Onde a terra se acaba. Irma Fanciullacci Clarissa Guerrini
onde a terra se acaba.
museo d’arte contemporanea lungo la costa di Lisbona
scuola di architettura corso di laurea magistrale in architettura anno accademico 2015-2016
relatore prof. Fabrizio Arrigoni correlatore arch. Alessio Palandri
progetto Irma Fanciullacci, Clarissa Guerrini
4
a chi ci ha aperto porte e mostrato cammini
5
9 12 19 25 33 37 49 52 65 71 73 81 104 112 118 124 130
atmosfere portugal não è um país pequeno modernità e tradizione uno specchio arquitectura popular em Portugal l’inquérito cortocircuiti generazionali la “scuola portoghese” arte Contemporanea in Portogallo alle porte di Lisbona Cascais sentinelas do mar le fortificazioni marittima sulla costa di Cascais forte de Crismina storia caratteri
progetto Il luogo il museo la struttura e i materiali le essenze i modelli bibliografia abstract 7
I
8
“A literatura, como toda a arte, é uma confissão de que a vida não basta. Talhar a obra literária sobre as próprias formas do que não basta é ser impotente para substituir a vida.” Fernando Pessoa, Impermanence
9
10
atmosfere All’origine di questa tesi c’è un breve viaggio. Un rapido peregrinare in quella terra che fino a qualche decennio fa era ancora sconosciuta. Spesso considerato periferico e marginale rispetto al continente europeo, il Portogallo è un paese che si è geneticamente costruito sul valore della differenza, di persone o cose, e sulla prossimità, di persone o cose differenti. Sul nostro cammino abbiamo incontrato un insieme di frammenti che spiegano e testimoniano l’identità plurale di questo paese. Uno spirito proprio probabilmente di tutte le terre di frontiera, ancor più di quelle di mare, terre da cui partire, terre in cui ormeggiare, portando con sé altre tradizioni, culture, radici. Il viaggio, il percorso, è quindi in realtà il destino stesso, il fado, per l’intero Portogallo, il quale pur saldamente ancorato all’Europa, muove la sua frastagliata costa verso aspettative ignote. “Vado a passare la notte a Sintra per non poterla passare a Lisbona, ma, quando arriverò a Sintra, mi spiacerà di non essere rimasto a Lisbona. Sempre quest’inquietudine senza scopo, senza nesso, senza effetto, sempre, sempre, sempre, quest’angoscia eccessiva dello spirito per niente, sulla strada di Sintra, o sulla strada del sogno o sulla strada della vita...”
11
II
12
Così scrive Pessoa descrivendo il tratto del Portogallo interessato dalla nostra proposta. Così descrive Sintra. E Lisbona. Se a queste parole accostiamo le immagini offerte da Wim Wender nel suo film Lisbon Story, possiamo in parte rivivere le atmosfere che si respirano per le strade portoghesi. Il ritratto del Portogallo offerto dalla pellicola lascia delle impressioni discordanti, di disordine; quella delle mura sbrecciate, dei calcinacci, dei resti miseri di un’epoca segnata da una dittatura. Lascia un senso di abbandono, anche di sé stessi, e di malinconia. Ma al tempo stesso quello descritto da Wenders non è un cammino così breve da non permettere di apprezzare l’atmosfera in cui l’aria si muove “corretta, mutevole e dolce”1. La passeggiata che condividiamo con Philip, il protagonista, ci permette di scoprire resti scomposti di un grande passato, come se le canzoni del fado nascondessero una verità ineluttabile. Ciò che rimane di Lisbona è lasciato allo scorrere del tempo che esegue il suo compito, avvolgendola della sua patina, abbagliante per il riverbero della luce che la ricopre. Ne rimane una suggestione del Portogallo come di una terra enigmatica che ci ha aiutato a sentire il piacere di confrontarci con quello che l’architettura contemporanea portoghese va producendo.
13
portugal não è um país pequeno Nel marzo del 2012 Casabella licenziò il numero 811, in cui dedicava ampio spazio ad una carrellata di architetture portoghesi che spaziavano da Eduardo Souto de Moura, a Ricardo Bak Gordon fino al Álvaro Siza, tutte riunite sotto l’unico titolo “Portugal não è um país pequeno”. No, il Portogallo non è un piccolo paese perché ha perduto il suo impero coloniale. Il Portogallo non è un piccolo paese perché salta alle cronache internazionali solo per la sua critica situazione economica. Il Portogallo non è un piccolo paese perché nel mondo dell’architettura occupa una delle primissime posizioni. L’influenza che la cultura architettonica portoghese esercita sul mondo è una dei pochi e credibili “controaltari” delle innumerevoli derive verso l’infondatezza che invece affascina gli architetti ai nostri giorni. Sorprendentemente questa condizione si ripete nonostante la favorevole situazione politica ed economica creatasi dopo il 1974, l’anno del crollo del regime autoritario, abbia subito una severa battuta d’arresto nel 2011. Sebbene la società portoghese abbia sofferto gli effetti del drastico programma di austerità adottato dopo il 2011, gli architetti migliori hanno continuato a realizzare opere che meritano. Abbiamo ritenuto quindi che questa continuità meritasse un maggior approfondimento, tenendo presente però
14
che quando si parla di continuità a proposito della cultura architettonica portoghese si utilizza una parola che non ha nulla a che spartire col concetto di omologazione. All’origine di questa diversità, vi è un atteggiamento intellettuale, una inclinazione e se si vuole persino un gusto che derivano da una tradizione più o meno esplicitamente condivisa. Essa è rappresentata dai caratteri dell’architettura minore e spontanea del Portogallo. Questa manifestazione autonoma, utilitaria, modellata dalla necessità della cultura popolare, ha indotto gli architetti portoghesi più dotati ad aderire a un culto non bigotto per l’austerità e al rifiuto dell’esibizionismo. Abbiamo selezionato due immagini per rendere visivamente percepibile ciò che intendiamo suggerire. La prima riproduce una pagina di Arquitectura Popular em Portugal, pubblicato dal Sindaco Nacional dos Arquitectos nel 1961, l’irriducibile Inquérito. In essa vediamo delle abitazioni di Olhão in Algarve, “frutto delle relazioni che i loro abitanti pescatori e contrabbandieri intrattenevano con il Nord Africa”. La seconda invece riproduce un disegno di Álvaro Siza per il complesso residenziale di Malagueira a Évora (1977), un “manifesto” che ha reso patrimonio comune dei migliori architetti portoghesi ciò che l’Inquérito documentava. Negli ultimi anni l’immagine che la migliore architettura portoghese ha offerto di sé si è consolidata, dimostrandosi in grado di trasformare l’ambiente e di rispondere efficacemente alle richieste che la contemporaneità avanza. Essi portano
15
III
16
IV
17
avanti un metodo progettuale contraddistinto dal riferimento al luogo in cui operano, ai suoi vincoli, mai però intesi in termini genericamente “contestuali”. La lettura attenta delle circostanze è parte di un percorso progettuale ove è sorprendente la ricchezza creativa che nasce dalla capacità di sapere rintracciare un’opportunità e la resistenza nel sapere tenere insieme tradizione, provocazione, assennatezza, ironia.
18
VI
19
“un bravo artigiano deve essere paziente, evitare le scorciatoie, le soluzioni di ripiego. Deve porre al centro le relazioni applicando agli oggetti il pensiero razionale (…) e attribuire grande importanza a ciò che insegna l’esperienza, attraverso il dialogo fra il sapere tacito e la critica esplicita.” R.Sennet
20
modernità e tradizione. uno specchio. La fine dell’Estado novo ha costituito per gli esponenti della cultura portoghese l’occasione per entrare in contatto con gli ambienti e le élites colte dell’architettura europea. Il cambiamento e le energie che riscaldano il clima politico, confuso da stravolgimenti tanto violenti da capovolgere l’intero regime instaurato dal successore di Salazar, Marcelo Caetano, investe anche le scuole di architettura, sia a Porto sia a Lisbona. Il pretesto scatenante la ribellione alla dittatura fascista viene offerto dalla pubblicazione, nel 1974, di un libro, il Portogallo e il futuro, scritto dal generale António de Spinola, la cui durezza dei contenuti è tale da destabilizzare anche gli ambienti vicini al regime. Così nella notte fra il 24 e il 25 aprile del 1974, i militari dissidenti, guidati dai subalterni e da pochi capitani, occupano la capitale, ponendo fine alla più longeva dittatura fascista europea, che viene liquidata dalla Rivoluzione dei garofani. L’onda scatenata dalla rivoluzione può essere descritta con le parole del poeta Teixeira de Pascoaes “trasformare il demoniaco in divino, ecco il nostro ideale che consiste (…) nel trovare nell’armonia fra la tradizione e la rivoluzione, l’eredità e la personalità”. I Portoghesi conquistano il diritto a viaggiare liberamente e, mentre si insedia in Portogallo un governo democratico, la stampa riconquista la libertà e le professioni
21
ricevono nuovo impulso. L’interesse per l’architettura portoghese da parte della critica internazionale si manifesta, non a caso, proprio in conseguenza dei cambiamenti politici prodotti dalla rivoluzione che libera il paese dall’isolamento in cui era stato costretto dalla dittatura. Per comprendere quanto accade nel mondo della cultura architettonica contemporanea dopo il 1974 è opportuno ricordare anche altri fattori. Persino durante gli anni della dittatura in Portogallo si andava sviluppando un vivace dibattito intorno al tema dell’identità dell’architettura nazionale, in particolar modo sulla casa portoghese, nel quale si distinguono due differenti posizioni: una conservatrice, sostenuta dal regime, che promuove il rispetto per le tradizioni costruttive locali e una linea più prossima all’utilizzo di un linguaggio moderno, influenzata dalle nuove esperienze internazionali che in quel momento andavano maturando. Emerge in questo contesto la figura di Fernando Távora (1923-2005), destinato a diventare il punto di riferimento per i migliori architetti portoghesi più giovani di lui. Proprio a partire dalla fine degli anni Quaranta che, delineando un nucleo di resistenza ideologica, una “terza via” si sviluppa all’insegna della ricerca di una modernità autentica, introducendo un diverso approccio alla tradizione e alla questione dell’identità culturale, avviando un processo di costruzione etica in quanto affermazione disciplinare. Questa linea sostenuta da Távora in maniera lucida e colta
22
verrà fatta propria anche da Francisco Keil do Amaral, il quale, nel 1947, sulle pagine della rivista Cadernos de Arquitectura, proporrà di realizzare un’indagine: L’inquérito à Arquitectura Popular em Portugal.
23
VI
24
VII
25
“La casa popolare ci fornisce grandi lezioni quando debitamente studiata, perché è la più funzionale e meno fantasiosa, in una parola, quella che è più vicina alle nuove intenzioni” Fernando Távora
26
Arquitectura Popular em Portugal L’inquérito Sotto la guida di Keil do Amaral, un cospicuo numero di studiosi partecipa alla catalogazione dei principali esempi dell’architettura rurale portoghese, ricercandone i caratteri e “le costanti, i sottili elementi distintivi”. Nell’idea di Keil do Amaral l’Inquérito si configurava come tentativo di sintesi mediante il quale conciliare la necessità di modernità con la più profonda tradizione rurale. Nello studio che prende avvio nel 1956, al fine di facilitare l’indagine e la realizzazione del rilievo, il territorio continentale portoghese viene diviso in sei zone geografiche, affidate ad altrettanti gruppi di lavoro. Questi sono composti da un capo squadra, al quale compete il ruolo di “assicurare l’unità di azione dei componenti, garantendo il legame con gli altri gruppi e con il sindacato”2 e da due tirocinanti. La zona in cui si va a collocare la nostra proposta di tesi è la regione delle Beiras che viene affidata a Francisco Keil do Amaral. In questo ambito Keil do Amaral tenta di mettere in evidenza il rapporto tra gli uomini, le attività e il clima. Elaborando considerazioni di carattere generale sul pragmatismo dell’architettura popolare portoghese tenta di illustrare, attraverso un enorme quantità di disegni, dettagli costruttivi e di accurati rilievi, la presenza di una costante invariata legata alle imposizioni del contesto, individuando alcune caratteristi-
27
VIII
IX
X
XI
28
che che esulano dalla regione analizzata, quali l’orizzontalità delle costruzioni, la prevalenza della massa sulle aperture, l’austerità e la semplicità dei volumi. Inoltre, mediante la descrizione del funzionamento dell’architettura popolare e la caratterizzazione dei modi di vita e delle abitudini degli abitanti, l’équipe delle Beiras fornisce un registro di alto valore antropologico, traducendo un atteggiamento superatore della visione funzionalista. Dall’Inquérito emerge che al posto di uno stile genuinamente portoghese vi sono tante tradizioni quante sono le regioni e che l’espressione degli edifici è innanzitutto profondamente influenzata dalle condizioni dei differenti habitat. Analizzata e documentata, l’architettura popolare si configura quale fonte preziosa per lo studio delle genesi architettonica, supportata dalla forte intuizione rivelata dalle pratiche costruttive, dalla chiarezza funzionale degli edifici rurali e dalla visibile correlazione tra fattori geografici, climatici e condizioni economiche e sociali. In tal senso, eludendo le semplificazioni di approcci estetizzanti, il lavoro palesa un avvicinamento colto e moderno alla tradizione esplicitato nell’introduzione: “dallo studio della produzione popolare si possono e devono trarre lezioni di coerenza, serietà, ingegno, economia, funzionamento, bellezza (…) che molto possono contribuire alla formazione di un architetto”3 Questa raccolta, frutto di un lavoro sottile e intelligente, se da un lato concorre a distinguere gli elementi che effettivamente fanno parte dei caratteri
29
XII
XIII
XIV
30
identitari dell’architettura nazionale, dall’altro nutre il dibattito circa le scelte progettuali da privilegiare nel futuro. Nelle conclusioni viene elaborata una distinzione tra l’architettura colta e l’architettura popolare come meccanismo per la messa in evidenza di influenza reciproche, sottolineando la persistenza di pratiche popolari, segnalando l’esistenza di costanti nella storia dell’architettura portoghese non riconducibili a modelli, tipi o elementi architettonici comuni al territorio nazionale, bensì ad un carattere atemporale degli uomini. La fedeltà alla propria identità e al proprio tempo è l’obiettivo ribadito nelle parole conclusive del saggio O problema da casa portuguesa: “l’individualità non scompare come il fumo e se noi la possediamo non perderemo nulla nello studiare l’architettura straniera; nel caso contrario sarà inutile avere la pretesa di parlare di architettura portoghese. Non è giusto e neppure ragionevole chiuderci in una ignoranza ostinata verso le opere dei grandi maestri di oggi, verso i nuovi processi costruttivi, verso tutta un ‘architettura che sorge piena di forza e solidità”. Con queste parole Távora ribadisce quanto forti siano le consonanze che si possono cogliere tra le espressioni formali dell’edilizia vernacolare e quelle dell’architettura rigorista moderna; consonanze che costituiscono un tema conduttore per la migliore cultura progettuale contemporanea europea.
31
“Negare l’esistenza di una “scuola di Porto” fa parte dei principi antistilistici di Siza ma, da un altro lato, bisogna riconoscere ai migliori rappresentanti portoghesi, anche fuori da Porto, caratteri che li rendono riconoscibili nel contesto dell’architettura internazionale. Certamente le generazioni più giovani mi sembrano volersi differenziare; un po’ perché la società è molto cambiata, un po’ per l’influenza nefasta dell’attuale stato dell’architettura “di successo”, molto perché credono al processo freudiano di uccisione del padre nella speranza di liberare così la propria personalità.” Vittorio Gregotti
“Si diceva che non c’è un diretto scambio di influenze architettoniche, ma per me non è esattamente così. Io ritengo di avere avuto influenze dirette, forse non trasposizioni dirette, ma se, ad esempio, devo riqualificare un edificio antico, mi è difficile non fare riferimento a Távora. Se devo progettare una finestra quasi automaticamente penso alla casa di Ofir. Non è certo una questione di linguaggio o di stile, piuttosto di metodo, non mi viene in mente la finestra in sé, ma penso alle sue proporzioni, al modo in cui si apre su una parete. Lo stesso mi capita con Siza. Non tutto può essere ad angolo retto, e quando ho progettato una casa stretta da una strada dove era impossibile mantenere muri diritti pur non avendo io mai disegnato linee curve, ho pensato a Siza. Valuto le loro opere caso per caso, non mi faccio catturare dal loro tono, le considero un Neufert subconscio che emerge in determinate circostanze con riferimento di volta in volta ai materiali piuttosto che ai colori o a qualche altro elemento. Nella Casa di Cascais [1994] ho usato un verde che Távora utilizzò nella Casa Alves Ribeiro a Boavista [1966], un ricordo della architettura di Wright. Ho una strana sensazione, sento che il mio progetto deve abbandonare una autonomia della forma, che infatti sta sparendo, e farsi influenzare dagli atti, dal cantiere. Attribuisco grande importanza alla naturalità della 107 architettura di Siza, che conferisce loro una qualità fondamentale espressa da un termine che sta quasi sparendo: “desactuada”. In Távora cerco invece soprattutto un aspetto oggi non molto in voga, il senso di confort che le sue opere trasmettono, risultato di un insieme di qualità che l’architettura deve avere, non legate al gusto o alla forma” Souto de Moura
33
XV
34
Cortocircuiti generazionali La “scuola portoghese” L’Inquérito non è interessante solo come riflessione rivolta verso la definizione di un linguaggio architettonico colto, ma si impregna di maggior significato se valutata nel suo contesto storico e sociale. Esso emerge in un momento dominato dal dibattito della revisione e riflessione del Moderno segnato dalla comparsa della contestazione all’ ortodossia dei CIAM sorta in seno al Razionalismo. In tal senso, la riflessione imposta dall’Inquérito caratterizza il periodo come un momento di cerniera in cui si svela un intreccio di relazioni, idee e personalità che contribuiscono a fare emergere le radici di un atteggiamento disciplinare specifico del contesto portoghese che si traduce sul piano della ricerca e, contemporaneamente, sul piano concreto delle realizzazioni. Si ha la sensazione che ci sia un filo rosso che sembra congiungere le biografie dei maestri Távora, Siza e Souto de Moura; architetti che non soltanto hanno condiviso gli spazi di lavoro, ma in particolar modo sono accomunati dal metodo e da un atteggiamento teorico, tanto da rendere i loro lavori personali un manifesto di continuità corale. Dai loro lavori emergono questioni quali l’attenzione per il luogo, l’economia di mezzi materiali e tecnologici, l’organizzazione dello spazio aperto dell’abitazione in rapporto alla città e la chiarezza espressiva affidata agli elementi basici. Aspetti questi che emergono forti dall’analisi
35
di architetture come il complesso a schiera di São Vitor o a Bouça dove la sequenza di accesso agli alloggi, la risoluzione urbana dei confini del complesso, in stretto rapporto con il tessuto circostante e il tracciato della ferrovia, evocano le immagini e le preoccupazioni emerse dall’indagine. Oltre alle figure dei tre architetti, anche quella di João Luís Carrilho da Graça merita un’attenzione particolare, poiché, pur non essendosi formato nella stessa città condivide lo stesso approccio dei suoi colleghi di Porto. In anni più recenti, ancora una volta, ritroviamo tra professionisti come Nuno Teotónio Pereira, Nuno Portas, Gonçalo Byrne, i fratelli Aires Mateus e di molti altri, le medesime attenzioni, interessi, metodologie e preoccupazioni che confermano e consolidano quei tratti caratteristici che definiscono un modo aspecifico di fare architettura che intreccia indissolubilmente tradizione e modernità e che incorpora, oltre alle proprie esperienze locali, anche la lezione rossiana dell’Architettura della Città, al riparo da banalizzazioni estetiche. Tra le infinite rotte d’Oceano e le concluse circumnavigazioni del Mediterraneo, l’architettura portoghese può essere quindi individuata in uno stesso modo di fare che coniughi l’unità ed il molteplice. Essa stessa è una nei diversi atteggiamenti compositivi degli architetti, essendo ciascuno di essi, secondo la definizione offerta dal maggiore poeta portoghese moderno, Fernando Pessoa, “una sola moltitudine”.
36
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
37
“Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce la scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce la scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee” George Bernard Shaw
38
Arte contemporanea in Portogallo In questa terra che amplifica la sensazione di vivere in un romanzo di Pessoa in cui epoche e culture diverse – rimpastate da secoli di storia coloniale – si sovrappongono in modo sorprendente a ogni nuovo giro di bairro, nelle fastose e fatiscenti architetture in stile manuelino e nelle espressioni malinconiche delle persone che si incontrano per strada, parlare di contemporaneo sembrerebbe quasi improbabile, un aggettivo che sembrerebbe addirsi poco al Portogallo. Eppure questa nazione è ad oggi una delle aree meno esplorate ma più interessanti del sistema artistico contemporaneo. Lì dove la storia è stata segnata da una dittatura di circa cinquanta anni, che ha lasciato non pochi strascichi di resistenza e chiusura culturale, cominciano a manifestarsi luoghi di contaminazione e apertura. Ciò avviene conservando una matrice fortemente autoctona, connaturata in un substrato popolare che, nei secoli, ha maturato un’identità unica nella sua eterogeneità. Forse è solo attraverso un’espressione fortemente radicata nella cultura lusitana come la saudade (un sentimento misto di malinconia per il passato, arricchito dal forte desiderio di qualcosa) che si può leggere e comprendere appieno la realtà artistica del Portogallo d’oggi. Tracciare brevemente e parzialmente i contorni di un panorama artistico e culturale, pone sin dal principio la necessità
39
XXII
XXIII
40
di chiedersi come restituire un’immagine, nella fattispecie quella portoghese, che è ad oggi appena accennata nel vasto panorama dell’arte contemporanea. Per capire cosa accade in Portogallo è necessario fare un breve passo indietro e inquadrare l’attualità in una dimensione storica. Sono passati quarant’anni dalla cosiddetta Rivoluzione dei garofani, il colpo di stato militare che nel 1974 ha liberato il Portogallo dalla dittatura fascista di Salazar prima e Caetano poi, determinando un lungo stato di isolamento geopolitico del Paese dal resto dell’Europa. Una situazione che ha contribuito a creare un contesto di stagnazione economica e culturale non lasciando spazio alla libera circolazione delle idee e, di conseguenza, alla sperimentazione nelle arti visive. Uscito dalla dittatura e dopo l’entusiasmo e l’ottimismo degli anni ottanta, il Portogallo con gli anni novnta attraversa una fase di profondo cambiamento e comincia ad entrare nel vivo del dibattito artistico. La scena portoghese attraversa una fase di crescita dettata da una maggiore consapevolezza da parte degli artisti stessi, ora più ambiziosi e aperti al nuovo orizzonte culturale. Un Paese che fino ad allora non si era mai confrontato con i fenomeni di immigrazione, né tantomeno con la ventata di cambiamento portata dal Sessantotto, comincia a vivere sulla propria pelle il ripensamento ideologico sul ruolo dell’arte in relazione alla crisi globale europea dovuta anche alla dissoluzione del blocco sovietico. Il Portogallo, infatti, dopo la caduta della dittatura fascista, aveva intessuto
41
rapporti con alcuni paesi comunisti e in particolare con la Bulgaria. Il “fattore migratorio” rappresenta un aspetto importante per lo sviluppo della scena artistica del Portogallo. Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, gli artisti cominciano a spostarsi nei principali centri artistici mondiali come Londra e New York, riportando poi quell’esperienza nel proprio paese. Il viaggio e lo spostamento sono i termini chiave su cui poggiava l’aggiornamento e l’articolazione del linguaggio artistico, e questo vale ancora oggi, con la partecipazione ad una più efficace rete di rapporti internazionali tra istituzioni. Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, decade che vede protagonista Lisbona come Capitale della Cultura (1994) e come città ospitante l’Expò nel 1998, vengono gettate le basi per la nascita di istituzioni pubbliche e private: il Museo de Arte Contemporânea de Serralves a Porto, il progetto Culturgest per iniziativa del gruppo bancario Caixa General de Deposito, il Centro Cultural de Bélem-CCB (che ospita il Museu Coleção Berardo); il Museo do Chiado e l’introduzione definitiva del Ministero della Cultura. Nel corso degli anni, la maggior parte di queste istituzioni ha cominciato ad interagire con il lavoro degli artisti emergenti che, accanto a scuole dal programma non “ortodosso”, hanno permesso agli artisti di avere da un lato maggiore visibilità, dall’altro maggior accesso alle problematiche più significative della contemporaneità, contribuendo ad una internazionalizzazione della scena.
42
Le due città principali, Lisbona e Oporto, si dividono la scena artistica contemporanea: con i loro gioielli di punta – la Fondazione Calouste Gulbenkian, la Collezione Berardo e la Kunsthalle Lissabon a Lisbona e la bellissima Fondazione Serralves a Porto – attirano gran parte delle attenzioni internazionali, con programmazioni di tutto rispetto. Frutto, nella maggioranza dei casi, della lungimiranza di signori collezionisti che hanno regalato al Paese interi pezzi di storia dell’arte, sono luoghi istituzionali degni di essere inseriti nei circuiti dell’arte europea e non solo. Essere oggi a Lisbona o ad Oporto significa respirare un clima di fervore, al di là delle realtà più consolidate, infatti si ha un interessante fenomeno che permette il proliferare di iniziative alternative, spesso di matrice indipendente, che mettono radici sul territorio, ed è proprio da qui che partono per aprirsi al mondo. La tradizione diventa trampolino di lancio verso il futuro, un’occasione per rivedere il proprio passato in un’ottica moderna e il più possibile contaminata. La nostalgia dei secoli d’oro in cui il Portogallo deteneva il primato in molti ambiti (non da ultimo quello artigianale) è gradualmente tramutata dalle nuove generazioni in una risorsa da reinterpretare. Così, la lavorazione del sughero viene sfruttata nei distretti di design della capitale per creare oggetti e accessori particolari. Lo slogan di Real Cork, giovane associazione portoghese, annuncia orgoglioso che scegliendo il sughero si sceglie anche “cultura, natura e futuro”.
43
XXIV
XXV
44
La magnifica arte degli azulejos o quella della tessitura vengono riproposte in molte ricerche artistiche, molto più vicine all’idea della riattualizzazione del proprio passato (si pensi a tutto il lavoro attorno a cui ruota la ricerca di Joana Vasconcelos, di cui il ferry boat presentato alla scorsa Biennale di Venezia è un lampante esempio). Tali spazi cercano di costruire grammatiche, linguaggi e storie completamente nuove e fuori dalle logiche che per anni si sono sedimentate nelle istituzioni ufficiali e che, non sempre ma spesso, non hanno saputo raccontare quello che avviene nel territorio o al di fuori di questo. Questi spazi stanno diventando sempre di più nuova linfa vitale in un Paese in cui la crisi politica ed economica, oltre che dei modelli, si è fatta sentire in maniera molto incisiva. Siamo in uno stato di crisi, come scriveva Cornelius Castoriadis nel suo saggio Imaginary and Imagination at Crossroads, che ha a che fare sia con l’immaginazione personale sia con l’istituzione dell’immaginario sociale. Sempre a Lisbona, una passeggiata nelle vie del Santos Design District o su per le ripide viuzze adagiate sulla collina di Principe Real può aprire ad un interessante panorama sull’arte contemporanea. In queste aree, nel cuore della bianca e malinconica magnificenza dell’architettura lisbonetana, palpitano i nuovi fermenti artistici. Allargando la visuale oltre la capitale, troviamo nell’Alentejo, una delle regioni più povere di tutto il Portogallo, dove sorge l’antichissima città di Evora, un recente museo dedicato ai linguaggi
45
contemporanei, a pochi passi dai resti ben conservati di un tempio romano: la Fondazione Eugénio de Almeida. Più a ovest, a Elvas, quasi al confine con la Spagna, ci si imbatte nel Museo di Arte Contemporanea della città, situato, anche qui, in un palazzo storico decorato finemente di azulejos, in un misto poetico fra tradizione, trionfo barocco e appeal contemporaneo. Sulla strada verso Oporto invece troviamo il Museu de Arte Nova di Aveiro, dove Il dedalo di canali su cui si sviluppa la cittadina diventa teatro di un vero e proprio museo all’aperto dedicato alle tante e belle testimonianze in stile liberty sparse sul territorio. Sulla scia di questi eccellenti esempio cerchiamo di proporre a Cascais, lungo la strada costiera che porta a Sintra, un luogo, per usare le parole di Simon Sheikh, in cui si dovrebbe “[…] produrre, non solo nuovi modi di fare, pensare o vedere l’arte, ma anche, e forse cosa più importante, nuove relazioni sociali”4. Uno spazio che possa innalzare il limite della discussione valicando i confini del discorso sull’arte per far da ponte tra conoscenza e discipline varie come l’architettura, il design… Il campo dell’arte è infatti uno dei campi della “possibilità”, un luogo di transito tra modi diversi di percezione. L’arte è la realtà in cui le cose possono accadere, e il museo diventa così il posto in cui l’arte si può muovere tra diversi spazi. Il Portogallo restituisce dunque il clima di una comunità di persone che hanno voglia di discutere e aprirsi a nuove esperienze e contaminazioni, di spazi che nella loro eterogeneità rappresentano nel complesso un atto politico di resistenza creativa in
46
XVI
47
cui le regole possono essere riscritte, assumendosi il compito e la responsabilità di formare una sensibilità non solo estetica ma anche etica. Realtà in cui, per dirla come Simon Sheikh, si possono sviluppare “modi di pensare capaci di contribuire a creare segni differenti, un immaginario differente, un pensiero che sia improduttivo piuttosto che produttivo e mercificabile”5. La saudade, come si diceva all’inizio, può essere una chiave di lettura di un percorso artistico che si sta facendo sempre più ampio e articolato, verso l’emancipazione di un’espressione che sa guardare al futuro nutrendosi del passato e del proprio magismo.
48
XXVII
49
“O exercicio profissional reencontrou-nos. eis-me, de novo, face ao Castelo que conheço desde que me conheço e perante cuja porta passei quatro vezes por dia durante seis anos da minha vida escolar no Colégio, ali, a dois passos. Sofri com ele, então adolescente, quando sobre as suas paredes colocaram duas brutais torres de ferro, ja, felizmente, desaparecidas: louvei-o qaundo o soube possuidor, dentro do seu coração, de uma igreja renascentista edificada sob o risco do Mestre Cremonense: venerei-o quando se afirmaram, no seu solo, as raizes da nossa idade romanica.Hoje, face à minha actuante presença profissional. Creio tè-lo compreendido e ter-lhe demonstrado quanto o conheço, o choro, o louvro e o venero. Respeitando o que resta do seu adulterado espaço interno, evidenciando a acçao do mestre italiano, passeando pelo seu conteúdo histórico e procurando homenageà-lo com um simples, sobrio e conciso percurso que revele aos visitantes os caminhos da nossa arquitectura militar na expansão portuguesa. Eis-me arquitectando amorosamente um velho e admirado amigo, eis-me cumprindo um belo dever profissional, eis-me, sobretudo, realizando um inalienável dever civico.” Fernando Tavora
50
Alle porte di Lisbona Cascais Con una storia geologica di 150 milioni di anni e un patrimonio naturale invidiabile, il territorio corrispondente all’attuale Comune di Cascais, era abitato fin dalla preistoria. Nascosto all’ombra della Sierra de Sintra, che funge da barriera per i venti provenienti dal quadrante nord carichi di umidità oceanica, questo territorio aveva allora, come oggi, un clima eccezionale. La vicinanza del mare e la notevole fertilità della terra ha favorito l’installazione dell’uomo nelle varie epoche. Questi lontani antenati hanno lasciato tracce importanti di cui Poço Velho, S. Pedro o Alapraia ne sono alcuni esempi. Molti secoli dopo, si sono stabilizzati in queste zone anche i romani la cui notevole eredità è visibile ancora a Casais Velhos, nella villa romana di Alto do Cidreira e in quella di Miroiços da Malveira da Serra e, soprattutto nella cittadina di Freiria. Anche se scarse, le testimonianze del tardo romano e la successiva presenza araba sono state rilevate attraverso vari scavi archeologici in tutta la zona. La storia della città di Cascais come la conosciamo oggi inizia solo nel 1364, quando D. Pedro I la trasforma in una città indipendente staccando la sua municipalità da quella di Sintra. Con un porto sicuro ad acque calme, muri a mezza altezza, bagnata dall’oceano e con la vicinanza a la Barra do Tejo,
51
XXVIII
52
presto Cascais diventerà l’ambizione di pirati e corsari. Per evitare che la città cada nelle mani della pirateria, dato che il castello medievale ormai non era più sufficiente a proteggere l’intera popolazione da questa minaccia, Giovanni II, allora Re del Portogallo e dell’Algarve, decise di costruire a Cascais una torre fortificata, che come le precedenti torri di Caparica e di Belém; era solo il presagio del futuro bastione di fortificazione. Alla fine del XVI secolo, data la crescente importanza che Cascais riveste nella difesa di questa costa per la sicurezza di Lisbona, vengono sviluppati diversi piani per l’ampliamento delle strutture difensive, il più importante dei quali viene messo in atto solo dopo la Restaurazione. Fino alla fine del XIX secolo, queste strutture militari rimarranno l’unico segno di urbanizzazione lungo una costa deserta. Nel 1870 il re Luigi I di Braganza sceglie Cascais come meta dove trascorrere l’estate, facendola diventare così un luogo balneare frequentato da tutta la corte reale. È in questo contesto che si svilupperà un’architettura estiva, che, con i suoi bei palazzi signorili e chalets, caratterizzerà la nuova località marittima nate all’ombra del villaggio di corte. Negli anni ’20 l’arrivo a Cascais dell’architetto modernista Jorge Segurado, rivoluzionerà le linee guida architettoniche puntando su una filosofia di rispetto e di conservazione della tradizione nella neo nata città di Cascais.
53
Sentinelas do mar Fortificazioni marittime sulla costa di Cascais Più di ogni altro monumento, le fortificazioni marittime sono un’immagine simbolo di Cascais. Nel corso dei secoli, sono stati edificati tra il Carcavelos e il Cabo da Roca, circa due dozzine di strutture militari. Le fortificazioni di questa costa presentano in genere torri di vedetta, baluardi, fabbricati temporanei in legno, trincee e linee per la moschetteria. Se è vero che molte sono state distrutte, è comunque significativo il numero di quelle che sono ancora in un buono stato di conservazione, alcune delle quali sono state completamente ristrutturate ed adibite ad ospitare strutture museali. Importanti esempi di architettura militare portoghese e di roccaforti sono situate sulla costa marittima anticamente chiamata di San Antonio, ora conosciuta come Costa che collega Estoril a Cascais. Queste fortezze hanno giocato un ruolo importante nella difesa della capitale. Nel 1571, l’ingegnere militare Francisco de Holanda scrisse nel suo trattato Da Fábrica que Falece à Cidade de Lisboa : “Perché non hanno costruito una fortezza a Lisbona, città così nobile e così presuntuosa, come hanno fatto Milano, Napoli, Firenze, Ancona, Treviso, Genova, Pesaro, Ferrara, Nizza e altre città più piccole rispetto a lei, e non domina né Oriente né Occidente Lisbona?“6. Effettivamente la capitale dell’impero, dove dalla metà del XV secolo giungevano le grandi ricchezze
54
XXIX
55
xxx
56
provenienti dall’Africa e dall’India era, non solo periodicamente attaccata, ma anche distrutta, dal momento che le sue forme di difesa non era sufficienti a proteggerla. Come Francisco de Holanda ricorda a D. Sebastião in questo trattato, Lisbona continua a nascondersi solo dietro alle pareti costruite da D. Fernando che, pur essendo “Il miglior progetto che nessun re abbia mai fatto a Lisbona dopo le chiese”6, sono vecchie e hanno urgentemente bisogno di essere restaurate e arricchite da torri, bastioni e porte. Inoltre, continua Francisco de Holanda, dovrebbe anche essere “Rinforzata, riparata e finita la fortezza di Belem e la S.Gião [S. Julian]; (...) o, se possibile, con la pietra, si potrebbe fare questo bastione al centro della testa dove il mare si rompe, che risponde al più esatto S.Gião (...)”6. Con questo studio Francisco de Holanda dimostra, ai tempi in cui sul trono siede D. Sebastião, la necessità della costruzione della Fortezza di S.Gião per proteggere l’estuario del Tago. E’ sotto il regno di Giovanni II che lo studio di Francisco de Holanda si porterà a compimento. In questi anni di pace infatti il sovrano decide di rafforzare e restaurare tutte le fortificazioni di confine esordendo con la costruzione della Torre S. Sebastião da Caparica e S. Vicente de Belém (terminate soltanto nel regno successivo). Inoltre Giovanni II dà l’ordine di equipaggiare le navi destinate alla pattuglia dell’estuario del Tago con bocche di fuoco. La facilità con cui queste imbarcazioni di potevano muovere sulle acque e le nuove tecnologie che gli permettevano di poter sparare a filo dell’acqua, fece
57
di queste navi delle vere e proprie fortezze mobili. Dall’altro canto, anche la pericolosità della foce del fiume, è stato un ottimo deterrente per gli attacchi provenienti dal mare. Durante i regni che seguirono, la priorità sulla costruzione di fortificazioni venne data ai territori che si trovavano sulla costa africana da poco colonizzata. Così, per la foce del Tago, il solo lavoro di rilievo che venne compiuto fu la costruzione della fortezza di S.Gião, secondo il progetto di Miguel de Arruda, durante la reggenza di D.Caterina. Costruito già alla luce dei nuovi paradigmi dell’architettura militare moderna, questa fortezza, sarà più tardi molto ampliata. Durante la reggenza del cardinale D.Henrique il piano per la protezione delle principali via di accesso alla capitale non cambia. Inoltre, alla consegna del regno a D. Sebastião il cardinale afferma: “Fesce a fortificação de S. Gião; de Cascaes (…) e a Torre dabanda da Caparica (…) e se mandou para isso artelharia, munições e armas”6. La parola “fortificar” però al tempo rivestiva plurimi significati, poteva sì indicare la costruzione di una nuova fortezza sull’estuario del fiume, ma anche il rafforzamento di una struttura preesistente, o semplicemente, poteva indicare l’invio di truppe, munizioni o armi. Dal confronto con altri documenti del tempo sembra proprio che quest’ultima ipotesi sia la più accreditata tuttavia non è da escludere l’ipotesi che proprio in questo periodo siano avvenuti lavori di ristrutturazione della vecchia torre joannina a Cascais, dal momento, che di recente,
58
nuovi scavi archeologici presso la Fortezza Nossa Senhora da Luz hanno riportato alla luce i resti di strutture che sembrano vecchie trincee. Anche da un documento ritrovato negli archivi di Venezia, e di recente pubblicato, si legge, che nel 1580, viene costruita la Fortezza Nossa Senhora da Luz: “(...) Cascais la cui terra è posta sul mare, e ha un forte di forma triangolare di moderna architettura a guardia del mare (…)”. Consapevole della fragilità delle difese del suo regno, Filippo II di Spagna darà una grande importanza alla difesa della capitale anche in vista dell’alleanza stretta in quegli anni tra il Priore di Crato e la corona britannica, che faceva pensare ad un imminente attacco alla costa portoghese. La fitta corrispondenza tra il sovrano e i suoi due principali capitani militari, il Duca d’Alba e Sancho d’Ávila, responsabili, rispettivamente, della difesa della costa centro-sud e di quella nord del Portogallo, ha mostrato l’urgenza e la preoccupazione per le fortificazioni reali. Ben presto infatti si darà avvio alle ultimazioni delle fortificazioni preesistenti così come alla costruzione di nuove. Nel 1590, viene commissionato a Frei Vicenzio Casale l’allargamento della Torre di Belém, delle fortezze di S. Gião e Cascais e i progetti per due nuove fortificazioni: quella di Cabeça Seca e quella di Santo António. Con l’avvento della Restaurazione saranno ultimati il forte de Santo António do Estoril e l’ampliamento di quello di S. Julião mentre Belém non viene fortunatamente modificato. A Cascais, viene ripristinato il baluardo di un antica torre
59
XXXI
60
joannina che aveva dato origine alla costruzione del forte N.ª S.ª da Luz. Agli inizi del dicembre 1640, durante il regno di D. João IV, l’attenzione torna nuovamente a concentrarsi sul sistema difensivo portoghese, soprattutto sulla parte di costa che ha un accesso diretto alla capitale. Il recente passato aveva evidenziato l’importanza strategica di Cascais. Così, il sovrano nomina D. António Luís de Meneses, conte di Cantanhede, governatore di questa piazza d’armi, il quale prevede di fortificare tutta la linea di costa tra Peniche e Xabregas. Nell’ambito di questo progetto, realizzato durante la seconda metà del XVII secolo, vengono erette 48 fortezze con particolare attenzione al tratto costiero tra Bélem e il Guincho e successivamente la costa tra Cabo Raso e Peniche. Al termine della guerra di Restaurazione quasi tutti i forti tra Bélem e il Guincho saranno ultimati. Con il terremoto del 1755, le fortezze della costa, soprattutto quelle dell’Algarve e della foce del Tago, verranno molto danneggiate. A quel tempo, il marchese di Pombal chiama a Lisbona il Conte de Lippe, per affidargli il difficile compito di riorganizzare l’esercito e la difesa del Portogallo. Il conte tedesco trasforma un esercito disorganizzato e ridotto alla soglia di povertà (senza uniformi e costretto a chiedere l’elemosina) in una potenza militare adeguata alla grandezza della corona. Inoltre il Conte de Lippe da disposizioni per il ripristino e l’armamento della maggior parte delle fortezze portoghesi.
61
La foce del Tago viene rafforzata con la costruzione del forte Nossa Senhora das Mercês de Catalazete, e vicino alla spiaggia del Guincho vengono erette tra baterie: Galé, Alta e Crismina. Con la partenza del Conte di Lippe, e con la perdita d’interesse che sempre si ha nei periodi di pace, la politica difensiva subisce una battuta di arresto. Alla fine del XVIII secolo, i rapporti sullo stato delle fortificazioni sulla foce del Tago vede la maggior parte dei forti priva di truppe (ad eccezione di quelle di maggiori dimensioni). In alcuni casi, i forti vengono utilizzati come residenze dalle famiglie dei militari. Nel XVI secolo come osserva un viaggiatore italiano di passaggio in Portogallo “vedere lo stato di manutenzione di una qualsiasi fortezza, ci permette di capire che questa nazione non è fatta per la guerra”. Con le invasioni napoleoniche per la prima volta Lisbona si cautela con una difesa sull’entroterra. Oltre alla protezione fornita dal forte di S. Julião, ad Ovest e ad Est vi era quella fornita dal forte di S. Domingos de Rana e S. João das Maias a cui si aggiungono una dozzina di fortificazioni provvisorie. Vent’anni dopo il termine delle guerre napoleoniche, D. Miguel, temendo l’arrivo delle truppe delle forze alleate a suo fratello, D.Pedro, il re ordina il ripristino di molte fortificazioni lungo la costa. Ma il successivo attacco della flotta francese, che riesce a raggiungere la costa vicino a Bélem nel luglio del 1831, aveva messo in evidenza l’inefficienza delle difese della capitale. Vengono quindi eretti due forti, uno vicino alla Boca
62
do Inferno, uno a Cascais (di cui non si ha più nessuna traccia) e vengono costruiti diversi tipi di batterie sopra Cruz Quebrada e nella spiaggia di Guincho. Il lavoro finora fatto risulterà inglorioso, dato che le truppe liberali arriveranno a Lisbona da sud, dove il temuto sbarco avverrà nell’Algarve, in un area non protetta vicino a Cacela. Con il rapido avanzamento delle tecnologie militari, il sistema difensivo del Tago viene riprogettato. A questo proposito, viene commissionato da D.Pedro V un progetto che tenesse in considerazione i nuovi vincoli. La morte prematura del re rallentò gli studi, che durarono per più di trent’anni. I recenti avvenimenti avevano dimostrato che una difesa dall’entroterra era importante come se non di più di quella dal mare. In questa ottica viene costruito il Campo Entrincheirado di Lisbona, che aveva come fortezze principali: Acavém, Ameixoeira, Monsanto, Alto do Duque e Caxias. A cui si aggiungevano anche la roccaforte di Montes Clarose, il già esistente forte di Bélem, nonché quattro batterie sulla riva sud del Tago. Ma la costante evoluzione delle tecnologie militari porta alla necessità nel 1887 e il 1889 di nominare nuovamente una commissione di Difesa Marittima dell’estuario del Tago e della città di Lisbona. L’allora sovrano D. Carlos de Bragança, pose molta attenzione sull’argomento ma malgrado il progetto venga approvato, subirà numerose modifiche e riduzioni a causa di tagli nel bilancio. In conclusione, l’efficacia del sistema di fortificazioni raccomandato da Francisco de Holande, iniziato
63
XXXII
XXXIII
64
da Filippo II e terminato dopo la Restaurazione, è per sua indole dissuaso. Anche se non venne mai scoperto, questo sistema aveva un punto debole: se assediate da terra, queste fortezze venivano facilmente sottomesse; basti pensare alla facilità con cui le truppe francesi raggiunsero Lisbona nel 1831. Inoltre, le endemiche difficoltà economiche hanno sempre portato i sovrani ad organizzare la difesa solo in presenza di situazioni di pericolo. Possiamo quindi immaginare che la risposta ad attacchi improvvisi e non previsti fosse molto debole. Perso successivamente, il loro interesse militare, molte di queste fortezze vennero progressivamente, disabilitate, alla fine del XIX secolo. Dopo diversificate destinazioni, alcune delle fortezze tornarono ad essere collegate in qualche modo alla marina o all’esercito e quindi hanno mantenuto un buono stato di conservazione. Altri, con un destino meno fortunato, vertevano in stato di degrado fino al loro successivo recupero trasformati in alberghi, edifici, sanatori o rasi al suolo per la costruzione della strada statale lungo la costa. Questa situazione è, purtroppo, identica in tutta il paese. Ridotti in rovina o distrutti per erigere opere più recenti, i capisaldi della costa portoghese sono vittima di abbandono e di disinteresse. In molti casi, il recupero di questi edifici, generalmente classificati di interesse pubblico, non è realizzata in funzione del rispetto della sua architettura originale ma sulla base di interessi commerciali o funzionali. A fronte di questo,
65
negli ultimi anni, la MunicipalitĂ di Cascais sta cercando di promuovere iniziative su questi complessi di eccezionale pregio che sono i capisaldi della marineria portoghese.
66
Forte de Crismina Storia Sotto il regno di Giuseppe I del Portogallo (1750-1777) all’inizio della Guerra dei Sette anni nel 1762, la Gran Bretagna invia insieme ad alcuni soldati britannici, il generale tedesco Friedrich Wilhelm Schaumburg-Lippe per aiutare il Portogallo nella difesa del territorio invaso dalle truppe spagnole e francesi. Durante gli anni trascorsi nel paese il Conte de Lippe oltre a riorganizzare completamente l’esercito portoghese, dispone la costruzione di tre baterie lungo le spiagge di Guincho: Galé, Alta e Cresmina. Il loro compito principale era quello di ostacolare lo sbarco delle forze nemiche sulle coste vicine alla capitale, dando l’allarme e rinforzando i punti critici della difesa di Lisbona. In questo specifico caso Cresmina è stato progettato per proteggere, insieme al Forte de S.Bràs de Sanxete la parte di costa tra loro compresa; mentre il tratto di spiaggia chiamato del Guincho era protetta dal forte di Galé insieme alla fortezza del Guincho. Alta invece è stato eretto tra i primi due, e interagendo con entrambi, ha impedito l’accesso alla piccola baia che è vicino. Un rapporto di ispezione, datato 14 marzo 1777, afferma che al tempo le tre baterie si trovavano in buone condizioni. Un successivo rapporto del colonnello Ingegnere Romao José do Rego (14 gennaio 1793) attestava invece che le tre batterie avevano subito dei danni causati dal tempo e dagli agenti
67
XXXIV
68
atmosferici. Più tardi, quello stesso anno, nel mese di dicembre, viene avviato un progetto di restauro riguardante il muro perimetrale e l’artiglieria, con la successiva aggiunta di un corpo di guardia. Documenti datati 1805 affermano il mantenimento di una piccola guarnigione e del corpo d’ artiglieria. Tuttavia, la Fortezza anche durante la guerra d’indipendenza spagnola (1808-1814) non viene utilizzata, subendo un progressivo abbandonato, fino al definitivo smantellamento nei primi anni 1820. Nel periodo della guerra civile inglese (1828-1834), documenti datati 1829 riportano la presenza di un cannoniere in rovina e una casa d’armi nella parte posteriore. Miguel I del Portogallo (1828-1834) ordinò il ripristino di tutte le tre batterie, dando avvio ad una campagna di lavori eseguiti tra gli anni 1830 e il 1832. In questo periodo sono stati predisposti vari progetti con i relativi budget per le opere di recupero e ampliamento delle baterie, per riparare parapetti, merli e cannoni, caserme, depositi e magazzini e per chiudere le fortificazioni con un muro posteriore chiamato “muro collare”, il quale avrebbe permesso una maggiore protezione. Così, nel 1831, con un bilancio stimato in $ 677 000 nel Forte di Cresmina viene riparato il parapetto, merli e cannoni, eretto un nuovo tetto, e costruiti nuovi alloggi. Mentre solo alla fine del 1832 vengono erette e completate le pareti collare delle tre baterie, seguendo il grande progetto di ingegneria José Antonio Mourao. Il 24 luglio 1833 le tre fortezze vengono tutte disarmate e
69
abbandonate a seguito del ritiro delle truppe migueliste e con la definitiva fine del conflitto cadono in rovina. Documenti datati 1854 attestano l’avanzato stato di rovina in cui verteva la Fortezza di Cresmina. Tra il 1889 e il 1899, ai sensi della Carta della legge 26 giugno 1889, queste strutture sono state dismesse come fortificazioni militari e comprate tramite un’asta pubblica da privati cittadini. Così, nel 1895 il forte Crismina viene acquistato da José Guedes Quinhores de Matos Cabral per passare nel 1906 nelle mani di Manuel Gomes, e nel 1908 in quelle António Augusto Carvalho Monteiro, che alla sua morte, nel 1923, lo lascia ai suoi eredi. Il forte è classificato come monumento di interesse pubblico con il decreto n 95/78, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie I, N. 210 del 12 settembre. E’ incluso nell’area protetta di Sintra - Cascais. Di proprietà privata, attualmente vacante, il Crismina Forte è l’unico di questo gruppo che ha ancora una parte della sua struttura, con evidenti segni di rovina. Restano tracce della parete divisoria e la grande porta di accesso. All’interno, si notano ancora le alte pareti del pozzo e parti dell’antica pavimentazione.
70
XXXV
71
XXXVI
72
Caratteri Esempio di architettura militare, la Fortezza di Crismina si erge in un ambiente rurale isolato su un promontorio roccioso che costituisce l’estremità orientale della spiaggia di Guincho. Si tratta di una delle tre baterie di Guincho costruite per rafforzare la difesa della linea di costa compresa tra il forte impiantato sul bordo della spiaggia e il forte eretto a Cabo Raso. Queste sono posizionate nei punti più vulnerabili della costa. Il Forte di Crismina proteggeva la spiaggia e il molo che si sviluppavano nelle sue vicinanze con una lunghezza di fuoco che arrivava al vicino Forte de São Brás de Sanxete per permettere una completa copertura di tutta la spiaggia. Cresmina ha una pianta poligonale con tre lati disuguali, mentre la caserma e l’armeria si trovavano sulle due pareti posteriori successivamente erette. Essa presenta una configurazione simile al Forte di Gale, anche se la piattaforma pavimentata presentava una distinzione nella distribuzione seguendo l’andamento concentrico delle pareti perimetrali. Essa è provvista di sette cannoniere, tre esposte a nord, tre a sud e una ad ovest, mentre presentava solo tre bocche di fuoco. Con la costruzione delle pareti collare, la batteria presenta una pianta poligonale con sei lati di diverse dimensioni al cui interno integrava la caserma e l’artiglieria. L’accesso avveniva da una sola apertura sulla parete orientale. Il portone aveva un architrave ad arco a tutto sesto sopra al quale si trovava una lapide epigrafica.
73
“A não ser eu, toda a gente em toda a parte” Fernando Pessoa
74
Progetto Il luogo All’origine di questa tesi c’è un breve viaggio. Un rapido peregrinare in quella terra che fino a qualche decennio fa era ancora sconosciuta. Spesso considerata periferico e marginale rispetto al continente europeo, il Portogallo è un paese che si è geneticamente costruito sul valore della differenza, di persone o cose, e sulla prossimità, di persone o cose differenti. Sul nostro cammino abbiamo incontrato un insieme di frammenti che spiegano e testimoniano l’identità plurale di questo paese. Uno spirito proprio probabilmente aditutte le terre di frontiera, ancor più di quelle di mare, terre da cui partire, terre in cui ormeggiare, portando con sé altre tradizioni, culture, radici. Il viaggio, il percorso, è quindi in realtà il destino stesso, il fado, per l’intero Portogallo, il quale pur saldamente ancorato all’Europa, muove la sua frastagliata costa verso aspettative ignote. Il progetto nasce a seguito di un concorso bandito da una piattaforma di architettura portoghese in collaborazione con il comune di Cascais. Questo concorso internazionale si genera con l’intento di sviluppare e presentare idee convincenti per la progettazione di un Museo di Arte Contemporanea all’interno della fortezza di Cresmina. Esso si inserisce in un più ampio programma, promosso dalla
75
museo_vista dal mare
76
Municipalità di Cascais, per il consolidamento e il restauro di tutte le fortezze costiere situate sul proprio territorio. A tal proposito sono poste precise limitazioni sull’atteggiamento da tenere nei riguardi della Fortezza di Cresmina, che in quanto patrimonio storico e culturale, deve essere integralmente conservata in ogni suo aspetto. L’area dell’insediamento è dunque situata in prossimità della città di Cascais, lungo quel tratto di costa che da essa corre verso Sintra. Situata su una lingua di terra che si protende verso il mare, il sito ove sorge la nostra proposta guarda a Cabo da Roca, punto più ad ovest del continente Europeo. Là dove viaggiatori prima di noi si sono fermati a contemplare l’infinito e con speranza hanno guardato all’orizzonte così anche il nostro progetto volge il suo sguardo alla vastità dell’oceano. Come scrisse Ludwig Wittgenstein “Sono andato per tracciare i contorni di un’isola e invece ho scoperto i confini dell’oceano.” Il sito è quindi di straordinaria bellezza naturale: una scogliera sull’oceano. Fin dal principio la topografia è stata determinante, il concorso imponeva infatti che il progetto fosse sensibile al contesto circostante. Inoltre la nuda roccia accoglie la presenza di un’antica rovina: la Fortezza di Cresmina. Costruita nel 1700, essa si trova all’estremità meridionale della spiaggia denominata appunto “di Cresmina” che proprio da questa bateria prende il nome. Situato nel Parco Naturale di Sintra-Cascais
77
e completamente circondata da scogliere, questo luogo ha un paesaggio unico. Quest’area è caratterizzata da una grande estensione, con forti onde e venti che hanno portato alla formazione del sistema dune che si trova spostato verso l’entroterra rispetto alla Fortezza, al di là della strada costiera. Attualmente del forte rimangono solo le mura difensive esterne di cui intatte solo le tre del muro collare. Le altre, affacciate sul mare, sembra abbiano voluto omaggiarlo nel corso dei secoli abbassando la loro altezza per permettere una suggestiva vista dell’orizzonte. Di ciò che essa accoglieva al suo interno non rimane niente se non due alti frammenti murari del vecchio pozzo e una parte dell’antica pavimentazione in pietra. La Fortezza di Cresmina è un punto di riferimento significativo in questo paesaggio, un luogo dalla rilevanza culturale e storica, da rispettare ed integrare nel nuovo complesso museale. Dialogare con una preesistenza di questa portata non è compito semplice, come afferma Siza: “mettere in rapporto cose dissimili, perché la città oggi è una realtà costituita da un insieme di frammenti assai diversi tra loro. In una città il problema è quello di comporre un’unità con rovine, costruzioni d’epoche differenti, frammenti (...). Il mio criterio e quello di cercare di ricomporre le diverse parti in una nuova unità (...).”7 In questo luogo l’architettura si deve comportare come un lenzuolo bianco che si stende su una vasta porzione del terreno e, aderendo al suolo, va ad assumere i caratteri della sua conformazione fisica. Così quando la sua trama si dirada,
78
esso lascia affiorare le preesistenze del luogo che vanno ad integrarsi al progetto, determinando, così una nuova unità. In tal modo abbiamo cercato di integrare il nostro progetto al luogo in cui esso sorge. Un abbraccio frammentato di spazi che avvolge la rovina e si appoggia sulla roccia costeggiando la strada costiera che da Lisbona sale al Nord. La nostra proposta ha quindi come tensione generatrice quella di sottolineare, rispettare e celebrare il sito e la fortezza preesistente all’interno di questo spettacolare paesaggio, cercando di offrire al visitatore un’esperienza unica.
80
museo_vista dal percorso d’ingresso
81
“Esiste una architettura che si impone immediatamente e a quasi tutti, piacendo o meno… Un fotografo abbastanza bravo capta quello che essa sembra essere. Può avere qualità o può essere gratuita. Possiamo apprezzarla profondamente, e in un’altra visita o in un altro tempo, non ci dice più nulla, o poco. Oppure dice altre cose, se non è gratuita – e allora attinge il silenzio della bellezza. Esiste una architettura che impressiona meno, e meno gente. Può essere di grande o di piccola dimensione. Si mette in relazione con tutto ciò che la circonda, anche quando ciò non è apparente, o evidente, o per ragioni di forma. Può avere qualità oppure no; raramente è gratuita, o mai. Può essere modesta, se non esiste ragione di una diversa presenza; o ostica, ma non per immodestia. Questa Architettura abita il mondo di semplicità e di magia a cui appartiene una chiesa romanica, persa tra i campi del Minho; o le favelas nate dalla miseria; o la casa di Luís Barragán; o un monte alentegiano che nessuno conosce, o i grattacieli di New York mai studiati; o la casa di Tzara di Loos; o il Cortile Rosso di Fernando Távora. Opere ugualmente d’Autore” Alvaro Siza, Scritti di architettura
82
Il museo Ciò che ci ha guidate nello sviluppo del progetto per il Museo di Arte Contemporanea è la volontà di esprimere il senso di appartenenza al luogo. Fin dal principio abbiamo rivolto la nostra attenzione verso la scelta del punto esatto dove collocare l’edificio per stabilire un rapporto concreto con il contesto. Abbiamo cercato di interpretare il dualismo tematico di architettura e natura attraverso l’impiego di un linguaggio scarno ed essenziale, teso a mettere in evidenza le valenze ambientali. Tale volontà ci ha portato a realizzare una lunga parete che dolcemente curva per seguire idealmente la linea di collegamento tra Cascais e Sintra. La parete, alta 5 metri, lascia appena intravedere il profilo della rovina come un gioiello delicato e prezioso che si cela ma non si nasconde. Così il perimetro che divide il dentro dal fuori, la natura dal costruito diventa l’appoggio ai volumi aggiunti senza però voler compromettere la spazialità della Fortezza anzi cercando di arricchirla con un’alternanza ritmica di pieni e vuoti. Gli spazi del museo si dispongono lungo il muro che delimita il sito, come fossero parti del antico forte, sue ramificazioni. Si è cercato di conservare l’originale modus operandi che contraddistingueva questo tipo di architetture militari. Infatti come l’artiglieria, l’armeria e via dicendo si addossavano nel corso del tempo alle murature fortificate di perimetro
83
MUSEO a1_foyer a2_biglietteria a3_bookshop a4_sala per esposizioni audio visive a5_sale esposizioni a6_servizi a7_vano impianti a8_magazzino a9_laboratorio restauro e manutenzione opere a10_esposizioni all’aperto a11_fortezza di Cresmina
c
AUDITORIUM b1_foyer b2_biglietteria b3_vano tecnico b4_guardaroba b5_sala b6_servizi b7_sala ristorazione b8_cucina b9_servizi caffetteria b10_servizi staff b11_dispensa b
0
20 m
a
84
d
c’
b5
b7 b1
a10
a11
a4 a3
a2 a1
a5
b’
a7
a8 a9
d’
a’
MUSEO a5_sale esposizioni
0
20 m
86
a5
MUSEO a1_foyer a2_esposizioni all’aperto a3_sale esposizioni a4_servizi a5_corte a6_magazzino a7_uffici a8_direzione a9_sala riunioni a10_archivio a11_laboratorio didattico
0
20 m
88
a9
a8
a1 a7
a6 a11
a5
a2
a3
a6
della fortezza, così il nostro intervento ripete il processo che lo ha generato e si accosta alla parete in pietra calcarea. Il muro determina il sistema organizzativo dell’intero complesso, costituisce un segno caratteristico che dà unità e simbolicità, evocatore di un rituale di fondazione che genera il nuovo complesso. Superato il varco d’ingresso il visitatore si trova in una grande piazza dalla quale si può godere della vista della fortezza e di come questa si protenda verso il mare. Determinata da un lato dal lungo muro, la piazza si sgretola dolcemente sulle rocce a picco sull’oceano andandosi a ricollegare con la preesistente pavimentazione della rovina. La scelta del legno che caratterizza questo vuoto è stata dettata della volontà di far risaltare l’originale pietra che invece si ritrova solo all’interno della fortezza. L’intero complesso è caratterizzato da una vasta superficie frammentata, gli spazi sono divisi in blocchi separati ma continui perché collegati dal lungo muro-corridoio all’aperto che riesce ad inglobare la parte dedicata ai servizi e quella museale in un morbido abbraccio che accoglie anche la Fortezza di Cresmina. Tale frammentazione ci ha permesso di disegnare volumi con dimensioni compatibili alle proporzioni della natura circostante. La parte più settentrionale della piazza ospita i due edifici dedicati rispettivamente ai servizi di caffetteria e ristorazione e quello dedicato all’auditorium. La pensilina in intonaco bianco
90
che si affianca dolcemente al muro perimetrale in pietra conduce il visitatore fino agli ingressi dei due blocchi. Addossato alla parete esterna si trova il volume della caffetteria, che alto quattro metri, viene completamente celato alla vista esterna, ma al suo interno una lunga vetrata fornisce un punto di vista privilegiato sulla spiaggia di Cresmina e sul mare che la bagna. Spostandoci sulla sinistra troviamo la hall dell’auditorium, il quale alto dieci metri, spicca sull’orizzontalità dell’intera costruzione come unico elemento di eccezione che contribuisce a generare una pluralità identica. Al suo interno trova spazio una lunga platea discendente, volta ad accogliere duecentoquaranta spettatori con gli annessi servizi di biglietteria e guardaroba. La sala è caratterizzata da un controsoffitto curvo in lastre di gessofibra che oltre ad aiutare l’acustica interna crea un continuum con la parte espositiva. Il bianco del soffitto è contrapposto al naturale colore caldo del legno di Rovere che abbraccia il pavimento e sale sulle pareti della sala per fornire un migliore isolamento acustico. La parete settentrionale, completamente vetrata, è schermata da lame verticali in legno invecchiato dalla tipica colorazione grigio argenteo. Esse possono ruotare manualmente per permettere una completa oscurazione della parete o una straordinaria scenografia di sfondo offerta dalla vista dell’oceano. Tornando verso l’uscita il visitatore si troverà nella hall di ingresso che, in contrapposizione con la sala, offre una vista
91
privilegiata della Fortezza dove pietra e legno, vecchio e nuovo continuano a rincorrersi. Un ultimo sguardo alla spiaggia è offerto da una piccola apertura tra due setti come cupi ammassi pietrosi che fornisce uno sguardo prospettico verso la natura. Nella parte meridionale della grande piazza centrale si trova l’edificio che ospita il museo, articolato in una complessa successione di differenti altimetrie, si amplia lungo un asse preferenziale: quello nord-sud. Questo sviluppo longitudinale è volto a ricreare quell’atmosfera che si ritrova nell’architettura popolare portoghese tipica di questa zona. Entrato nella hall, il visitatore si trova in un ampio spazio di forma trapezoidale, alto quattro metri, con una suggestiva vista verso la grande corte aperta che percorre tutto il volume. Alla sua destra, in uno spazio vetrato proteso verso il mare, si trova il bookshop che si affianca ai servizi di discesa verso il piano inferiore. Il cambiamento di quota, dalla stanza di ingresso alta quattro metri al bookshop alto sei, genera nel visitatore una sensazione di apertura sottolineata anche dal cambio di prospettiva che la vista della vetrata fornisce sull’oceano. Proseguendo nel percorso di visita, si incontra un altro cortile stavolta proteso sugli scogli, che prolunga idealmente la zona ricettiva del museo. La ripetizione della tematica della corte che ritorna nel nostro progetto rimanda al concetto di “quinteiro”, tipico dell’architettura spontanea portoghese, che identifica uno spazio esterno chiuso da muri e coperto da
94
rami o dalla chioma di un albero che si affaccia e si affianca alle attività domestiche. Questa successione di vuoti e pieni scandiscono un tempo in cui il vuoto si modella come negativo dove i limiti del costruito gli conferiscono le proprie dimensioni ritagliando prospettive verso il cielo. Tale alternanza si ritrova anche lungo il prospetto occidentale del museo, dove si ritrova una catena di superfici massicce in pietra e pareti più leggere e vetrate. Quest’ultime corrispondono alle tre sale di cui è composto lo spazio espositivo ciascuna della quali è schermata dalla successione di lame verticali in legno. Questi elementi verticali ripetuti, hanno il compito non solo di rifrangere la luce che altrimenti entrerebbe troppo diretta nello spazio espositivo favorendo i più morbidi raggi solari provenienti da nord, ma anche di fornire suggestivi squarci prospettici verso la natura circostante in un continuo stupore. Una scenografia talmente straordinaria, come quella offerta dalla scogliera di Cresmina, necessita delle pause per riposare gli occhi e la mente del visitatore che desidera concentrarsi sulle opere accolte nello spazio espositivo. Le tre sale che si susseguono lungo l’asse longitudinale sono alternate da altrettanti vani chiusi che ospitano le necessarie rampe di collegamento fra le tre. Esse infatti si trovano a tre quote ben distinte, tracciate dalla topografia delle curve di livello, hanno una stessa dimensione di superfice ma non una stessa volumetria. La prima sala si trova alla quota di calpestio ed è caratterizzata
95
sezione aa’
sezione bb’
sezione cc’
0
20 m
96
da tre pareti completamente cieche di un bianco candido ed una, quella occidentale, completamente vetrata che permette una suggestiva vista sul paesaggio e sulla loggia esterna scandita dagli elementi verticali. Coperta da un soffitto piano, il primo spazio vede il contrapporsi dei muri verticali in intonaco bianco, come vuole la tradizionale architettura portoghese, ad una pavimentazione orizzontale rivestita di assi di legno chiaro. La seconda sala invece si trova ad una quota di -2,10 metri rispetto alla quota di terra, anch’essa si protende verso l’esterno con una vetrata sulla parete ad ovest che stavolta però permette uno sguardo verso l’esterno dal basso verso l’alto lasciando solo intravedere il cielo. Per favorire una migliore qualità della luce naturale, anche sulla parete orientale si ha una finestra a nastro molto alta. Lo spazio apparentemente rigoroso è interrotto da un controsoffitto convesso intonacato di bianco su cui la luce naturale rimbalza creando un morbido bagliore etereo che avvolge le opere d’arte esposte. Lo spazio ha quindi un’altezza che varia dagli 8.10 metri ai 6 metri dove è massima la curvatura della copertura. L’ultima sala sprofonda ancora di più nelle rocce raggiungendo la quota di -4,20 metri sotto la quota di calpestio, essa raggiunge un’altezza complessiva di 10,20 metri generando uno spazio espositivo di grande suggestione. Pur mantenendo anch’essa una copertura curva, alterna pareti cieche a pareti vetrate che si fronteggiano a due a due. Il setto ad ovest stavolta oltre ad ospitare l’apertura occidentale, tema
98
che ricorre per tutto il progetto, ospita anche una ribassata galleria separata dallo spazio centrale da un massiccio muro in pietra. Sormontata da un controsoffitto retro illuminato, la galleria designata alla tematica del “viaggio” ospita disegni ad acquerelli dedicati a questo tema così caro e ricorrente nel panorama culturale portoghese. Unica eccezione all’interno di un museo che è stato progettato seguendo il filo conduttore del white cube, secondo il quale lo spazio espositivo per accogliere al meglio le opere d’arte contemporanea ha la necessità di essere il più neutrale possibile. Al suo interno la sacralità deve essere dettata dalle opere che vi sono esposte e non dallo spazio che si fa protagonista. La parete orientale questa volta si apre completamente verso il lungo cortile interno di forma triangolare che percorre l’intero volume. Questo grande spazio aperto ospita non solo uno sguardo verde dall’interno verso l’esterno ma anche una diversa vetrina in cui guardare le opere d’arte. A tal proposito esso offre, affiancato dallo spazio avvolto intorno ai muri della fortezza di Cresmina, due diversi modi di posizionare le opere nello spazio aperto. Nel primo caso l’arte si trova a dialogare con una realtà di natura controllata, progettata dall’uomo e situata fra muri di nuova costruzione. Nel secondo caso invece le opere si trovano a dialogare con una natura selvaggia, su un susseguirsi di roccia e scogli, contornati da antichi muri massici in pietra che rendono il confronto tra l’antico e il contemporaneo ancora più interessante.
99
museo_ vista sala espositiva
100
Al termine del percorso espositivo si trovano gli spazi dediti ai servizi, che essendo situati al limitare meridionale dell’edificio permettono degli ingressi separati ed indipendenti rispetto al resto della parte pubblica. Questi spazi si articolano su due livelli, il primo alla quota di terra ospita il magazzino con l’annesso collegamento verticale offerto dal montacarichi, il locale per il restauro e la manutenzione delle opere d’arte ed infine il vano tecnico che ospita i necessari impianti di climatizzazione ed i quadri elettrici. Al piano inferiore, ad una quota di -4,20 metri, la superficie è occupata completamente dal magazzino e dai servizi sanitari necessari al pubblico al termine del percorso espositivo. Da qui parte la grande rampa che collega le due differenti quote e ci riporta nella zona recettiva del museo verso l’uscita. Essa è completamente accostata al muro che qui torna ad essere corridoio ma stavolta chiuso e rivolto verso il cortile interno grazie alla grande vetrata che corre per tutta la lunghezza della rampa. Giunti nuovamente nella hall, servizi di collegamento verticali quali scale e ascensori ci permettono di accedere al piano sottostante (-4,20m) in cui troviamo, ben separati, la parte adibita agli uffici e all’amministrazione e la parte ancora una volta pubblica. Quest’ultima, oltre ad ospitare i servizi sanitari, offre un grande spazio dedicato alle attività didattiche illuminato da una grande vetrata che si affaccia sulla corte verde interna. La sala didattica accoglie anche una piccola biblioteca come archivio dedicato all’arte
101
0
20 m
sezione dd’
prospetto ovest
prospetto est
contemporanea e ai cataloghi delle varie mostre che il museo ospiterà . La parte interdetta al pubblico è frammentata in uno spazio dedicato al direttore affiancato dalla segreteria ed un ampio ambiente adibito ad uffici, ultima troviamo la grande sala riunioni. Tutti gli ambienti godono di luce naturale grazie ad un sistema di doppie vetrate scorrevoli che permettono l’accesso al cortile esterno in parte coperto da un loggiato che scandisce il grande vuoto.
104
museo_ vista dalla scogliera
105
La struttura e i materiali In uno spazio in cui rampe in cemento armato si accavallano inseguendosi lungo l’intero edificio, senza mai toccarsi, trasportandoci a quote sempre diverse per tornare sempre all’origine in un percorso labirintico che come ogni ciclo si allontana per ritornare, il risultato sembra essere quello di un lungo cammino. Un lungo cammino dentro l’arte contemporanea. Un lungo cammino tra le rovine di un’epoca coloniale passata. Un lungo cammino che vuole riportarci alla mente quelle foto in bianco e nero tante volte viste sul libro Arquitecura Popular em Portugal. Così, con questo susseguirsi di immagini nella mente, si delinea un progetto che ritrova la sua materialità nell’ambiente che lo circonda. Le strutture della nuova costruzione sono realizzate in cemento armato a setti portanti trasversali per favorire una migliore risposta della struttura al problema sismico. Per ridurlo ulteriormente abbiamo cercato di progettare una forma il più possibile regolare e compatta con masse che non aumentano troppo con l’altezza, inoltre abbiamo previsto un sistema ad isolatori HDRB da posizionare sulle fondazioni. Le coperture sono tutte piane con una struttura portante a travi in acciaio opportunamente dimensionate per coprire una luce libera di 18 metri necessaria per gli ampi spazi espositivi. 106
All’interno la travatura metallica è celata da controsoffitti, piani e curvi, dietro ai quali sono posizioni gli impianti di illuminazione perimetrale e gli impianti di aereazione. Dal punto di vista tecnico, l’illuminazione è stata interamente risolta con apparecchi LED, che garantiscono risultati ottimali in termini di durabilità, efficienza energetica e possibilità di gestione e controllo della luce. In particolare, abbiamo scelto apparecchi con ottiche molto strette e perfettamente definite, capaci di controllare con estrema precisione i fasci luminosi per impedire fenomeni di abbagliamento. Le pareti esterne presentano un rivestimento in pietra calcarea locale Moleanos di color beige, caratterizzata da una grana media e una presenza di tracce fossili con colorazioni più chiare o più scure che compartecipano al suo aspetto grossolano. La pietra Moleanos è una pietra abbastanza dura, tipica di queste zone, ed è anche una delle più estratte in tutto il Portogallo. Abbiamo scelto una finitura bocciardata per i rivestimenti verticali mentre per le pavimentazioni esterne ne abbiamo scelta una lucida che maggiormente si accosta a quella preesistente all’interno della rovina. Gli spazi interni invece sono trattati con intonaco bianco per cercare di generare una continuità col panorama architettonico portoghese. La scelta delle pavimentazioni in legno invece ha una funzione connettiva con gli elementi verticali della facciata oltre quella intenzionata di creare un’elaborata intimità all’interno del museo. Le lame esterne, unico elemento
107
1_ solaio di copertura _ strato drenante _ pannello di coibentazione completo di barriera al vapore e doppio strato di guaina impermeabilizzante elatomerica bituminosa con barriera antiradice _getto di calcestruzzo armato di completamento _lamiera grecata collaborante _ trave di irrigidimento modello IPE 220 _trave portante in acciaio modello IPE 360 _cavedio per il passaggio di impianti di illuminazione, ventilazione e climatizzazione _controsoffitto di tamponamento con elementi modulari in gessofibra fonoassorbenti 2_ pensilina _carter di terminazione superiore metallico a taglio termico _barriera al vapore completa di guaina impermeabilizzante per lo scolo delle acque _massetto di conglomerato alleggerito di pendenza _ getto di calcestruzzo armato di completamento _lamiera grecata collaborante _trave in acciaio portante modello IPE 360 _carter di terminazione inferiore metallico a taglio termico 3 _ elemento esterno in legno _piastra di ancoraggio in acciaio con supporto tubolare verticale _telaio in acciaio _strato di rivestimento in assi di frassino termotrattato con quattro passaggi di vernice acrilica protettiva a 160 ° 4 _ solaio controterra _pavimentazione in assi di legno di Rovere _massetto di conglomerato alleggerito _pannello di coibentazione comprensivo di barriera al vapore _getto di calcestruzzo armato di completamento con rete elettrosaldata _vespaio areato con moduli in plastica _guaina impermeabilizzante _platea in calcestruzzo armato 5 _ solaio intermedio _pavimentazione esterna in pietra naturale _massetto di conglomerato alleggerito rinforzato _strato di separazione con guaina impermeabilizzante _anticalpestio e isolamento termico in fibra di legno _strato di isolamento termico _getto di calcestruzzo armato di completamento _lamiera grecata collaborante _ trave di irrigidimento modello IPE 220 _trave portante in acciaio modello IPE 360 _piastra di ancoraggio alla struttura verticale in calcestruzzo armato _cavedio per il passaggio di impianti di illuminazione _controsoffito modulare con pannelli in vetro con telaio in acciaio 6 _ parete verticale _strato di completamento in pietra calcarea locale _isolante termico _struttura in calcestruzzo armato _intonaco interno 7 _ parete interna _struttura in calcestruzzo armato _strato di finitura in pietra calcarea locale
108
0
109
1,2m
1_ solaio di copertura _ strato drenante _ pannello di coibentazione completo di barriera al capore e doppio strato di guaina impermeabilizzante elatomerica bituminosa con barriera antiradice _getto di calcestruzzo armato di completamento _lamiera grecata collaborante _ trave di portante modello IPE 360 _trave perimetrale in acciaio modello IPE 360 _cavedio per il passaggio di impianti di illuminazione, ventilazione e climatizzazione _controsoffitto di tamponamento con elementi modulari in gessofibra fonoassorbenti 2_ solaio intermedio __pavimentazione in assi di legno di Rovere _massetto di conglomerato alleggerito rinforzato _strato di separazione con guaina impermeabilizzante _strato anticalpestio _strato di isolamento termico _lamiera grecata collaborante _elemento in acciaio a C _ trave di irrigidimento modello IPE 220 _trave portante in acciaio modello IPE 360 _cavedio per il passaggio di impianti di illuminazione _controsoffito modulare con pannelli gessofibra fonoassorbenti 3_ facciata continua _completamento con vetrata fissa in cristallo con isolamento termico e doppi vetri a bassa emissività su struttura in alluminio _telaio in acciaio ancorato alla trave portante completo di doppio strato di isolante termico 4_ solaio controterra _pavimentazione in assi di legno di Rovere _elemento anticondensa a terra collegato agli impianti di climatizzazione dell’ambiente interno _massetto di conglomerato alleggerito _pannello di coibentazione comprensivo di barriera al vapore _getto di calcestruzzo armato di completamento con rete elettrosaldata _vespaio areato con moduli in plastica _guaina impermeabilizzante _platea in calcestruzzo armato 5_ parete verticale _strato di completamento in pietra calcarea locale _isolante termico _struttura in calcestruzzo armato _intonaco interno
110
0
111
1,2m
verticale che interrompe il tema dell’orizzontalità ribadito nella facciata anche attraverso l’uso di cordoli bianchi, sono in legno invecchiato dal color grigio argenteo rivestiti con apposite vernici acriliche per resistere al clima aggressivo in cui si sviluppa il progetto. Essi hanno una specifica inclinazione volta a favorire l’ingresso negli ambienti interni della luce proveniente da nord. Gli infissi, sia quelli fissi che scorrevoli, sono in alluminio di color chiaro per interferire il meno possibile con la visione esterna già intervallata dalla presenza frequente delle lame.
112
moleanos classico
travertino
pietra calcarea locale
quercus petraea
fraxinus
tectona
intonaco
acciaio
113
Le essenze La ricerca delle essenze, il progetto delle arberature, lo studio degli arbusti da utilizzare all’interno del progetto si sono rivelati un momento importante in quanto contribuiscono a caratterizzare gli spazi, spesso intervenendo a sostegno del progetto. Le aree verdi limitrofe ed attinenti al complesso museale sono state pensate con la volontà di realizzare una riqualificazione ambientale delle specie autoctone di questo luogo. La scelta delle specifiche essenze da riposizionare è fatta all’interno del ventaglio di flora tipica offerta dal parco naturale di SintraCascais. Nello specifico abbiamo prediletto quelle piante che necessitano di una bassissima manutenzione e di un basso bisogno idrico. Mentre laddove la natura si mescola alla presenza delle opere d’arte, lo spazio espositivo esterno viene definito dalla vegetazione stessa che cambia a seconda delle esigenze e delle diverse tipologie di esposizioni.
114
Jacaranda mimosifolia albero altezza fino a 15 m Ipomoea purpurea rampicante perenne altezza fino a 3 m Teucrium marum arbusto altezza 25-30 cm Acanthus mollis arbusto perenne altezza fino 1,5 m Agave s.p.p. succulenta altezza fino 1,5 m Convallaria japonica erbacea tappezzante altezza 15-20 cm Stipa tenuissima graminacea perenne altezza 40-50 cm Pancratium maritimum perenne bulbosa altezza fino 40 cm
115
Cakile maritima erbacea annuale altezza fino 30 cm Helichrysum italicum arbusto perenne altezza fino 30 cm Hypericum calycinum perenne tappezzante altezza fino 60 cm
116
Così Josè Saramago scrive nel libro L’anno della morte di Ricardo Reìs: “Non dimenticare che siamo a Lisbona, da qui non partono strade”. Da Lisbona non si va da nessuna parte, oltre c’è l’oceano, sopra il cielo infinito e dietro di noi il fiume che abbiamo attraversato. Perché qui è “Onde a terra se acaba e o mar começa…”8
117
118
119
I modelli
120
vista volumetrica_ 1:200
121
vista piano terra_ 1:200
122
vista piano interrato_ 1:200
123
vista volumetrico_ 1:2000
124
Bibliografia
libri _Andrade J.F.d. ,Vila da Corte-Oito Séculos de História, Cascais, 1964; _Andrade J.F.d. , Monografia de Cascais, Cascais, 1969; _Arrigoni F. , Sinopie architettura ex atramentis, Die Neue Sachlichkeit editore, 2010; _Associação dos Arquitectos Portugueses, Arquitectura Popular em Portugal, Lisboa, 1988; _Barros M.dF.R ; J.F. Boiça ; M.M. Ramalho, As fortificações marítimas da Costa de Cascais. Lisboa : Quetzal, 2001; _Bandeira M.d S.d , Memória sobre as fortificações de Lisboa. Lisboa : Imprensa Nacional, 1866; _Castoriadis C. , Imaginary and Imagination at Crossroads, 1975 by Éditions du Seuil, Paris; _D’Alfonso M. , Introini M. , Alvaro Siza: due musei : museo d’arte contemporanea Serralves a Porto, museo d’arte Iberê Camargo a Porto Alegre. Milano : Electa, 2009; _Foucault M. , The Archelogy of Knowledge, New York, Pantheon, 1972; _Frampton K., Alvaro Siza , tutte le opere , Elettra, 2005; _Godinho H.C. , Macedo S.C. ,Pereira T.M. , Levantamento do Património do Concelho de Cascais. 1975; _Gois D.d , Descrição da Cidade de Lisboa. Lisboa : Livros Horizonte, 1988;E.S. Calderon, De la conquista y perdida de Portugal. Madrid : Dubrull,1885;_Goncalves R. M. , F. d S. Dias, 10 anos de artes plasticas e arquitectura em Portugal, (1974-1984) Lisboa : Editorial Caminho, 1985; _Marques A. H. O., História de Portugal. Vol. II e III. Lisboa : Palas Editores, 1981; _Oliveira E.V. ,Galhano F. , Arquitectura Tradicional Portuguesa, Lisboa: Publicações Dom Quixote, 1992; _Pereira L.M.A. , As Fortalezas da Costa Marítima de Cascais, Cascais, 1964; _Serra M.J.d , Planta dos Fortes e Fortalezas da Costa Norte do Reino de Portugal, Lisboa, 1796
_Siza A. , Scritti di architettura, Skira,Milano, 1997; _Siza A. , Scultura architettura, Skira, Milano,1999; _Siza A. , Professione poetica , Electa, Milano,1986; _Távora F. , O Problema da Casa Portuguesa, Lisboa, Cadernos de Arquitectura, 1947; _Teixeira G. , Belèm M. , Diálogos de edificação : técnicas tradicionais de construção, CRAT, Porto, 1998; _Viterbo S. , Diccionário histórico e documental dos architectos, engenheiros e constructores portugueses ou ao serviço de Portugal. Lisboa : Imprensa Nacional, 1899 a 1922; _Zumthor P. , Pensare architettura, Electa editore, 2003;
articoli _Amaral F.K.d , “Maleitas da arquitectura nacional”, Arquitectura, 1947, n. 17-18; _Amaral F.Kd , “Uma Iniciativa Necessária”, Arquitectura, 1947, n. 14; _Callixto C. P., “A Praça de Cascais e as Fortificações suas Dependentes”, Revista Militar, II Série, Vol. 30, 1978; _Guy M. , “In a Portuguese garden: Museum of Contemporary Art”, Architectural review, 1999 Aug., v.206, n.1230, p.[28]-33; _Jorge F. , “Arquitectura de terra em Portugal, Lisboa”, Argumentum, 2005; _Olgiati V. , “Casa Alèm”, Domus 988; _Olgiati V. , “Idea come forza generatrice del progetto”, Domus 999; _Sheikh S., Instituting the Institution, AA.VV., Kunsthalle Lissabon, Performing the institution(al); _Sheikh S., “Talk Value: Cultural Industry and Knowledge Economy in On Knowledge production in Contemporary Art”, Performing the institution(al); _Vanzaghi S. ,”Portogallo contemporaneo. Reportage dall’estremo ovest d’Europa”, Art tribune, 14 aprile 2014;
127
_A & U: architecture & urbanism, 1999 Apr., n.4(355), p.74-89; _”Aires Mateus, Tempo e Materia”, Domus 973; _”Alvaro Siza: Contemporary Art Museum of Oporto by Siza, Alvaro”; _”Carrilho da Graça con Gomes da Silva: Recupero del sito archeologico al Castello di San Jorge”, Lisbona / Lisboa Antiga. Bucci, Federico Casabella, no.794 (2010) pp.8-16; _”Centro per l’Arte Contemporanea di Bragança, Contemporary Art Museum, Bragança” Industria delle costruzioni, 2009 Mar.Apr., v.43, n.406, p.86-93; _GA document, 1999 July, n.59, p.10-[37]; _”Herança do Património Europeu”, in Arquivo de Cascais, nº 9, s.l., 1990; _”Il Portogallo non è un paese piccolo” , Casabella 811; _”Inequality for all”, Casabella 829; _”La scuola di rua”, Casabella 833; _”Museum of Contemporary Art, Serralves Foundation”, Porto, Portugal 1999; _”Perché il Portogallo?”, Casabella 857; _”Souto de Moura, Crematorio Uitzicht”, Casabella 818;
film _August B. , Treno di notte per Lisbona, 2013 _Martins M. , Alice, 2005 _Oliveira M. , Aniki Bobo, 1942 _Oliveira M. , Viaggio all’inizio del mondo, 1997 _Wender W. , Lisbon story, 1994
128
Note
1 A. Merini, I versi sono polvere chiusa, Manni Editore, San Cesario di Lecce 2009 2 «Planificação», estratto dal testo del documento iniziale elaborato dallo SNA. Cit. in A. Menéres, “Keil e o inquérito à distância de 40 anos”, in A. Tostões, Keil do Amaral, o arquitecto e o humanista, Lisboa, CML– Palácio Galveias, 1999, pp. 118-123. 3 AA.VV., Arquitectura Popular em Portugal, Lisboa, Associação dos Arquitectos Portugueses, 1988, p. 5. 4 S.Sheikh, Instituting the Institution, AA.VV., Kunsthalle Lissabon, Performing the institution(al) volume 2, p. 97. 5 S. Sheikh, Talk Value: Cultural Industry and Knowladge Economy in On Knowladge production in Contemporary Art, AA.VV., pp. 183-197 6 Margarida Magalhães Ramalho,Fortificações Marítimas, 2010, p.5-10 7 L.Beaudin, C. Rouselot, Entretien avec Alvaro Siza, op.cit.. 8 Luís Vaz de Camões, Os Lusíadas, Canto III
Immagini
I Foto copertina, Arquitectura Popular em Portugal II Azulejos, Clarissa Guerrini, Porto III Olhão, Arquitectura Popular em PortugalIV Álvaro Siza, Quinta da Malagueira, Álvaro Siza V Cartina europa, Biblioteca Nazionale del Portogallo VI Paùl, Arquitectura Popular em Portugal VII Piscina Quinta da Conceição VIII Nazarè, Arquitectura Popular em Portugal IX Peniche, Arquitectura Popular em Portugal X Nazarè, Arquitectura Popular em Portugal XI Palheiros da Rocha, Arquitectura Popular em Portugal XII Palheiros da Rocha, Arquitectura Popular em Portugal XIII Palheiros da Rocha, Arquitectura Popular em Portugal XIV Palheiros da Rocha, Arquitectura Popular em Portugal XV Armazèns-figueira da foz, Arquitectura Popular em Portugal XVI Canas de Senhorim, Arquitectura Popular em Portugal XVII Linhares, Arquitectura Popular em Portugal XVIII Costa de lavos, Arquitectura Popular em Portugal XIX Cujò, Arquitectura Popular em Portugal XX Paùl, Arquitectura Popular em Portugal XXI Paùl, Arquitectura Popular em Portugal XXII Installazione dipinto Pedro Cabrita Reis XXIII Angelo de Sousa, studio per una scultura XXIV Angelo de Sousa, Senza Titolo XXV Alvaro Lapa, Senza Titolo XXVI Fondazione Serralves, Cortile XXVII Cartina Lisbona, Biblioteca Nazionale del Portogallo
XXVIII Cascais, Câmara Municipal de Cascais XXIX Cartina storica Cascais, Câmara Municipal de Cascais XXX Palacete Ernesto Schröter, AHMC XXXI Chalet Barros, AHMC XXXII Batteria di Galè, Fortificazioni marittime
XXXIII Batteria di Cresmina, Fortificazioni marittime XXXIV Fortezza di Cresmina, Matteo Lorenzini XXXV Vista di Cresmina, SIPA XXXVI Portone, SIPA XXXVII Muge, Arquitectura Popular em Portugal
131
Abstract In 1972 on the ‘Controspazio’ magazine Vittorio Gregotti wrote an amazing review on Álvaro Siza Vieria’s works under the title ‘Recent Architectures of Álvaro Siza’. It was the first time ever that the young portugese architecture’s works overtook his nation’s borders, coming out on an international scene. In those years Vittorio Gregotti had just ended up his project for the academic competition at the University of Florence, while Siza was about to start a long and stiff projectual route, that will take him to the creation of Evora district, called Quinta by Malagueira. In his essay Gregotti writes about the portoghese architect: “he doesn’t have a theorical array (…) nor has he ever dealt with big issues about the urban developement”. Siza is indeed able to shape theories directly from architectual figures, without any detour influenced by the plastic arts. The core topic in Siza’s works is that of “melting toghether different items, since the city nowadays is a reality made up of a variety of parts different to each other. In a city the problem is that of creating a unity with ruins, building of several ages, scraps (…). The city is not linear but fragmented. My perspective is that of searching for putting toghether the different parts in a new unity (…) We went beyond this architectural period when we used to think about unity
132
through a style that solved everything. Now we know the complexity of the city and it’s good that it exist, since this is the reality of the city and the core of our work, such as these flows of transformation, that can be translated in such different shapes. Therefore a fixed style (...) doesn’t involve me”. Dealing with this approach we developed not only a starting point but indeed a main reasearch track for our idea about a Contemporary Arts Museum along the lisboneta coast. In a place where the city fades out to give the way to the sea, our proposal takes place in a fragmented reality made up of shreds, among which arises the ruins of an ancient military fortress of the XVIII century. Regarding this, the main subject of the following thesis concerns both the study of the territory design and the fine dinamic of the connection between past and present time. In that complex unity expressed by Siza, we intend to define our proposal, focused on safeguarding and empowering with new features that ‘Sea Sentinel’, that alone has grabbed soil to the ocean.
133
al professor fabrizio arrigoni, per l’immensa passione e la qualità dei suoi insegnamenti, per averci mostrato in ogni lezione, come il potere reciproco della parola, sia lo stesso e come a separarci sia il tempo, il peso raggiunto, il mestiere ad alessio palandri, per le domande che ci ha posto e le risposte che ci ha aiutato a trovare per gli utilissimi consigli progettuali: prof. roberto bologna prof. alberto bove prof. simone secchi dott. marinella spagnoli a pierluigi tazzi, per averci accompagnato nella scoperta di un nuovo mondo per il gentile apporto nella raccolta dei documenti: comune di cascais_direção-geral do território
alle nostre famiglie, per essere da sempre rifugio sicuro lungo il nostro cammino a martina matteo valerio e giulio, per essere i compagni migliori in questo lungo viaggio
134
XXXVII
135
pirma_@hotmail.it gue-clary@hotmail.it
universitĂ degli studi di firenze