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DIRITTI - NON È MAI TROPPO TARDI

La condizione delle donne nel mondo del lavoro non è meno complessa nel settore medico. In Puglia l’astensione dal lavoro per cause di malattia o maternità a rischio non ha consentito ad alcune donne medico di ottenere punteggio utile per la progressione di carriera, nonostante i regolamenti e le tutele contrattuali.

di GIULIA ZONNO Medico specializzando in Igiene

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A volte ci troviamo ad osservare la realtà e le dinamiche che si creano in prassi consolidate figlie dell’impoverimento culturale che investe la nostra società, e ci rendiamo conto che per evitare di sprofondare sempre più in basso bisogna saper dire basta. I diritti, anche quelli universalmente riconosciuti come il rispetto della vita e la tutela del lavoratore in caso di malattia, vengono messi nel cassetto e trascurati per una lettura superficiale e miope di una norma da parte della regione Puglia. E quando con un approccio critico squarciamo il velo dell’inerzia dietro cui si celano le storture della burocrazia, fa ancor più rabbia rendersi conto che alcuni soprusi sono assolutamente gratuiti e meschini, in quanto sono agiti su chi è in quel momento fragile. È questo che è successo in Puglia, dove alle donne medico che sono state assenti dal lavoro per maternità a rischio e per malattia non è stato attribuito punteggio utile ai fini della loro progressione di carriera nell’area della Medicina Generale. Attribuire un punteggio serve a creare una graduatoria per permettere agli aspiranti medici di famiglia di inserirsi nel mondo del lavoro tenendo conto dei titoli di studio e di lavoro acquisiti. Attribuire un punteggio è una procedura che non comporta nessun costo aggiuntivo a carico della parte pubblica, quindi la decisione di negare il suddetto, laddove previsto, in caso di assenze per cause di forza maggiore (maternità a rischio o malattia) o sospensioni lavorative giustificate e giustificabili può essere definita un vero sopruso gratuito; inoltre, è sicuramente poco etico accanirsi verso chi già è stato colpito da malattia o da una condizione di salute invalidante, condizionando inevitabilmente la prospettiva di lavoro futura. Sebbene il problema nello specifico abbia riguardato una manciata di persone, il Presidente Anelli in persona ha ricordato che “non è mai troppo tardi per riaffermare e riconoscere i diritti, soprattutto nei confronti di minoranze” ammonendo la Regione per la sua inspiegabile lettura penalizzante della norma vigente.

Dopo aver passato quello che ho passato, sapere che sarei stata penalizzata anche dal punto di vista lavorativo non è riuscito ad abbattermi.

La SISAC, organo governativo deputato all’interpretazione dei contratti dei medici convenzionati con il SSN, aveva già ben chiarito nel 2013 che tra le tutele contrattuali rientravano condizioni quali malattia, maternità, allattamento e puerperio, adozione, aborto, astensione per assistenza a minori conviventi o disabili e una tantum una breve astensione per ristoro psico-fisico spesso utilizzata dai colleghi in caso di lutto di parenti stretti. C’è stato un moto di dissenso rispetto a questo modo di procedere nella gestione dei punteggi della graduatoria che ha visto l’appoggio di più di 330 medici firmatari di una lettera aperta. “Abbiamo deciso di scrivere una lettera aperta a tutti i medici di Puglia, perché essere genitori non può essere un problema di salute femminile e la malattia è un diritto di tutti, donne e uomini, perché anche i medici, ahimè, capita che si ammalino” spiega Filomena Parisi (medico di Medicina Generale e di Continuità Assistenziale – ASL BARI).

"Dopo aver passato quello che ho passato, sapere che sarei stata penalizzata anche dal punto di vista lavorativo non è riuscito ad abbattermi." MARIA LUISA MARIANO Medico di Medicina Generale ASL LECCE

Pertanto le dottoresse che non si sono viste riconosciute i punteggi per sospensioni lavorative riferite a malattia, si sono rivolte agli uffici competenti della Regione per avere spiegazioni, fiduciose che si trattasse di un mero errore materiale. Invece la risposta le ha lasciate di sasso: “Un funzionario mi ha detto che riconoscerci quel punteggio sarebbe stato discriminatorio nei confronti dei colleghi uomini, che per fare punti devono andare a lavorare. Non è agghiacciante?” racconta Magda Logrieco (medico di Continuità Assistenziale - ASL TARANTO). “Viene conteggiato il punteggio solo per il periodo effettivo lavorativo, durante la malattia non esistono tutele. Se ne faccia una ragione dottoressa” racconta Anna Chiara Bianco (medico di continuità assistenziale - ASL LECCE) C’è anche chi ironizza: “Siamo abituati agli errori di calcolo, ma qui siamo nella situazione in cui un funzionario si sveglia la mattina e non sa se dare un punteggio o meno…e invece che chiedere alla struttura competente un parere ufficiale, decide di optare per una interpretazione quanto più penalizzante possibile” dice Giuseppe Pisicchio (medico USCA – ASL BARI).

Siamo abituati agli errori di calcolo, ma qui siamo nella situazione in cui un funzionario si sveglia la mattina e non sa se dare un punteggio o meno.

Ho avuto la fortuna di ammalarmi per un mese, ma a cavallo di novembre e dicembre, permettendomi di avere così un numero minimo di ore per non perdere il punteggio. Sicuramente non si può pensare che i diritti vengano tutelati lanciando una monetina” Francesca Rella (medico di Continuità Assistenziale e medico USCA - ASL BARI) “Non è possibile calpestare i diritti per cavilli burocratici e reiterare questo modo di operare adducendo come motivazione arguta e autorevole che ‘siccome l’anno scorso si è fatto così, quest’anno non può andare diversamente’ ”, aggiunge Claudia Aiello (medico di Continuità Assistenziale - ASL BAT). E ovviamente a parte la delusione e l’amara ironia che generano risposte di questo tipo, c’è chi con pacata saggezza si limita ad una raccolta considerazione, costringendoci ad un duro e dovuto esame di realtà: “Dopo aver passato quello che ho passato, sapere che sarei stata penalizzata anche dal punto di vista lavorativo non è riuscito ad abbattermi, perché essere scampata alla morte mi rende insensibile a queste piccole cattiverie gratuite” Maria Luisa Mariano (medico di Medicina Generale - ASL LECCE).

"Siamo abituati agli errori di calcolo, ma qui siamo nella situazione in cui un funzionario si sveglia la mattina e non sa se dare un punteggio o meno." GIUSEPPE PISICCHIO Medico USCA – ASL BARI

A TUTTI I MEDICI DI PUGLIA

“Prego, prima le signore...” si sente spesso dire così per galanteria, ma nella vita quotidiana si ha invece l’impressione che si faccia di tutto per lasciarle indietro, le donne. E questa volta la mancanza di rispetto avviene soprattutto per le donne medico. Ebbene sì, perché la sorpresa del 2020 in Puglia per le per donne e mamme che esercitano la professione medica nell’area della medicina generale, è il mancato riconoscimento dei periodi di assenza dal lavoro per gravidanza a rischio. Ciò si traduce nella mancata attribuzione del relativo punteggio nella graduatoria di medicina generale. La vita di un medico è spesso una corsa ad ostacoli con poco spazio per la vita privata. Il percorso formativo è lungo e per questo motivo spesso la creazione di una propria famiglia è spostata dopo i 30 anni d’età. Quando arriva il momento di dover dedicare del tempo a sé stesse e al prendersi cura di una nuova vita e del suo nuovo mondo, si vorrebbe essere circondate da qualche certezza. Per di più non tutte le gravidanze sono uguali. Alcune già dai primi periodi richiedono il riposo. Spossatezza, nausea, astenia, pressione bassa non hanno altro rimedio che il riposo. Il tuo corpo ti chiede di fermarti, mentre tanta parte della società rimane cinicamente indifferente a questa necessità, chiedendoti di andare avanti come sempre. Frequentemente avvisaglie di rischio per la gravidanza mandano in crisi professioniste che sono donne forti e affermate, ma che in questa nuova situazione hanno il diritto di essere fragili pazienti disarmate. E nelle situazioni in cui si è cercato un figlio a lungo e magari in modo medicalmente assistito, l’angoscia al solo pensiero che qualcosa possa andare storto è paralizzante. In queste situazioni una donna deve poter mettere il resto la sua vita in stand-by per il bene suo, del suo piccolo, del padre del bambino e del resto della famiglia. Accudire durante e dopo la gravidanza il proprio figlio è una delle prove più impegnative della nostra vita e richiede presenza costante, tempo e tutte le energie che si hanno a disposizione. Orari e ritmi di vita sono completamente stravolti e rimodulati in base alle nuove esigenze del proprio piccolo. D’altro canto il lavoro di un medico esige sempre la necessità di saper prendere decisioni, di saper sopportare con calma e comprensione le reazioni più disparate dei pazienti, la capacità di tenere a mente e conciliare aspetti burocratici, organizzativi, clinico-diagnostici, affettivi, emotivi, economici nell’organizzazione del percorso di cura. E per affrontare un lavoro che richiede massima attenzione e grande disponibilità, bisogna star bene ed essere presenti con testa e corpo. Sono tante le realtà nelle quali davvero il sostegno alla gravidanza ti consente di staccare dagli impegni e doveri lavorativi.

Fra queste realtà evidentemente non c’è ancora del tutto l’Italia e, in particolare in questo caso, la Puglia, dove invece come donne medico veniamo penalizzate e vediamo mettere ostacoli sulla nostra progressione di carriera. Prima di parlare del problema della bassa natalità nel nostro Paese e di diritti delle donne, governanti ed amministratori dovrebbero immergersi in queste realtà. Perché dal punto di vista del cittadino, tanti discorsi sui media sembrano rimanere pura teoria e rimane null’altro che il senso di abbandono, contribuendo a far sentire le donne medico inadeguate a questa società, dove il lusso di poter essere allo stesso tempo mamme e medici non ci è concesso. Purtroppo una lettura distorta e del tutto in contrasto con la politica delle pari opportunità è quella che è stata data sulla astensione dal lavoro per gravidanza a rischio che, pur configurandosi tecnicamente come malattia, è stata penalizzante in termini di acquisizione di punteggio in graduatoria regionale.

Di fronte a un dubbio interpretativo delle norme, provocatoriamente vorremmo dire che una amministrazione pubblica di buon senso e lungimirante avrebbe dovuto propendere per una interpretazione tutelante e coerente con le normative nazionali, che permettesse alle donne medico, che operano come sostitute nel campo della medicina generale, di potersi veder riconoscere il punteggio per i periodi di gravidanza e puerperio, anche se non pienamente rientranti nella durata dei loro incarichi provvisori. È assurdo e gravissimo già soltanto che si sia lasciato spazio a fraintendimenti in merito al riconoscimento dei titoli di servizio con palese discriminazione delle mamme medico. Eventi come malattia, infortunio, adozione di minore o assistenza a minore, assistenza a familiari totalmente invalidi, non possono in un mondo che si definisce civile essere delle croci sulle spalle dei lavoratori. E su questo piano, con questa prassi discriminante in caso di malattia, ad aggravare questa disparità di trattamento tra colleghi più o meno fortunati, vanno considerati gli effetti della pandemia, con tutti i periodi di quarantena o isolamento che tanti medici hanno osservato. Si parla tanto di pari opportunità, ma l’interpretazione miope che Regione Puglia ha voluto dare ci porta invece verso una disparità grave, che penalizza chi si trova in una condizione di temporanea fragilità.

Per quanto esposto, invitiamo tutte le donne e uomini medico di Puglia a sottoscrivere questa nostra lettera, che chiede giustizia per l’intera categoria. Bari, 05-01-2021

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