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L'Italia nella tempesta perfetta PL. Seri
by La Pagina
L’ITALIA nella TEMPESTA PERFETTA
Pierluigi SERI Ricordate il famoso film “La tempesta perfetta”, uscito nel 2000, diretto da Wolfang Petersen, nel cui cast spicca George Clooney? Ispirato alla drammatica vicenda del peschereccio Andrea Gail che nel 1991 rimase vittima di un evento, allora raro, di meteo estremo, incappando nella collisione tra un uragano con due aree di bassa pressione. L’imbarcazione si trovò in mezzo ad onde altissime e naufragò con tutto l’equipaggio. Il film mi piacque molto, ma lì per lì lo considerai alla stregua di film del genere catastrofico, tipici di una tradizione americana, come “Inferno di cristallo”, “Terremoto” ecc. Non passarono molti anni che dovetti cambiare opinione in merito. Che in certe aree del mondo come Sud Est Asiatico, Americhe, Giappone, India si verifichino periodicamente uragani, inondazioni, maremoti è un fatto assodato. Sono anni che la tv ci trasmette immagini di paesi devastati, città trasformate in laghi, abitazioni ridotte a cumuli di macerie dalla violenza dei tornado, ma spesso pensavamo che tali eventi riguardassero zone molto lontane da noi e invece proprio in questi ultimi anni anche nel nostro paese abbiamo a che fare sempre più spesso con eventi estremi. Il campanello d’allarme è squillato nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 2018, quando la cosiddetta Tempesta Vaia ha colpito con violenza inusitata. Un vortice di venti che soffiavano oltre i 200 orari si è abbattuto sul Veneto, il Trentino e parte del Friuli e della Lombardia, travolgendo tutto quello che incontrava. Fusti di alberi secolari sradicati, 41 mila ettari di boschi cancellati, 8 milioni di metri cubi di legname abbattuti. A Rocca Pietore un intero bosco di pini pregiatissimi per il loro legno è stato ridotto ad un cumulo di alberi schiantati al suolo come stecchi di un gigantesco gioco di Shanghai. Il lago di Alleghe si è alzato di due metri a causa dei detriti finiti nel bacino, i serrai di Sottoguda, canyon patrimonio dell’Unesco, coperti da un fiume di fango. La tempesta Vaia è stata la manifestazione eclatante di una mega perturbazione che ha colpito non solo il Nord, ma ha anche provocato mareggiate in Liguria, distruggendo il porto di Rapallo. Viene a questo punto spontaneo chiedersi: tali tempeste sono il risultato diretto di cambiamenti climatici? Gli esperti usano la cautela, ma Antonello Pasini del Cnr risponde in modo chiaro: “è sicuro che il riscaldamento del Mar Mediterraneo libera una maggiore quantità di energia nell’atmosfera e aumenta la possibilità che si verifichino eventi estremi”. Dati alla mano, il Mediterraneo si sta scaldando più velocemente degli oceani, aumentando il suo volume e liberando calore che rende più probabili tali eventi. Ma se esaminiamo le cronache recenti, distogliendo per un attimo la giustificata attenzione sull’emergenza covid-19, ci accorgiamo che la tempesta Vaia non è stata la sola: nel novembre 2019 Venezia è stata interessata da un eccezionale fenomeno di acqua alta, il 23 agosto del 2020 un fiume di acqua e grandine ha messo in pochi minuti in ginocchio la città di Verona. Ricordate l’immagine del dentista che annaspava nell’acqua che aveva invaso il suo studio? Questi sono la punta di un iceberg ben più grande. Il nostro Paese è sempre più soggetto a questi accadimenti. Il surplus di energia presente in atmosfera non può che scaricarsi con violenza sul territorio. Fenomeni una volta gestibili, diventano più devastanti, dice chiaro tondo A. Pasini. L’Italia e il Mediterraneo sono un punto caldo dove gli effetti del riscaldamento globale si misurano maggiormente che altrove. Lo Eswd acronimo di European Severe Weather Database, ente europeo, accessibile su internet, che registra gli eventi estremi e consente di fare studi e ricerche in merito, ha dedotto che in Italia nel 2019 si sono verificati 1655 eventi classificati come estremi. Si tratta di fenomeni circoscritti che hanno interessato aree geografiche limitate e che non sempre hanno assurto a rilevanza nazionale. Se incrociamo i dati raccolti dall’ente sopracitato e li confrontiamo con quelli di paesi simili al nostro per estensione, come Spagna e Regno Unito, si vede che in tutto il 2019 nella prima si sono verificati 282 eventi estremi, nel secondo 240, l’85% in meno rispetto all’Italia. Se poi andiamo a vedere i dati degli ultimi 20 anni, scopriamo che nel 1999 l’Italia era in linea con i paesi citati. Numeri alla mano, la prima considerazione è che il fenomeno è in crescita dovunque, la seconda e più inquietante è che l’Italia si trova prima in questa classifica poco invidiabile. I modelli climatici sono cambiati. È scomparso l’anticiclone delle Azzorre, fattore di stabilità che garantiva il bel tempo, lasciando spazio agli anticicloni africani del Sahara, responsabili principali di estati lunghe e torride e dell’estremizzazione di eventi climatici, con improvvise e devastanti piogge torrenziali. Si assiste alla somma di tre fattori: accresciuta violenza di eventi meteo, fragilità del territorio italiano, complice anche l’uomo, aumento dei costi umani ed economici a causa dei danni ingenti provocati. Questa è la sfida, parallela a quella del covid, che ci aspetta nel futuro prossimo. Intervenire su ciò non è facile, ma possibile, se le cose vengono prese in tempo. È ora che il potere politico e i cittadini stessi si diano una svegliata prima dell’irreparabile!
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