Falk Nawroth
Giovanni Matteo
Antonio Mirizzi
LA STORIA DI ALTAMURA A FUMETTI
VOLUME III
La coscia di Pipino L’omicidio di G.A. Del Balzo
EDIZIONI
LA STORIA DI ALTAMURA A FUMETTI VOLUME III Supervisione Antonio Ferrante Soggetto e sceneggiatura Falk Nawroth Disegni Giovanni Matteo (La coscia di Pipino) Antonio Mirizzi (L’omicidio di G.A. Del Balzo) Impaginazione tavole Giovanni Matteo Immagine di copertina Mauro Fanelli Impaginazione Gianfranco Traetta © Copyright 2012 LAB edizioni Associazione culturale Puglianet Tel. +39 320.0558862 info@lab-edizioni.com Finito di stampare nel mese di maggio 2012 presso Arti Grafiche Favia s.r.l. Modugno (Ba) Tutti i diritti riservati. É vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
Piano dell’opera
Volume I
I dinosauri L’Uomo di Altamura Volume II
Altamura peuceta Federico II Volume III
La coscia di Pipìno L’omicidio di G. A. Del Balzo Volume IV
La peste L’infanzia di Saverio Mercadante Volume V
Cherubino e il 1799 Garagnone
EPISODIO I
la coscia di Pipino
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La coscia di Pipino
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on la morte precoce di Federico II, nell anno 1250, e seguente alla sconfitta dei suoi ultimi eredi, il dominio degli Svevi in Italia si concluse definitivamente. Mentre il sud dell’Italia passò agli Angiò, potentissima famiglia dei nobili francesi, la Sicilia venne assorbita dagli Aragonesi, famiglia reale di origine spagnola. Sotto il nuovo regime, Altamura perse la sua libertà e quasi tutti i diritti una volta conferiti ai cittadini dal imperatore fondatore svevo. Già nel anno 1271 Carlo d’Angiò, primo re angioino sul trono del Regno di Napoli, la diede in locazione ad un certo Ludovico di Bellogioco, ufficiale benemerito del suo esercito. – Per la città era cominciato la lunga signoria dei baroni feudatari, che da allora si estese per circa tre secoli, nei quali venne governata da una trentina di padroni stranieri. Come era d’uso nel resto del Regno di Napoli, anche i feudatari di Altamura si mostravano esclusivamente preoccupati dei propri interessi. Spesso coinvolti nelle lotte dinastiche fra Angioni e Aragonesi e quasi ininterrottamente in aperta guerra con gli altri baroni pugliesi, i signori del paese sfrutanvano le richezze naturali dell territorio e tiranneggiavano i cittadini indifesi. Non pochi di questi baroni hanno trovato una fine prematura – talora particolarmente feroce. Alcuni venivano giustiziati per reati contro la corona, altri invece assegnati alla morte per il loro brigantaggio. Un gran numero periva semplicemente per „motivi di dissenso politico“. Nel Dicembre 1357 il popolo diventò testimone di una straordinaria esecuzione pubblica, quando Giovanni Pipino, Conte di Minervino ed autoproclamato „Palatino di Altamura“, venne impiccato ai merli del antico castello ed il suo corpo esanime squartato da quattro cavalli. Eccezionalmente crudele persino per la prassi legale del tempo, questa pena medievale di solito era prevista per i colpevoli di alto tradimento.
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EPISODIO II
l’omicidio di G.A. del Balzo
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L’omicidio di G.A. Del Balzo
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onostante la diuturna guerra tra i casati Angiò e Aragona per la padronanza della Sicilia, le invasioni di re Luigi d’Ungheria in Italia furono seguite da un periodo relativamente pacifico per il popolo del Regno di Napoli. Gli Angioni però, sempre più occupati con delle baruffe interne alla famiglia reale, continuavano a trascurare i doveri fondamentali di una casa sovrana. Nell’ombra di quel viavai di reggenti sul trono del regno, alcuni dei locali baroni divennero incredibilmente abbienti e potenti. In particolare la famiglia del Balzo riusciva ad attirarsi i diritti su numerosi feudi fruttuosi, tra i quali anche la signoria sul territorio di Altamura. E’ sicuramente degno di nota che il protagonista di questo episodio, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, detto Giovannantonio, era il pronipote di un fratello dell’autorevole Raimondo del Balzo, una volta l’avversario principale del tanto discusso palatino Giovanni Pipino. Tuttavia, con il tempo le sorti della guerra si capovolsero a favore degli Aragonesi e la situazione si inasprì quando Alfonso V d’Aragona, il 2 giugno del 1442, conquistò la città di Napoli, capitale e centro simbolico del regno. Ormai spinti sulla difensiva e quasi dipendenti dal sostengno finanziario dei loro feudatari, gli Angiò si vedevano costretti a ritirarsi sui loro territori in Puglia ed a condurre una guerra asimmetrica e sempre più disperata. Il 18 agosto del 1462, l’ultimo esercito degli Angioini sulla penisola venne sconfitto nella famosa battaglia di Troia da una imponente armata sotto il commando del attuale re di Napoli, Ferdinando I, detto anche Ferrante I o Don Ferrando.
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