La Madia 344 - Aprile/Maggio/Giugno

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Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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ANNI

www.lamadia.com

ANNO XXXV Aprile/Maggio/Giugno 2020 - N. 344 - €E 4,00 Direttore ELSA MAZZOLINI

... DOVE ERAVAMO

RIMASTI ? I VOLTI DELLA RIPARTENZA

GLI INTERROGATIVI, LE CONSIDERAZIONI, LE STRATEGIE, DI CHI SI STA ADOPERANDO PER RIDARE VITA ALLA RISTORAZIONE E ALL’OSPITALITÀ

LA MADIA EDITORE


Sommario - La Madia Travelfood n. 344 - Aprile/Giugno 2020

Dove eravamo rimasti GOURMETFOOD

di

Alessandra Meldolesi

pag. 26

GOURMETFOOD

A MILANO CONTRASTE

ALAJMO tra nuove opportunità e consolidamento della memoria

Senza contrasti e nel segno della continuità

GOURMETFOOD

GOURMETFOOD

Elsa Mazzolini

Elsa Mazzolini

pag. 36

LE CALANDRE

di

di

pag. 50

pag. 44 A SORRENTO TORNERÀ IL SOLE

CASA ANGELINA

Giuseppe Aversa racconta come “il buco” sta ripartendo

Eleganza e contesto mozzafiato


La cultura del benessere

Alla Lanterna

Bibite light affrontiamo il problema?

di Maria Chiara Zucchi..................................................... pag. 42

di Primo Vercilli............................................................... pag. 7

Glass Mar

La scelta vegana

di Flavia Tomaello ........................................................... pag. 62

Incendi in Australia e coronavirus

A sud del sud Patagonia

di Silvia Bianco................................................................. pag. 8

di Flavia Tomaello ........................................................... pag. 66

Il menu engineering

Viaggi nel Vino

Non è “cosa succederà” dopo il Covid, ma “cosa faremo”

Brunello di Montalcino

di Lorenzo Ferrari............................................................ pag. 10

di Alessandro Rossi ......................................................... pag. 80

EVO - L’olio extravergine di oliva

Vinaria

La Toscana

La Bontà

di Antonietta Mazzeo...................................................... pag. 12

di Fabrizio Salce............................................................... pag. 84

Golavagando

Terresacre

Ristorante Al 588

di Fabrizio Salce............................................................... pag. 91

di Marco Gemelli............................................................. pag. 14

‘16 IS THE NEW ‘85

Ca’ Shin

Alessandro Rossi.............................................................. pag. 92

di Antonietta Mazzeo...................................................... pag. 18

Viaggi nel Vino

Dove eravamo rimasti

Chianti classico

I Carracci.......................................................................... pag. 40

di Andrea Gori....... ......................................................... pag. 94

VINARIA

VINARIA

di

Alessandro Rossi

di

Antonietta Mazzeo

pag. 85

pag. 72 LO CHAMPAGNE

NÌURU

Visto da chi lo conosce molto bene

Il Negroamaro, principe di Nardò



Editoriale di

Elsa Mazzolini

METRI DI PAURA Non sono stata fin dall’inizio della pandemia quella che scriveva “andrà tutto bene”. Non ci credevo nel febbraio scorso e non ci credo a maggior ragione neppure ora. Ma neanche nei fittissimi scambi di opinioni su Facebook o su Whatsapp intrattenuti con chi lavora nell’ho.re.ca. ho mai pensato di cavalcare l’onda del malcontento, delle inutili lamentele, delle accuse e della pur legittima preoccupazione. Io sono per resistere, per capire cosa fare, per ricostruire. Ciononostante non posso nascondermi che un blocco così prolungato, soprattutto nel settore del turismo e dell’accoglienza, ha prodotto e produrrà effetti devastanti, in molti casi permanenti. Ritengo tuttavia che il male peggiore non sia solo quello di un’economia al tracollo, bensì l’instaurarsi delle fobie derivate dal “distanziamento sociale“, perchè, di fatto, è questo che impedisce la vera ripresa. I metri di distanza fisica sono diventati chilometri di distanza psicologica: la paura dell’altro, quando non ha generato diffidenza, insofferenza, aggressività, ha inculcato comunque in molte persone l’idea che tra le spese non più necessarie ci sia anche il pranzo al ristorante. Così, alla riduzione dei tavoli, si sta sommando la defezione di chi - per paura o per difficoltà economiche - sta disertando i luoghi fino a ieri frequentati per il proprio benessere. Senza contare la disastrosa assenza di turisti dall’estero. Ricucire le maglie di un tessuto sociale compromesso non sarà facile, tanto che alcuni locali che hanno tentato la riapertura, stanno già chiudendo perchè impossibilitati a lavorare, ma costretti a ottemperare ugualmente al pagamento dei troppi balzelli comunque imposti. La storia è sempre stata caratterizzata da mutamenti epocali davanti ai quali o ci si ferma o ci si rimette in gioco. Pronostici e ricette sicure non ce ne sono: la clausura coatta vissuta nei mesi scorsi potrebbe aprirci ad una normalità meno patologica di quella vissuta fino a oggi.

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laculturadelbenessere a cura di Primo Vercilli - Medico Dietologo

BIBITE LIGHT

AFFRONTIAMO IL PROBLEMA? Tra le tante persone che visito ogni giorno, spessissimo mi capita di imbattermi in situazioni in cui, con orgoglio, il paziente afferma di bere sì bibite, ma solo light o “zero”! Non c’è una sola persona che pensi che le bibite a basso impatto calorico siano invece estremamente dannose. Dal 1960 ad oggi il consumo delle cosiddette bibite light è aumentato del 400%, segno importante che l’industria alimentare ha trovato un ottimo argomento di marketing per legare a sé centinaia di milioni di persone nel mondo. Non entro qui nel merito di quanto queste bibite siano dannose per la salute in generale, ma voglio solo soffermarmi su una evidenza ormai accertata: le bibite light non fanno perdere peso, ma contribuiscono ad aumentarlo! Un recente studio su circa 400 persone ha dimostrato che chi beve 2 lattine di bibite light al giorno ha un aumento della circonferenza addominale 5 volte superiore a chi non beve bevande zuccherate: questo significa che NON bere bevande zuccherate non è la stessa cosa che bere bevande light. Ma per quale motivo questo avviene? I meccanismi vanno ricercati in complesse relazioni tra ormoni e segnali neurologici; infatti far credere all’organismo che stiamo assumendo qualcosa di dolce gioca un brutto scherzo al nostro metabolismo, in quanto i dolcificanti artificiali disturbano i normali segnali neuroendocrini che controllano fame e sazietà. Uno studio, eseguito su topi nutriti con cibi dolcificati in modo artificiale, ha dimostrato che il loro metabolismo rallentava sensibilmente e

che poi erano spinti a consumare più calorie, ingrassando anche di più rispetto ai topi nutriti con sostanze zuccherate. In un altro studio, ai topi veniva offerta l’alternativa tra cocaina e dolcificanti artificiali: i topi sceglievano sempre il dolcificante artificiale, persino quelli a cui era stata precedentemente indotta una dipendenza da cocaina! Secondo gli Autori la predilezione per il sapore dolce (anche a zero calorie) può portare ad un cambiamento (tramite disfunzioni neuro-endocrino-sensoriali) delle gerarchie degli stimoli che potenzialmente possono creare dipendenza: ecco proprio la parola che, in sé, racchiude tutta la sua drammaticità. Dipendenza. Attraverso tali bevande, pensando di poterne bere senza problemi visto la loro innocuità, si diventa fortemente dipendenti dal sapore dolce, che poi, inevitabilmente viene ricercato sotto diverse forme. Questa dipendenza si associa ad una alterazione dei meccanismi di fame e sazietà e quindi crea inevitabilmente un aumento di peso, dovuto a maggiore ingestione di calorie. A dire il vero, nell’uomo, in seguito ad ingestione di bevande con dolcificante artificiale, si instaura anche un meccanismo di quella che io chiamo “compiacente sottovalutazione”: l’uomo si autostima per aver bevuto light e, sottostimando l’effetto di ciò che ha bevuto, si sente maggiormente autorizzato a consumare altro cibo, visto che la bevanda zero calorie! C’è poi un ultimo meccanismo d’azione: i dolcificanti sono nutrizionalmente attivi, in quanto aumentano la percezione gustativa

intestinale (nell’intestino abbiamo delle cellule sensoriali che sono sensibili al gusto dolce di qualsiasi provenienza) e incrementano, di conseguenza, la capacità di assorbimento dei carboidrati ingeriti con il pasto. Questo significa che, anche se a calorie “zero”, favoriscono un maggior picco glicemico postprandiale. Ecco quindi perché non c’è niente di cui vantarsi nel bere le bibite light: sono dannose per lo meno allo stesso modo delle bevande zuccherate. Ma questa attrazione nei confronti di queste bevande (e questi cibi) è solo frutto di una delle più grandi mistificazioni che siano state mai messe in atto nel campo della comunicazione nutrizionale: quella che il problema dell’obesità si possa combattere diminuendo il contenuto di calorie presenti negli alimenti. Non importa più quello che mangiamo (che sia ricco di coloranti o additivi o sia totalmente creato in laboratorio); quello che conta è che sia a “zero calorie”. Ricordatevi che l’industria alimentare è sempre pronta ad offrirvi soluzioni che apparentemente vi facciano fare meno fatica e, sempre apparentemente, vi facciano perdere peso con facilità. Purtroppo la realtà non è mai come viene prospettata. E quindi, ancora una volta, la soluzione è da ricercare solo in una direzione: la nostra attrazione per il dolce va gestita (non presa in giro con certi prodotti) attraverso un percorso di educazione alimentare mediante il quale possiamo gustarci un “dolce” con la consapevolezza che non stiamo avvelenando il nostro organismo.

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lasceltavegana a cura di Silvia Bianco - testimonial di cucina vegana

INCENDI IN AUSTRALIA E CORONAVIRUS L’URGENTE APPELLO PER UNO STILE DI VITA PLANT-BASED

Ad inizio novembre 2019 più di 11.000 scienziati provenienti da 153 Paesi hanno firmato un report pubblicato dalla rivista scientifica BioScience della Oxford Academic che mette in guardia l’umanità dall’imminente crisi climatica, invoca l’urgente riduzione di consumo della carne e quindi l’abbattimento dell’allevamento intensivo e invita a gran voce all’adozione di una dieta a base vegetale “…la crisi è arrivata e sta accelerando più rapidamente di quanto molti scienziati si aspettassero. La situazione è più grave del previsto, minaccia gli ecosistemi naturali e il destino dell’umanità…”.

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lasceltavegana

In Australia, i terrificanti incendi hanno causato la morte di ben oltre 1 miliardo di animali. Se già prima degli incendi il sistema lattiero-caseario australiano, soprattutto quello costituito dalle piccole medie aziende, era in crisi per via di siccità, costi alti e prezzi di vendita ribassati, gli incendi hanno contribuito notevolmente ad inasprire la crisi: gli animali degli allevamenti sono stati decimati ed anche tutto ciò che concorre al sostentamento degli stessi, come la vegetazione e le terre rase completamente al suolo senza più erba, alberi, insetti, ed uccelli. Si sono verificati casi di acque contaminate, strade ed aree bloccate, attrezzature distrutte, cali di energia elettrica che hanno costretto alcuni agricoltori a buttare il latte prodotto, per non parlare delle mucche soppresse, perché ferite gravemente. Secondo l’economista australiana Veronica Fil, questa ecatombe ambientale avrà un serio impatto proprio sul già problematico settore lattiero-caseario australiano, circostanza che, a suo avviso, condurrà inevitabilmente ad un orientamento verso i prodotti a base vegetale: “Neanche un’imposizione dei prezzi del governo potrà risollevare le aziende che soffrono, poiché l’instabilità dei prezzi del mercato internazionale detta le regole del gioco”. Non esiste una soluzione rapida, perché il problema profondo e complesso: alcuni terreni agricoli non sono adatti a determinate coltivazioni e i pascoli bruciati dagli incendi richiedono risorse idriche significative per rigenerarsi. Si ha necessità di incentivi per aiutare gli agricoltori a riutilizzare parte della loro terra, nuove soluzioni da governi e dalle grandi imprese internazionali che in parte stanno già sostenendo il boom del mercato plant-based e che stanno investendo nella ricerca. Dopo il coronavirus, la Cina è destinata a ristrutturare il suo sistema alimentare. Secondo una delle figure più influenti del business di prodotti plant based in Asia, David Yeung, questa crisi porterà ad un’apertura nei confronti dell’industria alimentare a base vegetale. David Yeung è il fondatore di Green Monday, startup sociale nata nel 2012

che affronta i cambiamenti climatici, l’insicurezza alimentare globale e le questioni di salute pubblica. Offre a scuole, società di catering e a catene di ristoranti un pasto vegetariano una volta alla settimana con l ’obi etti vo di cambiare le abitudini alimentari. David Yeung possiede una rete capillare di negozi ad Hong Kong, la Green Common, ed è fondatore dell’innovativa Omnipork, brand di prodotti alimentari vegetali a base di funghi Shiitake, piselli soia e riso, per il quale fu nominato “imprenditore sociale” nel 2018. Dallo scoppio del coronavirus, in Cina c’è stato un aumento drammatico del prezzo della carne, il governo ha massacrato oltre 100 milioni di polli per controllare la diffusione del coronavirus, a cui è seguito il massacro di suini dovuto alla peste suina africana. Tutto ciò rivela quanto le pratiche zootecniche siano vulnerabili ed estremamente dannose per tutti. Il governo dovrà riesaminare l’intera catena di approvvigionamento alimentare, in primis, il consumo di animali selvatici avrebbe dovuto essere vietato molto tempo fa. Gli stessi media controllati dallo stato come il China Daily e il South China Morning Post hanno pubblicato editoriali che chiedono un divieto permanente di commercio di specie selvatiche e propongono di porre fine ai mercati di animali vivi. Pu se saranno necessari molti sforzi per sensibilizzare e creare cambiamenti, è pro-

babile che la crisi determinata dal coronavirus, unitamente ai cambiamenti ipotizzati dagli esperti, porteranno ad una maggiore apertura ed accettazione delle proteine di origine vegetale e quindi aduna maggiore consapevolezza sull’importanza della sicurezza alimentare. Allo stato dei fatti nessun governo ha ideato un progetto di riconversione delle industrie degli allevamenti ed è chiaro che, finché c’è la domanda, l’offerta continuerà, ma di questo passo sarà difficile poter soddisfare la Vita sulla Terra. Il commercio esiste perché esiste l’acquirente finale: noi, cittadini del mondo. Qualsiasi siano le vostre ragioni, spirituali, ambientali, religiose, salutistiche o imprenditoriali, iniziate a modificare le vostre abitudini alimentari con una dieta più sana e priva di derivati animali: l’industria ed i governi dovranno inevitabilmente adeguarsi alla crescente domanda e mobilitarsi permettendo il necessario cambiamento.

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ilmenuengineering a cura di Lorenzo Ferrari - Direttore Marketing di RistoratoreTop

NON È “COSA SUCCEDERÀ” DOPO IL COVID, MA “COSA FAREMO” Viviamo il momento più difficile della nostra storia moderna. Non è retorica, non è captatio benevolentiae, ma una semplice lettura della realtà. Di fronte all’ineluttabile, ci siamo sempre divisi e continueremo a dividerci in due grandi metà:

1. C hi si lamenta, ironizza, banalizza, distrugge, ridimensiona, complotta, perde tempo, ridicolizza e punta il dito. 2. E chi costruisce. La scelta di quale maglia indossare spetta ad ognuno di noi. Ma chi scrive non ha dubbi: consiglia di stare dalla parte dei secondi, perché dei primi non rimarrà nulla, se non l’eco smorzato di qualche loro discorso. Dei secondi invece cosa rimarrà? I fatti. Cosa intendo per costruire? Azioni concrete, che ci regalino i loro benefici anche quando tutto questo sarà passato. Si può ricorrrere al delivery, tramite piattaforme o tramite sistemi propri, ricordando ai clienti che la consegna a domicilio verrà effettuata nel rispetto delle norme igienico-sanitarie. Chi non ha mai

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pensato di fare delivery consideri che questo è il momento giusto. Si può intrattenere il proprio pubblico e i propri clienti lavorando sui social, pubblicando ricette, consigli, inviti all’azione e tanto altro. Intavolare momenti formativi e di confronto con il personale. Scrivere procedure per la cucina e per la sala. Migliorare il menù, togliendo quei piatti che appesantiscono la linea produttiva o che vengono ordinati poco. Vivere l’esperienza da clienti all’interno del proprio locale, correggendo quei piccoli difetti che tendenzialmente si nascondono. Mettere in moto vecchie idee del passato, ristrutturare i costi, dedicarsi al sito e all’archivio multimediale, progettare la prima o la prossima campagna di marketing o per rimettere in moto la propria attività. Insomma, pensare a cosa si può fare OGGI e che ci rimanga anche DOMANI. In questo periodo si sprecano, e si sprecheranno anche nei mesi a seguire, articoli sul “cosa succederà dopo il Coronavirus”. Non prevediamo il futuro e siamo convinto che nessuno sia in grado di farlo.

Però, ognuno di noi è curioso di discutere di “cosa farà dopo il Coronavirus”. Perché quello si può già progettarlo. E costruirlo. Cosa consiglio di fare? Una grande festa per tutti i clienti. Tornare a coccolarli come sempre, ma con più consapevolezza di quanto importante sia farlo dopo un periodo come questo. Certo, cambiare e adattarsi nel breve termine è fondamentale: occorre essere veloci nel prendere decisioni, nel cambiare le carte in tavola. La situazione cambia di giorno in giorno, e noi dobbiamo essere pronti a fare altrettanto. Ragionando in lungo termine invece, non credo che la ristorazione verrà stravolta da questi fatti. I clienti non sono scappati, sono semplicemente chiusi in casa, in attesa di ritornare alla vita di sempre. Prepariamoci ad accoglierli nel migliore dei modi e teniamo a mente l’unica cosa che conta: costruire. Gli italiani sono un popolo che sa ricostruire e ripartire più forte di come era in precedenza. Ha solo un difetto: tende a dimenticare. Mi auguro solo che questa pesante esperienza possa insegnare a ricordarci ciò che di bello stiamo apprendendo e che siamo in grado, se necessario, tirando fuori gli artigli, a ripartire anche da zero.



olioextraverginedioliva a cura di Antonietta Mazzeo - Tecnico ed Esperto degli Oli d’Oliva Vergini ed Extravergini

LA TOSCANA

Regina dell’Olio Extravergine di Oliva Gli olivi delle colline toscane, interpreti di un paesaggio straordinario noto ed ammirato in tutto il mondo, da secoli sono all’origine di un prodotto di considerevole rilevanza culturale, storica, ed economica.

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Un settore olivicolo ed oleario che interessa circa 92.000 ettari, 15 milioni di piante, 50.000 aziende agricole, 400 frantoi, oltre a numerose imprese di confezionamento e che dà luogo ad una produzione media

annua di 170-180.000 quintali di olio, e una consistente produzione di olio biologico: circa 7.000 quintali prodotti da 1.860 aziende su una superficie di 8.338 ettari, da oliveti ubicati per lo più in collina.


olioextraverginedioliva

Di particolare rilevanza anche il vivaismo olivicolo toscano che, concentrato prevalentemente a Pescia, ha un ruolo di primo piano nel panorama nazionale ed estero. La presenza dell’olivo in Toscana è attestata fin dalla metà del VII secolo a.C. e notizie della sua coltivazione si trovano nell’epoca etrusca, romana e medioevale. A partire dal tardo Medioevo l’olivicoltura si è poi progressivamente sviluppata e diffusa in molte zone della regione assumendo, nei secoli, l’importanza che oggi riveste. L’olio è dunque un prodotto simbolo per la Toscana; la filiera è complessa ed articolata, dagli oliveti delle province di Firenze, Siena ed Arezzo, con ulivi per la maggior parte rimessi a dimora dopo il gelo del 1985, agli oliveti alti e fitti dei Monti Pisani o della Versilia, alle grandi piante della Maremma, l’olivo simboleggia un elemento imprescindibile del paesaggio toscano. Particolarmente apprezzati dal mercato nazionale e internazionali, gli oli toscani offrono una vasta gamma aromatica, che spazia dal fruttato al vegetale, dal dolce al piccante e all’amarognolo. Più del 90% del patrimonio olivicolo regionale è costituito da poche cultivar: Frantoio, Moraiolo, (caratterizzato da una precoce messa a frutto e da una produttività costante ed elevata), Leccino, Maurino e Pendolino. A seconda della posizione geografica, delle condizioni climatiche, dell’esposizione al sole e della composizione dei terreni in cui trovano ospitalità gli olivi, gli oli extra-vergine toscani risultano estremamente diversi fra loro. Ogni olio extravergine di oliva è legato al proprio territorio e ne esprime le caratteristiche, così gli oli toscani parlano delle particolarità della propria terra attraverso le proprietà organolettiche. Negli oliveti toscani sono presenti altre varietà minori. Si tratta di un immenso patrimonio genetico, selezionato e riprodotto localmente nel corso dei secoli, che forma con l’ambiente naturale un insieme inscindibile; Americano, Arancino, Cuccu, Cuoricino, Lazzero, Madonna dell’Imprunera,

Melaiolo, Puntino, Tondello, queste sono alcune delle più curiose e meno note cultivar toscane diffuse a livello locale. Fino a oggi il germoplasma regionale conta 119 varietà esistenti sul territorio, che ogni anno, grazie all’attenta opera degli olivicoltori, vengono raccolte separatamente in modo da comprenderne meglio le caratteristiche. Tra le varietà riscoperte o mai abbandonate, da ricordare il Quercetano, che nasce nell’omonimo comune tra le province di Massa e Lucca e il Maurino Lucchese che si ritrova in varie zone della Toscana e diffuso per la propensione a diffondere il polline ad altre cultivar. Da segnalare anche il Leccio del Corno, individuato nell’omonima fattoria di San Casciano Val di Pesa, o l’Olivastra Seggianese che si ritrova ai piedi del Monte Amiata. Dal 1998 “l’Olio extravergine di oliva Toscano” è un marchio IGP (IGP Toscano “Seggiano”, IGP Toscano “Colline Lucchesi”, IGP Toscano “Colline della Lunigiana”, IGP Toscano “Colline di Arezzo”, IGP Toscano “Colline Senesi”, IGP Toscano “Colline di Firenze”, IGP Toscano “Montalbano” e IGP Toscano “Monti Pisani”) al quale si sono poi aggiunte alcune DOP per gli oli extravergini di oliva: “Chianti Classico”, “Terre di Siena”, “Lucca” e “Seggiano”. “FRANTOIO”: cultivar originaria della Toscana, si è diffusa in tutta Italia ed in quasi tutte le zone olivicole del mondo, grazie alla sua elevata e costante produttività ma soprattutto alla riconosciuta qualità del suo olio extra-vergine. “OLIVASTRA SEGGIANESE”: cultivar resistente alle basse temperature invernali: questa caratteristica ne ha consentito la coltivazione nell’area pedemontana del Monte Amiata, antico vulcano spento, ad un’altezza compresa tra i 450 e i 650 mt s.l.m.. Le piante sono di grandi dimensioni, con chiome imponenti, caratterizzate da elevato vigore vegetativo ancora oggi coltivate in modo tradizionale, con oliva piccola

e nocciolo grande, ma caratterizzata da una elevata resa in olio. “LECCIO DEL CORNO”: la pianta si caratterizza per essere una varietà tipicamente toscana, in particolar modo dei vari comuni intorno a Firenze; nel corso degli ultimi anni, è stata ampiamente rivalutata per sue peculiari caratteristiche di cultivar fortemente “rustica”. L’individuazione di questa particolare cultivar è avvenuta nel lontano 1929 presso la località di San Casciano in Val di Pesa, all’interno della fattoria del Corno, da cui poi ha avuto origine il nome che la identifica. I fiori sono autosterili e per allegare hanno la necessità di ricevere l’impollinazione incrociata, che si verifica, nella maggior parte dei casi, con altre cultivar, come ad esempio il Frantoio, il Moraiolo, il Leccino o il Maurino. La fruttificazione della pianta di Leccio del Corno è particolarmente alta: frutti di questa varietà di olivo si caratterizzano per una maturazione estremamente lenta e, al tempo stesso, per il persistere della colorazione verde per lunghi periodi di tempo. L’olio che viene ricavato da queste particolari olive si distingue per le qualità organolettiche quanto mai importanti e rinomate. Tra le varie curiosità di questa particolare cultivar, da rilevare come l’olio Leccio sia presente all’interno dell’Olio Extravergine di Oliva Chianti Classico DOP, dell’Olio Toscano IGT Colline di Firenze, e dell’Olio Toscano IGT Monti Pisani. La Toscana si conferma pertanto uno dei protagonisti della scena olivicola nazionale, una regione che continua a elargire gradevoli doni agli appassionati “dell’olio buono”, grazie ai tanti e significativi investimenti fatti sugli impianti e a una serie di aziende di altissimo livello. Una terra che ha fatto dell’olio uno dei suoi simboli più rappresentativi, dolci colline punteggiate da vigne e ulivi, uno scenario rurale unico e famoso in tutto il mondo, dove la qualità nasce dal paesaggio!

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Golavagando di Marco Gemelli foto di Luca Managlia

Andrea Perini lo chef dell’olio extravergine

Per molti chef e ristoratori l’olio è sol-

(Firenze) come il più vocato all’uso

nima di campagna. Nonostante il mio

tanto un condimento, e spesso viene

dell’extravergine d’oliva, proprio per la

lavoro mi porti spesso in città – spiega

considerato, più che un ingrediente

rigorosa attenzione negli abbinamenti

Andrea, classe 1987 - a me piacciono

vero e proprio, un elemento funzionale

con i piatti. E anche l’Airo, l’associa-

gli spazi aperti, i campi, il contatto con

all’esaltazione di altre materie prime.

zione italiana dei ristoranti dell’olio, lo

la terra. Mio nonno produceva olio e

Non è così per lo chef fiorentino Andrea

ha premiato per due anni di fila come

mi portava sempre al frantoio e questo

Perini, che ha fatto dell’olio extraver-

lo chef italiano in grado di tenere alte

mondo mi ha sempre affascinato”. Una

gine di oliva il punto di partenza per

le insegne dell’olio evo. Nella cucina

passione che col passare del tempo si

costruire ogni singolo piatto dei suoi

di Andrea Perini – una delle poche in

è consolidata fino a caratterizzare la

menu, giocando sulle diverse caratte-

Italia ad avere una carta degli oli con

sua stessa cucina in maniera inconfon-

ristiche organolettiche di ogni cultivar.

circa 100 referenze – ogni portata del

dibile: fautore di una cucina sana, con

Non a caso la guida “Flos Olei” - la più

menu viene pensata e realizzata in base

cotture veloci e largo uso di vegetali,

importante pubblicazione di settore -

all’abbinamento alla cultivar più indi-

Andrea Perini inizia a cucinare da

ha premiato lo chef del ristorante ‘Al

cata, dal moraiolo al leccino, dal franto-

piccolo, quando sbirciava dalle finestre

588’ di Borgo I Vicelli a Bagno a Ripoli

io alla coratina. “Sono da sempre un’a-

del ristorante vicino a casa. Dopo la

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Golavagando

scuola alberghiera ha maturato una serie di esperienze negli hotel fino alla svolta, avvenuta a Londra da Gordon Ramsey, alla cui corte è rimasto un anno e mezzo. In seguito ha passato un periodo a Santo Domingo, prendendo confidenza con altre cucine e imparando ad accostare gli ingredienti in modi diversi. Dal 2014 inizia ad approfondire la conoscenza dell’olio evo, prima presso Villa Campestri e poi all’ombra della chef stellata spagnola San Roman, ambasciatrice dell’evo in Spagna. Da ormai cinque anni è a Bagno a Ripoli, dove può contare su una carta degli oli che in Italia non ha uguali. “Uso l’olio come un ingrediente – conferma lo chef – più che un condimento: le paste fresche possono essere condite con olio a fine cottura,

CAPPELLETTI

D’ANATRA “ALLA PECHINESE” INGREDIENTI per 4 persone Per la pasta del cappelletto: 1 uovo intero, 4 ross, g. 150 d di semola, g. 80 di farina 0, 1 cucchiaio di olio.

sia per renderle lucide sia per dare un contrasto col ripieno. Con uno più dolce come la zucca è meglio usare un olio con note piccanti e amare più aggressi-

Per il ripieno: mezza anatra disossata, 1 carota, 1/2 cipolla bianca, 2 foglie di alloro, 1 bicchiere di vino bianco.

ve, mentre con un ripieno più spigoloso serve un olio morbido. Se generalmente si tende a usare l’olio evo per condire, negli ultimi anni la qualità della produ-

Per la salsa d’arancia: 1 arancia intera, succo di 2 arance, g. 50 di zucchero di canna, g. 250 di fondo di anatra. Per la salsa tahina: g. 100 di semi di sesamo nero tostato, olio evo q.b., sale, g. 5 di ginger fresco. Per le decorazioni e finitura: polvere di arancia caramellata, buccia fritta, germogli di senape, ml. 50 di olio monovarietale coratina (Intini). PREPARAZIONE Per il ripieno: tagliare le carote e la mezza cipolla a cubetti e rosolare nel tegame con l’alloro, aggiungere l’anatra con la pelle e quando è ben dorata sfumare con il vino; appena evaporato coprire con acqua e finire in forno per circa tre ore a 150°C coperta con carta alluminio. A cottura ultimata, finire di asciugare il liquido rimanente sui

fornelli e tritare grossolanamente il tutto togliendo le foglie di alloro. Preparare la pasta in maniera tradizionale (farina a fontana, uova, un cucchiaio di olio) e lasciarla riposare in frigo nella pellicola per almeno due ore. Passato il tempo necessario, stendere finemente la pasta e copparla con un coppapasta tondo di circa 10 cm. di diametro; farcire con il ripieno di anatra e chiudere a cappelletto. Per la salsa di arancia: tagliare l’arancia a fette con la buccia, passare le fette nello zucchero di canna e caramellarle in padella fino a doratura. aggiungere il succo e il fondo e far ritirare. Frullare e setacciare fino ad ottenere una crema liscia. Per la salsa tahina: tostare in padella il sesamo nero, frullare a caldo con l’olio evo e il ginger, fino ad ottenere una pasta; setacciare. Per la polvere: disidratare le fette di arancia e pestarle al mortaio. Per le bucce fritte: pelare le arance evitando la parte bianca, scottarle in acqua, seccarle e friggerle. Impiattamento: cuocere i cappelletti in acqua salata e condirli con l’olio (coratina). Sul piatto disporre la salsa di arancia calda, adagiarvi i cappelletti, qualche goccia di salsa tahina e finire con la polvere, le bucce secche e i germogli.

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zione si è alzata e la conoscenza delle singole cultivar permette di esaltarne le diverse caratteristiche come il fruttato, lo speziato, l’amaro o il piccante. Ciò permette di ‘giocare’ in cucina creando emulsioni divertenti: con piatti piuttosto grassi possiamo sgrassare con un’emulsione di estratto di susina verde con un olio dolce dai sentori di mela verde”. Che sia toscano o proveniente da altre regioni, per Andrea Perini ogni olio deve servire a uno scopo preciso. “L’olio Evo, soprattutto quello ligure, siciliano o del Garda perché più morbido, può essere usato per cuocere il pesce con la tecnica dell’olio cottura a bassa temperatura, mettendo baccalà o coda di rospo sottovuoto nell’olio extravergine.

W L’ITALIA

Altri oli vanno bene con diversi tipi di preparazione.

INGREDIENTI per 6 persone Per la burrata e la crema: 6 burrate, ml. 50 di latte. Per il sorbetto: l. 350 di estratto di pomodoro cuore di bue, ml. 20 di olio extravergine d’oliva, g. 90 di destrosio, g. 75 di glucosio disidratato, g. 2 di sale. Per la crema di basilico: 5 mazzi di basilico, ml. 15 di olio extravergine d’oliva. Per finire la ricetta: g. 50 di caffè in polvere, 1 pomodoro cuore di bue, 6 fette di pane toscano, 6 punte di basilico, ml. 50 di olio extravergine d’oliva.

PREPARAZIONE Per la crema di basilico: defogliare il basilico, lavare e scottare in acqua leggermente salata per 1 minuto e passare in una bowle con acqua fredda e ghiaccio. Scolare e frullare con l’aggiunta di olio fino a creare un’emulsione liscia; salare e coprire con pellicola a contatto. Per il sorbetto: passare i pomodori nella centrifuga per estrarne il succo, aggiunge-

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re sale, olio, destrosio e glucosio e passare in gelatiera. Conservare in congelatore. Per la burrata e la crema: togliere le burrate dal siero ed asciugare. Tagliare la base e vuotarla con un cucchiaio. Mettere la stracciatella al suo interno e frullare con l’aggiunta del latte e del sale per creare un composto morbido. Per le altre parti: coppare le fette di pane tonde del diametro della burratina, passarle in padella con olio e finirle in forno fino a raggiungere la croccantezza desiderata. Nel frattempo tagliare il pomodoro a cubetti; salare e condire con olio extravergine. IMPIATTAMENTO Passare con un pennello un piatto fondo lungo la superficie interna, spolverare il caffè sul fondo e coprire con la salsa fatta con la burrata. Disporre sopra la fetta di pane i cubetti di pomodoro e farcire la burrata con il sorbetto. Finire con le punte di basilico e abbondante olio extravergine, preferibilmente di varietà itrana oppure intosso, varietà potenti in bocca, con note amare e piccanti armoniche e mai invadenti, spesso con note di pomodoro, pepe verde e noce fresca.

Tra i miei piatti che meglio lo esaltano ci sono i cappelletti di fichi e salame ripieni di caprino mantecato all’olio, i tagliolini di uova d’anatra saltati in olio su crema d’aglio con prugnoli spadellati e polvere di prezzemolo, oppure ancora le linguine integrali con germe di grano mantecate con crema di cavolo nero e olio, fonduta di stagionato al finocchio,


Golavagando

granella di bardiccio, polvere di limone

gusto intenso ma digeribili e leggeri. È

inoltre il marchio distintivo anche fuori

e cavolo fritto”.

il caso delle ganache di cioccolato bian-

dal ristorante, con la titolare di Borgo I

Quella di Andrea Perini è una cucina

co dove un olio molto amaro e piccante

Vicelli, Giulia Franco, che ha recente-

giovane che però affonda le radici nel

contrasta il dolce del cioccolato, dando

mente iniziato a usare l’olio extravergi-

passato, con forti richiami alla tradi-

lucentezza e un sapore deciso. Col fon-

ne d’oliva come fulcro di un pacchetto

zione pur essendo contemporanea. “Un

dente, invece, aggiungendo un olio con

luxury a tema, con proposte che com-

po’ come l’olio, che non a caso ho scelto

sentori dolci, si ammorbidisce l’amaro

prendono corsi di degustazione, tour

come ingrediente principe; ha origini

del cacao e si dà una consistenza più

tra gli oliveti, visite guidate ai frantoi e

antichissime e un forte legame col pas-

soffice al palato”.

massaggi nella spa con cosmetici a base

sato, ma è fluido, mutevole, perfettibile

La sperimentazione nella cucina di ‘Al

– ça va sans dire – di olio, grazie a colla-

e, in parte, ancora sconosciuto. Lo amo

588’ continua, sia con materie prime

borazioni con realtà come MyEvooSkin.

perché ha mille sfaccettature, molte-

come le animelle e più in generale il

Una scelta che rientra nell’obiettivo di

plici usi, è salutare e rilevante anche

quinto quarto, sia con l’ingresso tra gli

trasformare il borgo a pochi chilometri

da un punto di vista culturale, come

ingredienti di prodotti inusuali come il

da Firenze in una sorta di Oil Resort

espressione del territorio”. Nella cucina

gelato al lampredotto o al cinghiale in

sulla falsariga dei Wine Resort che ne-

di Borgo I Vicelli l’olio viene sempre

umido. A supporto di una cucina così

gli ultimi anni si sono moltiplicati da un

usato a crudo, per esaltarne gli aromi

orientata all’extravergine c’è poi il gio-

capo all’altro d’Italia.

e mantenerne i sapori anche in settori

vane sommelier Giacomo Cerri, incari-

in cui finora è stato poco utilizzato. “Ad

cato di trovare a sua volta un equilibrio

esempio in pasticceria – conferma lo

tra i piatti e i vini da abbinare, cercan-

chef - dove può sostituire il burro e (in

doli soprattutto tra le piccole produ-

parte) lo zucchero, creando dolci dal

zioni toscane. Il mondo dell’olio resta

RISTORANTE AL 588 Via Roma, 588 - Bagno a Ripoli (FI) Tel. 055 699059 www.ristoranteal588.com

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Golavagando di Antonietta Mazzeo

Ca’ Shin a Bologna Un nuovo concept al servizio della collettività

Immersa tra prati e appezzamenti col-

spitalità, è opera di Ivan Poletti, chef

tivati che si alternano a lembi boschivi

di grande esperienza, con la voglia di

del Parco Cavajàn, (Cavaioni, indica

lanciarsi in un’avventura meno frene-

la massa di covoni e ricorda la passata

tica rispetto a quelle vissute nel con-

destinazione a seminativo di questi

testo cittadino, ma altrettanto stimo-

terreni), concepito – grazie al proget-

lante: lui ha dato una sferzata di posi-

to europeo smART city – come luogo

tività e inaugurato un nuovo corso, con

di sostenibilità ambientale e sociale,

una proposta ristorativa che coniuga

dove arte uomo e natura coesistono

la cucina tradizionale al biologico e al

in perfetta armonia diventando così

“fatto in casa”.

il primo “parco ARTistico condiviso,

Ivan Poletti, dall’autunno del 2019, è

Ca’Shin nasce nel 2008, quando la Co-

lo chef di Cà Shin. Cresciuto in un

operativa Le Ali si aggiudicò il bando

contesto familiare, dove tutti sono del-

comunale per la ristrutturazione e la

le buone forchette e soprattutto tutti

concessione di Villa Silvietta, splen-

sanno cucinare, l’amore per la cucina

dida dimora in disarmo che da quel

è iniziata come una passione, da ra-

momento assunse il nome scelto per

gazzino, frequentando l’agriturismo

assonanza col termine cascina, ma

di uno zio, ma il vero punto di riferi-

anche legato alla lettera dell’alfabeto

mento è stata la nonna. Dopo la scuola

ebraico che significa “cambiamento”.

alberghiera, sbarca nel 2000 a Bologna

Luogo dedicato non solo alla ristora-

dove matura un’esperienza ventenna-

zione – da principio solo per i soci – ma

le, prima dai fratelli Marcello e Gian-

anche ai corsi di yoga, campi estivi e

luca Leoni, al Sole di Trebbo di Reno, conquistando con loro la stella Miche-

varie attività, il progetto non ha soltanto ridato vita ad una antica struttura,

negli spazi interni. Le diverse sale del

lin, poi alla Cantina Bentivoglio, nella

ma ha attivato una serie di iniziative

ristorante, sono disposte suå due livel-

duplice veste di chef e socio, successi-

orientate all’ecosostenibilità e al socia-

li, la sala principale e l’adiacente ve-

vamente al Ristorante Armani di Gal-

le, all’attenzione del bambino e della

randa sono ubicate al primo piano. Per

leria Cavour e al Teatro della Carne a

famiglia; mostre d’arte e corsi di disci-

questo periodo estivo, La Casetta po-

Fico, il parco agroalimentare.

pline orientali, ma anche campi estivi

wered by Bucolica, aperta tutti i giorni

Materie prime utilizzate con competen-

per bambini, assistiti da insegnanti

dalle 11 alle 13, uno spazio esterno

za ed armonia, creativa e tradizione,

madrelingua inglese. Inoltre, in base

dove godendo della natura circostan-

sono i principali ingredienti delle pre-

ad accordi con il carcere bolognese di

te, è possibile gustare un menù veloce

parazioni di Ivan, una cucina che non

Dozza, la Cooperativa Le Ali coinvolge

in stile picnic (arrosticini, costine al

dimentica le sue radici, ma guarda al

i detenuti in una serie di iniziative di

BBQ, panini, bruschette e insalate), o

futuro con originalità e passione. Tra le

lavoro e formazione, allo scopo di favo-

concedersi un momento di piacevole

sue specialità, il principe della cucina

rirne l’inserimento sociale.

relax assaporando cocktail classici e

bolognese, il “tortellino”, con cui ha vin-

I lavori di ristrutturazione, effettuati

rivisitati, alcolici e analcolici, pestati o

to la Disfida del Tortellino nel 2014.

nel rispetto dei principi della bioedili-

centrifugati, con frutta di stagione.

Ad affiancare Ivan Poletti, è arri-

zia e del recupero di materiali, metto-

L’arrivo di Daniela Pascucci, mana-

vato Gianluca Leoni, chef di lunga

no in risalto la vicinanza con la natura,

ger accorta e professionale con una

esperienza, che ha portato a Ca’ Shin

che si evidenzia ed è presente, anche

grande esperienza nell’ambito dell’o-

anche un tocco di “dolcezza” in più,

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Golavagando

frutto della sua passione per la pasticceria e la panificazione in cui è un vero maestro. Le verdure provengono in prevalenza da TeO’, l’orto biologico e biodinamico, dove si svolgono corsi di orticoltura per adulti e bambini, spettacoli teatrali e concerti. Protagonisti del menù, il celebre cappuccino di tortellini, la giardiniera, il pane e i grissini fatti in casa,

Hôtel Marrakech Aria di casa in Marocco

le tigelle e le crescentine, le tagliatelle al ragù, i tortellini in brodo, le lasagne e i passatelli in crema di parmigiano,

L’Hôtel Marrakech è un riad di proprietà privata situata nel cuore della ‘città

insieme a tutta la pasta ripiena tirata

rossa’ di Medina. L’hotel si trova nei pressi della vivace piazza Jemaa El Fna,

al mattarello; a seguire … il friggione,

il souk e la Moschea Koutoubia del 12 ° secolo.

il pollo fritto, lo stinco, le costolette, lo

Questo storico Riad del 19 ° secolo, in origine parte centrale del palazzo Cai-

spezzatino, le polpette, e altri piatti a

dal, è composto da cinque ampie suite che circondano un cortile con giar-

base di carne proveniente da animali

dino e piscina, insolita per i riad di Marrakech. Questo affascinante rifugio

allevati in aziende selezionate.

offre buon cibo, comfort e servizio, con la tipica eleganza degli hotel degli

La carta dei vini “in crescita” ben

anni ‘30. Di proprietà di Jasper Conran, il riad unisce eccellente artigianato

equilibrata tra qualità e prezzo, offre

marocchino a pezzi antichi, tessuti, illuminazione e pezzi d’arte, parte della

una buona proposta enologica di pro-

sua personale collezione, Il risultato finale e’ la sensazione di essere in una

dotti locali, con un’attenzione parti-

casa accogliente piu’ che in un hotel.

colare ai Colli Bolognesi, a cui sono

L’Hôtel Marrakech offre una sua versione della cucina tradizionale maroc-

affiancate ottime etichette nazionali e

china. Il cibo viene servito sul balcone privato delle stanze, nella sala da

l’indispensabile birra.

pranzo o sulla terrazza. Agli ospiti vengono proposte vivaci insalate, verdure fresche, tagines, grigliate di carne e pesce, nonché la migliore bistecca e patatine dei dintorni. Sorbetti rinfrescanti, gelati e frutta fresca completano l’esperienza culinaria.

HÔTEL MARRAKECH 41 Derb Sidi Lahcen ou Ali - Bab Doukkala - Marrakech - Tel. +212 (0)524 38 78 80 it.l-hotelmarrakech.com - contact@l-hotelmarrakech.com

CA’ SHIN Via Cavaioni, 1 - Bologna - Tel. 051 589419 www.ca-shin.com

lapentolad’oro

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... DOVE ERAVAMO

RIMASTI ? I VOLTI DELLA RIPARTENZA

GLI INTERROGATIVI, LE CONSIDERAZIONI, LE STRATEGIE, DI CHI SI STA ADOPERANDO PER RIDARE VITA ALLA RISTORAZIONE E ALL’OSPITALITÀ


GourmetFood

LE CALANDRE

ALAJMO TRA NUOVE OPPORTUNITÀ E CONSOLIDAMENTO DELLA MEMORIA di

Foto

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di

Alessandra Meldolesi

Lido Vannucchi

e dal libro

IN.GREDIENTI


Dove eravamo rimasti?

Partenze e ripartenze per il gruppo la gastronomia a famiglia Alajmo; il covid come una tragica opportunità per attingere a energie più profonde e rinnovarsi in quello che somiglia a un paradossale stato di grazia. Travolto come tutti da un insolito lockdown, Massimiliano Alajmo con il suo secondo Diego Magro si è subito consacrato al delivery presso la gastronomia di famiglia a Padova, In.gredienti. Lanciando un’attività destinata a proseguire secondo una vision come sempre originale. Nessuna sovrapposizione con la casa madre, nelle proposte e nello stile; né tantomeno tentativi di emulazione racchiusi in box per aspiranti masterchef, sacchetti e sacchettini in plastica con le loro astruse istruzioni modello Ikea gourmet. Quella delle Calandre è un’esperienza che non può essere riprodotta o simulata a casa. Meglio cogliere l’occasione per fare altro, riscoprendo quella che in Francia è la nobile arte del traiteur, meritevole di potenti corporazioni,

concorsi al cardiopalma e corone di alloro. Qualcosa che in Italia si era un po’ perso, o forse non è mai esistito, ma che si può proficuamente innestare su un repertorio impareggiabile di specialità regionali dormienti, in attesa di nuova vita. “L’idea era quella di offrire un servizio e di tenere accesa una lampadina, per non mollare psicologicamente. Praticavamo già il delivery, abbiamo triplicato il fatturato ma non è mai stata una questione di numeri. Richiede molta ricerca, come tutte le cose nuove: adesso stiamo lavorando per spingere le spedizioni sul salato più lontano. Tutti piatti pronti, con qualche eccezione come il cappuccino di seppia; in alternativa tendenzialmente mando il cuoco. È una cucina gastronomia, ma senza complessi, che non ha bisogno della contestualizzazione del ristorante, ma riposa sull’adattabilità. Perché i momenti sono diversi. Ma i traiteur in Francia sono un’istituzione. E noi siamo andati a ripescare ricette dimenticate come il sartù, che poi hanno ispirato nuovi piatti. Adesso sta un po’ calando, per l’effetto elastico”.

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GourmetFood

A venezia l’Hostaria appena aperta Poi c’è il nuovo locale, appena lanciato nell’amatissima Venezia, dove si è trasferito il fratello Raffaele. Si chiama Hostaria in Certosa ed è un pop up estivo aperto sull’omonima isola, proprio al termine del pontile del vaporetto, in tandem con Vento di Venezia di Alberto Sonnino, società che gestisce l’isola e il Venezia Certosa Marina. La proposta è quella di piatti semplici per un’estate in laguna, dalle seppioline con

la polenta agli spaghetti con le vongole, dalla faraona arrosto all’hamburger del timoniere. L’apertura è sette giorni su sette, dalla mattina fino a mezzanotte: il luogo dove godersi un cappuccino o uno spritz, un cocktail o un gelato “soft” accomodati in un dehors che conta 100 coperti. Ma la degustazione può svolgersi anche via delivery a bordo di barche ormeggiate presso uno stallo dedicato, previa prenotazione sul sito.

“Erano diversi anni che questo nostro amico si proponeva. Poi qualche tempo fa ha cercato Raffaele: ‘È l’anno giusto’. Un mese fa non c’era niente, in dieci giorni abbiamo progettato una cucina e nei venti successivi abbiamo realizzato tutto. È un concetto di osteria molto semplice, che però ci consente di tenere occupati i collaboratori, limitando al massimo la cassa integrazione. In termini di fatturato probabilmente non

Orto extra vergine Ricetta per 4 persone

INGREDIENTI purea di melanzane: 400 g di melanzane tonde viola 10 g di olio extravergine di oliva delicato 4 g di sale Pelare le melanzane, tagliarle a cubetti, porle in una pirofila di vetro (o ceramica) e cuocerle coperte al microonde, sino a quando risulteranno tenere. Asciugarle bene per eliminare l’acqua di cottura e frullarle con l’olio e il sale. Raffreddare. INGREDIENTI Tartare di pomodori: 200 g di pomodori ramati 100 g di pomodorini di Pachino 2 g di sale 1 g di zucchero semolato olio extravergine di oliva delicato q.b 1 pizzico di origano Scottare appena i pomodori in acqua bollente, pelarli e privarli totalmente dei semi. Tritarli finemente e cospargerli con il sale e lo zucchero. Colare su un setaccio, lasciando separare la polpa dal liquido. Recuperare la polpa e condirla con un filo d’olio e l’origano.

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Dove eravamo rimasti?

cambierà nulla, anzi. Serve a tener vivo il respiro di tutti noi e a nutrire la speranza, per andare avanti. Ma se funziona potrebbe proseguire per tre mesi l’anno, perché il posto è veramente suggestivo. Sei in laguna, hai un grande spazio in quest’isola che è ancora molto selvatica, c’è una piattaforma galleggiante di 700 metri quadrati con i divani dove mangiare e uno spazio sul prato dove fare picnic o sedersi. Oltre a una cucina a vista con tavoli coperti, molto ben decorata. Siamo partiti da spiedo e barbecue, con proposte anche di carne, ma siamo pronti a variarle a fisarmonica. L’altro giorno ho fatto il giro dell’isola ed era piena di gelsi selvatici. Li abbiamo subito raccolti per la granita”.

INGREDIENTI Acqua di pomodori: 500 g di pomodori datterini Frullare i pomodori e versare il composto in un’etamina. Scolare sopra una bacinella per una notte, senza pressare e in modo che filtri solo l’acqua di vegetazione. INGREDIENTI Gelatina di acqua di pomodoro: 100 g di acqua di pomodoro 1 g di agar agar 1 pizzico di sale Condire l’acqua di pomodoro con il sale e dividerla in due parti. Legare 50 grammi con l’agar agar e bollire frustando per pochi secondi. Unire la restante acqua a temperatura ambiente, mescolare bene, colare in stampi rettangolari (5 x 4 cm) a uno spessore di ½ cm. Lasciare rapprendere in frigorifero. INGREDIENTI Crema di pistacchi: 250 g di pistacchi grattugiati 200 g di acqua minerale naturale Frullare i pistacchi con l’acqua e trasferirli nel bicchiere del Pacojet®. Congelare a -20°C e pacossare.

Calandre un entusiasmo ritrovato: Il cuore tuttavia continua a battere in via Liguria, dentro quello che ormai da diversi lustri è uno dei ristoranti più importanti del mondo. È qui che corrono le sperimentazioni e le ricerche, destinate a impattare sugli ormai numerosi locali del gruppo, da Venezia a Parigi, riaperti in ordine sparso. I dipendenti in tutto erano circa 200: oggi lo zoccolo duro è già attivo, ma mancano ancora gli stagisti. “Un problema ma anche un opportunità, nel senso che i capireparto sono tutti attivi e la squadra si sta strutturando in

INGREDIENTI Pesto di basilico e pistacchi: 300 g di foglie di basilico fresco 150 g di pinoli 150 g di olio extravergine di oliva delicato 2 g di sale 300 g di crema di pistacchi Lavare e asciugare bene le foglie di basilico. Frullare velocemente l’olio e i pinoli senza farli scaldare. Unire il basilico e il sale, frullare ancora per qualche secondo sino ad avere un pesto omogeneo. Aggiungere la crema di pistacchi. INGREDIENTI Salsa di pomodorini: 120 g di pomodori datterini 3 g di sale 2 g di zucchero semolato 15 g di olio extravergine di oliva delicato Frullare i pomodori, setacciare con uno chinois fine e condire con il sale, lo zucchero e l’olio. INGREDIENTI Melanzane all’origano: 270 g di melanzane tonde viola 15 g di olio extravergine di oliva delicato 2 g di sale 0,5 g di origano

Privare le melanzane della buccia, affettarle e scottarle al vapore per 2’. Tagliarle a cubetti (1,5 cm) e saltarle con l’olio, il sale e l’origano. PER TERMINARE: 4 pistacchi tritati grossolanamente 240 g di pomodori datterini tagliati a rondelle e conditi con olio e sale 8 anelli di cipolla rossa condita con olio, sale e aceto balsamico tradizionale 4 olive nere taggiasche tagliate a pezzi 6 g di foglie di basilico 20 g di pane carasau tostato alla salamandra olio extravergine di oliva delicato q.b. COMPOSIZIONE: In una fondina disporre un cucchiaio di purea di melanzane, guarnire sopra con una striscia di pesto di basilico e pistacchi e i pistacchi tritati. Disporre accanto la tartare di pomodori, la salsa di pomodorini e i datterini coperti con la gelatina di pomodoro. Guarnire con le melanzane a cubetti, gli anelli di cipolla, le olive nere e il basilico. Terminare con la sfoglia di pane carasau calda. Irrorare con un filo d’olio.

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GourmetFood

Cappuccino al nero di seppia

Ricetta per 4 persone INGREDIENTI per le seppie al nero:

Ingredienti per 4 g.300 di seppie pulite tagliate a cubetti g. 150 di Brodo vegetale g. 30 di vino bianco g. 20 di cipolla bianca tritata g. 20 di olio extravergine di oliva 1⁄4 di spicchio di aglio 1⁄2 foglia di alloro un pizzico di sale nero di seppia (ricavato dalla sacca durante la pulizia della seppia) Sudare la cipolla e l’aglio nell’olio, unire le seppie, rosolare appena e bagnare poco per volta con il vino bianco. Sfumare e aggiungere il nero di seppia e il Brodo vegetale poco alla volta. Incoperchiare e cuocere lentamente fino a intenerimento delle polpe

INGREDIENTI per la crema di patate:

g. 450 di patate pelate e tagliate a cubetti di 2 cm g. 100 di panna g. 95 di latte g. 60 di Brodo vegetale bollente g. 20 di olio extravergine di oliva g. 6 di sale g. 3 di zucchero g. 3 di erba cipollina a julienne g. 1,5 di salsa di soia

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Versare le patate in una pentola colma di acqua fredda e lessarle senza sale. Frullarle al termo-mix a 60°C unendo il latte, la panna, la soia, lo zucchero e il sale. Versare a filo l’olio ed emulsionare con il brodo bollente. Travasare la crema in una terrina calda, unire l’erba cipollina e mescolare delicatamente per le seppie al nero. PREPARAZIONE

1 cucchiaino di erba cipollina tagliata a julienne qualche goccia di olio extravergine di oliva Porre in un bicchiere di vetro trasparente un cucchiaio di seppie al nero e ricoprirle con la crema di patate.

Terminare guarnendo sopra con alcune gocce del sugo di cottura delle seppie e con l’olio; cospargere con un pizzico di erba cipollina. ACCORGIMENTI In base al tipo di patata utilizzata, il dosaggio degli ingredienti potrebbe subire variazioni (ad esempio una patata contenente più amido potrebbe richiedere un maggior quantitativo di liquido). NOTE DI ESTRAZIONE Accompagnare la crema di patate calda a un guazzetto bianco di mare con triglie di scoglio, granseola, cannocchie, crostacei, vongole e cozze con il loro sugo di cottura, cosparso con olio alla nigella, prezzemolo battuto grosso e peperoncino.


modo coeso, con una responsabilizzazione più diretta, che poi consentirà di delegare con maggiore consapevolezza”. Capitolo vini, aggiunge il sommelier Matteo Bernardi, si stappano tanta Italia e tante novità, gli ospiti hanno voglia di scoprire nuovi sorsi e di lasciarsi consigliare.

gran parte habitué. Perché il cliente locale è quello che crea un’atmosfera. Cerchiamo sempre di gestire la sala, quando per le circostanze più varie si presentano ondate di una nazionalità alterniamo i tavoli, in modo che uno parli in dialetto, l’altro in italiano. E nessuno si senta spaesato”.

“Ci sono stati momenti in cui non riuscivo ad aprire il pass e guardare le stoviglie: temevo che non sarei più riuscito a usarle. Adesso siamo felici”, racconta Massimiliano. “Abbiamo ritrovato un grande affetto dai nostri ospiti. Sento comprensione, grande attesa e grande desiderio di ritrovare le proprie abitudini, i piatti, le novità. Anche le stesse persone che servivano prima.

Se ne occupa il direttore di sala Andrea Coppetta Calzavara, storica colonna del ristorante, ora incaricato di armonizzare servizio e atmosfere, studi e stili di tutti i locali del gruppo. “Penso che la gente si stia abituando a certe prassi, come il controllo di temperatura”, dice. “Giochiamo molto con i profumi di Massimiliano e Lorenzo Dante Ferro, come il gel sanificante alla fragranza di Memoria”.

Ci sono clienti nuovi, del territorio, che magari si erano avvicinati attraverso il servizio di delivery. Giovani di Padova alla loro prima esperienza. Ed è un radicamento prezioso, anche per chi come noi non è mai stato dipendente dall’estero. Abbiamo sempre lavorato con un 70% di italiani, in

Gli fa eco lo chef: “È qualcosa che probabilmente a fine pandemia resterà, perché è diventato un’opportunità. Sotto il profilo igienico è fantastico e nelle mani si ritrovano le stesse note degli ambienti. Noi stessi abbiamo procedure interne molto più rigorose dei protocolli governativi: ogni

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GourmetFood

mattina alle 6 tutti i nostri locali sono nebulizzati con un prodotto atossico, dal pavimento al soffitto, ma è un intero tomo. Il cambio del tovagliolo è effettuato con la clips, per evitare ogni contatto con la mano, in una scatola chiusa; i vassoi dello sbarazzo sono diversi da quelli del carico e costantemente sanificati; se un ospite si reca alla toilette punti come le maniglie sono

immediatamente ripassati. Tutto in modo poco visibile”. La stessa cucina non poteva che evolversi, diventando se possibile ancor più se stessa: quindi più ludica e stratificata, golosa e maniacale, soprattutto intensa e pregna di significazioni ulteriori. “Al momento di riprogettare il menu, l’intento è stato quello di cercare una proposta più timbrica, dove gli ingredienti fossero percepibili in ma-

niera ancora più intensa. Alcuni piatti sono molto diretti, poi ovviamente la filosofia è la medesima. L’idea è di essere estremamente concreti, pur mantenendo una dinamica di grande ricerca, per quanto non ostentata. Alcuni classici, come la battuta, hanno subito variazioni: non viene più servita nella corteccia, ma in un guscio sottile e croccante, come un panino. In totale sicurezza, con un effetto divertente”.

Profumi per il recupero della “normalità” “Abbiamo lavorato sui colori, come già nel delivery, per il loro effetto psicologico. Abbiamo semplificato alcune cose come il pane, ma alzando il livello. E abbiamo concentrato il menu, diminuendo i piatti, per ottenere identità di percorso ancora più incisive. Ades-

so sono otto corse. Per quanto riguarda il servizio, volevamo che le nostre attenzioni non destassero ulteriore preoccupazione nel cliente, facendolo sentire tranquillo: superata la prima mezz’ora, doveva dimenticare. E devo dire che funziona. All’inizio le precauzioni, per rassicurare; poi il primo

bicchiere, il pane caldo, quel recupero della propria memoria che fa abbassare le difese”. Le opportunità sono anche stilistiche, per una cucina che è sempre stata improntata alla prossimità piuttosto che al distanziamento fisico, fatta di finger fo-

LE CALANDRE -Via Liguria, 1, 35030 Rubano (PD) - 049 630303 - www.alajmo.it

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Dove eravamo rimasti?

Tagliolini al fumo

con burro, acciughe, speck e sfoglie di tuorlo d’uovo

Ricetta per 4 persone INGREDIENTI per tagliolini:

g. 250 di semola di grano duro g. 60 di uova intere g. 50 di acqua calda a 60°C Impastare la semola con l’acqua, unire le uova e lavorare sino ad ottenere un impasto liscio e compatto, da riposare almeno 30 minuti coperto con pellicola trasparente prima di lavorarlo. Tirare la pasta in sfoglie sottili 3 mm e formare dei tagliolini di 20 cm di lunghezza. Distenderli su un canovaccio di cotone, ricoprirli con un altro canovaccio e affumicarli a freddo per 20 minuti con legno di faggio INGREDIENTI per condimento:

g. 160 di brodo di gallina affumicato g. 80 di burro g. 25 di pancetta affumicata g. 25 di speck g. 10 di erba cipollina tagliate finemente g. 10 di prezzemolo tritato una macinata di pepe nero In un tegame fondere il burro e diluire con il brodo di gallina. Togliere dal fuoco e unire la pancetta e lo speck tagliati a julienne. Aggiungere l’erba cipollina, il prezzemolo e il pepe nero. Tenere al caldo

INGREDIENTI per le sfoglie di tuorlo d’uovo:

g. 150 di tuorlo d’uovo sodo una percezione di zucchero 1 pizzico di sale PROCEDIMENTO Ridurre a tocchetti il tuorlo d’uovo sodo, cospargerlo con il sale e lo zucchero e porlo a seccare su un foglio di carta da forno a 62°C per 8 ore. Affumicarlo a freddo coperto con una garza fine per 20 minuti. Passarlo alla raffinatrice più volte ottenendo delle sfoglie sottili INGREDIENTI per la gelatina di brodo affumicato:

g. 100 di brodo di gallina affumicato 1 pizzico di sale di sale g. 1 di salsa di soia g. 1 di gelificante vegetale in polvere 1 percezione di zucchero Scaldare il brodo aggiungendo il sale, la salsa di soia e lo zucchero. Portare il composto a 90°C, versare a pioggia il gelificante vegetale, frustare per un minuto e togliere dal fuoco. Versare il brodo in uno stampo quadrato di 7 cm per lato e alto 2 cm; raffreddare e tagliare a cubi di 1 cm per lato

g. 40 di parmigiano reggiano grattugiato 4 steli di erba cipollina tagliata finemente 1 acciuga del Cantabrico sott’olio a pezzetti una macinata di pepe nero Cuocere i tagliolini in abbondante acqua salata. Saltarli nel condimento e cospargere con il parmigiano. Suddividere i tagliolini in 4 fondine, guarnire ogni piatto con 2 pezzetti di acciuga, 5 scaglie di tuorlo, un pizzico di erba cipollina, una macinata di pepe nero e 5 cubi di gelatina scaldata appena al microonde

ACCORGIMENTI In fase di mantecatura aggiungere poco brodo bollente di gallina per rendere la pasta più cremosa

NOTE DI ESTRAZIONE I tagliolini al fumo sono ottimi conditi anche con ortaggi misti saltati

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GourmetFood

od, condivisione, perfino contatto. “Tutti aspetti che abbiamo recuperato facilmente, con qualche gioco. Prendiamo il pane: a un certo punto ne serviamo una fetta calda in una ciotola. Qualcosa di anomalo, ma dirompente, perché non lo mangi subito, ma lo aspetti come identità di profumo importante. Arrivi lo stesso alla materia, forse in maniera più profonda e spirituale perché c’è un’aspettativa che deve essere corrisposta.

Perché le neuroscienze sono il futuro, ma anche il passato della cucina. Le stesse mascherine, quando l’ospite si siede a tavola, vengono disinfettate con uno spruzzo di oltre 20 nature essenziali e racchiuse in un sacchetto, perché non mi piace vederle sul tavolo e perché quando il cliente si alza, se ne va con un ricordo odoroso. Ho iniziato in cucina, nebulizzando bergamotto perché sentivo un odore sgradevole. E mi ha cambiato la giornata”.

Oltre al gel, la cui fragranza segreta conta 150 note, abbiamo lavorato sul rito dell’abluzione delle mani, sfruttando le temperature, quindi una nebulizzazione, un bagno caldo e uno freddo nel ghiaccio, in modo da aprire i pori per potenziare la sensazione balsamica sgrassante, quando si mangia qualcosa di unto con le mani.

Quindi sinestesie fra sensi di lontananza e vicinanza, profumi e colori. Ma anche gioco e ironia: vedi l’apoteosi delle forchette telescopiche uscite dai cassetti di Erminio alla Montecchia, per imboccare l’ospite in tutta sicurezza: un diversivo rispetto al “servizio al bacio”, che consente di sentirsi vicini in questi tempi di distanziamento.

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Panna Cotta Ricetta per 4 persone INGREDIENTI:

g. 160 di panna g. 80 di latte g. 30 di zucchero semolato g. 80 di tuorlo d’uovo 1 pizzico di baccelli di vaniglia 1 spruzzo di essenza di incenso 1 spruzzo di essenza di vaniglia

CURIOSITÀ: Il gioco in questo dessert consiste nel sollecitare il senso dell’olfatto per indovinare la presenza della crema nascosta sotto il piatto, che viene servita come se il piatto fosse vuoto.

Mescolare la panna e il latte con g. 8 di zucchero in una casseruola, portare ad ebollizione quindi raffreddare a 80 °C. Versare questo liquido sul tuorlo d’uovo mescolato con lo zucchero rimasto e la vaniglia. Profumare la base della crema con le essenze. Rovesciare 4 piatti fondi, raffreddarli e versare alla base grammi 17 di panna a testa. Posizionare i piatti su una piastra perforata e cuocere in forno a vapore a 83°C per 6 minuti. Raffreddare rapidamente a 4°C e tenere in frigorifero.

PER FINIRE:

4 foglie d’oro commestibili a 24 carati 4 spruzzi di essenza di vaniglia

COMPOSIZIONE: Coprire con una lamina d’oro l’intera superficie della crema. Girare delicatamente il piatto e servirlo su un foglio di carta alimentare trasparente profumato con uno spray di vaniglia.

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CONTRASTE -Via Giuseppe Meda, 2, 20136 Milano -02 4953 6597 - www.contrastemilano.it

A MILANO

CONTRASTE

SENZA CONTRASTI E NEL SEGNO DELLA CONTINUITÀ di

Elsa Mazzolini -

La perentoria scultura che buca il nero della parete per invitare al silenzio - in quanto è la cucina a parlare là, dietro una serratura d’oro (come il silenzio, appunto) - oggi ancor più sembra invitare a tacere sulle negatività che hanno avvolto Milano nei mesi scorsi e a concentrarsi su quanto ancora può gratificare ogni ospite: un meraviglioso salone dove le eleganti distanze tra i tavoli sono

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foto di

Alessandro Ghirelli

la regola da sempre e dove il genio creativo di Mathias Perdomo trova la cornice ideale. È lui, motore travolgente di uno staff di straordinari professionisti, a spiegare in breve che c’è “contraste” solo tra le differenti gamme di sapore che conducono all’armoniosa sintesi del suo stile inconfondibile, ma c’è invece linearità nelle scelte legate alla riapertura:


Pane Verde (sifone)

Dove eravamo rimasti?

INGREDIENTIÂ

g. 80 prezzemolo g. 80 farina di riso 3 uova 1 albume 1 uovo sodo g. 30 aceto invecchiato g. 30 aceto bianco g. 10 colatura di alici g. 30 zucchero g. 10 albumina 10 acciughe

PREPARAZIONE Sbollentare il prezzemolo e raffreddarlo in acqua e ghiaccio. Scolarlo e frullarlo nel Bimby insieme al resto degli ingredienti; passare al colino a maglia fine. Caricare un sifone da litro con due cariche. Lasciare riposare in frigorifero per un’ora. Stampare un centimetro di pane verde e cuocerlo in forno a microonde per 1,5 minuti a massima potenza. Lasciare raffreddare dentro lo stampo rovesciato, decorare con una fragola e servire.

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Sashimi di bue e foie gras INGREDIENTI

“Pensiamo sia tornato il momento per ritrovare spazio per la positività e i sorrisi. E’ stato un periodo duro, ma ci siamo sentiti di continuare ad investire su noi stessi sentendo soprattutto il calore dei nostri clienti/amici anche durante il lockdown. Abbiamo aperto il primo giugno per cercare di riprendere quella che per noi è la nostra vita: oltre alla formula 7 su 7, ormai consolidata da due anni, abbiamo deciso di aggiungere un servizo, quindi la domenica Contraste e’ aperto sia a pranzo che a cena: questo per garantire gli spazi adeguati alla situazione e per accontentare le richieste che, lo rileviamo con grandissima gioia, sono numerose. Viaggiamo tutta la settimana al completo con numeri “pre covid” seppure senza una lista d’attesa, cosa che in realtà’ non ci dispiace: dire di no a ospiti che ci scelgono è sempre spiacevole. Ci rendiamo conto — conclude lo chef — di essere fortunati e di aver seminato bene; siamo certi che con positività e iniziative adeguate tutto andrà sempre meglio”.

g. 300 filetto di bue g. 100 foie gras g. 25 di Pedro Ximenes​ g. 25 sesamo nero​ sale q.b. Olio extravergine di oliva umeboshi fogli di insalata

PREPARAZIONE Marinare il foie gras con il vino dolce per 6 ore in frigorifero. Pulire il filetto. Tagliarlo a sezioni. Tagliare le sezioni in favore della fibra. Schiacciare ogni trancio con il batticarne. Condire con sale, olio ed il sesamo nero. Affettare sottilmente il foie gras marinato sulla carne per apportare il grasso mancante al filetto. Condire con piccole gocce di umeboshi e salsa bernese. Guarnire con le foglie di insalata. INGREDIENTI della Salsa Bernese

g. 100 scalogno g. 200 aceto di vino bianco 2 tuorli di uova g. 200 burro chiarificato sale q.b.

PREPARAZIONE Tagliare lo scalogno a julienne, metterlo insieme all’aceto in un pentolino a fuoco basso e fare ridurre a ¾ dell’aceto. In una bacinella di acciaio a bagnomaria porre i tuorli e lo scalogno insieme all’aceto. Incorporare con l’aiuto di un frustino il burro chiarificato. Aggiustare di sale.

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Tartare di coniglio arrosto INGREDIENTI

Lombatta coniglio PREPARAZIONE Scalzare i controfiletti di coniglio, privarli di ogni tessuto connettivo. Abbattere. Tagliarli da semi abbattuti a cubetti il più regolari possibile.

Noodles di Capesante INGREDIENTI

k. 1 di capesante g. 25 di colatura di alici l. 1 di olio di girasole per cottura

Olio di olive nere

Cuocere le olive scollate in forno a 150°C per 40 minuti. Denocciolare e passare all’estrattore. Conservare.

Olio di peperonata

4 cipolle dorate • 4 peperoni rossi • l. 1 di olio extravergine di olive • l. 1 di olio d’oliva • g. 20 di paprika affumicata • sale Mettere in pentola con gli oli la cipolla ed i peperoni tagliati a julienne. Cuocere a fuoco basso per 3 ore; condire con paprika e sale. Filtrare e conservare.

Olio al rosmarino

g. 100 di foglie di rosmarino fresco • g. 100 di olio evo Chiudere sottovuoto l’olio con 50 grammi di rosmarino. Cuocere in Roner a 60°C per 2 ore. Passare all’estrattore l’olio aromatizzato al rosmarino con il resto del rosmarino fresco.

Fondo di coniglio arrosto

Spalle, pance e cosce di coniglio • Ossa delle lombate • Olive • Capperi • Rosmarino • Carcasse coniglio • Grasso di rognone di coniglio • Sale Tostare le ossa in forno con olive, capperi e rosmarino a 180°C per 40 minuti, fino a quando prendono il colore dell’arrosto. Rosolare in pentola le spalle e le cosce del coniglio con olio d’oliva. Una volta colorate, aggiungere olive, capperi, le ossa tostate e il grasso dei rognoni. Bagnare con vino bianco. Far evaporare l’alcool, coprire di acqua e portare a bollore. Dopo quattro ore filtrare il primo giro, coprire nuovamente con acqua e fare andare per altrettanto tempo. Filtrare il secondo giro di cottura e metterlo insieme al primo; restringere sul fuoco (deve rimanere la stessa quantità di acqua e di grasso). Emulsionare e servire.

PREPARAZIONE Frullare le capesante insieme alla colatura di alici. Passare al setaccio fine. Caricare una sac a poche con una punta da due millimetri di diametro. Portare l’olio per la cottura a 65°C. Formare i noodles direttamente nell’olio caldo; scolarli dopo un minuto di cottura.

Sifone di parmigiano INGREDIENTI

g. 300 di panna g. 700 di latte g. 250 di parmigiano g. 30 di albumina

PREPARAZIONE Mettere nel Bimby panna, latte e albumina, portare a 70°C, aggiungere il parmigiano e frullare a velocità massima per un minuto (deve diventare una mousse). Passare al setaccio a maglia fine. Riempire il sifone con il composto e caricare una bomboletta di gas. Servire.

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A BOLOGNA

I CARRACCI SOTTO LE STELLE Il ristorante I Carracci cambia location e si trasferisce nelle splendide terrazze del 5 stelle lusso bolognese, tra fiori rampicanti, luci soffuse il nuovo menù estivo dello chef Cristian Mometti.

Cenare sotto le stelle in una terrazza fiorita di gelsomini, ammirando una torre medievale, assaporare i piatti dello chef Mometti brindando con ottime etichette: è Moonrise Fine Dining, la nuova proposta - ricca di romanticismo e charme - del Grand Hotel Majestic “già Baglioni” di Bologna. È la prima volta che il ristorante I Carracci, il suo fiore all’occhiello, si trasferisce sulle splendide terrazze della struttura. Una novità dell’estate 2020 che promette un banchetto

dei sensi grazie al servizio elegante, alle luci soffuse e al menù estivo creato da Cristian Mometti, a base di prodotti di stagione: la migliore sintesi della sua creatività e filosofia gastronomica. Al centro delle ricette dello chef, il culatello di Zibello alla faraona servita con ciliegie, mosto rosso e mandorla, gli gnocchetti alla ricotta di pecora al filetto all’aceto balsamico tradizionale di Modena. Note di mare fanno capolino con il caviale Asetra, la brandade di baccalà, l’astice in buillabaisse con verdure croccanti. I dessert sorprendono per le note fruttate e le texture. Le stesse prelibatezze si possono gustare, come sempre, nella classica sala del Ristorante I Carracci, circondati dagli affreschi della scuola bolognese.

I CARRACCI Grand Hotel Majestic già Baglioni Via Manzoni, 2 - 40121 Bologna Tel.: 051 225445 www.grandhotelmajestic.duetorrihotels.com

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Chi preferisce godere di un aperitivo o un light lunch all’interno può accomodarsi al Café Marinetti. Il bistrot, ispirato alle avanguardie novecentesche, è intitolato al poeta e scrittore inventore del futurismo, tra i celebri frequentatori dell’hotel. Nella ristorazione, dunque, il Majestic garantisce

elevati standard di sicurezza: in particolare propone menu digitali in modalità contactless, segue scrupolosamente le norme sul distanziamento, garantisce le procedure di sanificazione – ecologiche e sostenibili – e l’uso dei dispositivi di protezione individuale da parte del personale.

Spaghetti

le bucce ad asciugare in forno a 60°C per 1 giorno. Tagliare a metà i pomodori spellati e adagiarli su una teglia, salarli, peparli, inserire gli spicchi di aglio a piacere e cuocere in forno a 120°C per 3 ore. A cottura ultimata frullare a crema, filtrarla e metterla da parte. Il restante del pomodoro San Marzano va passato alla centrifuga due volte, mescolandolo alla polpa messa da parte.

al pomodoro San Marzano, basilico e pomodori confit Ricetta per 4 persone INGREDIENTI:

g. 320 di spaghetti • kg. 2,5 di pomodori San Marzano • 4 spicchi d’aglio • 2 mazzi di basilico reciso • olio evo q.b. • sale e pepe q.b. INGREDIENTI per olio aromatizzato al basilico:

g. 150 olio evo • 1 mazzo basilico INGREDIENTI per pomodori confit:

g. 150 di pomodori misti • g. 50 di olio evo • g. 20 di zucchero • buccia di 1/2 limone • 1/4 di stecca vaniglia PROCEDIMENTO per salsa pomodoro: Sbicanchire metà del pomodoro San Marzano in acqua bollente e raffreddare in acqua e ghiaccio. Spellare i pomodori e mettere

PROCEDIMENTO per olio aromatizzato al basilico: Sbianchire il basilico in acqua bollente per 2 secondi, raffreddarlo in acqua e ghiaccio e frullarlo con l’olio evo. Filtrare e tenere da parte. PROCEDIMENTO per pomodori confit Mettere in una teglia tutti gli ingredienti e cuocerli in forno a 80°C per 4 ore. FINITURA del piatto: Cuocere gli spaghetti in abbondante acqua per 7 minuti e poi altri 7 minuti nel succo di pomodoro (g. 450 di succo a porzione di spaghetti). Scolare, impiattare con l’olio aromatizzato al basilico, qualche fogliolina di basilico fresca, i pomodori confit e la buccia di pomodoro secca tritata.

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A FANO

ALLA LANTERNA

VINCE LA QUALITÀ COSTANTE di

Maria Chiara Zucchi

Trasparenza per generare fiducia. È questo il messaggio che, non da oggi, proviene dalla famiglia Cerioni che, in toto, gestisce il ristorante “Alla Lanterna” a Metaurilia di Fano. Flavio e il figlio Enrico in sala, Elide in cucina e Silvia all’amministrazione, formano il team di un locale che ha saputo emergere tra gli altri, nelle Marche, per la qualità assoluta perseguita senza compromessi. Tutti, colleghi e ospiti, conoscono perfettamente il rigore con cui Flavio garantisce pesce solo fresco ed Elide cotture espresse realizzate con rara competenza: le scelte sono ben avvertibili e la carta (ora inviata direttamente sul telefonino del cliente) ne è lo specchio. Altro plus pienamente avvertibile è quella distanza tra i tavoli garantita da sempre in una sala elegante, in un altra più ampia e simile ad un giardino racchiuso dentro ampie vetrate, e ancor più negli spazi del dehors. A vista, nell’ingresso, anche la bella stanza dei vini da scegliere tra

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quelli delle più convincenti produzioni della regione e tra quelli nazionali, con aggiunta di prestigiosi champagne. Cosa è cambiato in questa riapertura tanto attesa dai clienti da garantire subito le prenotazioni? Poco in cucina perchè i piatti non hanno gli eccessivi fronzoli di una certa ristorazione d’immagine, ma hanno i sapori e la fragranza di cotture molto accorte, rispettose della materia prima: l’abuso della manipolazione è oggi quanto di meno gradito agli ospiti che privilegiano invece la semplificazione delle proposte. Alcuni dei piatti del menù, quelli più adatti ad essere consumati anche a casa propria, vengono confezionati con la formula dell’asporto presso il ristorante stesso. Poco è cambiato anche sul servizio che, con la consueta cordialità ma con le misure oggi obbligatorie, punta soprattutto sul rapporto interpersonale, empatico, sorridente, disponibile.

RISTORANTE ALLA LANTERNA Strada Nazionale Adriatica Sud Metaurilia, 78, 61032 Fano (PU) - Tel.: 0721 884748 www.allalanterna.com


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Spigola croccante

con carciofi e maionese di carciofi INGREDIENTI per 4 persone

4 filetti di spigola da g. 120 farina di riso 6 carciofi 1 tuorlo aglio olio evo PREPARAZIONE Pulire 4 carciofi privandoli delle foglie esterne (tenere da parte i gambi per la salsa), e tagliarli in 4 parti, rosolandoli in padella con olio e uno spicchio d’aglio. Tagliare i restanti carciofi molto finemente e friggerli in olio di semi a 180 gradi per ottenere delle chips. Frullare i gambi dei carciofi precedentemente bolliti per 5 minuti con il tuorlo, un goccio di aceto e un filo d’olio. Infarinare i filetti di spigola con la farina di riso, salarli, cuocerli in una padella antiaderente prima dalla parte della pelle per farla diventare croccante, poi sull’altro lato e finire la cottura. In un piatto fare una striscia di maionese di carciofi, adagiarvi i carciofi, il trancio di spigola e le chips di carciofi.

Tagliolini

ai frutti di mare INGREDIENTI per 4 persone

PER LA PASTA 4 uova g. 350 di farina 0 oppure 00

PREPARAZIONE Tirare la sfoglia abbastanza sottile; tagliarla a tagliolini

PER IL SUGO g. 500 di vongole g. 200 di cannolicchi g. 300 di fasolari aglio q.b. prezzemolo q.b. olio evo q.b. PREPARAZIONE Lavare molto bene le vongole, i cannolicchi e i fasolari. In una pentola con pochissima acqua far aprire i molluschi. Una volta aperti, sgusciarli, filtrare la loro acqua di cottura. Soffrigerli in olio evo con uno o due spicchi d’aglio finemente tritati fino a dorarli, aggiungere le vongole, i cannolicchi e i fasolari per ultimi dopo averli leggermente tagliuzzati, farli andare per qualche minuto e aggiungere l’acqua di cottura quanto basta. Finire di cuocere per altri 7-8 minuti. In una padella versare il sugo che risulterà molto liquido, scottare i tagliolini e completare la cottura nella padella a fuoco molto alto. Aggiungere il prezzemolo ed impiattare.

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A SORRENTO TORNERÀ IL SOLE GIUSEPPE AVERSA RACCONTA COME “IL BUCO” STA RIPARTENDO di

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Elsa Mazzolini


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Forse quel nome, “Il Buco”, è l’unico elemento non sufficientemente ponderato da Giuseppe Aversa, lo chef patrón di uno dei locali più noti e apprezzati nel panorama della ristorazione campana. Lui che, nel tempo, ha dimostrato la validità delle sue scelte e un’indiscussa abilità strategica, non poteva prevedere, oltre vent’anni fa, che tale appellativo sarebbe presto diventato riduttivo e inadeguato a descrivere la sua nuova, articolata attività. Quel piccolo antro con il soffitto in tufo ricavato nei sotterranei di un antico monastero è infatti ora solo uno degli addentellati di una esemplare ed estesa realtà sorta nel cuore di Sorrento, purtroppo appena prima dell’imprevedibile sconvolgimento epocale che sta cambiando il mondo. “Il Buco” originario si è dunque allargato a dismisura: ha ampliato dapprima la funzionale cucina, è salito poi al piano superiore per creare un elegante ambiente con comodi arredi modulari, ideali per usi diversi, ha occupato d’estate gli spaziosi gradoni che dal centro portano al mare e ora ha dato vita ad un progetto di ampio respiro che ha l’ambizione e la funzione del completamento fisiologico: uno spazio enoteca

2ª Rampa Marina Piccola, 5 (Piazza S.Antonino), 80067 Sorrento (NA) Tel.: 081 878 2354 www.ilbucoristorante.it

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importante con oltre 1200 etichette, una zona pranzo ariosa con un design contemporaneo, una comunicativa scuola di cucina. Non si può giustificare un’opera di così rilevante entità – che sembra azzardata nel contesto storico attuale – se non la si vedesse sorretta da una solida logica imprenditoriale. E Giuseppe Aversa non difetta certo di logica o di raziocinio: nei 22 anni di attività sulla Rampa di Marina Piccola, la costante espansione dei suoi progetti è sempre stata coerente e nutrita di rischi ponderati. Oggi come allora la spinta motivazionale è quella di chi, oltre ad una mente aperta, possiede una natuarale propensione all’azione e alla reazione, con la capacità di affrontare i cambiamenti con spirito di iniziativa e cuore grande. “Il mio obiettivo – confida lo chef patron – è sempre stato quello di offrire un luogo dove sentirsi a casa, dove poter avvertire la spontaneità delle nostre coccole, dove vivere e condividere momenti di benessere. Cerchiamo di instaurare un rapporto empatico con i nostri ospiti attraverso un servizio partecipe e sinceramente premuroso, l’ambiente accogliente, la cucina intelleggibile. La comprensibilità delle proposte gastronomiche è da sempre il nostro faro, ma oggi più che mai linearità e chiarezza in cucina sono quei valori indispensabili che fanno la differenza:

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Triglia scottata

su tortino di patata viola, aria di caciucco e puntarelle Per 4 persone INGREDIENTI

4 triglie • 8 patate viola medie • puntarelle q.b. aria di caciucco (caciucco+lecitina g. 5 per litro) tartufo nero estivo PREPARAZIONE Cuocere le patate viola in abbondante acqua. Schiacciarle e condirle con sale, olio, pepe e limone grattugiato. Scottare le triglie in padella su carta da forno e un filo d’olio. Tagliare le puntarelle a julienne, condirle con sale, pepe e olio. Completare il piatto come nella foto.

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il nostro stile non contempla l’effimero, il superfluo, l’espediente fatto solo per colpire, ma privilegia l’estrema freschezza delle materie prime, cotture che le rispettino e una costruzione del piatto che le metta in evidenza. Paradossalmente il blocco totale delle attività a cui siamo stati obbligati e che ha generato nuove regole di sicurezza ci sta favorendo: non abbiamo più una carta complessa, articolata secondo proposte stagionali, ma offerte del giorno che, collegate elettronicamente al nostro sistema gestionale, possono essere modificate al momento proprio in base a ciò che ci offre quotidianamente la rete di produttori con cui abbiamo un rapporto diretto. In questo modo – conclude Aversa – non siamo costretti all’approvvigionamento di una quantità cospicua di materie prime obbligatorie, la linea delle proposte è più fluida e dinamica e viaggiamo ad una velocità creativa più entusiasmante”. Eccesso di ottimismo? Aversa non è certo il tipo che ignora i gravi problemi di oggi, infatti ha previsto per quest’anno una contrazione del bilancio purtroppo molto consistente, causata soprattutto dalla mancanza di


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quei turisti stranieri che costituiscono lo zoccolo duro della sua clientela. Nonostante ciò è convinto che piangersi addosso o attivare politiche severe di disinvestimento sia autolesionista e poco lungimirante: “I problemi non ce li risolvono certo gli altri! Bisogna rimboccarsi ancor di più le maniche, cercare di intercettare e saper leggere i segnali che arrivano dal mercato. E pedalare!” Con questi presupposti ha confermato l’incarico a tutti i suoi 20 collaboratori a cui ha chiesto di fare squadra mirando tutti insieme e con maggior spirito di corpo alla mission aziendale, che è quella di riprendere il cammino con determinazione e fiducia. La stessa fiducia che sa instillare nei propri clienti grazie a quella sua bella cucina semantica, espressione vera del territorio, grazie alla sicurezza “sociale” degli spazi di cui ora dispone e mediante l’approccio delicato ma avvolgente che riserva loro. Persino le misure precauzionali messe in atto a tutela della loro salute sono rispettose e rassicuranti: un totem posto all’ingresso del locale rileva la temperatura corporea al semplice passaggio dell’ospite, senza che questi subisca fastidiosi e invasivi controlli. Dove c’è benessere, c’è casa.

Mezzi paccheri gragnanesi con ricciola, peperone e biscotto agerolese Per 4 persone INGREDIENTI

g. 250 paccheri g. 150 ricciola tagliata a cubetti 2 peperoni rossi arrostiti e spellati g. 50 biscotto agerolese spezzettato PROCEDIMENTO Cuocere i peperoni in forno a 180° per 40 minuti. Spellarne la metà e frullarli per la salsa; tagliare l’altra metà a julienne e utilizzarla alla fine per completare il piatto. Soffriggere uno spicchio d’aglio con olio d’oliva, aggiungere la ricciola precedentemente tagliata a cubetti e i peperoni, dopodichè correggere con l’acqua di cottura. Mantecare con la pasta. Completare il piatto con la polvere di biscotto agerolese.

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Casa

Angelina Casa Angelina è la realizzazione del sogno di un imprenditore lungimirante, Tonino Cappiello, cosmopolita, appassionato sin da giovane di hotellerie che, al culmine del suo successo imprenditoriale, ha voluto realizzare questa realtà dedicandola all’amata madre, Angelina. Un progetto completamente innovativo per la Costiera Amalfitana: una casa contemporanea, dallo stile semplice ma raffinato, in cui spazi bianchi e linee minimaliste si alternano ad opere d’arte contemporanea fondendosi, senza difficoltà, con l’incantevole panorama che si vede dalle grandi vetrate. Deliberatamente Praiano, un’oasi di pace non lontana dal glamour di Positano, un ritorno alla Dolce Vita con uno charme che riporta ai movie di Fellini. La scorsa primavera è nata l’idea di creare un ulteriore ristorante nel Roof Top Terrace dell’Hotel, per offrire all’ospite la possibilità di vivere un’esperienza unica, individuale, di live show cooking del talentuoso Executive Chef Leopoldo Elefante.

Raffinatezza e contesto mozzafiato. Un incantevole ed elegante boutique hotel 5 stelle a Praiano, sulla Costiera Amalfitana per un’accoglienza senza confini

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Per questo palcoscenico d’eccezione l’anima di Molteni ha trovato la sua perfetta collocazione sdoppiandosi in due isole di cottura nella versione Caractère, la nuova linea del marchio della tradizione culinaria più ricercata. Rispondente a quelli che sono i trend di mercato in fatto di design, Caractère ben si integra con gli elementi di ultima generazione che contraddistinguono Casa Angelina. In questa linea, può sembrare incredibile, passato e futuro riescono a convivere perfettamente: artigianalità, materiali, dettagli ed essenzialità sono solo alcune delle caratteristiche che rendono unico questo gioiello senza tempo. I ruoli sono ben chiari: un blocco è dedicato alla preparazione, l’altro alle cotture. Su quest’ultimo sono state installate solo due funzioni, limitate nel numero ma non nella potenza e versatilità. E così ritroviamo la piastra freecooking top, una soluzione molto innovativa e multifunzione che permette di cuocere il cibo direttamente sulla superficie di cottura oppure indirettamente con l’utilizzo di pentole e padelle, con una temperatura che può arrivare fino a 350°C. Ad affiancarla, il top a induzione tutta superficie, utilizzato sia per le cotture de-

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CASA ANGELINA Via Gennaro Capriglione, 147 - 84010 Praiano (SA) - Tel. 089 813 1333 www.casangelina.com - info@casangelina.com

licate che, messo a piena potenza, per un servizio espresso. Smaltate di colore blu turchese, come il mare al loro cospetto, queste due cucine sono arrivate dal cielo trasportate da un elicottero specializzato. “Ho sempre lavorato con Electrolux Professional, apprezzandone la tecnologia all’avanguardia. Molteni, per uno Chef, è il massimo della maestria artigianale, la compagna per tutta la vita!”, afferma lo Chef Leopoldo Elefante.

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ASSAGGIO DI

BUONENUOVE! LIBRI a cura di Giorgia Zucchi

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VITENDA 2020

L’AGENDA DEL VITIVINICULTORE

DOLCEMENTE ITALIANO PASTICCERIA PROFESSIONALE

25sima edizione per l’agenda del vitivinicultore. Articoli tecnici, dati, notizie, curiosità, approfondimenti, bibliografia scientifica e recensioni di libri e attività del settore. Un’agenda da leggere, da consultare e utilizzare tutti i giorni.

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di Albino Morando e Davide Morando - Vit. En. cm 19x37 - 336 pagine a colori - Prezzo: Euro 18,00

52 ricette per valorizzare il patrimonio dolciario italiano, con particolare attenzione alle tradizioni delle regioni, di solito trascurate dai pasticcieri. In evidenza quindi quei prodotti - dalle nocciole piemontesi agli agrumi siciliani, dall’aceto balsamico allo zafferano - che pur essendo reperibili da parte di professionisti italiani ed esteri, sono riducibili ad ambiti territoriali specifici. Dunque una fondamentale catalogazione del nostro patrimoni alimentare, fonte di ispirazione per chiunque lo voglia valutare con metodo. di Riccardo Magni - Bibliotheca Culinaria cm 21,5x27,5 - 160 pagine a colori - Prezzo: Euro 56,00

LA MATRICE DEI SAPORI

IMPARARE L’ARTE DEL FORAGING

L’ARTE E LA SCIENZA DI ABBINARE INGREDIENTI CO-

CONOSCERE, RACCOGLIERE, CONSUMARE IL CIBO

MUNI PER CREARE PIATTI STRAORDINARI

SELVATICO

Quanto gli abbinamenti tra ingredienti sono equilibrati e “leciti“ e quanto invece sono solo il frutto di una eccessiva creatività? La risposta non può essere immediata e univoca, soprattutto perchè in oltre 30 anni chef e scienziati hanno cambiato il modo di pensare il sapore. Basandosi su composti volatili alla base dei sapori e isolando l’impronta aromatica di 150 ingredienti (per fare un esempio, la lattuga ha 20 di questi composti e il caffè a 1000) il volume insegna a scoprire una serie di combinazioni assolutamente straordinarie e appaganti.

Da una delle più autorevoli forager a livello mondiale, fondatrice di wood*ing wild food lab, un volume affascinante per imparare a conoscere, raccogliere e cucinare cibo naturale, selvatico, spontaneo, nel rispetto del pianeta e delle sue risorse. Le schede di oltre 150 specie di erbe, fiori, arbusti, alberi, frutti, funghi, ma anche licheni, alghe e molluschi - comuni nel nostro habitat o imprevedibili e misteriose - si alternano a suggerimenti per esplorare gli ambienti più diversi. Istruzioni su come muoversi nei vari habitat, indicazioni su come cucinare questi ingredienti talvolta imprevedibili e bizzarri. A corredare i testi, le magnifiche immagini realizzate da Richard Felderer, fotografo di food e autore di reportage per National Geographic.

di James Briscione con Brooke Parkhurst - Bibliotheca Culinaria cm 23,5x23,5 - 310 pagine a colori - Prezzo: Euro 49,00

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di Valeria Margherita Mosca - Giunti Editore cm 20x25,5 - 384 pagine a colori - Prezzo: Euro 29,00


GourmetFood

40 anni di collaborazione con chef e ristoratori 40 anni dedicati alla valorizzazione della pasta fresca 40 anni di successi del grande Made in Italy brand dedicati a diversi target e ad alto contenuto di servizio

Qui le ricette di Antonio Mellino, Claudio Sadler, Andrea Incerti Vizzani, Alessandro Gavagna, Stefano Deidda, Giovanni Lorusso.


Panciotti® con punte di asparagi e mascarpone in guazzetto mediterraneo INGREDIENTI per 4 persone

12 Panciotti® con punte di asparagi e mascarpone Divine Creazioni 2 calamari freschi di media misura g. 15 di pomodorini Pachino 2 spicchi d’aglio g. 10 di olive nere di Gaeta g. 10 di capperi di Pantelleria g. 80 di olio extravergine d’oliva prezzemolo tritato q.b. 1 mestolo di brodo sale q.b.

PREPARAZIONE Eviscerare i calamari e tagliarli a julienne. Lavare e tagliare i pomodorini privandoli dei semi; sciacquare in abbondante acqua le olive e denocciolarle per poi porle in una padella, preferibilmente di rame. Aggiungere i pomodorini e i capperi, versare un mestolo di brodo vegetale preparato precendentemente con ci-

ANTONIO MELLINO

Ristorante I Quattro Passi Nerano (NA)

GRANDI INTERPRETI

Divine Creazioni PER

2010

polla, sedano, e carota; regolare di sale e pepe. Cuocere per circa 4/5 minuti. Lessare i Panciotti in acqua salata bollente per 4/5 minuti, scolarli, unirli alla salsa finendo la cottura in padella.

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Ravioloni con crema di ricotta di bufala e foglioline di spinaci radicchio trevigiano e raspadura di bufala INGREDIENTI per 10 persone

20 Ravioloni con crema di ricotta di bufala e foglioline di spinaci Divine Creazioni 4 mazzetti di radicchio trevigiano tardivo 2 cucchiaini di aceto balsamico tradizionale mezzo scalogno g. 100 di burro g. 100 di raspadura di bufala 1 mazzetto di cerfoglio

PREPARAZIONE Tagliare la radice al radicchio trevigiano tardivo; scottarlo in una padella antiaderente con un filo d’olio profumato all’aglio. Bagnarlo con un goccio di aceto balsamico e quindi disporlo sul Raviolone cotto in precedenza, e condito con burro e scalogno stufati. Disporvi sopra un poco di raspadura di bufala fresca; decorare con un rametto di cerfoglio e servire.

CLAUDIO SADLER

Ristorante Sadler - Milano

GRANDI INTERPRETI

Divine Creazioni PER

2010

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Bauletti®® con formaggio Castelmagno DOP con fave, guanciale e salsa al pepe verde INGREDIENTI per 4 persone

12 Bauletti® con formaggio Castelmagno DOP Divine Creazioni g. 200 di fave pulite g. 160 di guanciale stagionato g. 150 di panna fresca g. 40 di scalogno g. 40 di burro g. 6 di pepe verde liofilizzato

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PREPARAZIONE Soffriggere con il burro lo scalogno; deglassare con la panna; aggiungere sale e pepe verde liofilizzato. Fare ridurre; passare al setaccio e tenere da parte in caldo. Nel frattempo rosolare il guanciale fino a farlo diventare croccante. Cuocere i Bauletti® in acqua bollente salata; disporli nel piatto. Guarnire con le fave fresche, il guanciale croccante e la salsa al pepe verde.

ANDREA INCERTI VEZZANI

Locanda Cà Matilde Rubbianino di Quattro Castella (RE)

GRANDI INTERPRETI

Divine Creazioni PER

2015


Strichetti all'uovo

conditi dall’orto, dadolata d’oca INGREDIENTI per 4 persone

g. 320 di Strichetti all’uovo Divine Creazioni ˷ g. 120 di petto d’oca ˷ timo fresco ˷ maggiorana fresca ˷ g. 150 di zucchine ˷ g. 120 di pomodori ˷ brodo ˷ g. 70 di burro ˷ sale e pepe

PREPARAZIONE Rosolare nel burro la carne d’oca tagliata a piccoli quadrati e già aromatizzata con timo e maggiorana. Aggiungere le zucchine tagliate a listarelle, quindi i pomodori privati dei semi e ridotti a dadini. Regolare di sale e pepe, allungare con un mestolino di brodo e portare a cottura la salsa: questa dovrà risultare piuttosto liquida. Cuocere gli Strichetti all’uovo in acqua bollente salata; scolarli e saltarli nel condimento già preparato. Disporre sul piatto di portata e servire.

DARIO PICCHIOTTI

Antica Trattoria Sacerno Sacerno (BO)

GRANDI INTERPRETI

Divine Creazioni PER

2015

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Bauletti®® con formaggio Castelmagno DOP gambero rosso, stracciatella e pesto INGREDIENTI per 4 persone

12 Bauletti® con formaggio Castelmagno DOP Divine Creazioni g. 20 di polvere di patata viola g. 120 di stracciatella g. 80 di gamberi rossi sgusciati Per il pesto di basilico al Pacojet g. 60 di basilico in foglie g. 30 di rucola g. 10 di prezzemolo g. 60 di mandorle g. 100 di canestrato o parmigiano g. 200 di ghiaccio g. 100 di olio d’oliva g. 10 di sale g. 20 di zenzero o 1 pizzico di pepe germogli freschi Mettere il tutto nel Pacojet. Abbattere e pacossare. Ripetere l’operazione per 3 volte.

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PREPARAZIONE Cuocere i Bauletti® in abbondante acqua salata per 5 minuti; scolarli e saltarli in poco fondo vegetale e olio. Lasciar restringere e servire adagiando i gamberi e la stracciatella. Riscaldare leggermente il pesto e condire la portata. Dressare con dei germoglietti freschi e la polvere di patata viola ottenuta dall’essiccazione del tubero sbollentato. Inserire la teglia in forno preriscaldato a 70°C per una ventina di minuti. In un souté fare scaldare il burro. In una pentola con acqua salata bollente cuocere i Bauletti®, scolarli e versarli nel souté contenente il burro già sciolto; amalgamare con il parmigiano reggiano grattugiato. In quattro fondine capienti dividere la crema di piselli, versare i Bauletti®, infine guarnire con il prosciutto precedentemente asciugato nel forno.

GIOVANNI LORUSSO

Osteria Lorusso - Bisceglie (BT)

GRANDI INTERPRETI

Divine Creazioni PER

2019


Scrigni ripieni agli scampi croccanti agli scampi, rema di zucca e scampo crudo INGREDIENTI per 4 persone

12 Scrigni ripieni agli scampi Divine Creazioni 8 scampi mezza zucca 1 cipolla bianca 4 bacche di pepe bianco cl. 10 di olio evo l. 1 di olio di semi l. 1 di brodo vegetale PREPARAZIONE Infornare in forno pre riscaldato a 170°C per 30 minuti la mezza zucca condita con olio extravergine, sale, erbe aromatiche ed avvolta nella stagnola. Stufare la cipolla bianca in

un rondeau con un filo di olio extravergine d’oliva; aggiungere la polpa cotta di zucca e bagnare con il brodo vegetale; lasciare quindi cuocere per altri 20 minuti. Omogeneizzare il tutto con un mixer e setacciare con un setaccio a maglie fini. Privare gli scampi del carapace, condire la polpa con un filo d’olio e sale. Scaldare l’olio a 180°C, immergervi gli Scrigni sino a quando non risulteranno ben dorati. Servire in una fondina ponendo prima la crema, poi gli Scrigni ed infine il battuto di scampi. Completare il piatto con alcuni anelli di cipolla disidratata.

STEFANO DEIDDA

Ristorante Dal Corsaro

GRANDI INTERPRETI

Divine Creazioni PER

2019


GourmetFood di Flavia Tomaello

A Madrid riapre

Glass Mar Ángel León, uno chef stellato con lo sguardo sott’acqua.

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GourmetFood

Giocherellare con gli schizzi d’acqua a tavola, mentre il piatto sembra un parco di divertimento da cui si alza il fumo e dove si mangia con le mani o si intingono i più disparati elementi che danno forma a qualcosa di unico. Questo è il Glass Mar, un luogo dove l’acqua diventa forma e sostanza. Ángel León (Siviglia, 1977) ha atteso non poco prima di creare la sua nicchia gastronomica all’interno di un mondo ormai sprofondato nella ripetitività. Il suo locale si trova in una posizione centralissima, per mostrarsi e farsi notare; un angolo che attira verso le sue vetrate lo sguardo dei passanti e che apre verso il risto-

rante dell’hotel Urban di Madrid. Lì il pluripremiato León ha sparso l’oceano in una sala interpretata dall’archietto Koke Clos: il bianco e l’argento giocano con il buio nero dello sfondo e una gamma di azzurri e trasparenze dona profondità agli ambienti. La sfida dello chef è quella di collocare un po’ dell’Oceano Atlantico in ognuno dei suoi piatti, partendo dai sapori tradizionali come quello della sardina affumicata, del saam de bogavante o delle crocchette di seppia, per continuare con l agamma ampia e complessa delle sonorità gustative derivate da pesce spada, tonno, gamberi, plancton e quanto può offrire il Puerto de Santa Maria con gli influssi della cucina madrilegna. “Al Glass proponiamo un’idea diversa, che non corrisponde né a quella di un ristorante, né a quella di una trattoria, né di un bar. Veniamo con umiltà a portare un po’ dell’Aponiente all’interno di un ambiente spensierato e allegro, con una proposta di novità, ingegno e molta ironia. Ángel León è infatti il proprietario del ristorante Aponiente, premiato con tre Stelle Michelin e tre Soli Repsol. Dall’anno 2016 è anche direttore gastronomico del ristorante Alevante, una stella Michelin e un sole Repsol. Con Glass Mar, Ángel è sbarcato a Madrid raccogliendo le sue quattro stelle Michelin proprio al centro della penisola iberica.

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GourmetFood

“Non sono uno di quei cuochi che ha avuto il nonno o il papà cuoco. - si lascia andare non appena inizia la nostra chiacchierata -. Mio padre è un ematologo e prima di me non c’era mai stato nessuno, nella mia famiglia, che si fosse dedicato all’attività alberghiera. La mia vocazione è venuta dal mare: noi siamo a conoscenza solamente del 20 per cento di quanto può offrire la dispensa marina. La nostra passione sta nel trovare nel mare i nuovi ingredienti per l’uomo, quelli delle specie ancora sconosciute”. Quando gli si chiede il perché della scelta univocadel mare, assicura che “è la mia passione, la mia fonte d’ispirazione... la prima cosa è stata il mare, poi è venuta la cucina... Questa passione mi è cresciuta nell’animo grazie a mio padre che mi ha trasmesso l’amore per il mare durante le nostre gite in barca a pescare. Quando tornavamo a casa, c’era sempre da pulire il pesce che avevamo pescato e da lì è nata la mia curiosità, lì ho cominciato a formarmi. L’essere umano ancora non capisce che i tre quarti di questo pianeta chiamato “Terra” sono in realtà acqua. Tanto è ancora da scoprire ma dobbiamo cambiare le pratiche invasive e le brutte abitudini, o il mare ci presenterà il conto... “. Secondo León non si dovrebbe passare per Glass Mar senza provare le fritture di spigole intere di laguna (foto pagina accanto). “Sono una delizia: il grasso, il sapore, la qualità, la consistenza di questi pesci sono puro piacere. Saporito, marino, succulento, informale e buono”.

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Riso di plancton e seppie

INGREDIENTI per 4 persone

1 cipolla bianca piccola 3 denti d’aglio 6 peperoni baby (rosso, arancione e giallo) g. 500 di seppie pulite g. 120 di vino manzanilla g. 320-350 di riso tipo Arborio g. 40 di salsa di ostriche (facoltativo) l. 1 di fumetto di pesce g. 2 (minimo) di plancton marino (in polvere) g. 50 di acqua olio extravergine d’oliva q.b. sale q.b. PREPARAZIONE Pelare le cipolle e tagliarle a brunoise; pelare i denti d’aglio e tagliarli in fettine sottili. Pulire i peperoni togliendo i semi e i filamenti interni e tagliarli finemente a julienne. Mettere la teglia a riscaldare con un generoso spruzzo d’olio extravergine d’oliva: aggiungere da una parte la cipolla e dall’altro l’aglio, per farli dorare e far aromatizzare l’olio, dopodichè mescolare e abbassare il fuoco per soffriggere la cipolla, aggiungendo un pizzico di sale. Quando la cipolla comincia a diventare morbida, aggiungere i peperoni che, tagliati fini, hanno bisogno di meno cottura;

se si usa il peperone rosso, tagliarlo a brunuoise e aggiungerlo alla cipolla. Quando la cipolla è ben morbida, aumentare il fuoco e aggiungere la seppia tagliata a piccoli dadi e sale a piacere. (dipende dal sale del fumetto di pesce), soffriggere fino a far evaporare l’acqua uscita dalle seppie e bagnare con il vino; lasciar evaporare a fuoco medio. Quando l’alcol è evaporato, aggiungere il riso per tostarlo: il fuoco deve essere medio-alto. Poi aggiungere la salsa di ostriche e il fumetto di pesce caldo. Lasciare fino a far bollire e abbassare poi il fuoco a temperatura medio alta, in modo da farlo bollire. Mentre si cuoce il riso (saranno necessari almeno 18 minuti), mettere il plancton marino nell’acqua per reidratarlo. Quando il riso termina la cottura, ossia quando il fumetto si è consumato del tutto (assorbito nel riso), aggiungere il plancton reidratato e ben diluito, aggiungere una goccia d’acqua per raccogliere quanto sia rimasto nel bicchiere e mescolare bene nella teglia, toglierla dal fuoco e mettere un coperchio. Lasciar riposare per cinque minuti. Servire il riso verde di seppia e plancton senza eccedere nel farlo riposare in modo che sia ben al dente. Se si desidera, si può decorare con dei fiori o erbe aromatiche, ma è preferibile gustarlo senza aggiungere niente per gustare appieno il sapore del mare.


GourmetFood

Nella sua cucina, inoltre, si fa architettura. Oltre alla capacità gastronomica, c’è molto di ludico nelle sue presentazioni. Fumo che nasconde come foschia marina il piatto che sta sotto, il grande pezzo di pesce che le mani devono finire di ricomporre, l’unione di varie combinazioni che costruiscono il piatto sul tavolo... “E’ puro divertimento - dice – si tratta di rompere in un punto la continuità di un menù gastronomico, qualcosa che crei un ricordo unico e che evochi il fatto di essere stato in un posto come il nostro dove, oltre ad avere inzuppato il pane, ci si sia anche divertiti”.

GLASS MAR Carrera de S. Jerónimo, 34, 28014 Madrid, Spagna Tel. +34 917 87 77 72 www.glassmar.es • glassmar@derbyhotels.com

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GourmetFood di Flavia Tomaello

A sud del sud

Patagonia Esistono così tanti “sud” in America che diventa quasi impossibile abbracciarli tutti. Da un lato una costa fertile e prolifica, quella orientale, di fatto poco esplorata, dall’altro, nel versante occidentale, una zona ben valorizzata e produttiva. Qui si estende una steppa che si fa sempre meno folta ma che nasconde ancora straordinarie erbe aromatiche. Un paesaggio fatto di laghi e montagne, tra le più alte del continente, e di boschi dove si nasconde il patrimonio della carne di e dei pesci d’acqua dolce. C’è una cordigliera che divide i due Paesi e che è segnata da sorgenti di acque che provengono in abbondanza dal disgelo delle nevi e irrigano le vallate dove crescono le mele più famose della regione e dove si studiano sempre nuovi tipi di vitigni. Quest’immensa geografia patagonica, la sua produzione, le sue popolazioni immigrate e autoctone, hanno regalato al territorio eccellenti sapori: in montagna i piatti tradizionali sono in genere quelli a base di trota, salmone, cervo e si affiancano a ricette portate dagli immigrati dell’Europa Centrale: chucrut, raclette, fondue...

Un viaggio intrepido attraverso la regione meridionale di Cile e Argentina che ci porterà a conoscere i grandi chef e la cucina locale, ormai diventata famosa nel mondo per la carne, le erbe aromatiche e le verdure locali.

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GourmetFood

Inoltre bisogna considerare l’influenza dei metodi di preparazione degli aborigeni di etnia “mapuche”, tra i quali l’esempio più famoso è il curanto (che utilizza pietre riscaldate sepolte in una buca ), utilizzato anche per cucinare l’indiscusso re di questa terra: l’agnello. Parlare della Patagonia significa parlare dei confini della terra, della zona australe dell’America, misteriosa, con un clima ostile e un terreno arido. Dal punto di vista geografico, la si può dividere in due zone: quella argentina a est e quella cilena a ovest. L’Argentina possiede tre quarti della Patagonia, mentre il Cile occupa lo spazio rimanente. La stessa Patagonia argentina si suddivide in quatto aree: l’area andina, la Patagonia atlantica, la zona degli altopiani e la Terra del fuoco. La Patagonia cilena è invece composta da ghiacciai, fiordi, dalla tundra di Magellano, da isolotti e arcipelaghi. Si dice la Patagonia fosse stata abitata circa 10.000 anni prima di Cristo; i pochi abitanti erano gruppi nomadi di diverse etnie: ona, yámana, tehuelche e mapuche.

la cucina del Sud Per comprendere la cucina di questa regione è dunque importante partire dalla conoscenza della sua geografia. Essendo distante dai tropici, questa è molto condizionata dalla massa d’aria gelida che viene dall’Antartide. È una regione australe dal clima asciutto, semi-secco e glaciale. Ciò comporta che le principali fonti di alimentazione provengano dagli animali da caccia, dalla pesca e dalla raccolta dei frutti. Si tratta di una cucina “gaucha”, fatta cioè da persone che vanno e vengono, dove le proteine sono guarnite con erbe varie e accompagnate dagli ingredienti semplici che offre la natura e da un’enorme varietà di pesci e frutti di mare: merluzzi, gronghi, molluschi, granchi, santolle (granchio reale australe), trote, salmoni, gamberi. Per quanto riguarda la carne alla griglia troviamo carni bovine, suine, di capra e di agnello patagonico, di cervo e a volte di guanaco o nandù. Col passare del tempo spagnoli, italiani e gallesi hanno aggiunto sempre più ingredienti, tecniche di cottura e abitudini alimentari che hanno portato alla creazione di una cucina unica nel suo genere. Mariano Pestchanker è il responsabile di Alto Traful, un progetto gastronomico-alberghiero nato a Villa Traful, nel sud dell’Argentina. Ci assicura che si tratta di “una cucina nomade, con ingredienti del mare e della montana, di carne alla

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GourmetFood

griglia e di verdure dei boschi. È una cucina che trasmette cordialità, nonostante le condizioni del clima e del terreno”. Lì, nel regno dei laghi, spicca Bordón Wine & Restó, uno spazio dove predomina il colore rosso e una meravigliosa vista panoramica, con una proposta gastronomica totalmente artigianale. La cucina abbonda di profumi: le sue salse di funghi (con una varietà di porcini che poco si vedono nel continente) si riconoscono da lontano e hanno un profumo potente. L’agnello è posto sotto una manto di erbe aromatiche, e il suo sapore viene arricchito da una cottura lunga e lenta. L’offerta del pane è sorprendente con varietà che vengono ricavate dal lievito madre. Martín García Rebecci e Victoria Saadi, rispettivamente chef e maître patîssier del ristorante, ci confermano che “i prodotti della Patagonia che vengono utilizzati nella nostra cucina riescono a conquistare tutti, dal più esigente alla persona che semplicemente si lascia andare alla scoperta di nuove sensazioni”. In qualsiasi tipo di manifestazione espositiva dell’Argentina nel mondo, Pablo Buzzo rappresenta Neuquén. Per tutta la sua vita si è dedicato alla conoscenza e al rispetto dei prodotti della sua terra, così che la sua cucina è profondamente identitaria. La sua formazione inizia nella cucina di sua madre, Gloria Ocampo, e passa per la Scuola Superiore di Gastronomia di Alicia Berger e attraverso l’esperienza con Francis Mallman e Germán Martitegui. Nel suo lungo persorso è stato chef del Caleuche, il ristorante che si trova nel Complesso Paihuén, socio fondatore del Mer-

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diversità australe cado Patagonia, primo chef del ristorante Experiencia della Cantina “Fin del Mundo”; socio di Torino Bar & Bistro; conduttore e produttore del suo proprio programma televisivo Modo Patagonia. Buzzo è il brand: “La gastronomia della città di Neuquén si distingue per la vasta proposta di prodotti d’eccellenza che derivano dalla diversità geografica del territorio regionale. - racconta -. Partiamo dal capretto tipico del nord di Neuquén, fino al cervo, al cinghiale e alla trota tipica del corridio dei laghi; e poi pinoli, pere, mele, noci e miele delle vallate, l’ampia varietà di frutti rossi come le bacche di michay o di calafate e la rosa mosqueta, insieme ai funghi che crescono nei nostri rigogliosi boschi. L’enorme varietà di uve che si sono adattate ai climi di Neuquén producono vini dal carattere forte.”

Gastón Diez si nutre della ricchezza dei prodotti della sua terra; dal mare alla cordigliera, dalle immense estese di campi ai ghiacciai. Ormai da 17 anni ha scelto di vivere a Santa Cruz e qui ha portato avanti la sua formazione presso diversi istituti gastronomico-alberghieri, così da diventare un vero conoscitore della cucina patagonica, a sud del Sud. E’ uno dei formatori più in vista della Federazione Imprese Gastronomico-Alberghiere della Repubblica Argentina, e questa posizione lo porta a rappresentare la sua regione nelle situazioni più importanti. “La regione azzurro-smeraldo, dove gli inverni sono lunghi e le estati brevi, ci offre una cucina dove l’agnello gioca un ruolo chiave, insieme al guanaco, ai cervi e ai cinghiali: senza contare poi le erbe silvestri, i frutti selvatici come il calafate e l’acqua dei ghiacciai”, ci spiega.


GourmetFood

La cucina di Jorge Monopoli è un connubio perfetto di sapori che evocano la sua infanzia trascorsa a Villa Regina, dove ha imparato a cucinare da sua madre e da sua nonna. Nel 2004 è stato ammesso al Bulli Hotel dove ha potuto studiare con uno dei più grandi cuochi al mondo, Ferrán Adriá. Da oltre dieci anni, ha scelto la Terra del Fuoco perché è un luogo che lo ha messo davanti a grandi sfide. Dal 2009 è proprietario e chef capo del Kalma Restó, dove rende onore alla tradizione culinaria dei questo ultimo angolo di mondo. Egli stesso conferma che: “La gastronomia della fine del mondo ha uno spiccato accento marinaro, offre prodotti di qualità superiore come la santolla, un cibo ancestrale che le donne della tribù selknams andavano a pescare e che ora è ormai un classico della regione, accanto al merluzzo nero, alla trota, ai molluschi, al guanaco e al rabarbaro”.

Augusto Rousseau ha scelto di vivera a El Bolsón per portare a maturazione la sua cucina classica con note d’innovazione che sanno soprendere. È proprietario e chef dei locali APunto, La Gorda Petit Restó e ultimamente del A-Gusto. Innamorato del fuoco e della buona

cucina dal carattere patagonico utilizza materie prime biologiche. “Lo sviluppo una cucina di carattere che mette insieme l’altopiano con la cordigliera, il mare con il bosco. Fragole, lamponi, ciliege, prodotti dell’agricoltura tradizionale come la cipolla e il pomodoro, il cervo e l’agnello, i crostacei, i gamberi e i granchi”. Le ricchezze che convivono sotto il cielo della provincia di Rio Negro, ben amalgamate e valorizzate.

Villa La Angostura è un piccolo paradiso alpino, incastonato sulle rive del lago Nahuel Huapi. Giungere a Las Balsas implica percorrere una strada che si snoda come un serpente e che sembra avvicinare e allontanare la sua destinazione finale. La specie di “cortile per le carovane” a cui si giunge, porta dritto al cuore di questo locale. Da questo punto si può vedere la cucina attraverso una finestra che si affaccia sui commensali. Duvan Ochoa è lo chef responsabile di

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GourmetFood

questo ristorante i cui piatti ben competono con un paesaggio di indicibile bellezza.

il Pacifico

Sud

Francisco Figueroa ha studiato gastronomia in un prestigioso istituto cileno, ma è stata l’esperienza maturata in diversi ambiti gastronomici a forgiarlo. É executive chef del negozio di Articoli di Gastronomia più grande e prestigioso del Cile, il Vulcano, e qui gestisce una cucina d’avanguardia. Cultore di un progetto gastronomico di prossimità, vuole mantenere il contatto diretto con i produttori e i fornitori delle materie prime e si dichiara ancora meravigliato di quanti prodotti possa offrire l’Araucanía nel ricco territorio di Temuco. “La regione di Araucanía – ci spiega – si alimenta di una cucina dai caratteri antichi con carne proveniente dalla selvaggina e dagli allevamenti della zona, un’ampia proposta di frutta e verdura di stagione, abbondanza di prodotti dell’Oceano Pacifico”.

A Puerto Natales il ristorante The Singular è affidato all’argentino Mariano Salaberry. Questo ristorante di carne alla griglia (asador) conserva ancora la facciata del secolo XIX, e al suo interno offre uno spazio gastronomico dove si degustano filetto di vitello Hereford, filetto d’agnello, bistecca di filetto di manzo a secco.

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Rapa al sale

con formaggio di capra, olive nere e agrumi Chef Duvan Ochoa - Las Balsas INGREDIENTI

g. 500 di rapa kg. 1 di sale grosso g. 10 di olive nere in polvere g. 150 di panna da cucina g. 50 di formaggio Feta g. 50 gr di spicchi d’arancia tagliati freschi g. 50 di spicchi di pompelmo tagliati freschi g. 10 di olio d’oliva g. 2 di cavolo riccio PREPARAZIONE Mettere le rape in una teglia da forno e coprirle con il sale. Chiudere la teglia con un foglio di alluminio e portare il forno a 240°C per circa 35 minuti. Ritirare dal forno, togliere il sale in eccesso

e pelare le rape. Tagliarle a spicchi e metterle da parte per la prepazione del piatto. Riscaldare in una pentola la panna da cucina a fuoco basso e aggiungere il formaggio Feta tagliato a pezzettini. Una volta che il formaggio è quasi fuso, processare il tutto fino ad ottenere una crema uniforme. Mettere in frigorifero fino al momento di servire nel piatto. PRESENTAZIONE Nella base del piatto, collocare generosamente tre punti di crema di formaggio, appoggiarvi sopra gli spicchi della rapa e a lato giocare con gli spicchi freschi dell’arancia e del pompelmo. Cospargere la polvere di olive, uno schizzo d’olio e una foglia di cavolo riccio.


GourmetFood

PROCEDIMENTO Condimento aromatico (rosmarino, tomino e alloro). Mettere tutti gli ingredienti insieme in un sacchetto sottovuoto e cuocere a 70° per un’ora. Lasciar raffreddare a bagno maria, contrario a quanto fatto in precedenza. Quando gli ingredienti si saranno ben raffreddati, conservare il liquido della cottura.

Marinata di coniglio e carote di coniglio e carote

Chef Mariano Salaberry - The Singular

INGREDIENTI per la maionese marinata

0,1 kg di maionese 0,025 litro di aceto di Jerez

INGREDIENTI

0,5 kg di zampa di coniglio disossata 0,05 lt di aceto di mele 0,1 lt d olio d’oliva 1 cipolla 1 carota 1 gr di pepe 3 gr di sale

PREPARAZIONE della maionese In un contenitore, aggiungere la maionese e l’aceto di Jerez, e aggiungere lentamente il liquido della cottura del coniglio, fino ad ottenere una maionese omogenea. Disporre sul piatto in foma di anello e decorare con le carote e la cipolla mettendo al centro la maionese ottenuta dal liquido della cottura del coniglio.

La cucina dello chef Hernán Basso a Seno Última Esperanza, unisce le tendenze francesi con i prodotti locali. Un enorme spazio comprende il bar e la lounge, ed è avvolto da pareti di mattone con ambienti alti quasi nove metri, nello stile industriale post-vittoriano dell’edificio originario. L’executive chef è il famosissimo Laurent Pasqualetto, che usa “prodotti che otteniamo durante tutta la stagione (che qui dura sei mesi) di buona qualità e facili da trovare, visto che in questa zona i produttori sono particolarmente sensibili”. L’agnello, la lepre, il coniglio, il guanaco, la santolla e le capesante sono alcune dei deliziosi prodotti che si trovano in ogni stagione.

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Vinaria

LO CHAMPAGNE VISTO DA CHI LO CONOSCE MOLTO BENE di

Alessandro Rossi

Intervista a Alberto Lupetti

Alberto Lupetti è ritenuto dagli stessi champenois “tra i più autorevoli cinque critici al mondo”. D’altronde, oltre a occuparsi da anni di questo vino in esclusiva, ha visitato la Regione più di 200 volte, il che è probabilmente un record. Dopo aver scritto per diversi magazine a aver curato la guida per altri editori, dal 2012 si è messo in gioco in prima persona, pubblicando ogni due anni la guida Grandi Champagne (attualmente presente in libreria con l’edizione 2020-21) e animando il sito www.lemiebollicine.com, che fa registrare oltre 50.000 visite al mese. Diversi appassionati hanno avuto modo di vederlo all’opera con le sue masterclass, che organizza tanto con gruppi di appassionati quanto con le delegazioni AIS, oltre che con altre realtà, e per fine anno è atteso il suo primo libro.

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Vinaria

Alberto, come è sbocciata questa grande passione per la regione della Champagne? Sei sempre stato attratto dalle bollicine francesi? No, direi di no. Considera che, ancora nella seconda metà degli anni ‘90, lo champagne era per me - cosa che, purtroppo, vale ancora oggi per moltissimi, troppi… - un qualcosa che serviva per brindare in occasioni speciali. Non solo. Quando, all’alba del XXI secolo, ho iniziato ad appassionarmi di vino e a scriverne, l’ho fatto con i rossi di Toscana. Poi, grazie ai sigari Avana, ho conosciuto un gruppo di appassionati bevitori di champagne. Abbiamo iniziato a ritrovarci e… tutto è iniziato lì. Il come, poi, lo svelerò nel mio libro!

Cosa rappresenta per te la Champagne a questo punto della tua carriera e quanto è stato importante attraversarla in lungo e in largo per la tua formazione? Credo nella specializzazione e nella preparazione. Quindi, trovo poco credibili e ancor meno seri i prezzemolini che parlano con disinvoltura di vari vini, anche profondamente diversi tra loro, così come gli esperti ‘da divano’, cioè quelli che hanno bevuto un po’ di bottiglie, hanno letto qualcosa e poi si propongono come esperti. Da parte mia, trovo fondamentale il rispetto di chi mi legge, di chi partecipa alle mie degustazioni. Non mi sognerei mai, oggi, di tornare a parlare di rossi di Toscana, visto che ora li bevo soltanto per piacere. Come non mi sognerei mai di andare a parlare di Borgogna, ad esempio, solo perché va di moda e, tutto sommato, già mi

si conosce come comunicatore del mondo del vino! Sono convinto che per parlare di vino (o di qualsiasi altro argomento), anzi, per permettersi di parlare di un vino e scriverne, sia obbligatorio conoscerlo bene. E per conoscerlo bene è necessario assaggiare e riassaggiare, recarsi più e più volte nel luogo dove questo vino nasce, camminare nelle vigne nei vari periodi dell’anno insieme a chi le coltiva, passare ore con chi i vini li fa, scoprire cosa pensa di un’etichetta o di un’altra chi in loco questi vini li vende. Bene, com’è possibile fare tutto ciò con più di una denominazione? Bisognerebbe avere il dono dell’ubiquità… Ecco perché bisogna diffidare dei ‘prezzemolini’, di chi con arrogante disinvoltura parla agli appassionati di un vino e di un altro, anche sparando sentenze. Oggi ho all’attivo ben più di 200 viaggi in Champagne e mi sento tutt’altro che arrivato. Anzi, continuo a fare domande, a chiedere, a informami con gli stessi produttori, a ritornare frequentemente nella Regione. E in ogni viaggio scopro qualcosa di nuovo e non smetto di entusiasmarmi. Così da un lato nutro la mia passione, dall’altro offro agli appassionati una comunicazione basata su solide basi, magari anche autorevole.

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Vinaria

Passiamo a un tema “scottante” ovvero il riscaldamento climatico: è argomento del giorno in Champagne? Quanto questo problema sta influenzando o influenzerà lo stile produttivo? Sì, argomento complesso. Servirebbero diverse pagine per discuterne e, abbi pazienza, anche di questo parlerò in maniera approfondita nel libro La mia Champagne… Brevemente posso dire che, allo stato attuale delle cose, il riscaldamento climatico è ancora un vantaggio lassù. In Champagne hanno sempre avuto un problema di giusta maturazione, quindi il caldo, che invece questa giusta maturazione l’ha portata, non può che essere benvenuto. Soprattutto con le ultime vendemmie, visto che sono stati necessari una decina d’anni affin-

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ché gli champenois prendessero le misure a questo clima diverso. Se la situazione calda, anzi ‘scottante’, per dirla come te, dovesse perdurare, sì, certo, questa potrebbe diventare problematica, ma per ora non è così. Semmai, il problema è un altro: anche per via del fatto che molti giovani vigneron guardano troppo alla Borgogna, gli champagne corrono il rischio di diventare troppo vinosi, dimenticando che la finezza è uno dei pilastri dello champagne. La Champagne non è la Borgogna e lo champagne è sì un vino, ma non solo… Geologia, terroir e sottozone: fattori specifici anche per questa area di produzione. Si iniziano a scoprire nuove zone, declinare sottozone e suoli diversi dalla Craie che sempre più stanno caratterizzando molti Champagne che oggi troviamo con più semplicità sul mercato. Quanto sta cambiando la Champagne? Come traduci questa nuova direzione che si è intrapresa? Premessa: per me gli champagne prodotti nel cuore de la Marne hanno un vantaggio sugli altri. Proprio per via del suolo fatto di craie, l’asso nella manica dello champagne. Ciò detto, lo studio dei suoli e l’affinamento del proprio savoirfaire ha permesso ad alcune sottozone di emergere con una certa prepotenza. No, meglio: grazie ad alcuni talentuosi produttori che hanno fatto con rigore e passione quanto appena detto, sottozone meno conosciute si sono proposte all’attenzione degli appassionati. Ne sono un bell’esempio Olivier (Ulysse) Collin e Alexandre Chartogne (-Taillet), tanto per fare due nomi. Però mi hai chiesto “quanto sta cambiando la Champagne?”, allora permettimi di sottolineare due


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aspetti di questo cambiamento. Il primo, positivo: gli champagne di oggi sono migliori di quelli del passato. Soprattutto i sans année hanno raggiunto un livello qualitativo notevole e questo livello elevato lo sanno mantenere senza variazioni. Questo perché la stessa Champagne è cambiata, in vigna e in cantina, e questo l’ha portata a crescere insieme al suo vino. Secondo aspetto del cambiamento, stavolta meno positivo e relativo agli ultimi 2-3 anni: lo stravolgimento del mercato. Le vendite (e la produzione) si contraggono anno dopo anno, ma, all’opposto, il fatturato cresce e fa segnare un record dietro l’altro. Vuol dire che lo champagne costa di più? No! Vuol dire che qualcuno sta spingendo il pubblico verso champagne iconici, ovviamente di alto livello, a discapito delle fasce di prodotto più abbordabili. E così si rischia di fare la fine di Bordeaux degli anni ‘90, quando la denominazione perse di importanza a favore di qualche super-vino di quella stessa denominazione, che ha poi finito per rappresentarla in maniera oligarchica, elitaria. E predominante. Se oggi dico Bordeaux, il 95% degli appassionati mi risponderà con il nome di uno di quei 1015 top Château (che nel frattempo hanno raggiunto cifre inavvicinabili…), quando, invece, Bordeaux è un mercato da poco meno di 150 milioni di bottiglie nel quale questi ‘miti’ rappresentano un infinitesimo. Eppure, Bordeaux oggi è identificata proprio con questo infinitesimo, mentre tutto il resto è in costante regressione, di appeal così come di quote di mercato. Nella Champagne ancora non siamo arrivati a tanto, ma il rischio è sempre più concreto. Pensaci un attimo: in Cham-

pagne, ogni anno, ci sono sempre più vigneron che smettono di fare vino e tornano a fare i conferitori… perché? Perché gli conviene, visto che c’è chi quell’uva gliela paga sempre di più (e può farlo, visto che poi questi stessi i loro champagne li vendono ben oltre i 100 euro). Così facendo, il vigneron non si espone più ai rischi connessi alla produzione e alla successiva vendita, ma dal 5 dicembre successivo alla vendemmia inizia già a incassare! Bello, vero? Finché il giocattolo non si rompe… La domanda è d’obbligo; lo Champagne BIO; cosa ne pensi? Sarà un traguardo per la maggior parte delle aziende produttrici? Quanto questo modificherà lo stile degli Champagne a cui ormai da decenni siamo abituati? Ti rispondo non solo relativamente allo champagne, ma al vino in genere. Qualcuno sta tentando - og-

gi un po’ meno, devo ammetterlo, fortunatamente… - di far passare un messaggio: il vino è ‘bio’ quindi è buono. Anche se questo, come avviene in molti casi, è palesemente difettato. Eh no, non si può ingannare il pubblico facendogli credere che quegli (evidenti) difetti siano un valore, no! Il vino (e lo champagne soprattutto) è piacere, non onanismo mentale. Credo che l’approccio debba essere un altro, questo: il vino è buono? Bene. A quel punto è anche ‘bio’? Allora meglio. Non il contrario. Purtroppo, questo è successo anche in Champagne. Con tutte le storture del caso. Però, fermiamoci un attimo per chiederci: cosa significa ‘bio’? È qualcosa da semi-stregoni che va a braccetto con uno stile di vita personale che è una via di mezzo tra bohémien e senzatetto? No, per carità! Credo che ‘bio’ debba significare una conduzione della vigna intelligente, certamente priva di di-

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serbanti e insetticidi, il più possibile organica, ma con la possibilità di fare trattamenti non invasivi qualora si rischi di perdere il raccolto per via di intensi fenomeni inattesi. In cantina, invece, credo che si debba dar seguito a tutto ciò riducendo la chimica, ma ricordando sempre una cosa: l’uomo fa il vino, la natura fa l’aceto. Intelligenza, quindi, non

so. Quindi, per rispondere alla tua domanda, il ‘bio’ da parte di chi lo sta seguendo con intelligenza, dà e darà champagne perfino migliori. Si tornerà agli champagne prima degli anni ‘70, ma per quanto riguarda la vigna, perché, invece, in cantina non possiamo certo rinnegare i progressi tecnici fatti nel frattempo. Sarebbe da folli oscurantisti! Tra

di produttori sconosciuti, importati più o meno ufficialmente da realtà spesso e volentieri improvvisate. Sembra che tutti vogliano distribuire champagne, il che porta a una vera e propria caccia al produttore. In Champagne ci sono circa 4.500 produttori, ma mettiamoci in testa che quelli validi sono stati già ‘scoperti’ e importati. Trovare il

miopi approcci da talebano. Non me ne vogliano gli altri amici vigneron, ma prendiamo a esempio De Sousa: non è solo ‘bio’, ma addirittura biodinamico certificato. Bene, hai mai assaggiato uno champagne De Sousa meno che ottimo? No, vero? E uno improbabile? Proprio no! Ecco, questo è un approccio giusto. Tra le grandi maison, invece, vogliamo parlare di Louis Roederer? Oggi è il più grande produttore in biologico e presto lo sarà anche come ‘bio’ certificato. Nell’attesa di Moët, che sta portando avanti un programma di conversione delle vigne al ‘bio’ a dir poco mostruo-

l’altro, la Champagne si è imposta di vietare assolutamente gli erbicidi dal 2025 e di arrivare a una filiera veramente ‘verde’ con il progetto ‘Champagne 2030’.

nome inedito capace di fare champagne di livello è dunque estremamente difficile. Può capitare, non lo escludo, ma è veramente raro. Invece, c’è chi pensa che il nome champagne scritto in etichetta significhi automaticamente eccellenza e questo non è vero. Per me lo champagne è il miglior vino del mondo, ma sono poco più di un centinaio i produttori capaci di muoversi in questa dimensione tra l’ottimo e l’eccellente. Non lo dimentichiamo. Quindi, per concludere, la suddivisione va fatta tra chi fa grandi vini e chi si culla nell’illusione che il nome champagne da solo basti.

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RM vs GM: cosa ne pensi? Che oggi è una suddivisione sempre meno sensata. I due mondi, al contrario, sono sempre più sovrapponibili, numeri a parte. Purtroppo - e questo vale soprattutto dell’Italia - perdura l’ondata del “diverso è meglio!” che ha preso il posto della precedente “piccolo è meglio!”, quindi l’Italia è invasa da una marea


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Alberto, sarò io questa volta a porti una domanda che solitamente ami fare ai tuoi interlocutori: tre grandi Champagne in versione bianca e tre in versione Rosé. Ahia… Non temo la risposta in quanto potrebbe farmi inimicare qualche produttore, ma la temo perché sono veramente tanti gli champagne di altissimo livello, con la preferenza personale che va e torna a seconda del momento. Vabbè, ci provo. Prima i Rosé, che è più facile… Una premessa, però: non mi riferirò a un’annata specifica, ma alla media di queste. Quindi, cercherò di indicare champagne che per me non hanno mai sbagliato un’uscita. OK? Bene, i Rosé, dicevamo: - Cuvée Elisabeth di Billecart-Salmon. Champagne fantastico, elegante e profondo, incisivo nel senso che va dritto al cuore. Perfino in annate complicate come la 2006. - Vintage Rosé di Veuve-Clicquot. Raffinato. Fitto senza essere concentrato. Succoso e saporito. Vinoso senza rinnegare l’essere cham-

pagne. Tra l’altro, sembra non conoscere tempo. - Rosé Grand Cru di Egly-Ouriet. Francis Egly (foto in basso) non sbaglia un colpo e la sua fama è ampiamente meritata. Ma il suo Rosé è a dir poco incredibile, perché eccellente sa esserlo pure da giovane! Chi pensa che i sans année siano sempre vini piuttosto semplici dovrà ricredersi… E passiamo ai bianchi. Qui si fa più difficile. Tento, ma so già che sarà un elenco incompleto… - Cristal di Louis Roederer. Un grande champagne che soffre dell’immagine patinata. Era già di alto livello, ma da quando lo firma Jean-Baptiste Lécaillon è notevole. Se non perfetto… - Dom Pérignon Œnothèque/P2: in un’ipotetica Top Ten di sempre, almeno 4 champagne sarebbero questi, se non 5. Sarò per sempre grato a Richard Geoffroy per averlo ‘creato’. - Comtes de Champagne di Taittinger: è difficile sbilanciarsi e usare l’aggettivo ‘migliore’, ma stavolta si

Alberto Lupetti insieme a Francis Egly

può, si deve. Questo è per me il miglior blanc de blancs. Punto e basta. - Le Bois de Binson di Eric Taillet: permettimi di indicarne un quarto. Altrimenti ho parlato di soli top champagne di maison! Questo Meunier in purezza è clamoroso. È il Meunier come dovrebbe essere, fresco e sottile, non maturo e concentrato come vuole farci credere qualcuno. Peccato se ne faccia poco… Chi è ad oggi il produttore più talentuoso secondo Alberto Lupetti? Tre aggettivi o tre buoni motivi per motivare la tua scelta. La risposta si fa sempre più difficile… Ti direi Louis Roederer, perché la direzione tecnica (e non solo…) di Jean-Baptiste Lécaillon non ha portato a essere notevole il solo Cristal, ma tutta la gamma della maison di Reims, grazie a una visione tanto della vigna quanto della cantina eccezionalmente illuminata e un savoir-faire di prim’ordine. Basta fare una media dei punteggi nelle varie edizioni della mia guida Grandi Champagne per rendersi conto di ciò anche dal punto di vi-

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sta della mera valutazione numerica. Però vorrei farti un altro nome: Jacquesson. Quando i fratelli Chiquet, nel 1988, dissero di voler fare “il miglior vino del mondo” potevano essere presi per pazzi e gli anni subito a seguire sembravano dar ragione ai detrattori. Anche io, che ho sempre amato Jacquesson, ho trovato i loro champagne molto particolari, fino alla svolta avvenuta tra il 2007 e il 2008, poi via via cristallizzatasi. D’altronde, se il vino ha bisogno di tempo, lo champagne ha bisogno di ancora più tempo. Così, oggi, gli champagne Jacquesson non hanno solo personalità, ma molta più complessità e, soprattutto, innegabile piacevolezza. Vogliamo poi parlare del fatto che Jean-Hervé e Laurent Chiquet sono gli unici che hanno sensibilmente ridotto la produzione in favore della qualità? Nonché gli unici ad aver pensionato il rosato. E che dire del loro lato umano? Della loro passione? Ah, sì, i tre motivi: rigore in vigna, tradizione in cantina, dosaggi perfetti. Una domanda forse scomoda: come trovi ad oggi la comunicazione della Champagne in Italia? Cosa manca e forse cosa è di troppo? Immagino tu ti riferisca ai critici di questo vino… C’è un po’ di tutto, quindi da quello che cerca di farlo con passione e competenza, a quello che ha annusato il successo e tenta spudoratamente di proporsi come riferimento senza averne le basi, passando per chi è un bravo comunicatore del vino in genere e di tanto in tanto parla pure di champagne. Tra i primi, però, manca il coraggio di specializzarsi, quindi di smettere di fare scorribande in altre denominazioni. L’ho detto prima come la penso in tal senso. Però, e parlo per esperienza personale, in Italia è difficile comunicare lo champagne. A differenza di altri paesi, noi siamo grandi produttori di vino e, in più, viviamo anche una continua competizione con i francesi. Quindi, spesso e volentieri, mi sento dire: “ma con tutti i vini che abbiamo in Italia devi parlare di un vino straniero, per di più francese?”. Amen. Cambiamo tipologia Alberto, almeno per una volta. Devi scegliere un vino rosso per una cena molto importante alla quale sei stato invitato, quale porterai? Un Brunello di Montalcino. Il primo amore non si scorda mai…

Alberto, so che stai scrivendo un nuovo libro: cosa ancora non è stato scritto o detto sulla Champagne? quando uscirà? L’ho già menzionato in alcune risposte… È La Mia Champagne e uscirà a novembre. Il mio primo libro sullo champagne, che va a colmare un vuoto. Vorrei fare quanto ha fatto Armando Castagno con la Borgogna. Non a caso, lo stesso Armando mi ha chiesto tempo fa: “Ma cosa aspetti a fare un libro sullo champagne? Se non lo fai tu, chi lo deve fare?”. Ci sto lavorando, anche perché novembre è dietro l’angolo. Non sarà un libro che racconterà come si fa una bottiglia di champagne, cosa oramai arcinota, invece sarà un libro con approfondimenti inediti sulla storia, sul terroir, sulla tecnica, su alcuni produttori dal punto di vista umano, sugli aneddoti… I pochi libri che trovi in italiano ti raccontano la solita storiella di Dom Pérignon, il solito schema territoriale, la solita descrizione di come nasce uno champagne. Io no. Certo, parlerò anch’io di Dom Pierre Pérignon, ma su basi storiche e documentate come non ha mai fatto nessuno. E di tanto altro ancora… Lasciaci con una frase, un tuo motto per i lettori. Lo champagne non è lusso, è piacere. E questo piacere non è caro ma costoso. Perché fare una bottiglia di champagne ha dei costi oggettivamente elevati, a cominciare dalla materia prima. Un saluto particolare? Beh, sì, a tutti i lettori de La Madia e a te che hai voluto coinvolgermi!

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LA SCOLCA

LA CENTESIMA VENDEMMIA DI LA SCOLCA POST COVID 19 CONFERMA LA BUONA SALUTE DI UN’AZIENDA CHE NON FERMA INVESTIMENTI E INNOVAZIONE

La Scolca sceglie il canale social ed una stretta relazione con tutta la propria rete di partner nazionali ed internazionali per condividere le problematiche di questo momento e presentare le maggiori novità della sua centesima Vendemmia. “La Scolca non si ferma - puntualizza Chiara Soldati - “e prosegue le acquisizioni di nuovi ettari di terreno, a completare gli investimenti in tecnologia ed il restyling della zona accoglienza”. Fare impresa ai tempi duri del covid 19 non è semplice “è una grande spinta a ripensare il nostro business - sos-

tiene Chiara Soldati - e a migliorarci come persone e come imprenditori. Il mio pensiero in questo periodo è andato ai nostril agenti, agli amici ristoratori ed enotecari, agli albergatori, a come fare sistema e trovare strategie di support. Queste azioni sono la concreta risposta per salvaguardare il presente e costruire il futuro evitando il collasso totale e irrimediabile dell’intero settore. Siamo abituati a lavorare in team e solo uniti riusciremo realmente a rialzarci e creare un grande futuro italiano dopo l’emergenza internazionale “ Entrando nello specifico del nuovo

vino il Soldati La Scolca Spumante Metodo Classico Blanc de Blancs è il nuovo prodotto, presentato lo scorso anno in anteprima alla festa dei 100 anni, che ora si presenta al mercato. Ottenuto da uve Cortese dei vigneti situati nella zona della DOCG Gavi, svolge un periodo di spumantizzazione con metodo classico di almeno 36 mesi, ed una o più volte l’anno, per ogni bottiglia, viene rimesso in sospensione il risultato della seconda fermentazione con sviluppo di aromi che permettono di ottenere il Pas – Dosè- Nature. Si distingue per i profumi eleganti, freschi e giovani, il sapore delicatamente citrino e sap ido, arricchito di sfumature dal pompelmo al mandarino, ed un finale di bocca fresco ed accattivante che invita a rinnovare l’assaggio. E’ il vino che abbiamo voluto dedicare alla nuova generazione della nostra famiglia, mio figlio, la quinta” - racconta con orgoglio Chiara Soldati - “per confermare ancora una volta la nostra propensione a volgere lo sguardo sempre al future. Come dice mia madre Luisa , è importante creare grandi annate , ma anche solide generazioni”. LA SCOLCA Strada per Rovereto 170/r, 15066 Gavi (AL) Tel.: 0143 682176 - www.lascolca.net

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ViagginelVino di Alessandro Rossi

Anteprima

Brunello

di Montalcino Annata 2015

Ed eccoci al Brunello di Montalcino 2015: ci concentreremo su questa annata e non ci soffermeremo sulle riserve. L’attenzione è rivolta a un’annata estroversa e di difficile lettura per la sua propensione all’invecchiamento, in attesa di una 2016 che molti indicano come l’annata perfetta. I caldi mesi estivi (soprattutto quelli centrali), dopo i mesi invernali e primaverili calmierati da temperature sostanzialmente nella media, sono stati stemperati dalle piogge di fine estate e dalle escursioni termiche - settembre e prima parte di ottobre - famose nel comprensorio di Montalcino. L’annata 2015 è senza dubbio una grande annata. Nonostante alcuni picchi di caldo, le produzioni si stanno rivelando nel bicchiere meno muscolari, sì generosi, ma non surmaturi sul piano aromatico.

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ViagginelVino

Diluizione, frutta dolce, fiori, note speziate, acidità e un’interessante sapidità sono il timbro stilistico (ad ora) che caratterizza questo millesimo. A tratti, direi “tempranillano”. La media qualitativa è molto alta anche se non tutte le aziende sono riuscite a produrre vini eccellenti, chi è stato in grado di gestire bene la vigna ha sicuramente prodotto Brunello di Montalcino molto interessanti anche sotto il profilo evolutivo. È sicuramente un’annata che metterà a sedere più palati, sarà argomento di discussione ma potrebbe avere un ottimo successo a livello planetario perché le sfaccettature sono tante e le declinazioni ancora di più. Sono Brunello già estremamente bevibili, ma non per questo da stappare in tutta fretta. La domanda, quando si presenta una nuova annata, è sempre la stessa: quanto potrà durare in cantina? Quale sarà la curva evolutiva di questo millesimo? La mia lettura è che ci troviamo di fronte a tanti vini già molto buoni anche adesso, ma forse mancano i grandi fuoriclasse, quelli che possono fare in futuro la grande differenza. Ma non lamentiamoci perché, in attesa della 2016, abbiamo comunque nel bicchiere Brunello di Montalcino eccellenti.

i 20 migliori assaggi IL MARRONETO MADONNA DELLE GRAZIE: Frutta, densità, gesso, struttura ed eleganza. La diluizione in bocca ricorda il Tempranillo. Sottile e difficile da capire nell’immediato. La bocca sul finale regala una grande frutta dolce. La chiusura è lunghissima e saporita, infinita anche dopo la degustazione: 98/100 LE RAGNAIE - FORNACE Estremamente elegante nelle sue note mediterranee, sottile ma potente al tempo stesso: note di frutta rossa dolce oltre a spezie e tocchi agrumati. La bocca è succosissima, elegante, lunga ma sottile, sofisticata grazie alla perfetta acidità e sapidità in chiusura: 98/100 CASANOVA DI NERI TENUTA NUOVA Subito frutta dark, compatto, gessoso, oltre a spezie sia dolci che puramente orientali. La bocca è molto lunga e inizialmente rigida come al naso. Il trascinamento tannico in chiusura è perfetto grazie alla grande freschezza che lo accompagna: 97/100

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ViagginelVino

POGGIO DI SOTTO Come al solito, un Brunello di Montalcino sottile ma estremamente complesso al tempo stesso. Solido, delicato, lineare, verticale e vellutato al palato. Un grande equilibrio: bocca lunga, sapida e mediterranea. Succoso ed elegante: 97/100 LE POTAZZINE Sottile ed estremamente lineare, sfuggente all’inizio, ma il ritorno è elegantissimo. Il naso è sofisticato: note balsamiche incrociano quelle di frutta perfettamente matura. La bocca si rivela succosa, i tannini perfettamente levigati e amalgamati nella trama; un vino di grande consistenza e lunghezza: 97/100 CIACCI PICCOLOMINI D’ARAGONA VIGNA PIANROSSO Un Brunello estremamente fresco che gioca sull’eleganza; spezie e note balsamiche in chiusura. La bocca è succosa, arancia rossa su tutte le componenti avvertibili. Il punto di bevuta è il suo punto di forza. Elegante e ben equilibrato tra la parte acida e sapida: 97/100 LE RAGNAIE VECCHIE VIGNE Anche qui un grande naso mediterraneo che ricorda l’oliva nera, la salamoia e spezie dolci. La bocca è lunghissima, tocchi selvatici anche al palato. Succoso, compatto e di grande eleganza: 96/100 MASTROJANNI VIGNA LORETO Al naso la frutta rossa è il primo rimando olfattivo. Note floreali in lontananza, tocchi balsamici che rendono il naso intrigante e freschissimo. La bocca è suadente,

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ricca e completa grazie alla chiusura perfettamente in linea con l’approccio olfattivo. Un vino di grande equilibrio: 96/100 CANALICCHIO DI SOPRA - LA CASACCIA Un grande vino per una grande selezione. Stupendo nel suo approccio quasi ematico condito da note mediterranee e spezie. La bocca ricorda la densità della frutta rossa matura con un finale lungo e succoso. Un vino di grande vita: 96/100 CASTELLO ROMITORIO - FILO DI SETA Un Brunello di grande stoffa. Trama fitta e penetrante che ricorda la macchia oltre a note speziate dolci e da legno. La bocca è elegante e sontuosa. Una piacevolezza immediata sorretta da una buona acidità e lunghezza. 96/100


ViagginelVino

EREDI FULIGNI Subito la frutta rossa la fa da padrona nella sua più completa e classica interpretazione dei vini di Montalcino. L’impatto gustativo è tra i più tipici: la bocca è quella classica delle migliori annate: arancia rossa dolce e acida al tempo stesso. La chiusura è elegante, lineare, saporita: 96/100

SALVIONI LA CERBAIOLA Etereo ed energico al naso rispecchia, oltre al suo timbro stilistico, l’annata diluita ma con tutte le caratteristiche del caso. Sempre grande anche in bocca, ricorda l’incalzare della frutta rossa - arancia sanguinella su tutte - con una grande chiusura sapida e succosa.: 95/100

LE CHIUSE DI SOTTO Austero, rigido e ben piantato a terra. Frutta dark, spezie dolci e tannini estremamente vibranti. Da leggere in profondità quando entra in bocca: sapidità e tannini fitti sono la cifra di questo vino. Grande bevibilità e lunghezza: 96/100

LE MACIOCHE Un grande naso da vero Sangiovese; mediterraneo con rimandi all’oliva in salamoia. Diluizione, frutta dolce e fiori. La bocca è conica in chiusura; succosa dolce/acida al tempo stesso, Un vino lungo, elegante e potente al tempo stesso: 95/100

PODERE LE RIPI AMORE E MAGIA Subito si percepisce la grande frutta matura. Etereo, bocca ben diluita e succosa con una chiusura seria e a tratti amarotica. Un grande vino per un grande futuro: 95/100

ALTESINO – MONTOSOLI Al naso subito frutti rossi scuri e note amarotiche bilanciate da spezie dolci dovute all’evoluzione. L’impatto gustativo è dei grandi vini di questa zona: saporito, succoso con un’ottima acidità a sorreggere la materia: 95/100

TIEZZI VIGNA SOCCORSO Un vino serio e di grande potenza olfattiva; grafite, frutta rossa e spezie. Lungo e interessante anche in bocca con note terziarie in chiusura. Un bicchiere di grande bevibilità anche in questo momento: 94/100 POGGIO SALVI Spessore e nitidezza si percepiscono immediatamente al naso; grande pulizia e impatti terziari oltre a frutta rossa. La bocca è succosa, lunga e prolungata. Nitida la chiusura salata sul finale: 94/100 BARICCI Una bella interpretazione di questa annata a tratti non facile. Frutta matura e spezie dolci le caratteristiche principali che si possono percepire al naso. La bocca è sinuosa ed elegante. Lungo e bilanciato il finale: 94/100 CAMIGLIANO Paesaggio Inatteso: impattante appena si porta il bicchiere al naso; note mediterranee intense, frutta rossa di sottobosco e spezie antiche. In bocca si conferma un grande vino; profondo, elegante e grande stoffa: 94/100

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LA BONTÀ

HA RADICI PROFONDE NEL VICENTINO di

Ecco una piccola realtà produttiva nata dalla passione di una famiglia per la campagna veneta, la terra, la vite e per la loro volontà di produrre vini di alta qualità. Pochi ettari di vigneto, circa 6, posizionati sui Comuni di Marano Vicentino e Montecchio Maggiore. Grappoli buoni, sani e maturi ottenuti con il lavoro vero seguendo il sistema di potatura a Guyot, con un deciso diradamento e trattando le uve con spremiture soffici mediante moderne attrezzature. Gli affinamenti dei vini della cantina vengono effettuati in acciaio e in legno e dal 2016 sono tutti certificati BIO. Raccontiamo la bellissima avventura della Vitivinicola Ruaro, attiva dagli inizi degli anni 2000. Nei vigneti dei due Comuni vengono coltivati differenti vitigni; a Montecchio Maggiore

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Fabrizio Salce

dove il terreno è argilloso e pesante troviamo le uve a bacca rossa, cabernet sauvignon e merlot. A Marano invece la terra è differente con soli 40 centimetri di suolo fertile posizionato spesso strato di ghiaia; qui le uve a bacca bianca vengono predilette, in particolare chardonnay e pinot grigio. Tra i piacevoli vini prodotti segnaliamo un vivace Chardonnay denominato Incalmà: ottima la sua miscela di acidità e aromaticità, è delizioso come aperitivo con le sue note di frutta fresca a tropicale. Per rimanere sui bianchi un Pinot Grigio, chiamato Faliva, decisamente saporito e aromatico, fresco e morbido, capace di lasciare il palato pregno di sfumature floreali. Raise invece è un merlot dal bel colore rosso rubino, morbido e armonico e con profumi intensi. C’è poi un blend

prodotto con il 30% di uve merlot e il 70% di cabernet sauvignon, lo hanno battezzato Giaron e il suo essere vellutato e speziato lo pone come il capolista della produzione della casa. La passione, la voglia di produrre qualità, la scelta ponderata del biologico, la famiglia, la vite e il vino: in un momento storico particolare in cui per molti c’è stata una profonda riflessione sulla vita di tutti i giorni, avere dei capisaldi, dei principi e dei valori significa essere consapevoli che le scelte giuste vanno difese e valorizzate. La bontà ha radici profonde, dicono in casa Ruaro, e hanno ragione. www.vitivinicolaruaro.it gianni@vitivinicolaruaro.it Azienda Agricola Ruaro Gianni Via Trieste n°30 Marano Vicentino (VI)


Vinaria

NÌURU di Antonietta Mazzeo

IL NEGROAMARO, PRINCIPE DI NARDÒ. La “bella Nardò”, adagiata sul versante ionico del tavoliere salentino tra Lecce e Leuca, ha origini antichissime. Fu per secoli, un importante centro bizantino e dal 1497, sotto l’egida della famiglia ducale degli Acquaviva, divenne il principale centro culturale del Salento, sede di Università, di Accademie e di studi letterari e filosofici. Il toponimo deriva etimologicamente dal termine illirico nar, che ha il significato di acqua, con probabile richiamo all’antica falda acquifera presente nel territorio; lo zampillo d’acqua, uno degli elementi raffigurati nello stemma civico, assieme al toro, richiama le mitiche origini greche della città. Scrigno di arte e natura, l’importanza culturale di Nardò trova riscontro in una straordinaria ricchezza di palazzi, chiese, cappelle e dettagli architettonici che la rendono una delle più belle città del barocco leccese; ne sono testimoniaza, tra gli altri, Piazza Salandra (foto in basso), nel cuore della città, che è stata l’incantevole scenografia di moltissime pellicole del cinema italiano e internazionale, la Guglia dell’Immacolata, l’antico Sedile con la statua di San Gregorio Armeno; il palazzo settecentesco dell’Universitas; l’orologio Caccialupi, la fontana del Toro, simbolo di Nardò e la chiesa di

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San Domenico. Magnifico esempio di barocco scolpito nel carparo. sono la Cattedrale, la chiesa di San Giuseppe e la cinquecentesca chiesa di Sant’Antonio da Padova. A pochi chilometri da Nardò, il mar Ionio bagna le frazioni di Santa Maria al Bagno, Santa Caterina e Sant’Isidoro; una lunga affascinante costa ricamata tra le rocce dal mare cristallino. Qui si trovano due oasi naturali, il Parco di Porto Selvaggio (foto a lato), e la Palude Capitano con la grande pineta. La campagna neretina, tra ulivi secolari e distese di vigne, è costellata da masserie, molte delle quali fortificate. Patria dell’oliva Cellina, Nardò produce un ottimo olio extravergine e vino di qualità. A seconda dei periodi e delle ricorrenze è possibile degustare, tra gli altri, la puccia (Il pane più tipico), le friseddhre (ciambelle biscottate), le pittule (palline di pasta lievitata fritte), la scapece (piccolo pesce infarinato e fritto), i pampasciuni (cipolline selvatiche) i panzerotti, i rustici (dischi di pasta sfoglia ripieni), i pasticciotti e i dolci di pasta di mandorla. Il Salento è terra ricca di storia enoica, nelle quale i vitigni autoctoni sono figli dell’emigrazione di uomini e di piante, che qui si sono acclimatati e hanno trovato dimora, sviluppandosi e riproducendosi,

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creando colture e culture. Le origini del vitigno Negroamaro sono sicuramente orientali, con tutta probabilità greche o balcaniche; molti studiosi fanno risalire la sua comparsa all’epoca della colonizzazione greca del Salento, intorno all’VIII sec. a.C.. L’origine del suo nome non è certa: il termine “amaro” potrebbe essere riferito all’imponente presenza di tannini, o anche al fatto che in passato la macerazione sulle bucce era molto prolungata, per cui al termine della fermentazione si avvertiva una forte prevalenza di sostanze amaricanti e di un nettare molto scuro, ma al contempo potrebbe derivare dalla lingua greca “mavro” che significa negro e che insieme al termine latino “nigro” avvalorerebbe la considerazione di impenetrabilità del suo colore. Iscritto al Registro Nazionale delle Varietà di Vite dal 1970, vitigno di ottima vigoria, garantisce produzioni regolari, predilige climi caldi e asciutti e terreni argilloso-calcarei. Giunge tardivamente a maturazione, di norma tra la fine di settembre e la prima quindicina di ottobre. In passato era coltivato con un sesto straordinario per le terre salentine, che per oltre un secolo è stato il simbolo della campagna: l’alberello. Oggi questo sistema di allevamento è ancora presente, accanto al più moderno cordone speronato. Attualmente in Puglia sono circa 12.000 gli ettari vitati di Negroamaro. Il grappolo ha media grandezza, forma conica; serrato, diventa più spargolo con l’aumento di età della vite; la morfologia può variare sensibilmente dato il grande numero di cloni disponibili. Ha acino medio, con buccia da spessa a sottile a seconda del biotipo, pruinosa, di colore nero violaceo, particolarmente ricca di polifenoli come il resveratrolo, di acidi fenolici e di antociani, dei quali la malvina rappresenta circa il 38%. Polpa succosa, dolce e sapore neutro. Potremmo definirla un’uva completa per il giusto equilibrio tra acidità, sostanze coloranti e grado alcolico. I vini ottenuti dal Negroamaro hanno un carattere molto forte, che unisce il profumo dei frutti, con l’amarezza della terra; è un’uva estremamente versatile, molto utilizzata anche per la vinificazione in rosato (il primo imobtti-


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gliato a livello nazionale), oppure in purezza o in blend, tradizionalmente con la Malvasia Nera o con il Sussumaniello. Negli ultimi anni non pochi produttori lo hanno “sposato” anche con il Primitivo. Molto noto il Salice Salentino DOC che, per disciplinare, è ottenuto attraverso un blend di uve Negroamaro 85% e Malvasia Nera 15%, la quale affievolisce le caratteristiche note amarognole tipiche del Negroamaro. Attualmente l’utilizzo del Negroamaro è previsto in ben 13 DOP regionali (delle 28 presenti in Puglia), si trova inoltre anche nel disciplinare della DOP Rosso Cerignola. Il Negroamaro si abbina benissimo con i piatti della ricca tradizione Salentina, con la pasta fatta in casa, le tipiche sagne, o con le polpette al sugo. Si abbina bene anche con carne di agnello o con i tipici gnomerelli, involtini di frattaglie legati con budello, alla carne rossa e ai formaggi ben stagionati.

l’ospitalità

le cantine e la ristorazione

Qui il Relais Monastero Santa Teresa (foto in basso), è il primo Albergo Diffuso nato sul territorio neretino, con camere affrescate ricche di storia. Situato nel cuore del centro storico di Nardò, all’interno di un palazzo medievale che prende il nome dall’antico balcone barocco (mignano, appunto) scolpito in pietra leccese, è anche il Relais Il Mignano (foto in alto a destra), struttura recentemente rinnovata che mantiene inalterata l’architettura originaria e offre agli ospiti comfort e stile in ambienti eleganti con mobili d’epoca. Il ristorante propone i piatti tipici del territorio a base di prodotti biologici a chilometro zero. Tra immense distese di vigneti di Negroamaro e Malvasia accarezzati dalle brezze marine, nella zona dop del Salice Salentino sorge, in provincia di Brin-

Nel cuore pulsante di Nardò, un suggestivo vicolo affacciato su Piazza Salandra ospita una proposta gastronomica per veri buongustai l’Antica Macelleria Fai. La sala che ospita la braceria è stata riportata al suo originario splendore dopo una lunga ristrutturazione, e rivisitata in uno stile che mescola il legno e il ferro alla leggerezza diffusa di arredi semplici e di buon gusto. Passione autentica, materie prime stagionali, ricerca e attenzione per la qualità, sono i principali ingredienti di una sorprendente cucina tradizionale, sempre in equilibrio tra semplicità ed eleganza.

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disi, la Cantina San Donaci (foto a lato), testimonianza di una lunga e appassionata storia cooperativa e produttrice del Contrada Del Falco Salento IGP, ottenuto da uve Negroamaro, Primitivo e Malvasia Nera, piantate nel tradizionale sistema alberello. Il vino viene affinato in barrique e successivamente affinato in bottiglia. Quella della Apollonio Casa Vinicola di Monteroni di Lecce è la storia di una famiglia che con la sua dedizione e passione ha esportato la qualità della tradizione vinicola salentina nel mondo. Il marchio si distingue anche per la grande attenzione al mondo della cultura: ll Premio Apollonio viene conferito ogni anno a pugliesi di nascita o di adozione che si sono distinti in campo artistico, culturale, sportivo, portando lustro alle bellezze della regione. Il suo vino di punta è il Terragnolo 2012, 100% Negroamaro del Salento IGP con affinamento in rovere di Slavonia.

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Sorta nei primi del Novecento sulle rovine di una costruzione di età tardo medievale a poca distanza da Cellino San Marco (Br), la Masseria Li Veli venne acquistata nel 1999 dal marchese Antonio de Viti de Marco (oggi Li Veli è di Edoardo ed Alfredo Falvo), che ne fece un’azienda vitivinicola presa a modello in tutto il Meridione. Di questa cantina il Primonero, Salento IGT Negroamaro con tappo a vite e affinamento in acciaio.


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La cantina dell’Azienda Vitivinicola Bonsegna (foto a lato) è situata nel centro di Nardò in una costruzione risalente agli inizi del ‘900, con caratteristiche volte a ogiva, tipicamente leccesi. Il rispetto della natura e delle piante e l’utilizzo di sistemi di produzione integrata costituiscono gli aspetti principali di questa realtà aziendale. Qui si coltivano, uve autoctone di Negroamaro, Primitivo e Malvasia Nera di Lecce. Tra i vini prodotti, Danza della Contessa è un Nardò rosso DOC, con uve Negramaro 50% e Primitivo 50%. Nel 1999 nasce a Nardò una delle più belle storie di viti e mani forti, la Cantina Schola Sarmenti (foto in basso), una grande espressione del prezioso territorio del Salento. I vigneti situati a pochi passi dal mare, coltivati con vecchi sistemi, rispettano i cicli naturali della Terra. I vini sono frutto di un’attenta scelta delle migliori uve da vitigni autoctoni; tra questi Corimei, I.G.T. Salento

Rosso dolce da uve Primitivo 100% in vendemmia tardiva con leggero appassimento sulla pianta, da vigneti di 65 anni. La Masseria La Cornula (foto a destra), con i suoi 400 anni di storia, racconta la grande ospitalità della

Terra d’Arneo. Il termine “La Cornula” rimanda al dialetto Salentino e indica la pianta del carrubo. Si tratta di una struttura unica in cui comfort e innovazione si integrano perfettamente con l’architettura tradizionale salentina, donandole un fascino unico e inconfondibile. Parte integrante delle attività è l’Azienda Agricola che dà vita ad una produzione di olio extravergine d’oliva di buona qualità; all’interno della Masseria trova spazio un Oil Bar, luogo ideale per degustare gli oli prodotti, tra cui Ogliarola, olio extravergine di oliva da monocultivar Ogliarola.

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Le Cantine De Falco (foto in basso) nascono nel 1949 a Novoli (LE), fiorente centro di produzione vinicola del Salento, punto di riferimento del settore vinicolo del Salentino da oltre mezzo secolo. I vigneti di Negroamaro, Malvasia e Primitivo sono ubicati tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto. Le Cantine de Falco sono promotrici e principali attori del “progetto qualità” attraverso la coltivazione di uve particolarmente rare e pregiate, frutto di una sinergia con i viticoltori locali che ha dato vita alla linea “Artiglio”, tra cui spicca Salore, Salice Salentino Negroamaro DOP da uve Negroamaro 100%.

il Negroamaro

e i vini oggi

La cantina storica di Mottura Vini - una splendida tenuta di fine 800 dal respiro barocco - si trova a Tuglie (LE). Qui i vigneti trovano un habitat perfetto su terreni calcarei, argillosi e tufacei, ricchi di componenti ferrose, fra le brezze di mare, del monte e del lago. Nel “tacco d’Italia” ci sono storie di donne e uomini legati indissolubilmente alla terra: nella famiglia Mottura questo amore si trasmette da circa 80 anni. Dell’azienda il Villa Mottura (foto in alto) è Negroamaro del Salento Rosso IGT con una piccola percentuale di Malvasia Nera.

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La storia dei vini rossi a base Negroamaro narra di un periodo durato decenni, dedito ad una produzione che la colloca come la sesta bacca nera più prodotta in Italia. I primi risultati giunsero nel 1975 quando un vino da uve Negroamaro in purezza vinse il Concorso Enologico di Milano. Amati da Luigi Veronelli, i vini a base di Negroamaro vennero poi celebrati da Robert Parker (1991) e citati perfino dall’Oxford Wine come «warm climates wines» (vini da climi caldi e asciutti). La strada è stata tracciata, nuove mani e nuove menti nei campi e in cantina hanno innalzato gli standard qualitativi portando la viticoltura pugliese al giusto posizionamento nel panorama enologico nazionale ed internazionale. Sicuramente complice di questo successo sono stati lo studio anche creativo di nuove soluzioni legate al marketing, la dinamicità degli imprenditori e l’investimento di capitali. Ma non meno a questo successo ha contribuito lo stretto legame fra enogastronomia, cultura e turismo, di cui il Movimento Turismo del Vino Puglia è ambasciatore. Le emozioni interiori, suscitate dall’esperienza personale e derivanti dal contatto diretto con la coltura e cultura di un territorio, stimolate dall’enoturismo, sono lo strumento ideale per incentivare e promuovere il comune desiderio di visitare a conoscere. Non dobbiamo pertanto stupirci se il successo del Negroamaro e dell’enologia pugliese sia proporzionalmente cresciuto anche, e soprattutto, per la crescita di una terra ricca e generosa.


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TERRESACRE SORSI DI MOLISE fotoservizio di

Il Molise era la terra degli Osci, gli antichi abitanti della regione ai quali subentrarono i Sanniti. Il nucleo principale dei Sanniti era chiamato Pentri ovvero il popolo delle montagne, radicato e attaccato alla propria terra. Poi arrivarono i romani che testarono di persona la caparbietà dei Sanniti, tanto che ci misero 50 anni per sconfiggerli. Il termine “Osco” è però rimasto, così come “Pentro” e li ritroviamo nel mondo del vino molisano, un mondo antico di secoli, fatto di vini pregiati e variegati, di vitigni internazionali e autoctoni. Il Molise, con le sue bellissime colline, i tanti corsi d’acqua (Volturno, Biferno, Trigno, Cigno, Fortore), le due province Campobasso e Isernia: un mondo non abbastanza conosciuto e lontano dal turismo di massa, per tanto più affascinante. Viticoltura antica a Montenero di Bisaccia in provincia di Campobasso, più precisamente in Contrada Montebello sui 35 ettari di una cantina devota al vino: cantina Terresacre. È una realtà produttiva nata nel 2006 che lavora nel rispetto della tradizione vitivinicola di questa terra, attraverso la conoscenza della vite e dei suoi piccoli grandi segreti. Il rispetto del tempo che la natura impone, il clima ottimale, il posizionamento dei vigneti che respirano il mare Adriatico a 270 metri; i vitigni Tintilia, Falanghina, Montepulciano, Trebbiano e l’opera dell’uomo sono ingredienti che regalano vini di altissimo livello. La cantina Terresacre rappresenta una delle più interessanti strutture produt-

Fabrizio Salce

tive del panorama vitivinicolo della regione. Vini come il Tintilia, vitigno autoctono (sinonimo del Bovale Grande Nero) decisamente interessante, dal colore rosso rubino a volte con riflessi violacei, dal profumo intenso e con sapore armonico e morbido. Due versioni di Tintilia DOC di cui una che matura per 12 mesi in barriques di rovere francese e l’altra ottenuta da uve di antichi vigneti. Un vino da abbinare ad un buon formaggio pecorino, ai salumi tipici molisani come lo sfarriccio e il sagicciotto o ad alcune ricette della tradizione: cavatelli al ragù, maiale ai peperoni e torcinelli. Un altro grande vitigno di casa Terresacre è la Falanghina, un’uva dalla lunga storia secolare molto amata dagli antichi romani. Ed ecco allora Oravera DOC che affina 6 mesi in barriques di rovere francese riposando sui propri lieviti. Poi, come per il Tintilia DOC, un’altra espressione di Falanghina DOC che raggiunge una grande personalità e una piacevolissima aromaticità: Segnalo un grande Montepulciano denominato Rispetto DOC, che affina 18 mesi in barriques, e sempre a base Montepulciano Neravite DOC. Il Montepulciano col passare del tempo diventa di un colore inebriante, un vino rosso acceso tendente al granato. L’intenso profumo caratteristico, secco al palato molto armonico e con morbido tannini. Ottimo con i salumi locali, i formaggi, il coniglio e il famoso piatto cacio e uova.

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’16 is the

new ‘85? di

“’74 is the new 24” è un brano presentato da Giorgio Moroder – produttore discografico e compositore in concomitanza con l’annuncio del suo primo album in studio dopo trent’anni. Lo stesso compositore italiano ha spiegato che non importa se hai 74 anni o 24 perché 74 è il nuovo 24, da qui il titolo della canzone. A nessuno interessa se la 1985 è migliore o come l’annata 2016, l’importante è che sia grande. L’annata 2016 è stata senza dubbio una bella vendemmia, ma non perfetta in tutta Italia. I vini atti ad evolvere nascono da basi dove l’acidità è superiore, da qui personalità e eleganza stilistica. Dove le riserve idriche necessarie per i mesi più caldi è stata sufficiente i risultati si sono visti.

Quando la perfezione cristallizza la precisione stilistica

Alessandro Rossi

Ma facciamo un passo indietro e proviamo a paragonare le due annate sotto il mero profilo meteorologico senza comparare le varie regioni vinicole italiane, ma cercando di capire cosa è realmente accaduto in Italia in questi due anni. 1985: Gennaio è il mese più freddo del secolo, grandissime nevicate ovunque. La prima parte della primavera e giugno compreso sono mesi abbondantemente sotto la media stagionale. Luglio, agosto e settembre senza acqua. L’autunno è mite e il mese di dicembre ancora gelido. Tra gli anni più rigidi se non il più rigido del secolo. Quindi parliamo di un anno secco ma con scorte idriche arrivate sostanzialmente dalla grande nevicata. Insomma un anno con tutte le sue stagioni ben distinte. 2016: Meno bollente della 2015 ma il sesto anno più caldo in Italia dal 1960. L’inverno è estremamente caldo, tuttavia l’aspetto più rilevante del 2016 è stato forse la persistenza di condizioni siccitose, parzialmente alleviate dalle piogge primaverili. La seconda parte del 2016 è stata caratterizzata da periodi prolungati di carenza o addirittura assenza di piogge su diverse aree del territorio nazionale che, a fine anno, hanno riportato le risorse idriche generalmente su livelli molto bassi. Ma perché si sente parlare spesso di queste due annate e perché vengono accostate? Semplice: se ne parla, anzi se ne straparla, principalmente a causa di un vino: il Sassicaia del Marchese Incisa della Rocchetta che - in ambo le annate - si è fregiato del titolo di miglio vino al mondo aggiudicandosi i 100/100 da Robert Parker, il critico americano di «Wine Advocate». Dopo 34 anni, quindi, il Sassicaia conquista di nuovo il podio mondiale dei rossi, almeno per Parker. È la prima volta che un vino italiano ottiene due volte il riconoscimento. A degustarlo è stata Monica Larner, la critica di «Wine Advocate» per l’Italia. Racconta Monica: «Il Sassicaia 2016 è un vino di successo. L’ho assaggiato più volte e il meritato punteggio di 100/100 è stato assegnato con entusiasmo alla conclusione di un mini verticale tra la 2016 e la 2015 (a cui ho dato 97/100). Due delle migliori annate, simili, con lunghi e caldi mesi estivi che hanno alimentato

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Robert Parker

una stagione di crescita prolungata. Il 2016 leggermente riassaggiato in 25-30 occasioni, ed ogni volta è un grande più piovoso: in termini analitici questa annata ha un po’ più onore”. Uno di quei vini che, secondo Parker, hanno portato di acidità. L’annata 2015 è esuberante, rotonda, succulenta l’Italia ai livelli della Francia. e immediata, mentre la 2016 mostra nitidezza e precisioLe mie sono ovviamente provocazioni, non posso certamenne. La grande acidità lo porterà a lungo nel futuro col suo te trarre conclusioni in questo momento. Una riflessione a lento corso evolutivo. Questo vino ha un sapore netto voce alta però si può fare: non è che i vini difficili, quelli atti di mora, ciliegia matura, erbe grigliate e spezie. I sentori a divenire grandi, diventano mitologici e rimangono impressi fluiscono dal bicchiere in un flusso continuo e sono tutti nella memoria perché abbiamo avuto la capacità, la fortuna contrassegnati da intensità radiante. La sensazione è lunga oltre alla pazienza di riassaggiarli più volte durante la loro e persistente. La freschezza della spina dorsale tannica del l’evoluzione? vino si bilancia perfettamente con la profondità dei sentori E’ necessario anche per questo 2016 aspettare ancora andi frutta. A mio parere, il Sassicaia 2016 si erge vicino all’eni? Come racconta Parker, il primo sorso delle 30 bottiglie pica annata 1985 che è stata il punto di riferimento definitibevute in questi anni è stato differente dall’ultimo; la somma vo per il vino italiano» dei 30 assaggi l’ha portato ad essere, per lui, il più grande Sassicaia a parte, la 1985 è stata certamente una grande anvino in assoluto. nata per il vino italiano, ma è un errore paragonare queste Siamo sicuri che la vendemmia 2016, con tutti i cambiamenti due annate? Perché due vendemmie così distanti come caclimatici, possa effettivamente avvicinarsi alla 1985 nonoXXXXXXXXX ratteristiche hanno dato – a detta di molti – prodotti simili? stante il differente impatto climatico? xxxxx Racconta Parker: “il Sassicaia 1985 è il vino che più mi Non si possono dare risposte certe a queste domande: il xxxxxxxxxxxxxx è piaciuto in assoluto nei miei 37 anni di carriera: l’ho tempo sentenzierà. Magari ne riparleremo tra 30 anni.

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ViagginelVino di Andrea Gori (introduzione di Alessandro Rossi)

Chianti

classico Collection 2020

Andrea Gori arriva dalla ristorazione, quella vera, antica, fatta di trattorie incastrate chirurgicamente tra le storiche mura di Firenze, per intenderci quelle con la ciccia sul fuoco acceso tutto il giorno. La sua trattoria Da Burde apre la saracinesca ininterrottamente dal 1901. Oste? Sì, ma con licenza di uccidere anche sul vino; anni e anni di meritata e pluripremiata attività enoica fanno dimenticare in parte i suoi primi studi e le sue ambizioni (Andrea sarebbe biologo, ricercatore e genetista …). Quindi vino? Pronti e via, in 4 anni si laurea come Ambassadeur du Champagne per l’Italia. Poi la sua grande passione: la comunicazione. Tra i primi in Italia a rendere YouTube un canale più che idoneo alla divulgazione di questo settore e non solo (è pur sempre figlio di oste, quindi appassionato anche di gastronomia…). Decide che i blog - anche qui tra i precursori - possono essere un potente motore per un mondo ricco di notizie spesso mal comunicate come quelle del vino; parte così il suo primo blog “Vino da Burde”. Fonda “Dissapore.com” e in seguito “Intravino.com” dove continua a scrivere oltre a collaborare assiduamente con alcune tra le più importanti testate di settore. Fonda “God Save The Wine” un vero e proprio tour del vino che abbraccia tante città italiane e dove lui si fa personalmente ambasciatore di un verbo declinato all’interpretazione giovanile; smart, diretto e funzionale. Andrea è fiorentino dentro, ama svisceratamente la sua squadra e odia profondamente la Juventus. Ma prima di tutto è un massimo esperto e attento lettore di un territorio – quello toscano – che tanto ama, soprattutto le aree storiche che hanno reso grande questa regione come, appunto, il comprensorio del Chianti Classico. Mai mancato un appuntamento alle anteprime della denominazione, Andrea ci racconta – attraverso le sue migliori degustazioni – l’annata 2018 per il Chianti Classico e la 2017 per il Chianti Classico Riserva.

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L’ultima Collection della prima era di queste degustazioni (chissà se il prossimo anno si farà con le stesse modalità) è stata una festa davvero pazzesca con un filotto di annate non solo molto buone, ma interessanti e succose per capire lo stato di salute della DOCG Chianti Classico , una denominazione che pare aver già risolto molti dei problemi relativi al surriscaldamento del clima con accorgimenti in vigna e in cantina (dalle vinificazioni con acino intero, anfora, contenitori speciali e quant’altro).

chianti classico

annata 2018

Tanta soddisfazione immediata e, a breve medio termine per molti campioni davvero vini magnifici per la piacevolezza che sono in grado di instillare nei bevitori e degustatori; vini che faranno cambiare idea anche ai pochi che sottovalutano la qualità media di questa DOCG sempre poco considerata, soprattutto in patria. BADIA A COLTIBUONO La gloriosa abbazia benedettina conta su un mosaico di suoli e variabilità di terroir con pochi eguali e ne esce con un vino sapido, pulito, cristallino, saporito e dolce. Grande bellezza al naso e nel bicchiere con profondità e agilità che in altre annate il caldo aveva messo in difficoltà. 93/100 CASTELLO DI MONSANTO Rocciosa certezza inscalfibile almeno da 20 anni, presenta uno dei migliori vini da annata con un naso

sapido, fine, floreale e mentolato. Grande beva paradigmatica di uno stile, prima ancora che di un territorio. 93/100 COCCIA GIULIANO CASTELLINUZZA E PIUCA Siamo a Lamole, una delle zone dove il cambiamento climatico finora ha portato solo benefici e uve migliori. Naso floreale di viola e rosa, fine, sapido, arioso, croccante, chiude lieve, bello e con una discreta dose di potenza. 92/100

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FATTORIA CARPINETO FONTALPINO Siamo a Castelnuovo Berardenga nella propaggine più meridionale della DOCG, ma anche qui è possibile avere grandi variabili in campo, tali da giustificare due vini molto diversi da vigneti diversi, ovvero il Montaperto, più floreale e verticale, sorso appuntito e tagliente ma con un equilibrio sapido, acido, con frutto davvero rimarchevole. 91+/100. Il Dofana, più fruttato, ricco e caldo, lamponi, fragole in confettura, corpo discreto ed energia contagiosa. 92/100 ISOLE E OLENA Stabilmente tra i top 3 della denominazione con la possibilità di usare per il vino di annata molte delle uve migliori (non fa riserva ma solo pochissime bottiglie di una preziosa Gran Selezione), il vino è in effetti forse il 2018 più complesso, ricco, sensazionale al naso e ancora meglio al palato, vino di grazia in annata di grazia: l’eleganza piemontese e la passione Toscana unite per il bene di tutti. 96/100 L’ERTA DI RADDA Diego Finocchi è giovane e dinamico, ma ormai ha anche una decina di vendemmie alle spalle che cominciano a vedersi nei grandi vini che produce. Questo 2018 ha naso dolce di frutta rossa e nera, sorso sorprendente per freschezza, nitore e ritmo tannico; sa essere complesso senza perdere in grazia. 93/100 MONTERAPONI Michele Braganti non sbaglia un’annata e ogni anno si ha anche l’impressione che riesca a coglierne esattamente il mood. il 2018 è guizzante di ribes rosso e viola, polpa

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croccante di ciliegia, sapido, con ritmo e piacevolezza, ferroso, sanguigno e una dolcezza sempre bilanciata da giusta sapidità. 95/100 MONTEROTONDO VAGGIOLATA Saverio Basagni è tra i maggiormente fortunati in seguito al cambio di clima e le sue vigne a 500mt lo dimostrano ogni anno di più. Vino floreale quasi lamolese (siamo invece a Gaiole, versante che guarda la Valdarno) gustoso, agile, divertente, con freschezza verticale. 91/100 RIECINE Continua a sfornare vini impressionanti come questo molto arioso, balsamico e aromatico, più ciliegie e arancio. Grande coinvolgimento e sensazioni di dolcezza grintosa. 93/100 ROCCA DI MONTEGROSSI Tra le aziende cui sono più affezionato anche per l’uso accorto dell’uva pugnitello a dare più spezia e originalità: naso con ciliegia, pepe nero, salvia, anice, tabacco; bocca vorticosa e divertente tra sapidità, energia e spezia, il tutto risolto in piacere. 94/100 TENUTA CASENUOVE Da poco arrivati dalla Francia a Panzano, cominciano ad affinare la mira e questa è la prima annata che ne svela il grande potenziale. Vino passionale ed energico, carnoso e intenso, ma beva in equilibrio preciso che fila via benissimo. 92/100 TENUTA DI ARCENO Tanti investimenti che stanno dando ottimi risultati con vini ricchi e potenti ma che anno dopo anno acquisiscono grazia e finezza, note di mora di rovo, camemoro e lavanda, sorso spigliato, divertente e con finale di sottobosco ben tratteggiato. 90/100

chianti classico riserva

annata 2017

La Gran Selezione le ha tolto spazi e uve importanti, ma ci sono tanti produttori che continuano a investire energie e profondere impegno in questa gloriosa tipologia che, comunque, nella versione 2017 ha avuto non poche difficoltà a trovare eleganza e armonia, da sempre i due elementi che la Riserva ha sempre offerto. BUONDONNO CATAPECCHIA ALLA PIAZZA Siamo nella Berardenga, ma nonostante abbondanza di calore e arsura, il vino è miracolosamente fine, elegante, stuzzicante, piacevolmente speziato e con grazia al palato. 92/100


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CAPARSA CAPARSINO La storica riserva di Paolo Cianferoni è tra i vini che più hanno goduto di qualche grado in più e non sorprende che la 2017 regali magie con una sensazione di freschezza particolare rarissima; bel tocco mentolato boscoso e speziato, sorso di spessore, sostanza e struttura, grande finale balsamico. 93/100 SAN GIUSTO A RENTENNANO LE BARONCOLE Qui siamo in zona calda, Monti in Chianti, ma il prodotto sa essere come sempre soave e struggente, viola e floreale di campo, mela rossa e sensazioni iodate. Grandioso finale in punta di piedi nonostante la grande materia. 95/100 FATTORIA DI FÈLSINA RANCIA Il cru della Berardenga risplende luminoso con il suo tocco ampio e dolce di frutta di bosco, noce di cola, china. Ferroso e caldo, sorso deciso con bella freschezza sul finale agrumato. 94/100 MAURIZIO ALONGI VIGNA BARBISCHIO Qui c’è l’età dei vigneti a contare con oltre 40 anni di età e l’altitudine di 435 metri s.l.m. più vento e boschi attorno alle viti di sangiovese, malvasia nera e canaiolo a dare un naso intenso di mela cotogna, ribes rosso, fragole e sandalo. Sorso ricco, completo, con slancio nel finale che arriva lontano. 93/100 MAURIZIO BROGIONI Sotto il castello borgo di Montefioralle sta questa micro azienda capace di regalarci una riserva allegra, fine e sapida, note di arancio rosso, floreale viola e ciclamino, bocca accattivante con tannino preciso e intrigante. 92/100

POGGERINO BUGIALLA Siamo a Radda e c’è forza, verticalità ed energia e tanta ricerca in cantina per avere un vino davvero intenso e baldanzoso, materico e potente. Grande bellezza di frutto, sorso importante, ma scorre benissimo. 93/100 POMONA VILLA BANDINI Equilibrio naturale speciale e incantevole in questo vino dal naso dolce corredato da sensazionale freschezza. Piacevole e distinto, scattante ed energica freschezza che viene ribadita ad ogni sorso. 94/100 ROCCA DELLE MACÌE FAMIGLIA ZINGARELLI Tra le grandi aziende, quella forse che si è mossa meglio rivoluzionando la sua gamma e investendo sulle tante sfumature del sangiovese di Castellina in Chianti. Note di iris, lavanda e tabacco dolce, sorso arioso e palpabile, lunghezza notevole con toni scuri e speziati profondi. 92/100 ROCCA DI CASTAGNOLI POGGIO A’ FRATI Azienda storica proprietaria di cru spettacolari, capace ancora una volta di condensare il proprio savoir faire in un nettare di lamponi e visciole, senape e anice. Agile al palato con bella freschezza, cui manca solo un poco di centro bocca che potrebbe anche rivelarsi negli anni. 90+/100

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EDITORE La Madia srl Sede legale: Via E. De Amicis, 53 - 20123 Milano (MI) Sede operativa: Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 23821 - Fax 0547 25809 Internet: www.lamadia.com - E-mail: lamadia@lamadia.com

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DES GOURMETS La famiglia dei Gourmets europei si è data una nuova dimensione per valorizzare

il piacere

della convivialità e della cultura

enogastronomica italiana

Direttore responsabile: Elsa Mazzolini La Madia srl è parte del Gruppo Cose Belle d’Italia www.cosebelleditalia.com

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