La Madia Travelfood n. 304 - Gennaio/Febbraio 2016

Page 1

Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

www.lamadia.com

GUIDA BAROLO AI

I PREMIATI DALLE GUIDE I NOSTRI CONSIGLI

GIANCARLO PERBELLINI

La grande cucina con stelle e blue jeans ILARIO VINCIGUERRA

La sua straripante vitalità scalda il cuore della Lombardia RICCARDO CAMANINI

L’attualità della cucina del Lido 84 LA MADIA EDITORE

ANNO XXXI - Gennaio/Febbraio 2016 - N. 304 - €E 4,00 - Direttore ELSA MAZZOLINI




SOMMARIO

GOURMETFOOD

di

Teresa Cremona

LA MADIA TRAVELFOOD n. 304

pag. 52 ILARIO VINCIGUERRA La sua straripante vitalitĂ scalda il cuore della Lombardia.

GOURMETFOOD

di

Alessandra Meldolesi

pag. 58 CASA PERBELLINI La grande cucina con stelle e blue jeans.

VINARIA

di

Vittorio Manganelli e Alessandro Rossi

pag. 102 BAROLO 2011 I premiati dalle guide e i nostri consigli.

4


La cultura del benessere

Lo chef... il piatto

Far fatica con uno scopo adeguato: dimagrire

Federico Palestini............................................................. pag. 38

di Primo Vercilli................................................................ pag. 8

Cocktail... and more

La scelta vegana

Americano

Vino e birra sono vegan?

Tartare di manzo con capperi, cipollotto, cardamomo

di Silvia Bianco................................................................. pag. 10

di Daniele Briani............................................................... pag. 42

Assaggi di Galateo

MondoChef - Cuocomercato

Quando un buon servizio di sala fa la differenza

a cura di Alessandra Meldolesi........................................ pag. 44

di Fabio Ferrantino........................................................... pag. 12

Buone Nuove..................................................................... pag. 60

Progettare l’impresa

GourmetFood

Food cost: come dare un prezzo scientificamente

Ristorante Lido 84

esatto ad ogni piatto che compone il menu

di Simone Rosti................................................................ pag. 61

di Lorenzo Ferrari............................................................. pag. 14

La cacciagione secondo Errico Recanati.......................... pag. 66

Golavagando

Pedro Miguel Schiaffino

Menchetti........................................................................ pag. 18

di Flavia Tomaello............................................................. pag. 72

Ristorante Iyo a Milano.................................................... pag. 20

Chef di Spirito

Ristorante Glauco: dal mito alla tavola............................. pag. 22

Leonardo Vescera

Boutique Hotel Indigo a Roma......................................... pag. 23

di Sonia Leo..................................................................... pag. 76

Ristorante Eat a Viterbo................................................... pag. 23

TravelFood

Ristorante Basilico Fresco

Thailandia Royal Project

di Domenico Acconci....................................................... pag. 24

di Teresa Cremona........................................................... pag. 82

Grangusto a Napoli.......................................................... pag. 25

Eventi

Ristorante Red Fish a Ostia............................................. pag. 25

Food Factor/Cost a Rimini................................................ pag. 90

Ristorante Siciliah!........................................................... pag. 26

Il focus di Alessandro Magnum

Hotel Cristallo a Ponte di Legno...................................... pag. 26

Chablis

Relais Cascina Scottina.................................................... pag. 27

di Alessandro Rossi......................................................... pag. 94

Ted Burger a Roma.......................................................... pag. 27

Vinaria

GolavagandOraviaggiando

Il Barolo 2011

Ristorante La Claque a Molfetta

di Vittorio Manganelli e Alessandro Rossi........................ pag. 96

di Sandro Romano........................................................... pag. 28

Troppo caldo nei vigneti

Golavagando “Mon Trésor”

di Angelo Gaja.................................................................. pag. 103

Ristorante La Torre

Faccio cose... vedo gente...

di Massimo Di Cintio........................................................ pag. 32

di Elsa Mazzolini............................................................... pag. 104

Ristorante Crotto del Tiglio

Dulcis in fundo

di Alessandro Ricci........................................................... pag. 34

Millefoglie classico.......................................................... pag. 107

Osteria La Magona

Assaggio di libri................................................................. pag. 108

di Claudio Mollo............................................................... pag. 36

5



EDITORIALE di

Elsa Mazzolini

MALALINGUA L’Italia avrà pure ben altri problemi, ma quello di un vistoso deficit culturale mi sembra possa collocarsi alla base di tutti. La violenza perpetrata sulla nostra bella lingua italiana, poi, non è un fenomeno riscontrabile solo su internet dove l’ignoranza è ostentata senza alcun pudore, ma è amplificata dai tradizionali mezzi di comunicazione, il cui appiattimento semantico è davvero sconsolante. Nei Tg non esiste altra banale terminologia, da anni, se non la cappa del caldo, la morsa del freddo, il tunnel della droga, passando per attenzionare l’opinione pubblica, ma anche per ovvietà tipo iniziamo con la prima notizia, e concludiamo con l’ultima (!). Ma la vera aberrazione è il piuttosto che utilizzato non, come di regola, per indicare una preferenza, bensì al posto della “o” (ad esempio, sarebbe corretto dire preferirei morire piuttosto che vedere la Polverini in Tv, ma sbagliato dire preferirei morire o vedere la Polverini in Tv). Insopportabile poi quel da quando sono piccolo usato come da quando sono nato: nel primo caso si tratta del verbo essere al presente, anacronistico da usare se oggi piccolo non lo si è più, mentre il secondo è il passato prossimo del verbo nascere ed indica, appunto, un fatto già avvenuto. Ma inutile criticare se non si dà il buon esempio con i fatti. Cominciamo col fare pulizia in casa. Se un collaboratore invierà in redazione un articolo contenente l’abusato rigorosamente fatto a mano, io, rigorosamente, lo eliminerò dai collaboratori. Se un ufficio stampa mi invierà un comunicato con la specifica “sono a chiederle la pubblicazione”, io “sarò a cestinarla” immantinente: in un mondo che va verso l’estrema semplificazione linguistica tramite emoticon, vorrei capire chi si è sognato di introdurre questo stupido bizantinismo. “Le chiedo”, non basta? Non sopporterò di trovare in un testo il verbo “schernire” (deridere) al posto di “schermire” (difendere), oppure “avvallare” (affondare) al posto di “avallare” (garantire, dare valore). Mi piace rispettare la lingua e prendermene cura: è come, per uno chef o una donna di casa, rispettare un ingrediente primario quando lo si cucina. E’ amore, non una questione di lana caprina. Ma siccome chi pontifica spesso è il primo a essere in torto, ammetto con orrore che il centralino elettronico della nostra redazione dice, con imbarazzante improntitudine: “La

ME

vostra chiamata sarà risposta nel più breve tempo possibile”. Al peggio non c’è mai limite. Pensiamoci un attimino!

7


LACULTURADELBENESSERE

a cura di

Primo Vercilli Medico Dietologo

FAR FATICA CON UNO SCOPO ADEGUATO: DIMAGRIRE Le feste sono ormai passate, ma già si pensa a trasgredire in virtù del carnevale… Vero è che tutti cominciamo a pensare alla fantomatica prova costume; ad alcuni di noi sembra ancora lontanissima, mentre altri sono già sull’orlo di una crisi di nervi. Una cosa è assolutamente certa: non ci sono ricette magiche per dimagrire e, sicuramente, non si può dimagrire senza fare un minimo di fatica. Lasciate assolutamente perdere improbabili effetti miracolosi di tisane, o succhi, o diete “supermetaboliche”; cominciate invece a pensare che è arrivato il momento di “lavorare” sulla gestione del cibo nella quotidianità, oppure cominciate ad aumentare effettivamente il vostro metabolismo, non cercando prodotti che, per magia, lo aumentano, ma facendo più movimento e

attività fisica. Visto che le Feste Natalizie sono passate da poco, voglio farvi capire quanto l’attività fisica possa aiutarci a “bruciare” in maniera più adeguata quello che abbiamo accumulato nei festeggiamenti di fine 2015. Intanto partiamo da un dato: lo sapevate che una sola (piccola) fetta di panettone ha ben 350 calorie? Di seguito vi riporto una tabella in cui vengono elencati i minuti che occorrono (facendo diversi tipi di attività fisica) per bruciare le calorie apportate da una fetta di panettone. Chiaramente, se avete consumato una fetta di panettone al giorno, oltre a tutto quello che normalmente facevate e fate come attività fisica, dovete aggiungere ogni giorno (per ogni fetta di panettone consumata) una delle attività elencate con il corrispondente minutaggio.

IN PALESTRA

IN CAMPO

• 26 minuti di cyclette (intensa)

• 28 minuti giocando a rugby

• 35 minuti di addominali a terra

• 28 minuti giocando a calcio

• 35 minuti di trazione alla sbarra

• 50 minuti giocando a basket

• 42 minuti di aerobica

CONTRO UN AVVERSARIO

• 35 minuti di piegamenti sulle braccia

• 42 minuti giocando a tennis

• 1h 19 minuti di lezione di pilates

• 1h 8 minuti giocando a ping pong

• 1h 50 minuti di yoga o streching

• 1h 59 minuti giocando a biliardo

DA SOLI

IN ACQUA

• 42 minuti di cavallo al trotto

• 25 minuti di canoa a ritmo veloce

• 44 minuti di snowboard

• 28 minuti di nuoto a rana

• 33 minuti di mountain bike

• 35 minuti di nuoto a stile libero

• 1h 14 minuti di passo svelto

• 46 minuti di sci nautico

AL PARCO CON I BAMBINI

• 1h 32 minuti di tuffi dal trampolino

• 55 minuti in giro con gli skate

• 1h 32 minuti di windsurf

• 1h 50 minuti spingendo il passeggino

• 1h 32 minuti di surf

8


LACULTURADELBENESSERE

Ci si può immediatamente rendere conto di come basti un “nulla” per aumentare di peso (10 piccole fette di panettone ci danno circa 3500 Kcal!) e di come invece sia estremamente complicato e (faticoso) bruciare le calorie consumate. Da una parte basta un “nulla”, ma dall’altra noi siamo anche portati a sottovalutare quello che mangiamo e a sopravvalutare l’efficacia dell’attività fisica che facciamo. Conta molto poco pensare che un bambino sia “in regola” se fa 3 ore di calcio alla settimana; eppure molte mamme pensano che sia qualcosa di assolutamente sufficiente. Il più delle volte l’ora di calcio che effettuano i bambini serve appena a “bruciare” la merenda del pomeriggio… e come la mettiamo con tutte le ore passate sui banchi di scuola, a casa a fare i compiti e sul divano o davanti alla playstation? Alla fin fine il problema più grosso è che non vogliamo ammettere che, per essere in forma, occorre maggior fatica e, con il passare del tempo, ci autoconvinciamo che il problema è semplicemente che abbiamo il metabolismo basso. Non c’è metabolismo basso che non si possa combattere! Dipende solo da quanto siamo disposti a fare! Qui entra in gioco

il “fare una fatica con uno scopo adeguato”. E non parlo di indicibili sacrifici, in cui dobbiamo vietarci tutto ciò che ci piace e dobbiamo fare 2 ore di attività fisica al giorno; mi riferisco piuttosto ad un metodo che entra nella nostra quotidianità e a cui riusciamo a dare continuità. Non vale a nulla fare per 3 mesi attività fisica e poi ritornare sedentari, come non vale a nulla fare una dieta per un mese e poi tornare a mangiare come prima. Occorre una coscienza del proprio corpo e del cibo che mangiamo che sia diversa a tal punto da innescare un cambiamento nella nostra quotidianità. Niente privazioni alimentari, ma un metodo che ci insegni ad essere piacevolmente gratificati dal cibo; niente estenuanti sedute in palestra ma un metodo che ci aiuti ad aumentare gradualmente il nostro livello di attività fisica. La sfida è aperta, ma ogni sfida inizia sempre chiedendosi: “Io cosa sono disposto a fare?”. Questo è il punto cruciale: fino a quando quello che si è disposti a fare è sempre una “fatica” a tempo determinato, senza alcuna valenza educativa, ma con il solo fine di perdere peso in poco tempo, ahimè, la sfida non sarà mai vinta!

9


LA SCELTA VEGANA

a cura di

Silvia Bianco testimonial di cucina vegana

VINO E BIRRA SONO VEGAN? Ingenuamente si tende a pensare che il vino e la birra siano il solo risultato della fermentazione alcolica rispettivamente di succo d’uva e di malto d’orzo; di conseguenza si pensa che vino e birra siano naturalmente vegan. In realtà, immediatamente dopo la vinificazione la maggior parte dei produttori sceglie di chiarificare e stabilizzare i vini prima che vengano imbottigliati. Questa pratica, nota con il nome di chiarificazione (o “fining”), identifica quel processo di introduzione di una piccola quantità di proteine che attraggono ed inglobano a sé le particelle libere di pelle d’uva, steli, lieviti che, se non vengono asportate, conferiscono un aspetto torbido al vino. Le proteine che inglobano le particelle libere formano molecole più grandi che vengono trascinate e depositate sul fondo della botte. A questo punto, il vino viene filtrato, ottenendo un prodotto cristallino, setoso e più consistente in bocca e riducendo anche il rischio che possa assumere sapori ed aromi indesiderati in bottiglia. Questi agenti chiarificanti sono spesso di origine animale e, sebbene vengano utilizzati solo con la funzione di “filtro”, potrebbero essere assorbiti nel vino in piccole quantità, escludendo quindi la possibilità di consumo da parte dei vegani. Vediamo nel dettaglio quali sono additivi chiarificanti di origine animale: Albume d’uovo: utilizzato per rimuovere i tannini astringenti nel vino rosso e composti fenolici che conferiscono un sapore amarognolo. Lisozima: un enzima purificato derivante dal bianco dell’uovo. Viene utilizzato come alternativa al biossido di zolfo o anidride solforosa (E220), di origine sintetica e spesso causa di forti mal di testa. Questo enzima funge da conservante ed antibatterico ed è principalmente utilizzato nella fabbricazione di vini dolci. Gelatina o collagene: proteina ottenuta dalla bollitura di tessuto animale che rimuove i tannini sia nel vino bianco, sia nei rosé e nei vini frizzanti.

10

Colla di pesce: gelatina ottenuta dalla vescica di pesce che rimuove i composti fenolici. Latte e derivati: sia il latte scremato, sia la caseina (proteina attiva del latte) vengono utilizzati nei vini bianchi come chiarificanti per rimuovere composti fenolici, grossolanità e colore. Olio di pesce, Chitosano (fibra da gusci di crostacei o talvolta di orgine fungina) Sangue e midollo osseo: le più antiche vinerie utilizzavano il sangue essiccato del toro, ma in seguito alla BSE (morbo della mucca pazza) l’UE e Stati Uniti nel 1997 ne hanno vietato l’utilizzo. I vegani devono quindi rinunciare a vino e birra? Assolutamente no! La buona notizia è che esistono molte cantine che evitano l’utilizzo di albume d’uovo o altri agenti animali, semplicemente perché sono costosi e quindi di default sono aziende veganfriendly. Inoltre ci sono alcuni produttori di birre, che per scelta non raffinano la loro birra con alcun additivo di qualsiasi origine (animale o vegetale). Ciò significherà che la birra avrà bisogno di più tempo per sedimentare prima di essere servita nei pub, ad esempio, e virerà sempre ad essere una birra poco limpida una volta servita nel bicchiere. Altri ancora sfruttano la semplice gravità ed i cicli lunari per filtrare e chiarificare i vini, in quanto sostengono che il processo di chiarificazione con derivati animali rimuova troppo sedimento, portandosi via la complessità del vino ed i sapori chiave. Per questo motivo e per assecondare una crescente domanda di mercato, molti produttori di vino – anche i non vegani – hanno deciso di specializzarsi in vini vegan friendly saltando la chiarificazione o, udite udite, sostituendo gli agenti chiarficanti animali con delle valide alternative vegetali. Queste alternative animal-friendy sono le seguenti: Carbone attivo: utilizzato per rimuovere i colori, ad esempio una tonalità rosa da un vino bianco.


LASCELTAVEGANA

Agar: un’alga rossa usata per chiarificare. Argilla naturale o Bentonite: miscelata ad acqua, permette di rendere più limpidi vini bianchi e rosé, inglobando e trascinando via con sè le proteine libere. Argilla di farina di alghe fossili: viene mescolata al sedimento del vino o al suo succo, ottenendo un composto filtrante che riesce a recuperare persino i sedimenti che, con la chiarificazione tradizionale, non verrebbero utilizzati. L’impianto di filtraggio è però molto costoso, pertanto non è un metodo che si trova facilmente, soprattutto tra i piccoli produttori. E ancora ci sono calcare, caolino, caseina vegetale e gel di silice. Il processo di chiarificazione con agenti filtranti accellera semplicemente un processo che avverrebbe in maniera naturale dopo la vinificazione, facendo sedimentare il vino per circa in un paio di mesi. Un esempio di come il mercato si stia adeguando alla forte richiesta di avere prodotti vegani è la recente notizia (2 Novembre 2015) apparsa per prima sul giornale Times che, Guinness, marchio storico irlandese di birra amatissimo nel mondo, produrrà dal 2016 la stout (la birra scura) interamente in modalità vegan friendly, sostituendo l’attuale sistema di filtraggio che prevede l’utilizzo di colla di pesce con agar-agar, carragenina e pectina.

E’ giusto però fare presente quanto specificato da Filippo Terzaghi, direttore di Assobirra: “Soltanto in Irlanda e Inghilterra si usa la colla di pesce nei filtri per la birrificazione; in Italia e nei Paesi dell’Europa continentale non si è mai usata… La birra italiana è da sempre vegana - aggiunge Terzaghi - Anzi, l’unica bevanda fermentata vegana. Non c’è nulla di origine animale. Dirò di più: il nostro è per definizione un prodotto naturale, oltre che vegano, in quanto non utilizziamo additivi. Come fare per distinguere se un vino è vegan o meno ? Purtroppo, ad oggi, non vi è ancora alcun obbligo per i produttori di dichiarare in etichetta se hanno usato o meno prodotti animali. Il che significa che non sapremo se tra rivenditori o nei ristoranti troviamo del vino non chiarificato, o prodotto con filtri vegan-friendly. Possiamo però distinguere se un vino non è filtrato e non è chiarificato, perché spesso i prodotti con tali caratteristiche vengono pubblicizzati in etichetta. Come alternativa, possiamo contattare direttamente i produttori, oppure si può usufruire del più grande database mondiale online BARNIVORE (www.barnivore.com) che fornisce l’elenco più aggiornato di vini, birre ed alcolici vegan-friendly.

Silvia e gli esperti rispondono... Ho visto che tra i vegani spesso si utilizza l’agar-agar, però non capisco se posso utilizzarla nei dolci perché temo abbia un retrogusto di mare. L’agar-agar deriva dalla lavorazione di alghe rosse ed il suo uso è molto diffuso proprio perché ha un sapore neutro, non altera i sapori e trova impiego sia in preparazioni dolci che salate. Quest’alga ha un alto potere gelificante, basta stemperarlo in pochi cucchiai del liquido che si vuole rassodare, unirlo al restante liquido, portarlo ad una temperatura di 90°circa e lasciarlo raffreddare a temperatura ambiente. Per gelificare un litro di liquido occorrono circa 5 grammi di polvere di agar-agar. Inviate le vostre domande a: lamadia@lamadia.com

Chef Chicco Coria One Restaurant - Dalmine (BG)

Riso Venere

aromatizzato al curry con fagioli cannellini e cipolla INGREDIENTI g. 240 di riso Venere, g. 100 di sedano verde, curry q.b., g. 400 di cipolla bianca, g. 60 di fagioli cannellini ammollati, g. 60 di olio extravergine, g. 20 di salsa di pomodoro, g. 1 di basilico, acqua e sale q.b. Procedimento Pelare il sedano e tagliarlo a cubetti; metterlo in una casseruola e rosolare per 1 minuto. Aggiungere il riso nero, un poco di curry, i fagioli, un cucchiaio di pomodoro e coprire con acqua. Cuocere il riso per assorbimento, aggiungendo piano piano acqua calda. Pelare le cipolle e tagliarle a fettine sottili, in una padella svasata antiaderente versare un goccio di olio e unire le cipolle. Rosolare per due minuti a fiamma bassa. Aggiungere acqua e salare leggermente; stufare le cipolle sino a quando risulteranno disfatte. A questo punto unire il basilico spezzettato e conservare al caldo. Dopo 35/40 minuti il riso risulterà cotto. Regolarlo di sale, condirlo con olio e, se necessario, aggiungere un po’ di curry. Mettere il riso in uno stampo di alluminio leggermente oleato; capovolger-

SILVIA BIANCO E IL PASTICCIERE VEGAN STEFANO BROCCOLI

lo nel piatto; disporre intorno il fondente di cipolla.

SARANNO PRESENTI A FOOD FACTOR RHEX - RIMINIFIERA - PAD D7 SABATO 23 GENNAIO ALLE ORE 11

11


Gala teo ASSAGGI DI

a cura di

Fabio Ferrantino Docente di Galateo presso Bon Ton Academy Professore di Enogastronomia IPSSAR Piobbico

QUANDO UN BUON SERVIZIO DI SALA FA LA DIFFERENZA CONSIGLI UTILI PER DIVENTARE DEGLI ADDETTI IMPECCABILI I bravi maître e i bravi camerieri sono sempre meno. Si parla spesso di cucina, prodotti, genio dello chef, ma quasi mai dell’arte dell’accoglienza, del servizio e dell’atmosfera; quell’imprinting che al primo impatto ti fa dire: “Mi trovo in un posto perfetto”. Questo non vale solo per il ristorante stellato o per l’American Bar di uno storico 5 stelle della Grande Mela, vale ugualmente per tutte quelle straordinarie realtà chiamate trattorie o osterie tipiche dei nostri territori, capaci di coccolare il cliente lasciandogli il ricordo di un’esperienza gastronomica unica. Il servizio diviene complemento perfetto di una buona cucina quando il cliente è pienamente a suo agio, l’atmosfera è giusta, con pochi rumori, illuminazione adeguata, con i gesti pronti dei camerieri che anticipano ogni necessità dei commensali con straordinaria destrezza. Quante volte ci è capitato di trovarci in un ristorante e non riuscire in alcun modo, dalla semplice occhiata alla richiesta verbale, a richiamare l’attenzione del cameriere? Alcuni ristoratori staranno pensando che, per offrire questo genere di servizio, sia necessario avere uno staff numeroso. Assolutamente no! Non è il numero che fa la differenza, ma la formazione, la passione e l’attenzione verso il dettaglio. La consapevolezza del proprio ruolo e di quello degli altri durante un servizio è fondamentale: uno staff numeroso ma incompetente non potrà mai equiparare o essere più efficiente di uno staff ristretto, ma esperto e preparato. Pensando all’ultima volte che avete pranzato o cenato fuori, quanti di voi ricordano un particolare cameriere o un particolare servizio? Sono sicuro che in pochi vi ricorderete di qualcuno che vi abbia accompagnato in un percorso gastronomico, se pur breve, con tutte le attenzioni che ogni cameriere dovrebbe donare ad un cliente.

12

COME SI SERVE A TAVOLA Quando si parla di formazione, non si discute solo delle regole classiche di servizio che si possono trovare in un qualsiasi libro di sala di un istituto alberghiero; solo i più esperti del settore potrebbero notare se il servizio all’italiana o al piatto è stato fatto correttamente, servendo a destra del cliente e sbarazzando alla sua sinistra. Regole importanti, ma forse non fondamentali se quello che manca oggi a molti addetti sono le basi, la cortesia ed il sorriso in primis. Non ci si rende mai conto che il cliente è colui che paga il nostro stipendio. L’attenzione al cliente è un po’ come la riuscita di un buon risotto: qualche minuto in più o qualche minuto in meno di cottura vuol dire tutto. E’ il servizio che determina gran parte del successo di un ristorante. Un’ottima cucina può essere distrutta da un pessimo servizio. Quest’ultimo da ritmo al pasto condiviso, fa sentire a proprio agio i commensali e dona la giusta armonia fra i diversi elementi che confluirà in un feedback più o meno positivo. Purtroppo si assiste ancora a camerieri che discutono con il cliente per giustificate lamentele, oppure piatti che arrivano lanciati come se fossero frisbee in spiaggia. Un personale di sala quasi invisibile, ma che sa far arrivare il piatto appoggiandolo con grazia ed in modo adeguato davanti al commensale, senza porsi in ridicolo cadendo in peripezie che distolgono gli ospiti dal proprio convivio, fa la differenza. Il bravo cameriere sa riconoscere la tipologia di cliente che ha davanti e sa agire nel modo adeguato in base alla situazione, non entra mai nelle questioni di cui i commensali stanno discutendo, neanche se richiesto. La discrezione rimane sempre una delle più importanti qualità in uno staff di servizio. Questo non vuol dire che il cameriere deve avere un rapporto apatico con il cliente, anzi, deve essere proprio lui a conoscere e spiegare in modo perfetto i piatti, come sono stati preparati e


ASSAGGIDIGALATEO

quali elementi sono stati utilizzati. Quando si sta servendo una degustazione, sarà lui a illustrare il percorso gastronomico che stanno affrontando i commensali, il concetto che lo chef pone dietro ogni piatto e al menù nella sua interezza.

COME SI INTERAGISCE CON L’OSPITE Oggi nella maggior parte dei casi quando si chiedono delle informazioni sui piatti i camerieri rispondono: “Vado a sentire in cucina…”, una risposta così ci fa quasi pensare che quella persona sia passata li per caso e non conoscendo il posto si vada ad informare in cucina. Questo lascia spazio a una pessima considerazione. Quando si sta prendendo un’ordinazione è fondamentale saper dare una pronta risposta almeno su notizie basi come la provenienza dei prodotti, la presenza di latticini, di glutine, se un piatto può essere considerato vegano o viceversa e così via. Sono ormai in via d’estinzione anche quei responsabili di sala che conoscono perfettamente la clientela abituale, i loro gusti, le preferenze e sanno come accontentarli e tenerseli stretti. Come in quei film nostalgici dove l’attore principale rivolgendosi al barista o al cameriere chiede: “Il solito”. Sapere che cos’è “Il solito” è porre tutta la cura verso quella persona, il suo posto preferito in sala, il suo piatto o il suo cocktail, farlo sentire a casa propria, quel posto in cui ritornare periodicamente perché non se ne può fare a meno. Un bravo responsabile di sala, restaurant manager o il classico maître a seconda delle circostanze, sa accogliere con estrema gentilezza, un bel sorriso ed estremo tatto, qualsiasi ospite che accompagnerà al proprio tavolo e dopo tempo debito saprà quando sarà il momento giusto per prendere l’ordinazione. È suo compito far notare gli errori ai propri collaboratori dando sempre l’esempio su come si accoglie e si serve. La cura dei rapporti umani non è circoscritta esclusivamente ai clienti, ma è molto importante fra le persone che lavorano negli stessi spazi. In diverse realtà, spesso, la sala e la cucina non riescono a collaborare in modo efficiente, si alza la voce o si chiedono le cose in modo scortese. I momenti di tensione esistono e non si possono di certo eliminare definitivamente in un settore dove gli imprevisti accadono spesso, ma un bravo maître è il perno fondamentale capace di unire al meglio la sala e la cucina in stretta collaborazione con lo chef fissando delle regole congeniali ad entrambi i reparti.

GLI STILI DEL SERVIZIO La sala non è solo servizio, ma soprattutto vendita! Questo spesso viene dimenticato, un bravo maître o un bravo cameriere deve saper vendere. Questo può valere per un determinato menù dove la cucina ha un maggior margine in un ambiente di ristora-

zione più commerciale, oppure per dei prodotti tipici che il ristorante produce internamente da portare via, o per un sommelier una determinata bottiglia di vino a un cliente che riconosce avere una maggior possibilità di spesa. Il vostro non dovrà mai apparire come un’imposizione o un’insistenza, ma semplicemente come un consiglio, accompagnato da una buona dose di sorriso e gentilezza che non devono mai mancare. Il tono della voce sarà fondamentale e, quando il tutto sarà accompagnato da tranquillità e sicurezza, il cliente l’apprezzerà e in una buona parte dei casi seguirà ciò che proporrete. Per le regole delle precedenze è opportuno ricordare che se vi sono delle persone di alto rango sia ecclesiastico, che politico o militare, andranno servite per prime, a seguire le donne e i restanti invitati. Si parla di pranzi e cene altamente formali, quindi non preoccupiamoci di seguire rigorosamente queste regole in cene normali anche se siamo in un ristorante gourmet, perché è importante ricordarsi che tutti i clienti hanno lo stesso valore e quindi vanno trattati in ugual modo. Gli stili di servizio da manuale sono quattro: All’italiana, un servizio “al piatto” dove lo chef può esprime maggiormente l’arte visiva delle creazioni gastronomiche e viene portato al tavolo servendo a destra del commensale e sbarazzando dalla sua sinistra. Ormai da anni non si vedono più, neanche in hotel e ristoranti di certi livelli, quelle bellissime campane di argento o acciaio chiamate “cloche” che hanno il compito di coprire la pietanza per tenerla in caldo, ma anche per far scaturire quella sana curiosità nello scoprire cosa si cela sotto di essa. Ecco se vorrete essere alternativi tornate indietro nel tempo e riesumate le cloche! Il servizio all’inglese viene effettuato con la pirofila o piatto di portata, dove con delle clips, unione di forchetta e cucchiaio, il cameriere serve, sporzionando, a sinistra del commensale. Bisogna essere molto abili per effettuare questo tipo di manovra, soprattutto quando ci sono salse o sughi che possono sporcare i vestiti dei commensali, cosa che non dovrebbe mai accadere. Il servizio alla russa invece richiede un carrello, detto guéridon (per questo in alcuni casi è detto servizio al guéridon), dove viene appoggiata la portata intera che verrà sporzionata dal cameriere nei piatti dei commensali; seguirà poi la regola del servizio all’italiana. In ultimo il servizio alla francese, quello forse più in disuso il quale prevede che sia il cliente stesso a servirsi dal piatto di portata posto dal cameriere alla sua sinistra (detto metodo diretto) o da un piatto di portata posto al centro del tavolo (metodo indiretto). Queste sono le regole, ma un buon servizio è fatto di attenzioni personalizzate che rimangono nelle menti dei nostri clienti che un giorno torneranno perché ci siamo imposti come un ristorante dalla cucina e dal servizio raramente riscontrabili in altre attività di una determinata zona. Più che sulle regole, dunque, poniamo maggior risalto all’attenzione, alle azioni e ai dettagli per far sentire il nostro cliente importante, qualsiasi esso sia.

13


PROGETTARE L’IMPRESA

a cura di

Lorenzo Ferrari Direttore Marketing di RistoratoreTop

FOOD COST

COME DARE UN PREZZO SCIENTIFICAMENTE ESATTO AD OGNI PIATTO CHE COMPONE IL MENÙ Nella mia pratica di ingegnere del menù ho analizzato i dati e i relativi prezzi di vendita applicati da ristoranti, osterie, trattorie, pizzerie, bar e street food in tutta Italia. Da est a ovest, da nord a sud, ho messo le mani dentro ai numeri di qualsiasi attività nel campo della ristorazione e noto sempre più spesso che viene compiuto un grave errore, causa di altrettanti gravi problemi finanziari, quando si sceglie di dare il prezzo ai piatti che andranno a comporre il menù.

14

Infatti, quando domando secondo quale ragionamento (o metodo) abbiano scelto proprio quei prezzi, la risposta e’ sempre e comunque la stessa: “Ho moltiplicato «per 3» il food cost!” Il «per 3» di questo esempio è puramente indicativo. In alcuni casi è un «per 2» oppure un «per 3,5» e così via, a seconda della tipologia di ristorante in questione. Fatto sta che, indipendentemente dalla zona d’Italia in cui mi trovo, ogni ristoratore sceglie i prezzi dei propri piatti moltiplicando il food cost (cioè la somma dei costi delle materie prime che compongono un piatto) per un fattore variabile. Prendiamo ad esempio un piatto di spaghetti allo scoglio, dal food cost di 3€. Con ogni probabilità finirebbe sul Menù a 9€. Se fosse un piatto di spaghetti alle vongole dal food cost di 2,5€? Finirebbe sul Menù a 7,5€. E così via. Questo ragionamento, per quanto sia diffuso ovunque, si basa sul presupposto sbagliato. Nel caso lo si utilizzi, è garantito che stia causando un sacco di problemi a livello economico. Prendiamo i due piatti di pasta dell’esempio di prima. In entrambi i casi il “fattore di moltiplicazione” era lo stesso: «per 3» Ma qual è il dato che varia tra i due piatti? La marginalità! Facendo un rapido calcolo infatti, gli spaghetti allo scoglio, aventi un food cost di 3€ e venduti a 9€, generavano una marginalità di 6€.


PROGETTAREL’IMPRESA

Mentre gli spaghetti alle vongole, aventi un food cost di 2,5€ e venduti a 7,5€ generavano una marginalità di soli 5€. La conseguenza è ovvia: ogni volta che si vendeva uno spaghetto alle vongole invece che uno spaghetto allo scoglio, si stava perdendo un euro. E cosa sarebbe accaduto sul lungo periodo? Nel caso si fossero venduti, a titolo d’esempio, 4.000 unità di spaghetti alle vongole ogni anno invece che spaghetti allo scoglio, si sarebbero persi 4.000€ euro. Questo mancato incasso è semplicemente frutto di un sistema di food pricing errato. Un semplice errore che, se ripetuto per ogni piatto presente sul menù, può generare conseguenze davvero gravi. In sintesi, per quanto la politica più diffusa di food pricing sia quella di moltiplicare «per X» il food cost dei propri piatti, essa si rivela un procedimento non professionale, rustico ed inefficace. La soluzione è imparare un corretto e scientifico sistema di food pricing, che è parte integrante di ogni strategia di Menu Engineering che si rispetti. La soluzione migliore è la seguente: cercare di uniformare quanto più possibile la marginalità di ogni piatto che compone il menù. Nell’esempio in questione, si sarebbe dovuto portare a 8,5€ il prezzo degli spaghetti alle vongole, per uniformare quel margine con quello degli spaghetti allo scoglio. Così facendo infatti, le marginalità di entrambi i piatti sarebbero state fissate a 6€, rendendo di fatto equivalente la vendita di uno o dell’altro. Si passa quindi dalla “teoria dei moltiplicatori” alla “teoria della somma”. Per impostare una politica di food pricing corretta si prenderà sempre come riferimento il food cost dei propri piatti, ma invece di moltiplicarlo per un “fattore X”, vi si sommerà un “addendo Y” che sarà ritenuto soddisfacente per il gestore del locale. Il calcolo di questo addendo (i 6€ dell’esempio di cui sopra) varia da caso a caso e dipende unicamente dalle spese sostenute dall’attività ristorativa e dalle marginalità che si vogliono realizzare. A questa politica fanno eccezione le “stelle”, cioè i piatti più popolari e venduti nel locale. Per quelle la marginalità deve essere più alta del margine medio che si ha sul menù. L’alternativa, per impostare una politica di food pricing corretta, è quella di rivolgersi a chi si occupa di menu engineering, la materia che regola questi argomenti.

15




GOLAVAGANDO

MENCHETTI PANE E RISTORAZIONE NEL NUOVO PUNTO VENDITA DI S. GIOVANNI VALDARNO Oltre 60 anni di attività, 8 punti vendita in Toscana, 1 in Umbria e un modello di family business che ha saputo imporsi sul mercato, puntando da sempre sulla qualità. Sono questi i numeri di Menchetti, colosso imprenditoriale toscano che dal 1948 produce e distribuisce pane e prodotti da forno artigianali, per vendita al dettaglio e grande distribuzione.

18

MENCHETTI

Via Maestri del Lavoro

San Giovanni Valdarno (AR) Studio, design e progettazione: Costa Group Arch. Gianfranco Berghich

E arriva a consolidamento del mercato, l’apertura di un nuovo punto vendita di 400 mq, collocato nella zona commerciale di San Giovanni Valdarno: la vendita si unisce alla ristorazione, per una contaminazione di tradizione e innovazione, che propone un’immagine completamente rinnovata. La progettazione del punto vendita è stata affidata a Costa Group, che ha saputo declinare le scelte operative di Menchetti in un ambiente polifunzionale e accogliente. Con un ampio spazio dedicato a lavorazione ed esposizione prodotti, veri protagonisti di questa


GOLAVAGANDO

storia che ruota intorno al pane, all’eccellenza e all’artigianalità. Così il bancone nero rivestito in peltro, all’ingresso del locale, accoglie la vasta esposizione di pane e prodotti da forno, e prosegue nella zona caffetteria, incorniciando il laboratorio a vista, vero cuore pulsante del locale. Dalla vetrata rossa è possibile sbirciare le lavorazioni work in progress delle aree operative, caratterizzate dai motivi geometrici delle piastrelle bianche e nere a parete. E poi sedute e tavoli colorati nell’area relax e un’intera parete dedicata al vino, con una scenografica bottigliera in lamiera. Un ambiente trasformista, aperto dalle colazioni fino a sera, con molteplici spunti di ristorazione, modulati su un’offerta a 360 gradi: caffetteria, pasticceria, panificio, cucina, gelateria e area centrifughe, vera novità rispetto ai precedenti punti vendita.

19


GOLAVAGANDO

RISTORANTE

IYO

SPECIALIZZATO IN CUCINA CINO-GIAPPONESE, È IL PRIMO RISTORANTE FUSION D’ITALIA CHE HA OTTENUTO LA PRESTIGIOSA STELLA ASSEGNATA DALLA GUIDA MICHELIN EDIZIONE 2015

Il ristorante IYO è uno dei locali fusion più famosi di Milano - apprezzato e pluripremiato dalla critica - che deve la sua forza al costante impegno profuso per mantenere altissima la qualità del suo stile gastronomico. Di un’eleganza semplice e sofisticata, IYO è nato nel 2006 per volontà di Claudio Liu che, nel tempo, è riuscito a creare un preparatissimo staff di cucina con a capo il maestro nipponico Haruo Ichikawa. Un fortunato sodalizio creativo che ha permesso al ristorante di ottenere nel 2015 la prestigiosa stella Michelin, il primo e unico ristorante fusion in Italia ad aggiudicarsi questo importante riconoscimento. Allineandosi al trend del momento, la cucina del ristorante IYO è a vista: tutto è stato studiato nei minimi dettagli dall’architetto Carlo Samarati con lo scopo di trasformare una semplice cucina in un laboratorio di sperimentazione e arte culinaria. In un contesto così prestigioso, dove la qualità della materia prima e l’eccellenza sono le protagoniste, la scelta delle apparecchiature è stata fondamentale e

20


RISTORANTEIYO

CLAUDIO LIU Modenese di origini cinesi, Caludio Liu è il patron del ristorante IYO. Imprenditore enogastronomico, ha voluto impostare il suo locale sul modello di “cucina globale” dove le diverse culture dialogano e creano insieme un tipo di ristorazione a tutto tondo, di stampo internazionale. Una scelta vincente che ha permesso al ristorante di ricevere nel 2015 la prestigiosa stella Michelin.

non poteva che ricadere sulle soluzioni di Electrolux Professional, azienda leader e affidabile, da sempre punto di riferimento per i migliori ristoratori e chef del mondo. Claudio Liu ha voluto per IYO un blocco di cottura centrale thermaline M2M (Made-to-Measure), un gioiello dal design di rara bellezza che non manca di assicurare funzionalità e prestazioni tecniche senza eguali. “Il blocco thermaline è stato progettato e costruito intorno a noi per soddisfare tutte le nostre esigenze; grazie alla sua versatilità garantisce in ogni situazione efficienza e solidità”, afferma il titolare del ristorante. Determinante nella realizzazione di questa referenza è stato il ruolo ricoperto dall’agenzia Electrolux Professional, Hostimpianti Srl, che sia in fase di progettazione che di installazione è riuscita a soddisfare pienamente tutte le esigenze e le richieste del cliente.

RISTORANTE IYO

Via Piero della Francesca, 74 20154 Milano Tel. 02 4547 6898 www.iyo.it - info@iyo.it

21


GOLAVAGANDO

RISTORANTE

GLAUCO DAL MITO ALLA TAVOLA

Si chiama Glauco, come la mitica divinità del mare, figlio del dio Poseidone, e serve pesce gourmet in un ambiente dal design raffinato ed elegante. Glauco è un ristorante dove la buona cucina non si gusta solamente, ma si respira, perché “la ristorazione non vive di sola gastronomia”, come afferma il direttore Antonio Tomaino, conosciuto da tutti come Tommy. Lo si fa attraverso i piatti studiati, attraverso un servizio attento e curato, con le maniere cortesi del personale e mediante la professionalità del suo pluripremiato chef Luca Gragnano. Dove: zona Porta Venezia, in via Maiocchi al n. 29, con possibilità di parcheggio gratuito per i clienti nell’autosilo accanto al locale. Cosa: seafood della migliore qualità, materia prima d’eccezione che può essere gustata a crudo (vero punto di forza del ristorante), in compagnia magari di una selezione di rare ostriche. Una cucina contemporanea accompagnata da una carta vini di circa 130 etichette che comprende alcune chicche di produttori italiani, vini biologici e produzioni dei nostri vicini francesi (nessuno dei vini proposto dal ristorante è presente nella grande distribuzione). L’assortimento del “cestino” è vario: dal pane bianco a quello col pomodorino secco, dai deliziosi cubetti di focaccia ai grissini con i semi di papavero. Tutto esclusivamente fresco, realizzato dallo chef Gragnano.

L’ambiente è tranquillo e riservato: lo si può definire un vero e proprio salotto culinario dove gustare le pietanze senza alcuna fretta. Gli arredi di gusto minimal non tolgono nulla alla familiarità del locale, anzi la esaltano, mentre i colori neutri delle sale regalano luce che, con le due ampie vetrate, creano osmosi tra l’interno e l’esterno.

RISTORANTE GLAUCO Via Achille Maiocchi, 29 Milano

Tel. +39 02 20241973

www.ristoranteglaucomilano.com info@ristoranteglaucomilano.com

22


GOLAVAGANDO

BOUTIQUE HOTEL

INDIGO NEL CUORE ANTICO DI ROMA

InterContinental Hotels Group (IHG), una delle principali catene alberghiere nello scenario mondiale, ha di recente aperto a Roma il boutique Hotel Indigo Rome – St.George. Situato in una delle più belle vie di Roma, Via Giulia, questo prestigioso hotel si trova nel cuore della città, un luogo ricco di storia e arte. Numerosi artisti e artigiani, nei secoli, hanno scelto questo quartiere per svolgere le loro attività e lo hanno arricchito di gallerie d’arte e negozi di antiquariato. Gli ospiti dell’hotel posso-

no acquistare una camicia artigianale su misura da Luigi Tella o scoprire un nuovo artista in una delle tante gallerie d’arte: tutto a pochi passi dall’hotel, nella stessa via che un tempo ospitava le botteghe di Benvenuto Cellini e di Raffaello Sanzio. Ogni Hotel Indigo è ideato e progettato per riflettere lo stile del quartiere in cui è situato, integrandosi perfettamente nella sua zona. Ciascun particolare è studiato con questo obiettivo: dal design dell’edificio, passando per le opere d’arte esposte

EAT UN’IDEA GASTRONOMICA TRA SACRO E PROFANO Vista dall’esterno è una chiesa - quella di San Biagio, una tra le più antiche di Viterbo (1142 circa) sconsacrata dal 1927 - ma varcata la soglia si apre il mondo di EAT, un moderno cocktail bar/pizzeria che promette di essere il “tempio” del gusto e dell’intrattenimento nella centralissima via San Lorenzo. EAT come luogo di convivio e di incontro nasce dall’idea di una famiglia di imprenditori, attivi da varie generazioni nel campo del food & beverage entertainment, che si propone la sfida di lanciare un format zero nel capoluogo della Tuscia, attraverso una serie di collaborazioni e sinergie con produttori locali di tipicità agroalimentari. Il design interno è stato curato da uno studio di progettazione specializzato, che ha voluto valorizzare il concept del luogo di culto. Luci, colori ed elementi decorativi sono stati rivisitati e riproposti in uno stile

minimalista moderno e multimediale mixato a spunti visual di antichità. Al piano terra si apre il Cocktail Bar dedicato agli aperitivi o al dopocena con barman professionisti e formati nelle accademie di bartender.

al suo interno, fino ai menù ispirati alla cucina locale. Per questo, ogni Hotel Indigo è davvero unico e non ne esistono due uguali. Le 64 camere propongono elementi architettonici già presenti come le mura in pietra, il travertino, le arcate e i pilastri che rispecchiano l’arte italiana rinascimentale e che si abbinano perfettamente al design moderno e agli arredi realizzati su misura. Situato a breve distanza da alcuni tra i principali punti di interesse di Roma, come Campo dei Fiori, Trastevere, Piazza Navona e la Città del Vaticano, l’Hotel ha una Spa completa di bagno turco, sauna e idromassaggio e il valore aggiunto della cucina del ristorante “I Sofà”. HOTEL INDIGO ROME

Via Giulia, 62 - 00186 Roma Tel. 06 686611

www.hotelindigorome.com

EAT

Via San Lorenzo, 19 - Viterbo Tel. 0761324592

www.eatviterbo.it - info@eatviterbo.it

Al piano superiore, che si sviluppa sopra un soppalco in metallo, c’è la pizzeria, che segue una sua filosofia di lavorazione e attenta selezione degli ingredienti e delle materie prime solo a Km 0 e con un occhio attento al biologico. Una pizza buona e leggera, ad alta digeribilità, garantita da una miscela testata di farine e una maturazione dell’impasto di 48/72 ore. Il resto degli ingredienti arrivano direttamente dal territorio circostante. Salumi, formaggi, mozzarelle, olio, pane tutto prodotto in modo artigianale e nella zona della Tuscia, ci allontaniamo solo un po’ di più per arrivare in Umbria per la birra artigianale, una scelta dettata non solo dalla qualità, ma anche dal nome S. Biagio. E infine i dolci, tutti fatti in casa, secondo le ricette tradizionali, dai dolci classici a dolci adatti alle varie stagioni.

23


GOLAVAGANDO

RISTORANTE

BASILICO FRESCO UN LOCALE NAZIONAL-POPOLARE A TORRE DEL LAGO di

Domenico Acconci

Chiamare un ristorante “Basilico Fresco” è, naturalmente, tutto un programma. Il basilico è l’erba aromatica per antonomasia, versatile come poc’altre (se non la salvia e il rosmarino), modesta, minuscola, ma con sue particolari specificità. Il suo uso proverbiale è nel “pesto alla genovese”, cosiddetto perchè d’invenzione della Liguria dove ne esistono estese coltivazioni; va pestato (sennò che pesto sarebbe?) preferibilmente nel mortaio di marmo con pestello di legno, in olio extravergine d’oliva assieme a pinoli, formaggio parmigiano e pecorino grattugiati, inoltre - indispensabile - aglio in quantità variabile secondo i gusti. Ma questa ricetta, in tempi recenti, ha provocato polemiche, da quando il “divo” Gualtiero Marchesi ne tradì l’originaria composizione eliminando l’aglio, con grande scandalo tra i “puristi”, che si indignano anche perchè - perfino in Liguria - ne vengono ormai proposte confezioni in vasetto anche senza aglio. Ma al ristorante “Basilico Fresco” non ci si discosta dalla ricetta originale e a questo aroma si tributa un omaggio collocando al centro di ogni tavolo un vasetto con piante di basilico, come a dire “qui facciamo sul serio”. Nel menù primeggiano, naturalmente, le linguine al pesto alla genovese, ma anche gli spaghetti al pomodoro e basilico, piatto che può considerarsi uno dei capolavori dell’inventiva gastronomica italiana e poi ancora basilico in insalate e panzanelle. Il basilico è, naturalmente, presente anche nella classica pizza Margherita, dato che qui si possono gustare anche pizze in varietà. Ma siamo a due passi dal mare, pertanto troviamo, fra l’altro: gamberi su culla di verdurine; pappa al pomodoro con arselle; branzino con crema di melanzane; orata al sapore dell’orto; fritturina di pesce. Il prezzo di ogni pasto si aggira sui 30/35 euro, compreso un calice di vino. Si han-

24

no 190 coperti che diventano 250 con i tavoli all’aperto nella bella stagione in mezzo a belle piante di fiori. La conduzione del locale è di Giacomo Pezzini, chef ma anche cultore di gastrosofia, coadiuvato dalla moglie Mariella Fambrini, che amministra la ditta a gestione cooperativa, con venti operatori coordinati da Bruno Catalano. Per chi vuol mangiare sulla spiaggia, nelle immediate vicinanze, c’è una piccola succursale detta “Basilico Mare”, sempre aperta a pranzo e a cena meno il martedì.

RISTORANTE BASILICO FRESCO Viale J.F. Kennedy, 40

Marina di Torre del Lago Puccini (LU) Tel. 0584-359321

www.ristorobasilicofresco.it

info.basilicofresco@gmail.com


GOLAVAGANDO

L’ANGOLO DI

GRANGUSTO CUCINA D’AUTORE E GRANDI VINI È nato l’Angolo di Grangusto, il ristorante gastronomico nell’Enoteca di Grangusto a Napoli: 25 coperti in tutto in un abbraccio di bottiglie di vino che fanno da quinta e da cornice. Un angolo raccolto, accogliente, dedicato alla buona cucina e al buon vino, con menu esclusivo, servizio attento e sommelier al tavolo ed una playlist musicale creata appositamente. Il menu, messo a punto dallo chef Gianni Vanacore, punta all’eccellenza in un mix di tradizione autoctona e di vibrante contemporaneità, e propone due percorsi di degustazione, di Terra e di Mare, ciascuno di 5 portate; una serie di piatti a la carte e il “Menu buio” di 6 portate che dà mano libera allo chef. Inoltre, una selezione di formaggi e di salumi, scelti direttamente tra le eccellenze casearie ed i salumi pregiati presenti nel banco gastronomia, completa l’offerta a la carte. La carta dei vini è una delle più ampie e varie a livello nazionale: duemila etichette tra nazionali ed estere con oltre 150 proposte di champagne.

GRANGUSTO Via Nuova Marina 5 - 80133 Napoli Tel. 081 19376800 - www.gran-gusto.it

RISTORANTE

RED FISH A OSTIA IL PESCE PARLA NAPOLETANO C’è un napoletano DOC ai fornelli del ristorante Red Fish di Ostia: si chiama Antonio Gentile, chef giovane, ma talentuoso che farà molto presto parlare di sé. La passione per l’innovazione insieme alla conoscenza delle materie prime gli permettono di realizzare ricette che esprimono bene entrambe le anime della buona cucina, tradizione e innovazione, appunto. La formazione accanto a grandi chef pluristellati in Italia e all’estero gli ha fornito gli strumenti per essere pronto a guidare una cucina in un ristorante - come il Red Fish - che fa della qualità e dell’eccellenza i due principali ingredienti comuni a tutti i piatti che vengono serviti a tavola. Da Red Fish sono convinti che cucinare sia l’unica espressione del fare umano in cui si incontrano necessità vitali, processi rigorosi, estro creativo e soddisfazione di tutti i sensi. Tra i piatti proposti da Red Fish e dallo chef Gentile vi sono: i calamari farciti con ricotta di bufala e timo; il Gran Crudo, le tartare e i carpacci; la zuppa di lenticchie e triglia; gli spaghetti di farro e alici o il risotto con cannolicchi e zucca. Il tempura di calamari, scampi, gamberi e verdure fresche. E poi carne e verdure per chi non ama il pesce.

Per dolce: la sfera di cioccolato con farcia di tiramisù e crema inglese o la millefoglie di cannolo siciliano con glassa di caramello ecc. Non solo: ogni mese il ristorante propone una cucina regionale per soddisfare i numerosi clienti provenienti da ogni parte d’Italia. Il ristorante è “family friendly”, oltre a un menù-kids dedicato, offre la possibilità ai bambini, a partire dagli 8 anni, di “affiancare” lo chef e il pasticcere nella preparazione di dolci o antipasti. Il sabato a pranzo, ai bambini presenti (non più di 6 alla volta) viene dato un grembiule e un cappello da chef per preparare qualche buon piatto per la gioia di mamma e papà. Un modo per tenere impegnati i bambini e avvicinarli al fantastico mondo della cucina e permettere ai genitori di consumare in tutta tranquillità le delizie di Red Fish. L’ultima esperienza di Antonio Gentile è stata al fianco di Heinz Beck. Prima ancora ha lavorato al ristorante Faro di Capo d’Orso con lo chef Franco Ferrara (1 stella) a Maiori, al Ristorante Italian Touch Hotel Furore Inn, con lo chef Antonio Sorrentino (1 stella) al Ristorante Imago dell’Hotel Hassler con lo chef Francesco Apreda (1 Stella) e al Ristorante George’s con Antonio Sciullo.

RISTORANTE RED FISH

Corso Duca di Genova, 22 - Ostia (RM) - Tel. +39 06.45470650 www.ristorantered.com - info@ristorantered.fish

25


GOLAVAGANDO

HA APERTO A MILANO IL NUOVO RISTORANTE

SICILIAH! E’ stato di recente inaugurato a Milano Siciliah!, un nuovo ristorante siciliano ideato per promuovere gli antichi sapori e i prodotti artigianali dell’isola. Caratterizzato da uno stile rustico rivisitato in chiave moderna, Siciliah! è una location sobria ed essenziale che rimanda all’immagine di una Sicilia legata alla terra e alle produzioni tradizionali, ma che al tempo stesso esprime valori nel campo della ricerca e dell’innovazione sostenibile. Il ristorante Siciliah! è una vera e propria vetrina espositiva di numerose eccellenze biologiche e biodinamiche fornite dai produttori che operano nel territorio Gal Elimos. Il Gal Elimos è una società consortile che raggrup-

A PONTE DI LEGNO INAUGURA

HOTEL CRISTALLO LA “BOUTIQUE HOTEL” Con un significativo investimento di ristrutturazione e gestione da parte di GDF Group (1,5 milioni di Euro e 15 nuovi posti di lavoro stabili) prende nuova vita l’Hotel Cristallo nel centro di Ponte di Legno. Elegante e raffinata costruzione unica su tre livelli, Hotel Cristallo conserva tutta la storicità e la tradizione del luogo, affacciandosi frontalmente sullo spettacolare Gruppo del Castellaccio. Boutique hotel, attento ad offrire accurati servizi e premuroso nel qualificare l’accoglienza, ha 34 camere ampie e funzionali, WiFi gratuita, un mo-

RISTORANTE SICILIAH!

Via Terraggio, 11 - Milano Tel. 02 8645 1590

pa 14 Comuni e decine di imprese che operano nella provincia di Trapani, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di un sistema produttivo nel quale le differenti componenti economiche (agricoltura, artigianato, turismo e servizi) si integrino attorno a una tematica principale, attuando strategie innovative fondate sul territorio. Il menu di Siciliah! offre proposte gastronomiche sempre nuove e varia a seconda della stagionalità dei prodotti. Ogni portata è accompagnata da vini particolarmente ricercati e selezionati provenienti dalle zone Doc di Salaparuta ed Erice, oppure da birre artigianali.

derno lounge bar e un raffinato ristorante. Il Centro Benessere con vista mozzafiato crea un’oasi riservata in un affascinante ambiente naturale e sportivo; un servizio shuttle agli impianti favorisce un comodo approccio alle escursioni e alle pratiche sportive nel competitivo e rinnovato sistema ricettivo dell’Adamello Ski che, con i nuovi impianti di risalita integrati a sistema e la telecabina del Tonale, diventa uno dei più ampi comprensori sciistici ed escursionistici delle Alpi.

HOTEL CRISTALLO

Via Bulferi, 7 - Ponte di Legno (BS) Tel. e Fax 0364 91074

www.hotelcristallopontedilegno.it info@hotelcristallopontedilegno.it

26


GOLAVAGANDO

CASCINA SCOTTINA TRA TRADIZIONE E MODERNITÀ NELLA CAMPAGNA PIACENTINA Un tempo qui trovavano riparo bergamini, casari e contadini; oggi, grazie ad una perfetta ristrutturazione, è il posto ideale per il ristoro di animo e corpo. Relais dove eleganza e raffinatezza vanno a braccetto, ma che ha il suo punto forte nell’alta cucina dello chef Claudio Cesena, fino a poco tempo fa ai fornelli dell’Antica Osteria della Pesa. Sulla tavola dello chef Cesena si incontrano la cucina gourmet e la tradizione locale imparata fin da piccolo dalla nonna Antonia: un giusto mix fra una ristorazione giovane e creativa e l’impronta della tradizione piacentina. Claudio Cesena, alla guida della struttura insieme al fratello Marco, responsabile di sala, fa della passione di entrambi per l’ospitalità un lavoro da quasi 20 anni: aprono il primo ristorante Antica Osteria della Pesa nel 1997 a Travazzano (PC), dove restano dieci anni fino al trasferimento, nel 2007, presso il Relais Cascina Scottina, un’antica corte rurale trasformata in un relais di lusso, situato a Cadeo, nella prima campagna alle porte di Piacenza. La storia di Claudio, nonostante sia uno chef giovane, è raccontata anche in un libro dal titolo “Cuo Chi. Due anime in cucina”. Le esclusive 14 suite e un’atmosfera di tranquillità immersa nel verde si uniscono alla ristorazione di alto livello. Una cucina creativa, quella dello chef Cesena, che tiene a sottolineare l’importanza dell’uso dei prodotti di stagione e gluten free. A rendere il relais un punto di riferimento per la ristorazione d’eccellenza è la cantina, autentico vanto anche della precedente Antica Osteria della Pesa, con oltre 600 pregiate etichette nazionali ed internazionali.

RELAIS CASCINA SCOTTINA Strada Comunale Del Riglio - 29010 Scottina (PC) Tel. +39 0523 504232 www.cascinascottina.it - info@cascinascottina.it

A ROMA

TED BURGER PER ESALTARE L’ASTICE TED è il primo locale Burger & Lobster in Italia. Un luogo dal respiro internazionale che, nel cuore dell’elegante quartiere Prati a Roma, coniuga il piacere del buon cibo a un mood dal deciso carattere socializzante. Prendendo ispirazione dalla tradizione della East Coast americana, punta di diamante della proposta gastronomica di TED è il re dei crostacei: l’astice. Lobsters che quotidianamente arrivano in cucina per essere poi serviti – accompagnati da deliziosi contorni e da salsine rigorosamente home made – alla griglia o bolliti, in sfiziose insalate e in golosissimi roll, disegnati e sfornati dai migliori forni di Roma in esclusiva per TED. Altro piatto forte della casa sono i succulenti burger di carne bovina Black Angus, semplicemente il top in fatto di qualità e gusto. Mexican tacos, uova alla Benedict, ceviche, Club sandwich, Caesar salad, piatti a base di tonno, gamberi o salmone, proposte vegetariane, fino ad arrivare ai dessert, completano il quadro di un’offerta variegata, gourmet e allo stesso tempo divertente.

TED - BURGER & LOBSTER

Via Terenzio 14, Roma - Tel. 06 94517168

www.tedburgerlobster.it - info@tedburgerlobster.it

27


GOLAVAGANDO

A MOLFETTA

LA CLAQUE FA RIVIVERE LA CUCINA DEI PESCATORI CON CLASSE ED ELEGANZA di

Sandro Romano - foto di Ezio D’Onghia

Ci sono persone che studiano per fare un lavoro e altre che sono semplicemente portate per farlo, diventando bravi quasi senza volerlo. Quest’ultimo è il caso di Beppe Ciavarelli, barese, chef patron del ristorante La Claque di Molfetta che, senza studi specifici, un giorno decise che si sarebbe messo a cucinare.

LA STORIA “Vivevo a Villa Verucchio, in Romagna – racconta Beppe – e avevo la necessità di lavorare, così facevo lo stagista per imparare a cucinare, ovviamente senza guadagnare nulla, ma, contemporaneamente, facevo il cameriere per sbarcare il lunario e pagare il fitto di casa”.

28

Beppe si rese presto conto di essere portato per il mestiere di cuoco e proseguì su questa strada collaborando in Romagna con Claudio Melis e Felice Lo Basso, seguendo quest’ultimo quando si trasferì all’Alpenroyal di Selva di Val Gardena. Tornato in Romagna al Riviera Golf di Cattolica, dopo qualche tempo decise che era arrivato il momento di aprire un locale tutto suo, ma nella sua terra d’origine, la Puglia. Così, il 4 luglio 2013, Beppe Ciavarelli apre La Claque, insieme a colei che, nel frattempo, era diventata la sua compagna di vita, Isabella De Candia, Isa per gli amici. Isa è una bella ragazza molfettese “acqua e sapone” che lavora come modella

in molte importanti campagne pubblicitarie nazionali, eppure la notorietà non l’ha turbata più di tanto ed è rimasta semplice, raffinata e senza grilli per la testa, qualità che ne fanno la figura di riferimento nella sala de La Claque, che cura con eleganza e discrezione.

AMBIENTE E ATMOSFERA La Claque si trova nel centro storico di Molfetta a pochi passi dal porto. Appena entrati nel ristorante, quello che colpisce è la misura essenziale del luogo, fresco e giovanile, ricercato solo in quei piccoli dettagli che appaiono agli occhi di chi sa apprezzare la bellezza; cucina a vista e pareti bianche, con 30 posti ben distribuiti intorno ai bei tavoli in noce nazionale sui quali non ci sono tovaglie. Sì, niente tovaglie, solo legno, sanificato giornalmente, che diventa - per tutta la durata del pasto - elemento materico naturale che fonde il mondo esterno, il cibo e l’ospite in una dimensione nuova, coerente, appagante. Le posate, come è facile immaginarsi, non toccano la tavola in quanto opportunamente appoggiate su parallelepipedi di acciaio realizzati da artigiani sotto precise indicazioni dello chef. E poi i tovaglioli di cotone racchiusi in un cilindro di cartone ondulato, le comodissime sedie tappezzate in stoffa e gli antichi oggetti d’arredo che incredibilmente restituiscono un’idea avanguar-


dista nonostante il richiamo vintage... tutto suona così incredibilmente attuale, di tendenza. E infine i piatti: poca porcellana a beneficio di supporti pensati per essere tutt’uno con il cibo: mattonelle in pietra, ceramiche, tavole di legno e altro ancora.

LA DEGUSTAZIONE Le ostriche bretoni Tsarskaya di Cancale sono un’ottima e gustosa apertura di cena, con il loro gusto iodato e di mandorla dolce, per poi passare alle capesante su vellutata di lenticchie, olio alla vaniglia e granella di olive nere, piatto basato sulla delicatezza del mollusco in abbinamento con la delicata rusticità del legume, il tutto portato al giusto equilibrio dalla sa-

Qui sopra, lo chef patron del ristorante La Claque, Beppe Ciavarelli

pidità dell’oliva e dalla tenue sensazione aromatica della vaniglia. Il gioco si ripete con il filetto di triglia, barbabietola e pane “sfritto”, modo di dire tutto barese per indicare il pane saltato in padella con olio extravergine, anticamente utilizzato al posto del formaggio che non tutti potevano permettersi, per irrobustire il sapore di alcuni piatti della

tradizione. Fu perciò chiamato “formaggio dei poveri” e, in questo piatto, ha proprio il compito di riequilibrare il piatto e donargli una gradevole sensazione di croccantezza. Sembrerebbe essere questo il leitmotiv della cucina di Beppe Ciavarelli, ossia l’utilizzo di ingredienti tendenti al dolce bilanciati con l’utilizzo di un altro ingre-

29


GOLAVAGANDO

diente, una specie di correttore che riporti il tutto in perfetto equilibrio, segno di elevata sensibilità; ecco che, però, improvvisamente tutto cambia e Beppe stupisce con un’incredibile interpretazione di un classico piatto di mare, gli spaghetti alle cozze: spaghettoni Gentile con cozze pelose, rucola, polvere di cruschi e tarallo, che colpiscono per il gusto pieno, il perfetto dosaggio degli ingredienti e la giusta cottura al dente. Un piatto apparentemente semplice che, da solo, vale la visita a La Claque. Ma non è finita, perché i tortelli di malandre, terriccio di taralli, pomodoro secco e salsa di aglio leggero sono una vera esplosione di gusto, che riporta a quei piatti familiari pugliesi che qualcuno di noi ha avuto il privilegio di assaggiare, magari dopo una battuta di pesca. Il gusto deciso delle malandre, cioè le interiora del polpo, abbinate all’aglio, sono un concentrato di gusto che non tutti sono in grado di capire, ma una leccornia per appassionati del genere. Una vera sferzata di sapore per chi, a un ristorante, chiede qualcosa di veramente insolito. Coerente con questo stile, Beppe propone una leggera rivisitazione di un altro classico della cucina dei pescatori, gli spaghetti alle pelose, da lui riproposti con

30

l’utilizzo degli spaghetti alla chitarra e il delicato sentore dell’aglio orsino. Uno di quei piatti davvero poco usuali in un ristorante, per la difficile reperibilità dell’ingrediente principale, la pelosa o granchio favollo. Mangiare la pelosa, infatti, era anticamente una prerogativa dei pescatori o di quegli appassionati in grado di catturarle da soli, attività assolutamente non facile. Ai nostri giorni non capita più tanto spesso ma, tempo fa, era facile imbattersi in individui armati di un bastone a cui era legato, a mo’ di esca, un tentacolo (cirro) di polpo – il nemico giurato delle pelose - e di un cappio che serviva ad agganciare il crostaceo sulla chela. E c’è pure qualche temerario che sfida la potente morsa delle chele, catturandole a mani nude, azione che richiede velocità e abilità per evitare il dolorosissimo pizzico. I secondi piatti, sia di carne che di pesce, non deludono di certo: tataki di ricciola con centrifugato di cetriolo, percoca e

RISTORANTE LA CLAQUE   Via Salvatore, 18 Molfetta (BA)

Tel. 080 914 3009

granella di olive; rombo, cozze e soia in guazzetto con salsa di miso; trancio di ombrina con asparagina di mare; vitellino marinato alle bacche di ginepro e miele con verdure mostardate e olio di rucola; pancetta di maialino cotta a bassa temperatura con caponata di melanzana, cetriolo, cipolla di Acquaviva e maionese di salsa di soia. Chiudere il pasto con una rinfrescante granita come quella di sedano e lime oppure di cocomero, zenzero candito e vaporizzazione di menta piperita, particolarmente adatte a completare una cena a base di pesce, può esser la giusta scelta, ma, se si preferisce, si può optare per preparazioni al cucchiaio come la bavarese di percoca, fave tonka e cialda croccante o la mousse di cioccolato fondente, crumble di brownies e salsa al caramello. Il ristorante La Claque di Molfetta propone anche due menù degustazione a € 45 (5 portate) e € 60 (8 portate) escluso vini e una carta di circa 180 etichette regionali, nazionali e internazionali. Cosa visitare nei dintorni: a breve distanza dal ristorante c’è il Porto, il Duomo e la zona commerciale, tutte ottime scelte per una rilassante passeggiata prima o dopo cena, respirando la gradevole aria e apprezzando la rinfrescante brezza del mare.



I ristoranti

on

Trésor

Scopriamo insieme quali sono i locali che racchiudono piccoli grandi tesori...

Ogni ristorante, locanda o trattoria, famosa o meno, può vantare il proprio “Mon Trésor”, un personalissimo tesoro fatto di attenzione per i dettagli, cura dei propri ospiti, professionalità in cucina e in sala. Noi abbiamo individuato alcuni di questi “Mon Trésor” e li segnaliamo nelle prossime pagine...

golavagando montresor di

Massimo Di Cintio

PIZZERIA CON CUCINA

LA TORRE

IL MEGLIO A LANCIANO VECCHIA Lanciano, l’antica Anxanum, è una delle più belle città d’arte dell’Abruzzo, forte di una storia densa di momenti che ne hanno segnato lo sviluppo grazie alla florida economia derivante dalle fiere che tra il XIII e il XV secolo, determinarono il momento di massimo splendore e contribuirono ad abbellirne notevolmente l’architettura. Uno dei quartieri più caratteristici è sicuramente Lancianovecchia, a pochi passi da piazza Plebiscito, dalla basilica di S. Maria del Ponte, dal municipio e dal teatro Fenaroli. Risalendo via dei Frentani, proprio di fronte a palazzo De Crecchio si erge la torre di S. Giovanni del XIV secolo, detta anche della Candelora, unico resto della chiesa medioevale dopo i bombardamenti alleati del 1943. Proprio dalla torre prende il nome quello che probabilmente è il miglior ristorante-pizzeria della zona, sempre ben frequentato tanto che la prenotazione è consigliabile non solo nei weekend. Nato nel 2006, il locale è guidato dalla famiglia Di Toro – Carmine e Mariella, con una grande esperienza nella ristorazione e nella pizzeria, da qualche anno affiancati dai dinamici figli Costantino e Luca – che festeggia il decimo anno con una nuova veste, decisamente più funzionale e moderna, che si ispira allo stile dei bistrot del nord Europa e utilizza materiali e arredi come il cemento e i mattoni a vista, il legno e il ferro combinati in perfetta armonia. In estate c’è qualche posto all’aperto, mentre in inverno il camino rende accogliente la sala d’ingresso che ospita il grande tavolo


on

Trésor con gli sgabelli, che guarda alla sala più grande e all’angolo bar dal quale partono cocktail per anche in abbinamento ai piatti preparati dal bravo chef Gianluca Di Bucchianico. La sua è una cucina contemporanea che ha saputo conquistare uno spazio sempre maggiore tra i tanti appassionati della buonissima pizza (in carta ci sono ben 60 tipologie a lenta lievitazione, anche con farine integrali). Pane e dolci sono fatti in casa mentre il menu viene elaborato partendo dalla stagionalità delle materie prime locali ed è frutto di ispirazioni e di una personale ricerca sulla scomposizione di piatti classici o tradizionali, nuove cotture e accostamenti anche arditi. Si può cominciare con la Caesar Salade – un mosaico nel quale bocconcini di pollo fritti e guanciale croccante, sono affiancati da salse di ortaggi e ortaggi marinati e da un bicchierino di Moscowmule – con il Pancotto con cime di rape, ventricina, caciocavallo e patate, o con l’Abruzzo un ricco antipasto composto da pallottine cacio e uova, pizze fritte, giuncata, zuppa di ceci e cicerchie, baccalà, pizza di granturco e foje (verdure invernali). Nomi curiosi come la Raviola, ossia ravioli di patate viola con guanciale, tartufo e formaggio gregoriano; come

LA TORRE PIZZERIA CON CUCINA

Largo S. Giovanni, 7 - Lanciano (CH) Tel. 0872 714439

Chiuso lunedì - Ferie: mai

Prezzi: 32-40 euro vini esclusi Carte di credito: tutte

Qui si bissa, a significare la bontà delle sagne a pezzi con agnello, ricotta e ventricina; e come lo Spaghettone con aglio, olio, clorofilla di cicoria, crema di ricotta e spolverata di cacao, ma non mancano i tradizionalissimi rentrocelo al sugo di castrato e chitarrina al ragù di coniglio e zafferano. Interessanti e non banali, tra i secondi, le variazioni sui temi dell’agnello o del pollo in vari tagli e cotture, il Porkinphony per il cosciotto di maialino con arancia, mele cotogne e carota, o il filetto di manzo con tartufo nero, crema di cavolfiore e salsa di mandorle. Conviene, infine, lasciare uno spazio anche ai buoni dessert, che abbinano spesso i frutti di stagione. Buona la scelta dei vini con oltre cento etichette che spaziano tra l’Abruzzo e alcune importanti regioni italiane.

Il Mon Tresor è... LO SPAGHETTONE DI FARA S. MARTINO Per quanto sembri audace, lo Spaghettone di Fara S. Martino condito con aglio, olio, clorofilla di cicoria, crema di ricotta e spolverata di cacao, è un piatto di grande equilibrio nella scansione nitida dei sapori.

33


golavagando montresor di

Alessandro Ricci

RISTORANTE

CROTTO DEL TIGLIO CUCINA DI MONTAGNA A DUE PASSI DAL LAGO DI COMO

Il braccio occidentale del Lago di Como si chiude appena sotto, anche se dalle finestre non si può scorgere. A distanza di passeggiata, il Parco del Grumello, e la viva Villa Olmo, polo culturale della città di Como, che si affaccia sul lago. Il Crotto del Tiglio – i crotti sono cavità naturali tipiche di questa zona e della Valchiavenna, attraversate costantemente dal Sorèl, corrente d’aria fredda – è una struttura del 1908: una storica osteria con bocciofila appena fuori Como, e a pochi chilometri dalla Svizzera. Da qualche mese è la nuova realtà di Roberto Biondini, chef dalla solida formazione: nato da una famiglia di pasticceri, diploma alberghiero, esperienze in Italia e all’estero, e una serie di locali di proprietà, a partire dal 1993 (tra cui la Madonnina di Filo Mornasco, condotto per 12 anni). Con lui, la moglie Michela Besleagra, che conduce la sala e un giovane staff di servizio. Il locale è semplice, ma caldo, da trattoria autentica. C’è una sala

34

con poco più di 40 coperti che si apre sul bancone del bar, dai tavoli quadrati apparecchiati con garbo. Più nascosta, una seconda sala con pochi coperti che si stringono attorno al forno a legna. Mentre, all’esterno la veranda

ombreggiata dal tiglio viene sfruttata nel periodo estivo. La cucina è tradizionale: guarda più ai monti che al lago, con attenzione alla stagionalità. C’è la selvaggina, qualche piatto in più di pesce nel periodo estivo, mentre nella stagione fredda spiccano i solidi piatti di queste terre: dalla cazzuola (la versione comasca della cassoeula lombarda), alle pietanze forti di selvaggina, accompagnate dall’immancabile polenta taragna – misto di farina gialla e saracena – che al palato imprime la sua grana ben percepibile. Ma questo locale è valido anche per la carne alla griglia, e per la pizza, classica napoletana, col cornicione alto, cotta nel forno a legna.


CROTTO DEL TIGLIO

Via Bignanico, 43 – Como Tel. 031 571671

www.crottodeltiglio.it info@crottodeltiglio.it

“Abbiamo scelto questo luogo per la sua rusticità – spiega Roberto Biondelli – e per la sua comodità, appena fuori Como, ma già immerso in un ambiente più tranquillo, con il parcheggio riservato. Cerchiamo di far star bene i clienti in un clima squisitamente familiare, rilassato”. L’obiettivo è centrato. I clienti che varcano la soglia sono le famiglie per il pranzo della domenica, le coppie di amici, i turisti ben indirizzati dalle strutture ricettive limitrofe, ma anche i lavoratori per un pranzo di lavoro a buon prezzo. Il menu si apre con una selezione di formaggi e salumi, o con il missoltino del lago con crostone di polenta. Poi, tra i primi, spiccano le tagliatelle al ragù rustico di cinghiale, i tortelli zucca e amaretti, gli strozzapreti al sapore del bosco, con castagne, funghi misti e olio tartufato. Tra i secondi, spazio alla griglia – con costate e fiorentine – e a piatti come la polenta uncia rorida di burro, lo stracotto d’asino, i funghi porcini trifolati accompagnati ancora dalla polenta, o l’orecchia di elefante “bizzarra”, ossia

il nodino di vitello impanato accompagnato da rucola, pomodorini e grana. Spazio anche al pesce, di mare (orata, spigola, gamberoni) e lacustre (persico, lavarello). Il tutto all’insegna di una semplicità che diventa qualità nella sua schiettezza. I dolci non sono banali: dall’azzeccato tortino al cioccolato con cuore di lamponi, al bonet d’impronta piemontese, fino alle torte casalinghe, prodotte quotidianamente. Valida la cantina, che conta quasi 45 etichette, un po’ da tutta Italia. È una sosta rilassante, anche nel prezzo: per quattro piatti, ci si attesta tra i 30 e i 40 euro.

Il Mon Tresor è... I RISOTTI Lo chef Roberto Biondini ama particolarmente cucinare i risotti, che sono un vero e proprio cavallo di battaglia di questa trattoria. A cominciare dal risotto giallo con l’ossobuco, fino alle proposte stagionali come il risotto alle fragole (primavera), quello alla mimosa, l’autunnale risotto del Crotto con porcini e mirtilli e quello alle mammole (varietà di carciofi). Notevole anche il risotto al pesce persico, preparato alla comasca, ossia in cagnone, saltato con aglio e salvia. Predilezione, tra la varietà di riso, per il Carnaroli e il Vialone Nano.

35


golavagando montresor di

Claudio Mollo

A BOLGHERI, OSTERIA

LA MAGONA RINNOVA LA TRADIZIONE TOSCANA E IL MITO DELLA VERA “FIORENTINA”

L’Osteria prende il nome dal bosco della “Magona” situato sulle colline di Bolgheri, in quel tratto di territorio che arriva fino a Bibbona. Presente sulla scena enogastronomica da diversi anni, inizialmente era situata in centro a Bolgheri e fungeva egregiamente come pizzeria, poi, con l’arrivo di Omar Barsacchi, nel 2004, il locale subisce un deciso cambio di destinazione d’uso, diventando una delle classiche osterie toscane. Oggi La Magona, riveduta e aggiornata, si trova in via Bolgherese,

36


OSTERIA LA MAGONA

S.P. 16b – Via Bolgherese - Loc. Vallone dei messi, 199

57022 Bolgheri (LI) - Tel. 0565 762173 - Cell. 333 2626025

meglio conosciuta come “strada del vino”, ospitata in una villa del 1800 di proprietà dei Della Gherardesca che, dopo tanti anni, è stata adibita a ristorante proprio per accogliere questa realtà, in una zona nota ad esperti e estimatori per i grandi rossi bolgheresi, con tanto di blasone. Vini che sposano felicemente l’alimento principe presente all’osteria: la carne, in tutte le sue sfumature e in tutte le salse, ma soprattutto alla brace, il metodo di cottura più utilizzato da Omar. Tagli pregiati, firmati da Dario Cecchini, il macellaio di Panzano in Chianti, grande amico e fornitore ufficiale dello chef. Inutile, quindi, aggiungere che “la fiorentina” è in cima alla lista dei desideri della maggior parte dei clienti che, conoscendo l’abilità dello chef nel selezionare la carne, non perdono mai occasione di scegliere, tra i vari piatti, anche una bistecca. Il menu parla esclusivamente di toscana, tradizionale o meno, discostandosi poco, però, dalle classiche cotture dai sapori decisi, che contraddistinguono la tipica cucina regionale. Ai fornelli, Omar dirige, e altri 4 collaboratori seguono attentamente le sue indicazioni. Uno staff affiatato che s’interfaccia bene con la sala, gestita da Marina, moglie di Omar, insieme a Dario, sommelier. I clienti più assidui del ristorante sono, inevitabilmente, i produttori delle aziende circostanti ai quali, in estate, si aggiungono tanti turisti italiani e stranieri. La vicinanza con Bolgheri favorisce un grande movimento di persone, fortemente interessate al vino ma anche al cibo. Eccezionale la carta dei vini che, naturalmente, trabocca di bolgheresi, molti dei quali suddivisi in annate storiche. Un’invidiabile passerella che non ha prezzo, come le 24 annate di Sassicaia, tanto per citare un nome fra i più noti. Oltre ai vini locali, sono presenti un po’ tutti i migliori

on

Trésor

toscani e alcune scelte referenze di altre regioni. Un’osteria che promette cose buone nel piatto, che rappresentano il mangiare toscano, firmato Omar Barsacchi, un figlio d’arte che, un giorno, decide di affinare le sue capacità frequentando l’alberghiero, poi l’Etoile e poi, ancora, effettuando stage di perfezionamento, esperienze in locali di zona e, infine, un locale tutto suo dove mettere in pratica la propria professionalità.

Il Mon Tresor è... LA CARNE FROLLATA Il tesoro della Magona è racchiuso e custodito gelosamente in una “cella di maturazione”, che si trova, a vista, nella sala principale, nella quale Omar ottimizza le frollature di spettacolari costate, con o senza filetto e altri tagli di diverse razze. In effetti non è usuale trovare celle di questo tipo in un ristorante e da questo si capisce il grande valore che questo locale riserva alla carne bovina. Un’incessante processione di persone va a caccia della frollatura ottimale, che in genere va dai 20 ai 65/70 giorni. Un pregio, quello della “personalizzazione” di particolari pezzature di carne, che poi si ritrova nel piatto, sotto forma di incredibili odori e sapori.

37


LOCHEF Federico Palestini Federico Palestini è un marinaio diventato chef, per questo conosce come pochi il pesce, le sue caratteristiche, i suoi ritmi stagionali. Ecco perché i piatti della suggestiva Caserma Guelfa, a Porto d’Ascoli, hanno sapori straordinariamente intensi: sono racconti di mare, emozionanti come quelli che Federico talvolta dispensa ai propri ospiti, con tutta la forza della sua passione.

Xxxxxxxx

Polpo e patate Si fa presto a dire polpo e patate! Questo è un piccolo capolavoro giocato sugli equilibri: la compattezza perfetta del polpo nella sua stagione migliore si misura con la croccantezza dei fagiolini, l’arrendevolezza delle patate si ravviva con la pennellata cremosa delle zucchine.

ILPIATTO





C CKTAIL... a cura di

Daniele Briani foto di

StudioGraf IL BARTENDER

Charles Flamminio Bartender mixologist Belludi 42 Riccione LO CHEF

Fabio Drudi “Curiosità, passione e tenacia sono gli ingredienti dei miei piatti”

42

Americano cl. 3 di Bitter dry Montresor cl. 3 di Vermouth Rosso cl. 4 di acqua frizzante aromatizzata al Karkadé rose malva e frutti di bosco, sciroppo di pepe, cardamomo


Dal pre dinner all’after dinner, nasce un nuovo modo di giocare tra solido e liquido. L’alchimia del bere miscelato sposa la cucina con sapori che rimbalzano dall’una all’altra preparazione, in una esperienza sensoriale coinvolgente.

Tartare di manzo

capperi, cipollotto, cardamomo INGREDIENTI per 10 finger

PREPARAZIONE

• g. 500 di filetto di manzo tagliato al coltello • 2 cucchiai di senape semi piccante • 2 cucchiai d’olio extravergine • 4 gocce di salsa Worcester • 3 baccelli di cardamomo • 1 cipollotto fresco • g. 15 di cetriolini sott’aceto • g. 10 di capperi di Pantelleria • sale q.b. • pepe q.b • olio extravergine d’oliva q.b.

Tagliare la carne al coltello in piccoli cubi, metterla dentro un contenitore e porla in frigorifero. Tritare i semi di cardamomo, il cipollotto fresco, i cetriolini e i capperi. Aggiungere agli ingredienti la carne e mescolare il tutto per bene. Unire al composto la senape. Aggiustare con una bella macinata di pepe fresco, sale e olio extravergine d’oliva. Modellare le porzioni di tartare con l’aiuto di uno stampo. Ecco pronta la tartare di manzo.

43


M

NDO

chef

BASSI IN CONFUSION Sono tante le novità da scartare in questo inizio 2016: chiusure, aperture, nuovi incarichi e locali con i fiocchi sotto l’albero di Natale degli chef. Per cominciare Italo Bassi, storico diarca dell’Enoteca Pinchiorri, lascia Firenze per consacrarsi alla sua creatura veronese: il ConFusion, indirizzo condotto in tandem con la bella moglie russa Tatyana Rozenfeld. Executive chef resterà il solo Riccardo Monco, con Annie Féolde chef owner e Alessandro Della Tommasina promosso a executive sous-chef. Una separazione pienamente consensuale, che arriva dopo 26 anni di servizio ininterrotto e tantissime soddisfazioni. “Mi concentrerò sul mio progetto, mettendo a punto nuovi piatti; la proposta sarà più importante e finalizzata a grandi risultati. Nel locale sono presenti diversi concetti: ristorazione, american bar e caffetteria, con grandi miscele. Lo chef giapponese con cui ho collaborato in questi anni, Masaki Inoguchi, fra i più bravi e tecnici nel suo repertorio, resterà al suo posto, ma io porterò con me un bagaglio trentennale, assommato dal Trigabolo fino all’Enoteca Pinchiorri. La linea di cucina resterà quella della cosiddetta ‘con-fusion’, quindi una fusione di grandi prodotti italiani e stranieri, con tecniche anch’esse miste. Una cucina orecchiabile, rivolta a tutti, ben rappresentata dall’insalata di mare tom yam kung con pesce e crostacei, latte di cocco e coriandolo, ispirata alla zuppa tailandese. Talvolta con un pizzico di Russia, come nel piatto dedicato a mia moglie: yin e yang di gamberi rossi e quinoa allo zenzero con avocado, leche de tigre al mango e caviale”.

IL BALLO DI SIMONE Ma non è l’unica novità a Firenze: Simone Cipriani, giovane e vulcanico chef, lascia dopo quattro anni il Santo Graal di

44

a cura di Alessandra Meldolesi

Emanuele Canonico, che lo ha fatto conoscere al pubblico gourmet. “La scelta è stata ragionata: finora Emanuele mi ha dato spazio, ma abbiamo constatato di avere obiettivi troppo diversi. Il ristorante ha già virato verso un menu popolare nella sala principale, con specialità toscane appena riviste; mentre il menu creativo è stato servito nella sala essenziale fino alla mia partenza, il 10 gennaio. Adesso è diventato tutto più tranquillo. Io cerco un posto dove potermi esprimere completamente. In questi anni ci siamo divertiti, adesso dobbiamo concretizzare quanto fatto. Ho ricevuto diverse offerte che sto valutando. Ma seguo già il progetto di un ristorante a Prato, in un contesto di musica e coworking; ho disegnato la cucina e darò una mano nella start-up, per poi rivestire il ruolo di consulente, compatibilmente con i miei impegni futuri”.

NAPOLI NON PIÙ SUA Antonella Rossi ha invece chiuso il suo Napoli Mia, mettendo fine a 15 anni di attività anche per ragioni di natura urbanistica. “Siamo stati penalizzati dalla ZTL, dalla mancanza di parcheggi e dal progressivo degrado dell’area, che sempre meno si prestava alla nostra fascia di ristorazione. Napoli purtroppo è una piazza difficile per chi sceglie di staccarsi dalla tradizione. Stiamo aspettando l’occasione giusta per ripartire”.

GAROFALO A TUTTA BIRRA Buone notizie invece dalla Lombardia, dove ha riaperto finalmente le porte la leggendaria Cassinetta di Lugagnano, secondo tre stelle italiano ai tempi di Ezio e Renata Santin. A riscattarla, dopo i brevi intermezzi di Fabio Barbaglini e Silvio Salmoiraghi, è stato Salvatore Garofa-

lo, lungamente chino su questi fornelli, passato per la scuola di Marchesi, Leemann e Sergio Mei prima dell’apertura del ristorante milanese La Ratera. Nel nuovo approdo ha valorizzato quella che da sempre è la sua passione: l’abbinamento con la birra, mettendo al centro le verdure. “Perché la mia cucina vuole essere più salutare possibile. La birra è prevista in abbinamento, ma spesso anche nelle ricette di una carta che cambia quasi quotidianamente, secondo la stagione e l’ispirazione. Ho introdotto anche proposte popolari, come il culatello con il pan fritto di grano saraceno. Perché il mio obiettivo è quello di riportare le persone in un locale, le cui glorie sono irripetibili. Quindi un’osteria dove tutti devono sentirsi a proprio agio, con uno scontrino medio sui 40 euro e i crismi della qualità, dalle materie prime alle cotture. La cantina è contenuta, con una rosa di vini accessibili e le birre artigianali selezionate dal mio socio Marco Rinaldi, che si tratterrà prevalentemente alla Ratera”.

GRASSO E MACCHIA SU DUE CREDENZE Anche Giovanni Grasso e Igor Macchia hanno deciso di raddoppiare: la loro Credenza, ubicata nel pressi dell’aeroporto di Caselle, si è infatti moltiplicata nella dépendance di Torino città. Si tratta di Fiorfood by La Credenza, inaugurato nella prestigiosa Galleria San Federico dentro gli spazi COOP, sul modello di Eataly. “È un nuovo concept, basato sullo scambio fra prodotti e know-how. Le materie prime sono quelle di eccellenza della grande distribuzione, come fassona piemontese e agnello sambucano, elaborate con le nostre tecniche e conoscenze, in modo tale da renderle disponibili a un vasto pubblico.


CUOCOMERCATO

Succede al ristorante, che conta 25 coperti per uno scontrino medio da 30-45 euro; ma anche al bistrot, dove si spende circa la metà. Il resident chef è Giovanni Spegis, che è passato per il Boscareto e Casa Vissani. Io e Igor però supervisioniamo ogni giorno. Nella carta del ristorante abbiamo inserito qualche piatto che ci identifica, e che alla Credenza non avrebbe più senso, quale trait-d’union fra le due realtà. Mentre il bistrot cambia continuamente aspetto, dalle colazioni al lunch, con zuppe e insalate, alla merenda e alle tapas, fino al dinner. In entrambi è disponibile una selezione di vini a prezzo di scaffale, con ricarico zero”.

NEL RETROBOTTEGA L’UNIONE FA LA FORZA Ha aperto in pieno centro, a Roma, il Retrobottega, locale informale con cucina a vista consacrato alle specialità della cucina italiana, elencate su una lavagna ed eseguite secondo i dettami dello scarto zero. Vi si affaccendano quattro cuochi dal pedigree prestigioso: i fondatori Alessandro Miocchi (passato per le brigate di Enrico Crippa, Antonio Guida e Anthony Genovese) e Giuseppe Lo Iudice (formatosi anch’egli al Pagliaccio dopo esperienze internazionali); Gabriele Di Lecce, già all’opera con Daniele Usai, Nino di Costanzo e Anthony Genovese, e Matteo Magagnini, discepolo di Daniele Usai e Roy Caceres. Uno di loro sarà presente a rotazione anche in sala, per illustrare i piatti. Attraversato il Tirreno, a Quartu Sant’Elena si è invece stabilizzato Corrado Parisi, passato per la bufera del Mosaico e un paio di stagioni in Val Badia: affiancherà la signora Bruna Melis presso il ristorante Arkè, appena ristrutturato e in cerca del rilancio gourmet.

TORNA A SURRIENTO Per finire il traffico intenso sulla direttrice nord-sud. Gennaro Esposito ha strappato la prestigiosa consulenza del resort CastaDiva, sulle sponde del lago di Como, dove da questa primavera imposterà brigata e cucina. Mentre Andrea Napolitano, premiato chef Emergente da Luigi Cremona nel 2012, lascia il minareto di Villa Crespi per Palazzo Marziale a Sorrento. Un ritorno a casa per l’ex sous-chef del Buco (in realtà nativo di Torre del Greco), alla ricerca della terza stella in città. “Da Cannavacciuolo mi sono fermato per 4 anni e mezzo, lavorando soprattutto agli eventi esterni. Una scuola di disciplina e di sapore, che ha trasmesso la sua impronta alla mia cucina. Quindi la migliore tradizione con qualche innovazione finalizzata al gusto, senza scomposizioni o tecniche appariscenti. La ricerca del prodotto prima di tutto, poi la precisione e l’estetica del piatto. Ma conosco anche altre realtà: sono stato in Giappone e a Copenhagen, quindi potrei infilare qua e là un po’ di soia o di polenta. Al momento sono operativo solo sulla banchettistica; inizierò a lavorare sul menu con la brigata, per aprire il ristorante a marzo. Da 13 anni non opero al sud, quindi sto ricominciando dalle basi, andando a visitare i fornitori; ma penso che non mancheranno i moscardini o la pasta mischiata, cotta nella bisque e servita con zucchine e mandorle. La location è bellissima: il palazzo più antico di Sorrento, completo di rovine romane all’interno, adibito fino a pochi anni fa a residenza privata, quindi con arredi scelti nel minimo dettaglio e un’atmosfera di casa. Curerò tutto: dalle colazioni delle camere alla steak house e al ristorante gourmet. Figlio di papà avvocato e mamma farmacista, ho iniziato a lavorare da lavapiatti e ho preso il diploma dell’alberghiero da privatista, per poi aspettare qualcuno che investisse

su di me: la mia è passione pura”. In accompagnamento una carta dei vini da 600 etichette a cura di Costanzo Cacace, forte sul fronte francese, in ampliamento sulla Campania, compresa la nouvelle vague dei naturali.

ORO VIVO A ROMA Lo chef Riccardo Di Giacinto e la moglie Ramona del Ristorante All’Oro, 1 stella Michelin, hanno annunciato la chiusura di All’Oro il 6 dicembre scorso: lasciano il The First Luxury Art Hotel per affrontare una nuova sfida in una propria location, sempre a due passi da Piazza del Popolo a Roma. “Stiamo per affrontare un bellissimo progetto ancora più ambizioso: grazie anche all’esperienza maturata in questi anni come proprietari del F&B al The First, abbiamo investito in un progetto che facesse da legante tra la nostra cucina e il nostro modo di essere. L’intento è quello di confezionare un abito che si adatti ai nostri amici-clienti con uno stile più internazionale; avevamo bisogno di un luogo che per la prima volta ci permettesse di far vivere il ristorante con la nostra idea personale di “fare ristorazione”, in cui è il cliente il vero protagonista della serata”, dichiara lo chef Riccardo Di Giacinto. “Il nuovo luogo di All’Oro dovrà essere vivo, vivace, elegante e, perché no, piacevolmente eccentrico” dichiara la moglie Ramona. “A farla da padrone non sarà solo la cucina “tradizional-contemporanea”, concreta e riconoscibile dello chef Riccardo Di Giacinto, ma anche la sala, con un servizio attento ai dettagli ma superando un approccio eccessivamente ingessato, per fare in modo che il cliente possa godersi un’esperienza unica, senza essere costretto a formalità ormai obsolete. Il design e l’atmosfera calda e accogliente renderanno l’esperienza All’Oro indimenticabile e personalizzata”.

45


GOURMETFOOD

LA STRARIPANTE VITALITÀ NAPOLETANA DI

ILARIO

VINCIGUERRA SCALDA IL CUORE DELLA LOMBARDIA di

Teresa Cremona

Siamo nell’hinterland milanese, a Gallarate, centro piccolo, autostrada vicina, ottima segnaletica che guida fino al ristorante. L’architettura della villa ha linee classiche e la grazia e l’eleganza di una dimora d’epoca signorile degli inizi del Novecento: c’è la doppia scalinata che dà l’accesso alla terrazza, c’è il parco di 4000mq con alberi ad alto fusto, c’è un respiro complessivo di esclusiva unicità. La bella palazzetta ora trasformata nel ristorante di uno chef, Jeune Restaura-

46

teur d’Europe, assume l’impronta di ‘bastide’. Ma Bastide è termine provenzale. Esiste un equivalente lombardo per definire il piccolo personale regno che uno chef si disegna a suo gusto e secondo le sue priorità? Forse non c’è, e allora bisognerà inventarlo. Qui non ci sono ancora camere per gli ospiti, ma nulla esclude che in futuro potrebbero aggiungersi. La villa è grande, e gli spazi lo consentirebbero. A noi piace l’esterno e piacciono anche gli interni, con la


ILARIOVINCIGUERRA

cantina a vista dall’entrata, la lunga parete trasparente, quasi ambrata, dove è in mostra la collezione delle grappe di Romano Levi (forse più di 300 bottiglie ognuna con l’etichetta disegnata ad hoc), ci piacciono le sale che sono prevalentemente bianche e dove è lasciato ai soffitti alti e al bel taglio delle finestre il racconto dell’ambiente e dove quadri moderni e qualche particolare di arredo accendono note di colore. Ci piace il logo scelto per firmare i piatti, una ‘j’ molto disegnata che diventa un segno grafico personale e riconoscibilissimo. Cucina nel basement dove è anche previsto un piccolo tavolo per ospiti speciali che vogliono, mangiando, assistere al lavoro della brigata, composta da 8 giovanissimi ragazzi. Al primo piano sala per eventi e Bistrò dove si assaggia la cucina dello chef a costi più contenuti. Lo chef patron è Ilario Vinciguerra, aiutato in sala da sua moglie Marika.

47


GOURMETFOOD

Vellutata Chef di affettuosa, straripante simpatia, napoletano, ha studiato a Formia (Latina), ha lavorato in grandi ristoranti stellati ed è soprattutto legato al “Don Alfonso 1890” di Sant’Agata sui due Golfi (Napoli), 3 stelle Michelin, dove è rimasto per molti anni. Ora è un Jeune Restaurateur d’Europe, il suo ristorante ha una stella Michelin, lui ha una docenza ad Alma e definisce la sua cucina creativa e mediterranea. Sicuramente creativa, ma anche cucina di memoria, di terra campana, di ricerca di materie prime, e moderna nella nuove tecniche di cottura. Grissini elegantissimi, lunghissimi e sottili sul tavolo, quasi una composizione. Il pane si sceglie aiutati da Marika, fra casatiello, al

48

di patate con cioccolato bianco e caviale

pomodoro, alle olive, tipo Altamura e pane trombino, ovvero cotto INGREDIENTI come pizza. L’inizio e 4 patate la chiusura del pranzo ml. 150 di olio extravergine d’oliva sono tracimanti g. 100 di cioccolato bianco come il loro ideatore. g. 30 di caviale Si inizia con una sale e pepe sequenza di piccoli PREPARAZIONE assaggi e si conclude Bollire le patate con la buccia. A cottura fra dolci a non finire. ultimata, pelare e frullare con tutto l’olio Pizzette fritte, paste per ottenere un crema fluida. Aggiungere cresciute, panzerottini, sale e pepe, cioccolato bianco tagliato a minuscoli crocchè, poi scaglie e tenere in freezer. aliciotti dorati, spiedini Usare un piatto fondo, versare la vellutata di scampetti panati e disporre i granelli di caviale e il ciocalla nocciola in salsa di colato a scaglie, a piacere. Decorare con carote, salsiccia di Minoli qualche erbetta o germoglio. cruda accompagnata da cime di rape. Per cominciare: vellutata di patate all’olio extravergine e cioccolata bianca e caviale; sgombro marinato e giardiniera di verdure in agrodolce fatta in casa. Piatto non solo buono, ma anche un visivo anticipo di primavera. Poi la boule Profumo che ha vinto il premio ‘Miglior piatto all’olio d’Oliva’ a San Sebastian nel 2007: una tartara di gamberi rossi di Sicilia chiusa in una sfera di plexiglass, con olio extravergine d’oliva e due gelatine, una al nero di seppia e una ai limoni di Sorrento. La base della sfera è riempita di ghiaccio e di gin tonic, che


ILARIOVINCIGUERRA

49


GOURMETFOOD

Tortelli

ai quattro formaggi INGREDIENTI

una teglia da forno, quindi cuocere la cialda

Per la pasta all’uovo

a 140°C per 4 minuti. Togliere dal forno e

g. 500 di farina tipo 00

lasciare raffreddare.

15 tuorli

Inserire nel mantecatore del gelato il gor-

olio extravergine d’oliva

gonzola, precedentemente ammorbidito con

g. 200 di grana padano

200 ml di latte, e lasciare girare finché si ot-

g. 200 di formaggio fresco di capra

terrà la densità tipica del gelato. Tagliare in

g. 200 di caciocavallo

scaglie piccole il grana padano e scioglierlo

g. 250 di gorgonzola dolce

a fuoco lento in un pentolino con 200 ml di

l. 1 di latte

latte, quindi frullare per eliminare i grumi.

basilico

Stendere la pasta sottile e ricavare dei dischi

pomodori secchi

di circa 6 centimetri di diametro. Farcire i dischetti con il formaggio di capra fresco.

PREPARAZIONE

Chiudere la pasta a forma di tortello e cuo-

Preparare l’impasto classico della pasta

cere in abbondante acqua salata bollente. In

all’uovo e lasciarla riposare in frigorifero per

un piatto fondo versare la vellutata di grana

almeno 30 minuti. Tagliare in piccoli pezzi il

padano, disporre a cerchio i ravioli, aggiun-

caciocavallo e scioglierlo con 100 ml di latte

gere una pallina di gelato di gorgonzola al

fino ad ottenere una crema densa e omo-

centro e decorare con la cialda di caciocaval-

genea. Stendere in modo sottile la crema su

lo, basilico e pomodori secchi.

50


ILARIOVINCIGUERRA

Oro di Napoli INGREDIENTI

PREPARAZIONE

g. 200 di ricotta

Amalgamare gli ingredienti indicati nella pri-

g. 90 di zucchero

ma parte delle dosi nella sequenza indicata

l. 0,30 di crema pasticcera

facendo attenzione a non formare grumi.

g. 300 di grano cotto per pastiera

Riempire gli stampini di silicone e abbattere di

g. 200 di arancia candita

temperatura in freezer. Preparare uno scirop-

buccia di 1/2 limone e arancia

po con acqua e zucchero. Aggiungere l’oro,

2 gocce di essenza di fiori d’arancio

la gelatina vegetale e amalgamare con cura.

cannella in polvere

Immergere il ripieno congelato nello scirop-

liquore Strega

po, scolare e far riposare in frigo per almeno

2 tuorli

mezz’ora. Servire su un biscotto di pasta frolla.

ILARIO VINCIGUERRA RESTAURANT Per la gelatina d’oro acqua zucchero oro in polvere gelatina vegetale

tiene Profumo a temperatura e chiude le sensazioni gustative con la relevè finale del gin tonic. Si prosegue: Norvegia Pestum, è merluzzo ammollato e massaggiato con olio extravergine d’oliva a 42°C su spuma di latte di provola e riso soffiato; pizzetta di scarola con salsa di acciuga e gocce di salsa ai pinoli; carne cruda con kumquat ripieno di foie gras; eliconi con pomidorini piennoli e ventresca di tonno; spaghetti su crema di scarola e colatura di alici; triglia con salsa di soja, pioppini essiccati e melone bianco; costine di agnello dell’Aragona

allevato a ghiande e mais, con patate viola e spuma di senape. Si chiude con sfiziosità a non finire, savarin con crema, rocher, zucchero filato, lecca lecca di cioccolato bianco e ciliegia. Poi anche l’Oro di Napoli, oro su un letto nero, elegante mini rivisitazione della pastiera napoletana, da mangiare in un solo boccone. Quindi, ed è coup de thèatre, uovo di cioccolato lasciato cadere dall’alto su un piatto a specchio al centro del tavolo, che si scompone in altre sorprese dolci. Tutto buono. Tutto gustoso. Tutto sapiente. Di sapore spettacolare il merluzzo con latte di

Via Roma 1 - 21013 Gallarate (VA) Tel. 0331 791597

www.ilariovinciguerra.com eventi@ilariovinciguerra.it

Il ristorante chiude la domenica sera e il mercoledì tutto il giorno

bufala. Da ricordare gli eliconi con la ventresca. Menu degustazione da 80 a 160 €: menu napoletano tradizionale da 75 €. Bevande escluse.

LO CHEF SARÀ PRESENTE A FOOD FACTOR RHEX - RIMINIFIERA PAD D7 LUNEDÌ 25 GENNAIO ALLE ORE 14

51


GOURMETFOOD

LA GRANDE CUCINA DI

CASA PERBELLINI CON STELLE E BLUE JEANS Alessandra Meldolesi foto di Aromi Creativi

di

Una porticina in piazza San Zeno, a pochi passi dalla basilica romanica, in uno dei luoghi più amati dai veronesi. Il dito sul campanello e dietro la soglia braccia pronte ad afferrare il soprabito con un sorriso. I pochi tavoli sono sgombri seppur prenotati: l’apparecchiatura, sobria ed elegante, inizia quando l’ospite ha infilato le ginocchia sotto il piano di legno, presto rivestito di tovaglia. Come in una casa, secondo il mantra del ristorante, che si chiama appunto “Casa Perbellini”: un progetto lungamente covato dallo chef di Bovolone, che gli ha infine dato vita il 16 dicembre 2014, veleggiando quindi verso il primo anniversario. “Ci pensavo da 3 anni, senza risolvermi a compiere il passo definitivo. Dopo aver visitato diverse location, sono arrivato qui in Piazza San Zeno. Gli spazi erano un po’ risicati: 190 metri quadrati al posto dei 1000 cui ero abituato, ma l’architetto mi ha convinto. Abbiamo unito il vecchio negozio di un fotografo con un bar storico, il Mascaron, e siamo partiti”.

52

L’atmosfera è cambiata non poco rispetto all’ovatta dorata di Isola Rizza, nella quale continua ad affondare i tacchi la signora Paola. Da un due stelle con tutti i crismi del caso, abitato per ben 25 anni, a un concept innovativo e, si direbbe, anticonformista, che ha circonfuso di calore e intimità le creazioni un po’ algide di quello che è il più grande cuoco classico italiano. La cucina non è solo a vista ma completamente aperta, con la quarta parete d’aria aspirata ininterrottamente dalla cappa: vi si affaccenda una brigata giovane e affiatata, guidata dallo chef che, dopo avere preso le comande, spadella qualche primo e rifinisce al pass, e dal suo secondo Giacomo Sacchetto, per 4 anni a Isola Rizza e poi spalla di Norbert Niederkofler; sono tutti abbigliati in modo originale con un grembiule allacciato in vita, gilet, camicia bianca e un berretto sulle 23, come garzoni di una vecchia bottega. Alle loro spalle Casa Perbellini è già finita: neppure un metro quadrato per prestazioni diverse dalla plonge


CASAPERBELLINI

53


GOURMETFOOD

e nessun segreto per gli ospiti, che proprio come avviene privatamente, assistono alle pulizie dei piani di lavoro da parte dei cuochi, durante e dopo il servizio. Uno scambio di sguardi e informazioni favorito dalla postazione leggermente infossata della fuoriserie De Manincor, tutta plancha e induzione, dentro un golfo mistico che suggerisce ambizioni spettacolari. Né va diversamente in “sala”, dove è all’opera un personale altrettanto giovane, in scarpe da tennis e bluejeans per una sensazione di familiarità. Con Barbara Manoni a dirigere e Manuele Menghini a custodire la cantina,

54

ubicata al piano inferiore. Da perfetto padrone di casa, Perbellini ha progettato la sua cucina su misura per questi spazi, si direbbe quasi al centimetro, facendo di necessità virtù. In mancanza delle consuete celle frigorifere, con le pile dei sacchetti sottovuoto in attesa della rigenerazione miracolosa, le preparazioni sono tutte espresse, con l’eccezione della demi-glace. Gli altri fondi vengono preparati ogni mattina, dopo l’arrivo delle forniture, a garanzia di una freschezza assoluta che all’assaggio non passa inosservata: lo stesso modus operandi del ristorante di Perbellini a Hong Kong.

CARTA RIDOTTA, GUSTO AMPLIFICATO Di conseguenza anche la carta è ridotta, come si conviene alla domesticità del concept, ma innovativa nelle sue formule, sottoposte a variazione mensile per tenere il passo con il calendario e la volatilità dei frigoriferi. Potendo attingere da un paniere ridotto e iperstagionale di ingredienti, Perbellini li assembla in una trentina di piatti, leggermente meno complessi del passato, quasi che la metratura costringesse a concentrarsi sull’essenza.


CASAPERBELLINI

Ne ricava due menu degustazione, incardinati su pochi emblemi dell’air du temps. Chi sceglie… prova: in cui l’ospite è chiamato a selezionare una coppia di ingredienti in una rosa di 4 (al momento topinambur, merluzzo, vitello e mazzancolle), che determineranno altrettante portate del percorso (110 euro), e Assaggi, che comprende alcune icone dello chef, come il wafer al sesamo con tartare di branzino e liquirizia, capolavoro della cucina contemporanea per quel cucchiaio intinto nella liquirizia che è food design puro; la quenelle di zabaione ghiacciato al caviale affumicato, epitome di pastic-

55


foto Serrani/Brambilla per Giunti

GOURMETFOOD

Ravioli

di patata acida, macedonia di pesci marinati e caviale INGREDIENTI per 4 persone

PROCEDIMENTO

FINITURA

g. 200 di pasta per ravioli, 3 calamari, 4 gamberi,

Per il ripieno, preparare un purè con le patate,

Disporre i ravioli su un piatto “teso” tenendoli

8 scampi, 8 lamelle di branzino crudo, 8 lamelle

la panna e il latte, quindi, una volta raffred-

ben distanziati l’uno dall’altro e spolverare

di dentice crudo, caviale Sevruga q.b., julienne

dato, mantecarlo con il caprino e il succo di

con l’erba cipollina tritata. Decorare con il

di pomodoro confit q.b., olio extravergine d’oliva

limone, regolando di sale. Tagliare a julienne i

pesce e i crostacei, quindi con i pomodori

q.b., burro q.b., erba cipollina q.b., g. 20 di prezze-

calamari, a lamelle i gamberi e a metà gli scam-

confit, qualche goccia di olio di prezzemolo

molo, olio di prezzemolo q.b., germogli q.b.

pi; affettare il branzino e il dentice a carpaccio

e, a piacere, il prezzemolo tagliato a filanger.

sottile, quindi condire il tutto con sale ed olio

Mettere un po’ di caviale su ogni raviolo e

Per il ripieno

extravergine d’oliva. Con la pasta, confeziona-

guarnire con qualche fogliolina di germogli di

g. 100 di patate, g. 50 di panna, g. 50 di latte,

re dei ravioli tondi e farcirli con il purè di patata

prezzemolo.

g. 50 di caprino di latte vaccino, g. 40 di succo di

acida. Cuocerli in acqua, poi passarli in padella

limone, sale q.b.

con del burro spumeggiante.

56


CASAPERBELLINI

ceria e cucina che varia elegantemente il tuorlo degli zar, e (non sempre) il guanciale di vitello brasato, finalmente salvo dall’ubiquo e soffocante sacchetto di plastica (7 portate a 135 euro). Ma ci sono anche il Veloce delle 7, rivolto al pubblico dell’Arena di Verona, e la formula del pranzo annunciata a voce, che costa 50 euro; in stagione, come adesso, il menu di 3 portate dedicato al “tartufo… italiano”, quindi di Alba e non solo, con 3 piatti e 2 dessert, stuzzichini e friandises a 180 euro.

DA BERGESE A PARACUCCHI, PASSANDO PER LA FRANCIA

foto Serrani/Brambilla per Giunti

Per lo chef, l’occasione per accomodare a tavola le due figure di riferimento della sua carriera, iniziata nella pasticceria di famiglia e deviata nel salato all’alberghiero di Recoaro Terme, frequentato con Carlo Cracco. In primo luogo Nino Bergese, fondatore della

cucina di quel San Domenico dove Perbellini si è formato alla classicità, dopo avere attraversato istituzioni veronesi come il Marconi e i 12 Apostoli. Un grande cuoco di casate nobiliari, quindi, convertito alla ristorazione dalle circostanze della vita, interprete di

una cucina borghese nel senso tecnico della parola, cioè praticata privatamente, che attingeva a piene mani dal precedente repertorio in termini di ricette e soprattutto pratiche. “Trovare una brigata di 14-15 elementi, rispetto ai 3 cuochi dei 12 Apostoli, che facevano il pane due volte al giorno, stampavano quotidianamente il menu e mantecavano il gelato mattina e sera, mi ha fatto entrare in confusione. In quegli anni Imola era l’avanguardia: il salto in Francia è stato naturale”. Quindi Bernard Pacaud, chef dell’Ambroisie di Parigi, ristorante dove Perbellini ha fatto tappa in Francia, insieme al Taillevent, alla Terrasse de Juan-Les-Pins et allo Château d’Esclimont. Anche in Place des Voges erano sconosciute le tecniche di conservazione che hanno ormai dilagato: la spesa a Rungis era quotidiana, al pari della linea e di piatti spesso estemporanei, destinati a non ricorrere più. “La mia però è una cucina risolutamente italiana, che si fonda su icone quali la pasta e il risotto. Il mio terzo maestro è anzi Angelo Paracucchi, di cui ho assorbito gli insegnamenti per la mediazione di Alberico Penati. Il più grande interprete delle nostre tradizioni, pioniere del mercato e talent

57


foto Serrani/Brambilla per Giunti

GOURMETFOOD

Risotto

mantecato al leggero profumo di cannella e maialino da latte cotto allo spiedo INGREDIENTI per 4 persone

PROCEDIMENTO: marinare per 2 giorni le

per 40 minuti. Tostare il riso a secco, bagnare

2 costicine di maialino da latte (del peso massi-

costicine del maialino con olio extravergine

con del brodo, lasciare cuocere per 10 minuti

mo intero di hg. 4,5), g. 280 riso vialone nano,

d’oliva, vino bianco, rosmarino, aglio e allo-

sistemando di sale, poi aggiungere le verdure.

g. 30 di carote, g. 20 di porri, g. 30 di coste di

ro. Levarle dalla marinatura, salarle, peparle,

A cottura ultimata, mantecare al burro, parmi-

sedano, g. 80 di parmigiano grattugiato, l. 1 di

metterle sottovuoto insieme ad un filo di olio

giano e un filo di cannella. Levare le costicine

brodo di gallina, demi-glace neutra di vitello q.b.,

extravergine d’oliva e cuocerle a bagnomaria

dallo spiedo, disossarle e tagliarle a dadi.

g. 40 di burro, cannella q.b., vino bianco q.b.,

per 10 ore a 70°C.

rosmarino, aglio, alloro q.b., olio extravergine

Poi raffreddare in acqua e ghiaccio. Tagliare a

FINITURA: disporre il riso nel piatto e sistemar-

d’oliva q.b., sale e pepe q.b.

brunoise le carote, i porri e il sedano, quindi

vi sopra i dadi di maialino. Terminare la prepa-

tostarli leggermente nel burro. Prima di pre-

razione accompagnando con una demi-glace

parere il riso, porre le costicine sullo spiedo

ridotta di vitello.

58


CASAPERBELLINI

scout di eccellenze alimentari. Dimenticato da tutti”. Il suo è un classicismo in bluejeans, mai così poroso alle istanze della contemporaneità. Vedi la spuma acida di patate con mandarino, chips e spinaci appena saltati (foto sopra qui a lato), che sembra anticipare quanto cova in cucina: la trasfigurazione di sapori familiari, irriconoscibili nella loro rarefazione gustativa, con la ferrosità vegetale che riequilibra note acide e dolci e un’attenzione particolare per il pubblico dei vegetariani. Lo scampo con maionese di polenta emulsionata alla trippa di baccalà e crumble “virtuale” di seppia al nero, epitome del Veneto che sublima la voga dello scarto zero, oppure un secondo che è il primo classico di Casa Perbellini: la quaglia rosolata alla plancha e affumicata per la “continuità del gusto” (foto qui sopra), con qualche goccia di purea di pistacchi per l’untuosità, il pomodoro confit per la dolcezza e la leggera acidità, il Parmigiano per la rotondità. Per accompagnarli è a disposizione una selezione di 84 etichette italiane e 164 internazionali, principalmente francesi: per esempio una bella verticale di Soave Pieropan, bandiera del territorio insieme a Vicentini; Oltralpe Armand Rousseau, Domaine Leflaive e altre chicche strappate in Borgogna. Né mancano i percorsi della casa, con una selezione di calici che può costare 50, 80 o 120 euro.

e partecipano alla messa a punto delle nuove carte con indicazioni circostanziate durante una tappa lunga 48 ore. La scelta del resident chef è caduta su Federico Belluco, giovane creativo di Torino cresciuto a Casa Vicina, con Quique Dacosta e Andrea Berton, prima dell’approdo a Casa Perbellini. “La proprietà cercava una cucina gourmet di impronta veneta ed è di prossimità l’80% degli ingredienti che utilizziamo,

dal pesce di Rialto ai peperoni del Cavallino e alle castraure di Sant’Erasmo, anche se i problemi di approvvigionamento via mare non mancano. Pian piano stiamo sviluppando una cucina più nostra, sotto il segno dell’italianità che può cercare una clientela internazionale, per esempio in un grande spaghetto al pomodoro. Con Federico stiamo lavorando proprio adesso alla nuova carta, che includerà le animelle marinate all’anice stellato e impanate, servite con radicchio trevigiano, e un risotto all’aringa con mais scoppiato, sulla falsariga della polenta più povera, che stiamo ancora sistemando”.

CASA PERBELLINI

P.zza San Zeno, 16 - 37123 Verona Tel. +39 045 8780860

www.casaperbellini.com

IL DOPOLAVORO A VENEZIA Nel presente di Perbellini però c’è anche il gastronomico puro dello splendido Dopolavoro dell’Hotel Marriott, sull’Isola delle Rose a Venezia. Ben più di una consulenza, se è vero che tanto lo chef che Sacchetto passano ogni due settimane, fermandosi tutto il giorno per sperimentare il servizio,

59


Buone Nuove

le novità del mese

LE CONFETTURE DELL’AGRICOLA PERINA ROBERTO & EMILIO

BN

L’Agricola Perina Roberto & Emilio è una piccola realtà a conduzione familiare che si trova a Verona dove viene gestita, con passione, da Roberto Perina e dal figlio Emilio. Ogni anno, su un terreno di 6 ettari, l’Agricola Perina coltiva direttamente circa 50 quintali di ciliegie e circa 250 quintali di kiwi; il resto della frutta viene acquistato da produttori di fiducia che garantiscono un’alta qualità in ambienti ecosostenibili. Particolare menzione per le pesche sciroppate e per le confetture artigianali di ciliegie, albicocche e pesche confezionate in vasetti da 300 grammi che sono un concentrato di freschezza, profumi naturali e sapori antichi derivanti da un procedimento di lavorazione che, pur adoperando moderne tecnologie, segue i procedimenti delle nostre nonne.

Info: Tel. 045.582318 (fax 045.582318) - rperina@libero.it

“IL CASOLARE” DI FARCHIONI

BN

La linea “Il Casolare” di Farchioni si arricchisce di tre proposte: l’olio extravergine di oliva Il Casolare Grezzo Naturale, estratto a freddo per lasciare inalterato nel tempo il colore verde ed il sapore decisamente fruttato; il Fruttato Intenso per i consumatori che prediligono gusti forti; il Casolare Biologico estratto a freddo che proviene da olive coltivate in un ambiente naturale e controllato da ICEA, imbottigliato come esce dal frantoio.

www.farchioni.com

I QUATTRO NUOVI GUSTI DELLE RICE BAR

BN

Già proposte in due tipologie (ai frutti rossi e con nocciole, fave di cacao e semi di lino), le Rice Bar realizzate con riso integrale si arricchiscono di quattro nuovi gusti: prugna, semi di zucca e bacche di goji; cocco, fave di cacao e semi di girasole; cocco, papaya, banana e ananas; fichi, mandorle e semi di lino. Le barrette gliAironi, nate in collaborazione con Marco Bianchi - cuoco per vocazione e divulgatore scientifico nella squadra del professor Umberto Veronesi - traggono la loro semplicità e naturalezza dall’essere prodotte con pochi ingredienti (riso integrale, sciroppo di riso, frutta secca e semi) e sono state ideate per rispondere a un’esigenza di mercato privo, sino alla loro introduzione, di un sostitutivo del pasto di questa tipologia, così attento ai valori salutistici. Senza zuccheri aggiunti e senza glutine!

www.gliaironi.it

60


GOURMETFOOD

RISTORANTE

LIDO 84

L’ATTUALITÀ DELLA CUCINA DI CAMANINI

di

Simone Rosti

Ci vuole coraggio ad abbandonare una strada sicura per un’avventura tutt’altro che certa. Ma se si è consapevoli che la propria spregiudicatezza sia bilanciata dalle proprie capacità, allora è il momento per farlo. Così lo chef Riccardo Camanini, dopo la proficua esperienza a Villa Fiordaliso, qualche anno fa ha fatto il grande passo rilevando il ristorante Lido 84. Siamo sul lago di Garda, darsena di Gardone Riviera, in un conteso da sogno. Il locale è di grande impatto, una sala solare e luminosa direttamente sul lago, una grande comfort cuisine a vista, uno spazio esterno suggestivo, quindi un luogo che crea aspettative elevate. Ma possiamo dirlo ormai con certezza: Camanini ha vinto la sua scommessa guadagnando riconoscimenti (su tutti l’ambita stella Michelin) tra cui il nostro a pieni voti. Plauso innanzitutto per un menù degustazione ricco a un prezzo ormai introvabile (48 €) soprattutto se rapportato al livello del locale, poi per le scelte effettuate.

61


GOURMETFOOD

Nel suo progetto Camanini sembra essere partito da idee molto chiare in merito alla gestione della sala, affidata a personale che sa unire professionalità e cortesia non ingessata, una sala moderna che riesce a creare feeling con un pizzico di ironia e sorrisi non di circostanza. I giovani addetti ci narrano letteralmente i piatti, anche con quel velo di emozione che rende tutto più genuino e gradito. Tornando alla cucina, diciamo subito che siamo di fronte ad uno chef in grado di dosare, di giocare, di catturare le percezioni gustative con elementi complessi, ma ben bilanciati. Dopo i divertissement delle cialde di parmigiano e quinoa soffiata, si comincia con la tartare di pesce persico con crema di sedano rapa e liquirizia, una portata da degustare in composto raccoglimento. A seguire un risotto perfettamente eseguito a base di stracchino e sarde di lago alla brace. Un’autentica prodezza le tagliatelle di grano Kamut al burro di spiedo d’anguilla, polenta e arancia: anche qui pochi e nettissimi ingredienti che colpiscono i sensi. Capriole gustative con il pescato del giorno (il dotto) con brodo d’alga, cozze Niedditas e semi di lino! In conclusione una portata di carne con

62


RISTORANTELIDO84

Anguilla

alla brace, crema di aglio dolce INGREDIENTI per 4 persone 4 filetti di anguilla marinati e successivamente affumicati, crema di aglio dolce q.b. Per la marinata: g. 500 di aceto di groppello, g. 500 di vino bianco, g. 200 di zucchero semolato, g. 100 di sale fino. Per la crema d’aglio dolce: g. 120 di aglio sbianchito sette volte, g. 220 di panna, sale q.b. PREPARAZIONE Bollire l’aglio sbianchito nella panna e, una volta cotto, frullare il tutto fino ad ottenere una crema liscia e omogenea. Sfilettare due anguille e ricavarne 4 filetti regolari. Marinare i filetti per circa cinque ore e successivamente farli asciugare in un panno per una notte intera. Con ognuno dei filetti formare un rotolo e fissarlo. Affumicare fino ad ottenere una doratura uniforme e una consistenza fondente al tatto. Servire con la crema d’aglio dolce e delle foglie di ruta.

la quale lo chef sembra volerci dire che la grande cucina parte dalla scelta delle materie prime e dalla tecnica di preparazione; e qui, con questa strepitosa guancia di manzo brasata con purea di patate ce lo dimostra in maniera esaustiva. Quella di Camanini è una cucina fresca, essenziale, che emoziona senza necessariamente sbalordire, sempre in bilico fra semplicità e complessità, insomma una

63


cucina contemporanea dove gli ingredienti si impongono, seppure con discrezione, in una sorta di “confort zone” dove si vorrebbe sostare a lungo. Al momento del dessert lo chef cala due assi da maestro: una torta di rose (una specie di brioche, foto a lato) da intingere in uno zabaione al Vov (naturalmente home made) con limoni del Garda e un gelato al fior di latte di mucche nostrane (in assoluto il più buono di sempre)! Anche l’assenza della pasticceria classica sostituita da una spiazzante tortina di nocciole, senza glutine né lattosio, dice tutto su Camanini e la sua lucidità di pensiero. Sulla carta dei vini, nulla da eccepire, a partire dal mondo della Franciacorta esplorato nelle sue migliori direttrici.

RISTORANTE LIDO 84 Corso Zanardelli, 196

25083 Gardone Riviera (BS) Tel. 0365 20019

www.ristorantelido84.com info@ristorantelido84.com

64

Torta di rose INGREDIENTI per 16 persone kg. 1,040 di farina doppio 0, g. 250 di latte, g. 106 di burro bio, g. 300 di tuorli freschi, g. 200 di zucchero, g. 15 di lievito di birra, 1 vaniglia, g. di sale, burro, zucchero montati tpt (kg. 0,4 di burro bio e kg. 0,4 di zucchero per 12 persone). PREPARAZIONE Impastare gli elementi per 8 minuti velocità 1 tranne il sale, quindi aggiungerlo, impastare per altri 8 minuti a velocità 2. Riposare una notte in frigo. Formare per il taglio un rettangolo 40 centimetri di base, per 30 centimetri di altezza, sul quale stenderemo il burro morbido, tagliare a metà per l’altezza e ogni 5 centimetri per la base. Cuocere dopo la lievitazione a 168°C misto vapore 35% di umidità, ventola a 3 per 18 minuti.



GOURMETFOOD

ER

LA CACCIAGIONE SECONDO

ERRICO

RECANATI foto di

StudioGraf

“Gira sui ceppi accesi lo spiedo scoppiettando” da oltre cinquant’anni, all’ingresso del ristorante Andreina di Loreto. La tradizione avviata da nonna Andreina e difesa da mamma Ave, trova oggi brillanti interpretazioni attraverso la rilettura del giovane erede Errico Recanati, che a questo storico locale marchigiano ha regalato nuova fama e splendore.

66


ER ERRICORECANATI

Facciamo un’

Oliva all’Ascolana di capriolo

INGREDIENTI Per l’orzo perlato g. 120 di battuto di carne di capriolo farina di olio d’oliva tenera ascolana 2 pezzi di pane cotto a legna a lievitazione naturale PROCEDIMENTO Battere finemente la carne cruda di capriolo e farne delle palline. Disidratare le olive per ottenere la farina di olio d’oliva tenera ascolana. Tagliare il pane con un coppapasta del diametro di 2 centimetri e friggere nell’olio di arachidi.

67


GOURMETFOOD

ER 68

Mezze maniche

con cicorietta selvatica e ragù di cinghiale INGREDIENTI Per il ragù: sedano, carota, cipolla, g. 500 di coscia di cinghiale, rosmarino, timo, salvia, 2 bacche di ginepro, 2 foglie di alloro, sale e pep q.b. ESECUZIONE Preparare un fondo di sedano, carote, cipolla ed erbe aromatiche. In una pentola di ferro spadellare vigorosamente il cinghiale

tagliato a cubetti e poi inserirlo nel fondo realizzato precedentemente. Portare a cottura con brodo vegetale. Aggiustare di sale e pepe. Per le di erbe di campo: g. 100 di erbe di campo sbianchite, g. 300 di acqua, sale e pepe q.b., olio all’aglio, agar agar, l. 0,5 di olio di semi. ESECUZIONE Preparare mezzo litro di olio di semi e congelarlo. Frullare l’acqua e le erbe di campo, setacciare e poi aggiungere sale, pepe e olio all’aglio a piacere. Per ogni 100 grammi aggiungere 1 grammo di agar agar. Portare a ebollizione. Lasciare stemperare a temperatura ambiente per un paio di minuti. Quindi prendere il composto preparato precedentemente, inserirlo in una siringa e spruzzare il liquido all’interno dell’olio con movimenti circolari. Scolare con un passino e poi sciacquare in acqua fredda.


ERRICORECANATI

Gnocco

di patate viola ripieno di stracotto di lepre con salvia e mirtilli INGREDIENTI Per lo stracotto di lepre: g. 600 di polpa di lepre, g. 100 di sedano, g. 100 di carota, g. 100 di cipolla, 1 rametto di timo, 1 foglia di alloro, 1 spicchio di aglio, 1 rametto di rosmarino, g. 100 di pomodori pelati, brodo vegetale di verdure, olio extravergine di oliva mignola, sale e pepe q.b.

Terminata la cottura, filtrare il fondo di cottura e tagliare a quadratini la carne. Amalgamare il fondo di cottura filtrato insieme con i quadratini di carne, il pecorino grattugiato, una grattata di noce moscata e regolare di sale e di pepe. Inserire la farcia nello gnocco, girarlo fra le mani per chiuderlo, facendo molta attenzione affinché non si rompa o in

modo tale che l’impasto non fuoriesca. Cuocere gli gnocchi in abbondante acqua salata e scolarli non appena verranno a galla. MONTAGGIO DEL PIATTO Mantecare in una pentola gli gnocchi con burro fuso e salvia; distribuirli sui piatti da portata e decorare con i mirtilli.

Per lo gnocco di patate: kg. 1 di patate viola, 1 uovo, g. 800 di farina 00, 1 ciuffo di salvia. Per decorare: g. 200 di mirtilli. ESECUZIONE Per lo gnocco di patate: cuocere al vapore le patate a 100°C per 40 minuti circa. Pelarle, passarle allo schiacciapatate e lavorarle con la farina setacciata, l’uovo, 1 pizzico di sale e 1 di pepe. Con l’impasto ottenuto formare delle palline della grandezza di una noce e praticare una pressione al centro di ogni gnocco in modo da ricavarne uno spazio per 1 cucchiaino di impasto. Per lo stracotto di lepre: in una pentola scaldare un filo d’olio e rosolare in maniera uniforme la polpa di lepre legata con spago alimentare. Aggiungere il sedano, la carota, la cipolla, l’aglio e il rosmarino. Aggiungere 100 grammi di pomodoro pelato e cuocere per 2 ore circa versando, di tanto in tanto, il brodo vegetale bollente a mestolate.

69


GOURMETFOOD

ER

Patè

di caccia come un lollipop croccante INGREDIENTI Per il patè: 2 pernici, 2 quaglie, cipolla, sedano, carote, g. 250 di strutto, salvia, rosmarino, alloro. Per la decorazione: germogli di finocchio, senape selvatica. PROCEDIMENTO Per il confit di cacciagione: preparare un fondo di cipolla. Sezionare le carni e aggiungerle al fondo già cotto. Unire poi sale, pepe, rosmarino, salvia, aglio e scorzette di limone non trattato. Coprire con il lardo, poi farlo cuocere per 45/50 minuti a fiamma molto bassa con un coperchio. Setacciare e il patè risulterà pronto. Con l’aiuto degli stampi da lollipop fare delle palline per il cuore del lollipop. Mettere la pallina di patè su uno stecco da lollipop. Per l’esterno del patè: g. 100 di pane nociato, g. 200 di acqua, gomma di kappa, sale e pepe q.b., pane vociato per guarnizione.

70

PROCEDIMENTO Frullare l’acqua e il pane e filtrare. Per ogni 200 grammi di succo, aggiungere 2 grammi di kappa. Far bollire e aspettare che si addensi. Immergervi il lollipop di patè e poi passarlo nel pane precedentemente tostato e tagliato a cubetti piccoli.


ERRICORECANATI

Pentole e tegami sono di Pentole Agnelli.

71


GOURMETFOOD

PEDRO MIGUEL

SCHIAFFINO LO CHEF DELLA FORESTA AMAZZONICA di

Flavia Tomaello

Pedro Miguel Schiaffino è vissuto, ha lavorato e ha studiato per cinque anni in Italia, dove ha forgiato la sua tempra di cuoco. In seguito, tornato a Lima, ha compiuto numerose ricerche, alla scoperta della foresta amazzonica. Il risultato è una sorprendente gamma di ingredienti che nemmeno gli stessi peruviani avevano mai sentito nominare. E di piatti unici al mondo.

Appartenente a una generazione di chef peruviani che hanno ricevuto riconoscimenti di alto livello, Pedro Miguel Schiaffino è riuscito, nondimeno, a prendere le distanze dai suoi colleghi, grazie a una tenace e continua ricerca su uno degli aspetti meno conosciuti della cucina del suo Paese: parliamo dei cibi provenienti dalla foresta amazzonica, con i suoi ingredienti, le sue ricette e i suoi colori. Schiaffino nasce a Lima nel 1976. Fin da piccolo frequenta le cucine di casa: la nonna paterna – che Pedro considera come colei che lo ha maggiormente influenzato nella decisione di dedicarsi alla gastronomia – passava ore intere a preparare succulente prelibatezze, mentre la nonna materna migliorava giorno dopo giorno la sua esperienza come pasticcera. Suo padre lavorava in una macelleria. E come se non bastasse, da ragazzo Pedro passava molto tempo nella casa di famiglia presso il balneario di Punta Hermosa, dove alternava alle sue lezioni di surf e di pesca subacquea, le lunghe chiacchierate con i pescatori e gli artigiani del luogo. Dopo le scuole superiori, a metà degli anni ’90, la decisione era

72

bell’e presa: e così ha inizio il suo percorso presso il Culinary Institute of America (CIA) di New York, per poi proseguire in Italia presso l’Italian Culinary Institute for Foreigners, che si trova a Costigliole d’Asti. Rimane in Italia per cinque anni e apprende le prime tecniche direttamente sul campo, come cuoco, in locali come Dal Pescatore, sotto la supervisione della geniale Nadia Santini, o presso la Locanda dell’Angelo. E’ però nel ristorante Pinocchio che conosce il suo guru: Piero Bertinotti. Lo storico chef stellato nato a Correggio è colui che gli insegna – come racconta lo stesso Schiaffino – che “la cosa principale in ogni cucina è avere i migliori prodotti; da lì derivano poi la tecnica e lo stile”. Al suo ritorno in Perù, nel 2002, inizia a lavorare con il massimo fervore nei migliori ristoranti di Lima. All’inizio presso La Gloria e in seguito nell’Huaca Pucllana, entrambi nel quartiere di Miraflores. In quest’ultimo locale inizia a mettere in pratica l’idea che successivamente lo catapulterà verso la fama internazionale: l’uso degli ingredienti andini e amazzonici. Risulta tale l’interesse risvegliato attraverso questi esperimenti iniziali che, dopo poco,


PEDROMANUELSCHIAFFINO

73


GOURMETFOOD

decide di trasferirsi nel mezzo della foresta amazzonica, a Iquito, per studiarne a fondo tutte le possibilità, la consistenza dei cibi, i sapori, i colori. Ci rimarrà per un anno intero.

DALLA FORESTA ALLA TAVOLA Nel marzo 2004 realizza il sogno di aprire uno spazio proprio nel quale poter valorizzare e presentare gli ingredienti peruviani come i principali protagonisti del suo progetto gastronomico. Apre così le sue porte il Malabar (situato in Avenida Camino Real 101, nel quartiere di San Isidro), dove mette in pratica l’immensa informazione raccolta durante la sua ricerca in Amazzonia, nonché il lavoro fatto a stretto contatto con le comunità della foresta e con i produttori locali. “Il menù, con i piatti e gli abbinamenti che lo compongono, è il risultato finale di un lungo processo che culmina con l’elaborazione di quattro menù all’anno, secondo i prodotti freschi di stagione”, spiegano i creatori nel presentare questo ristorante. E aggiungono: “Tale processo gastronomico può, sì, trovar luogo nella cucina del Malabar, tuttavia lo si intende come un processo che ha le sue origini ben

lontano da essa, visto che in questa idea si ritrovano tutti i concetti necessari allo scopo di rendere omaggio all’ingrediente e a tutte le persone che ne hanno reso possibile il suo utilizzo”. I suoi colleghi di lavoro descrivono Schiaffino come colui che “usando l’Amazzonia come punto di partenza, e unendovi la sua caratteristica autenticità e la sua pura intuizione, è riuscito a tracciare un percorso personale nel quale unificare le sue proprie idee di base: la passione per la cucina (tale da mettere in evidenza la ricca riserva del Perù) e il suo amore per la natura”.

74

SORPRENDERE LOCALI E STRANIERI Il primo risultato di Schiaffino è stato quello di aver sorpreso il cliente locale peruviano offrendogli piatti rari con ingredienti coltivati, allevati e raccolti nel suo stesso paese. Radici, molluschi, pesci e frutti dei quali nessuno aveva mai sentito parlare prima di allora, hanno cominciato all’improvviso ad apparire sui tavoli


PEDROMANUELSCHIAFFINO

del Malabar accompagnati da eccellenti presentazioni e con sapori sopraffini. Un esempio per tutti potrebbe essere il merengón de la selva, uno snack dolce con crema di sarrapia (un’essenza di un albero della foresta amazzonica che di solito si usa al posto della vaniglia), la meringa acida di “arazá” (un frutto che cresce in zone molto limitate dell’Amazzonia e che somiglia alla guayaba) e i frutti amazzonici freschi di stagione. Il bar del Malabar è un altro punto di eccellenza di questo locale. Anche qui, gli insegnamenti familiari la fanno da protagonisti: José Antonio, il padre di Pedro Miguel, è infatti l’incaricato della creazione del menù. E’ sempre stato un grande estimatore della storia del pisco e, con la sua partecipazione al progetto, è stato possibile far rivivere un cocktail del passato, il Pisco Punch, che oggigiorno è uno dei grandi protagonisti del menù del bar. Il Malabar, nonostante sia la sua creazione più famosa (di fatto oggi il locale figura nella top list dei 50 “Best Restaurants of the World” e viene presentato spesso ai principali premi culinari del mondo), non è però l’unico locale creato da Shiaffino. La Pescadería (specializzato in pesce e frutti di mare, da cui successivamente lo stes-

so Schiaffino si è allontanato), il Nikita (presso il balneario Asia, a 97 chilometri da Lima, aperto solo durante la stagione estiva) o l’ámaZ (situato in Avenida La Paz al numero 1079 a Lima, fondato nel 2012, specializzato in cibi amazzonici e anch’esso nominato in numerose occasioni nei premi internazionali) portano il suo tocco creativo. Quest’ultimo locale, di fatto, è quello dove Schiaffino ha saputo rafforzare al meglio il suo impegno gastronomico ed elevarlo a vero e proprio centro culturale, per far conosce gli usi e costumi e gli stili di vita della foresta peruviana. In continuo movimento, la sua creatività non conosce sosta. E questa consapevolezza lo porta ad essere certo che la sua prossima ricerca darà sicuramente come risultato un nuovo aroma, un nuovo colore o un nuovo sapore con il quale saprà sorprendere tutti, siano essi stranieri giunti da lontani paesi del mondo - sia pure gli stessi autoctoni, nati a pochi chilometri da dove quei medesimi ingredienti si sono sempre trovati.

RISTORANTE MALABAR

Camino Real 101 - Lima 27 San Isidro - Lima - Peru

Tel. +51 440-5200 / 4405300 www.malabar.com.pe

restaurante@malabar.com.pe

75


76


77


78


79



81


TRAVELFOOD

IL CASE HISTORY DELLA THAILANDIA

ROYAL PROJECT

SIGNIFICA SVILUPPO SOCIO AMBIENTALE E TURISTICO di

Teresa Cremona

In Thailandia il Royal Project è un’iniziativa nata nel 1969, per volere dell’allora giovanissimo re Bhumibol Adulyadej dopo un suo viaggio nel Nord del Paese. In seguito alla visita ai villaggi delle tribù di montagna decise di debellare la produzione di oppio, fortissima nelle zone dette del Tringolo d’Oro, con un‘agricoltura che promuovesse colture remunerative per la popolazione ma anche ecosostenibili. Per la prima volta nel mondo si tentava di sostituire ai campi di oppio, coltivazioni legali. Contemporaneamente si iniziò a portare la luce elettrica in quei villaggi e fu avviato un programma di educazione con scuole dove i bambini delle diverse etnie imparavano la lingua nazionale.

82

Il nord della Thailandia si estende su una superficie di 17 milioni di ettari, (il 33 per cento della superficie totale del Regno) ed è costituito da tre milioni di ettari di pianura, cinque milioni di ettari di altopiano e territori collinari. I restanti nove milioni di ettari costituiscono le ‘highland’ che sono al di sopra dei 500 metri di altitudine. In queste zone montuose, isolate e non sempre facili da raggiungere, abitano le popolazioni Karen, Yao, Akha, Lahu, Lisu, Lanna e Hmong, ciascuna con lingua, tradizioni e abitudini proprie. Attualmente, dopo oltre 30 anni, The Royal Project dispone di centri situati in cinque province, tra queste Chiang Mai, Chiang Rai e Mae Hong Son, con programmi che si concentrano sulla

prevenzione dell’erosione, sui problemi della deforestazione e sulla difesa del fragile ecosistema dell’altopiano. A seguito delle varie iniziative del Progetto Reale ora ci sono diffuse coltivazioni di alberi da frutta, di ortaggi, di fiori recisi, di mais, di soia, di arachidi, di thè, di caffè, ci sono serre specializzate nelle orchidee e nelle piante tropicali, ci sono risaie. Ma sono state realizzate anche strutture per l’ospitalità, resthouse dove si può dormire e ristoranti dove si mangia cucina locale. Queste iniziative hanno positive ricadute, sviluppano attenzione ai problemi dell’ambiente, tengono in vita l’artigianato, danno avvio a piccoli commerci e sono d’aiuto alle economie locali.


ROYALPROJECT

A circa 50 km da Chiang Mae, nel Mae Tra Krai National Park, il Dheen Dhok Royal Project Research è situato ai margini della foresta tropicale. Foresta tropicale di montagna, con coste scoscese, vallate profonde e ruscelli che scorrono nei boschi dove i bambu sono alti come palazzi e le palme aprono ombrelli di imponente diametro. A Dheen Dhok si può dormire e mangiare piacevolmente. Le stanze sono in bungalows individuali molto accoglienti (foto sopra), sono arredate con mobili di fattura artigianale, con servizi moderni e terrazza-veranda con affaccio su una natura tropicale e solitaria. Il ristorante è aperto su 4 lati, protetto da una tettoia di legno costruita a falde secondo lo stile locale; la

cucina è saporita, giustamente esotica e giustamente piccante; il servizio è giovane, ma non manca di efficienza. C’è anche uno shop corner dove si acquistano il thè e il caffè prodotti dalla comunità locale e altri oggetti di piccolo artigianato. A breve distanza dalla città di Chiang Mai, è un’immersione totale nella natura a contatto con popolazioni dalle abitudini antiche. Un modo vero di vivere la Thailandia. Di fronte al ristorante ci sono le serre dove si coltivano le orchidee, simbolo di questo paese, ma non è un semplice vivaio, è piuttosto un centro di ricerca

dove si tentano nuove ibridazioni, si catalogano tutte le specie, si prepara personale specializzato, si insegna alla popolazione come coltivarle e anche come venderle. Tutto il complesso è un esempio concreto della realtà di quel progetto partito nel 1969 per volere di un giovane sovrano. Esistono in Thailandia altri 28 Project sites, ognuno con la sua specificità sia agricola che di accoglienza. In qualcuno si può pernottare come al Doi Tung Lodge dove gli ex alloggio dell’Unità Watershed 31 per la Conservazione della Foresta Reale sono stati convertiti in ospitalità, altri ancora hanno solo il ristorante, qualcuno è più simile ad un nostro agriturismo, altri hanno cabine più simili al campeggio.

83


TRAVELFOOD

TURISMO SOSTENIBILE GESTITO DALLA COMUNITÀ LOCALE Sulla scia di questi progetti reali e nell’ambito della promozione di un turismo sotenibile e in collaborazione con le comunità locali, si è sviluppato anche in Thailandia il CBT Community Based Tourism, un’iniziativa di Turismo Comunitario che ha a cuore la sostenibilità promossa come mezzo di sviluppo sociale, ambientale ed economico con l’offerta di un prodotto turistico gestito dalla comunità, per la comunità e con lo scopo di consentire ai visitatori di aumentare la loro consapevole conoscenza e il contatto con le popolazioni locali. CBT propone programmi turistici da 1 a 3 giorni con passeggiate nella foresta, visite alle coltivazioni del thè e del caffe, cooking class. Attività insomma che danno la possibilità di stare nella natura ma anche a contatto con gli abitanti rendendosi conto di come vivono e di quali sono le loro problematiche. Così da Dheen Dhok arriviamo al villaggio di Mae Kampong, 1200 mt sul livello del mare, 400 abitanti originari della etnia Lanna. Il villaggio ha 200 anni e vive soprattutto della coltivazione di un tipo di thè che si chiama Miang Chai. All’arrivo siamo accolti dal capo della comunità, nella casa comune che è bar, ristorante, emporio, centro sociale, fermata di autobus, luogo d’incontri. Poi le signore del posto ci insegnano a fare cuscini (o meglio a

84

riempirli con le foglie del thè), e a preparare ornamenti floreali. Si sta seduti per terra, tutti insieme, in qualche modo si comunica, a gesti più che a parole. Ci sono persone di tutte le età. E’ un’atmosfera cordiale, di molti sorrisi e risate per la nostra inefficenza. Poichè il programma reale ha insegnato a queste signore l’arte del Thai massage, il rito si compie per noi in modo allegro e comunitario. Si cena molto semplicemente nella casa comune e la giornata finisce sotto un temporale tropicale e con febbrile ricerca di ombrelli. Come da programma, la nostra notte prevede un pernottamento in Homestay che è come dire un B&B, ma in un villaggio sperduto nella foresta. Le case sono in legno (foto in alto), di bella e antica fattura, l’arredo è ultra essenziale con concessioni agli usi occidentali per cui oltre alle stuoie

ci sono anche tavoli e sedie, i servizi sono da campeggiatore, i padroni di casa gentili e più spaesati di noi. Al calar della sera ci dobbiamo abituare agli insoliti suoni della natura… frullii, squitti, fruscii, svolazzi, un pipistrello entra dalle finestre aperte. Ma poi il sonno vince su tutto e al mattino partecipiamo al risveglio del borghetto, poi andiamo al tempio con le offerte e poi in passeggiata fra cascate e risaie. Tutto sicuramente da ricordare. Si ritorna a Chiang Mai e poiché Thailandia è anche hotel di lusso, bagni e massaggi, mercati e shopping, e spiagge... questo è il seguito del viaggio... A Chang Mai il Warorot Market è mercato diurno di frutta e verdura e alimentari, ma è anche mercato di artigianato, di vestiti tradizionali, di tessuti, batik, tappeti. E’ poco turistico e frequentato soprattutto dai locali.


ROYALPROJECT

Il Night Bazaar lungo la Chang Khian Road è una sterminata successione di banchetti che offrono tutti le stesse cose. Sono prodotti cheap, di basso costo e di bassa qualità. Ma l’atmosfera è divertente. E’ impossibile resistere, bisogna immergersi, girare, guardare, contrattare, ma alla fine si trova sempre qualcosa a cui non si può rinunciare. Saturday (Wua Lai) Market. Qui si riescono a trovare anche oggetti di vero artigianato, Ci sono negozi che hanno argenteria cesellata a mano, ci sono bravi artigiani con i

loro manufatti. Chi ha occhio trova cose belle e inusuali. The Anusarn Night Market, in Charoen Prathet Road, è dove le hill tribe espongono i loro lavori artigianali, bracciali, collane, ciondoli anche d’argento e vestiti, giacche, borse sempre ricamati. Sono lavori in serie, ma l’effetto è esotico. Un folclore ancora non invasivo. Chiang Mai è anche famosa per la lavorazione dell’argento e per la ceramica celadon, un tipo di ceramica che fu importata dalla Cina e che ha il colore dell’acqua e della giada chiara.

SITI WEB www.sibsanhotel.com www.shangri-la.com/bangkok/shangrila www.kohsametparadee.com www.snhcollection.com/137pillarshouse www.turismothailandese.it www.kohsametparadee.com www.hrdi.or.th/en/who.../Thailand-Royal-Project

GLI HOTEL IN CHANG MAI The Pillars House è un delizioso boutique hotel. E’ stato la residenza del figlio di Anna Leonowens, la mitica insegnante inglese dei figli del re Chulalongkorn. La sua storia è stata raccontata nel film ‘il Re ed Io’. Pillar House è stata abitata fino al 1927, poi requisita nel 1941 quando i giapponesi invasero

la Thailandia. Dopo un lungo periodo di abbandono è stata restaurata nel 2002 e l’antico bellissimo bungalow in legno di teak al centro del parco è ora il punto focale dell’hotel. Era la casa del soprintendente e ora ospita due sale da pranzo separate, un centro fitness e una esposizione di oggetti che ricordano il passato. Le camere sono ospitate in costruzioni moderne diffuse nel giardino, hanno magnifici pavimenti in legno, mobili coloniali, letti a baldacchino, tutto rivisitato con spirito contemporaneo, bagni sontuosi in marmo e una spaziosa terrazza privata.The Pillar House è adiacente al Khar RhamWat un tempio tailandese di molteplici pagode che è anche sede del Wat Porta Khar Rham Museo.

85


TRAVELFOOD

SibSan Resort Luxury Hotel (foto a destra) è un po’ fuori ChiangMai, è sul fiume Ping e dal bar il panorama è solenne e letterario. Seduti sulla terrazza, vengono in mente i racconti di Conrad e di Somerset Maugham. L’albergo è costruito in stile thailandese, un po’ tempio e un po’ villaggio. Nella grande pagoda centrale c’è il ricevimento, non ci sono pareti, solo esili e colorate colonne, molti divani, tavolini bassi, cuscini. E’ un grande soggiorno, immerso in un giardino e aperto su 4 lati, protetto dal tipico tetto con le falde incurvate agli angoli. Per raggiungere le camere si percorrono passerelle di legno che costeggiano, incrociano, superano sentieri d’acqua dove crescono le ninfee. Al centro della proprietà c’è una grande piscina, bacino centrale di questo ospitalità silenziosa. Le camere sono divise per gruppi e in diversi padiglioni, sono grandi, fasciate di legno, con mobili in stile del luogo, accoglienti e di carattere Le sale comuni sono in stile coloniale, eleganti.

86

VIVERE SULL’ACQUA NEGLI HOTEL A BANGKOK Hotel Shangri La (foto sotto): il fiume è la grande arteria di Bangok, vivo, percorso giorno e notte da imbarcazioni sia moderne che tradizionali, sia merci che passeggeri. Una via d’acqua che non dorme mai. E a Bangok bisogna stare sul fiume e vivere il suo ritmo, ammirarlo nella luce dell’alba e nella magia della notte quando milioni di luci si riflettono raddoppiando nella sua acqua scura. Gli hotel storici di BangKok affacciano sulle sue rive, hanno piscine, imbarcaderi,


ROYALPROJECT

bar, ristoranti e terrazze, belvederi con luci, lanterne, candele e candelieri e cerimoniali di servizio che avvolgono e incantano. Shangri La è un grattacielo moderno, i saloni di rappresentanza sono impressive per altezza, ampiezza, marmi, lampadari, numero di salotti e di personale diffuso ovunque. Ambienti scenografici che giocano il lusso nella vocazione orientale. Le camere sono state recentemente rinnovate e hanno finestre immense affacciate sul fiume, bow windows con divano incorporato dove si sprofonda sui cuscini. Un posto

magico per leggere e guardare il panorama. Naturalmente l’arredamento è elegante, esotico, profuso di legni, di sete, di colori cangianti. L’hotel si è ampliato negli anni e adesso ha un’ala nuova, una seconda piscina, molte terrazze, giardini sull’acqua e gallerie per lo shopping, per le esposizioni, appartamenti ultra lussuosi, aree congressi. Ha ristoranti di cucina cinese, francese, internazionale, all’aperto o al chiuso e soprattutto per tutte le ore. Magnifica la Spa che occupa un’ampia porzione dei nuovi spazi e con personale altalmente qualificato. Servizio impeccabile, come sempre in Thailandia. Paradee Resort Koh Samet (sotto e a destra): Koh Samet è un’isola facilmente raggiungibile da Bangkok, non servono aerei. Solo un’ora circa di autostrada. È larga tre chilometri e lunga sei, ha bellissime spiagge e un mare cristallino dai colori di giada. Dal 1981 fa parte di uno dei sette parchi marini nazionali. L’isola ha un clima particolarmente secco, quindi non ha stagione delle pioggie (al massimo il

87


TRAVELFOOD

cielo è coperto, ma attenzione: il sole scotta ugualmente) e per questo è vivibile tutto l’anno. Per la sua vicinanza a Bangkok, è molto frequentata dai thaillandesi ed offre diversificate soluzioni di ospitalità. Il Paradee Resort è l’hotel più esclusivo dell’isola. Il ricevimeno si fa sulla terra ferma, e contemporaneamente alla registrazione dei documenti bisogna scegliere da un kit con molte profumazioni quella più vicina al nostro gusto, così saponi, shampoo e profumi d’ambiente nella propria camera saranno personalizzati e per ciascuno diversi. Poi le valige sono avvolte in plastiche impermeabili e si è trasferiti su un’imbarcazione privata che, in meno di mezz’ora di navigazione, porta al Resort. L’isola, nella parte dove è il Paradee, ha forma stretta e allungata, e

88

d’inverno si arriva dalla parte sabbiosa dove non c’è pontile, mancanza supplita da un pontile mobile che viene allungato nel mare e così si sbarca comodamente. Personale schierato a salutare l’arrivo e le partenze degli ospiti. La sabbia è finissima e bianca, la vegetazione è lussureggiante anche vicino alla riva del mare. Fiori tropicali ovunque, nei viali che conducono alle stanze, fin sulla spiaggia. Le camere sono ospitate in bungalow individuali o raggruppate in piccole unità. Quelle sulla spiaggia hanno piscina privata, le altre si raccolgono intorno a piscine di ‘quartiere’. Ogni unità ne ha una, come un salotto, una

corte liquida dove ritrovarsi se non si vuole stare nella più frequentata piscina principale. Le camere sono grandi e composte da un doppio ambiente, soggiorno e letto, hanno alti soffitti, sono arredate in stile thai, con divani, nicchie, cuscini, baldacchini e tutto quello che contribuisce a rendere romantico un soggiorno e hanno ciascuna il proprio spazio esteno. Il Bar è sul mare, dove la costa è più rocciosa, è rivolto al tramonto ed è qui che ci si incontra la sera e, mentre il sole cambia colore e scende sull’orizzonte, si accendono le candele, il mare sciaborda piano, il ghiaccio suona nei bicchieri. Peccato che si debba partire.



EVENTI

IL COSTO DEL MENU

COME COSTRUIRLO, COME COMUNICARLO Il ‘fattore costo’ nei menu. Sarà uno dei focus della prossima edizione di RHEX Rimini Horeca Expo, dal 23 al 27 gennaio 2016 a Rimini Fiera, nell’ambito dell’evento Food Factor organizzato da RIMINI FIERA in collaborazione con La Madia Travelfood. Sono numerosi gli chef chiamati a discutere su questo argomento, mediante show cooking durante i quali il pubblico potrà interagire, partecipando alle discussioni. Interverranno, alla luce della loro esperienza, Massimiliano Mascia, stella di prima grandezza, erede del famoso Valentino Marcattilii del ristorante San Domenico di Imola, Ilario Vinciguerra, miglior primo piatto all’olio d’oliva a San Sebastian, chef stellato ormai protagonista indiscusso a Rai 2; Agostino Iacobucci, stella di prima grandezza ai “Portici” di Bologna, Simone Ciccotti, stella Michelin a Perugia, Emanuela Tommolini, che, con la sua cucina vegetariana, è entrata di diritto tra i Jeunes Restaurateurs d’Europa. Accanto a loro altri personaggi di spicco, come il vulcanico ristoratore pugliese Gegè Mangano, autore di una brillante cucina di terra e di mare, il giovane fuoriclasse Mattia Borroni, con la sua splendida cucina di sapori e di grandi idee, Marco Vegliò, con la creativa cucina di pesce del “Galeone” di Fano e il pasticciere bergamasco Stefano Broccoli, esperto in dolci vegani. Per prenotare le lezioni gratuite e con posti limitati, lamadia@lamadia. com. Quello del costo dei menu, il loro equilibrio ed il rapporto qualità prezzo, uniti ad una efficace comunicazione, è argomento che coinvolge tutta la ristorazione, da quella tradizionale a quella vegetariana e vegana, ma anche e soprattutto quella che passa attraverso le espressioni dell’alta cucina, fino all’analisi del costo

90

di ogni singolo piatto, allo scopo di calibrare con precisione le proposte in carta. Un confronto professionale, a più voci, con le esperienze a supporto, è un argomento di assoluta importanza e rappresenta momento di formazione professionale, per superare le frequenti logiche del ‘fai da te’ privo di reale affidabilità. RHEX, che raddoppierà nel 2016 la sua area espositiva (padd. B7 e D7) si svolgerà in contemporanea a SIGEP, il grande salone mondiale dedicato al dolce artigianale, con ampie sezioni dedicate a panificazione, pizza, caffè e relative tecnologie. Il binomio è vincente ed è reduce dallo straordinario successo della passata edizione quando raggiunsero Rimini Fiera oltre 187.000 operatori, di cui il 20% stranieri. COLPO D’OCCHIO SU RHEX RISTORAZIONE 2016 Date: dal 23 al 27 gennaio 2016; Organizzazione: Rimini Fiera Spa; Periodicità: annuale; Qualifica: internazionale; Ingresso: riservato solo agli operatori professionali; orari: 9,30 – 18.30, ultimo giorno 9,30 – 15,00 (15,00 – 17,00 solo con ticket online); direttore business unit: Patrizia Cecchi, project manager: Flavia Morelli; info espositori: tel. 0541/744478 fax 0541/744225; website: www.rhex.it; mail: f.morelli@riminifiera.it PRESS CONTACT Servizi di comunicazione e media relation Rimini Fiera SpA 0541-744.510 - press@riminifiera.it Responsabile: Elisabetta Vitali; coordinatore ufficio stampa: Marco Forcellini; Addetti stampa: Alessandro Caprio, Nicoletta Evangelisti Mancini


FOODFACTORCOST

IL PROGRAMMA DEGLI SHOW COOKING

SABATO 23 GENNAIO Ore

11

STEFANO BROCCOLI Pasticciere vegan La Dolcevita – Bergamo

Si occupa da svariati anni del mondo della ristorazione naturale. Si è formato fin da giovanissimo nell’ambito della cucina macrobiotica frequentando svariati corsi di cucina macrobiotica e successivamente igienistica. Ha continuato per anni a frequentare corsi di pasticceria, cake design e cucina salutistica. Di origini milanesi, da due anni è il pasticcere della pasticceria Dolcevita di Bergamo specializzata in dolci al 100% vegetali. Partecipa alla lezione la testimonial vegan Silvia Bianco.

Ore

14

EMANUELA TOMMOLINI Osteria Esprì Colonnella (TE)

Esprì, il ristorante 100% vegetariano gestito da Emanuela Tommolini, dal 2015 è entrato a far parte della prestigiosa Associazione Jeunes Restaurateures d’Europe diventando il secondo ristorante vegetariano presente nel gruppo, dopo il Joia di Milano, dove la chef ha frequentato uno stage. Oggi Esprì è diventato una realtà con una grande personalità, grazie a scelte coraggiose e a nessun compromesso. Ne parlerà, preparando i suoi piatti con tutti i colori, i sapori e i profumi del mondo vegetale, soprattutto abruzzesi, la stessa chef in una lezione ricca di charme.

DOMENICA 24 GENNAIO Ore

11

MARCO VEGLIO’ Ristorante Il Galeone - Fano (PU)

Considerato uno tra i migliori chef delle Marche, Marco Vegliò è un ragazzo che potremmo descrivere con tre aggettivi: solare, competente e pragmatico, uno che ti guarda, ti sorride ma che poi cerca di parlarti con i fatti. Importanti le sue esperienze in Italia e in giro per il mondo tra le quali citiamo il Pellicano a Porto Ercole e all’Ecrivain di Dublino al fianco dello chef Derry Clark (2 stelle Michelin). Nel suo ristorante “Il Galeone” di Fano Marco lavora esclusivamente con pesce fresco. Presenterà i piatti ormai divenuti cavalli di battaglia che serviranno ad illustrare la sua costruzione del food cost.

Ore

14

SIMONE CICCOTTI Antica Trattoria San Lorenzo Perugia

Simone Ciccotti, Presidente Italcuochi Umbria con una stella sempre brillantemente mantenuta Perugia, nel suo ristorante Antica Trattoria San Lorenzo ha fatto della cucina stagionale e regionale il fondamento della sua filosofia. Il buon rapporto qualità/ prezzo che è riuscito a bilanciare nelle sue proposte è ciò che illustrerà durante lo show cooking riminese.

91


LUNEDÌ 25 GENNAIO Ore

11

Ore

AGOSTINO IACOBUCCI Ristorante I Portici – Bologna

Travolgente e solare chef campano, Agostino Iacobucci ha trasportato nell’hotel design “I Portici” di Bologna non soltanto i colori e i sapori della grande cucina mediterranea, abilmente intrecciati con quelli della tradizione emiliana, ma anche il prestigio di una stella che già aveva conquistato a Napoli e che aveva riottenuto sotto le due torri. La sua è dunque una cucina ricca di suggestive contaminazioni, ma soprattutto di materie prime di assoluta eccellenza, soprattutto di mare.

14

ILARIO VINCIGUERRA Ristorante Ilario Vinciguerra Gallarate (VA)

Ilario Vinciguerra, campano d’origine e lombardo d’adozione, ha saputo conquistare fama e una stella Michelin grazie alla propria caparbietà e ad una sempre crescente creatività. Premio Miglior Piatto all’olio d’oliva a San Sebastian, testimonial della buona cucina su Rai 2, dimostrerà come stia nell’ingegno di ogni cuoco appassionato la riuscita di piatti splendidi a prezzi calibrati.

MARTEDÌ 26 GENNAIO Ore

11

Ore

GEGE’ MANGANO Ristorante Jalantuùmene Monte S. Angelo (FG)

Un passionale interprete della sua terra, la Puglia, di cui ripropone i grandi piatti tradizionali, trasformando ciò che una volta era considerato povero, in qualcosa di unico ed esclusivo. Lo chef del ristorante Li Jalantuùmene, collocato nel cuore del sito Unesco di Sant’Angelo (FG) spiegherà come la cucina regionale di qualità può diventare una risorsa economica sulla quale puntare nel proprio esercizio.

14

MASSIMILIANO MASCIA Ristorante San Domenico – Imola (BO)

Nipote d’arte – lo zio è il celebre Valentino Marcattilii che, partendo da Bergese, ha reso famoso nel mondo il San Domenico di Imola – Massimiliano Mascia ha costruito la propria personale reputazione lavorando in altre grandi case come Vissani e Romano di Viareggio, ma anche alla Bastide Saint Antoine e da Alain Ducasse. Oggi il suo apporto al San Domenico, accanto a Valentino, è fatto di innovazione, pur nel rispetto della grande tradizione del locale.

MERCOLEDÌ 27 GENNAIO Ore

11

MATTIA BORRONI Ristorante Alexander - Ravenna

Giovane talento tra i più brillanti e preparati nel panorama della ristorazione italiana, Mattia Borroni vanta una creatività e una capacità esecutiva in grado di conferire ai suoi piatti sapori e un appeal del tutto sorprendenti. La sua cucina al ristorante Alexander di Ravenna spazia con disinvoltura dalla carne al pesce, con straordinaria abilità anche nelle proposte di cucina vegana e vegetariana.

92

Ore

13

ALMA JOB GAME: CHI VUOL ESSERE…PROFESSIONISTA DELLA RISTORAZIONE? Organizzato da ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana

Il team di ALMA animerà l’area Food Factor con il gioco interattivo “ALMA JOB GAME: Chi vuol essere professionista della ristorazione?”: un modo originale per aiutare gli studenti nella scelta del percorso professionale post-diploma. I giovani visitatori potranno così conoscere l’offerta didattica di ALMA che realizza corsi professionali di alto livello per cuochi, pasticceri, manager della ristorazione, professionisti di sala, bar e sommellerie.



ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM

a cura di

Alessandro Rossi esperto di vino, bon vivant, fondatore del Premio “Dire Fare Sognare”

CHABLIS

I PERIODI BUI E LA RINASCITA DEI VINI TRA I PIÙ FAMOSI AL MONDO Nonostante la vicinanza geografica a Parigi e alla zona di produzione dello Champagne, l’area dello Chablis appartiene alla regione vinicola della Borgogna: più precisamente, è situata a circa 200 chilometri a nord-ovest dalla Côte d’Or ed è riconosciuta dal sistema di qualità francese come AOC (Appellation d’Origine Contrôlée, Denominazione d’Origine Controllata). Il suo nome è stato nel mondo (e lo è ancora) sinonimo di grande vino bianco, e soprattutto di Chardonnay, modello di stile per quanto riguarda i vini bianchi fermentati in acciaio. Sono infatti assai rari i produttori che usano anche legno, nel qual caso si tratta di botti piuttosto grandi e mai nuove.

94

La vicinanza con la Champagne e il clima perfetto per preservare l’acidità dello chardonnay hanno fatto sì che queste uve fossero utilizzate, in un lontano passato, anche per essere trasformate in bollicine. La posizione geografica, la struttura geologica del terreno, il microclima e l’esposizione sud/sud-ovest dei vigneti regalano al vino una perfezione aromatica difficilmente riproducibile in altre zone viticole. Grazie al ritiro del mare alla fine del periodo giurassico e, in seguito, all’era glaciale che formò definitivamente quest’area geografica, il territorio di Chablis presenta un suolo ricco di ges-


ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM

so e di conchiglie (in particolare la forte presenza di un’ostrica di dimensioni molto piccole, l’Ostrea Virgula), le condizioni climatiche sono effettivamente molto più simili alla Champagne che alla Borgogna, infatti i vini prodotti sono famosi in tutto il mondo per la loro spiccata acidità e citricità, cosa ben più difficile da scovare nei vini prodotti nei principali comuni della Côte de Beaune. Ovviamente l’utilizzo dei contenitori di acciaio per la vinificazione aiuta particolarmente questi chardonnay, provenienti da zone molto fredde, a mantenere freschezza e nerbo. Le caratteristiche dello Chablis sono quelle di essere un vino duro, a volte scontroso; un vino che in degustazione regala sensazioni minerali di pietra focaia e ardesia che lo rendono per certi tratti assolutamente inconfondibile. Nonostante la maggior parte dei vini prodotti vengano vinificati appunto in acciaio, spesso si percepiscono sentori ben più ampi ed evoluti di agrumi e note burrose e nocciolate al tempo stesso. La freschezza e la mineralità di questi vini li rendono adatti a lunghi invecchiamenti. Lo Chablis sta attraversando un ottimo momento di mercato ed è in primissimo piano un po’ ovunque da oltre dieci anni a questa parte, vuoi per lo stile dei vini che rappresenta, vuoi perché in questo momento incarna perfettamente il tipo di bevuta richiesto dal mercato. I vini di Chablis sono classificati in: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru e Chablis Grand Cru. Gli Chablis Premier Cru di maggior prestigio sono considerati i seguenti (nonostante esistano 40 vigneti appartenenti a questa tipologia): Beauroy, Côte de Léchet, Fourchaume, Les Fourneaux, Mélinots, Montée de Tonnerre, Montmains, Monts de Milieu, Vaillons, Vaucoupin, Vaudevay e Vosgros. Gli Chablis Grand Cru arrivano da appena sette vigneti (chiamati climats) che si trovano su un particolare terroir composto da strati di calcare, marne e organismi marini fossilizzati: Blanchot, Bougros, Les Clos, Grenouilles, Preuses, Valmur e Vaudésir. Molti considerano Les Clos e Vaudesir i migliori climats, che esprimono le loro migliori caratteristiche dopo diversi anni di affinamento in bottiglia e, se conservati correttamente, possono mantenersi perfettamente integri e migliorare per moltissimi anni. Anche qui, come in molte altre parti della Francia, i monaci, in particolare i cistercensi, hanno giocato un ruolo fondamentale, introducendo probabilmente lo chardonnay, infatti non scelsero a caso questa zona per dedicarla alla produzione di vino bianco. L’area offriva condizioni climatiche e ambientali ideali per una buona coltivazione della vite, soprattutto quella a bacca bianca, oltre alla presenza di uno scalo fluviale. Infatti a

quell’epoca, e durante i secoli che seguirono, lo sviluppo commerciale dei vini di Chablis fu importante grazie alle vie fluviali: i vini seguivano il corso dello Yonne, che raggiunge Parigi e quindi Rouen, per essere portati verso i paesi del Nord. Nel Seicento queste zone furono praticamente distrutte dagli Ugonotti e questa sorte toccò anche a buona parte dei vigneti, che con grandi difficoltà furono successivamente riportati in produzione anche se occorsero tantissimi anni e la zona attraversò un periodo molto buio. Una seconda epoca nera iniziò nel 1886, quando nei vigneti di Chablis fecero la loro comparsa l’oidio e la fillossera, due flagelli che scoraggiarono molti viticoltori al punto che per parecchio tempo evitarono di reimpiantare i loro vigneti, con ovvie conseguenze negative per la produzione vinicola della zona. L’avvento della ferrovia fu a sua volta deleterio per l’economia vitivinicola di quest’area, infatti, grazie al collegamento ferroviario, i vini di altre zone della Francia cominciarono a raggiungere in breve tempo Parigi, facendo perdere significative quote di mercato ai vini di Chablis. All’inizio degli anni ‘60 la superficie vitata era inferiore ai 1.000 ettari, ma fu proprio allora che la produzione dei vini a Chablis riprese il suo sviluppo grazie al reintegro dei vigneti e a sistemi di prevenzione contro le malattie della vite e il freddo pungente (combattuto con delle stufe “chaufferettes” che riscaldano i vigneti durante le notti più fredde). Oggi lo Chablis, con i suoi quasi 5.000 ettari coltivati e i suoi 40 milioni di bottiglie annue, rappresenta un punto di riferimento mondiale per la produzione di Chardonnay, un modello largamente emulato anche fuori dai confini francesi.

I PRINCIPALI PRODUTTORI DI CHABLIS Domaine Vincent Dauvissat Domaine Raveneau Domaine Jean-Paul et Benoît Droin Domaine Duplessis Domaine William Fèvre Domaine Billaud-Simon Domaine Hamelin Domaine Christian Moreau Domaine Corinne et Jean-Pierre Grossot

95


VINARIA

GUIDA AI

BAROLO 2011 I PREMIATI DALLE GUIDE I NOSTRI CONSIGLI di

Vittorio Manganelli e Alessandro Rossi

Sulla valutazione dell’annata sono tutti concordi, produttori e degustatori: si tratta di una vendemmia buona, sicuramente non eccezionale come quella del 2010 ma più equilibrata del 2009. Il notevole caldo estivo ha portato a maturazioni leggermente anticipate dell’uva e si nota una leggera carenza di freschezza, ma resta pur sempre una bella annata, diciamo da 4 stelle su 5, per usare un sistema di valutazione piuttosto diffuso.

LE ETICHETTE DI QUALITÀ IN PARTE SOTTOVALUTATE Quella che vogliamo presentare in questo articolo è una serie di vini, tutti Barolo 2011, che per qualche motivo ci paiono non sufficientemente valorizzati dalla critica enologica italiana, quella che per lo più si esprime attraverso le guide annuali. Dei vini che ci hanno particolarmente colpito, tutti assaggiati alla cieca, presenteremo quindi le etichette, una valutazione centesimale e una descrizione dei produttori, notissimi oppure emergenti, che riteniamo assolutamente meritevoli di essere degustati dagli appassionati di Barolo. Per rendere più organica la panoramica, riportiamo anche una sintesi, basata sulle valutazioni delle guide annuali più significative e autorevoli, di quelle che sono state valutate come le bottiglie d’eccellenza. E, come vedremo, le differenze di trattamento di questi vini da parte della critica sono notevoli. Senza qui voler entrare nel merito dei motivi che possono aver portato a una sottovalutazione di questo o quel Barolo, ma tenendo presente che, ad esempio, Vini d’Italia del Gambero Rosso tende ad attribuire un solo “tre bicchieri” (il massimo riconoscimento) per cantina, con l’ovvio risultato che vini dello stesso livello qualitativo di quello premiato possono essere segnalati con i “due bicchieri rossi”, ovvero lo

96

scalino immediatamente inferiore. Analogamente, Slow Wine tende ad attribuire, e con estrema parsimonia, la qualifica di “grande vino” a non più di un prodotto per azienda, e così via. Non si troveranno qui segnalate tutte le etichette premiate da questa o quella guida, ma solo quelle su cui vi è una vasta convergenza, compresa la nostra. Si tratta pertanto di vini che, usando il metro centesimale, si collocano sicuramente al di sopra dei 90 punti, facendo una media dei diversi metodi di valutazione adottati (tralci di vite, bicchieri, centesimi, ecc.). I vini sono ordinati, quando in etichetta è indicato un vigneto specifico, in base al comune in cui si trova il cru e non in relazione alla sede della cantina, che viene comunque riportata quando non coincida. Si tenga inoltre presente che alcune aziende (al di là delle Riserve, che in base al Disciplinare potranno essere messe in commercio solo a partire dal gennaio 2017) commercializzano il proprio Barolo con uno o più anni di ritardo rispetto a quanto consentito dal disciplinare, per cui, per fare qualche esempio, nel 2015 non sono uscite in commercio alcune selezioni di Barolo 2011 quali Cerviano Merli di Marziano Abbona, Liste di Borgogno, Sottocastello di Novello di Ca’ Viola, Bricco Pernice di Elvio Cogno, Aeroplanservaj di Domenico Clerico, Monprivato di Giuseppe Mascarello e Ravera di Monforte di Flavio Roddolo, di cui parleremo prossimamente. Indicheremo per ogni vino da noi consigliato anche un punteggio, senza cercare l’assoluta esattezza visto che si tratta di prodotti ancora in piena evoluzione ed entrati da poco sul mercato, per cui utilizzeremo una valutazione centesimale inserita in un intervallo che ci auguriamo sia sufficientemente esplicativo. Insomma, senza pretese di completezza assoluta, una guida agli acquisti al ristorante e in enoteca, con le etichette più celebri e quasi scontate nella prima parte, mentre nella seconda ci sono i nostri meditati, e speriamo utilissimi, suggerimenti.


BAROLO2011

COMUNE DI BAROLO Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette: • Chiara Boschis Barolo Cannubi 2011 • Giacomo Brezza & Figli Barolo Cannubi 2011 • Giacomo Brezza & Figli Barolo Sarmassa 2011 • Bartolo Mascarello Barolo 2011 • Giuseppe Rinaldi Barolo Brunate 2011 (assente, tra l’altro, su I Vini di Veronelli 2016) • Luciano Sandrone Barolo Cannubi Boschis 2011 • Roberto Voerzio (di La Morra) Barolo Sarmassa 2011

in cantina: il cru Castellero infatti non è particolarmente famoso, un po’ oscurato com’è dai vigneti più celebri di questa zona, trovandosi proprio di fronte al mitico Cannubi. Gli aromi sono già piuttosto aperti e complessi, con catrame e sottobosco in evidenza all’interno di un complesso di grande pulizia e piacevolezza. Anche la bocca denota una certa maturità di frutto e rende il Castellero 2011 di facile bevibilità, pur senza abdicare alla proverbiale tannicità del vitigno.

• Paolo Scavino Barolo Bric dël Fiasc 2011 • Vietti Barolo Rocche di Castiglione 2011 Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare agli appassionati: Ceretto (Alba) Barolo Bricco Rocche 2011 90-92/100

Francesco Rinaldi & Figli Barolo Brunate 2011 89-92/100

(produttore assente su Slow Wine, I Vini di Veronelli e Vini d’Italia del Gambero Rosso 2016, ma valutato al meglio da Alessandro Masnaghetti) Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare agli appassionati: Brezza Barolo Castellero 2011 89-91/100 Ci piace evidenziare anche questa etichetta realizzata da Enzo Brezza per testimoniare la sua bravura sia in vigna sia

Questa storica cantina è sempre stata improntata alla più ligia e tradizionale interpretazione della tipologia, e lo stile non è mutato molto con l’arrivo in azienda di Paola e Piera Rinaldi. L’affinamento in botte grande lascia, in questo Barolo Brunate 2011, libera espressione ad aromi di fiori secchi e rabarbaro, seguiti da una stimolante nota vegetale di funghi. Il palato è compatto e robusto, lungo, sino a un finale giocato più sulla pulizia che sull’eleganza. Un bel sorso di ruspante classicità. COMUNE DI CASTIGLIONE FALLETTO Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette: • Azelia Barolo Bricco Fiasco 2011 • Brovia Barolo Villero 2011

Non è passato inosservato il must del Barolo di casa Ceretto, come provano i “tre bicchieri” assegnatigli dal Gambero Rosso, ma non tutte le guide hanno riservato al Bricco Rocche 2011 lo spazio che merita. Pertanto, nonostante un prezzo non propriamente amichevole, ci sentiamo di consigliarne vivamente l’assaggio. Il taglio olfattivo è elegante e moderno, con un raffinato tocco di rovere sullo sfondo seguito da un’intensa e variegata nota di frutta rossa a giusta maturazione. La bocca è di pregevole carattere, il vino procede lento, sfaccettato e fresco, non troppo carico e ricco ma nemmeno sfuggente, realizzando un pregevole equilibrio gustativo. COMUNE DI LA MORRA Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette:

97


VINARIA

Ci auguriamo che i lettori che ancora non conoscono il cru Rocche dell’Annunziata possano fare presto un salto a La Morra, magari approfittando del confortevole bed & breakfast aziendale, per bearsi dell’incantevole vista di questo vigneto baciato dal sole e dalla fortuna. Alessandro Locatelli nel 2011 ha realizzato un Barolo accattivante già nell’aspetto rubino brillante. I profumi sono molto classici, nitidi e freschi, ricchi di frutta rossa, poi il sorso mostra grande materia, pregevole avvolgenza e tannini maturi già ben amalgamati, con un accenno di benvenuta acidità non così usuale in questa vendemmia.

• Elio Altare Barolo Arborina 2011 • Brandini Barolo Resa 56 2011 • Giovanni Corino Barolo Giachini 2011 • Renato Corino Barolo Rocche dell’Annunziata 2011 • Mauro Veglio Barolo Arborina 2011 Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare agli appassionati: 460 Casina Bric Barolo Bricco delle Viole 2011 90-92 Gianluca Viberti è appena al secondo anno di produzione e già stupisce per la bravura, pienamente riconosciutagli da Slow Wine e con più parsimonia da altri, con cui si dedica alla vigna e alla cantina della sua piccola proprietà. Impeccabile pulizia, aromi molto classici di erbe officinali e liquirizia, bocca magnifica non tanto per potenza quanto per freschezza e godibile bevibilità in questo Bricco delle Viole 2011. La forma della bottiglia ha creato un po’ di scalpore: i dettagli si trovano sul sito aziendale, da cui è tratta l’immagine.

Trediberri Barolo Rocche dell’Annunziata 2011 88-90/100 Una cantina in costante espansione, che si sta mettendo in luce grazie vini di ottima fattura e pregevole nitore olfattivo. Nicola e Federico Oberto, incalzati dall’a-

biondo. Bocca con notevole freschezza e una tannicità non aggressiva anche grazie all’apporto morbido dell’alcol, bello sviluppo vivo e nitido. I Frateli Revello non sono presenti, tra l’altro, su Slow Wine. Rocche Costamagna Barolo Rocche dell’Annunziata 2011 88-90/100

Revello Fratelli Barolo Rocche dell’Annunziata 2011 91-93/100 Una prestigiosa cantina che, in 25 anni di attività, si è sempre segnalata per uno stile elegante e moderno, un tempo con un po’ di rovere in evidenza. Da uno dei cru più importanti di tutta la denominazione è nato un Barolo 2011 già liquirizioso al naso, dove si colgono bene anche fiori rossi essiccati e un richiamo di tabacco

98

mico Vladimiro (<<per fortuna che da quest’anno potremo usare botti grandi e abbandonare le barrique...>>) nella vendemmia 2011 si sono dovuti accontentare di un migliaio di bottiglie di Barolo Rocche dell’Annunziata, difficili quindi da trovare ma vale la pena di tentare. Ben evidenti i profumi freschi e un po’ mentolati tipici di questo bel cru, mentre la bocca è succosa e viva, non aggressiva e di piacevole scorrevolezza.


BAROLO2011

Mauro Veglio Barolo Arborina 2011 92-94/100

A nostro giudizio una delle migliori riuscite in assoluto della vendemmia 2011 nella zona del Barolo. Qualcuno ha concordato con questo giudizio (in particolare Daniel Thomases), altri sono stati un po’ più contenuti nei loro entusiasmi. Mauro Veglio, a nostro giudizio, ha realizzato un Arborina 2011 che è la quintessenza dell’equilibrio: appena un velo di rovere elegante che contribuisce a una fine speziatura, buona materia senza esagerazioni estrattive, tannino ben bilanciato, progressione viva e chiusura con ricordi già liquiriziosi.

Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare agli appassionati: Aldo Clerico Barolo 2011 87-89/100 Una cantina piuttosto piccola, dotata di 6 ettari vitati, e anche giovane, avendo iniziato l’attività poco più di 10 anni or sono. Per il momento Aldo Clerico imbottiglia un solo Barolo, senza indicazione di vigneto, che nel 2011 ha aromi decisamente puliti, aperti e intensi, in cui compare persino già un tocco di liquirizia. La bocca è piuttosto austera, decisa, caratterizzata da un impianto in cui le colonne sono costituite dall’acidità e dal tannino, ma la sensazione complessiva è più di pienezza che di aggressività, per cui siamo certi che avrà un’ottima evoluzione.

Monti Barolo del comune di Monforte d’Alba 2011 89-91/100 Non siamo particolarmente affezionati al termine mineralità, che ci pare spesso usato a sproposito. Certo è che in questo Barolo 2011 di Paolo Monti si colgono note, sempre pulite, di terra umida, radici e persino un richiamo di idrocarburi. Non

COMUNE DI MONFORTE D’ALBA Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette: • Diego Conterno Barolo Ginestra 2011 • Giacomo Conterno Barolo Francia 2011 • Paolo Conterno Barolo Ginestra 2011 • Conterno Fantino Barolo Sorì Ginestra 2011 Nota: I Barolo 2011 dei Poderi Aldo Conterno noi non li abbiamo assaggiati e non compaiono nemmeno nominati su alcune guide (vedi Gambero Rosso), ma hanno ricevuto valutazioni assai elogiative su I Vini di Veronelli 2016 e su Enogea di Alessandro Masnaghetti.

da piccoli frutti neri ed erbe assolate. Il palato è ancora piuttosto tannico ma la polpa è notevole e garantisce di portare a un bell’equilibrio complessivo nel giro di qualche anno di bottiglia.

Attilio Ghisolfi Barolo Bricco Visette 2011 87-90/100 Gianmarco Ghisolfi non usa barrique per il Barolo, convinto che la complessità di questa tipologia sia più evidente adottando l’affinamento in botti medio-grandi. Dal cru aziendale più importante ha realizzato un 2011 che al naso è caratterizzato

99


VINARIA

mancano i classici sentori, ovviamente non ancora del tutto aperti ma già nitidi, di tabacco chiaro e liquirizia, che contribuiscono a creare una personalità sicuramente originale e complessa. Il percorso in bocca è ancora leggermente appesantito da una sentita trama tannica, che è comunque inserita in una notevole polpa fruttata. Il che ci garantisce una buona soddisfazione oggi con cibi importanti e una sicura armonia complessiva domani. COMUNE DI NOVELLO Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette: • Marziano Abbona (di Dogliani) Barolo Ravera 2011 • Elvio Cogno Barolo Ravera 2011 • Vietti (di Castiglione Falletto) Barolo Ravera 2011 Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare, della già citata cantina Cogno: Elvio Cogno Barolo Cascina Nuova 2011 90-92/100

re. La versione 2011 è particolarmente fresca nella sue giovanili note fruttate, cui si unisce un delicato sfondo di rovere. Bocca nuovamente improntata alla freschezza, con tannicità già ben amalgamata e pregevole lunghezza. SERRALUNGA D’ALBA Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette: • Azelia (di Castiglione Falletto) Barolo Margheria 2011 • Ca’ Romé (di Barbaresco) Barolo Rapet 2011 • Ettore Germano Barolo Prapò 2011 • Bruno Giacosa Barolo Falletto 2011 • Massolino Barolo Margheria 2011 • Massolino Barolo Parafada 2011 • Pio Cesare (di Alba) Barolo Ornato 2011 • Luigi Pira Barolo Marenca 2011 • Giovanni Rosso Barolo Serra 2011 • Giovanni Rosso Barolo Vigna Rionda Ester Canale Rosso 2011 • Schiavenza Barolo Broglio 2011 • Vietti (di Castiglione Falletto) Barolo Lazzarito 2011 Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare agli appassionati:

Walter Fissore è riconosciuto da tempo come grandissimo interprete dell’uva nebbiolo in tutte le sue etichette: celebri e costantemente riuscite sono quelle del Barolo Ravera, del Barolo Riserva Elena e della più recente e giustamente lodata Bricco Pernice, ma anche il Barolo Cascina Nuova, quello che potrebbe sembrare il meno impegnativo, è di notevole valo-

100

Brovia (di Castiglione Falletto) Barolo Brea Vigna Ca’ Mia 2011 89-92/100 Le sorelle Brovia guidano con sicurezza una cantina che è meritoriamente tra le più note di Langa grazie a una serie di etichette di imperturbabile continuità qualitativa. Il Brea Ca’ Mia 2011, derivante dall’omonimo vigneto di Serralunga, è la

selezione in qualche modo “più moderna” della batteria, con un naso elegante che spazia dai fiori rossi al nocciolo di pesca, su un substrato di lievi richiami di rovere ed erbe officinali. La bocca è ancora lievemente rigida ma il peso del corpo è tale che, non appena si sgranchirà con l’affinamento in bottiglia, avremo soddisfazioni ancora maggiori. Ma già oggi è un incanto. Paolo Manzone Barolo Meriame 2011 88-91/100 Gode di una crescente notorietà la cantina di Gian Paolo Manzone, inserita in una splendida posizione all’interno del vigneto Meriame, dove si trova anche un delizioso agriturismo. Al naso questo Barolo


BAROLO2011

2011 è molto sfaccettato e ricco di personalità, assommando vivaci note di lampone fresco a più scuri richiami di china in un insieme particolarmente raffinato. In bocca è appena segnato dai tannini e si può già definire armonico, soprattutto grazie alla grande materia fruttata. Palladino Barolo Parafada 2011 90-92/100 Una cantina ricca di storia che si sta dedicando con crescente convinzione a imbottigliare vino di qualità, come dimostrano ampiamente tutte e cinque le etichette di Barolo proposte. Bei riconoscimenti di una parte crescente della stampa specializzata, in particolare I Vini di Veronelli e Vitae dell’Associazione Italiana Sommelier, cui vogliamo aggiungere il nostro convinto invito all’assaggio. Pregevole e nitida freschezza olfattiva, con liquirizia e frutti rossi in evidenza, cui segue un sorso potente e non asciugante, a riprova di un’eccellente qualità dei tannini. Il lungo finale è contrassegnato da gradevole acidità e da richiami che virano verso il balsamico, in un insieme di pregevole bevibilità.

siva di tutte le etichette proposte da Davide Rosso. Vogliamo pertanto mettere sotto i riflettori anche questa selezione derivante dal cru Cerretta: raffinata frutta rossa matura con timido richiamo di liquirizia al naso, poi bocca strepitosa per massa ed armonia, con incantevoli tannini fitti e setosi, mai troppo astringenti. Una bevibilità entusiasmante e ricca di carattere.

VERDUNO Le guide hanno messo in luce i seguenti produttori con le relative etichette: • Alessandria Fratelli Barolo Monvigliero 2011 • Comm. G.B. Burlotto Barolo Acclivi 2011

zione e si pone tra quelli sicuramente più validi dell’annata. Notevole l’espressione fruttata, intensa e franca, con un tannino che bilancia bene la morbidezza dell’alcol e si limita a garantire volume e presa gustativa, senza graffiare né prevaricare.

Diego Morra Barolo Monvigliero 2011 89-90/100 Non è facile ottenere informazioni su questa giovane cantina di Verduno, messasi prima in luce con il Verduno Pelaverga e di recente approdata nel rassicurante porto del Barolo. In attesa di un sito internet e di una visita in cantina, per il momento parla il vino. Nel 2011 Diego Morra ha ottenuto nel vocato cru Monvigliero un Barolo delicato e fine, appena segnato dalle spezie del legno negli aromi comunque ricchi di bella frutta rossa. La bocca ha una struttura equilibrata, sicuramente non molto tannica, che soddisfa anche grazie alla facile bevibilità.

Oltre a questi, riteniamo opportuno segnalare agli appassionati un altro vino della storica:

Giovanni Rosso Barolo Cerretta 2011 90-92/100 La prepotente uscita in commercio della prima etichetta del Barolo Vigna Rionda denominato, a partire proprio dal 2011, Ester Canale Rosso, ha messo un po’ in ombra la straordinaria qualità comples-

Comm. G.B. Burlotto Barolo 2011 89-92/100 Si è talmente abituati a decantare le gustosissime etichette di Barolo Monvigliero, Cannubi e Acclivi che per lo più ci si dimentica di degustare il Barolo base di Fabio Alessandria. Un Barolo 2011 che, invece, merita tutta la considera-

101


Il buon gusto dell’abbonamento

La prima rivista in Italia per la ristorazione di qualità. Anche on-line sul sito www.lamadia.com Sì, sottoscrivo un abbonamento annuale a La Madia Travelfood* Base E 40

Italcuochi Senior E 80

Nome

Sostenitori e Estero (cee) E 100

Italcuochi Junior E 50

Cognome

MODALITÀ DI PAGAMENTO

Ristorante Indirizzo

Vaglia o Bonifico Postale

Città Tel Data

* 10 numeri per 12 mesi

Cap

Prov

E-mail

Firma

Bonifico Bancario Assegno Bancario non trasferibile

intestato a la madia srl

Compilare il coupon in stampatello e inviarlo a: La Madia srl - Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Pagamento: vaglia postale o bonifico a La Madia srl - IBAN IT-71-F-07601-13200-001029853957 bonifico bancario a La Madia srl su Banca per lo Sviluppo della Cooperazione di Credito spa - IBAN IT56Z0313923903000000158277 Il servizio di fornitura dei numeri arretrati viene effettuato esclusivamente agli abbonati paganti Il trattamento dei dati personali che la riguardano viene svolto nell’ambito della banca dati elettronica di La Madia Srl conformemente a quanto stabilito dalla legge 675/96 sulla tutela dei dati personali. Il trattamento dei dati, di cui si garantisce la riservatezza, è effettuato allo scopo di aggiornare le schede di abbonamento. I suoi dati non sono comunicati a terzi e per essi potrà richiedere, in qualsiasi momento, la modifica o la cancellazione.


VINARIA

TROPPO CALDO NEI VIGNETI di

Angelo Gaja

Anche i viticoltori e produttori di vino guardano in modo diverso al clima che cambia. E’ generale la percezione degli eccessi, delle temperature medie giornaliere più elevate, l’avvio precoce nel vigneto della fase vegetativa, l’accelerazione della maturazione, le vendemmie anticipate. Quelli che guardano ai benefici fanno osservare che, rispetto al passato, le vendemmie di buona qualità sono più frequenti. Vini che si presentavano gracilini ed acidosi, appaiono oggi più strutturati ed armonici se non anche propensi ad esibire i muscoli. Mentre per altri il clima che cambia è foriero di preoccupazioni: la recrudescenza delle malattie parassitarie vecchie e nuove; la sofferenza dei vigneti a causa di periodi troppo a lungo siccitosi; i grappoli esposti alle scottature ed alla luce solare troppo intensa; le uve che arrivano in cantina troppo calde, con gradazioni zuccherine elevate, ancora coperte di antiparassitari che la siccità non ha concesso di dilavare; i bassi livelli di acidità del mosto; la gradazione alcolica dei vini che mostra nel tempo la progressione a salire. Il cambiamento climatico agisce allo stesso modo sul vigneto indipendentemente dalla tecnica di conduzione: convenzionale, biologico, biodinamico. Un lungo articolo su LE MONDE del 7 novembre 2015 dedicato al “colpo di calore sui vigneti” evidenzia le forti preoccupazioni al riguardo, non soltanto per le sorti della viticoltura del Sud della Francia. Il polo universitario di Bordeaux ha avviato da un decennio progetti di ricerca scientifica volti ad individuare viti più idonee a fronteggiare gli effetti del cambiamento climatico. E’ urgente dare maggiore impulso alla ricerca anche in Italia: per migliorare l’adattamento dei portainnesti al mutamento del clima in atto e per cercare di mettere al riparo le viti storiche italiane da alcune delle malattie più insidiose. Per fare ciò occorre che il nostro paese autorizzi i ricercatori ad accedere alle nuove tecniche di incrocio, la cisgenesi ed il genome editing, attraverso le quali è possibile trasferire geni (di resistenza a determinate fitopatologie) da viti che ne sono in possesso a viti che sono carenti. Si metterebbe così ancora una volta a frutto il patrimonio unico di viti storiche italiane, attingendo alle diversità che le caratterizzano. Però occorre agire, utilizzando sia fondi pubblici che privati. Lo stallo attuale non serve al mondo del vino italiano.

103


Faccio cose... ...vedo gente a cura del direttore Elsa Mazzolini foto di Niko Boi

ASSEGNATO AI “FANTASTICI QUATTRO” IL PREMIO NAZIONALE GALVANINA 2015 ALESSANDRO REGOLI, ANDREA SCANZI, GINO FABBRI, GIULIO BABBI La consegna a Bologna durante la 15ª edizione del Festival della Cucina Italiana Premiati i “fantastici quattro” dell’enogastronomia nazionale. Sono i vincitori del Premio Nazionale Galvanina, riconoscimento alle personalità che si sono distinte nel campo della Cultura, della Cucina, del Giornalismo e dell’Imprenditoria. La cerimonia si è svolta nell’ambito del 15° Festival della Cucina Italiana, a BolognaFiere. Il Premio all’Imprenditoria è stato assegnato a Giulio Babbi (foto 1), il padre dei dolci “Waferini” che ha trasformato un’impresa familiare in un’azienda leader nella produzione di specialità dolciarie a livello mondiale.

104

“Siamo un’azienda giunta alla quarta generazione. I nostri prodotti viaggiano in 74 Paesi – ha detto Giulio Babbi - e posso dire con soddisfazione che con un piccolo Waferino abbiamo conquistato il mondo”. A consegnargli il Premio un altro imprenditore, Rino Mini, patron di Galvanina Spa. Il Premio alla Cucina è andato al Maestro Gino Fabbri (foto 2), Campione del Mondo di Pasticceria nel 2015: “Questo è un anno ricco di soddisfazioni coronato con la medaglia d’oro nel Campionato Mondiale, a cui ora aggiungo anche questo Premio. Essere il primo pasticciere a rice-

vere il Galvanina dopo tanti chef stellati, mi rende ancora più orgoglioso”. A consegnargli il Premio, il Maestro della cucina italiana Gianfranco Vissani. Premio per il Giornalismo ad Andrea Scanzi (foto 3), firma di punta de Il Fatto Quotidiano, autore anche di due libri sul vino. “L’epica oggi, la trovi dove sono in pochi a cercarla: per esempio nelle storie di piccoli artigiani del vino che, contro tutto e tutti, hanno prima salvato patrimoni culturali e poi regalato miracoli enologici. Il mondo del vino, qua e là, mantiene una dignità – e una bellezza – che quasi commuovono.


1

2

Nella foto 1, da sinistra, Rino Mini, patron di Galvanina Spa, Gianni Babbi, Giulio Babbi, il giornalista Maurizio Magni e ME. Nella foto 2, Gianfranco Vissani consegna a Gino Fabbri l’attestato del Premio. Nella foto 4, da sinistra, Alessandro Regoli con Maurizio Magni ritira il Premio dallo chef italoamericano Gino Angelini. Nella foto 5, da sinistra, oltre a ME, Gianni Di Lorenzo dell’Azienda Agrobiologica San Giovanni, Alessandro Regoli, Maurizio Magni, Gino Angelini e l’artista cesenate Daniela Poletti di Vetrofuso.

Per me scrivere di vino era e resta divertimento. E’ un gioco, una giostra, una passione. Una boccata d’ossigeno”. A premiarlo il direttore della rivista La Madia Travelfood, Elsa Mazzolini, ideatrice del Festival della Cucina Italiana. Infine il riconoscimento alla Cultura ad Alessandro Regoli (foto 4), fondatore di winenews.it. “Cultura è conoscenza del mondo, è fare esperienze e raccontarle. Ed è quello che noi facciamo ogni giorno sul mondo del vino nella nostra piattaforma web, in un lavoro di squadra”. A premiarlo Gino Angelini, chef di

fama internazionale che da circa un ventennio ha conquistato il palato dei vip di Hollywood nel suo ristorante a Los Angeles e, soprattutto, ha insegnato agli americani il gusto della cucina italiana semplice e autentica. A tutti i premiati è stata consegnata una prestigiosa coppa artistica in vetro di Murano realizzata da Daniela Poletti di Vetrofuso e una cassetta di pregiati vini dell’Azienda Agrobiologica San Giovanni di Offida, una delle prime in Italia ad avere ricevuto la certificazione ‘vegan’ per i suoi vini.

5

4

3


Faccio cose... ...vedo gente

ALMA: CENE D’AUTORE Prima di partire per l’esperienza di stage, gli studenti del Corso Superiore di Cucina Italiana hanno affiancato quattro chef stellati nella preparazione di cene di gala per ospiti speciali presso il ristorante didattico MATER

Lavorare in cucina al fianco di uno chef stellato, per carpirne la tecnica e i segreti: è il sogno che spinge molti giovani a iscriversi ad ALMA La Scuola Internazionale di Cucina Italiana. E ALMA, con il format delle Cene d’Autore, esaudisce questo desiderio. Gli studenti della XXX edizione del Corso Superiore di Cucina Italiana hanno avuto la possibilità di vivere un’esperienza formativa unica. Organizzati in una vera e propria brigata di cucina, hanno affiancato infatti chef affermati nella preparazione di una cena di gala, il cui servizio di sala è stato gestito e curato dagli studenti del Corso Superiore di Sala, Bar e Sommellerie. Protagonisti di queste speciali master class sono stati lo chef Maurizio Serva, Ristorante “La Trota”, a Rivodutri (Rieti), da molti critici gastrono-

106

mici considerato il migliore in Italia nell’arte di proporre in cucina il pesce di acqua dolce; lo chef Pietro Leemann, Ristorante “Joia”, a Milano, primo in Europa a conseguire la stella Michelin realizzando alta cucina vegetariana;

lo chef Giancarlo Perbellini (a cui si riferiscono le foto di questa pagina), Ristorante “Casa Perbellini”, a Verona, fautore della necessità di ridare centralità alla cucina, proponendo piatti classici e ingredienti di stagione, in un ambiente di grande semplicità, quasi domestico; e la chef Fabrizia Meroi, Ristorante “Laite” a Sappada (Belluno), che si autodefinisce “cuoca autodidatta” e “cuoca per amore”, la cui filosofia in cucina abbina il rispetto delle stagioni al genio creativo e alla capacità di emozionare gli ospiti. Grande l’emozione vissuta dagli studenti di ALMA che qui hanno trascorso cinque mesi, per affrontare un lungo periodo di stage (altri cinque mesi), in alcuni dei più prestigiosi ristoranti del nostro Paese.


DULCIS n

FUNDO

ph Lido Vannucchi

SANDRA BIANCHI Pasticceria Angolo Dolce Lucca

Millefoglie classico


ASSAGGIO DI

LIBRI a cura di Giorgia Zucchi

DE HONESTA VOLUPTATE ET VALITUDINE

COTTURA - ABBATTIMENTO RITORNO IN TEMPERATURA

Adatto a che desidera conoscere le origini della letteratura enogastronomica: il De honesta voluptate di Bartolomeo Sacchi, detto “Il Platina”, è un ricettario quattrocentesco per il 64% dedicato alle nozioni di cucina, per il 28% alla medicina e per il resto a botanica, zoologia, agronomia, fino a sconfinare nella storia, nella filosofia e poi nelle curiosità varie. La bella traduzione con testo latino a fronte è corredata da utili note, glossari e appendici documentarie.

Un volume sostanzialmente tecnico e pieno di informazioni, come lo sono un po’ tutti i libri di Franco Luise. Cuocere, abbattere, rimettere in temperatura (CAR): con questo sistema di lavoro uno chef è in grado di avvalersi delle tecnologie per affrontare e risolvere brillantemente le problematiche della cucina, dal ristorante al catering. Una selezione di ricette fa comprendere come, in modo pratico, il CAR possa essere applicato al proprio progetto gastronomico, per renderlo perfettamente gestibile.

Un trattato sui piaceri della tavola e la buona salute di Bartolomeo Platina Leo S. Olschki Editore - 588 pagine - Euro 58,00

FRUTTI DIMENTICATI FRUTTI INDIMENTICABILI Li chiamava così Tonino Guerra e mai definizione fu più calzante. C’è un mondo di frutti che i bambini di oggi non hanno neppure mai visto, nelle belle pagine di Graziano Pozzetto, cantore indiscusso dei sapori della memoria. Giuggiole, pomarielle, biricoccole, azzeruoli, sorbe, nespole, corniole, mele e pere di razze ormai estinte: come in una favola antica, l’autore racconta quali meraviglie di profumi e di sapori si sono perdute colpevolmente nel tempo, lasciandoci soltanto l’illusione di un giardino incantato.

di Graziano Pozzetto Società Editrice Il Ponte Vecchio - 342 pagine Euro 16,90

108

di Franco Luise Bibliotheca Culinaria Professional - 192 pagine - Euro 48,00

LA CUCINA MAREMMANA Come si può intuire, non si può parlare di cucina regionale specialmente quando la regione è molto estesa e quando il suo territorio vira dalle montagne alle colline, fino al mare. Nel caso della Toscana, poi, ogni campanile è sempre stato nazione, pertanto anche la cucina tradizionale cambia identità da zona a zona. In Maremma - oltre 5000 chilometri quadrati - ne è prova l’acquacotta: ce n’è una ricetta per ogni paese, cento e più versioni tutte diverse e tutte squisite. E centinaia sono i condimenti per la pasta (le pappardelle in particolare), centinaia le zuppe, le ricette per la cacciagione, per gli animali da cortile e, ovviamente, per il pesce. La testimonianza di un territorio affascinante che, da palude mortale fino ai tempi del fascismo, è ora tra i più fiorenti della Toscana.

di Aldo Santini Orme Tarka Editore - 280 pagine - Euro 19,00


GLI OLI Il volume propone una ricognizione delle varietà degli oli vegetali presenti in Italia attraverso un viaggio che, percorrendo il territorio nazionale regione per regione, permette non solo di conoscere le diverse varietà di olio, ma anche la loro storia. Il volume suddivide in tre capitoli gli oli italiani: gli extravergini a Denominazione d’origine protetta (Dop) e a Indicazione geografica protetta (Igp); i piccoli e grandi extravergine; gli altri oli non di olivo. Degli olivi sono definite aree di produzione e varietà, degli oli caratteristiche organolettiche, usi e quantità disponibili sul mercato.

a cura di Graziella Picchi Edizioni Agra - 364 pagine - Euro 18,00

LA STORIA DI CIÒ CHE MANGIAMO I maccheroni? Sono nati nel deserto africano. Il risotto alla milanese ha origini arabe. La cotoletta alla milanese non è stata portata a Milano da Vienna, ma nasce in Lombardia. L’insalata russa a Mosca la chiamano “insalata italiana”. Il babà non ha origini napoletane, ma nasce nientemeno che in Polonia. Cuocere a “bagnomaria”: chi era questa Maria? Colazione a buffet: quando è nata? Gastronomia del futuro: cucineremo gli insetti. Con il maiale nero: squisiti prosciutti e salumi. Un pranzo da re: come si mangia al Quirinale. La storia di ciò che mangiamo è una storia ricca di aneddoti, di fatti curiosi, di notizie a volte bizzarre che aiuta a comprendere l’evolversi delle abitudini alimentari, la comparsa dei miti e dei pregiudizi, l’importanza della ricerca scientifica.

di Renzo Pellati Daniela Piazza Editore - 448 pagine - Euro 28,00

CARO VECCHIO PORCO TI VOGLIO BENE Denso di notizie e di informazioni, di polemiche e di personaggi, il libro ricostruisce le grandi pagine dell’allevamento del maiale nelle case contadine del passato, ci ripropone le regole dell’arte sopraffina dei nostri norcini, dà conto della sontuosità di una cucina che - per virtù della sapienza di gastronomo dell’autore - ci restituisce come non mai la gastronomia del maiale nella sua ricchezza e varietà di soluzioni e di proposte.

di Graziano Pozzetto Società Editrice Il Ponte Vecchio - 252 pagine - Euro 15,00

CHI L’HA MANGIATO? “Chi l’ha mangiato?” è un libro illustrato ricco di alette da sollevare, per giocare a nascondino con il cibo e scoprire che gli alimenti amati dagli animali sono a volte gli stessi che piacciono a noi: la natura, infatti, nutre tutti. Emanuela Bussolati e Federica Buglioni raccontano ai bambini questa piccola ma fondamentale “lezione di ecologia” attraverso il semplice gioco del c’è/non c’è più. L’educazione alimentare diventa così un gioco: in un contesto di orto, campagna, bosco o mare, i cibi compaiono e spariscono finché il colpevole non è colto sul fatto, grazie allo sguardo attento dei piccoli lettori. Età consigliata: da 2 anni.

di Emanuela Bussolati - Federica Buglioni Editoriale Scienza - 32 pagine - Euro 12,90

109


EDITORE La Madia srl Sede legale: Via E. De Amicis, 53 - 20123 Milano (MI) Sede operativa: Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 23821 - Fax 0547 25791

CONFEDERATION EUROPEENNE

DES GOURMETS La famiglia dei Gourmets europei si è data una nuova dimensione per valorizzare

il piacere

della convivialità e della cultura

enogastronomica italiana

Internet: www.lamadia.com - E-mail: lamadia@lamadia.com Direttore responsabile: Elsa Mazzolini La Madia srl è parte del Gruppo Cose Belle d’Italia – www.cosebelleditalia.com

REDAZIONE Caporedattore: Maria Chiara Zucchi Impaginazione: Andrea Amadori Stampa: D’Auria Printing SPA - (AP) Webmaster: Giorgia Zucchi Redazione e centro di distribuzione in Gran Bretagna: ALIVINI Company Limited - London - Tel. +44 20 8880 2525

COLLABORATORI Domenico Acconci, Enza Bettelli, Silvia Bianco, Daniele Briani, Teresa Cremona, Andrea Dal Cero, Giuseppe De Girolamo, Maurizio Di Dio, Luigi Filippi, Lucy Gordan, Verdiana Gordini, Giuseppe Lo Russo, Giovanni Mastropasqua, Antonietta Mazzeo, Alessandra Meldolesi, Claudio Mollo, Alessia Pellegrini, Giacomo Pilati, Pierpaolo Rastelli, Alessandro Ricci, Gianluca Ricci, Alessandro Rossi, Simone Rosti, Flavia Tomaello, Salvatore Tuccillo, Primo Vercilli. Fotografi: Nikoboi, Pasquale Spinelli, StudioGraf, Lido Vannucchi Illustratori: Patrizia Zavatti

PUBBLICITÀ CONTATTI: Romano Lambri - Presidente Cell. 393.9815078 Mauro Marelli - Console della Stampa Cell. 392.3591439

Emilia-Romagna e Marche: Angelo Franceschini - Tel. 335 368796 - e-mail: an.franceschini@libero.it Altre regioni: marketing@lamadia.com

SERVIZIO ARRETRATI PER NON ABBONATI 2 copie + spese di spedizione 13 euro

www.cegourmet.eu - info@cegourmet.eu e La Madia Travelfood® sono marchi registrati di proprietà.

è vietata la riproduzione in toto o in parte di testi e foto pubblicati

ORGANO DI INFORMAZIONE UFFICIALE dell’ACCADEMIA NAZIONALE ITALCUOCHI e della CONFEDERATION EUROPEENNE DES GOURMETS.

Spedizione Postatarget Magazine Aut. del Trib. di Milano n. 222 del 10/07/15




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.