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Le due annessioni della Crimea
Tero Lundstedt
Il termine "annessione pacifica" è stato coniato nel 2014 dal professor Anatoly Kapustin, che l'ha utilizzato in una lettera diretta ai membri della International Law Association. Successivamente è stato ripreso da altri, fra i quali il presidente della Duma di Stato russa. L'argomentazione di Mosca è la seguente: il trasferimento della Crimea dalla Russia all'Ucraina, avvenuto nel 1954, è stato fatto in modo incostituzionale e deve essere considerato nullo. Non solo, ma anche se fosse stato costituzionale, si trattava di un semplice accordo amministrativo interno all'URSS, che in quanto tale non avrebbe dovuto creare un confine internazionale.
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Il 1o dicembre 1991 il 90,32% della popolazione ucraina ha confermato con un referendum la dichiarazione d'indipendenza che il Parlamento di Kyiv aveva approvato il 24 agosto. In Crimea i voti favorevoli hanno raggiunto soltanto il 54%. Secondo il governo russo, però, la Crimea non sarebbe dovuta passare all'Ucraina per due motivi: in primo luogo, perché il trasferimento fissato da Kruscev nel 1954 era illegale, e in secondo luogo perché gli abitanti della Crimea avevano votato per la conservazione dell'URSS nel referendum sovietico del 1991. Alcuni studiosi russi ritengono che lo stesso ragionamento sia applicabile anche ad altre regioni post-sovietiche.
Con l'indipendenza proclamata da Kyiv la Russia ha accettato la "pacifica annessione" ucraina della Crimea, ma a certe condizioni. Queste includevano almeno la possibilità per la Russia di affittare la base navale di Sebastopoli, ma forse anche ulteriori condizioni politiche. Ad esempio, nel suo "discorso sulla Crimea" del 18 marzo 2014 il Presidente Putin ha affermato che, per evitare che le dispute territoriali rovinassero le buone relazioni fra i due stati, la Russia si aspettava che l'Ucraina proteggesse i diritti dei suoi abitanti russofoni. Questa condizionalità dei rapporti confinari fra alcuni Stati post-sovietici non è una novità, poiché questa posizione si ritrova anche in vari documenti e nelle dichiarazioni ufficiali di Mosca, per esempio in relazione alla Moldavia. Poi, con l'evolversi degli eventi che ha segnato l'inizio del 2014, la Russia ha considerato che l'Ucraina avesse violato il patto che le aveva permesso di conservare la Crimea dopo l'indipendenza e ha reagito rivendicando i propri "diritti storici" sulla penisola. Questa tesi impone varie considerazioni.
Anzitutto, il trasferimento originario del 1954 era stato fatto secondo i requisiti costituzionali dell'URSS. Successivamente era stato codificato nella Costituzione sovietica del 1977, nella Costituzione russa del 1978 e in quella ucraina del 1978. Quindi non ha senso affermare che il trasferimento fosse avvenuto illegalmente. Quando l'URSS si è dissolta, inoltre, tutte le repubbliche hanno accettato di applicare il principio giuridico internazionale chiamato uti possidetis juris, che ha trasformato i precedenti confini interni in confini internazionali. Di conseguenza tutte le 15 repubbliche sono diventate indipendenti all'interno dei vecchi confini amministrativi. Ciò ha lasciato la Crimea indiscutibilmente all'interno dell'Ucraina. Non solo, ma la Russia ha chiesto esplicitamente che i suoi confini con l'Estonia non venissero ridisegnati e quindi si basassero sul principio uti possidetis juris. Oggi, invece, Mosca sta mostrando un'atteggiamento incoerente, non riconoscendo i confini post-sovietici fissati all'epoca.
In terzo luogo, la Russia ha riconosciuto più volte i confini ucraini, in accordi bilaterali e multilaterali, sotto gli auspici della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e nella legislazione interna russa. La condizionalità dei confini non emerge da nessuno di questi documenti. In quarto luogo, la Crimea aveva effettivamente votato per il mantenimento dell'URSS nel marzo 1991, così come gli ucraini. Tuttavia, la situazione era cambiata radicalmente nel referendum sull'indipendenza ucraina (1991), dove i crimeani si erano espressi a favore dell'indipendenza del nuovo stato.
Infine, i tre accordi che regolavano la locazione di Sebastopoli non contengono alcun riferimento al fatto che la loro violazione avrebbe comportato la perdita della sovranità ucraina sulla città, e tan- to meno sull'intera penisola. Tutte queste giustificazioni sembrano essere state create per necessità, per giustificare atti che sono contrari alle norme giuridiche internazionali e alla dottrina russa del diritto internazionale, oltre che a numerosi accordi internazionali firmazi dalla Russia. Inoltre sono in linea con le argomentazioni che Putin ha esposto nel suo discorso sulla Crimea. Come ha detto Chris Borgen, "la Russia sta costruendo una concezione revisionista del diritto internazionale per servire le sue esigenze di politica estera".
L'annessione riparatrice della Crimea
Ora che ho spiegato le ragioni addotte dalla la Russia per non rispettare l'integrità territoriale ucraina, passerò al secondo punto, le motivazioni che darebbero alla Russia il diritto di risolvere la situazione attraverso l'annessione. La secessione riparatoria è una dottrina controversa del diritto internazionale, secondo la quale si può secedere da uno Stato esistente in circostanze eccezionali. Queste circostanze possono includere gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani o la negazione altrettanto sistematica del loro diritto all'autodeterminazione interna. In entrambi i casi il diritto viene riconosciuto soltanto dopo aver utilizzato tutti i mezzi pacifici disponibili.
Prima del 2008 la Russia era solita opporsi a qualsiasi diritto di secessione in assenza di un accordo con Mosca. La Corte costituzionale russa aveva affermato che l'integrità territoriale è più forte del diritto alla secessione nei casi del Tatarstan (1992) e della Cecenia (1995). Tuttavia, dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e, soprattutto, dopo la guerra di Georgia (rispettivamente nel febbraio e nell'agosto 2008), la Russia ha recepito il diritto alla secessione riparatrice. Quando ha riconosciuto l'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud dalla Georgia, la Russia ha fatto appello al precedente che l'indipendenza del Kosovo aveva creato all'inizio dello stesso anno.
Le argomentazioni russe non sono state convincenti, poiché la tesi che la Georgia fosse colpevole di genocidio sono state successivamente respinte da una commissione indipendente, e l'indipendenza delle due regioni georgiane è stata riconosciuta soltanto da quattro Stati, mentre all'epoca quella del Kosovo era stata riconosciuta da 114. Inoltre, la commissione d'inchiesta ha dichiarato esplicitamente che il Kosovo non aveva creato un precedente legale che si potesse applicare al caso georgiano.
Il principio della secessione riparatoria viene accettato in certi ambienti politici e accademici. Ad esempio, 11 Stati hanno l'hanno sostenuto negli atti del parere consultivo sul Kosovo che hanno rilasciato alla Corte internazionale di giustizia. Il documento russo rifletteva il nuovo orientamento di Mosca sostenendo che, mentre di solito l'autodeterminazione deve essere esercitata all'interno dello stato esistente, in situazioni veramente estreme può essere giustificata la secessione riparatoria, a patto che il comportamento dello stato metta in pericolo l'esistenza stessa del popolo in questione. Tuttavia, la maggioranza degli Stati rifiuta il diritto alla secessione riparatoria. Purtroppo la Corte internazionale di giustizia non ha affrontato questo tema nel parere consultivo del 2010.
Nel 2014 la Russia si è espressa nuovamente a favore della secessione riparatoria. Secondo Mosca la Crimea ha esercitato il suo diritto alla secessione riparatoria, quindi è stata riconosciuta come indipendente dalla Russia, che poi l'ha incorporata come soggetto federale. Ma il requisito addotto, cioè che la popolazione della Crimea fosse minacciata nella sua stessa esistenza, era inaccettabile. Gli stessi studiosi russi erano tutt'altro che concordi nell'individuare questi requisiti. Ad esempio, mentre Kapustin e il presidente della Corte Costituzionale russa sostenevano l'esistenza di minacce fisiche, i professori Tomsinov e Tolstykh si concentravano sul "genocidio culturale" causato dalla discriminazione della lingua russa. Così è stato necessario far ricorso ad altre giustificazioni, in particolare alla volontà di unirsi alla Russia espressa nel referendum del 16 marzo 2014. Inoltre, è stato introdotto il concetto assolutamente nuovo di "annessione pacifica", che la Russia avrebbe accettato nel 1991 a condizione di poter usare la base navale di Sebastopoli.
Molto probabilmente la decisione di annettere - o, secondo la narrazione ufficiale russa, di incorporare - la Crimea, piuttosto che riconoscerla come indipendente, è stata presa per necessità: la sua indipendenza avrebbe ricevuto nella comunità internazionale un sostegno altrettanto scarso di quello dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. Inoltre la Russia avrebbe dovuto assicurarsi il diritto di costruire ulteriori difese militari in Crimea in ogni caso, per evitare che l'Ucraina potesse recuperare la penisola.
Conclusioni
Secondo la Russia, quindi, la Crimea è stata annessa due volte nell'arco di 23 anni: la prima volta illegalmente e la seconda legalmente. Si tratta di una tesi molto discutibile: anche se alcuni funzionari russi non l'avevano mai riconosciuta come parte dell'Ucraina, ìl concetto di "annessione pacifica" è stato inventato nel 2014 per legittimare l'azione russa.
In secondo luogo, l'idea che alcune frontiere post-sovietiche siano sottoposte a condizioni esplicite contrasta con il diritto internazionale e può avere conseguenze devastanti. Prima della guerra russo-georgiana dell'agosto 2008 l'inviato speciale russo presso la NATO aveva affermato che se l'Ucraina e la Georgia avessero aderito all'Alleanza avrebbero difficilmente conservato i loro confini. Inoltre, le linee-guida ufficiali della politica estera prevedono che la Moldavia possa mantenere i confini attuali soltanto se resterà neutrale. In effetti, è importante notare che, nonostante tutta la retorica, la Crimea non rappresenta un caso speciale nella politica russa verso gli stati post-sovietici. Prima di annettere la penisola, infatti, la Russia aveva riconosciuto le secessioni riparatrici dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Nord, e aveva persino affermato in anticipo che si preparava a farlo. Per concludere, qualsiasi affermazione di "diritti storici" deve essere rigorosamente contrastata se viola il diritto internazionale o gli atti dell'ONU e di organismi analoghi, come nel caso della Crimea. La maggior parte degli stati avrebbe molte ragioni per rivendicare "diritti storici" o correggere "torti storici". Nel contesto contemporaneo, basato sull'uguaglianza sovrana degli stati che rispettano l'integrità territoriale e conducono le loro relazioni in base alla Carta delle Nazioni Unite, i confini internazionali possono essere modificati soltanto con un comune accordo.
I mutamenti territoriali in Europa 1990-2022
UNIONE SOVIETICA Lituania(11/3/1990)-Lettonia(4/5/1990)-Georgia(9/4/1991)-Bielorussia(3/7/1991) Estonia (20/8/1991)-Moldavia(27/8/1991)-Kirghisistan(31/8/1991)-Uzbekistan(1/9/1991)-Tagikistan(9/9/1991) Armenia (21/9/1991) - Ucraina (24/9/1991) - Turkmenistan (27/9/1991) -Azerbaigian (18/10/1991) - Kazakistan (16/12/1991)Russia (25/12/1991)
GERMANIA EST Annessione alla Germania Ovest (3/10/1990)
JUGOSLAVIA Slovenia (25/6/1991) - Croazia (25/6/1991) - Macedonia del Nord* (8/9/1991) - Bosnia-Erzegovina (1/3/1992) - Kosovo# (17/2/1998) - Serbia-Montenegro (4/2/2003) - Serbia (3/6/2006) – Montenegro (3/6/2006)
CECOSLOVACCHIA Repubblica Ceca (1/1/1993) - Slovacchia (1/1/1993)
UCRAINA Crimea** (repubblica autonoma annessa dalla Russia, 18/3/2014) - Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia (province annesse dalla Russia, 30/9/2022) http://www.alternative.ac.nz
* Diventata indipendente come Repubblica di Macedonia, ha assunto il nome attuale il 12/2/2019.
#Al 31 luglio 2022 è stato riconosciuto da 119 paesi.
** Annessione riconosciuta soltanto dalla Bielorussia.