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E-HEALTH

Pazienti 2.0, Doctor Google e salute digitale: come cambia la medicina

a cura della REDAZIONE

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Negli ultimi anni le tecnologie usate nel quotidiano sono aumentate ad un ritmo crescente e tra innovazione tecnologica ed intelligenza artificiale la spinta verso una medicina sempre più ‘digitalizzata’ è sembrata una conseguenza tanto promettente quanto inevitabile. Con la pandemia da Covid-19, tra cure sospese con il lockdown e norme di distanziamento o isolamento, i limiti dell’assistenza sanitaria tradizionale si sono resi molto evidenti. Questa spinta innovatrice è dunque ancora più necessaria e soprattutto urgente, oggi, al fine di incrementare soluzioni sviluppate attorno al paziente. Si dispone della tecnologia per le cartelle elettroniche, dei servizi online e di strumenti per l’interazione con i pazienti (e-mail, sms, whatsapp, social network) che spesso facilitano la comunicazione e riducono i tempi di attesa. I wearable device (dispositivi indossabili, DI) invece, sono molteplici. I primi di questo genere risalgono agli anni ‘80 ed oggi sono diventati anche ‘consumer’, fruibili facilmente anche attraverso un’app installata sul proprio cellulare. E’ il caso dell’Apple Watch, in grado di eseguire un elettrocardiogramma, rilevare se il ritmo è irregolare e avvertire di una possibile fibrillazione atriale. Queste funzionalità sono state riconosciute prima da FDA e nel marzo 2019 hanno ottenuto anche il marchio CE. Queste approvazioni sono basate su rilevanti studi condotti da Apple: un trial clinico con circa 600 partecipanti (Apple Watch vs ECG a 12 derivazioni effettuata da un cardiologo; NCT03492554) e lo studio di screening Apple Heart Study con più di 400.000 partecipanti (NCT03335800). Le applicazioni più diffuse oggi riguardano bracciali hi-tech,tatuaggi intelligenti, orecchini, cerotti, orologi, magliette ecc. I DI permettono di effettuare test diagnostici e monitorare le funzioni corporee individuali nel contesto di cura anche da remoto, caratteristica che li rende una grande risorsa soprattutto per paesi a reddito medio-basso in cui è stato registrato che l’80% della popolazione adulta possiede uno smartphone e una connessione stabile disponibile. Certamente la crescita dei dispositivi è avvenuta grazie a fattori quali l’abbassamento dei costi e i miglioramenti delle tecnologie che li hanno resi sempre più piccoli, leggeri e sofisticati. Secondo una ricerca statistica statunitense ad inizio 2020 solo il 2-4% delle persone possedeva un DI; nel corso del 2020 ne sarebbero state acquistate addirittura 115 milioni di unità per un valore di circa 50 miliardi di dollari. Secondo un’indagine della International Data Corporation, in Italia nel 2018 sarebbero stati consegnati 3 milioni di dispositivi, nel 2019 c’è stata una forte crescita nelle vendite di dispositivi wearables, con un +89% rispetto all’anno precedente. Le stime formulate da IDC per il 2020 indicano una crescita positiva ma in forte rallentamento: +9,4% su base annuale, causata dall’epidemia globale che ha inibito la domanda e contestualmente la produzione; si attende un incremento medio del 9,4% su base annuale dal 2020 al 2024. Numerosi sono gli accordi per la produzione di nuovi dispositivi, dalla partnership tra Bms, Pfizer Alliance e Fitbit per lo sviluppo di progetti volti a contrastare la fibrillazione atriale tra i soggetti ad alto rischio, a quella tra Novartis e Biofourmis, che hanno annunciato di voler contrastare con tecnologie avanzate gli scompensi cardiaci, sia come trattamento sia nell’ottica della prevenzione. I dispositivi digitali permettono, con la dovuta formazione di pazienti e personale sanitario, un miglioramento a livello di prevenzione, diagnosi precoce e gestione dei trattamenti, oltre che per la gestione digitalizzata e fluida dei dati e un consistente risparmio in termini di tempo sia per il medico che per il paziente.

La telemedicina può essere di supporto alla dimissione protetta ospedaliera, alla riduzione delle ospedalizzazioni dei malati cronici, al minor ricorso ai ricoveri in casa di cura e di riposo degli anziani, alla riduzione della mobilità dei pazienti alla ricerca di migliori cure”

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