Lettere
PROGRAMMA SVOLTO DI
Prof.ssa Chiara Borgonovi
classi 1B e1C
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Programma di Lettere a.s. 2013/2014
Lettere
PROGRAMMA SVOLTO DI
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o voluto raccogliere attraverso questa pubblicazione l'attivitĂ svolta in classe durante quest'anno scolastico, riportando gli approfondimenti che abbiamo percorso insieme. Ho riportato anche i testi delle due performance che hanno realizzato le classi. Buona Lettura
Chiara Borgonovi
4 Riflessione sulla lingua Argomenti di grammatica, compiti per le vacanze 6 Poesia Nozioni base di Poesia, le filastrocche, due poesie a confronto, esempio di analisi 16 Morfologia della fiaba Approfondimento 18 La favola 23 La leggenda Approfondimento sulle leggende veneziane 33 Leggiamo! Come si fa la scheda di un libro Dal libro al film (Coraline e Stardust) 39 Come fare un riassunto Approfondimento 40 Iliade 43 Odissea 46 Perchè imparare a memoria (U. Eco) 47 Leggere ad alta voce il bambino con il piagiama a righe 50 Il fantasma di Canterville 52 Fare teatro a scuola il laboratorio, le messeinscena 66 Consigli di lettura Libri per le vacanze
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Riflessione sulla lingua
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ella scuola secondaria di primo grado e nei primi due anni di quella di secondo l'insegnamento della grammatica verte sull'analisi grammaticale, ovvero sul corretto riconoscimento e classificazione delle categorie morfologiche e sull'analisi logica. La richiesta che viene soprattutto dalla scuola secondaria di secondo grado è che gli studenti vengano preparati per affrontare poi con sicurezza la scrittura. Il programma del primo anno ha toccato:
• Studio sistematico delle parti variabili e invariabili della frase (il nome, il verbo, gli aggettivi, i pronomi) • Uso della punteggiatura • Struttura comunicativa della frase semplice. • Il lessico (famiglie di parole, campi semantici, legami semantici tra parole, impieghi figurati ecc.). • Basi della metrica (divisione in versi, ripresa di gruppi di suoni, rima, assonanza, consonanza, allitterazione ecc.)
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per le vacanze
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e vacanze per statuto dovrebbero esser tali. Tuttavia un ripasso del programma svolto verso la fine di agosto- primi di settembre è auspicabile. Pertanto gli studenti dovranno eseguire alcuni esercizi sugli argomenti trattati dal libro adottato. Per fare un po' di pratica ecco un bel sito di esercizi on line: http://www.italiano.lascuola.it
Per quanto attiene allo studio dei modi e dei tempi verbali, non essendo stato completato in classe l'intero programma, sono da studiare le pagine relative ai modi: congiuntivo, condizionale e imperativo e modi indefiniti. Tali modi sarannno ripresi all'inizio della classe seconda. (si trovano nel libro da pag. 300 in poi) Per esercitarsi sui verbi coniugare in tutti i modi in tutti i tempi e tutte le persone i verbi: nutrire, correre, scorgere, trarre.
Vanno poi eseguiti sul quaderno i seguenti esercizi: pag 166 num. 63 e 64 pag 193 num. 1 e 2 pag 247 num. 1 e 2 pag 248 num. 3 pag 354 num 79 e 80 Inoltre creare 10 frasi con i verbi coniugati (10 in tutto) cercando di non usare solo il presente indicativo.
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'assai difficile dare una definzione di Poesia che sia al medesimo tempo esaustiva e semplice (pensando a degli allievi di 11 anni). Quindi siamo partiti dal verifucare ciò che della poesia era già noto ai ragazzi: l'idea del VERSO. Si è osservato come il verso sia una componente essenziale an-
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che delle filastrocche che fina da piccoli si imparano. Le filastrocche hanno spesso lo scopo di divertire i bambini, o farli addormentare, o insegnare nozioni semplici come i giorni della settimana, i mesi, i numeri. Nelle poesia, invece, abbiamo verificato che un elemento essenziale è l'EMOZIONE.
Attraverso vari esempi cerchiamo di inziare un lungo percorso di analisi della Poesia.
Educazione Linguistica Nozioni base sulla poesia
Le sillabe, il ritmo, la rima
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l verso non è altro che una riga di una poesia, la sua unità ritmica minima di lunghezza variabile. È formato da sillabe, che nella tradizione della letteratura italiana
possono variare da due a sedici. Il ritmo è la cadenza musicale da cui deriva l’armonia poetica che caratterizza il verso. Esso è dato dal numero delle sillabe del verso e dagli accenti ritmici disposti secondo particolari schemi in ogni tipo di verso. Gli accenti ritmici sono gli accenti fondamentali che cadono sulle sillabe toniche, cioè accentate, dove
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la voce si appoggia. I versi italiani si classificano in base al numero delle sillabe di cui sono composti. Si hanno dieci tipi di versi, di cui cinque parisillabi (2, 4, 6, 8, 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9, 11 sillabe). pag. 7
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Le filastrocche
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er esemplificare la Gianni Rodari. nozione di verso abbiamo iniziato a Il verso è l'unità metrica lavore sulle filastrocche di base per la poesia, sia sotto
il punto di vista ritmico che puramente visivo. Tipograficamente è delimitato dalla discesa a capo.
La bella addormentata Le favole dove stanno? Ce n'è una in ogni cosa: nel legno del tavolino, nel bicchiere, nella rosa. La favola sta lì dentro da tanto tempo, e non parla: è una bella addormentata e bisogna risvegliarla. Ma se un principe, o un poeta, a baciarla non verrà, un bimbo la sua favola invano aspetterà. pag. 8
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L'omino di neve L'omino di neve, guardate che caso, non ha piÚ naso e ha solo un orecchio: in un giorno di Sole è diventato vecchio! Chi gli ha rubato un piede? E' stato il gatto, bestia senza tatto. Per un chicco di grano una gallina gli becca una mano. Infine, per far festa, i bambini gli tagliano la testa. pag. 11
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POESIA
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a poesia (dal greco poiesis con il significato di "creazione") serve per trasmettere un messaggio, il significato semantico delle parole insieme al suono e al ritmo che queste imprimono alle frasi; la poesia ha quindi in sé alcune qualità della musica e riesce a trasmettere concetti e stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la prosa. Siccome la lingua nella poesia ha una doppia funzione di vettore sia di significato sia di suono, di contenuto sia informativo sia emotivo, la sintassi e l'ortografia possono subire variazioni (le cosiddette licenze poetiche) se questo è utile ai fini della comunicazione sia particolare sia complessiva. A questi due aspetti della poesia si aggiunge un terzo quando una poesia, anziché essere letta direttamente, viene ascoltata: con il proprio linguaggio del corpo e il modo di leggere, il lettore interpreta il testo, aggiungendo la dimensione teatrale della dizione e della recitazione. Nel mondo antico poesia e musica sono spesso unite. Queste strette commistioni fra significato e suono rendono estremamente difficile tradurre una poesia in lingue diverse dall'originale, perché il suono e il ritmo originali vanno irrimediabilmente persi e devono essere sostituiti da un adattamento nella nuova lingua, che in genere è solo un'approssimazione dell'originale.
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Educazione Linguistica Nozioni base sulla poesia
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Nella nebbia Herman Hesse Strano, vagare nella nebbia! E’ solo ogni cespuglio ed ogni pietra, né gli alberi si scorgono tra loro, ognuno è solo. Pieno di amici mi appariva il mondo quando era la mia vita ancora chiara; adesso che la nebbia cala non ne vedo più alcuno. Saggio non è nessuno che non conosca il buio che lieve ed implacabile lo separa da tutti. Strano, vagare nella nebbia! Vivere è solitudine. Nessun essere conosce l’altro ognuno è solo
Poesia nella nebbia di H. Hesse
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uesta poesia di Hesse è un esempio di traduzione che mantiene comunque una forte connotazione
emotiva. La visione del poeta della solitudine e del dolore di vivere è esemplificata dall'elemento atmosferico. Solitamente questa poesia viene accostata a quella dal medesimo tema di Giovanni Pascoli (la trovate alla pagina seguente).
Erroneamente Pascoli è stato considerato a lungo un autore "da bambini", forse per la sua poetica delle piccole cose. Tuttavia si tratta di unp dei più ricchi e complessi autori della letteratura italiana.
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Nebbia Giovanni Pascoli Nascondi le cose lontane, tu nebbia impalpabile e scialba, tu fumo che ancora rampolli, su l'alba, da' lampi notturni e da' crolli, d'aeree frane! Nascondi le cose lontane, nascondimi quello ch'è morto! Ch'io veda soltanto la siepe dell'orto, la mura ch'ha piene le crepe di valerïane. Nascondi le cose lontane: le cose son ebbre di pianto! Ch'io veda i due peschi, i due meli, soltanto, che danno i soavi lor mieli pel nero mio pane. Nascondi le cose lontane Che vogliono ch'ami e che vada! Ch'io veda là solo quel bianco di strada, che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane... Nascondi le cose lontane, nascondile, involale al volo del cuore! Ch'io veda il cipresso là, solo, qui, quest'orto, cui presso sonnecchia il mio cane.
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Educazione Linguistica Nozioni base sulla poesia
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Un esempio di analisi del testo poetico Schema metrico: 5 strofe di 6 versi ciascuna: 3 novenari + 1 ternario + 1 novenario + 1 senario. Rime: ABCBCA. Tutti i senari rimano tra loro. Figure di ripetizione: Anafora: Il primo verso di ogni strofa è sempre lo stesso: «Nascondi le cose lontane». Inoltre questa formula viene ripresa in altri versi: troviamo nascondimi al v. 8 e poi nascondile al v. 26. Anche la formula: « ch'io veda soltanto » è ripetuta più volte, con leggere varianti: la troviamo al v. 9, poi ai vv. 15-16, di nuovo al v. 21 ed infine al v. 27. Al v. 26 abbiamo un esempio molto bello di figura etimologica e insieme di allitterazione: «involale al volo». Lo spazio: La lontananza: è piena di cose che vanno tenute nascoste (vv. 1, 7, 13, 19 e 25), di cose morte (v. 8), che fanno piangere (v. 14), che «vogliono ch'ami e che vada» (v. 20). Per il poeta, quello che è lontano è dunque negativo, è qualcosa che deve essere represso, dimenticato, perché fa soffrire e, cosa interessantissima, perché costringe ad amare e «andare», ad uscire dal nido, cioè a vivere. Il poeta esprime la sua paura di fronte all'ignoto del mondo esterno. La vicinanza: è composta da poche, essenziali presenze: una siepe (v. 9) e un muro (v. 11) che svolgono il ruolo di delimitare lo spazio ristretto intorno al poeta, due peschi e due meli (v. 15), una strada bianca (vv. 21-22), un cipresso (v. 27), un orto (v. 29) e un cane (v. 30), simbolo per eccellenza della fedeltà, dell'amicizia, della sicurezza. Questo piccolo mondo è lo spazio dove vive l'autore, lo spazio privato e soprattutto protetto in cui rinchiudersi per evitare «le cose lontane», l'ignoto e la negatività del mondo esterno. Tra lo spazio vicino e quello lontano si trova la nebbia, che svolge un ruolo importantissimo perché è ciò che permette di separare questi due mondi, e quindi di assicurare al poeta la serenità. La nebbia svolge il suo ruolo protettivo grazie alla sua capacità di nascondere le cose, e quindi di rispondere al desiderio del poeta, più volte espresso, di non vedere. La natura: che sia vegetale, animale o minerale, ha un ruolo protettivo per il poeta, e tiene lontana la visione del pianto, del mondo esterno, violento e ostile. Così, la siepe, l'orto e i quattro alberi riempiono di dolcezza il nero pane del poeta, cioè la sua vita quotidiana; il cane fedele offre un immagine insieme di pace, affetto e protezione; la nebbia è un fenomeno meteorologico positivo; e, allo stesso modo, i «lampi notturni» e i «crolli d'aeree frane» della prima strofa, pur nelle loro sembianze violente, non toccano affatto il poeta, che ne trae unicamente una visione suggestiva. dal sito: http://www.letteratour.it/analisi/A02pascoG01.asp pag. 15
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Morfologia della fiaba di Valdimir Propp Il libro dello studiosa russo parte dall’assunto che tutte le fiabe presentino, al di là del luogo di origine e della cultura che le ha create, degli elementi comuni, ovvero una stessa struttura che ritrova al suo interno gli stessi personaggi che ricoprono le stesse funzioni in relazione allo svolgimento della storia.
illustrazione di BiancaNeve di Benjamin Lacombe
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o Schema di Propp è il risultato dello studio sulle narrazioni fiabesche e di magia. Egli studiò le origini storiche della fiaba nelle società tribali e nel rito di iniziazione e ne trasse una struttura che propose anche come modello di tutte le narrazioni. Nel suo scritto Morfologia della fiaba, egli propose questo schema, identificando 31 funzion, che compongono il racconto. Ogni funzione rappresenta
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una situazione tipica nello svolgimento della trama di una fiaba, riferendosi in particolare ai personaggi e ai loro precisi ruoli (ad es. l'eroe o l'antagonista). Nell'analisi di Propp, cioè, è più importante quello che fa il personaggio che non chi è il personaggio: se l'eroe è una fanciulla, un principe o un orso è indifferente, a caratterizzare lo svolgimento della trama è l'azione che l'eroe compie e non le sue caratteristiche fisiche.
Scoprire le funzioni nella fiabe tradizionali è divertente, abbiamo montato e rimontato le fiabe scoprendo la struttura che le governa.
Generi letterari
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conoscenze di base di narratologia
Ecco le 31 funzioni della fiaba Le conclusioni di Propp, che ha studiato solo le fiabe russe, sono valide anche per le fiabe degli altri paesi, perché è dimostrato che la sostanza di esse è uguale in tutte le civiltà e in tutte le epoche. Sostanzialmente Propp è giunto a formulare tre principi: 1. gli elementi costanti, stabili della fiaba sono le funzioni dei personaggi, indipendentemente dall’esecutore e dal modo dell’esecuzione; 2. il numero delle funzioni che compaiono nelle fiabe è limitato; 3. la successione delle funzioni è sempre identica. Nel sistema di Propp le funzioni sono trentuno ed esse bastano, con le loro varianti ed articolazioni interne, a descrivere la forma delle fiabe: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Allontanamento: un personaggio della fiaba si allontana da casa per un particolare motivo Divieto: all’eroe viene proibito di fare qualcosa, gli viene imposto un divieto. Infrazione del divieto: l’eroe non rispetta la proibizione, trasgredisce il divieto che gli era stato imposto. Investigazione: l’antagonista cerca elementi utili per combattere l’eroe. Delazione: l’antagonista riceve da qualcuno informazioni che gli servono per danneggiare l’eroe. Tranello: l’antagonista cerca di ingannare la vittima per impossessarsi dei suoi beni o di lei stessa. Connivenza: la vittima si lascia convincere e cade nel tranello. Danneggiamento: l’antagonista riesce a recare danno a un familiare dell’eroe o ad un suo amico. Oppure mancanza: a uno dei familiari o degli amici manca qualcosa o viene desiderio di qualcosa. 9. Maledizione: l’eroe viene incaricato di rimediare alla mancanza o al danneggiamento. 10. Consenso dell’eroe: l’eroe accetta l’incarico. 11. Partenza dell’eroe: l’eroe parte per compiere la sua missione. 12. L’eroe messo alla prova dal donatore: deve superare prove e incarichi in cambio della promessa di un dono che lo aiuterà nell’impresa. 13. Superamento delle prove ( reazione dell’eroe): l’eroe affronta le prove e le supera. 14. Fornitura del mezzo magico: l’eroe si impadronisce del mezzo magico. 15. Trasferimento dell’eroe: l’eroe giunge, o viene condotto, nel luogo in cui dovrà compiere l’impresa. 16. Lotta tra eroe e antagonista: l’eroe si batte contro il suo avversario. 17. L’eroe marchiato: all’eroe è imposto un segno particolare ( può trattarsi anche di un oggetto ). 18. Vittoria sull’antagonista: l’antagonista è vinto. 19. Rimozione della sciagura o mancanza iniziale: l’eroe raggiunge lo scopo per cui si era messo in viaggio. 20. Ritorno dell’eroe: l’eroe torna nel luogo da cui era partito. 21. Persecuzione dell’eroe: l’eroe viene perseguitato o inseguito. 22. L’eroe si salva: l’eroe sopravvive alla persecuzione o all’inseguimento. 23. L’eroe arriva in incognito a casa: l’eroe arriva al punto di partenza senza farsi riconoscere. 24. Pretese del falso eroe: un antagonista (falso eroe ) cerca di prendere il posto dell’eroe. 25. All’eroe è imposto un compito difficile: all’eroe è imposta un’ulteriore prova di bravura. 26. Esecuzione del compito: la prova viene superata. 27. Riconoscimento dell’eroe: l’eroe viene finalmente riconosciuto. 28. Smascheramento del falso eroe o dell’antagonista: gli impostori vengono riconosciuti. 29. Trasformazione dell’eroe: l’eroe si trasforma, assume un nuovo aspetto (da animale si trasforma in uomo, da brutto diventa bellissimo, ecc. ). 30. Punizione dell’antagonista: l’antagonista riceve il giusto castigo. 31. Lieto fine: l’eroe ottiene il meritato premio ( si sposa, ritrova i suoi cari, si libera da un incantesimo, ecc. ). (tratto dal sito http://www.lefavole.org/fiaba.htm) pag. 17
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il lavoro con le funzioni delle fiabe
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ono stati creati dei cartoncini con le varie funzioni del Propp. Ogni studente aveva il suo "mazzo" di funzioni. Poi abbimo riletto le fiabe che i ragazzi già conoscevano e abbiamo cercato di riconoscere quello che avevam appreso, inserendo la "carta-funzione" dove la incontravamo. Alla fine di ogni fiaba riassumevamo solo le funzioni. Altro gioco è stato quello di provare a inventare delle fiabe utilizzando le "carte-funzione". In questo modo l'analisi del Propp ci è diventata molto familiare.
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LA FAVOLA P
er favola si intende un genere letterario caratterizzato da brevi composizioni, in prosa o in versi, che hanno per protagonisti di solito animali – più raramente piante o oggetti inanimati – e che sono fornite di una "morale".
illustrazione di Benjamin Lacombe
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l termine italiano «favola» dedelle fiabe (orchi, fate, folbio); la morale nelle fiabe in riva dal termine latino "fabuletti, ecc.) sono fantastici, genere è sottintesa e non la", derivante a sua volta dal mentre quelli delle favole centrale ai fini della narraverbo "far, faris" = dire, raccon(animali con il linguaggio, zione. tare. Il termine latino «fabula» i comportamenti e i difetti indicava in origine una narradegli uomini) sono realistici • La favola può essere in prosa zione di fatti inventati. o in versi. Dal punto di vista La favola ha pertanto la stessa • la favola è accompagnata da della struttura letteraria, la etimologia della "fiaba". Sebuna "morale", ossia un infavola presenta elementi di bene favole e fiabe abbiano segnamento relativo a un somiglianza con la parabomolti punti di contatto, oltre principio etico o un comla, nella quale tuttavia non alla comune etimologia, i due portamento, che spesso è compaiono animali antrogeneri letterari sono diversi: formulato esplicitamente pomorfi o esseri inanimati. alla fine della narrazione • i personaggi e gli ambienti (anche in forma di prover-
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Generi letterari
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GLI AUTORI DELLE FAVOLE LE FAVOLE PIU' ANTICHE La più antica favola, tra tutte quelle note, è considerata la Storia dei due fratelli, un componimento egizio del XIII secolo a.C.. La tradizione orale della favola in India può esser fatta risalire al V secolo a.C. La più antica raccolta di origine orientale, il Pañcatantra è sopravvissuta solamente attraverso una traduzione araba dell'VIII secolo; un'altra opera in sanscrito, l'Hitopadesa, pur contenendo materiale tradizionale elaborato molti secoli prima, è stata compilata solo nel XII secolo. Di Esopo, il più antico autore di favole dell'antica Grecia e del mondo occidentale, possediamo 400 favole in prosa di cui tuttavia non si sa quanto l'attuale redazione, ellenistica o bizantina, corrisponda all'originale. La stessa storicità di Esopo è stata spesso messa in discussione. Le sue favole costituiscono ancora il modello del genere letterario e rispecchiano comunque la morale tradizionale dell'antica Grecia. Il favolista latino Fedro (I secolo d.C.) sarebbe stato uno schiavo: nato in Tracia, condotto prigioniero a Roma, affrancato da Augusto, scrisse durante il regno di Tiberio favole, molte delle quali, verosimilmente, sono andate perdute. Le favole di Fedro riprendono il modello di quelle di Esopo, ma con un diverso atteggiamento: Fedro non è infatti, come Esopo, il favolista di un mondo contadino, ma di uno stato evoluto dove dominano l'avidità e la sopraffazione. Nelle favole pessimiste di Fedro il prepotente trionfa sempre sul debole, il quale è invitato alla rassegnazione o, nella migliore delle ipotesi, a cercare un compromesso accettabile nei rapporti con il potere. Medioevo Nel Medioevo il genere della favola ebbe molta fortuna. La più popolare silloge di favole in epoca medievale era in prosa ed era chiamata "Romulus" (IX secolo): vi erano contenute per lo più favole di Fedro, attribuite tuttavia a un autore latino di nome Romolo (in lingua latina: Romulus) il quale, come riferito nell'introduzione, avrebbe tradotto le favole di Esopo dal greco in latino per farle conoscere al proprio figlio Tiberino. In Francia fiorirono raccolte di favole esopiche in prosa in lingua francese, dette isopet, la più famosa delle quali fu scritta da Maria di Francia (fine del secolo XII). Sebbene il termine "isopet" evochi Esopo nel nome, le isopet francesi erano tratte in realtà soprattutto da quelle di Fedro tramandate attraverso il "Romulus". Nel basso Medioevo si affermò anche una epopea animalista, un genere letterario autonomo nato probabilmente in India e sviluppato infine nel nord della Francia con poemi aventi per protagonisti animali, soprattutto la volpe (in lingua francese Renard) e il lupo. Il ciclo più importante di quel periodo è il Roman de Renart, una vasta raccolta di poemi con animali, scritti nel XII-XIII secolo da più autori rimasti sconosciuti, nei quali si esalta il gusto dell'avventura, l'ironia, l'astuzia.
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Il minotauro, George Frederic Watts
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Generi letterari La leggenda
LE LEGGENDE
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a leggenda è un tipo di racconto molto antico, come il mito la favola e la fiaba, e fa parte del patrimonio culturale di tutti i popoli, appartiene alla tradizione orale e nella narrazione mescola il reale al meraviglioso. La parola "leggenda" deriva dal latino legenda che significa "cose che devono essere lette", "degne di essere lette" e con questo termine, un tempo, si voleva indicare il racconto della vita di un santo e soprattutto il racconto dei suoi miracoli. Per Leggenda s'intende tutto quello che non accerta l'esistenza dei fatti raccontati oralmente. In seguito la parola acquistò un significato più esteso e oggi la parola leggenda indica qualsiasi racconto che presenti elementi reali ma trasformati dalla fantasia, tramandato per celebrare fatti o personaggi fondamentali per la storia di un popolo, oppure per spiegare qualche caratteristica dell'ambiente naturale e per dare risposta a dei perché. Le leggende si rivolgono alla collettività, come i miti e spiegano l'origine di qualche aspetto dell'ambiente, le regole e i modelli da seguire, certi avvenimenti storici, o ritenuti tali, allo scopo di rinsaldare i legami d'appartenenza alla comunità.
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e leggende popolari non sono mai inventate da una sola persona, ma alla loro invenzione concorrono sempre più persone che, con il trascorrere del tempo, trasformano un fatto vero in un fatto sempre più leggendario.
sempre la causa di certi fatti che non conoscono bene e pertanto cercano di spiegarli con l'immaginazione. Gli uomini dell'antichità, che non usavano ancora i metodi della scienza, vedendo di giorno la luce del sole e di notte il buio, per spiegarsi il fenomeno, collegavano i due fatti con la fantasia immaginando, a volte, che ci fosse qualcuno in cielo che spostasse il carro del sole; in altri casi immaginavano che il sole e la luna fossero dei fratelli litigiosi che non volevano mai incontrarsi. Ci sono leggende nate per conferire prestigio al proprio paese, come nel caso degli svizzeri che hanno trasformato Guglielmo Tell, un montanaro probabilmente realmente esistito, in un eroe straordinario e coraggioso. Anche dalle paure degli uomini sono nate le leggende. Infatti quando gli uomini hanno paura attribuiscono, con la fantasia, dei caratteri spaventosi alle cose che vedono o sentono, come l'ululato di un lupo o il sibilo del vento, e spesso lo trasformano in un fantasma o in un essere mostruoso oppure i fenomeni atmosferici di cui non si sapeva dare una spiegazione si creava un personaggio leggendario. da Wikipedia
Le leggende non raccontano mai dei fatti puramente inventati ma contengono sempre una parte di verità che viene trasformata in fantasia perché gli uomini vogliono scoprire
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leggende venez
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Generi letterari
approfondimento sulle Leggende veenziane
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ono moltissime le leggende fiorite nella nostra città, molte truci, altre romantiche. Molti misteri e storie di fantasmi hanno come scenario Venezia. Di seguito alcune delle tante storie che si narrano ancora tra le calli.
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a prima leggende rigyarda le origini di Venezia. I Veneziani (o “Venetici” come li chiamavano i Bizantini) elaborarono già nel X secolo una leggenda, secondo cui la loro città sarebbe stata fondata in “un luogo deserto, disabitato e paludoso” al tempo dell’invasione di Attila, quando cioè il re unno devastò la terraferma veneta distruggendo Aquileia e altri centri minori. Il racconto era destinato a nobilitare l’origine della città lagunare facendola derivare da un avvenimento drammatico che colpiva fortemente l’immaginario collettivo. I Veneziani, tuttavia, non si insediarono in territori deserti e la migrazione ebbe luogo in un lungo arco di tempo. Le isole in cui si sarebbe formata Venezia erano infatti abitate già in epoca romana. La nascita di Venezia, al di là di quanto raccontano le leggende, fu un processo lento, e tutto sommato oscuro, iniziato nella seconda metà del VI secolo e protrattosi per una settantina di anni o ancora di più, fino almeno al IX secolo, se si considera formazione di quel complesso urbano che oggi è la città di Venezia. Anche se erano abitate, le lagune continuavano a restare un elemento secondario rispetto alle vicine città della terraferma che avevano raggiunto una particolare fioritura in epoca romana.
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Antonio Rioba
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no dei luoghi di Venezia a maggior concentrazione di leggende è Campo dei Mori, situato nel sestiere di Cannaregio. Incastonate sul basamento degli edifici adiacenti appaiono quattro statue raffiguranti i Mori. Il piÚ famoso, il signor Antonio Rioba o semplicemente Sior Rioba. Leggenda vuole che nel 1200 i tre fratelli Rioba, Sandi, Afani (i nomi sono incisi sulle statue stesse) e il loro servitore, fuggiti dalla Grecia, giunsero a Venezia.
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Qui iniziarono un commercio di stoffe fruttuoso quanto disonesto. Un giorno la vedova di un mercante di seta si presentò al loro negozio in cerca di aiuto. La sfortunata si affidava al buon cuore dei tre: era sempre stato suo marito a occuparsi dell’acquisto delle stoffe e lei non era certo un’esperta. Ai bricconi non parve vero! Una cliente così ingenua e pronta a farsi spennare. Rioba, illustrandole le preziose qualità di un comunissimo cotone: «Possa il Signore mutarci in pietra se questa non è la seta più fine di tutta
Venezia!» L’imbroglione sancì la propria condanna. La donna, che era in realtà Santa Maria Maddalena, pagò il prezzo richiesto. «Vi ringrazio, messeri. Che l’Altissimo abbia per voi lo stesso riguardo che voi avete avuto per me.» E in un attimo i tre e il loro servitore, tacito senziente alla truffa, si trasformarono in statue.
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La leggenda del bocolo
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uesta è una delle due storie che hanno dato origine alla secolare tradizione del bocolo (bocciolo di rosa) regalato ogni 25 aprile dai Veneziani alle proprie amate, compagne di vita, mamme e figlie. Nella seconda metà dell'Ottocento la figlia del Doge Orso I Partecipazio, Maria, amava, ricambiata, un giovane di umili origini, un certo Tancredi. Il Doge ovviamente non approvava la relazione, così la fanciulla consigliò all'amato di andare a combattere contro i Turchi per nascondere la propria condizione con la gloria delle imprese. La fama di Tancredi fece il giro del mondo, il giovane si distinse valorosamente in guerra, ma fu ferito mortalmente e cadde su un roseto. Prima di morire però affidò all’amico Orlando un bocciolo tinto del rosso del suo sangue perché lo consegnasse alla sua amata come estremo pegno d’amore. Il 25 aprile, il giorno dopo aver ricevuto da Orlando il messaggio d’amore dell’innamorato, Maria fu trovata morta nel suo letto con il bocciolo sul petto. Da allora, il 25 aprile la tradizione vuole che lo stesso omaggio sia ripetuto dai veneziani perché ognuno di essi possa esprimere i propri sentimenti alla persona amata.
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Il merletto di Burano
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na delle più famose leggende di Burano narra che un antico pescatore promesso sposo, durante un'uscita in mare verso l'oriente, venne tentato dal canto delle sirene. L'uomo resistendo ai loro incanti, ricevette un dono dalla regina, rimasta affascinata dalla fedeltà di costui. La sirena colpì con la coda il fianco della nave e dalla schiuma, creatasi dal movimento dell'acqua, formò il velo nuziale per la giovane sposa. Arrivato il giorno delle nozze, la ragazza fu ammirata ed invidiata da tutte le giovani dell'isola e costoro cominciarono ad imitare il merletto del suo velo utilizzando ago e filo sempre più sottile, sperando così di creare un ricamo ancora più bello per il loro abito da sposa.
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Il cavaliere di Terrasanta
Q
uesto è Palazzo Morosini, caratterizzato sull’arco di ingresso da un rilievo rappresentante un elmo ed uno scudo, messo li in onore di un giovane cavaliere proveniente dalla Terrasanta, che portava con sè, nell’elsa della sua spada una preziosissima reliquia, si dice un pezzo della Santissima Croce da consegnare al prevosto a Colonia. Durante il viaggio di ritorno egli aveva conosciuto un Morosini. Arrivati a Venezia il mercante volle ospitare il giovane nella sua casa, proprio questo palazzo. Capitò così che il Cavaliere conobbe la sorella del mercante e se ne innamorò, al punto di fermarsi in questa città per qualche tempo. Ma il Morosini lo aveva ingannato perchè la donna non era sua sorella ma la sua amante, per cui una notte fuggirono portando con sè la preziosa spada con la reliquia. Si racconta che di notte il cavaliere vagasse gemendo ed urlando disperato per le calli, finchè un giorno furono rinvenuti, nel Campiello Morosini che si trova parallelamente al Campiello del Remer, ma dall’altro lato del Palazzo la corazza e l’elmo, completamente vuoti.
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Lettura
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lettura ed analisi di un libro
Leggiamo!
Come si fa la scheda di un libro • Autore, titolo, casa editrice, luogo e anno di edizione • INFORMAZIONI SULL'AUTORE
• GENERE DEL LIBRO: - narrativo (prosa), poetico (lirica) e teatrale - epico-cavalleresco (genere sviluppatosi prima in versi, poi dalla metà del ‘200 anche in prosa); - di formazione (genere del ‘700-’800: storia dell’educazione e della maturazione di una persona); - romanzo storico (genere tipico dell’800, misto di storia e invenzione); - romanzo sociale (dalla seconda metà dell’800: analisi sociale della contemporaneità borghese); - romanzo psicologico (del ‘900: prevale l’autoanalisi di stati d’animo, caratteri, rapporti affettivi...); - d’avventura, o comico; o invece, fantastico o «gotico» (ambientato in un castello) o di fantascienza; - realistico (sia per le vicende che per l’ambiente sociale) oppure simbolico; - giallo (poliziesco), o rosa, o romanzo d’evasione (a diffusione popolare). • BREVE TRAMA • DIVISIONE IN MACROSEQUENZE: Equilibrio iniziale, Rottura dell'Equilibrio, Svolgimento, Equilibrio finale. • PERSONAGGI PRINCIPALI: a) caratterizzazione (descrizione fisica o psico-sociale): età, stato sociale, valori morali, onestà, coraggio, generosità...; b) ruolo: protagonista o antagonista, aiutante o avversario (personaggi secondari), oggetto; c) attributi: tratti fisici, oggetti o atteggiamenti che accompagnano un personaggio, rispecchiandone particolari caratteristiche; d) sistema dei personaggi: si può anche tentare di costruire un grafico delle relazioni fra i personaggi. • LUOGHI: lo spazio della narrazione: a) nel romanzo prevalgono gli ambienti interni o esterni; quali? • TEMPO della STORIA raccontata (della fabula) e TEMPO del RACCONTO (dell’intreccio): - lo spazio dedicato alla narrazione dei singoli fenomeni è, o non, proporzionale alla loro durata: sono riconoscibili pause descrittive o ellissi narrative, oppure sommari o narrazioni rallentate; - possiamo riscontrare nel racconto analessi (anticipazioni) o prolessi (flashback). pag. 33
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STARDUST
il film
Cinema esercizio di compresione
La visione di un film in classe è un momento didattico importante. Diventa un momento di laboratorio, anche delle emozioni. I ragazzi commentano e indagano il film come un testo, comprendono la sua natura multidisciplinare e iniziano a sviluppare senso critico.
S
tardust è un film del 2007 diretto da Matthew Vaughn, tratto dal romanzo omonimo di Neil Gaiman, sebbene siano molteplici le differenze tra libro e film. Racconta le gesta di Tristan, che si avventura alla ricerca di una stella cadente da donare all'amata Victoria attraverso il regno magico di Stormhold, popolato da unicorni, streghe e pirati e separato dal mondo ordinario da un semplice muro.
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"Un filosofo una volta si chiese: "Siamo umani perché osserviamo le stelle o le osserviamo perché siamo umani?" Quesito sterile. Le stelle poi osservano noi? Questa si che è una domanda!" (la voce narrante all'inizio del film)
Cinema esercizio di compresione
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Coraline il film Questo film ci ha permesso di indagare sulla tecnica d'animazione: la STOP MOTION. E' stata per tutti una scoperta stimolante e ha permesso di capire quante professionalità siano state messe in gioco per realizzare Coraline!
C
oraline e la porta magica è un film d'animazione realizzato in stop-motion diretto da Henry Selick, già regista di Nightmare Before Christmas. Il film è basato sul racconto Coraline, scritto da Neil Gaiman .
"Io non voglio tutto ciò che desidero. Nessuno lo vuole. Non veramente. Che divertimento sarebbe, se potessi avere tutto ciò che desidero, senza problemi? Non avrebbe nessun valore.!" (Coraline) pag. 35
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la realizzazione del film La sensazione generale è di avere davanti un prodotto cinematografico di alto livello. La cura profusa per la realizzazione di ogni sua parte, infatti, brilla per attenzione e cura del dettaglio (non a caso sono stati necessari 3 anni di produzione).
La tecnica di realizzazione è quella dello stop motion, che come è noto permette di dare una tridimensionalità tutta particolare rispetto all’animazione classica.
Il regista H. Selick con Coraline
Coraline e tutti i personaggi sono caratterizzati benissimo, con le movenze e le espressioni dei volti. Non ci si può non appassionare alla vicenda a tinte fosche della piccola undicenne, anche con un discreto filo di apprensione per la sua sorte. La storia, come il romanzo di Gaiman da cui è tratta, si incentra sul rapporto genitori/figli, che a volte può essere morbosamente malato, ma anche sulla simbologia della vista, come possibilità di vedere la realtà e quindi formarsi una mente aperta e critica, invece di decidere di non vedere pag. 36
e restare quindi prigionieri nella visione ristretta del mondo che ci vogliamo costruire, una reggia dorata in cui tutto è bello e non ci sono problemi, perchè non si presta attenzione a quello che invece ci circonda. Menzione speciale va riservata alla colonna sonora, completamente originale, pregevolissima e dolcemente malinconica e sinistra, che completa il quadro di questo piccolo capolavoro di animazione consigliato ai bambini di tutte le età. (dal sito: annessieconnessi.net)
Cinema
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Approfonidmento
La STOP-Motion o PASSO UNO Il passo uno, chiamata anche ripresa a passo uno o animazione a passo uno (in inglese stop-motion o anche frame by frame) è una tecnica di ripresa cinematografica e di animazione. Il passo uno sfrutta una particolare cinepresa che impressiona un fotogramma alla volta, azionata dall'operatore/animatore. Con questo processo è quindi possibile animare dei cartoni animati, riprendendo composizioni di fogli lucidi; oppure realizzare una ripresa a passo uno, focalizzando l'attenzione su dei pupazzi (fissi, snodabili, di plastilina, eccetera), come nel corto Ruka di Jiří Trnka (1965). È addirittura possibile realizzare dei film in tecnica mista, nonché degli effetti speciali: il passo uno è stato infatti impiegato in film come Cabiria o La guerra e il sogno di Momi. Affinché la ripresa risulti fluida all'osservatore, sono necessarie molte pose; il numero esatto di pose, e quindi, di fotogrammi dipende dal formato di destinazione: cinema, PAL, NTSC. L'immagine cinematografica richiede 24 fotogrammi al secondo, l'immagine televisiva europea (PAL) ne usa 25, mentre l'immagine televisiva americana (NTSC) ne impiega 29,97 al secondo. Largamente utilizzato per la realizzazione degli effetti speciali nel cinema, è stato ormai quasi completamente sostituito dalla grafica computerizzata a partire dal film Jurassic Park del 1993. (da Wikipedia)
La domanda che ci facciamo è: una volta fatto il film, che fine fanno i pupazzetti? Perchè, se non sanno che farsene, noi li prenderemmo volentieri!
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lavori di elaborazione
Dopo aver letto il libro e visto il film, si è passati alla fase di elaborazione. In una delle due classi prime son stati fatti dei cartelloni per rappresentare questa esperienza. In entrambe si è passati attraverso una discussione e una esposizione dei testi. pag. 38
Si tratta si un altro modo di fissare quanto si è studiato, immediato ed efficace. L'azione è stata resa possibile lavorando in team con la Prof. ssa di sostegno che è anche docente di Educazione artistica.
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Come fare un riassunto Il primo passo da compiere per fare un riassunto è quello di comprendere il testo rispondendo alle seguenti domande: CHI? chi sono i personaggi CHE COSA? qual è l’argomento PERCHE’? i motivi dell’azione DOVE? il luogo in cui avviene l’azione QUANDO? il tempo dell’azione COME? lo svolgimento dei fatti e la conclusione 2. Successivamente si divide il testo in sequenze. Il termine sequenza deriva dal linguaggio cinematografico e sta ad indicare le parti del testo in successione (la parola sequenza vuol infatti dire successione) che possiedono compiutezza narrativa, cioè che hanno un senso compiuto. Come si fa ad individuare le sequenze? Non esistono regole fisse, tuttavia è necessario che ogni sequenza individuata sia autonoma nel significato e che il passaggio da una sequenza all’altra costituisca una progressione nello svolgimento della vicenda. Spesso sono i capoversi a segnare il confine tra le sequenze, ma più indicativi in questo senso sono: • la comparsa di nuovi personaggi • il cambio del luogo in cui si svolge la scena • un salto (in avanti o indietro) nel tempo • l’inserimento di un dialogo (sequenze dialogiche) • l’inserimento di una riflessione da parte dei personaggi o del narratore (sequenze riflessive o ideative) • l’inserimento di una descrizione, sia essa di luoghi o di personaggi o addirittura un excursus storico (sequenze descrittive) • l’inserimento di una narrazione (sequenze narrative o dinamiche). 3. Di ciascuna sequenza si prepara una sintesi o, meglio ancora, si dà un titolo. 4. Da ultimo si procede a creare un testo servendosi dei titoli individuati. E’ fondamentale ricordare che: • nel riassunto devono essere evitati i discorsi diretti e i dialoghi • se il testo da riassumere è scritto in prima persona, il riassunto dovrà essere organizzato in terza persona, utilizzando frasi di questo tipo: “l’autore afferma che…”, “il protagonista del brano rievoca alcune vicende…” • non si deve mai intervenire con giudizi personali, ossia bisogna produrre un testo il più possibile oggettivo.
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Iliade
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MITO ED EPICA
conoscere i classici
L'Iliade è un poema epico tradizionalmente attribuito ad Omero, composto da ventiquattro libri o canti, ognuno dei quali è indicato con una lettera dell'alfabeto greco maiuscolo, per un totale di 15.688 versi in esametri dattilici. Il titolo deriva da Īlĭŏn, l'altro nome dell'antica Troia, cittadina dell'Ellesponto (e da non confondere con Ilion nell'Epiro). Opera ciclopica e complessa, è un caposaldo della letteratura greca e occidentale. Narra le vicende di un breve periodo della storia della guerra di Troia, accadute nei cinquantuno giorni dell'ultimo anno di guerra, di cui l'ira di Achille è l'argomento portante del poema. (da http://it.wikipedia.org/wiki/Iliade) L'anfora con Achille e Aiace conservata al Museo Gregoriano Etrusco. I due eroi nel mezzo di una battaglia sono rappresentati assorti in un gioco da tavolo, qualcosa di simile a dama, scacchi. È un soggetto inedito dell'iconografia omerica, un'originale creazione dell'artista che non trova riscontro in alcun testo letterario. Il tema, con qualche variazione, diventerà popolare nella ceramica dell'inizio del 5° secolo e sarà riprodotto anche in un gruppo scultoreo dell'acropoli di Atene. I due eroi sono in parte armati, Achille indossa l'elmetto corinzio, quello di Aiace è appoggiato allo scudo. (da http://it.wikipedia.org/wiki/Exekias)
il proemio Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille. (trad. di Pindemonte)
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TEMATICHE dell' ILIADE
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di Miriam Gaudo
ILIADE E’ il poema che narra della battaglia con cui i Greci (o Achei) conquistarono Troia (o Ilio), che geograficamente si trova in Asia Minore, presso lo stretto dei Dardanelli Nel 1870 il tedesco Schliemann (primo archeologo della storia) trova scavando i resti di una città di questo periodo distrutta per un incendio, confermando l’esistenza di Troia La dimensione con cui vengono narrati i fatti è atemporale (sappiamo solo la durata della guerra, 10 anni; da qui ipotizziamo che la narrazione si svolga in circa due mesi) La tematica principale è l’ira dell’eroe acheo Achille nei confronti del suo comandante Agamennone che lo ha privato ingiustamente del suo bottino di guerra: la schiava Briseide Achille, sdegnato, giura di astenersi dai combattimenti finché non avrà riottenuto Briseide e ricevuto le scuse da Agamennone davanti a tutta l’assemblea Inoltre chiede alla madre Teti di intercedere presso Zeus per lui favorendo i troiani nella battaglia, di conseguenza Agamennone avrebbe provato rimorso di averlo offeso così Patroclo, l’amico più caro di Achille, lo rimprovera per il suo comportamento immaturo poiché capisce che la disfatta degli Achei è vicina, pur essendo più
giovane di Achille stesso Non essendo riuscito a persuaderlo, gli chiede le sue armi, affinché almeno lui possa farsi onore combattendo per la patria (era meglio morire combattendo per la mentalità del tempo) Achille accetta ma lo ammonisce di non farsi prendere dalla smania di combattere perché tiene alla sua vita e teme che in combattimento possa venire ucciso Patroclo va, e combattendo si lascia prendere la mano dalle stragi che compie e dal terrore che riesce ad infondere con indosso le armi di Achille, finché in una scontro con Ettore viene ucciso. Il dispiacere per la morte dell'amico e la sete di vendetta portano Achille a ritornare in battaglia anche se sa che con questa scelta segnerà il suo destino: sa già che morirà combattendo. Achille uccide Ettore e fa scempio del suo cadavere trascinandolo su un carro attorno alle mura di Troia Priamo, padre di Ettore e re di Troia, si reca da Achille chiedendogli le spoglie del figlio. L'eroe commosso dal gesto concede al padre di poter seppellire il figlio. Achille viene ucciso dalla freccia di Paride, figlio di Priamo e fratello di Ettore.
Schieramento degli dei favorevoli ai Troiani • Afrodite (Paride la preferì nella contesa della mela d’oro) • Apollo • Artemide • Ares (con loro per puro caso, vuole solo combattere) favorevoli agli ACHEI • Atena (non era stata scelta da Paride) • Era (non era stata scelta da Paride) • Ermes • Poseidone (aveva costruito le mura di Troia ma i troiani non gli avevano dato la ricompensa promessa) • Efesto Zeus unico dio “super partes” perché garantisce la giustizia il fato però lo vuole dalla parte dei greci
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Odissea
L
'Odissea, come l’Iliade è un poema epico attribuito a Omero. L'Odissea narra il lungo viaggio (il nostos) compiuto da Odisseo (Ulisse per i Latini) per ritornare in patria, a Itaca, dopo l’espugnazione della città di Troia. L’opera presenta anche le vicende successive alla morte di Ettore, con cui l’Iliade si concludeva, come la conquista della città di Troia, avvenuta attraverso l’inganno del cavallo escogitato dal nostro protagonista. Il poema è costituito, come l’Iliade, da 24 libri raccolti in tre grandi nuclei tematici: La Telemachia (libri I-IV): i primi quattro canti dell’Odissea sono dedicati al figlio di Ulisse, Telemaco. I viaggi di Odisseo (libri V -XII): narrano il naufragio di Ulisse a seguito della furia di Poseidone presso i Feaci, nell’isola di Scheria, e la sua permanenza sull’isola. Segue la narrazione di alcune sue imprese.
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La figura di Ulisse L'Ulisse di Omero è un personaggio moderno: egocentrico e desideroso di conoscenza, lascia la moglie e la patria. Al contrario di Achille, uomo guidato dalla propria "ira", istintivo e impulsivo, Odisseo è molto astuto, paziente e sa dominare passioni e sentimenti. Usa armi, quale l’arco o la spada, ma raramente le sue vittorie sono frutti di duelli frontali: fa spesso ricorso a intuizioni e inganni, e riesce anche a sopportare gli oltraggi subiti dai Proci, cosa inconcepibile per gli eroi dell’Iliade. Infatti mentre quest’ultimo poema celebra i valori incentrati sull’onore, che doveva condurre alla gloria immortale, l’Odissea nasce dal senso pratico della vita caratteristico dei marinai, spesso abili nel commercio e che riescono ad affermarsi in più contesti, sfruttando sempre tutti i mezzi a loro disposizione.
Il ritorno e la vendetta di Odisseo (libri XIII - XXIII): qui vengono trattati il ritorno ad Itaca di Ulisse e la sua vendetta contro i Proci.
(http://www.oilproject.org/lezione/odissea)
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IL PROEMIO dell'Odissea (traduzione di I.Pindemonte)
Musa, quell'uom di multiforme ingegno Dimmi, che molto errò, poich'ebbe a terra Gittate d'Ilïòn le sacre torri; Che città vide molte, e delle genti L'indol conobbe; che sovr'esso il mare Molti dentro del cor sofferse affanni, Mentre a guardar la cara vita intende, E i suoi compagni a ricondur: ma indarno Ricondur desïava i suoi compagni, Ché delle colpe lor tutti periro. Stolti! che osaro vïolare i sacri Al Sole Iperïon candidi buoi Con empio dente, ed irritâro il nume,
Parafrasi Narrami, o Musa, dell’eroe ricco d’astuzie, che tanto vagò, dopo che distrusse la rocca sacra di Ilio: di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri, per acquistare a sé la vita e il ritorno ai compagni. Ma i compagni neanche così li salvò, pur volendo: con la loro empietà si perdettero, stolti, che mangiarono i buoi del Sole Iperione: ad essi egli tolse il dì del ritorno.
La traduzione dell'Odissea di Ippolito Pindemonte Ippolito Pindemonte (Verona, 1753-1828), amico del Foscolo e dei più importanti letterati del tempo, fu una delle voci più alte del neoclassicismo italiano. La sua opera più famosa è la traduzione dell’Odissea data alle stampe nel 1822. L’Odissea è per lui l'opera della nostalgia e dell’età adulta, se non proprio della vecchiaia: tutto il contrario, insomma, dell’Iliade, poema della violenza e della giovinezza. Quando Pindemonte inizia nel 1806 a trasportare in italiano l’Odissea è, appunto, un uomo di oltre cinquant’anni, e decide di affrontare l’impresa soprattutto in virtù di un’autentica affinità elettiva con l’opera. La sua traduzione, che si richiama con equilibrio al classicismo settecentesco, si imporrà subito come testo canonico, accanto all’Iliade di Vincenzo Monti ma da essa ben diversa nel tono.
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Perchè imparare a memoria di Umberto Eco (...) Caro Nipote volevo parlarti di una malattia che ha colpito la tua generazione e persino quella dei ragazzi più grandi di te, che magari vanno già all’università: la perdita della memoria. È vero che se ti viene il desiderio di sapere chi fosse Carlo Magno o dove stia Kuala Lumpur non hai che da premere qualche tasto e Internet te lo dice subito. Fallo quando serve, ma dopo che lo hai fatto cerca di ricordare quanto ti è stato detto per non essere obbligato a cercarlo una seconda volta se per caso te ne venisse il bisogno impel-
Quindi ecco la mia dieta. Ogni mattina impara qualche verso, una breve poesia, o come hanno fatto fare a noi, “La Cavallina Storna” o “Il sabato del villaggio”. E magari fai a gara con gli amici per sapere chi ricorda meglio. (...) Fai gare di memoria, magari sui libri che hai letto (chi era a bordo della Hispaniola alla ricerca dell’isola del tesoro? Lord Trelawney, il capitano Smollet, il dottor Livesey, Long John Silver, Jim…) Vedi se i tuoi amici ricorderanno chi erano i domestici dei tre moschettieri e di D’Artagnan (Grimaud,
lente, magari per una ricerca a scuola. Il rischio è che, siccome pensi che il tuo computer te lo possa dire a ogni istante, tu perda il gusto di mettertelo in testa. Sarebbe un poco come se, avendo imparato che per andare da via Tale a via Talaltra, ci sono l’autobus o il metro che ti permettono di spostarti senza fatica (il che è comodissimo e fallo pure ogni volta che hai fretta) tu pensi che così non hai più bisogno di camminare. Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi
Bazin, Mousqueton e Planchet)… E se non vorrai leggere “I tre moschettieri” (e non sai che cosa avrai perso) fallo, che so, con una delle storie che hai letto. Sembra un gioco (ed è un gioco) ma vedrai come la tua testa si popolerà di personaggi, storie, ricordi di ogni tipo. Ti sarai chiesto perché i computer si chiamavano un tempo cervelli elettronici: è perché sono stati concepiti sul modello del tuo (del nostro) cervello, ma il nostro cervello ha più connessioni di un computer,
in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello. La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria.
è una specie di computer che ti porti dietro e che cresce e s’irrobustisce con l’esercizio, mentre il computer che hai sul tavolo più lo usi e più perde velocità e dopo qualche anno lo devi cambiare. Invece il tuo cervello può oggi durare sino a novant’anni e a novant’anni (se lo avrai tenuto in esercizio) ricorderà più cose di quelle che ricordi adesso. E gratis. (dal sito de L'Espresso)
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U
na persona si scopre lettore quando prova piacere in quello che legge. Il piacere è il presupposto perché si alimenti la motivazione a leggere, cioè quella forte spinta che induce la persona a diventare un lettore “forte”, abituale. La lettura a voce alta dell’adulto-mediatore mette in moto e consolida questa catena virtuosa di rimandi tra “piaceri” della lettura e motivazione al leggere. Questa la motivazione per cui, appena possibile, offro agli studenti dei momenti di lettura espressiva. La scelta cade su racconti che suscitino nell'ascolatatore la meraviglia, o la suspance. Molto spesso si tratta dei racconti di Edgar Allan Poe, che i ragazzi imparano ad amare, o qualche racconto di Herny (Il dono dei magi o Due uomini disperati). La lettura ad alta voce è un’attività che viene avviata fin dai primi giorni di scuola, ma poi
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prosegue per tutto l’iter scolastico, in modo che i ragazzi possano piano, piano apprendere le tecniche di lettura. A questo punto vengono craeti momenti in cui i lettori saranno gli stessi ragazzi. Attraverso la lettura ad alta voce si cerca di recuperare il potere evocativo della parola rispetto alla cultura dell'immagine che spesso si impone nel mondo in cui sono immersi i nostri studenti. Come dice Harold Bloom "solo la lettura a voce alta trasforma il leggere da atto inconfutabilmente solitario in atto sociale" La lettura ad alta voce è naturalmente anche un modo per educare all’ascolto.
Leggere approfondimento sulla lettura espressiva
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Progetto lettura animata Sempre all'interno dell'approfondimento sulla lettura espressiva, gli studenti hanno assistito alla mise en space del romanzo epistolare "destinatario sconosciuto" realiazzata per celebrare il giorno della memoria. La lettura è stata realizzata dei docenti della scuola.
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Lettura
progetto Continuità Per un pugno di libri
lettura in classe Il progetto continutà ha coinvolto le classi prime della scuola secondaria di primo grado che hanno letto in classe il romanzo di John Boyne "il bambino con il pigiama a righe". L'attività ha occupato la classe per un lungo periodo ed ha permeso di apporfondire la lettura espressiva del testo. LA T R A M A Q u a n d o B r uno con la f am i g l i a d e ve lasciare l a s u a b e l l issima casa d i B e r l i n o p er trasf erir si i n q u e l l a triste e p ic co l a c a s a ad “ Auscit” p er ch é i l p ap à è stato p r o m o s s o d al Fu rio p er u n i m p o r ta nte lavoro, il n os tr o p i c c olo amico è d i sp e r a to . L e giorn ate si su s s e g u o n o t utte u gu ali, sen z a nu l l a e nessun o con cu i g i o c a r e . I noltre c’è q u e l l a s tr a n a vista d alla f i n e s tr a d e l l a su a cam era , tu tte q u e lle p ersone, an z i a n i , d o n ne, b ambin i, vesti ti tu tti ugu ali. Sen t e c r e s c e r e un a stran a i n qu i e tu d i n e imp ossib ile d a r a z i o n a l i zzare. Allo-
ra, nonostante i divie ti, il su o spirito e sploratore h a la m e glio, e d è proprio d u rante una di que ste e s p loraz ioni che fa am ic iz ia con que llo che dive nte rà il motivo di affe z ione p e r qu el luogo c osì tanto detestato . Nasce un’am ic iz ia che d u rerà p e r se m pre . I l p iccolo B runo non c ap irà mai de l tutto, e re sta sorpre so ne l trovare il su o am ic o in c asa pro p ria a pulire i bic chie ri d i cris tallo; p e rché ho le d ita molto sottili gli spie ga l'a m ic o, e d e ffe ttiva mente B runo nota quanta diffe re nz a c i sia tra le loro m ani, tra le loro d ita....sarà in que sta o c casione che B runo tradirà l'amico, dop o ave rgli of f erto una fe tta di torta n on avrà il c oraggio di d if end e rlo dall'ac c usa mossag li dal te rribile te n ente Kotle r di ave rla rub ata e anz i ne ghe rà p e rf in o di c onosc e rlo. B runo n on sa p e rdonarsi, Shm u el lo p e rdone rà subito, n on ostante le p e rc osse che su birà dal te ne nte . Il te de sc o e l’e bre o romp ono i c onfini d ell’ide ntità, non que lli d el retic olato che li se para d u rante tutti i loro incontri. O quasi. Pe rché il p iccolo B runo m ante rrà
fe de alla prom e ssa fa t t a al suo am ic o de l c uo r e , e in un giorno di pio g g ia , inc urante de l p e ric o lo de i tuoni, de i fulm ini, de l fango, p e rc orre rà nuovam e nte la strada p e r r a ggiunge re Shmue l, indo s se rà il pigiam a a r ig he uguale a que llo de l s uo am ic o e c osì, se nz a c ap e lli, rasati pre c e d e nt em e nte a c ausa de i p ido c chi, passa dall’altr o la t o de l re tic olato p e r a iut a r lo a c e rc are il pap à che l’am ic o non trova p iù. Ade sso sono ve ra m e nt e am ic i, anz i io li ve do frate lli, e si te ngono p e r m ano, p e r se m pre . dal sito:qlibri.it
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il fanta
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Lettura
lettura ed analisi di un libro
asma di Canterville Questo racconto lungo di Oscar Wilde è una lettura molto amata dai ragazzi, la facile reperibilità (anche gratis in Internet) ne fa, poi, un buon testo da suggerire per la lettura a casa. Il fantasma di Canterville (The Canterville Ghost, 1887) è un celebre racconto umoristico giovanile di Oscar Wilde. Il racconto è ambientato in Inghilterra, alla fine dell'Ottocento. Hiram Otis è un politico americano che, seguendo la moda dell'epoca, acquista un castello inglese per trascorrervi le vacanze. La famiglia Otis è composta oltre che da Hiram, dalla moglie Lucrezia, ex bella ragazza della crème americana, dal figlio maggiore Washington eletto presidente perché ballava bene, molto attaccato al denaro, da Virginia, timida quindicenne e dai due terribili gemelli Stelle e Strisce. Il castello acquistato dagli Otis è naturalmente infestato dal fantasma di Sir Simon, scorbutico nobiluomo del tardo cinquecento, costretto a passare l'eternità tra le mura del castello finché l'antica profezia non verrà compiuta. Questa profezia riguarda una giovane dall'animo puro che dovrà versare lacrime per un peccatore. Subito si crea tra gli Otis e il fantasma una sorta di ostilità fatta di scherzi e trucchi più o meno macabri. In particolare il motivo del contendere è la macchia di sangue sul
tappeto del salone. Questa macchia è il ricordo di dove cadde la sposa di Sir Simon, Lady Eleonor. Washington è un fautore del super smacchiatore Pinkerton, e con questo si adopera per detergere la macchia. A nulla valgono gli avvertimenti della governante, Mrs. Umney: la macchia viene puntualmente ritrovata. Mentre la famiglia stabilisce legami di buon vicinato con i nobili locali, Virginia passa molto tempo tra le mura del castello, in compagnia della governante. È l'unica cui sembra importare realmente della sorte di Sir Simon e anche l'unica che veda in lui del buono. Trascorre diverso tempo e il castello subisce modifiche sostanziali: perde quel suo stato di lugubre residenza inglese e diventa una casa di campagna americana, con tendine e enciclopedie colorate. Il fantasma, da tempo vittima degli scherzi dei terribili gemelli, si fa vedere solo una sera alla settimana, cercando di sfuggire alle angherie dei familiari di Virginia. Un giorno, durante l'assenza dei suoi familiari, la ragazza trova un passaggio segreto che la conduce alla cripta dove fu murato Sir Simon. Da qui nasce un rapporto compassio-
nevole col fantasma che porterà la giovane a versare lacrime per l'anima tormentata del fantasma e a compiere l'antica profezia. Il racconto si sposta ancora più avanti e ritroviamo Virginia ormai adulta. Il marito, Lord Cecil le chiede di raccontare ciò che ha visto nell'aldilà, ma ella gli nega questa curiosità dicendo che è per il bene del defunto, lasciandoci con il dubbio del mistero. da Wikipedia
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fare teatro
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Attività curriculare Laboratorio teatrale
a scuola un laboratorio teatrale tra i banchi
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are teatro" a scuola dovrebbe fare parte delle buone partiche della formazione dei ragazzi per la grande valenza interdisciplinare che offre. Tra i molti obiettivi che questa attività si pone vi sono in primo luogo: - comunicare a livello dinamico-relazionale con i simili e gli adulti. - riacquistare identità, coscienza del proprio ruolo nel gruppo. - sentirsi "persona" con i propri pensieri, sentimenti, emozioni,
cultura, visione del mondo. - acquistare fiducia nei confronti degli altri e della realtà. educare all'autonomia. Un laboratorio teatrale si configura come attività di ricerca espressiva che contribuisce a rendere organiche le conoscenze acquisite e che facilitano l’inserimento più consapevole nei processi sociali, formativi e culturali, anche degli alunni svantaggiati e diversamente abili. "Fare teatro" ha il significato di esplorare le possibilità che vengono date dal gioco dram-
matico, dal lavoro mimico/gestuale, dal suono della voce, per elaborare il linguaggio teatrale e con esso entrare nello spazio geografico, linguistico, scientifico, storico, insomma, interagire con tutte le altre discipline. L'esperienza laboratoriale può arricchire il curriculum degli studenti e permette di individuare ed esplicitare di attività didattiche per sviluppare le competenze della rappresentazione scenica e della lettura espressiva quali elementi fondanti del linguaggio teatrale.
Un inzio di percorso teatrale per le classi prime. Nella prima parte dell'anno i ragazzi hanno appreso i primi rudimenti dell'arte dell'attore, poi si è passati alla messinscena. La scelta dei testi è ricaduta sul genere FIABA. pag. 53
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La messinscena del Lupo e i 7 capretti - il testo
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' e ra u n a volta u na capra c he al levava da s ol a i s uoi s ette pi c co li capre t t i . Un g i or n o pr i ma di andare n el bos co a cercare f res chi ger m og l i d' ar bos cel li per i l pa s to de l l a s era, la capra ra d u n ò i s u oi pi ccoli per m ett e rl i i n g u ardi a. - De v o as s e n tar mi per al cun e ore , n on las ciate en t ra re n e s s u n o dentro cas a. S i a te di f f i de nti perché il lupo è as t u t o, pu ò fals are la s u a v oce e m as cherare il suo as pe t t o. M a voi potrete r i co n os ce r l o a colpo s icu ro d a l le z am pe c he s ono nere. La capra s e ne par tì ab ba stan z a t ran qu i l la. Q ua l c he m i n u t o dopo alcu n i co l pi f u ron o battu ti al la po r t a. - Apr i t e , aprite miei car i p i cco l i , s on o la mamma. . - U u h! U u h! - d is s ero s cherzo sam e n t e i sette capretti - a b b i am o r i conos ciu to la t ua b ru t t a v oce, br u tto di a vo lo di u n l u po e non ti a p r i re m o l a po r ta. I l lu po s e n e andò e mangi ò d el m i e l e pe r addolcire la sua v oce rauca. Ritor nò d i s oppi at t o e da di etro la po r t a di s s e con u na voce m el l i f l u a: - Apr ite miei ca r i f i g l i , s on o la mamma.
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P u r tro ppo pe r lui, il lupo, s badato, av e v a posat o le s u e zam pe ne re sul l'orlo del la fine st ra e fu q uindi s u bi to riconosc iut o. I cap retti g ridarono sc he rzosamente: - U u h! Uuh! Sig nor lupo z ampe ne re , t i se i t radit o! Al lora il lupo corse zoppi cando dal fornaio e m ise la z ampa ne l la farina. Quindi r ipar tì con la zam pa de st ra imbi ancat a com e de side rava. I ng annat i dal la v oce mi elosa e dal la zam pa b i anca i pov e ri capre t t i al la fi ne a prirono la port a. Appar ve il lupo, t e rrib ile , con la s ch ium a al la bocca, t ut t o nero, con fuori una g rande e avi da ling ua rossa. - Aiu t o! Soccorso! - be larono i pov e ri piccoli, salt an do s ot t o la t av ola, ne l le t t o, nel l' arm adio o ne l la v asca da bagno, ne l la spe ranza di s fu ggire al l'orrib ile be st ia. Ma i l lupo li t rov ò t ut t i e l'i nghiot t ì in un boccone u no dopo l'alt ro. Uno solo di loro scam pò al la carnef i cin a, pe rc hé si e ra nas cos to ne l l'orolog io a pe n dolo, rannicc hiat o sot t o il pes ant e b ilanc ie re di ram e . Il cap re t t o si prec ipit ò a cercare la m adre raccont an dole le ast uzie de l lupo e la
t rist e fine de i suo i f ra te l l i . m am m a capra, a f f e r ra ta la sua borsa pe r i l c u c i to , si dire sse di cor sa v e r so la fore st a. La ca p ra no n dov e t t e andar l o nta no . Sazio, sdraiat a ai p i ed i d i un albe ro, il lupo d i r mi v a . Con m olt a ab ilit à l a ca p ra g li t ag liò la panc ia co n u n g ran colpo di forbi c i . Il lupo dorm iv a co sì be ne c he si m osse appena e no n si accorse di nie n te . Con g rande g io i a d e l l a loro m adre i cap re tti u s c irono sani e sa l v i , u no dopo l'alt ro, dal lo sto ma co de l lupo. Pe r ord i ne d e l l a capra e ssi port a ro no se i g rosse pie t re c h e f u ro no post e ne l la panc ia d e l l u po c he fu ric uc it o a l l a pe rfe zione . Corse ro po i tu tti insie m e ad appos ta r si su l parape t t o di un po nte . Quando il lupo si sv eg l i ò , fu pre so da una gra n se te . Appe sant it o, corse v e r so l a riv a de l fium e e pe r be re si sporse , m a t rasc ina to d a l pe so de l le pie t re , co l ò a picco e s'anneg ò. I capre t t i e la loro ma mma ne furono m olt o f e l i c i . (fiaba de i F.l li Gr i mm)
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l lavoro di messinscena della fiaba del Lupo ed i sette capretti ha occupato la classe 1C per gran parte del secondo quadrimestre. La presenza all'interno della classe di alunni di diversa etnia ci ha permesso di creare un testo multiligue, in cui la moltiplicazione dei suoni e dei gesti ha dato vita ad una rappresentazione originale della fiaba dei Grimm. La cosa soprendente e quasi "magica" è che a lungo andare i ragazzi hanno inziato a capire le varie lingue, per cui, nel lavoro di improvvisazione verbale (sul canovaccio della fiaba) che si svolgeva, appunto, in madrelingua, non incorrevano mai nella ripetizione di cose già dette. L'enorme ricchezza che un lavoro del genere può offrire è stata goduta a fondo da tutta la classe. Inoltre le parti recitate dei ragazzi italiani sono state prodotte in dialetto (barese e veneziano) dando a quest'ultimi, come vogliono le recenti indicazioni dei linguisti, il valore di lingua. Parallelamente al lavoro di messinscena, poichè potevamo "approfittare" della presenza di un'insegnate di sostegno (in realtà Prof. di Arte e Immagine), sono sate create delle immagini che illustrano le varie situazioni della fiaba. pag. 55
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ueste immagini, come i cartelloni dei cantastorie, accompagnano l'esecuzione dello spettacolo sul palco in modo da rendere piĂš comprensibile il testo che, ripetiamo, viene recitato in varie lingue senza sovrapposizioni di parti. Quindi un pezzo di storia viene detto in russo, uno in arabo, uno in cinese e cosĂŹ via...
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La messinscena della Gatta Bianca - il testo
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' e r a u n a volta un R e ch e ave va tre f igli: tr e p e z zi di giovan ot t i f o r ti e c o raggiosi. I l R e c o m i n c iava a essere u n p o ' i n l à con gli an n i, d ove n d o s c e g l iere chi tra i t re p r i n c i p i d ovesse su cce d erg l i a l tr o n o, li chiamò e sal t ò f u o r i c o l d ire:
preso dalla notte , dai tuoni e da un gran rove sc io d'acqua ne l m e z z o d'una forest a, dove non rac c ap e zzava più ne m m e no la strada ch e dove va fare . Giunse al p ortone di un c aste llo. Bu ssò. Di lì a un m inuto la p orta si ap rì, se nz a che e gli p ot esse ve de r altro che una "M i e i car i f i gli ho decis o dozzina di m ani p e r aria. d i m e t t e re l a corona s u l A que lla vista re stò c osì ca po a u n o di voi tre. Ma intontito, che non sap e va n o n s o s ceg l i ere. Intendo risolve rsi a e ntrare , quan r i ti rarm i i n campagna e do sentì altre m ani, che lo m i pare c he u n canino vis - spin ge vano p e r die tro. po , f i do, g raz ios o potrebbe t en e r m i u n ' ot tima compag - De l l e m an che vedete n i a : cos ì , v i di chiaro che Non vi prenda sospetto: quel l o c he di voi tre mi Ché sotto questo tetto po r t e rà i l can ino più bel lo, Non c'é da tem er nul la. sa rà i l m i o e rede". Se non le seducenti Graz ie di un bel visino; I p r i n c i p i r e s taron o sor - Cas o che il vostro cuore p r es i d e l c a p r iccio del loro Non voglia rim aner p ad r e p e r u n can in o, ma s c hi avo d'am ore. acce tta r o n o c on p iacere la co m m i s s i o n e d i and are in Entrò in una gran sala, tut cer c a d i u n c ane. ta d i m adre p e rla; e quindi E co s ì p a r ti r o n o, ciascu n o passò in altre sale ornate p r es e u n a v i a diversa. I d u e in mille m anie re diffe re nti mag g i o r i e b b ero molte av - e così ric che di pitture e ventu r e ; m a io racconterò di ma rm i pre z iosi, da farlo sol t a nto q u e l l e del minore. restare sbalordito. C a m m i n ava e cammin ava, Era una tal m e raviglia da sen z a s a p e r e neanche lu i creder la un sogno. Dop o d ove a n d a s s e , quan d 'ecco aver trave rsato una fila di ch e u n a vo l ta si trovò sor- sessanta stanz e , le m ani
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che lo guidavano lo fe c e r o fe rm are . Le m ani che gli s e mbr a vano b e llissim e , bia nche , pic c ole , b offic e tt e e b e n prop orz ionate , g li fe c ero indossare una c a m ic ia m olto b e lla. Le m ani, se nz a c o r p o , lo p e ttinarono c on t a nt a le g ge re z z a e c on ta nt a m a e stria, che rim ase c o nt e n tissim o. Quando l'e bb e r o inc ipriato, p e ttina t o , pr o fum ato, ve stito in g a la , le solite m ani lo c o ndus s e r o in una sala m agn ific a . I n giro alle pare ti s i ve de va la storia de i gatt i più fam osi. Il princ ip e vide alc uni g a tti che andavano a pig lia r p osto in una pic c o la o rche stra fatta app o s t a p e r loro. Tutt'a un t r a t t o , c iasc uno di e ssi c o m inc iò a m iagolare in dive r s i t o ni e a grattare c oll'ung hie le c orde de lla chitar r a . Poi vide e ntrare una fig urina non più alta di m e z z o brac c io. Que st a s p e c ie di bamb olina e ra c o p e r t a dalla te sta ai piedi da un lungo ve lo di c re s p o ne r o . La bamb olina si avvic inò e si tolse il ve lo: sic ché e g li p oté ve de re la più b e lla
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gat t i n a, f r a q u a nte ce ne furo n o e c e n e s a r ann o mai. El l a ap p a r i va m o l t o giovine e mol t o a f f l i tta : e f ace va u n m i a g o l ì o così d olce e così c a r i n o , che an d ava pro p ri o a l c u o r e . El l a d i s s e a l P r i n cip e: -"Fi gli o di Re , tu s ei il ben ven u t o. La m ia miagola n te m ae s t à t i vede con p ia cere". -"Si gn ora G at t a voi s iete mo lt o b u on a a f ar mi s ì co r t es e accog l i e n za; voi , o sig n o ra , s i e t e u na gatta vera m en t e s i n g ol a re. " Pa ssò un a n n o . I l P rin cip e si er a s c o r d a to di tu tto, p er f i n o d e l s u o paese. Le sol i t e m a n i , r a m mentate t ant e vo l te , c o nt inu avano a serv i r l o . U n a n n o p assa pre st o, i n i s p e c i e quan d o no n si h a n n o n é secca t ur e n é p e n s i e r i : e quan d o si st a b e n e d i s a lute e ci ma n ca il te m p o p er p otersi an n o i a r e . G a tta Bian ca sap eva i l g i o r n o i n cu i egli doveva to r n a r e a casa, e p er ch é e g l i n o n c i p ensava pi ù , cr e d é b e n f a tto ricor da rg l i elo . : "S ai c h e ti restano tre g i or n i s o lamente, per cercare i l cani no tanto d esi d era t o da t u o padre, e ch e i t u oi f rat e l l i ne hanno tro va ti de i be l l i s si mi? Figli o d i Re , n on t i dare al la d ispera z i on e . T i e ni, eccoti un a gh i an da, apri la davanti a l Re t u o padre ” Il P ri n c i p e l a ringraziò mi l l e vo l te è to r n o al pala zzo p a te r n o . pag. 63
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Il gi ova n e p r i n cip e cavò fuo ri d i ta s c a l a gh ian d a, che G a tta B i a n c a gli aveva da t o. Ap e r ta l a i n p resen za di t u t t i , c i a s c u n o p oté veder e u n c a n i n o , a c covaccia t o n el c o to n e . Il R e ri m a s e u n p o' male, p er ch é e r a p r o p r io imp ossib i l e t r ova r d a r i dire qual che cos a s u l l a b ellezza di q u el ca g n o l i n o . Ad ogn i mo d o eg l i n o n ave va voglia di d i sf a r s i d e l l a sua corona . D i sse du n q u e a i su oi f igl che vo l e va ave r e u n altro sag g i o d e l l a l o r o ab ilità, prim a d i m a nte n ere la p a rol a d ata ; p e r c u i d ava loro t em p o u n a n n o a cercargli un a p ez z a d i te l a così fin e e sot t i l e , d a p a s sar tu tta da l l a cr u n a d i u n ago, d i q u el l i da r i c a m o . I pri n cip i s i r a s s egnaron o. O g nu n o s e n ' a n dò p er il suo v i a g g i o . Il n o st r o P r i n c i p e rimontò sul su o c ava l l o , e senza cu r a r s i d i a ltri aiuti, all ' i n f u o r i d i q u e lli ch e p o t eva at t e n d e r e d alla G atta Bi a n ca, p a r tì a l l a gran carrier a e r i to r n ò a l castello. El l a st ava c o r i c a ta dentro a u n a p i c c o l a c estina sopra u n g u a n c i a l e di seta, bi a n ca c o m e l a neve. La sua p etti n a tu r a era u n p o' t ra scu ra ta e l a fision omia ab b a t t u ta e tr i s ta: ma ap p en a v i s to i l P r i ncip e, f ece mi l l e sa l ti e m i l l e sgamb et t i , p er f a r g l i i nt end ere la gioi a che p r ovava. Il Pr i n c i p e , i n r i camb io, le fece mi ll e c a r e z z e e raccon t ò ch e i l Re vo l e va u n a p e zza d i te l a ch e p o tesse pas sare d al l a c r u n a d 'u n ago. Ga t t a B i a n c a r i sp ose ch e pag. 64
non era una fac c e nda da darsene p e nsie ro: che , p e r bu on a fortuna, ave va ne l suo cas te llo de lle Gatte ch e filavano b e nissim o: in un a p arola che e gli p ote va starsen e tranquillo. Passò c osì un se c ondo ann o. "Ora part i pure e pres entat i al Re t uo padre . E ccoti una noce : de nt ro c i troverai la pe zza di t e la, che m'hai dom andat a." Tornato a palaz z o, c avò fuori la no c e : e la schiac c iò. Lo stup ore di tutti non fu piccolo davve ro quando ne tirò fu ori una p e z z a di te la di mille m e tri m e ravigliosa e sottilissim a. Quando il R e eb b e disse ai suoi figli: "Des i dero pe rò c he v i m e t ti ate a una nov e l la prov a. Andate a v iag g iare ancora u n anno , e colui c he in capo al l' anno m e ne rà seco la più bel la fanc iul la, q ue l lo la s pos erà e sarà incoronat o Re il giorno st e sso de l le s u e noz ze” I l p rin c ip e tornò dalla sua cara G a tta B ianc a. Essa se ne stava se duta sopra un tapp eto di Pe rsia. Fu ric e vuto d alle solite m ani, che l'avevano se m pre se rvito. Tutti i gatti si arram pic arono s u p e r le grondaie , p er dargli il b e n tornato, con u n m iagolio da straz i are gli ore c chi. Passò un altro anno, alla vigilia de lla parte nz a e ra giunta finalm e nte l'ora di distru gge re il fatale inc an tesimo ordito dalle fate e ch e p er que sto bisogna va che e gli si risolve sse a tagliar a le i la te sta e la co d a, e a ge ttarle subito sul fu o c o."Io? Sarò io t anto s pietat o da ucc ide rv i? “
"No, fig lio di Re t i co no sco t roppo: m a fai q ue l l o c h e ti dico e sare m o fe li c i . Su l l a m ia parola di g at t a o no ra ta e pe rbe ne .” Giunti in vic ina nz a de l c aste llo, il Princ ip e r im a s e ne lla sua b e lla c a r r o z z a ; e di lì p oté ve de r e i s uo i frate lli che se la pa s s e g giavano a brac c e tt o di due Princ ip e sse d'una b e lle z z a da sbalordire . Gli andarono inc o nt r o p e r fargli fe sta e dom a nda r o no se anche e sso ave va c o ndo tto la sua dam a. “ So n sta to così disg raziat o, i n tu tto il v iag g io non m i so no i m bat t ut o alt ro c he i n d o nne b rut t issim e ; e t ut to c i ò c h e m i è capit at o di m eg l i o d a port ar con m e , è q u e sta g at t a b ianca.” Il Re ric e ve tte i fig li e le pronc ip e sse che ave va no p ortato. Voltatosi al m ino r e g li
do m a n d ò : "C om e va che questa v ol t a s i e te tor nato sol o ? ". "Vo stra M ae s t à qu es ta gat tina bi an ca, m iagola con tant a g raz i a e ha le z ampin e p i ù m or b i de d el vel lu to, e s o n si c u ro c he le piacerà" quindi, nello sgomento ge n era l e , i l P r i n cip e tagliò l a t est a a l l a g a ttina. E d ella ap p a rve f u o r i c ome il sole do p o es s e r e s ta to u n p o' di t em p o n a s c o s to f ra i nu voli. D i sse il R e - " Ecco vera men t e l a don n a s enz a confro n t o , e c he m e r ita davvero la m i a coron a" . Le n ozz e s i c e l e b r aron o su b it o, e q ue l l e d e i du e f ratelli ug u a l m e nte . La cr o n a c a d i quel temp o racco nta ch e G atta Bian ca di vent ò i l m o d e l l o delle b u on e mog l i e d e l l e mad ri sag ge e p er b e n e . E i o ci c r e d o .
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a messinscena della fiaba della Gatta Bianca ha impegnato a lungo la classe 1B, che ha partecipato attivamente ad ogni fase del lavoro, dalla scelta del testo alle soluzioni sceniche. Nella breve piece sono confluite le abilità degli studenti, che recitazione a parte, si sono impagnati nel canto, nel movimento, nel proprorre musiche e costumi. Ne è risultato uno spettacolo complesso e riuscito (mi sembra) dove i ragazzi hanno soprattutto imprato a muoversi sulla scena e a seguire il ritmo incanzante delle battute. E' stato un lavoro davvero stimolante per tutti, in cui ciacuno ha potuto dare il proprio contributo, mettere in gioco capacità, consocenze, e gusto personale.
( rid u zi o n e d a La g atta b i a n ca i n F ia be C las s i c he di M. me D ' Au l n oy, nella tra du zi on e d i C a r l o C ollo d i d a "I ra cco n t i d e l le fate")
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Consigli di lettura (per l'estate, ma non solo) La lista che segue cerca di spaziare nei diversi generi e nelle diverse tipologie dei romanzi, per andare in contro al gusto personale del lettore. L'idea di base è che la lettura debba essere soprattutto un piacere, quindi ad ogni titolo è stata abbinata una veloce descrizione ed un rimando alla pagina internet dove poter approfondire e scegliere secondo le proprie inclinazioni.
• L'inventore dei sogni di E. McEwan
M
cEwan si accosta all'infanzia cercando di vedere le cose nel modo in cui potrebbe vederle un bambino e rispettando la diversità dei suoi punti di vista rispetto al mondo degli adulti. Protagonista della narrazione è Peter Fortune, nel quale l'autore in parte si identifica. Lo spaesamento si esprime sotto forma di sogno, su cui si struttura il libro. L'azione si svolge in otto capitoli: il primo introduce il protagonista (Peter Fortune), mentre i capitoli che seguono sono imperniati su un'avventura del ragazzino al cui centro vi è un sogno. I sogni di Peter assumono forme diverse: fantasie ad occhi aperti, immagini evocate nel sonno, riflessioni. Sebbene Peter perda per un certo periodo il contatto con la realtà, i suoi sogni non sono un'evasione ma si rivelano essere un modo per affrontare in maniera più consapevole, la realtà stessa. Essi hanno a che fare con
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il "crescere", una delle tematiche da cui l'autore ha tratto spesso ispirazione. Gli oggetti, come ha scritto un critico, possono rivelarsi agli occhi di un bambino "carichi di un simbolismo e di un potere che l'età adulta non sa più riconoscere". Di fronte a questo lato misterioso non resta altra soluzione che accettarlo, attuando una trasformazione di sé, del proprio modo di osservare la realtà. I sogni di Peter sono popolati anche di paure: la paura del male, dei mostri, del dolore e della morte. Tutto però è espresso in maniera leggera, attraverso allusioni e accenni, senza insistenza o drammaticità. Crescere significa anche conoscere le proprie paure e imparare a convivere con esse.
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• L'ultimo orco di S. De Mari
A
nche in questo libro incontriamo Yorsh, l'ultimo elfo, oramai adulto. Ma il vero protagonista di questo libro è Rankstrail, soldato di ventura che combatte una guerra contro gli orchi. Mentre Yorsh è un eroe per destino, per Rankstrail è diverso: non è un predestinato, deve trovare la sua via attraverso le scelte, anche sbagliando. E sarà l'amore ad aiutarlo a prendere le decisioni giuste. Lo schema classico prevede che l'eroe liberi la fanciulla dall'orco. Ma chi è veramente l'orco: chi è nato orco, o chi ha scelto di esserlo? Silvana De Mari mette il tema del libero arbitrio al centro di questo racconto pieno di avventura, di battaglie fantastiche, ma anche di tenerezza.
• Il
giornalino
di
Gian
Burrasca di Vamba
È
ambientato in Toscana (e in parte anche a Roma). Il libro è scritto in forma di diario: il diario di Giannino Stoppani, detto "Gian Burrasca". Questo soprannome, che la famiglia gli dà a causa del suo comportamento molto irrequieto (più per esuberanza che per cattiveria), è divenuto proverbiale per indicare un ragazzino indisciplinato.
• Il mago dei numeri di H. M. Enzensberger
I
l libro racconta la storia di un bambino di dodici anni di nome Roberto, che, trova noiosa la matematica ma soprattutto perché il suo insegnante è il prof. Mandibola, un individuo enorme, che non fa altro che mangiare ciambelle e assegnare problemi stupidi. Una notte Roberto sogna di incontrare il Mago dei Numeri e, per dodici notti, farà un viaggio e scoprirà le meraviglie della matematica: il Mago richiama la necessità della precisione, ma sottolinea anche che i numeri sono semplici. Si
parla dello zero, dell'importanza delle potenze. E si apre un nuovo universo: i conigli di Fibonacci, il triangolo di Tartaglia con le sue magie nascoste, il calcolo combinatorio, l'importanza e la necessità della dimostrazione. Il tutto si conclude con l'invito, come allievo del Mago dei numeri Teplotaxl, al grande ricevimento nell'Inferno/paradiso dei numeri. Durante questa festa, Roberto conosce tutti i più importanti maghi dei numeri e viene ammesso al rango inferiore degli apprendisti dei numeri.
• Un ragazzo di. N. Hornby
I
l libro narra la storia di Will, un trentaseienne londinese, ricco (vive di rendita grazie all'eredità del padre), senza figli e single. Egli frequenta riunioni per genitori single allo scopo di rimorchiare giovani mamme; un giorno, però, incontra Marcus, un ragazzino di 12 anni con molti problemi di adattamento sia a scuola che in famiglia, e la madre Fiona, una hippy depressa. L'amicizia tra Marcus e Will porta l'uomo a una crescita interiore, facendogli provare emozioni e sentimenti più profondi, e il ragazzo, che le esperienze familiari hanno reso eccessivamente maturo, ritrova la fanciullezza perduta.
• Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry
E
' un racconto molto poetico che, nella forma di un'opera letteraria per ragazzi, affronta temi come il senso della vita e il significato dell'amore e dell'amicizia. Ciascun capitolo del libro racconta di un diverso incontro che il protagonista fa con diversi personaggi e su diversi pianeti e ognuno di questi bizzarri personaggi lascia il piccolo principe stupito e sconcertato dalla stranezza delle "persone adulte". In un certo senso, costituisce una sorta di educazione sentimentale. L'opera, sia nella sua versione originaria che nelle varie traduzioni, è illustrata da una decina di acquerelli dello stesso Saint-Exupéry, disegni[1] semplici e un po' naïf che sono celebri quanto il racconto.
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buone vacanze