tra le specialità della casa ci si perde ed è difficile volersi alzare dal tavolo. Gellius Ristorante luminoso nel quale poter gustare piatti creativi con prodotti del territorio, immersi in un’atmosfera caratterizzata da alcuni reperti archeologici di epoca romana. La cura nella scelta dei prodotti e del loro abbinamento gli sono valsi il riconoscimento di una stella Michelin. Gambrinus Parco Gambrinus offre un contesto suggestivo per il suo ristorante. Querce e altre piante se colari sono casa per una varietà di animali che stuzzicano la curiosità. Cucina etica e responsabile, con un occhio al vegetariano e al vegano, vogliono abbracciare tutte le esigenze culinarie, valorizzando la materia prima selezionata. Osteria Borgoluce Ambienti colorati e un rustico in chiave moderna sono la cornice scelta da questa famiglia. Direttamente dal produttore al Nei dintorni di Gourmandia, un consumatore, da non perdere sono formaggi (le mozzarelle di bufala) e le carni bufaline. Sta- territorio ricco di ristoranti e trattorie di qualita. gionalità e filiera corta fanno da padrone in una cucina semplice e di qualità.
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Arena Lifestyle 05/18- THE ROYAL WEDDING SHOW
ROYAL WEDDING A TUTTO COLORE Sopra: la foto ufficiale del matrimonio dei Duchi di Sussex dopo la cerimonia alla St. George’s Chapel di Windsor, il 19 maggio
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ono costate 45 milioni di dollari e seguite a livello planetario le nozze del Principe Harry, sesto in linea di successione al trono britannico, con l’attrice americana Meghan Markle.
Un matrimonio coloratissimo e allegro. Lui è apparso più commosso di lei. Anzi: rilassato, sorridente, ha raccolto anche qualche risata di incoraggiamento dal pubblico degli invitati, quando ha pronunciato il fatidico sì in anticipo, si è lasciato sfuggire il suo “I will” prima che l’arcivescovo finisse di parlare. Harry e Meghan, i nuovi Duchi di Sussex si sono dati un piccolo bacio all’uscita della St. George Chapel davanti a tutti. Ma uno più intenso è stato poi immortalato dai soliti paparazzi, nella carrozza che li ha portati alla festa data dalla nonna, la Regina Elisabetta II. In mondovisione si sono visti da vicino lo scambio degli anelli - sì, anche lui lo indosserà - si sono udite la promessa di «protezione», ma non di «obbedienza». Perfetti invece il tempismo della sorella di Diana all’altare per la lettura, l’arrivo della popstar Elthon John, il Principe di Galles accompagnatore della sposa. In ritardo di 10 minuti (ma lei può) la Regina Elisabetta II. Soliti e anche un po’ triti i commenti dei cronisti e degli esperti di royals convocati da tutti i canali italiani e internazionali. Per ore, anche facendo zapping, si sentivano dire le stesse frasi, del tipo: “ancora un matrimonio da favola; oggi, due mondi tanto diversi, sono stati un po’ più vicini; per un giorno, la Gran Bretagna ha dimenticato la Brexit; per un giorno l’America ha dimenticato
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Donald Trump e i veleni sulla famiglia Markle; Harry, il principe soldato; l’attrice americana Meghan Markle che ricorda un po’ Grace Kelly e un po’ Wally Simpson; il Regno Unito ci ha regalato un’altra fiaba contemporanea”. E per finire “con i Royal Weddings la monarchia inglese riesce a dare il meglio di sè, sfodera la «Pomp and Circumstance» alimenta il fascino senza tempo della Corona”. Eccetera. Ci siamo commossi alla vista di lei sola all’ingresso della navata, accompagnata per il secondo tratto dal futuro suocero, il Principe di Galles; siamo stati deliziati dalla vista dei dieci bambini del corteo nuziale, dalle lacrime della madre di lei, Doria (molto elegante se non avesse avuto il piercing al naso) al ‘sei meravigliosa’ del Principe Harry che le scostava il velo. Abbiamo preso nota degli outfit più glam, con al primo posto i Clooney e i Beckham. E’ stata una lunga seduta davanti al televisore, ma ne è valsa la pena. Perchè abbiamo saputo tutto, fin nei minimi dettagli. Iniziando dalla carrozza scoperta, avuta in prestito dalla regina Elibetta, utilizzata spesso sia in occasione di visite di Stato sia di altri eventi ufficiali, è stata trainata da cavalli Windsor Grey, tra cui Storm e Tyrone, rispettivamente padre e figlio. Che il corteo è partito poco dopo le 14 ora italiana dal Castello di Windsor e ha percorso Castle Hill, fino al centro della cittadina alle porte di Londra, tra due ali di bandiere, la Union Jack e quella americana, applaudito da più di 100 mila persone (di cui 20 mila giunte appositamente in treno, sfidando gli 8 gradi di temperatura del
THE ROYAL WEDDING SHOW/ Arena Lifestyle 05/18
primo mattino) e sorvegliato da 4 mila poliziotti, cecchini, elicotteri e più di 10 droni. Che il tailleur color panna della Duchessa Kate non era nuovo, ma alla terza uscita pubblica. Abbiamo saputo che c’erano tutti i 600 ospiti in chiesa. Circa 2.600 sudditi di Sua Maestà - più 1.200 giovani, 200 membri di associazioni benefiche, 100 studenti di scuole locali, 610 impiegati del castello e 530 dipendenti della Royal House hanno avuto il privilegio di seguire le nozze dai giardini del castello. Seicento anche i presenti al ricevimento offerto dalla regina Elisabetta II nella St. George Hall, al Castello di Windsor con finger food, vino e champagne. E che dopo il party di Sua Maestà, finito alle 16, solo un piccolo gruppo di ospiti ha dovuto trattenersi per l’esclusivo party serale. Gli ospiti di sesso maschile hanno approfittato della pausa per seguire in tv la finale della Coppa d’Inghilterra (Chelsea-Manchester United), che si giocava a Wembley. William e Harry, che in queste occasioni sono insieme allo stadio, hanno riposato dalle fatiche familiari e nuziali, per presentarsi poi ai 200 ospiti attesi alla Frogmore House alle 19 per il party serale organizzato dal Principe Carlo, terminato ben oltre la mezzanotte. Durante la messa il coro gospel ha intonato “Stand by me”, al primo ricevimento, Elton John ha eseguito la celeberrima “Your Song”, mentre Kensington Palace diramava il primo comunicato di ringraziamento: “Dal Commonwealth e oltre: grazie alla meravigliosa folla di Windsor per l’incredibile accoglienza per il duca e la duchessa del Sussex appena sposati”. E’ stata una cerimonia felice, di famiglia, piena di colori, meno ingessata del solito, oltre la tradizione. Harry ha raccolto personalmente i fiori dal giardino privato di Kensington Palace da aggiungere al bouquet della sua futura moglie e Meghan Markle, arrivata in una Rolls Royce d’epoca, accompagnata dalla mamma Doria Ragland, è entrata da sola, con in tes-
ta un lunghissimo velo bianco, la tiara di diamanti del tesoro reale tra i capelli e dieci piccoli paggi pronti farle coraggio, ma certo non ce n’ era bisogno. Mentre in mondovisione si commentava il suo abito niente affatto semplice da oltre 220 mila euro, il principe Carlo, erede al trono che ha preso il posto del padre di Meghan assente - si preparava a metà navata, tra la sorpresa generale, per accompagnare fino all’altare, nell’ultimo tratto, questa nuora matura, con un divorzio alle spalle e un curriculum amoroso che avrebbe consigliato di evitare l’abito bianco abbagliante: ma la sposa ha fatto sapere che questo è il suo primo matrimonio religioso, dunque... Dunque viene da pensare che il dress color sia ispirato alla sua anima appena entrata nella comunità anglicana. Abbiamo saputo inoltre che la sposa si è truccata da sola, la mattina del matrimonio, per apparire il più naturale possibile. Affezionata alle sue lentiggini, ha usato con parsimonia il fondotinta nude e giocato con un blush tonalità bronzo, senza contouring. Ha realizzato insomma un make up poco cinematografico, puntato tutto sullo sguardo, sottolineato da matita nera e leggero smokey. Le sopracciglia, super definite, sono state disegnate in stile Audrey Hepburn da Nails&Brown di Londra, salone di bellezza frequentato da Meghan, specializzato proprio nel trattamento viso “The Audrey”. Infine, i capelli: nota per i suoi raccolti spettinati (detti messy bun), stavolta Meghan ha optato per un raccolto basso molto ordinato con riga al centro, necessario per sostenere una tiara sicuramente di peso, che non avrebbe tollerato neanche un capello fuori posto. Harry, come il suo testimone di nozze, l’erede al trono William, ha vestito l’alta uniforme dei Blues and Royals: quella del suo reggimento di cavalleria di cui ha il grado di capitano, l’unico che consente di portare la barba. E’ anche l’unica
L’ANELLO DI HARRY E LA TIARA DI MEGHAN Le fedi di Harry e Meghan sono state realizzate da Cleave and Company, gioiellieri e medaglieri storici della famiglia reale che hanno anche montato le pietre preziose volute dal Principe sull’anello di fidanzamento dell’attrice americana. La fede di Meghan è stata realizzata con oro gallese ed è stata donata dalla regina Elisabetta. L’anello di William invece è una fascia di platino decorata da una scritta. Andando oltre la tradizione, il principe Harry ha deciso che terrà la fede al dito anche dopo il matrimonio, La sposa ha ricevuto il permesso di indossare non la Spencer Tiara come Diana, ma la tiara appartenuta alla regina Mary e realizzata in Inghilterra nel 1932. La Queen Mary’s Lozenge Bandeau è un pezzo alquanto raro in stile art déco. Si tratta di un gioiello appartenuto alla Principessa Mary e indossato anche dalla Principessa Margareth nel 1965. Nessun’altra prima di Meghan, l’ha più portata sui capelli. Quando il duca e la duchessa di Sussex hanno lasciato il castello di Windsor per recarsi al ricevimento nel castello di Frogmore, i più attenti hanno notato oltre all’abito lungo in seta firmato dalla stilista inglese Stella McCartney, i bracciali Cartier e l’anello indossato da Meghan Markle: si tratta di un gioiello con acquamarina appartenuto a Lady Diana.
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L’edizione online del quotidiano La Repubblica individua in tempo reale l’anello di acquamarina che fu di Diana donato alla Duchessa di Sussex Meghan dal neosposo Harry.
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TORTA AL LIMONE DI AMALFI Frames della cerimonia a Windsor da SkyTg24. Al party, una enorme torta “allo sciroppo di fiori di sambuco” realizzata “nella residenza della Regina a Sandringham” conripieno “con cagliata di limone e crema di fiori di sambuco”. Così Kensigton Palace descrive il dolce progettato per il matrimonio di Harry e Meghan da Claire Ptak, nata in California, proprietaria di Violet Cakes a Hackney, nella zona est di Londra. La torta nuziale di Harry e Meghan è stata decorata con crema al burro di meringa svizzera e oltre 120 fiori, tra cui peonie e rose. Per il ripieno sono stati utilizzati anche 200 limoni di Amalfi. Il prezzo? “Solo” 50mila sterline.
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uniforme che avrebbe veramente voluto indossare, visto che con quella è andato a combattere in Afghanistan. La duchessa di Cambridge, Kate, in un discreto abito-cappotto panna di Sarah Burton per Alexander McQueen, ha tenuto a bada i bambini che accompagnavano la sposa, tra i quali i suoi due figli, George e Charlotte, mentre il terzogenito era affidato alle cure della baby sitter fino all’ora della poppata. La regina Elisabetta ha occupato vari minuti sui canali mondiali, non solo perchè in pochi avevano indovinato il colore che avrebbe scelto per il suo classicissimo ensemble (tonalità attualissime, tra il giallo canarino e il verde acido, con uno spruzzo di viola sul cappello). Ma anche perchè il vescovo americano Michael Bruce Curry, al contrario del Decano di Windsor con Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury e Capo spirituale della Chiesa anglicana, ha deciso di fare un lungo sermone agli sposi. La Regina invece l’ha seguito tutto, impassibile come sempre. A poca distanza da lei, di fianco al figlio Carlo, il seggio vuoto per ricordare la Principessa Diana. “The power of love, L’amore è l’unica via per fare di questo vecchio mondo un nuovo mondo” ha chiosato citando Martin Luther King Jr. il primo vescovo americano della Chiesa d’Inghilterra e parte della comunione anglicana, tocco che non poteva mancare così come la regina dei talk show statunitensi Oprah Winfrey, che con tutto quel che guadagna poteva anche vestirsi meglio. Abbiamo poi saputo che le musiche eseguite sono state scelte
fra le opere del compositore inglese Thomas Tallis, tra i più importanti del ‘500, fino a Stand by me, di Ben E. King (1962), passando per Bach, Haendel, Schubert, Faurè e Widor, senza trascurare le glorie musicali inglesi come Ralph Vaughan Williams, Edward Elgar e Gustav Holst. Tutti eseguiti da una compagine di musicisti diversi, dal Coro della Cappella di St.George sotto la direzione di James Vivian, con aggiunti gli organisti Luke Bond e Jason Richards, il violoncellista Sheku Kanneh-Mason, un’ orchestra formata da elementi dell’Orchestra nazionale della BBC, della English Chamber Orchestra e della Filarmonica diretta da Christopher Warren-Green. E dall’America, un coro di musica gospel. Quando finalmente, poco prima degli sposi, sono potuti uscire dalla chiesa, i super ospiti hanno tirato un sospiro di sollievo immortalato da tutti i fotografi che erano in attesa della partenza dei Duchi insieme sulla carrozza, affiancata da ufficiali dell’esercito britannico a cavallo. A far ala una folla composta ma esultante, con gli uomini avvolti nelle bandiere, le donne con i cappellini rossoblu, i bambini con adesivi sul petto, e tra le manine disegni e foto degli sposi, fiori e coccarde. Centinaia di migliaia di sudditi come da tradizione hanno sventolato i fazzoletti ma stavolta anche i biglietti delle avvenute donazioni per le sette associazioni prescelte, nessuna delle quali, è stato specificato, direttamente collegata agli sposi. A Windsor il sole ha brillato nel pomeriggio su un cielo terso azzurro piuttosto raro per il mese di maggio.
L’ABITO BIANCO DI MEGHAN La sposa ha sorpreso tutti, mandando all’aria le previsioni dei bookmakers: l’abito scelto non è di un brand del Regno Unito, perché firmato Givenchy, ma è stato disegnato da una stilista originaria di Birmingham, Clare Waight Keller, la prima donna a guidare la casa di moda francese dove arriva dopo aver guidato Chloé e prima ancora Pringle of Scotland. La scelta dell’attrice è caduta sulla stilista britannica, fa sapere Kensington Palace, per “l’estetica elegante e senza tempo e la fattura impeccabile” del suo stile. Meghan aveva espresso inoltre il desiderio di avere tutti e 53 i Paesi del Commonwealth con sè nel suo giorno più importante per cui la Waight Keller ha scelto per ogni singolo Paese un fiore distintivo e li ha uniti in una grande composizione floreale. Il velo infinito di Meghan, più da principessa che da duchessa, ricordava invece il lungo strascico dell’abito della suocera che non conoscerà mai,Diana, indimenticabile sulla scalinata di St Paul’s Cathedral nel 1981 nel suo abito grandissimo a meringa. lLungo quasi 5 metri, è in tulle di seta con fiori, sono ricamati a mano con un filo di seta e organza. Si dice che per realizzarlo i sarti abbiano impiegato centinaia di ore, anche perché costretti a fermarsi ogni mezz’ora per lavarsi le mani, affinché non si rovinasse il tessuto. Un velo, quello di Meghan, che resterà nella storia per aver saputo raccontare c la storia e multiculturalità di un Paese, ex impero. Un omaggio alla regina, incoronata nel 1953 e anche al futuro suocero Carlo che ora è a capo della storica confederazione di ex colonie. L’abito, candido a dispetto del secondo sì di Meghan, è davvero semplicissimo, anche troppo secondo alcuni. Ideale per valorizzare l’importante tiara di diamanti, secondo altri. Senza pizzi nè ricami, molto semplice ma elegante - di taglio molto anni ‘50, a trapezio - ricorda quelli indossati da molte grandi dive di Hollywood. Criticata invece da vari designer la scollatura a barca che secondo il protocollo della Chiesa anglicana scopre un po’ troppo le spalle, anche se il velo le ha circondate per tutta la cerimonia. Per l’abito, il velo e le scarpe sono stati spesi, al cambio attuale, oltre 229.000 euro.
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PIU’ UN RED CARPET CHE UNA CELEBRAZIONE DI STATO Il matrimonio di Harry e Meghan Markle è stato un evento più simile a un red carpet che a una celebrazione di stato. La situazione era decisamente meno formale rispetto alle nozze di Willam e Kate celebrate a Londra, nell’abbazia di Westminster. La sposa, una delle poche con il rossetto sulle labbra e lo smalto colorato all’altare, era molto concentrata nella più grande interpretazione della sua vita, che abbiamo potuto apprezzare al primo sguardo senza velo a Harry, nell’amoroso chinarsi verso i paggetti, nell’intonazione della promessa di matrimonio, quando la sua voce si è sentita - senza alcun effetto audio e senza sapienti regie - in mondovisione. La Regina ha indossato un tailleur coloratissimo verde evidenziatore invece di un abito ricamato di perle e il principe Carlo che ha accompagnato Meghan all’altare era in abito light grey, ideale per un Garden Party di Buckingham Palace. Invece Elton John, senza la cui presenza a corte ormai non si celebra più una cerimonia, era -come altri forse nel dubbio - scrupolosamente in tight scuro. Gli ospiti sono stati quasi tutto molto ligi al dress code (longuette, no scollature, no bianco, no nero) diffuso dal protocollo, soprattutto tra banchi, nella St George’s Chapel, con la famiglia reale al gran completo, compreso il quasi 97 enne duca di Edimburgo reduce da un’ operazione all’anca. Troppo informali stavolta le figlie del Principe Andrea, Eugenia e Beatrice. Ma anche la ex di Harry Crassida Bonas non si è spesa troppo. Apprezzatissima invece la mise in verde acqua scelta da mamma Middleton e dalla madre di Meghan, Doria, posizionata in Chiesa vicino ai Principi di Cornovaglia, che ha scelto un cappellino pillow box approvato anche da Her Majesty . Si è detto tanto in questi giorni sull’abito soprabito color panna che la duchessa di Cambridge Kate Middleton indossava per la terza volta: già visto in occasione del battesimo di Charlotte e già visto per una visita di Stato in Belgio. E’ un modello Alexander McQueen che le piace molto. Non è stato uno sgarbo personale alla sposa nè il colore nè la replica. Pare che Kate ora aderisca al movimento lanciato da Livia Firth sul riciclo degli abiti, non per senso dell’economia ma dell’ecologia. Nuovo però il cappello (firmato Philip Treacy) a forma a disco volante arricchito da fiori. Si è detto altrettanto sul blu (che risultava quasi nero nelle foto) di Victoria Beckam. Forse doveva scegliere quello più ufficiale di Chelsy Davy, altra ex di Harry cui è stato consigliato di non mancare. Coloratissimi gli oufit delle celebrities e vari amici degli sposi, dai Clooney a Ophrah Winfrey e alla tennista Serena Williams, am-
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mirati dal bagno di folla degli sposi appostato fuori dal Castello prima della cerimonia e del ricevimento nuziale. Paparazzi appostati anche Frogmore House, stessa residenza reale dove trascorsero la luna di miele re Giorgio VI e la regina madre, che ha ospitato la festa offerta dal Principe Carlo, con spuntino di mezzanotte a base di hamburger e gran successo del fratello di Kate, James Middleton, ora il partito più ambiti del Regno Unito (chi non vorrebbe diventare cognata del re?). Harry e Meghan sono arrivati su una jaguar d’epoca con targa 190518, la data del matrimonio color azzurro cielo. Era questo il qualcosa di blu che la sposa doveva portare con sè nel suo più fausto giorno come portafortuna? In realtò il blu ce l’aveva al dito: la storia acquamarina che fu di Diana. Tra i primi ospiti ad arrivare al mattino nella cappella di st George, la anchor-woman Oprah Winfrey, amica personale della coppia, con abito rosa troppo aderente, accompagnata dall’attore e Dj britannico, Idris Elba. Elogi per George Clooney, con la moglie Amal superchic in giallo, forse un po’ troppo scollata per l’etichetta reale. Un modello che resterà nella storia e sarà copiatissimo quest’anno, colore incluso. Fra i cantanti, James Blunt, Ed Sheeran, Elton John e suo marito David Furnish. Il cast di Suits, la serie in cui recitava Meghan, è arrivato al completo: Gabriel Match (l’avvocato Harvey Specter), in tight con cravatta bordeaux e occhiali neri, accompagnato dalla moglie Jacinda Barrett. Gina Torres e Sarah Rafferty, che interpreta Donna Paulsen, in abito blu con enormi maniche a sbuffo e microcappellino a veletta. E poi Patrick J. Adams, il Mike Ross che ha sposato Meghan sul set. E ancora, Rick Hoffmann, Louiss Litt nella serie, in tight grigio. Tra i parenti, lo zio duca di Spencer, fratello di lady Diana e la cugina di Harry, Zara Tindall col marito. Sotto i cappelli delle signore, tanti raccolti morbidi per omaggiare omaggiare il messy bun amatissimo dalla sposa Meghan Markle. Molti i trucchi leggeri con occhi protagonisti e labbra dal nude al rosa. Solo Camilla la moglie di Carlo e Oprah hanno esibito cappelloni ingombranti, peraltro deplorati dal protocollo e da tutta la stampa posh. Tra le più sbirciate ovviamente Pippa Middlteon, incinta del suo primo figlio, e il marito James Matthews. Tra le più ammirate, Kitty Spencer, top model e nipote di Lady Diana. Perfetto ili verde del suo abito Dolce & Gabbana. Solo con quel viso lì si può mettere un abito da cerimonia con fiori tanto grossi. Tra gli ospiti americani invitati a Windsor anche la tennista Serena Williams: in chiesa con un abito rosa fasciatissimo che la rendeva più prorompente che mai. E al party serale con un abito grand soiree con maxigonna a grandi fiori. Peccato che si è fatta beccare con le scarpe da ginnastica...
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Arena Lifestyle 05/18- TREND: Impazza il Meghan Markle style
IL MEGHAN MARKLE STYLE? VEDI DIANA..
A fianco: caccia alle somiglianze tra lo stile di Diana Spencer e quello di Meghan Markle nelle immagini pubblicate dai tabloid inglesi come The Sun, The Telegraph, National Enquirer. Inne gabili i richiami al glam della ‘principessa triste’ , con evidenti attualizzazioni. In questi giorni impazzano le scommesse sul nome dello stilista che firmerà l’abito nuziale e sul modello che la ex attrice sceglierà per le sue nozze. Un pezzo su misura che non costerà meno di 100 mila sterlire e sarà immediatamente copiato in tutto il mondo.
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Meghan (o qualcuno dietro di lei) ha cominciato a preferire capi, colori e stili che sono inequivocabilmente riferibili a quelli della suocera che non conoscerà mai, la Principessa Diana. Se a qualcuno può apparire assurdo tutto questo, basta dare un’occhiata alle web gallery di vent’anni fa, per convincersene... Dopo il fidanzamento ufficiale con il principe Harry, l’ex protagonista di Suits ha abbandonato almeno cinque capi d’abbigliamento e accessori inseparabili da lei, per introdurne altrettanti più adatti al suo nuovo ruolo, che hanno centrato appieno questi riferimenti. Nel passaggio da attrice Usa a membro della Royal Family britannica, miss Meghan “Sparkle”, come ormai la chiamano i britannici, appare è di una furberia inarrivabile. In attesa delle sue nozze con il principe Harry, sapeva che gli occhi di tutto il mondo sarebbero stati puntati su di lei: un’evoluzione nel suo stile era prevedibile, come anche il confronto con la futura cognatam la duchessa di Cambridge Kate Middleton. Ma che Meghan avesse pensato di accattivarsi le simpatie del mondo copiando paro paro gli outfit di Diana, era difficile immaginarlo. Difficile che il principe Harry non abbia letto la stampa
e l’abito nuziale scelto dalla sposa del Principe Harry vi ha deluso, niente paura. Ci saranno tutti gli altri giorni dell’anno se siete follower del classic Meghan Markle Style. Che, basta sfogliare le gallery su internet, è uguale a quello della suocera che non conoscerà mai, Diana Spencer. E’ apparso chiaro fin da subito è che Meghan non è Kate, almeno in fatto di stile. Se la Duchessa di Cambridge, infatti, ci ha abituati a un british royal look all’insegna del rigore, Meghan aggiunge al bon ton da protocollo, un pizzico di anticonformismo. E’ uno stile frizzante il suo, capace di reinterpretare il classico in chiave decisamente contemporanea e sbarazzina grazie a piccoli tocchi ad alto tasso di glamour. Ma questo lavoro di affinamento ha una fonte di ispirazione ben precisa. Nei primi giorni della trasformazione, il sospetto ci era venuto, ma ora abbiamo solida certezze. Sparite le giacche di pelle, sui capelli di Meghan sempre più lisciati e organizzati sono comparsi i cappellini. Poi è stato il turno delle prime uscite con gli abitini scivolati, i cappottini couture e tartan. Le nuove regole di stile insomma hanno preso piede: ma soltanto in pochi si sono accorti della rotta intrapresa dall’attrice americana.
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Impazza il Meghan Markle style /TREND: Arena Lifestyle 05/2018
rosa che si affanna a rilevare analogie e differenze. Di certo è stato informato e non ha posto nè veti nè limitazioni. Forse ha partecipato anche lui, divertito, a questo gioco delle curiose somiglianze. Intanto, col passare dei mesi sono spariti i mini abiti metallizzati, le maxi borse, il tacco dodici e le trasparenze. Sono comparsi i cappotti di taglio sartoriale, i cappellini a la Royal Ascot, le borse firmate ma non troppo, gli stivali e stivaletti con tacco medio in pelle, in suede o velluto. Via la bigiotteria e benvenuti i piccoli ma preziosissimi gioielli. Meghan Markle comincia in sordina a imitare i look di Lady Diana, impara a posare sorridente sotto il sole artificiale londinese, quello dei flash dei paparazzi appostati di fronte a Buckingham Palace & Co. La camicia bianca di Meghan Markle per le occasioni più informali, come la camicia bianca di Lady Diana. Stesso taglio maschile, stesso numero di asole aperte, stessa manica risvoltata, con contorno di occhiali da sole. I jeans skinny strappati al ginocchio di Meg sono scomparsi pure loro. Perchè c’è stato molto da fare per trovare un cappotto tartan in nuance verde da indossare alle prime uscite ufficiali con la Royal Family. Anche se con qualche aggiornamento. Sotto il brit coat Lady D indossava la gonna, il collant velato bianco e il microtacco smeraldo, le sue bellissime perle. La nuova fidanzatina d’Inghilterra ha preferito il nero: dolcevita e pantalone sartoriale stile Victoria Beckham. I tabloid inglesi hanno cominciato a rilevare le analogie qualche tempo fa, ma il fenomeno, via via che ci si è avvicinati al matrimonio, è andato intensificandosi. Il basco bianco in panno a forma di macaron di Meghan Markle è molto simile quello indossata da Lady Diana alle prime uscite con Carlo. La borsa color nocciola, rigida e col manico è un’altra citazione Spencer, Meghan Markle ha fatto cercare una borsa simile a quella indossata da Lady Diana, da tenere
rigorosamente tra le dita mentre si sorregge anche un bouquet di fiori freschi. E in poche ore la tote è diventata un vero must have. Un abito rosso fuoco è un altro indizio. Meghan Markle ci ha preso gusto a imitare Diana, anche se il modello è diverso e indossato in modo diverso, con smalto, pump nude e maxi shopping nera da giorno. Mentre la ‘principessa triste’ lo portava in pizzo, con scarpe di seta, smalto, orecchini e clutch declinati nello stesso ciliegia. A un certo punto il gioco si fatto pesante. Dopo l’annuncio ufficiale del fidanzamento col Principe Harry festeggiato con un soprabito bianco morbido, accompagnato da scarpe color nude (Jimmy Choo?) è comparso un nuovo cappotto bianco al ginocchio, diritto: altra citazione. Uno quasi uguale era stato portato con abito candido, perle, calze e scarpe nere per Diana. Meghan l’ha riproposto con baschetto in tinta, abito e pochette blu, decolletè blu comode. In poche ore è diventato il capospalla più venduto in tutto il mondo dove l’inverno scende sotto i dieci gradi. Allora la stylist che segue la fidanzata di Harry ha rincarato la dose. Ha scovato un cappotto color creme caramel da portare con un altro cappello design color nocciola, sempre citando un outfit di Diana, che però portava un basco quasi rinascimentale invece dell’attualissimo cappello-macaron, con accenti design, scelto dalla sua nuora americana. E si prosegue con l’armadio Spencer: giacca dal collo profilato di velluto (marrone per Diana e blu per Meghan), abito in fantasia tartan, con grande colletto bianco per Diana, mentre Meghan preferisce una scollatura a barca: utile per non soffrire negli edifici scolastici da inaugurare, notoriamente super riscaldati. E si prosegue con il famoso abbinamento di bianco e di blu, che per Diana significò accompagnare il paltò color inchiostro con una sottile cinturina bianca, un grande cappello bicolore e un quadruplo giro di perle al collo. Per Meghan il cappotto blu navy è profilato di bianco, il collo si protegge con un grande maglione o si porta con un abito bianco e il cappello in testa si salta, per una volta.
NELL’ARMADIO DI MEGHAN, SPUNTA ...LA LISTA DEGLI EX Sono almeno sei, gli ex illustri e ricchi dell’ex attrice, secondo il tabloid The Sun, che è andato a scavare nel passato di Meghan, giusto per innervosire la futura Duchessa del Sussex alla vigilia delle nozze, mentre impazzano le scommesse su chi firmerà il suo abito nuziale. Senza dubbio ad aiutarla nella scelta è stata Jessica Mulroney, wedding planner e stylist che pare l’abbia seguita passo passo nell’organizzazione dell’evento. Tra i ‘papabili ‘ Ralph&Russo (ha firmato anche l’outift per il fidanzamento), Burberry (pare ci siano stati vari incontri tra l’ufficio stampa del brand e la coppia reale), Erdem (firma inglese tra le sue favorite) Alexander McQueen (lo stesso di Kate) oppure l’israeliana Inbal Dror. Intanto si sa che l’ex attrice nel 1999 usciva con il giocatore di basket Steve Lepore, seguito da un altro ricchissimo studente. Poi ci fu un imprenditore argentino quarantenne, conosciuto nel 2002, quando Meghan si trovava a Buenos Aires per uno stage all’ambasciata americana, aveva appena vent’anni. Nel 2003, l’incontro con Shaun Zaken, come Meghan ex studente della Northwestern University di Chicago. «Apparteneva a una famiglia benestante con una casa negli Hamptons e molti agganci ad Hollywood», ha rivelato una fonte al Sun: lei adorava quello stile di vita, ma litigavano spesso. Dopo quell’esperienza, si riprese con l’attore Brett Ryland. Nel 2004 fu la volta di Simon Rex, attore di Scary Movie, incontrato sul set della sit-com Cuts. Lei, in realtà, cercava un uomo con i capelli ricci e rossi. Un veggente, durante il suo soggiorno in Sudamerica, le aveva predetto che lo avrebbe sposato.
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L’ex attrice Meghan Markle in abito da sposa in una delle serie tv che l’hanno resa famosa in Usa.
Arena Lifestyle 05/2018 / BEAUTY - Le fragranze di primavera
BARBA, UN TREND IN CONTINUA ASCESA
“Chi ha la barba è più che un giovane, e chi non ha barba è meno che un uomo”, scrisse William Shakespeare in ‘Molto rumore per nulla’, (atto II, scena I). Il trend della barba maschile prosegue anche quest’anno, anzi si rafforza. E i barbieri? Non cambiano mestiere, anzi.
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e donne quest’anno paiono tenerci molto a invecchiarsi apposta, prima del tempo. Mai vista una tale concentrazione di chiome grigie, con sfumature dall’azzurro al violetto. E gli uomini? Tutti ancora con la barba. Un trend che piace. Corta o lunga, tenuta maniacalmente o incolta, dandy o hipster, la barba è ancora uno dei principali vezzi al maschile. Anzi, nelle ultime stagioni è diventata un vero e proprio accessorio di stile: molti sono pronti a cambiare taglio di barba e baffi e anche colore in base alla moda più in voga al momento. Che spesso non arriva dalle passerelle ma dalle indicazioni di cantanti (da J-Ax a Jovanotti) e youtuber (come Fedez e Rovazzi). I produttori di trattamenti e accessori riservati agli uomini più esigenti in fatto di rasatura perfetta, hanno dovuto piegarsi e ampliare la gamma con proposte per chi desidera una barba impeccabile e associa ad essa il segno inequivocabile del suo status. Quando la barba si allunga, però anche i fatturati salgono. Se si guardano i dati degli ultimi anni, il comparto della bellezza maschile, secondo il Centro Studi di Cosmetica Italia, nell’ultimo biennio ha generato ben il 30% del fatturato globale della bellezza, con circa 163 milioni di euro spesi per saponi e prodotti per
la barba e 350 milioni per profumi e fragranze, con un aumento del 2,7% rispetto all’anno precedente. E il fenomeno barba, dal 2016 ad oggi non tende ad affievolirsi, ma evolve in forme nuove e più sofisticate, a cominciare dalla cura, che per molti diventa una esperienza inedita, gratificante e raffinata grazie a nuovi prodotti come gel di definizione, balsami e butter ammorbidenti e detergenti specifici di altissima qualità che introducono nuovi gesti nel grooming. La tradizionale rasatura casalinga, insomma, è un’ esperienza sempre migliore ma piace molto anche la visita periodica ai sempre più bravi barbers disseminati in tutta Italia. “I prodotti che oggi spopolano – ha sottolineato a Pambianco Beauty Francesco Cirignotta, direttore didattico dell’Accademia della rasatura Proraso – sono l’olio per barba, lo shampoo, il balsamo per barba e lo scrub per barba. Oggi sono molte le aziende che grazie a questo fenomeno si sono specializzate nei prodotti da barberia”. Il barbiere torna dunque a essere uno dei migliori amici dell’uomo, anche se non è troppo loquace o aperto alle confidenze. Nell’era della comunicazione globale anzi, per un barbiere è più importante avere la wi-fi che la lingua pronta. Farsi fare la barba non è solo un piccolo lusso, ma un momento
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Le fragranze di primavera BEAUTY Arena Lifestyle 05/ 2018
di relax che fa riscoprire il sapore di gestualità antiche. “Ogni anno realizziamo più di 20mila tagli di capelli, il servizio più richiesto, e più di 15mila regolazioni barba, il servizio che ha visto la crescita più alta”, ha evidenziato il fondatore di una importante boutique milanese di barberia, Bullfrog Romano Brida. Mentre le barbe crescono, aprono nuove barberie dal sapore vintage, ma con trattamenti sempre più esperienziali e tailor made, sia per il volto che per i capelli. Proprio il brand Bullfrog, che a giugno del 2013 ha aperto il suo primo barber shop all’americana in Italia, anticipando il trend del grooming maschile arrivato dall’estero, negli ultimi mesi ha inaugurato diversi saloni in giro per la Penisola, non solo di proprietà, ma sfruttando anche la leva del franchising. Per il 2018 il loro obiettivo è ancora quello di allargare la rete. Hanno aperto i battenti anche a Roma, a Varese, nel Terminal 1 di Milano Malpensa, e inaugurato il quarto negozio di Milano, nella zona degli aperitivi trendy in Moscova. Nel cuore del quadrilatero della moda milanese, in corso Venezia 15, c’è il negozio più bello di tutti: il barbiere siciliano doc Dolce&Gabbana, con arredi anni cinquanta e una cura del dettaglio veramente vintage, replicato con successo anche all’interno del negozio di abbigliamento maschile di New Bond Street a Londra. I due stilisti ci tenevano a creare, per i loro clienti, un’ esperienza unica nel suo genere, da Gattopardo: con i tradizionali riti dedicati alla cura dei capelli e della pelle usufruiti da tanti gentiluomini del passato. E’ tutto dedicato all’universo maschile anche il profumatissimo angolo barberia all’interno dei negozi monomarca di Acqua di Parma a Milano e Roma, dove ci si trova immersi in un’ambientazione luminosa e calda, arricchita con note nel caratteristico giallo Acqua di Parma e con elementi architettonici ispirati proprio ai nobili edifici della città emiliana. Nel quadrilatero della moda di Milano hanno aperto anche
vari barbieri indipendenti. In via Montenapoleone 17, Gian Antonio Pisterzi da gennaio 2016 ha aperto il primo ‘salotto’ Barbers for Connoisseurs, al quale da settembre si è aggiunto quello di New York al numero 55 di Wall Street, all’interno del Cipriani Club. Pisterzi, uscito dalla barberia di Dolce&Gabbana, con un’altra esperienza in Acqua di Parma, ha deciso di mettersi in proprio per offrire al cliente, o meglio al suo ospite, la piena libertà di vivere il momento come meglio crede, in una dimensione di totale relax. In corso Magenta 10 e in via Cerva 11, all’interno di antichi palazzi storici ma al riparo dal caos della metropoli, Barberino’s propone l’atmosfera di una storica barberia italiana, in cui il tempo sembra essersi fermato. Farsi rasare dal barbiere, vivere l’esperienza di una rasatura a panno caldo è un piacere, fa parte di uno stile di vita che interessa gli uomini di tutte le età. E’ un piccolo piacere edonistico. Ma nella vita quotidiana, quali sono i segreti per assicurarsi una rasatura perfetta? Fare due passaggi con la lama, il primo nel senso del pelo e il secondo nella direzione opposta. Senza però invertire l’ordine (il primo movimento evita le gravi irritazioni cutanee, il secondo perfeziona il risultato) e servendosi di un buon sapone da barba. Sono le regole d’oro che chiunque abbia una barba conosce. Ma ce ne sono delle altre che fanno inevitabilmente distinguere dagli altri. Parola di Sarah Daniel-Hamizi, star francese del rasoio secondo Le Figaro, e titolare di Barbière de Paris. Ma come, una donna che fa il barbiere? Ebbene sì. Oltre ai suoi tre saloni, Sarah ha appena inaugurato un lussuoso corner nell’hotel Crillon, da poco riaperto per la barberia, dopo un restyling all’insegna della grande tradizione francese. La sua specialità è il rasage à la vapeur, una tecnica particolarissima che permette alla pelle, anche la più fragile, di ritrovare un aspetto liscio e giovanile grazie a una pulizia profonda. Un vero trattamento di bellezza per il volto maschile.
SULLA PELLE DELL’UOMO, LE NOVITA’ DI BIONIKE E VICHY Bionike rilancia la sua linea Defence Man, rinnovando le formulazioni della schiuma da barba rnti irritante, del balsamo e del dry touch. Rispetto alla donna, l’uomo si preoccupa meno del viso e si preoccupa meno delle rughe. Ma da qualche tempo sono molti gli uomini che non accettano che il viso comunichi un aspetto sempre stanco e poco tonico. Hanno coscienza dell’importanza della protezione, ma vorrebbero adottare una beauty routine sempice e rapida, con prodotti che offrano ringiovanimento e anche benessere cutaneo. Un afterfeel leggero e confortevole, insomma, e soprattutto non untuoso. E’ notorio che la pelle dell’uomo presenta caratteristiche differenti rispetto a quella femminile. Non solo in termini di spessore maggiore, ma anche per la presenza maggiore di ghiandole sebacee e di collagene. Perciò le rughe al maschile compaiono in età più avanzata ma sono più profonde ed evidenti, anche per colpa della rasatura, che porta via una quota di idratazione. (www. bionike.com) Ora che si avvicina l’estate, la pelle maschile è esposta a maggiori rischi di irritazione. La temperatura corporea dell’uomo è di 3 gradi superiore a quella femminile. Gli uomini perdono calore più lentamente rispetto alle donne. Hydra cool. idratante a effetto ghiaccio, adatto alla pelle sensibile, sia con la barba che rasata, si propone come l’alleato ideale per idratare la pelle al mattino dopo la doccia o dopo un allenamento in palestra. Grazie all’acido ialuoronico di origine naturale e all’acqua termale mineralizzata di Vichy, fornisc una sensazione di freschezza immediata e una lunga idratazione per 48 ore. (www.vichy.it)
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Arena Lifestyle 05/2018 / BEAUTY - Le fragranze di primavera ACQUA DI PARMA SBARCA IN MEDIO ORIENTE A DUBAI Acqua di Parma sbarca in Medio Oriente e inaugura a Dubai la sua prima boutique, situata all’interno del Dubai Mall nel Perfumery&Co district 8, un’ area esclusiva, interamente dedicata ai più prestigiosi brand internazionali della profumeria. Si fa portavoce dell’innata eleganza e della solare spontaneità che hanno reso il brand simbolo dell’Italian lifestyle nel mondo. Dopo gli store di Milano, Parigi, Roma, di Miami, Shanghai e Nanjing, lo spazio di Dubai rappresenta per Acqua di Parma un importante passo strategico. La boutique si declina su 50 mq ed è caratterizzata da un design avvolgente, materiali naturali e preziosi e colori caldi fra cui domina il brillante giallo Parma, colore simbolo del marchio, per comunicare la quintessenza del luminoso stile italiano del brand. Ed è proprio la luminosità è il leit-motif dello store, in cui l’alternanza delle scanalature in legno con i rivestimenti tessili è un chiaro richiamo ai raggi del sole.
Le fragranze di primavera BEAUTY Arena Lifestyle 05/ 2018
Ma quali sarebbero, secondo Sarah le altre astuzie segrete per attuare una rasatura perfetta tra le mura domestiche? Primo, se si porta il viso scoperto, bisogna utilizzare un vero sapone da barba e non una schiuma. Nel primo caso, il prodotto va lavorato con il pennello e que sta operazione prepara bene la pelle e ammorbidisce il pelo: la rasatura sarà sempre di miglior qualità. Alla fine della rasatura, bisognerebbe passare sempre sul viso il vecchio stick di allume di rocca (o allume di potassio) che chiude i pori ed essendo cicatrizzante evita irritazioni e piccole infezioni. È un prodotto a base di sale, quindi è un antisettico naturale. Infine, bisognerebbe terminare sempre con un after shave, sia sotto forma di fluido o ancor meglio di crema, per idratare la pelle. Non bisogna mai irritarla con qualcosa di forte, di alcolico. Se invece ai nostri lettori piace la barba lunga, bisogna utilizzare ogni giorno uno shampoo specifico, di preferenza schiumoso. Quelli liquidi sono meno pratici, troppo lunghi da sciacquare. Non bisogna mai dimenticare di applicare un buon condizionante, oppure un soin, quelli di nuova generazione, evitando i prodotti piuttosto oleosi, perché i migliori hanno il vantaggio di disciplinare la barba senza ungerla. Una volta alla settimana, inoltre, bisognebbe applicare una maschera ammorbidente che nutre e dà lucentezza alla barba, che deve necessariamente risultare soffice al bacio e possibilmente anche profumata. Se pettinando il prezioso vello si vedesse comparire (con orrore) qualche pelo bianco, si può nasconderlo discretamente con un po’ di mascara nero waterproof. Un rimedio rapido ed efficace di cui non si accorgerà nessuno (eccetto la fidanzata, la moglie o la sorella che va acquistarlo o lo presta).
OROLOGI, LE NOVITA’ PER L’ESTATE
Il cronografo di casa McLaren Design esclusivo, capacità uniche e materiali inediti caratterizzano il cronografo automatico Flybac Rm 11-03 McLaren, il nuovo modello che è stato realizzato in soli 500 esemplari, è nato di recente dalla collaborazione tra la casa automobilistica e la maison di orologi Richard Mille. Il progetto è di Rob Melville, responsabile automobilistico del centro stile Mc Laren, e di Fabrice Namura, lo specialista della casa svizzera. Il nuovo cronografo, presentato all’88° Salone di Ginevra, presenta una cassa in Carbon TPT arancio, mentre la forma dei pulsanti ricorda i fari della Mc Laren 720S. www.johndandy.it IL blu profondo di Louis Erard La casa svizzera Erard torna con una nuova collezione di cronografi dedicata agli amanti dell’orologio in acciaio, perfetto per ogni sport. Vetro zaffiro, blu profondi e cinturini in pelle o acciaio caratterizzano la linea Sportive, una sintesi di equilibrio, classicità e dinamismo. www.montres-louiserard.ch Porsche Design Precisione, funzionalità e design esclusivo sono il tratto distintivo delle supercar firmate Porsche. Gli stessi elementi si combinano nel nuovo cronografo Chronotimer Flyback Special Edition, il nuovo modello con cassa in titanio, rivestita in carburo di titanio nero. Un altro tributo alla bellezza e alla potenza della maison tedesca, che continua a conquistare generazioni di appassionati. www.porschedesign.com
TUTTO PER LA BARBA La detergenza è il primo passo per una buona rasatura. Prima che il rasoio si posi sulla pelle, ecco i prodotti più ricchi e delicati che favoriscono il mantenimento del grooming, con dolcezza e senza irritazioni. Proraso Propone una pasta esfoliante per la barba, che garantisce una pulizia profonda, con rimozione delle impurità e delle cellule morte della pelle. L’efficacia è assicurata grazie alla presenza di microgranuli vegetali, di mandorla e di nocciola. Nuxe Men Ha lanciato Rasage de Reve, un gel da barba quotidiano all’estratto di legno di sandalo, che produce una schiuma ricca e densa, per una rasatura precisa e senza irritazioni. Il negozio di barberia Floyd a Roma
021 Shaving Creme La novità di Sa AlB&Co contiene gli zuccheri naturali del cocco, che lubrificano la barba, per una rasatura rapida e semplice.
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Arena Lifestyle 04 /18 - AGENT PROVOCATEUR/ Il boom dell’homeschooling
Vado a scuola: a casa mia L’homeschooling è una tendenza sempre più forte in altri Paesi come gli Usa, dove per colpa delle stragi e del bullismo, dilagano i progetti di istruzione domiciliare. Che hanno, come tutte le cose, i loro pro e contro....
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en in evidenza nelle aule scolastiche ci sono i secchielli pieni di pietre, per prendere a sassate i potenziali assalitori. Un sovrintendente del distretto scolastico Blue Mountain della Pennsylvania pensa di scoraggiare così, con l’antica pratica della lapidazione, l’ingresso in una classe di un intruso armato. E’ un fatto che le scuole stanno diventando, in Usa, luoghi piuttoso pericolosi: bullismo, alcolismo, stalking, per non parlare dei possibili attentati. Non sorprende dunque la scelta di sempre più genitori per l’homeschooling. Far scuola ai figli a casa, da soli o con istitutori privati, è l’antidoto giusto per sottrarsi al rischio di stragi per mano di folli armati, miinacce ai figli adolescenti di baby gang e bullismo. Altre ragioni che hanno portato le famiglie a preferire l’educazione parentale sono piuttosto importanti: non si vuole per esempio che la scuola intacchi i valori religiosi della famiglia, insegnando la tolleranza religiosa, oppure la teoria darviniana. Le famiglie che vivono nella cosiddetta ‘Bible Belt’, sono molto contrarie all’insegnamento proposto dai programmi nazionali. Inoltre non è da poco la possibilità di assumere e licenziare immediatamente i precettori che non risultassero adeguati. Guardando i numeri, la percentuale di studenti americani istruiti a casa è semplicemente raddoppiata, passando dal’21,7 al 3,4%. Nel 2016 erano 1,7 milioni gli studenti dai 5 ai 17 anni istruiti a casa, secondo i dati forniti dal National Center for Education Statistics. Ma negli ultimi due anni ci sarebbe stata un’accelerazione. Il National Home Eduation Research stima, per lo stesso periodo, già 2,3 milioni di ragazzi, l’incremento annuo attualmente sarebbe balzato dal 2 all’8%. Naturalmente l’home schooling presenta anche i suoi svantaggi. Innanzitutto, se i ragazzi studiano a casa, hanno meno possibilità di socializzare con i propri compagni, inclusi quelli di un ambiente diverso dal proprio. Alcune famiglie hanno ovviato al problema creando piccole ‘classi’ di studenti privati, residenti nello stesso quartiere di lusso. I genitori, inoltre, devono prendersi l’impegno di far aggiornare costantemente i programmi, senza personalizzare troppo. Quanti sono davvero in grado di selezionare ed assumere docenti di qualità? Un grosso pericolo è costituito dai genitori che si improvvisano docenti, ritengono di essere in grado di insegnare da soli ai figli tutte le materie. E’ possibile, in teoria, ma nei fatti sono pochi i genitori, anche per il primo livello, quello dell’istruizione primaria, che sono in grado di offrire un metodo di preparazione metodologica e contenutistica davvero efficace. In Italia l’home schooling è praticato da un migliaio di famiglie e spesso include anche quelle che presentano casi con disabilità fisica derivante da incidenti stradali o da sport che rendono molto faticoso il trasporto a scuola dei ragazzi. E’ un momvimento piccolo ma in espansione, portato avanti da Erika Di Martino, un’italo americana che ha aperto anche un sito (www.controscuola.it). Non va dimenticato, a proposito dell’homeschooling, anche l’aspetto psicologico. Da quasi vent’anno Susie Peebles di Falkville in Alabama, fa la docente a domicilio. Nel tempo ha insegnato le materie principali (inglese, matematica, geografia, arte) a quasi duemila studenti. Secondo lei la stragrade maggioranza delle famiglie che attuano questa scelta, lo fa per difendersi da casi più o meno gravi di bullismo. All’inizio il suo lavoro era quasi solo di tipo psicologico. Molti ragazzi che avevano perduto fiducia in sè stessi, non volevano più leggere ad alta voce in classe. Prima di trasmettere i contenuti, c’era da altro da ricostruire.
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dietro un sorriso, una storia
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