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Lenticchie atlantiche
Giovanna Marconi
Vendersi per un piatto di lenticchie: questa espressione sembra derivare dal racconto biblico (Genesi 25, 29-34), secondo il quale Esaù, figlio di Isacco e Rebecca, fu convinto dal fratello Giacobbe a cedergli la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie. Recepita col tempo da varie lingue, questa espressione carica di disprezzo si applica a colui che pur di ottenere quello che vuole accetta di barattare una cosa preziosa in cambio di un misero compenso.
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È difficile trovare un'espressione più appropriata per la Svezia e la Finlandia, che per aderire alla NATO hanno ceduto al ricatto del presidente turco Erdogan. Quest'ultimo aveva condizionato il proprio assenso all'estradizione di alcuni kurdi emigrati nei due paesi nordici, che in questo modo verranno considerati ipso facto terroristi secondo la volontà di Ankara. Il giornalista Federico Rampini ha commentato il fatto dicendo che la consegna dei kurdi al governo di Ankara è stata un "prezzo doloroso ma accettabile". In realtà si tratta di un baratto rivoltante, ma i sostenitori della NATO si sono ben guardati dal condannarlo. Dato che difenderlo a spada tratta sarebbe stato un po' troppo, hanno preferito astenersi da ogni commento. Ma il loro silenzio è comunque eloquente.
L'adesione dei due paesi nordici si differenzia nettamente da quelle precedenti, perché Svezia e Finlandia, e in particolare la prima, incarnavano una tradizione neutralista che gli Stati Uniti non potevano più tollerare, tanto più che la guerra russo-ucraina aveva conferito ai due paesi un ruolo geopolitico decisivo. A Stoccolma e Helsinki è stata imposta una prova di fedeltà: entrare nell'Alleanza Atlantica significa sposare la logica della "guerra al terrorismo" lanciata da George W. Bush nel 2001, subito dopo l'attacco alle Torri Gemelle. Questa "guerra al terrorismo" è una pistola carica che trasforma qualunque oppositore in un terrorista. Anche i Kurdi, che sono alleati molto preziosi quando si tratta di combattere l'ISIS, mentre si trasformano in "terroristi" quando si tratta di compiacere Ankara.
Senza contare che affidarsi alla Turchia per capire chi sia un terrorista è decisamente tragicomico. Il paese mediorientale ha aderito alla NATO nel 1952. Da allora ha conosciuto tre dittature militari (1960-1961, 1971 e 1980-1983); ha invaso Cipro (1974) e ha esercitato, come tuttora fa, una repressione spietata nei confronti delle minoranze e dei dissidenti in genere. Ma il fatto che fosse un membro della NATO l'ha sempre messa al riparo dalle ritorsioni che sarebbero state attuate contro paesi meno repressivi.
Attenzione però: coloro che difendono i diritti delle minoranze, o che almeno li considerano sacrosanti, non dovrebbero limitarsi a condannare questo patto scellerato. Al tempo stesso, infatti, dovrebbero trarne qualche insegnamento. Nel 1999, quando gli aerei della NATO bombardarono Belgrado e altre città serbe, in molte associazioni per la difesa delle minoranze si creò una spaccatura. Alcuni erano a favore dell'intervento perché pareva concepito per difendere la minoranza albanese, oppressa ferocemente dal governo serbo. Altri erano invece contrari, sostenendo che la difesa delle minoranze non poteva realizzarsi bombardando le maggioranze. Inoltre pensavano che la NATO, in caso di necessità, sarebbe stata pronta ad assumere un atteggiamento ostile nei confronti delle minoranze. Alla luce dei fatti evocati sopra, chi aveva ragione?
Da vari mesi assistiamo a un'imponente mobilitazione – politica, mediatica, bellica – a favore dell'Ucraina. Che questo paese aggredito meriti di essere sostenuto è fuori discussione. Quello che appare sospetto, invece, è che analoghe reazioni non scattino quando si tratterebbe di difendere altri popoli. Non pensiamo agli stati, che ovviamente agiscono secondo i criteri cinici della Realpolitik, ma alla gente. Invece il sacro ardore che circonda la vicenda ucraina diventa un'eccezione, perché spesso non si manifesta in casi analoghi.
Fino a dove? Fino a quando?
Quando si parla della NATO si fa riferimento all'alleanza militare nata nel 1949, ma in realtà si tratta di un sistema articolato che comprende tre livelli distinti. Il primo è la NATO vera e propria, fondata da 12 paesi, uno dei quali era una dittatura parafascista (il Portogallo di Antonio Salazar). Col tempo il gruppo è cresciuto: oggi, con la recente adesione di Svezia e Finlandia, i paesi membri sono 32, tutti europei tranne Canada, Stati Uniti e Turchia.
Il secondo livello è formato dai cosidetti "alleati esterni" (major non-NATO ally) che collaborano strettamente con le forze armate statunitensi ma non sono veri e propri membri della NATO. Creato nel 1987 dal Congresso americano, questo gruppo comprende attualmente 18 paesi (Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Colombia, Corea del Sud, Egitto, Filippine, Giappone, Israele, Kuwait, Marocco, Nuova Zelanda, Pakistan, Qatar, Taiwan, Thailandia e Tunisia). Il terzo livello, creato nel 1994, è il cosiddetto Partenariato per la pace (Partnership for Peace, PfP). La sua funzione è quella di creare fiducia nella NATO: in pratica si tratta di un'area di parcheggio in attesa dell'adesione. Quattordici stati che avevano aderito al PfP sono poi diventati membri effettivi dell'Alleanza (Albania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia del Nord, Montenegro, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria). Attualmente ne fanno parte 18 paesi: Armenia, Austria, Azerbaigian, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Irlanda, Kazakistan, Kirghisistan, Malta, Moldavia, Russia, Serbia, Svizzera, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. Georgia e Moldavia saranno i prossimi a diventare membri della NATO.
L'espansione della NATO
1949 Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi
Bassi, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti
1952 Grecia, Turchia
1955 Germania Ovest
1982 Spagna
1999 Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria
2004 Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia
2009 Albania, Croazia
2017 Montenegro
2020 Macedonia del Nord
2022 Finlandia, Svezia
Bibliografia
AA. VV., "L'OTAN. Jusqu'où, jusqu'àquand?", Manière de voir, 183, juin-juillet 2022.
Boscariol M., L'allargamento NATO del 1999. Teorie a confronto, Nova Europa, Benevento 2020.
Schmies O. (a cura di), NATO's Enlargement and Russia: A Strategic Challenge in the Past and Future, Ibidem-Verlag, Stuttgart 2021.
Dhillon J. (a cura di), Indigenous Resurgence: Decolonialization and Movements for Environmental Justice, Berghahn Books, Oxford-New York 2021, pp. 170, £23.95 - £89.00.
In molte parti del mondo i problemi dei popoli indigeni sono strettamente connessi all'ambiente. Dalla resistenza dei popoli amazzonici alla protesta dei Lakota contro il DAPL (Dakota Access Pipeline), ormai queste battaglie costituiscono una realtà che non può più essere ignorata. Anche i media meno sensibili, dopo tanti anni di disinteresse, sono stati costretti a prenderne atto.
Al contrario l'editoria anglofona, da lungo tempo attenta a questo fenomeno, gli dedica un interesse crescente, pubblicando spesso opere scritte da docenti e studiosi indigeni. Lo conferma il libro Indigenous Resurgence: Decolonialization and Movements for Environmental Justice, curato da Jaskiran Dhillon (Cree), docente associata di Studi globali e Antropologia alla New School di New York. I testi del volume erano già stati pubblicati in un numero monografico della rivista Environment and Society (IX, 1, 2018).
Il libro propone otto saggi scritti da esperti che offrono un panorama ampio e interdisciplinare della questione. Melanie K. Yazzie (Diné) analizza la resistenza dei Navajo all'estrazione di uranio che viene realizzata sui loro territori, mettendone in luce la logica anticapitalista. Anne Spice si concentra sulla costruzione dei gasdotti nei territori indigeni del Canada. Wilfrid Greaves analizza i motivi che inducono le autorità governative a rifiutare le rivendicazioni ambientali dei popoli indigeni.
Negli altri contributi si intrecciano temi ambientali, filosofici e anticolonialisti. Il risultato è un mosaico di grande valore per chi segue i problemi ambientali e quelli dei popoli indigeni, oggi più che mai strettamente interconnessi.
Sergio Salvi, Altri Islam. Né sunniti né sciiti, i diversamente musulmani ieri e oggi nel mondo, Papiros, Nuoro 2021, pp. 522, € 19 (distribuito da Amazon).
Sergio Salvi è stato uno dei primi italiani, se non il primo in assoluto, a scrivere libri sulle minoranze nazionali. Classici come Le nazioni proibite (Vallecchi, 1973), Le lingue tagliate (Rizzoli, 1975) e Patria e matria (Vallecchi, 1978) uscirono quando questi temi erano ancora ignoti all'uomo della strada e venivano guardati con sospetto, se non con dichiarata avversione, dal mondo politico e culturale. Successivamente Salvi si è concentrato sui complessi rivolgimenti innescati dalla caduta dell'impero sovietico. Fra i tanti libri dedicati a questo tema spicca La mezzaluna con la stella rossa. Origini, storia e destino dell'Islam sovietico (Marietti, 1993). Il nuovo libro, Altri Islam. Né sunniti né sciiti, i diversamente musulmani ieri e oggi nel mondo, prosegue in modo coerente l'impegno divulgativo di grande qualità dello scrittore fiorentino. Salvi doveva scrivere questo libro. Glielo imponeva la sua costante attenzione per i problemi delle minoranze, non soltanto nazionali e linguistiche, ma anche religiose.
Altri Islam è un'opera unica al mondo. Se non andiamo errati, nessuno aveva mai esplorato il mondo islamico in modo così esauriente e articolato. L'autore lo fa in modo preciso, fornendo una mole straordinaria di dati storici, sociali e politici. Come nei suoi lavori precedenti, Salvi riesce ad affrontare un tema complesso senza utilizzare un linguaggio da addetti ai lavori, offrendoci un libro eccellente che si legge come una raccolta di articoli giornalistici.
Il volume si compone di due parti ben distinte. Nella prima ("La navigazione interna"), che occupa circa due terzi, si dispiega tutta la varietà delle confessioni musulmane che non si riconoscono nelle due scuole principali. In questa cornucopia si agitano ordinatamente kurdi e albanesi, berberi e turchi, nazionalismi anticoloniali ed espansionismo sovietico, con ampio spazio per le numerose implicazioni geopolitiche legate ai vari contesti. Un'opera come questa, fra le altre cose, non poteva non mettere in evidenza l'infausta confusione fra mondo arabo e mondo islamico, purtroppo veicolata anche da certi media (p. 35).
La seconda parte ("Le rotte esterne"), complemento ideale della prima, si concentra sulle religioni non musulmane ma legate all'Islam da varie influenze: dai sikh ai baha'i, dai drusi agli yazidi. Fra l'altro viene chiarita la differenza fra alauiti e aleviti, spesso confusi a causa dell'assonanza. L'autore ci dimostra che il mondo islamico è un mosaico ricchissimo, un tessuto nel quale si intrecciano fili di mille colori. Epoche storiche, popoli e culture si combinano dando a vita a una varietà infinita. Lo studioso si dimostra capace di guidarci in questo sconfinato labirinto senza che si abbia mai la sensazione di perdersi.
A prima vista un libro di 500 pagine su questo tema non sembra destinato ad avere migliaia di lettori. Eppure Salvi riesce a rendere lieve e comprensibile una materia abbastanza ostica, se non addirittura viziata dall'islamofobia sempre più diffusa. L'unico appunto riguarda la bibliografia scarsa e incompleta (manca l'indicazione degli editori).
Alessandro Michelucci
Wanda Mastor, Vers l'autonomie. Pour une évolution institutionnelle de la Corse, Albiana, Ajaccio 2022, pp. 264, € 18.
La questione dell'autonomia tormenta la Corsica da oltre un secolo. Dai primi articoli pubblicati sulla rivista A Cispra nel 1914, passando per il periodo tra le due guerre mondiali, segnato dalla nascita del Partitu corsu autonomistu (1926), non c'è stata una fase politica dove il tema non sia stato dibattuto. Le discussioni di parte non sono mai mancate e hanno portato, nel corso di una storia turbolenta che tutti conoscono, ai successivi progressi istituzionali dai quali è nata la Corsica di oggi (il primo statuto Defferre e lo statuto Joxe in particolare). Nel 2017 il nazionalismo è diventato maggioritario nell'isola in seguito a una serie di vittorie elettorali che hanno portato l'intera classe politica a riaprire il "vecchio" dibattito sull'autonomia e a chiedersi se questa fosse legittima.
La domanda che viene posta in questo libro è più semplice e precisa: è possibile in termini giuridici? L'autrice, docente di diritto costituzionale a Tolosa, è stato incaricata di spiegare alla Collettività Territoriale Corsa (la Regione, ndt) le implicazioni giuridiche del tema e di proporre vie concrete di attuazione. Il rapporto della missione, presentato nel dicembre del 2021, si concentra su tre principali aree di riflessione: da un lato, il funzionamento - e il miglioramento - delle istituzioni esistenti, già ampiamente decentrate; il rapporto col diritto costituzionale francese (riforma costituzionale, giurisprudenza e analisi comparativa con le altre isole del Mediterraneo); infine, la raccolta di opinioni di varie personalità politiche, sia corse che esterne.
Lo studio realizzato da Wanda Mastor costituisce un elemento fondamentale dell'attuale dibattito politico e rappresenta già una tappa importante nella storia istituzionale dell'isola. Per questo motivo è stato messo a disposizione del pubblico sotto forma di libro.
Catherine Walch
Riccardo Michelucci, Guerra, pace e Brexit. Il lungo viaggio dell'Irlanda, Odoya, Bologna 2022, pp. 288, € 18.
Ormai sono passati quasi sette anni dal referendum che ha sancito il distacco del Regno Unito dall'UE. Le conseguenze di questa svolta epocale sono progressivamente scomparse dai media, poi sono state sommerse dall'attenzione per la pandemia. Nonostante questo, la società britannica deve fare i conti con gli effetti sociali, politici ed economici del referendum. Uno di questi riguarda l'Irlanda del Nord, dove si è riaperto il dibattito sulla possibile riunificazione con la repubblica.
Un osservatore acuto e scrupoloso come Riccardo Michelucci, autore di numerosi libri e articoli sull'isola verde, non poteva certo restare muto davanti a questo nuovo fermento. Lo conferma questo libro, dove il giornalista fiorentino analizza la questione irlandese alla luce degli avvenimenti più recenti. Separata dalla repubblica nata all'inizio del Novecento, per quasi un secolo l'Irlanda del Nord ha vissuto in bilico tra la pace e la guerra. Nel 1998 l'accordo di Belfast ha sancito la conclusione del conflitto con Londra e inaugurato una nuova fase storica, ma il referendum del 2016 ha rimescolato ulteriormente le carte, innescando un processo impensabile fino a poco tempo fa.
Il libro si concentra sugli ultimi 23 anni, che vengono vagliati attentamente coinvolgendo i protagonisti del processo di pace, i sopravvissuti e i principali esponenti del mondo culturale e politico. Grazie a questo mosaico di grandi e piccole storie il lettore può vedere le ferite di un paese che resta ancora diviso. Una terra segnata dal sangue e dalla resistenza, ma ricca di ideali e di speranze. Sullo sfondo, una riunificazione che non pare più impossibile. Firma l'introduzione Enrico Terrinoni, esperto di letteratura irlandese e traduttore di Joyce, che collabora da vari anni con l'autore.
Antonella Visconti
Darren Chetty, Hanan Issa, Grug Muse, Iestyn Tyne (a cura di), Welsh (Plural): Essays on the Future of Wales, Repeater Books, London 2022, pp. 270, £7.99 – £12.99.
Negli ultimi 30 anni, purtroppo, è diventato molto difficile parlare di identità culturale o nazionale senza essere essere scambiati per nazionalisti ottusi e/o pericolosi. In realtà non bisogna fare di ogni erba un fascio. Esistono ancora diverse parti del mondo dove l'identità viene concepita come una ricchezza da donare agli altri in modo costruttivo e intelligente, accogliendo con interesse quella altrui. Un esempio di questo fenomeno è il Galles, come conferma un libro collettaneo di grande interesse, Welsh (Plural): Essays on the Future of Wales. In questa bella antologia troviamo saggi di alcuni dei più importanti autori gallesi – attori, studiosi, artisti, musicisti e attivisti - che esplorano nuovi modi di concepire la propria identità culturale. In altre parole, cosa significa essere gallesi oggi? Come si definisce un'identità nazionale? È contenuta in una storia, in una lingua o in una cultura condivisa? È un attaccamento a un paesaggio o a un luogo? A chi spetta deciderlo?
Presentato con una vivace copertina che riproduce un patchwork di stoffa colorata, il libro intreccia una ricca varietà di forme narrative: saggi storici, poesie, lettere e persino una storia interattiva a scelta. Ognuno è impreziosito da dettagli che formano un ritratto del Galles lontano dai soliti stereotipi a base di rugby, pecore, dolci colline, castelli e miniere di carbone.
Utili anche a chi conosce poco la storia e la cultura locale, le pagine di questo libro contengono una grande quantità di informazioni, dalla partecipazione attiva del Galles all'Impero britannico (e i suoi legami con il colonialismo e la schiavitù) alla devolution (l'autonomia in vigore dal 1998), dal divario tra Nord e Sud ai recenti fermenti separatisti. Come sottolinea il titolo, ogni saggio propone un'idea moderna dell'identità gallese, anzi delle identità gallesi, sia passate che presenti, perché la pluralità è la base irrinunciabile della convivenza civile.
Merita una nota positiva anche Repeater Books, la casa editrice fondata nel 2014 da Tariq Goddard, Mark Fisher, Etan Ilfeld, Tamar Shlaim, Alex Niven e Matteo Mandarini, che propone un catalogo stimolante orientato sui fermenti sociali contemporanei.
Giovanna Marconi
Francesco Serino, La vera storia dell’ultimo Stato: Gli Stati Uniti alla conquista delle Hawai'i, Mursia, 2022, pp. 374, € 19.
Anno dopo anno, in modo lento ma costante, l'editoria italiana continua a occuparsi delle questioni indigene meno conosciute colmando dei vuoti che non avevano ragione di esistere. Spesso questo accade grazie all'impegno di giovani studiosi che trattano certi temi per la prima volta, ma senza che questo comprometta minimamente la qualità del risultato. Un esempio ideale è questo libro di Francesco Serino, studioso grossetano, già autore de La vera storia della Repubblica delle banane. 1954: la CIA in Guatemala (Mursia, 2017).
Se non andiamo errati, il suo nuovo lavoro è il primo libro italiano che ricostruisce accuratamente la storia dell'arcipelago polinesiano: una storia sostanzialmente ignota al lettore italiano, che al massimo ne conserva qualche stereotipo datato con le ragazze dal seno nudo adornato da collane di fiori. Prima di essere risucchiato nell'orbita americana l'arcipelago hawaiiano era uno stato monarchico riconosciuto dal resto del mondo. Aveva rapporti con molti paesi, compresa l'Italia. Dopo il colpo di stato (1893) le isole divennero una colonia americana. Nel 1959, con un referendum che non prevedeva l'ipotesi del ritorno all'indipendenza, le Hawai'i diventarono il cinquantesimo stato della federazione nordamericana. Di questa storia, dimenticata ma centrale in termini geopolitici, Serino disegna un affresco ampio ed esauriente.
Il libro ci ricorda che la costruzione degli Stati Uniti ha avuto un costo enorme per i popoli indigeni: non soltanto per gli Indiani e per gli Inuit, ma anche per i Kanaka Maoli. Arricchisce il volume la prefazione di Franco Cardini. Chi scrive ha lamentato per molti anni il disinteresse della nostra editoria per le questioni indigene. Quindi non può che salutare con entusiasmo questo libro: quando arrivano le cose che aspettavamo, bisogna saperle riconoscere.
Alessandro Michelucci
Duane Hamacher with Elders and Knowledge Holders, The First Astronomers. How Indigenous Elders read the stars, Allen & Unwin, Crows Nest (NSW) 2022, pp. 304, AUD $34.99.
Generalmente si pensa che l'astronomia sia di origine babilonese ed egiziana, che poi sia stata sviluppata da filosofi greci e arabi e infine codificata da scienziati europei come Keplero, Tycho Brahe e Galileo. Ma Duane Hamacher, astronomo americano che insegna all'Università di Melbourne, scardina questi stereotipi con The First Astronomers, un libro scritto in stretta collaborazione con alcuni anziani aborigeni australiani, custodi di un sapere astronomico ancora più antico.
L'opera propone un viaggio che conduce il lettore in un lungo viaggio stellare. In questo modo scopre che un tempo, secondo i Nuennone della Tasmania sudorientale, Punywen, l'uomo-sole, e Venna, la donna-luna, viaggiavano insieme nel cielo, fino a quando Venna si stancò e iniziò a rimanere indietro. Di conseguenza, mentre Punywen si allontanava, ogni notte la illuminava di più per indicarle lo spazio che li separava. Inoltre, il lettore può scoprire che la cerimonia di Banumbirr è direttamente collegata al periodo sinodico (il tempo necessario a un oggetto celeste per tornare nella posizione originale rispetto al sole) di Venere, e che i Mabuyag possono prevedere con precisione i venti, le variazioni di temperatura e le piogge in arrivo osservando la scintillazione stellare, mentre gli spazi tra le stelle danno origine alle "costellazioni oscure", la più famosa delle quali è senza dubbio quella che gli Euahlyi chiamano gawarrgay, l'emu celeste, la cui posizione rispetto alla Via Lattea segnala un'ampia gamma di pratiche ecologiche e protocolli culturali correlati.
In sostanza, le storie raccolte da Hamacher propongono al lettore a un radicale cambiamento di prospettiva. Le narrazioni tradizionali, un tempo relegate nel regno dei "miti" fantasiosi – se non addirittura mere superstizioni – vengono rilette sotto una luce nuova. Diventano tasselli di un insieme complesso di conoscenze scientifiche profondamente collegate alle culture indigene australiane e alla terra che questi popoli abitano da tempo immemorabile.
Alessandro Pelizzon
Mezzo Secolo Contro La Censura
Index on Censorship compie 50 anni
Londra è stata la capitale dell'impero più grande di tutti i tempi, sul quale "non tramontava mai il sole". Forse anche per questo è divenuta la sede di molte iniziative –associazioni, giornali, case editrici– che hanno cercato (e tuttora cercano) di opporsi a questa eredità battendosi contro la censura, la discriminazione e il razzismo. È il caso di una rivista, Index on Censorship, che compie 50 anni nel 2022. Non è una pubblicazione dedicata ai problemi delle minoranze e dei popoli indigeni, che comunque non ha mai trascurato.
Alessandro Pelizzon
Fondata nel 1972 da un gruppo di persone riunite attorno a Stephen Spender (1909–1995), poeta e saggista inglese, Index on Censorship ha pubblicato saggi dei più autorevoli dissidenti di tutto il mondo: da Vaclav Havel a Nadine Gordimer, da Wole Soyinka ad Anna Politkovskaya. Come anche articoli di Arthur Miller, Salman Rushdie e Kurt Vonnegut. Dal dissenso sovietico alla lotta contro l'apartheid, dalla repressione cinese al genocidio ruandese, la rivista ha parlato dei temi più noti e di quelli trascurati dai media. Sulla sua copertina, sotto la testata, si legge A voice for the persecuted. Al tempo stesso ha denunciato che anche in molti paesi considerati democratici, come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il dissenso non può sempre esprimersi liberamente.
www.indexoncensorship.org
Un Grande Paladino Della Stampa Libera
Tim Giago/Nanwica Kciji 1934-2022
Tim Giago, uno dei massimi esponenti del giornalismo amerindiano, è morto il 24 luglio 2022. Tenace difensore della libertà di stampa, con la moglie Doris aveva fondato il Lakota Times, il primo giornale indiano indipendente, ed era stato fra i promotori della Native American Journalists Association. A lui si devono vari libri, fra i quali Children Left Behind (2006), dove narra la sua tragica esperienza nei convitti per indigeni. Nel numero 4 della prima serie (luglio-dicembre 2005) abbiamo pubblicato il suo articolo "Gli Indiani convivono con il terrorismo da 500 anni".
Autori
Petro Grigorenko (1907-1987) dissidente ucraino, ufficiale dell'esercito sovietico Will Hayward giornalista gallese, autore di Independent Nation: Should Wales Leave the UK? (2022) Paolo Kagaoan giornalista filippino-canadese, esperto di cinema, direttore di intheseats.ca Elizabeth Kimberley giornalista canadese, esperta di cinema Tero Lundstedt Ricercatore dell'Università di Helsinki (Diritto internazionale) Sampiero Sanguinetti giornalista corso, autore di vari libri, fra i quali Corse, l'option démocratique (2018) Nedim Useinow tartaro della Polonia, esperto della questione tartara, lavora all'Università di Varsavia (Dip. di Studi sull'Islam europeo) Mauro di Vieste direttore della Biblioteca Culture del mondo di Bolzano, esperto della questione kurda Andrej Zubov storico russo dissidente, emigrato in seguito all'articolo pubblicato sul quotidiano Vedomosti il 1° marzo 2014, che compare qui in traduzione italiana Oggi vive a Brno (Rep. Ceca) e lavora come lettore all'Università Masaryk.