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Cineteca
Kurdbun – Essere curdo, regia di Fariborz Kamkari, Italia-Francia, 2021, 90'.
Fariborz Kamkari, regista kurdo-iraniano, vive e lavora in Italia da molti anni. Riceve dei filmati da una giornalista kurda, Berfin Kar, che con il suo operatore Baran Yasak si trovava a Cizre, nel sud della Turchia, mentre l'esercito assediava la città. Nelle elezioni del giugno 2015 il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di Erdogan ha perso la maggioranza assoluta, mentre il Partito Democratico dei Popoli (HDP) di Selahattin Demirtaş, filocurdo, ha superato il 10% entrando in Parlamento. È la fine di un breve periodo di pace per le regioni kurde.
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In questo contesto si sviluppa il racconto per immagini che Kamkari mette insieme su un girato di circa 50 ore ricevuto dalla giornalista Berfin Kar. Il film ha inizio domenica 1o gennaio 2016, ventunesimo giorno dell'assedio di Cizre. E' la mattina di capodanno e i militari che assediano la città non stanno ancora sparando. Molti escono a recuperare cadaveri e feriti per le vie della città, quando improvvisamente ripartono i bombardamenti: tre morti e nove feriti, tra cui l'operatore.
Perchè Cizre? Probabilmente perché qui si stava realizzando il confederalismo democratico (ecologismo radicale, femminismo, democrazia diretta) che ancora resiste nel Nord della Siria. Cizre perché molti abitanti sono gli sfollati provenienti dai 4000 villaggi rasi al suolo negli anni novanta dall'esercito turco. Il racconto riparte così dall'inizio dell'assedio, 21 giorni prima, e mostra al mondo cosa è realmente successo negli oltre due mesi di assedio.
"Io non me ne andrò, perché a Cizre ho capito cosa vuol dire essere kurda!" dice nel finale la giornalista, quando la situazione si fa ormai insostenibile. Questo è in fondo il tema centrale del film: cosa vuol dire essere kurdi? Cosa significa vivere da un secolo in una situazione permanente di guerra in tutti i posti dove vivono i kurdi? Tutti i membri del Consiglio Democratico della città vengono uccisi nei sotterranei dei loro uffici. Bilancio finale: 79 giorni di assedio, coprifuoco dal 14 dicembre 2015 al 2 marzo 2016, circa 180 morti. Nei media occidentali è passato come il massacro nei sotterranei di Cizre.
Slash/Back, regia di Nyla Innuksuk, Canada, 2022, 86'.
La tundra non compare spesso nei film del terrore, ma è un teatro ideale. Grazie a un paesaggio esteso e sottosviluppato, all'isolamento e a condizioni ambientali proibitive, poche persone hanno sfidato il paesaggio artico del cinema horror e sono sopravvissute per raccontarlo. Penso a Josh Hartnett in 30 Days of Night (tr. it. 30 giorni di buio, ndt). Per le ragazze di Slash/Back, invece, questo am- biente gelido e inospitale è la casa. Appartenenti a una comunità di pescatori indigeni del Nunavut, in Canada, le ragazze trascorrono le loro giornate andando in bicicletta e facendo quello che fanno le loro coetanee: parlare di ragazzi e del film La cosa di John Carpenter. È il solstizio d'estate, con le sue 24 ore di luce solare. I genitori si recano a una festa e lasciano i ragazzi da soli. Quella che inizia come una serata allegra col ragazzo più carino del posto si trasforma in un incubo in seguito all'arrivo di una specie aliena.
I maggiori punti di forza di Slash/Back sono i suoi personaggi. Le attrici Tasiana Shirley, Alexis Wolfe, Chelsea Prusky, Frankie Vincent-Wolfe e Nalajoss Ellsworth interagiscono con la massima naturalezza. Descrivono un giorno nella vita di una ragazza inuit, un tema raramente esplorato nel cinema. Ma la vitalità giocosa evapora rapidamente quando la giornata si trasforma in qualcosa di diverso.
Elizabeth Kimberley
Apenas al sol, regia di Arami Ullón, Svizzera-Paraguay-Argentina, 2020, 75'.
Gli Ayoreo vivono in Bolivia e in Paraguay. Questo popolo indigeno potrebbe stimolare un film grandioso, ma Apenas al sol sceglie un'ottica diversa. L'attenzione si concentra su Mateo Sobode Chiqueno, lui stesso ayoreo, che da molto tempo sta costruendo un archivio di questa cultura registrando le canzoni, le testimonianze e i rituali della sua gente.
Chiqueno appartiene alla generazione degli anni Sessanta, quella che fu vittima dell'oppressione spietata realizzata dalla dittatura militare di Alfredo Stroessner (presidente del Paraguay dal 1954 al 1989). Gli Ayoreo vennero cacciati dalle loro foreste e costretti a vivere secondo una logica capitalista e cristiana. La macchina da presa cattura in modo esemplare quei momenti.
Una delle scene migliori del film è quella dove il protagonista registra una donna che canta una canzone tradizionale. Alla fine la donna si interrompe, dicendo che non ricorda tutto il testo. Ho sempre invidiato le persone che riescono a imparare le canzoni a memoria, ma in pratica questo non è difficile, perché in genere si tratta di canzoni che fanno parte della nostra quotidianità. Immaginate invece di dover conoscere delle canzoni antiche per poterle tramandare a una generazione che altrimenti non le conoscerebbe mai. È proprio quello che accade agli indigeni di tutto il mondo.
Premiato in numerosi festival fra il 2021 e il 2022, Apenas al sol è un lavoro ricco di sfumature che meritano di essere analizzate con la massima cura.
Paolo Kaogoan
Ningla A-Na (Hungry for Our Land)
Recentemente è stato ristampato Ningla A-Na, l'unico documentario dedicato all'Aboriginal Tent Embassy, una delle più importanti proteste organizzate dai popoli indigeni dell'Australia. Realizzato dal regista Alessandro Cavadini nel 1972, questo documento di grande valore storico contiene le immagini dell'epoca e le testimonianze dirette degli organizzatori. Uno strumento indispensabile per capire le questioni indigene del ventesimo secolo.
www.smartstreetfilms.com.au