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Prima che sia troppo tardi

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Musiche

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La storia ci insegna che gran parte delle ingiustizie politiche si legittima col trascorrere del tempo Questo vale in particolar modo per le conquiste territoriali. Quando sono passate un paio di generazioni l'approccio emotivo di chi le ha vissute direttamente svanisce con loro. O magari sopravvive in alcuni eredi, ma con effetti pratici minimi, perché il resto del mondo non fatica ad accettare uno status quo estraneo alla sua vita quotidiana. Coloro che pur vivendo altrove continuano a reclamare giustizia sono pochi e devono fare i conti con gli equilibri politici che si sono consolidati nel frattempo. Non è necessario risalire al colonialismo classico per capire questo fenomeno.

L'Indonesia ha annesso Papua Occidentale nel 1969 e il Marocco ha fatto lo stesso col Sahara Oc-cidentale nel 1975. Questi sono due casi fra i tanti che all'epoca ricevettero un certo rilievo mediatico, ma che ebbero un impatto minimo sulla gente comune. Se si esclude qualche migliaio di attivisti, oggi nessuno li ricorda. Si sono richiusi come una ferita, lasciando una cicatrice che oggi è diventata quasi invisibile. Il 24 febbraio scorso la Russia ha invaso l'Ucraina, o per meglio dire ha ampliato l'invasione che aveva iniziato nel 2014. Questa guerra sta facendo rinascere una divisione manichea simile a quella che aveva caratterizzato la guerra fredda: da una parte i paesi europei aderenti alla NATO, quindi legati agli Stati Uniti, dall'altra la Russia. Con alcune differenze importanti: i primi sono molto più numerosi di allora e la Russia, per quanto erede dell'URSS, non guida un blocco continentale di paesi satelliti. Vladimir Putin è diventato l'ennesimo "nuovo Hitler", come prima di lui erano stati Saddam Hussein, Muhamar Gheddafi e molti altri. Evocare il dittatore tedesco ha un effetto emotivo assicurato, ma serve solo a confondere le idee. Dopo un giudizio così lapidario non rimane più niente da capire, mentre è proprio capire che deve essere il nostro obiettivo. Stranamente gran parte di coloro che oggi vedono in Putin un "nuovo Hitler" non si sono accorti (o meglio, hanno fatto finta di non vedere) che nel 2014, annettendo la Crimea, la Russia aveva realizzato la più grave violazione dei confini europei dalla Seconda guerra mondiale. Sostanzialmente, una replica dell'Anschluss (annessione dell'Austria) che Hitler aveva fatto nel 1938. Erano 76 anni che un paese europeo non annetteva il territorio di uno stato confinante, ma il fatto è stato accolto con le usuali condanne verbali, solenni quanto inutili, dopodiché è stato archiviato. Del resto, allora la Russia era un partner commerciale appetibile e molti esponenti politici europei esprimevano apertamente la propria ammirazione per Putin. È stato proprio a causa di questa complicità – oggi rinnegata o minimizzata – che la Crimea è stata sacrificata dai "paladini del mondo libero". Matteo Salvini, con esemplare malafede, è arrivato a parlare di "autodeterminazione dei popoli" per compiacere il capo del Cremlino, che allora venerava come un nuovo Messia. Da allora sono passati otto anni e nulla è stato fatto per impedire che la Russia mettesse solide basi in Crimea, né è stato dato alcun rilievo mediatico alle conseguenze dell'annessione. Quella che meritava titoli cubitali in prima pagina è stata trattata come una qualunque notizia di politica estera. Tantomeno abbiamo sentito una parola sui Tartari di Crimea, la minoranza autoctona, già ostaggio della politica dissennata di Kyiv, che in seguito all'annessione è passata dalla padella alla brace. La spietatezza di Mosca nei loro confronti è pari al totale disinteresse dell'UE e dei singoli paesi che la compongono. Questo disinteresse è sospetto: come mai, data l'ondata di russofobia innescata dall'invasione del 24 febbraio scorso, la repressione dei Tartari non viene mai presa in considerazione? Come mai la Crimea viene nominata così raramente, ripetendo in modo vuoto e generico che la sua annessione non verrà mai accettata? Parlare così non costa niente perché non significa niente: nessuno ha riconosciuto l'occupazione turca di Cipro Nord, avvenuta nel 1974, eppure questa dura ancora. Il futuro dei Tartari di Crimea è strettamente legato al futuro della penisola. Coloro che nel settembre del 2022 hanno tuonato contro i referendum che si svolgevano nei territori russofoni dell'Ucraina orientale erano gli stessi che non avevano fatto una piega quando consultazioni analoghe si erano tenute in Crimea. Si erano limitati a condannare i referendum e a dire che non li avrebbero mai riconosciuti, come hanno fatto in settembre per i territori russofoni. Parole vuote, mosse inutili. Anziché bandire artisti e atleti russi, in una caccia all'uomo indegna e disgustosa, è necessario un impegno diplomatico serio e costante per restituire la Crimea all'Ucraina. Naturalmente non è facile, ma è necessario muoversi prima che sia troppo tardi.

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