VITO CICCIMARRA
il Libro illustrato dei
MESTIERI TRADIZIONALI di Altamura elaborazione fotografica
giuseppe ciccimarra acquerelli
mimmo laterza
SOMMARIO
006 007 009 011
Saluto del Sindaco di Altamura Mario Stacca Presentazione dell’Assessore Giovanni Saponaro Introduzione dell’autore Ringraziamenti
021 022 024 026 056 068 086 090 104 118 128 138 146 156 166 170 174 178 182 188 196 204 208 212 218 224 232 238
I Mestieri tradizionali di Altamura Nota introduttiva sui mestieri tradizionali Come leggere il dialetto altamurano Il contadino Il carrettiere Il pastore Il lattaio Il fornaio Il falegname Il fabbro Il sellaio Il calzolaio Il macellaio La levatrice L’arrotino Il compratore di uova Il riparatore di ombrelli Il lampionaio Lo stacciaio Lo stagnino Il riparatore di piatti Il compratore di capelli Lo straccivendolo Il trasportatore di liquami Il funaio Il carbonaio Il cantiniere Il barbiere
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Gli antichi mestieri visti con gli occhi dei bambini Presentazione dell’autore Introduzione di Tommaso Cardano Dirigente Scolastico V CD Il calendario dei mestieri Bibliografia
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u zappatàurə
il contadino
La nostra è stata sempre una civiltà prettamente contadina e l’asse portante dell’economia altamurana è stata l’agricoltura, oltre la pastorizia. Salvo pochi artigiani, la maggior parte degli altamurani si dedicava al lavoro della terra che veniva svolto con le mani e, a volte, con l’aiuto dell’animale, il mulo (nato dall’incrocio tra asino e cavalla), noto per la sua capacità di resistere alla fatica. Il lavoro del contadino, u zappatàurə, era molto duro, tanto duro che era normale prima vedere persone che assumevano una posizione curva quasi ad angolo retto: ciò era dovuto al fatto che la maggior parte del lavoro del contadino era svolto stando piegato, in particolare per zappare. Di ciò ho un ricordo particolare perché mio padre, che era contadino, col passare degli anni aveva assunto questa posizione; addirittura ricordo che era tanto il suo attaccamento alla terra che quando non poteva stare più in piedi si faceva accompagnare dai miei fratelli vicino alla vigna e zappava stando inginocchiato sul terreno. Ma quali erano i lavori che costavano tanta fatica al contadino? È opportuno esaminare nei dettagli tutti i lavori che erano necessari in campagna e che adesso sono stati completamente meccanizzati. L’aratura è il primo lavoro necessario per coltivare la terra; questa attività veniva fatta dall’uomo e dall’animale che tirava l’aratro, l’aretə; c’erano diversi tipi di aratro a seconda delle esigenze. Dopo aver dissodato e penetrato la terra con l’aratro per circa 20 cm, il contadino provvedeva a seminare
il contadino
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Come abbiamo visto, fra il lavoratore della terra odierno o coltivatore diretto e u zappatàurə del passato c’è una differenza abissale.
Glossario Aratura e semina
il seminatoio*, il sacco per seminare zappare profondamente La zappə la zappa U zappàunə il piccone La zappoddə la zappetta Zappè zappare Zappuluscè zappettare L’aretə l’aratro L’aretə spəzzetə l’aratro spezzato U ciambə ciambə aratro particolare con diverse ‘zampe’, ciambə che solcavano il terreno. U scuervə l’erpice. U bəwombrə il bivomere La zappafevə la zappafave* U uombrə il vomere (pl. i uembrə) U cərnəturə lo svecciatore o cernitore La vəsazzə la bisaccia U səmənaturə Scatənè
Mietitura Metə mietere
la falce U falciaunə il falcione I cannerrə i cannelli (o proteggi dita) La falcə
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la zappa, attrezzo agricolo che serve per zappare la terra.
La zappə
la zappetta, piccola zappa a lama stretta usata per la sarchiatura.
La zappoddə
il piccone aveva una duplice valenza: serviva per zappare in profondità e per tagliare la legna; era usato anche dal muratore per fare solchi nei tufi.
U zappàunə
l’erpice serviva per spianare il terreno e frantumare le zolle dopo la semina. Era tirato dal mulo.
U scuervə
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l’aratro spezzato, chiamato così perché c’era un congegno che lo faceva andare più in profondità all’occorrenza. A destra u uombrə pə l’aretə spəzzetə il vomere simmetrico, veniva inserito nel ceppo dell’aratro spezzato e serviva a smuovere il terreno.
L’aretə spəzzetə
U sciù
il giogo serviva ad aggiogare i buoi all’aratro.
l’aratro serviva per arare. Si attaccava ad uno o a due animali mediante il bilancino. A destra u uombrə il vomere, lama tagliente collegata all’aratro che fendeva il terreno, rovesciava le zolle e formava il solco.
L’aretə
il contadino
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a mietere, prima operazione per il raccolto del grano; prima si mieteva con la falce, poi fu introdotta la mietitrice trainata dai muli e poi quella tirata dal trattore.
A metə
a trasportare; operazione che consisteva nel trasportare le gregne dai campi all’aia per la trebbiatura.
A carrè
a trebbiare; con la trebbiatrice la trebbiatura avveniva nell’aia della masseria dove si ammassavano le varie biche: alcuni operai mettevano le gregne in un carrello e la macchina provvedeva a separare il grano dalla paglia che veniva ammassata da operai, gli accatastatori*, i maitaturə, che formavano le biche della paglia, i maitə də la pagghjə. (Masseria di Giacomo Lorusso nella zona ‘U pignə’).
A pəsè
il contadino
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il secchio per mungere era usato come recipiente durante la mungitura; si caratterizzava per avere una parte più rialzata dell’altra così che il mungitore, tenendo rivolta verso di sé la parte più alta, raccoglieva meglio il latte che schizzava e, quindi, non si bagnava.
La secchjə pə mongə
la quartara per il latte, contenitore per il latte di 5 litri.
La quartareddə pu lattə
il bidone per il latte, contenitore per il latte di varie misure, usato anche adesso per il trasporto del latte.
U bədounə pu lattə
gli attrezzi per attività casearia, descritti sotto.
I strumində pə fè u furmaggə
il pastore
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I pastə
i biscotti tipici altamurani disposti nella teglia.
la spianatoia o madia: base per impastare il pane e preparare pasta fatta in casa; nella foto in basso a destra si vede tutto ciò che serviva per impastare.
U taulirrə
U puetə də la zətellə la base d’appoggio della spianatoia:
serviva ad appoggiarci il setaccio per la farina. La zətellə
il setaccio per la farina.
la radimadia: arnese metallico usato per pulire la madia dopo l’impastatura del pane; c’era anche quella più piccola, la rasulecchjə.
La rasàulə
U jalnaturə il matterello, bastone
di legno usato dalla massaia per stendere e assottigliare la sfoglia di pasta prima di fare le orecchiette, i rəcchjəteddə, i capunti*, i capundə, o la tagliolina, la tagghjarinə.
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la sgorbia, scalpello con lama a sezione curva.
La wùbbjə
l’ascia, utilizzata per lavorare il legno.
L’asscə
l’accetta, usata per spaccare la legna.
L’accettə
il banco da lavoro, di falegnami e altri artigiani.
U buangonə
il gattuccio permette il passaggio della lama attraverso fori di piccolo diametro per iniziare poi il taglio.
U sərracchə pəzzutə
il saracco è usato per tagli lunghi o profondi di tavole, pannelli, tronchi, quando non è necessaria una precisione di taglio.
U sərracchə
la morsa (o il sergente) serve per tenere unite le parti appena incollate.
U sargentə
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il banco era usato nelle aule scolastiche. Si notano le cartelle, i borzə, di solito di cartone color rosso mattone, il calamaio, u cualamerə, l’asticciuola, l’astuccə, o la penna, l’astrə (o la pennə), i quaderni, i cuadernə, e la bacchetta, la bacchettə, usata negli anni 50/60 dai maestri per bacchettare i bambini.
U uanghə
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lo scalpello, attrezzo usato per aprire un foro su una lamina di ferro caldo; è usato anche da altri artigiani come muratori e falegnami.
U scarpiddə
la lama per il rullo trebbiatore (v. falegname); lama di ferro che veniva inserito in un rullo di legno e serviva per trebbiare.
U firrə pu diaulottə
L’aretə
l’aratro; ce n’erano di diversi tipi (v. contadino)
il raschietto; l’oggetto serviva per ripulire dal terreno parti dell’aratro come ruote e vomeri.
U raddetə
la chiave serviva per aprire le serrature; erano di diverse forme.
La chiè
la serratura; congegno meccanico manovrabile con una chiave utilizzato per chiudere con sicurezza porte o cancelli; erano di diverse forme.
La ‘nzərrinə
il ferretto; congegno di ferro applicato alle porte per impedirne l’apertura dall’esterno.
U furrettə
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U cudderə il collare avvolgeva il collo dell’ani-
male e serviva per il traino del carro o dell’aratro. la bardella, la sella che poggiava sul dorso dell’animale e serviva a sorreggere il peso del carro; veniva legata all’animale con il sottopancia e il cinghione*, u cəgnonə.
La vardeddə
la cavezza; ad essa erano agganciate le redini per guidare l’animale.
La capezzə
il morso, parte inferiore della museruola a cui erano fissate le redini, costituita da una barretta metallica che si metteva in bocca all’animale; quando l’animale non voleva ubbidire il carrettiere tirava la sərrettə e l’animale, per evitare il dolore, ubbidiva.
La sərrettə
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la forma per la scarpa; era di diversi tipi e serviva per lavorare la suola o riparare le scarpe; quella raffigurata a lato era doppia e serviva per lavorare la scarpa e il tacco.
La formə pə la scarpə
L’assùgghjə
la lesina; serve per tracciare segni sul cuoio e per
forarlo
U cuairə il
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cuoio, materia grezza per calzolai e sellai.
La nechÉ™
bini.
il girello era utilizzato per permettere ai bambini piccoli di cominciare a camminare; poteva essere anche di ferro.
U scuannÉ™
il seggiolone serviva per far sedere il bambino; smontato, fungeva anche da sediolina e girello.
U seggiolonÉ™
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la culla, letto per bam-
il trapano per i piatti: piccolo trapano azionato a mano, usato per ricucire piatti e ceramiche rotte.
U tràpənə pi piattə
(anche u frəfəletə) il filo di ferro: serviva per unire le parti rotte del piatto; a volte si usava anche lo spago.
U fərfəletə
le pinze erano usate per stringere il filo di ferro dopo la ricucitura delle parti rotte.
La pinzə
le tenaglie erano usate per recidere il filo di ferro dopo la ricucitura delle parti rotte.
La tənagghjə
I piatti cuciti, esempi di piatti rotti in due o tre pezzi e ricuciti.
I piattə cusutə
il riparatore di piatti
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cantaro o capasa*, raccoglitore di rifiuti solidi organici; poteva essere di diverso materiale o anche incassato in un contenitore di legno con coperchio (questo era solo per famiglie più abbienti); c’era anche quella per i bambini, la capaseddə. Da notare che la carta igienica non esisteva e, prima ancora dell’utilizzo della carta di giornale, si usava, per certe pulizie uno straccio, la pezzə, lo stesso per tutta la famiglia.
La capesə
La rənnelə
l’orinale, vaso per orinare.
l’orinatoio pubblico; Vespasiano era il nome comune con cui si chiamavano gli orinatoi pubblici che avevano forma di garitta; nella foto se ne vede uno in via O. Serena, di fronte alla Banca Popolare della Murgia.
U pussciaturə
il trasportatore di liquami
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GENNAIO
u furnerə U furnerə avaja ‘mburnè u sck(u)anetə də la patraunə
il fornaio
Il fornaio doveva infornare la pagnotta di pane della massaia bambini: Beltempo Maria Dibari Francesco
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APRILE
ə u paasurtəachuərli
U past də sciajə pəchəred Murgə sobb’a li angè. pə farli m
il pasretocornele
Il pasto dava pecorelle an per sulle Murge angiare. m a d o r lo r da bambini: ulli Alberto Denora-Ferr ca nlu Vignola Gia
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