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PER TERNI G. Porrazzini - G. Raspetti

DEMOCRAZIA e TECNOLOGIA DIGITALE quale alleanza per la nuova città ?

Giacomo PORRAZZINI La nuova città, la Terni sostenibile che sogniamo e vogliamo, dovrà essere innovata nel suo modello economico e sociale, sana e bella nel suo ambiente naturale ed urbano, giusta socialmente e solidale nel modo di essere della sua comunità, ricca di cultura e nuove opportunità per i suoi giovani; sì, ma non solo. Dovrà essere, anche, una città dalla vita democratica rinnovata, nell’apertura alla partecipazione, alla sussidiarietà nelle competenze, nelle responsabilità e nelle scelte, performante nella capacità decisionale. Le nuove e fondamentali tematiche della sostenibilità, riassunte esemplarmente nei 17 obiettivi (SDGs) dell’Agenda ONU 2030, per essere attuate alla scala locale, territoriale, urbana, richiedono un eccezionale sforzo corale della comunità e non solo dei suoi centri di comando. Ciò comporta la reinvenzione di una governance democratica del nuovo sviluppo, a partire dalla difficile transizione da un modello economico lineare che presuppone risorse naturali e consumi senza limiti ad un modello circolare che fa del ciclo di vita e del recupero dei beni, delle energie alternative e di una nuova gerarchia dei consumi i punti cardine del cambiamento e della transizione ecologica. Oggi, c’è, fra i cittadini, un sentimento di lontananza tra loro, la loro vita ed aspettative e le élite amministrative e di governo. La partecipazione è l’unico strumento correttivo, ma dobbiamo chiederci se accanto alle forme tradizionali di partecipazione “in presenza”, di tipo assembleare, non sia ormai indispensabile attingere alle straordinarie capacità di relazione, elaborazione e memoria delle tecnologie digitali. Dobbiamo dunque chiederci se proprio la rivoluzione digitale di cui parla l’Europa, come uno degli obiettivi strategici di una nuova fase della vita e dello sviluppo sostenibile delle comunità umane, con la sua tecnologia, non sia la chiave di volta indispensabile per sostenere una nuova stagione della vita democratica delle comunità? Oggi, sono già presenti nella nostra vita e lo saranno sempre di più intelligenza artificiale, Big Data, supercomputing, 5G, cloud, banda ultralarga, cyber security. Durante la pandemia abbiamo visto, per il telelavoro, l’insegnamento a distanza, il monitoraggio ed il tracciamento dei contagi e dei contatti, l’importanza decisiva delle tecnologie digitali. Si tratta di sapere e di scegliere tra il controllarle o l’esserne, passivamente, dominati. Se, insomma, la nostra società potrà riconquistare una sua sovranità digitale, soprattutto sui dati e le applicazioni, oggi in mano ai colossi americani del Big Tech e su cui si affacciano anche i colossi cinesi con impostazioni decisamente Orwelliane. Il tema è aperto e va affrontato da diversi punti di vista che possono portare ad indicazioni divaricanti fra di loro. Ci sono in atto, nel mondo, profonde riflessioni da parte di filosofi e sociologi sui rischi che la democrazia corre a causa della diffussione pervasiva delle tecnologie, da quelle di rete all’intelligenza artificiale, in una con le preoccupazioni dell’impatto della nuova rivoluzione tecnologica sul lavoro che rischia, per la velocità e pervasività dell’uso sostitutivo di lavoro della nuove tecnologie, di distruggere assai più occupazione tradizionale di quanto, nuova, direttamente o indirettamente, se ne possa creare. Si ritiene, anche per recenti e negative esperienze che i social, se lasciati all’attuale deregolamentazione e manipolabilità, cioè ad un controllo privato esterno ed irresponsabile di mega piattaforme come Google, Facebook e simili, basate sulla pubblicità e la profilatura dei dati degli utilizzatori, possano costituire un rischio per la democrazia; da almeno due punti di vista. Primo: le fake news costruite a tavolino, i trolls che le rilanciano e che inquinano e condizionano il mare delle informazioni da cui attingono i cittadini, per farsi le proprie opinioni e decidere con il voto; le campagne elettorali personalizzate sulle inclinazioni e

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preferenze, tratte dai dati di rete, dei singoli elettori; dati posseduti ed usati da tali colossi tecnologici globali, per sviluppare le loro aree d’affari, anche in promiscuità con poteri politici che inclinano verso l’autocrazia o le democrazie illiberali. Secondo: il discorso pubblico si frantuma, nei social, in tanti microdiscorsi privati, anche quando i followers sono tanti, surrogando e marginalizzando sedi, momenti ed effetti del vero discorso pubblico, base della democrazia conosciuta, ma anche, presumibilmente, di quella futura. Di entrambe tali distorsioni informative e dialettiche si nutre, oltreché di ragioni economiche e sociali strutturali e profondissime, il populismo che impesta ed attenta alla vita democratica. Dei rigurgiti quotidiani degli hater e di tanto vaniloquio dispersivo sui social non può vivere il discorso pubblico. È necessario che tante idee e proposte che circolano sui social, vengano organizzate per tematiche, filtrate per adeguatezza e messe a sistema, al fine di fornire ai decisori pubblici un giacimento vivo di ipotesi di soluzione dei problemi di una città e di prefigurazione del suo futuro. Tutto ciò si può fare se l’istituzione locale di governo della comunità si dota di una propria piattaforma digitale per la democrazia partecipata, capace di rimettere al centro del discorso pubblico e delle scelte di governo delle istituzioni locali, i bisogni reali della comunità, utlizzandone anche le potenzialità realizzative e gestionali. In particolare, guardando alla realtà dei quartieri periferici e delle antiche delegazioni, i

cui cittadini sono rimasti senza riferimenti, senza voce e privi di capacità di autogestione di alcuni servizi e infrastrutture, con la brutale e cieca cancellazione delle Circoscizioni. Le tecnologie di comunicazione possono aiutare a ricostruire una rilettura di tali realtà ed a ricucirne la trama complessiva entro un nuovo progetto di città, basato sulla democrazia partecipata. Serve una piattaforma digitale a servizio dei cittadini, cioè capace, non solo di fornire servizi in modo efficiente e trasparente, ma, anche, di rendere loro, in termini di risposta ai loro bisogni, quanto loro stessi, come comunità digitale, siano in grado, ogni giorno, di riversare sulla rete, in termini di idee, proposte, passione civica, intelligenza cittadina. Una città più verde, innovativa e solidale non può che essere, oggi, anche una città più digitale; dove l’azione pubblica eviti che la diffusione asimmetrica del digitale, cioè il “digital divide”, divenga causa di nuove disuguaglianze; un digitale che, invece, crei ed offra nuove opportunità, per la vita personale e per quella sociale dei cittadini, a partire dalle nuove generazioni, ricevendo e fornendo informazione e promuovendo relazioni di rete civica. Opportunità per nuovo lavoro qualificato, per la diffusione di cultura e competenze sulle nuove tecnologie, per la nascita di imprese, anche start up, capaci di sostenere le azioni pubbliche e la crescita sostenibile di mercato, su questo terreno del futuro; ma anche conquista ed esercizio di nuovi diritti digitali, come nuovo orizzonte espansivo della democrazia, in questo secolo cruciale. In sostanza il Comune dovrebbe dotarsi di un suo sistema informatico dedicato, di un data base e di relative competenze, stabilire regole di trasparenza, accessibilità da sistemi open source e tutela della privacy per i cittadini che partecipano alla formulazione delle proposte che orienta e nutre l’azione di governo. Se adotta un progetto rinnovato di Smart city, che non è solo reti fisiche e tecnologie, ma partecipazione civica, formazione diffusa sulle competenze digitali di base, perché non c’è Smart city senza Smart citizen. Un progetto con il quale mettere a sistema le informazioni che vengono da sensori fisici e sociali per elaborarle direttamente e farle elaborare anche, autonomamente, in una logica di apertura ed integrazione, da centri di competenza e di democrazia decentrata; ed infine, se crea un assessorato e un servizio tecnico di qualità per la trasformazione digitale di Terni, forse comincia a gettare lo sguardo sul domani della nostra città. Soprattutto, in questo momento cruciale di ripartenza e ricostruzione post-Covid, le città, anche di media dimensione come Terni, possono essere un laboratorio d’innovazione civica ed un motore di cambiamento, verso la sostenibilità, anche con l’umiltà di una sperimentazione. Occorrono cultura dell’innovazione, competenze, passione democratica e volontà politica per farlo, da parte di chi ha la responsabilità di governo, ma anche per chiedere di farlo, da parte di chi voglia candidarsi a governare in futuro.

TERNI: IL FUTURO NON È GODOT

Giampiero RASPETTI Il vero viaggio non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi, vedere l’universo attraverso gli occhi di un altro, di centinaia d’altri, osservare il centinaio di universi che ciascuno di loro osserva, che ciascuno di loro è. Marcel Proust

I cambiamenti culturali che, sull'onda di quello che noi chiamiamo progresso, hanno rivoluzionato la vita sociale, avvenivano, una volta, ogni due o tre secoli, poi solo con intervallo di alcuni lustri, mentre recentemente sono esplosi nel corso di una manciata di anni. Molti lettori ricorderanno per esperienza diretta cosa significasse, durante la nostra prima giovinezza, dover telefonare (prenotazione, cabina e gettone), altri ricorderanno l’apparizione dei primi circuiti integrati, solo semplice base di quello che poi dilagherà dagli inizi del terzo millennio. Si pensi invero di quanto si sia ravvicinato ed accorciato il mondo, anche per effetto di reti di telecomunicazione sempre più sofisticate, dal momento che tutti noi, già da tempo, possiamo raggiungere telefonicamente chiunque si voglia, in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo e possiamo anche, addirittura, dialogare (multilogare) contemporaneamente in video conferenza con decine di persone. Oggi, ottobre 2020, i cambiamenti ci sorprendono in ragione di pochi mesi, tanto che chi segue cultura, tecnologia e modernità, sa già che ci sarà sempre più difficoltà per adeguare le suddette categorie all’ormai furibondo e stressante correre della vita, perché oggi si sente e si sa che già domani la vita sarà straordinariamente diversa. L’interazione tra cose immateriali e cose materiali si trasforma infatti in una combinazione sempre più complessa di bit e di atomi, fino a veder trasformare il mondo digitale corrente in digitale personalizzato, ovvero utilizzabile individualmente, non solo cioè davanti a schermo e tastiera, interfaccia, in molti casi, superata. La connessione, dai servizi per la casa all’e-commerce, ma anche per qualsiasi altro uso o scopo, può averla oggi anche il singolo, in maniera autonoma, bastandogli il suo smartphone. La città, di conseguenza, elimina completamente le sue moenia, materiali ed immateriali, entro le quali si arroccava, diventando, insieme ai suoi cittadini, città aperta al mondo e città del mondo, adesso che lo stesso mondo risulta racchiuso in una città o nelle possibilità di ogni suo singolo abitante. La nostra Terni dovrà allora rapidamente diventare una smart city vera e propria, una città nella quale i suoi abitanti, governanti in particolare, dovranno, anch’essi, divenire cittadini intelligenti. Sarebbe bello, certamente, connotarci come città dell’energia rinnovabile, caratterizzazione questa che dovrà essere la stessa per tutte le città, se vogliono sopravvivere. Ugual considerazione anche per una generica città della chimica verde ed una altrettanto generica città della cultura. Terni dovrà essere anche tutte queste città, ma Terni ha una sua unicità ed è su questa che occorre puntare. La nostra città è, per nascita, per tradizione, per collocazione geografica, per vita esperita, quella che possiamo definire la città della solidarietà, dell’accoglienza, in breve dei Diritti Umani. Questa è la sua quintessenza, la matrice di sempre, la sua attuale misura. Solo noi al mondo abbiamo un patrono, Valentino di Terni, che si è battuto, ante litteram rispetto a tutto e a tutti, per quelli che adesso definiamo diritti umani. A partire proprio da questo preziosissimo elemento, oltre alle ingenti risorse del nostro territorio quali ambiente, socialità e qualità della vita, sarà possibile ridisegnare una identità nuova e al tempo stesso vera della città, per consegnarle una sua nuova dimensione, un futuro su cui puntare. Terni può ritrovare se stessa riscoprendo le sue radici più autentiche e proiettando la crescita del suo organismo sociale verso le sfide innovative della difficile modernità che il mondo sta vivendo. Noi de La Pagina, per parte nostra, ora che ci si può facilmente collegare con tutti, cercheremo di far conoscere, Urbi et orbi, al fratello incontrato per strada, bianco, rosso, nero, giallo, o come sia, al fraticello o a Papa Francesco, quale meravigliosa città sia stata e sia la nostra. Argomenteremo anche, tra concittadini, del lavoro, per tutti e, in particolare, per i nostri figli, parleremo di una città che induca i suoi abitanti a nuovi stili di vita, non solo relativamente a lavoro e studio, ma anche a shopping e tempo libero. Una città ove lo spazio pubblico non sia solo quello dei negozi o dei centri commerciali, ma, soprattutto, quello delle strutture dell’intrattenimento, dello stare insieme (compatibilmente con le nuove esigenze dettate dalla epidemia) e di quelle che sapranno orgogliosamente mostrare la straordinaria identità della nostra città. Farci conoscere, farci capire dipende esclusivamente da noi. Occorre allora darsi da fare, rendersi conto, accorgersi dei problemi e non scappar via di fronte alla loro complessità o, più prosaicamente, per dare copertura alla propria incapacità. Diceva Bertrand Russell: Il primo problema è di vedere che c’è un problema! Il nuovo cardo ternano, che chiameremo Strada di Valentino (da Nord a Sud: Viale della Stazione, Corso Tacito, Corso del Popolo, Via Turati), sarà riservato alla pietas, al sentimento cioè che genera amore, compassione e rispetto per gli altri e inonda di vivida luce la futura Terni capitale dei Diritti Umani. Sarà anche dedicato alle nostre tante testimonianze artistiche (Museo del Grand Tour, Museo delle cartoline di Virgilio Alterocca, Museo di Valentino, Obelisco Lancia di Luce). Il nuovo decumano, che chiameremo Strada

di Virgilio (da Est a Ovest: Viale Brin, Via Mazzini, Via Battisti), sarà riservato ad onorare le opere della tecnica, della tecnologia, l’ingegno dei concittadini e del loro lavoro (nei 10,5 ettari di Papigno La città dei giovani, della scienza, della tecnologia, della memoria industriale, Università, Museo delle armi, reperti museali scientifici presso IPSIA e ITIS). Coscienza e scienza saranno così i nostri caratteri distintivi. Il cardo (cardine) e il decumano (decimanus, decimus) si sviluppano per direzioni perpendicolari, similmente al dieci latino (decem, X), e ripartiscono così il futuro insediamento civile in quattro parti (quartieri). Oggi i nostri quartieri sono realtà molto estese, diversificate e complesse, pur tuttavia non potranno non risentire, molto positivamente, della realizzazione di questi nuovi assi dell’urbanistica cittadina. Si osservi come, all’incrocio di queste due direttrici principali, c'è, anche da noi, il forum, il centro nevralgico di tutta la civiltà latina, oggi anche nostro, rappresentato dalla Fontana dello Zodiaco, nell’attuale Piazza Tacito, per la cui risistemazione invito ad esaminare il pregiato progetto dell’Arch. Paolo Leonelli già pubblicato nel magazine La Pagina Umbria, con tanto di gradinata semicircolare per il forum, per una bella vista della Fontana, del cardo e del decumano. La Fontana dello Zodiaco è l’autentico simbolo del nostro lavoro, della storia di una città che nasce dalle acque (Interamna, tra i fiumi) e che, da sempre, è una sorta di isola galleggiante sopra infiniti corsi e rivi d’acqua (vedi disegno). Tanta acqua grazie alla quale potremmo (e dovremmo) realizzare fontane ovunque, anche una per ogni cantone (Terni, la città delle 100 fontane) e tenere aperta la Cascata di Terni-Marmore 24 ore su 24 (si esamini tale progetto, insieme a quello per Piazza San Francesco, entrambi di Leonelli, da me pubblicati). Nel libro Terni, la città dell’oro, saremo esaustivi ed esplicheremo anche quello che a nostro parere dovrà essere il commercio e il turismo in una città così configurata. Gli autori degli articoli sono tra i più colti cittadini di Terni e non avranno timore di sorta nel confrontarsi con tutta la cittadinanza, anzi, proprio per il raggiungimento di questo scopo profondono tutto il loro impegno. Necessita allora che chi ha lana fili, ma occorre anche che chi non ha nemmeno un pezzo di spago, si dedichi urgentemente a lavori a lui più propri e smetta, magari, di criticare quello che fanno gli altri. Quel che rimane, cioè grandissima parte della città, si unirà per collaborare, dimenticando, per l’occorrenza, appartenenze a credi diversi, a partiti diversi, a suggestioni diverse. Oggi tutte le città (anche Terni, ovviamente) rappresentano non solo la dimensione politico-spirituale e quella lavorativo-produttiva, l’otium e il negotium; non sono più soltanto una grande fucina di interazione di pensieri, speranze, credenze né solo dei contenitori di vasellame, templi, banche, biblioteche come in passato. Vogliono essere, soprattutto, il luogo ove si sogna, si immagina, si dialoga; sono il riferimento più prezioso per i mestieri e per le arti, per gli studi e gli esperimenti. Oggi, però, il potere conoscitivo e comunicativo, tanto delle città quanto dei suoi cittadini, si è, gradualmente, esteso oltre ogni limite prima pensabile, oltre ogni confine. Un futuro irruento, accelerato dall’epidemia covid-19, è sopraggiunto, sorretto da una tecnologia imponente: occorre prontamente capire ed agire di conseguenza. Il futuro non è Godot: aspettare e far finta di niente sarà letale! Come si può, allora, non emetter alte grida di dolore nel prendere atto che molte vetrine, a Terni, siano chiuse e molti negozi aperti siano desolatamente vuoti? Si va propalando, senza vergogna alcuna, che le difficoltà proverrebbero da una mancata, massiccia, presenza di auto al centro. Rilevato come i tanti, colpevolmente tanti, motori accesi proprio al centro emettano veleni di una pericolosità letale per cui, solo per questo motivo, dovremmo indossare sempre le mascherine, preso atto che non ci siano, al mondo, città civili che consentano, al loro centro, la circolazione di auto, mentre già, in diverse città, circolino solo quelle elettriche, occorre riflettere per come questa ottusità nel non capire quale sia l’attuale situazione del commercio e come dovrà essere il commercio moderno nella nostra moderna città, costituisca la vera morte della nostra Terni. Sempre più cittadini però stanno assumendosi la responsabilità di progettare il futuro comune, un futuro che dovrà restituirci i sogni più belli, quelli che da tempo, adesso in particolare, son fuggiti via. Tutti abbiano però la consapevolezza che: Il futuro non è un frutto che cade dall’albero. Il futuro è l’albero piantato da te.

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