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LIBRI - DALL’OPERA PIA “DI VENERE” ALL’OSPEDALE

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NOTIZIE DAL MONDO

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Un recente volume racconta la storia del nosocomio di Carbonara dalle sue origini ai giorni nostri, attraverso le numerose voci di chi via ha operato.

di NICOLA SIMONETTI

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Opera Pia Di Venere, infermeria per malati cronici, poi ospedale di terza, seconda, prima categoria, ospedale provinciale, ospedale generale regionale, con specialità di riferimento regionale, di Carbonara, di Bari-Carbonara, di Bari: un cammino di nomi e luoghi che caratterizzano una realtà in crescita, un “Senato numero due” della sanità pugliese che nulla poté demeritare rispetto al paludato “numero uno”. Una storia, un evento epocale, un fenomeno, un esempio di fattività, operosità, professionalità, onestà e capacità intellettuali specifiche e generali che continua. Era nato come “ricovero di mendicità e orfanotrofio”, con proprio capitale, frutto della munificenza di una famiglia emerita (i Di Venere) e, in particolare, dalla signora Rosa, coniugata con l’avv. Gaetano Ricchetti (cui sarà dedicata la Biblioteca, anch’essa Ente Morale, aperta al pubblico nel 1923, frutto di altro munifico dono della coppia) nel 1886. Il Di Venere, nel 1897, veniva riconosciuto Ente Morale e tale rimase sino al 1923. L’Ente – ricorda il “bibliotecario dell’ospedale”, Michele, nella sua premessa storiografica al volume “Dall’Opera Pia Di Venere all’Ospedale” a cura di Gaetano Falco (pag. 112, euro 12 ed. Sagraf) - che, sistemato in un edificio di pregio architettonico e di funzionalità pratica, nasce nonostante una “saga”, lotta di idee, interessi, recriminazioni, accuse, ricorsi, voglia del lascito, frutto della bontà di una matrona – donna Rosa che impegnò le proprie fortune economiche per l’opera nobile per la cui realizzazione essa prescelse, come conforto e indirizzo morale e spirituale, l’abate benedettino e vescovo di Montecassino (successore di san Benedetto, oggi retto dall’abate Donato Ogliari, già abate del monastero della Madonna della Scala di Noci… corsi e ricorsi della storia). L’Ente svolge, nel tempo, la propria umile ma efficace attività d’istituto, affida le varie funzioni operative a medici di particolare capacità e dedizione. Poi, c’è un cambio di presidenza e le redini dell’Opera Pia passano nella mani promettenti del giovanissimo Domenico (Mimì) Bellomo il quale dedica, sin dall’inizio, la propria vita e vi sacrifica i propri interessi, al “Di Venere”. Ed è subito “Ospedale di 3° categoria”, quindi “di prima” e così via“Negli anni 1970, la riforma ospedaliera – scrive nella prefazione mons. arcivescovo Francesco Cacucci – suggerisce, all’arcivescovo del tempo, mons. Nicodemo, di leggere con attenzione “i segni dei tempi” e di consentire che il “Di Venere diventasse Ospedale Generale Regionale, lasciando all’Opera Pia, il compito di continuare ad assistere gli anziani”. Oggi l’Opera Pia è pilotata dal commissario straordinario Giovanni Antonelli “che si prodiga per dare continuità… e si applica a realizzare un nuovo meraviglioso plesso di avanguardia” Egli interviene parlando del Centro studi Opera Pia e della costituenda Fondazione Di Venere Di Venere”. Il volume riporta notizie, documenti, realizzazioni, susseguitisi nel tempo e molti dei protagonisti del “fenomeno Di Venere” ne ricordano episodi, realtà, persone, testimonianze e fatti. Scrivono della propria esperienza, testimoniano il proprio lavoro fatto di entusiasmo e dedizione, suor Maria Rosaria Pastorelli, direttrice della Scuola Convitto che ha forgiato tante ottime infermiere e capo sala, Filippo Lorusso (già direttore f.f. U.O.C. chirurgia generale), Gennaro Volpe, figlio del compianto Nicola che può iscriversi tra i fondatori dell’Ospedale “nuovo” e del “reparto” di ostetricia e ginecologia che egli, in qualità di primario resse dal 1956 al 1992, quando lo cedette a Nicola Damiani. Seguono lo scritto del neurochirurgo Gennaro Perrino che subentrò al capace Moscatelli trasferendovi capacità e dedizione tante da meritare incarichi di docenza nella materia presso l’università Cattolica (Roma), mantenendo, ovviamente ruolo e attività presso il Di Venere. Della pediatria testimonia Filippo Latorre, aiuto di Enzo Fione (deceduto precocemente) e di Salvatore Lobianco che, giunto per motivo di età al pensionamento, gli cedette il primariato che Filippo ha saputo onorare. Altro testimone che scrive della pediatria e relativa sezione neonatale è Rosario Battista. Laura Dell’Erba ha innescato, nel contesto delle “novità”, la Medicina Nucleare, ne ha fatto una realtà operante (e non più “solo sulla carta) e “brillante”. Leonardo Germinario testimonia i progressi, nel tempo, del servizio di radiologia diretto, inizialmente, da Barbone e, quindi da Nicola Ludovico, di origini di Gioia del Colle ma “emigrato” e già primario di ospedale vicino Brescia. Vincenzo Limosano parla della Chirurgia vascolare passata da ambulatorio, a servizio con letti “prestati” da altri reparti, a divisione. Filippo Cassano, già professore associato di medicina del Lavoro nell’università di Bari, ricorda le proprie prime esperienze di studente e medico fatte al Di Venere. Fernando Di Chio ricorda la valida divisione di ortopedia e traumatologia. Prezioso il contributo di Michele Di Pinto, docente Liceo artistico “De Nittis” di Bari, che parla di “La famiglia Di Venere e l’arte”. Conclude Gaetano Falco che del volume è stato ideatore ed appassionato curatore, e che, ricordando i fondatori, parla di “Arte e Pietà” accennando a quadri e busti marmorei che li ricordano, quale premessa alla realizzazione di “una Fondazione”.

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