Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa
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CIBI E VINI D’ECCELLENZA AL MUSEO DELLA MARINERIA
LA MADIA EDITORE
ANNO XXXII - Settembre 2016 - N. 310 - €E 4,00 - Direttore ELSA MAZZOLINI
SOMMARIO - LA MADIA TRAVELFOOD n. 310 EVENTI
GOURMETFOOD
pag. 60
di
Marina Tagliaferri
pag. 38
16° FESTIVAL DELLA CUCINA ITALIANA
LA SUBIDA
Dal 23 al 25 settembre approda a Cesenatico il bellissimo evento annuale.
Un piccolo paradiso friulano.
La cultura del benessere Il Risiko della cattiva alimentazione di Primo Vercilli......................................................... pag. 8 La scelta vegana Biotecnologie e Vegan di Silvia Bianco......................................................... pag. 12 Assaggi di Galateo Break’s Tea, gli inglesi scelgono la tradizione di Fabio Ferrantino.................................................... pag. 14 Progettare l’impresa La scala di marginalità di Lorenzo Ferrari..................................................... pag. 16 Golavagando Beercode all’aeroporto di Bologna........................... pag. 18 Ristorante Enoteca Vinalia di Claudio Mollo........................................................ pag. 20 Ristorante 108 a Copenaghen.................................. pag. 21 Cafè del Monte a Pesaro di Giorgia Zucchi....................................................... pag. 22 Ada e Augusto a Milano........................................... pag. 23 Cocktail... and more Moskovanda - Panino al cacao con lombo d’agnello e uovo di quaglia a cura di Daniele Briani............................................. pag. 24 Faccio cose... vedo gente... a cura del direttore Elsa Mazzolini............................. pag. 26 Golavagando “Mon Trésor” Da Matti di Claudio Mollo........................................................ pag. 30 Villa Maria di Giovanni Angelucci................................................ pag. 32 Ristorante Vapore di Claudio Mollo........................................................ pag. 34 GourmetFood Nikita Sergeev di Alessandra Meldolesi............................................ pag. 49
Ristorante La Bul di Sandro Romano.................................................... pag. 58 Buone Nuove............................................................... pag. 59 FashionFood Hotel Bauer di Maria Chiara Zucchi.............................................. pag. 66 Prodotti Eccellenti Avanguardia di Giorgia Zucchi....................................................... pag. 73 FashionFood Chateau Eza in Costa Azzurra di Luigino Filippi....................................................... pag. 76 Chef di Spirito Massimiliano Mascia di Sonia Leo.............................................................. pag. 78 GourmetFood Dario Picchiotti.......................................................... pag. 84 Vinaria Il focus di Alessandro Magnum Cucina e vini, ritorno alle tradizioni di Alessandro Rossi.................................................. pag. 88 Giappone, quali vini esportare di Angelo Gaja............................................................... pag. 90 Enovità di Gianluca Ricci....................................................... pag. 91 Il Castello di Verrazzano di Cristina Vannuzzi....................................................... pag. 92 Enovità di Gianluca Ricci....................................................... pag. 93 Montefabbrello di Stefano Bramanti...................................................... pag. 94 Assaggio di Libri......................................................... pag. 96
EDITORIALE di
Elsa Mazzolini
5 COSE CHE NON SOPPORTO Ho il privilegio anagrafico di aver vissuto tutte le fasi del cambiamento della cultura enogastronomica italiana grazie alla grande attività ultratrentennale de La Madia e quindi sono da un lato felice di rappresentare la memoria storica del settore, dall’altro stanca di vedere questo stesso settore svilito da una serie di banalizzazioni seriali che vado breve-
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mente a elencare nello stile social delle “cinque cose che non si sopportano”: gli spadellamenti televisivi. Non ditemi che non esiste un modo diverso, più divertente e utile per rappresentare la cucina italiana, a parte i buoni format di Cannavacciuolo e Borghese. La coazione a ripetere lo stesso atto, pur nelle varianti e nelle posizioni diverse che ingredienti e cotture richiedono, ha la stessa stupida intensità delle performance sessuali nei filmini pornografici. Mi è stato recentemente proposto un ciclo di trasmissioni con il solito cliché “perché è questo che vuole il pubblico”, cosa che ho rifiutato per non contribuire a riportare in tv l’ennesimo replicante;
2. certi blog – molti, non tutti – ma anche gli articoli degli pseudoesperti, che esperti non sono. Se è vero com’è vero che per insegnare bisogna prima imparare, ditemi perché
mai dovrei sorbirmi l’aggettivazione iperbolica dell’accattone di turno che, pur di mangiare gratis, venderebbe la sua tastiera a chiunque. Considerando che persino chi scrive di un argomento ludico/commerciale come il calcio conosce la storia centenaria del Bologna o del Torino, sa di Meazza, Sivori o Piola, ditemi perché gente che non ha la minima idea di chi abbia fatto la storia della ristorazione italiana, da Cantarelli a Paracucchi, da Colombani a Marchesi, venga a pontificare su personaggi e piatti che sono sempre e comunque la risultante di un fisiologico processo di evoluzione;
3. gli cheffini arroganti. Pur essendo sempre alla ricerca di giovani talenti - che per fortu-
na esistono e sono in crescente buon numero - non sopporto la supponenza di alcuni di loro ai quali non difetterebbe una maggiore modestia, almeno apparente, e una minore spocchia, specie nei confronti di chi opera da anni nel settore e a cui comunque qualcosa deve, se non altro in termini di rispetto;
4. i sommelier che consigliano il vino ai clienti, ma poi non lo servono mai, neppure se sono liberi, ritenendo quella del servizio un’attività meno nobile che deve essere svolta unicamente dai camerieri. Anche qui, meno improduttiva alterigia e maggiore spirito di servizio;
5. il prezzo del coperto. Che coperto non è. Non giustifico tre euro a coperto (ristorante medio) quando, in assenza di tovaglia, questo costo viene giustificato con il servizio del pane. Nel caso tre euro si applichino a quattro o otto commensali, quanto costa ‘sto ce-
ME
stino del pane? Sessanta euro al chilo? Però sarò sincera: non sono solo cinque le cose che non sopporto...
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LACULTURADELBENESSERE
a cura di
Primo Vercilli Medico Dietologo
IL RISIKO DELLA CATTIVA ALIMENTAZIONE È di questi mesi il rapporto finale dell’OMS, che cerca di fare il punto sulla piaga del sovrappeso e dell’obesità infantile. Il rapporto sottolinea che molti bambini oggi crescono in ambienti inadeguati, che favoriscono l’aumento di peso; tra l’altro la diffusione di cibi poco sani e bevande analcoliche è un fenomeno sempre più crescente soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Riguardo all’obesità infantile, sulla base dei dati 2014, quasi la metà (48%) di tutti i bambini con meno di cinque anni in sovrappeso e obesi vive in Asia e un quarto in Africa il numero è quasi raddoppiato, rispetto al 1990). Tra il 1990 e il 2014, nel mondo, la percentuale di bambini con meno di cinque anni in sovrappeso è aumentata dell’1,5%, passando dal 4,8% al 6,1%. I dati sono da guardare anche in prospettiva futura, in quanto ci sono adulti che continuano ad essere in sovrappeso e giovani che lo diventano, andando a creare delle prospettive di crescita del problema veramente preoccupanti. L’obesità coinvolge il 13% della popolazione mondiale adulta: se non si interviene rapidamente, nel 2025 questo valore salirà al 18% tra gli uomini e al 21% tra le donne, con valori di obesità grave del 6% per gli uomini e del 9% per le donne. Sono i risultati di uno studio condotto da ricercatori dell’Imperial College di Londra, in collaborazione con oltre 700 ricercatori nel mondo. Con gli attuali trend, le possibilità di raggiungere l’obiettivo dall’OMS (mantenere nel 2025 i tassi di obesità registrati nel 2010) sono praticamente nulle. Ovviamente il rapporto dell’OMS si chiude con una serie di raccomandazioni, che comunque erano anche estremamente prevedibili: promuovere l’assunzione di cibi sani e di scoraggiare il junk food, mediante una tassazione efficace sulle bevande
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zuccherate; porre dei limiti anche al marketing delle industrie produttrici di tali bevande. Per quanto riguarda l’educazione e l’informazione delle persone, l’OMS afferma che la cultura della nutrizione e della salute dovrebbero far parte dell’istruzione scolastica, facendo in modo che le informazioni e le linee guida nutrizionali siano diffuse in modo semplice, comprensibile e accessibile a tutti i gruppi sociali. Ovviamente si è pensato ad un sistema standardizzato di etichetta nutrizionale, obbligatoria per alimenti confezionati e bevande, che sia estremamente comprensibile da tutti. Non mancano poi altri tentativi, sempre fatti a livello istituzionale. Per esempio, la Pan American Health Organization, organo sempre appartenente all’OMS, ha pubblicato una guida per aiutare i Governi (attenzione, la guida è per i Governi) a distinguere gli alimenti freschi o industrialmente poco trasformati da quelli ultra-trasformati, in modo da essere in grado di adottare le misure necessarie per favorire una dieta sana da parte dei propri cittadini. La Pan American Health Organization classifica le bevande e gli alimenti processati e ultra-processati sulla base dell’eccessivo contenuto di zucchero, sale e grassi e quindi definisce: • Alimento con zucchero in eccesso, se la quantità di zuccheri aggiunti è pari o superiore al 10% delle calorie; • Alimento con grasso in eccesso, se le calorie provenienti da tutti i grassi sono pari o superiori al 30% di tutte le calorie; • Alimento con grassi saturi in eccesso, se le loro calorie sono pari o superiori al 10% delle calorie totali; • Alimento con acidi grassi trans in eccesso, se le loro calorie sono pari o superiori all’uno per cento delle calorie totali; • Alimento con sodio in eccesso, se il suo rapporto, in milligrammi, con le calorie (kcal) e 1:1 o maggiore.
LACULTURADELBENESSERE
Questi standard dovrebbero incoraggiare i Governi ad adottare misure restrittive per il marketing di alimenti poco sani verso i bambini, regolare la vendita di cibi e bevande nelle scuole, adottare avvertenze sulle confezioni, definire politiche fiscali per limitare il consumo di prodotti che vanno consumati saltuariamente. La cosa più interessante è che la pubblicazione di questo rapporto è stata criticata dall’International Council of Beverages Associations, che giudica i parametri troppo radicali e poco utili. E qui c’è da divertirsi: infatti, se andate a leggere le motivazioni di tale critica, essa non viene mossa perché ci sono dati scientifici che magari sostengono che il sodio o i grassi saturi o gli zuccheri non siano dannosi per la salute, ma semplicemente perché tale critica è troppo radicale visto che quegli alimenti con zucchero, grassi, sale in eccesso purtroppo rappresentano l’80% dei prodotti presenti nei supermercati! Infatti, se le persone non avessero l’80% degli alimenti che non possono mangiare, cosa dovrebbero acquistare? Siamo arrivati a giocare a Risiko! Chi occupa più territori vince. Paradossalmente quindi, basta coprire il mercato con il 100% di questi tipi di prodotti e il gioco è fatto: dovrebbe essere l’OMS a cambiare i criteri, perché tanto la gente mangia solo quel tipo di cibo! A cosa servono migliaia di studi scientifici, a cosa servono tasse per le aziende produttrici di junk food, a cosa servono i programmi nelle scuole, se poi l’80% dei prodotti che noi vediamo negli scaffali dei supermercati hanno quelle caratteristiche? Aggiungo un altro particolare: quanti sono i ristoranti che ci fanno mangiare con 4 euro, a parte i fast food? La politica di marketing non va fatta solo mettendo i bastoni fra le ruote alle grandi multinazionali che vendono prodotti poco sani (a loro una tassa in più o in meno non fa differenza), ma va fatta premiando quei produttori di cibi sani, del territorio, con caratteristiche nutrizionali bilanciate; va fatta dando la possibilità di offrire pasti sani e appetitosi a prezzi competitivi (migliorando la filiera, le criticità di distribuzione, ecc.); va fatta incentivando i promotori culturali a diffondere messaggi culturalmente etici, fatti di equilibrio, di misura, di gusto, fatti di informazione corretta e non solo perché si vuol spingere questo o quel prodotto. La giusta politica di marketing va fatta non vietando ma creando sinergie: se io so che posso concedermi un pacchetto di patatine e mangio 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, forse capisco che il problema non è la patatina, ma l’equilibrio alimentare che voglio dare alla mia giornata. Forse, dico forse, in un tentativo per cui tutti (produttori, consumatori, opinionisti) ci muoviamo con lo scopo di creare un equilibrio alimentare, senza vietare, ma educandoci alla misura, alla varietà, forse non dovremmo assistere impotenti a questo gioco del Risiko in cui l’80% degli scaffali è occupato da “truppe avversarie alla salute”… forse sapremmo anche come difenderci.
“Con aggiunta di vitamina A e C”, oppure “con calcio e vitamina D”, e ancora “contiene probiotici, fibre e vitamine”. Quante volte abbiamo letto queste parole sulle confezioni dei prodotti esposti sugli scaffali del supermercato? Ma siamo sicuri che i prodotti con queste diciture siano salutari solo perché contengono una manciata di vitamine? Una recente inchiesta pubblicata dall’associazione non-profit europea Foodwatch, ha dimostrato come la gran parte dei prodotti alimentari che vantano proprietà salutistiche grazie all’aggiunta di vitamine sono tutt’altro che salubri.
La maggior parte dei prodotti bocciati nel test di Foodwatch sono succhi di frutta e bibite
Foodwatch ha analizzato 644 prodotti arricchiti di vitamine venduti sugli scaffali di supermercati e discount tedeschi e olandesi, prendendo come riferimenti nutrizionali i profili nutrizionali stilati dagli uffici europei dell’OMS. L’analisi delle etichette ha evidenziato che l’80% dei prodotti non rispetta i parametri minimi per essere considerati un cibo adatto al consumo quotidiano, nell’ambito di una sana alimentazione. I motivi sono quasi sempre l’eccesso di: zuccheri, sale e grassi. Non sorprende che la maggior parte dei prodotti bocciati nel test (oltre 300), siano succhi di frutta e bevande, anche se nel gruppo si trovano diversi tipi di yogurt e cereali per la prima colazione. Secondo Foodwatch, l’aggiunta di vitamine ai prodotti per pubblicizzarli come salutari per l’organismo è una tecnica consolidata e vincente dal punto di vista del marketing, perché i consumatori ci credono. Le aziende alimentari sfruttano in modo opportunistico una lacuna nella legislazione europea che regolamenta i claims nutrizionali e salutistici (European Nutrition and Health Claims Regulation EC 1924/2006 o NHCR). La norma, creata appositamente per porre fine al far west di rivendicazioni salutistiche sulle confezioni dei prodotti alimentari, presenta però vistose lacune. La normativa consente l’utilizzo di claim di carattere nutrizionale scientificamente dimostrati per i prodotti effettivamente salutari. La criticità della norma è che per sele-
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LACULTURADELBENESSERE
zionare i prodotti “salutari” bisogna avere come riferimento dei profili nutrizionali. I profili, che dovevano entrare in vigore nel 2009, non sono mai stati definiti. Il risultato è che oggi sulle confezioni di molti prodotti sono presenti diciture salutistiche prive di senso, in quanto associate a alimenti molto poco indicati per una sana alimentazione.
ro a 16 grammi per 100 ml di bevanda, mentre il valore medio è 7 grammi. La più alta quantità di zuccheri è stata riscontrata nei frullati, con una media di 13 grammi. Il succo di frutta
additivato con zucchero, secondo Foodwatch,
non è una buona alternativa alle bibite zuccherate
Anche alcuni yogurt e cereali per la colazione, secondo Foodwatch, sono presenti nella lista dei prodotti bocciati
La ricerca di Foodwatch evidenzia la necessità di stabilire i profili nutrizionali per implementare la normativa NHCR e difendere i consumatori dall’aggressività di una pubblicità ambigua e ingannevole. Purtroppo il Parlamento Europeo, andando in direzione opposta, ha appena approvato (12/04/16), nella risoluzione REFIT, la proposta di escludere i profili nutrizionali dal regolamento sui claim salutistici. Per ora nulla di vincolante, ma sicuramente una presa di posizione scoraggiante da parte dell’Europa Il livello di zucchero nelle bevande alla frutta è “inaccettabilmente alto”: è la conclusione di uno studio pubblicato dalla rivista BMJ Open e condotto da ricercatori delle Università di Liverpool e di Londra. Gli scienziati hanno analizzato 203 bibite alla frutta, succhi di frutta 100% e frullati, venduti nei sette principali supermercati del Regno Unito e commercializzati in modo specifico per i bambini in contenitori da 200 ml. I ricercatori hanno quindi misurato la quantità di zuccheri aggiunti includendo nel calcolo glucosio, fruttosio, saccarosio e lo zucchero da tavola escludendo le sostanze dolci contenute naturalmente nella frutta metabolizzate in modo diverso dall’organismo. I risultati della ricerca evidenziano molte differenze tra i diversi tipi di bevande della stessa merceologia. Ben 85 dei 203 prodotti analizzati contengono una quantità di zuccheri pari alla quantità massima giornaliera consigliata per i bambini (19 grammi circa ovvero quasi quattro cucchiaini da tè). Complessivamente il contenuto di zuccheri aggiunti varia da ze-
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Applicando l’etichetta nutrizionale con i colori del semaforo, raccomandata dalla Food Standards Agency, 117 dei 203 prodotti analizzati dovrebbero indicare il rosso e 63 verde. Uno dei ricercatori, il professore Simon Capewell, osserva come la crescente consapevolezza dell’effetto delle bevande zuccherate su denti e sul peso dei bambini, ha spinto molti genitori a optare verso alternative apparentemente più sane, come i succhi di frutta e i frullati. «Purtroppo, la nostra ricerca dimostra che queste persone vengono ingannate», afferma il docente dell’University of Liverpool, perché il contenuto di zuccheri aggiunti è “inaccettabilmente alto” e “i frullati sono tra i peggiori”. Il Ministro delle finanze britannico, George Osborne, ha annunciato che dal 2018 entrerà in vigore una tassa sulle bibite con troppo zucchero. La tassa avrà due fasce: una per le bibite contenenti più di 5 grammi di zucchero per ogni 100 millilitri e l’altra per le bibite con più di 8 grammi di zucchero per ogni 100 millilitri. I succhi di frutta naturali, le bibite a base di latte e i piccoli produttori saranno esenti dalla tassa. La stima del governo britannico è che nel primo anno di applicazione dell’imposta, le entrate saranno pari a circa 520 milioni di sterline, equivalenti a circa 666 milioni di euro, mentre negli anni successivi è auspicabile una diminuzione del gettito, perché ciò significherebbe una riduzione del contenuto di zucchero nelle bibite. Gli introiti saranno destinati ad attività sportive nelle scuole. La tassa sarà imposta alle aziende, in base al volume di bibite zuccherate che producono o importano, e spetterà a loro decidere se scaricarla sui consumatori, aumentando il prezzo delle bibite. Quindi, la strategia del governo britannico non è quella di dissuadere l’acquisto delle bibite zuccherate da parte dei cittadini, aumentandone il prezzo, ma di spingere le aziende produttrici, attraverso la leva fiscale, a ridurne il contenuto di zucchero.
LACULTURADELBENESSERE
La tassa colpirà le bibite con più di 5g e 8g di zucchero per ogni 100 millilitri
Gli zuccheri aggiunti rappresentano mediamente il 21,1% delle calorie degli alimenti ultra trasformati, otto volte più degli alimenti trasformati (2,4%) e cinque volte più della somma di zuccheri aggiunti degli alimenti minimamente trasformati e degli ingredienti da cucina trasformati (3,7%). Per alimenti ultra trasformati si intendono quelli industriali preparati con ingredienti non utilizzati in casa come: caseina, siero di latte e proteine isolate, oppure oli idrogenati, amidi modificati e aromi. Gli zuccheri aggiunti aumentano il rischio di sovrappeso e obesità, oltre a favorire disturbi cardiovascolari. Le linee dietetiche statunitensi raccomandano di non superare il 10% delle calorie giornaliere provenienti da zuccheri. Gli autori dello studio affermano che limitare il consumo di cibi ultra trasformati sarebbe un modo molto efficace per diminuire il consumo di zuccheri aggiunti e favorire l’incremento di cibi minimamente trasformati o naturali più salutari, come latte, frutta e noci, piatti preparati al momento a base di cereali integrali e verdure.
Per alimenti ultra trasformati si intendono quelli industriali
Nel presentare al parlamento britannico il Budget 2016, in cui è inserita la nuova tassa sulle bibite con troppo zucchero, George Osborne ha detto: “Non voglio dover guardare indietro a questo mio periodo in parlamento, avendo ricoperto questo ruolo, e dover dire alla generazione dei miei figli: «Mi dispiace. Sapevamo che avevamo un problema con le bibite zuccherate. Sapevamo che avrebbero causato malattie. Ma abbiamo evitato di prendere decisioni difficili e non abbiamo fatto niente». Critiche alla nuova tassa sono state sollevate dall’associazione dei produttori di bibite, la British Soft Drinks Association, che l’ha definita “semplicemente assurda” e si è dichiarata molto delusa dalla decisione del governo di colpire l’unica categoria del settore alimentare e delle bevande che negli ultimi anni ha costantemente ridotto l’apporto di zucchero, che è diminuito del 13,6% rispetto al 2012, e che lo scorso ha deciso una riduzione del 20% delle calorie entro il 2020.
preparati con ingredienti non utilizzati in casa
Circa il 60% delle calorie quotidiane assunte dai cittadini statunitensi proviene da alimenti ultra trasformati, a cui si deve anche il 90% delle calorie provenienti dagli zuccheri aggiunti consumati ogni giorno. Lo ha rilevato uno studio pubblicato da BMJ Open, realizzato sui dati dietetici relativi al 2009-2010 di oltre novemila persone, partecipanti a un programma di studi dei Centers for Disease Control and Prevention.
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LA SCELTA VEGANA
a cura di
Silvia Bianco testimonial di cucina vegana
BIOTECNOLOGIE E VEGAN
NUOVE STARTUP PER UN FUTURO CRUELTY FREE ED ECOSOSTENIBILE Uno studio di Business Insider rivela come il settore dei burger di carne sia calato vistosamente già nei primi tre mesi dell’anno 2016, dopo anni positivi con una crescita del settore stimata al 14%, per un valore di 103 milliardi di dollari solo nel 2015. Tante le catene che hanno cavalcato l’onda negli anni della crescita, come McDonald’s, Burger’s King e tante altre, ma ora si trovano a fare i conti con una situazione in totale mutazione. Sempre più studi mostrano come sia deleteria una dieta a base di carne, ne consegue che le abitudini dei consumatori di tutto il mondo siano cambiate determinando questo improvviso calo del settore burger e di junk food in genere. Di fatto, la più recente indagine di The Vegetarian Resource Group ha riscontrato che nel 2015 sono 8 milioni gli americani vegetariani, mentre 1 milione sono i vegani, numeri che sembrano destinati a salire. COSA MANGEREMO NEL FUTURO? Un chiarissimo report dei trend sul cibo del futuro ce lo fornisce Reimagine Food (www.reimagine-food.com) un centro di studio delle interconnessioni tra cibo e le tecnologie emergenti che correla innovazioni, food startups, brands, nuovi sistemi tecnologici ed idee rivoluzionarie per i prossimi anni. Secondo Reimagine Food la tecnologia sta cambiando non solo per come mangiamo, ma anche per cosa mangiamo, grazie a strumenti come l’ingegneria genetica e le nanotecnologie: gli scienziati ricreano cibo come carne, latte animale o uova e ne studiano gli effetti sul corpo umano. Questo perché i consumatori di oggi chiedono sempre più diete bilanciate e sane, con soluzioni naturali provenienti direttamente dal cibo; la tecnologia interviene a supporto del consumatore per selezionare il cibo in maniera più razionale, precisa e personalizzata. Allo stesso tempo concetti come biologico, sostenibilità, coscienza ecologica, proteine alternative, superfood e snack sa-
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lutari acquistano sempre più forza. Il cibo del futuro sarà quindi sempre più legato alla parola benessere, ovvero ci nutriremo per prevenire e anche per curare malattie: bevande antiossidanti, bibite probiotiche a beneficio del sistema digestivo ed immunitario, cibi più funzionali con capacità curative e che si conformino alle abitudini di vita e agli obiettivi del consumatore. E’ in crescita esponenziale l’interesse per ottenere proteine ecosostenibili per cui molte aziende si stanno specializzando nella ricerca di alternative che siano anche meno inquinanti. E’ il caso, ad esempio, di Green Onyx che ha creato un sistema domestico per produrre quasi istantaneamente dei super vegetali con valori nutrizionali eccellenti, equivalenti ad una combinazione dei valori di broccoli, spinaci e cavolo (40% di proteine, 30% di fibre, ferro, magnesio, zinco, calcio, vitamine A, B, C, E, antiossidanti, Omega 3 e 6). Il nome di questa pianta è KAHI-NAM, una minuscola pianta acquatica che ricorda molto l’aspetto del caviale. Di color verde brillante, cresce naturalmente nel Sudest Asiatico riproducendosi in sole 48 ore; e grazie a questa sua caratteristica Green Onyx ha creato un dispositivo che ricrea le condizioni ottimali per la crescita e lo sviluppo di questo vegetale, in modo tale da averne sempre di fresco in poche ore a casa propria consumandolo in qualsiasi modalità come in insalate, stufati, zuppe, succhi e stuzzichini. BIOTECNOLOGIE CONTRO IL MALTRATTAMENTO ANIMALE: come gli innovatori del cibo salvano milioni di vite ed aiutano a salvaguardare il pianeta La diminuzione del consumo di carne degli ultimi anni ha dato il via ad una nuova era nel campo della sperimentazione sul cibo, nel quale si sono inserite innumerevoli startup volte ad offrire nuove soluzioni specifiche per rinunciare alla carne, ma non al
LASCELTAVEGANA
gusto. I prodotti alternativi alla carne e derivati animali saranno i protagonisti del mercato ed il consumo di questi prodotti ha già subito un impennata significativa, poiché oramai, si sa, la produzione di cibi a base animale è dispendiosa e non è più sostenibile, oltre ad essere eticamente inaccettabile. Le aziende hanno l’opportunità di sostituire la carne animale con i vegetali senza comprometterne sapore e consistenza, contribuendo a salvare innumerevoli vite animali ed adeguandosi ad un “trend” che ben presto sarà massiccio. Startups come Modern Meadow e Memphis Meat utilizzano le biotecnologie per produrre il primo burger in vitro. Si tratta di carne vera e propria e non di un sostituto: utilizzando le cellule del siero del bovino fetale, la carne viene fatta crescere all’interno di bioreattori. Le aziende stimano che saranno pronte per immettersi sul mercato entro il 2021. Impossible Foods, è una startup con obiettivi similari ma che rivolge le sue attenzioni ad un prodotto totalmente vegetale. Attualmente ha ricevuto più di 183 milioni di dollari da investitori, tra cui anche Bill Gates per 108 milioni di dollari. L’innovazione di questa azienda è nell’aver scoperto la stessa molecola presente sia nella carne rossa, sia nelle radici delle piante di legumi come la soia, che fornisce il tipico colore e sapore della carne rossa. Per simulare il grasso del manzo, Impossible Foods utilizza olio di cocco, mentre impiega le proteine delle patate per ricreare la tipica crosticina della carne scottata. L’oramai consolidata azienda Hampton Creek e l’emergente Clara Foods attraverso le biotecnologie hanno ricreato il sapore dell’uovo imitandolo alla perfezione attraverso un mix di proteine vegetali, producendo maionesi vegetali perfettamente identiche in gusto e consistenza delle classiche salse all’uovo, biscotti e torte ed impasti già pronti per prodotti da forno. Beyond Meat invece ha progettato il burger perfetto a base vegetale con l’utilizzo di proteine della soia, proteine isolate dei piselli ed altri ingredienti vegetali per replicare la consistenza ed il sapore di pollo e vitello ed è già disponibile nei negozi di alimentari degli Stati Uniti. Anche Gold & Green Food, azienda finlandese di cui abbiamo parlato nel numero 306 di Aprile, ha ideato il “pulled oats” (avena sfilacciata) che va a riprodurre il gusto e consistenza del “pulled pork” tramite un mix di avena, fave e proteine del pisello. La sperimentazione si è aperta anche nel campo dei formaggi, dove abbiamo diverse aziende emergenti, come Kite Hill con sede in California, che per ricreare formaggi e yoghurt utilizza mandorle locali, imitando l’azione del caglio che sfrutta un enzima vegetale, per ottenere sia formaggi freschi che formaggi invecchiati e con la “crosta”, proprio come un brie. Miyoko Kitchen, che nasce come ristorante vegan, grazie al suppor-
to economico di investitori è diventata l’azienda che produce formaggi vegan di alta fascia partendo da una base di noci ed usufruendo di metodi di finitura simili ai tradizionali, tra cui la copertura con cenere, erbe e foglie di fichi marinate nel vino. Insomma ci troviamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione nel campo del cibo e delle tecnologie emergenti, coniugando benessere e prevenzione per l’uomo e cura e salvaguardia degli animali per il pianeta intero. Basta solo pensare che tutte queste innovazioni ci permetteranno di ridurre l’utilizzo dei territori per le coltivazioni del 99%, decurtare l’impiego dell’84% di acqua e diminuire le emissioni di gas serra del 90% rispetto alle tradizionali produzioni di carni bovine. GENUINITA’ LA CHIAVE PER LA SOSTENIBILITÀ Tutte queste innovazioni che ci fanno pensare ad un cibo quasi futuristico - ma in realtà è attualissimo - non ci devono però indurre a pensare che per ottenere un gustosissimo burger vegetale siamo vincolati a rifornirci di questi prodotti alternativi. Basta selezionare attentamente ingredienti vegetali di buona qualità, abbinandoli tra loro alla perfezione per ottenere un’esplosione di gusto che punta al nostro benessere e a quello dell’ecosistema. E’ ciò che fa ad esempio, Flower Burger, una burgeria completamente vegetale di Milano, dove si possono gustare panini interamente homemade dal pane alla curcuma, a quello al carbone vegetale, con patty di ceci, seitan o tofu affumicato, con salsa di peperoni, di olive, ai funghi, maionese vegetale ed altri ingredienti come tartare di cipolle di Tropea, pomodori confit, formaggio cheddar vegan e tante altre ancora, il tutto accompagnato dalle esclusive e croccanti patatine al forno speziate. Ingredienti semplici ma combinati in modo tale da assaporare un burger vegetale da vero gourmand, che sta avendo un successo tale da aver inaugurato la seconda sede sempre a Milano con un testimonial d’eccezione come Marco Bianchi, tecnico di ricerca biochimica e oramai diventato lo “chef-scienziato” che per l’occasione, ha presentato il suo “Special White” burger: un panino integrale al grano saraceno, semi di lino e curcuma, con un patty mediterraneo di riso rosso, fagioli neri e barbabietola, una salsa al pomodorino essiccato, maionese ai capperi e per finire cipolle di Tropea e carote al forno. Il ricavato delle vendite sarà devoluto a Fondazione Veronesi, con la quale lo chef collabora come divulgatore scientifico. L’innovazione, il benessere e la sostenibilità parte dalla genuinità degli ingredienti ed anche dalle nostre azioni, Flower Burger, sostiene il progetto della giovanissima start up WAMI: per ogni bottiglia venduta, le popolazioni più a rischio potranno avere assicurati almeno 100 litri di acqua, tramite la costruzione di pozzi ed infrastrutture utili.
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Gala teo ASSAGGI DI
a cura di
Fabio Ferrantino Docente di Galateo presso Bon Ton Academy Professore di Enogastronomia IPSSAR Piobbico
BREAK’S TEA
GLI INGLESI SCELGONO LA TRADIZIONE Si dice sia il momento più importanti per il galateo e forse, per alcune popolazioni, lo è. Il servizio del tè non è semplicemente un atto conviviale intimo, ma anche culturale, ed in alcune parti del mondo diviene una vera e propria cerimonia che segue un rigido protocollo. Per i giapponesi si chiama “Cha no yu”, per i cinesi “Kung fu cha”. Nonostante la tradizione legata al consumo del tè nasca in Cina, è in Europa che trova una forte connotazione sociale e precisamente in Gran Bretagna, che grazie al suo passato coloniale fa approdare questa bevanda nelle case inglesi dove ancora oggi non può mancare. Qui il tea time si svolge inesorabilmente alle ore 17.00; è importante che questo momento avvenga distante dai pasti principali. Il te viene usato in foglie mentre le bustine, anche se oggi ne esistono di ottime qualità, vengono considerate di seconda scelta e quindi meno pregiate, anche se più comode. La mise en place è molto semplice: si parte da un tavolo che sia poco ampio, con una tovaglia di lino semplice nello stesso tessuto della tovaglia, piattino da dessert per ogni invitato con tovagliolo di dimensioni ridotte alla sinistra del piattino, una tazza dalle dimensioni non troppo grandi e possibilmente pre-riscaldata, il cucchiaio da te ed eventualmente forchettina da dessert. Il mondo del tè è amplissimo da descrivere: insieme al caffè è fra le bevande più consumate al mondo. Una bevanda talmente importante da far nascere negli ultimi anni la figura del
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Tea Sommelier. Ogni tipologia di miscela o conservazione delle foglie ha la sua procedura di preparazione e dosaggio. In linea di massima è bene sapere che, oltre al tè, è fondamentale l’acqua con cui viene preparato: deve provenire, secondo i cinesi, da una sorgente di montagna, equivale a dire un’acqua povera in residuo fisso e dal ph neutro. Per questo è sconsigliabile usare l’acqua bollente dispensata dalla macchina da espresso, meglio un bollitore che mantiene una buona acqua, povera di calcare ad una temperatura fra i 70 e gli 80 gradi centigradi. Vi è anche un’attrezzatura che si chiama Samovar che mantiene costantemente in caldo l’acqua, con una fiammella alla base come per gli chafing dish, molto utile nel caso di meeting o manifestazioni in luoghi dove non vi sono prese elettriche. L’aggiunta di elementi estrani quali zuccheri, latte e limone modificano il sapore del tè, quindi limitarne l’uso è consigliato. C’è chi pensa che dolcificare il tè sia un’eresia, stessa cosa che pensano gli estimatori del caffè. I puristi prendono le parti dello scrittore George Orwell, che affermava: “Il tè deve essere bevuto senza zucchero, altrimenti lo si beve come fanno i russi. So bene di essere in minoranza su questo argomento, ma come puoi definirti un amante del tè se ne distruggi il sapore con lo zucchero? Sarebbe allo stesso modo ragionevole aggiungere il pepe o il sale. Il tè deve essere amaro, così come la birra. Se lo zuccheri, non assaporerai più il tè, ma lo zucchero e potresti fare una bevanda simile semplicemente sciogliendo lo zucchero in
ASSAGGIDIGALATEO
semplice acqua calda. Alcuni risponderanno che non gli piace il tè così come è, che lo bevono solo per scaldarsi e per svegliarsi, che hanno bisogno dello zucchero per mandarlo giù. A queste persone fuorviate direi: prova a bere il tè senza zucchero per, diciamo, una quindicina di giorni e vedrai che non rovinerai più il tè zuccherandolo.” Sempre meglio, comunque, avere a portata di mano una bella zuccheriera ben pulita, o meglio ancora delle zollette presentate in un recipiente che si abbini al contesto. Ultimamente si notano sempre di più i bastoncini di zucchero cristallizzato che, se pur non proprio legati alla tradizione, potrebbero costituire un’originale alternativa. Vi ricordate la fatidica domanda per poter entrare nella villa di Sir Leigh Teabing nel libro “Il codice da Vinci”? Alla domanda: “Latte o limone?”, il Professor Langdon risponde: “Dipende dal tipo di tè”. È una delle questioni più dibattute sul tè, dove gli orientali la pensano molto diversamente dagli occidentali. Per gli inglesi è ovvia l’aggiunta di latte, indicato per i tè neri e dal gusto deciso, tradizione che si dice sia nata per creare una barriera bianca utile a non far sporcare l’interno delle tazze di pura porcellana bianca. Il limone invece ha la proprietà di cambiare fortemente il colore e il gusto del tè, soprattutto per i tè verdi e i più delicati. Un sacrilegio insomma. Un agrume più delicato che permette di evitare questa denaturazione è l’arancia, quindi perché non proporre
anche questa alternativa, accostando il limone maggiormente alla preparazione del tè freddo? È importante ricordarsi sempre di aggiungere questi elementi dopo che il tè sia stato già versato in tazza. Quando si parla di tè, si parla anche di intimità, concetto che nasce proprio dal poter conversare in un momento di pausa fra amici o colleghe di lavoro. Se ci balenasse l’idea di aprire una sala da tè, è fondamentale dunque capire come poter incarnare il concetto di tranquillità e intimità. Gli spazi aperti sono ideali, con ogni tavolo ben distanziato l’uno dall’altro. Il personale di sala dovrà essere quasi invisibile e gentile nella spiegazione dell’infuso che sta servendo, sempre che sia richiesta. Se la sala sarà all’interno, si può riprendere l’atmosfera della sala da tè di un tradizionale tatami giapponese, con colori delle pareti chiare, elementi in legno e luce calda soffusa e mai diretta. Il cameriere adagerà soltanto il recipiente in ghisa con l’acqua alla giusta temperatura in base all’infuso scelto dal cliente; spetterà a lui porre in infusione le foglie e versare il tè nella tazza dei propri invitati. In un primo momento sarà servita la pasticceria secca, poi potrà essere portata a tavola anche una fetta di torta o un dolce intero che verrà sporzionato dal cliente per i suoi invitati. Teniamo sempre a portata di mano qualche spuntino salato, potrebbe essere sempre richiesto. Per tutto il resto, gli elementi essenziali per un buon tè, oltre il buon tè, sono pace e tranquillità.
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PROGETTARE L’IMPRESA
a cura di
Lorenzo Ferrari Direttore Marketing di RistoratoreTop
LA SCALA DI MARGINALITÀ
CHE PIACE SIA AL RISTORATORE, SIA AL SUO PERSONALE DI SALA! Chi scrive è convinto che il personale di sala e il menù svolgano due ruoli differenti, uniti dalla stessa finalità: servire al meglio il cliente, facendogli vivere una splendida esperienza, facendo combaciare i piatti a maggiore marginalità con la scelta del cliente stesso. Una situazione win-win, dove tutti vincono. Volendo fare una metafora calcistica, il menù sarebbe il mediano che crossa la palla in area, mentre il cameriere l’attaccante che la butta in rete, tra gli applausi della folla.
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PROGETTAREL’IMPRESA
L’obiettivo è sempre fare “rete”. Ma i compiti sono differenti e ben separati: c’è chi prepara le condizioni necessarie affinchè la rete sia realizzabile, e c’è chi lo realizza fisicamente. Ovviamente la probabilità di fare goal dipende dalla bravura dei singoli giocatori e dalla loro azione sinergica. E, precisazione doverosa: entrambe le figure sono fondamentali per la buona riuscita dell’azione. Senza una o l’altra, non c’è goal. La stessa cosa dovrebbe avvenire nelle sale dei ristoranti italiani. Il menù dovrebbe informare il cliente sulle varie scelte, elencandogli chiaramente e brevemente quelle consigliate dalla casa (che, senza malizia alcuna, saranno anche le più profittevoli per chi le propone) e il personale di sala, che dovrebbe conoscere il menù a menadito in ogni sua sfaccettatura, non dovrebbe fare altro che rassicurare il cliente sulla bontà della scelta, e, perchè no, cercare di compiere una ulteriore vendita, abbinando il complemento ideale con la scelta effettuata dal cliente. Ovviamente, meglio è ingegnerizzato il menù e meglio saranno le condizioni nelle quali il personale di sala si troverà ad operare. E tanto più bravo, preparato e convincente sarà il personale di sala, tanto più probabile diventerà la vendita di quel determinato piatto a scapito di altri. Anche in questo caso, entrambe le figure sono fondamentali: senza una o l’altra, non si raggiunge un risultato soddisfacente.
COSA SUCCEDE NORMALMENTE Normalmente accade opposto. Il menù, pieno zeppo di voci, opzioni e possibilità, confonde il cliente invece che rassicurarlo, andando a creare le perfette condizioni nelle quali è impossibile compiere una scelta consapevole, adatta e razionale. Il personale di sala, che spesso troppo poco sa della composizione del menù, si trova di fronte una persona maldisposta e confusa, e si limita passivamente e remissivamente a segnare sulla comanda l’ordine, e niente più. Risultato? Media scontrino che cala a picco, cliente non soddisfatto, personale di sala non motivato.
LA SCALA DI MARGINALITÀ RISOLVE QUESTO PROBLEMA Come anticipavo, non c’è una figura più importante dell’altra: menù ingegnerizzato e cameriere sono semplicemente impre-
scindibili per ogni Ristorante che punta all’eccellenza. Per cui mi piacerebbe fornire il sistema che utilizziamo noi di MenuEngine per redigere un menù snello, funzionale e che aiuti il personale di sala a indirizzare il cliente verso la scelta a lui ottimale. Si tratta di creare quella che chiamiamo Scala di Marginalità. Per creare questa scala, occorre munirsi di due strumenti: il proprio menù e una calcolatrice. Innanzitutto, occorre calcolare il food cost (il costo delle materie prime che compongono un piatto) e il food price (il prezzo di vendita) di ogni piatto presente sul menù. Più precisi si sarà durante questa operazione, tanto più accurata sarà la Scala di Marginalità trovata. In seguito si esegue una semplicissima sottrazione tra il food price e il food cost. In questo modo si ottiene la marginalità di ogni piatto che si ha sul menù. Ora, per ogni categoria, si crea la Scala di Marginalità. Lo si fa mettendo in ordine dal piatto più profittevole a quello meno profittevole tutte le referenze del menù. Si otterrà quindi una “Scala di Marginalità” per gli antipasti, una per i primi piatti, una per i secondi piatti e così via. Sarà così chiaro e lampante quali piatti sono realmente profittevoli e quali piatti non lo sono. E questi piatti saranno gli stessi che andranno evidenziati sul menù (creando un “rudimento” di menu engineering) e che il proprio personale di sala dovrà caldamente consigliare agli avventori del proprio locale. Questa Scala di Marginalità mette quindi d’accordo tutti: il ristoratore, che si trova a guadagnare d più, il personale di sala, che sa esattamente cosa consigliare e in che modalità, e i clienti, che avranno l’occasione di assaggiare le specialità della casa. È bene sottolineare che la Scala di Marginalità potrebbe diventare una “Scala di Velocità di preparazione” qualora si decidesse di misurare la velocità di preparazione di ogni piatto, qualora il problema sia relativo alla lentezza della cucina o della sala durante il servizio. Oppure una “Scala di Popolarità” qualora si decidesse di misurare la popolarità di ogni piatto, ottenendo quindi un indice del grado di interesse dei clienti verso un determinato piatto. E’ sufficiente isolare una “metrica” d’interesse (marginalità, popolarità, velocità di preparazione ecc.) e misurarla per ogni piatto presente sul menù. Si provi ad utilizzarla e si rimarrà stupiti della performance generata. Buon menu engineering!
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GOLAVAGANDO
APRE ALL’AEROPORTO DI BOLOGNA
BEERCODE
BIRRA, BAR E CUCINA PER VIAGGIATORI GOURMET Il gruppo francese Lagardère ha recentemente inaugurato BeerCode, l’esclusivo bar-birreria che offre ai viaggiatori un’atmosfera calda e rilassante nell’aeroporto di Bologna. Si tratta di un format nuovissimo, che coniuga le peculiarità della cucina, del prodotto, del design e dei materiali tipici della cultura italiana, in un contesto di flussi viaggiatori, prevalentemente internazionali. Situato al piano partenze, BeerCode è stato progettato per comunicare al viaggiatore la qualità e la varietà dei possibili momenti di sosta all’interno di un aeroporto. A tal proposito si ripartisce in tre aree: una lounge, una dinning&caffee ed infine una marcatamente beer&kitchen, con la zona di mescita posta al centro vicino alla cucina a vista.
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GOLAVAGANDO
BeerCood, infatti, affianca al classico servizio da bar, un’interessante offerta di birre che ben si sposa con gli hamburger preparati al momento davanti agli occhi dei clienti. All’interno dell’aeroporto spicca per il suo stile esclusivo e per l’atmosfera calda e rilassante. Questo grazie anche all’arredo, progettato da Costa Group, in cui a dominare è la sapiente miscela fra legno, trame e tessuti artigianali. Le sedute, divanetti e poltrone, permettono ai viaggiatori di gustarsi in tutta comodità uno spuntino veloce o un hamburger, magari accompagnati da un’ottima birra. Le pareti sono rivestite di boiserie laccata nera e carta tessuto a righe bianche e nere. Per finire la modernissima cucina, circondata da vetrata, conferisce al locale un aspetto molto elegante e innovativo. Considerato il successo, il format di BeerCode verrà replicato, a partire dal terminal internazionale di Fiumicino. BEERCODE
Via del Triumvirato, 84 40132 Bologna
Design e arredo
Costa Group, Manlio De Antoni
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RISTORANTE ENOTECA
VINALIA
A CECINA GIARDINO ZEN, CUCINA GIAP E ARIA LIVORNESE di
Claudio Mollo
Quando si dice le combinazioni della vita…! Lui sommelier molto gettonato, lei arrivata in Italia dal Giappone per studiare la cucina italiana, per entrambi esperienze importanti in Toscana e poi l’incontro, in uno di questi ristoranti. Il tempo di conoscersi meglio e l’inizio della loro bellissima storia. Kazuyo Hada e Simone Cavallini decidono così di dar vita al loro locale, un punto d’incontro tra tradizione toscana e fantasiose rivisitazioni tratte dalla più schietta cultura gastronomica giapponese. Nel 2006 prende così vita “Vinalia”, che inizia la sua attività il 19 agosto, proprio nel giorno in cui il calendario romano riporta il termine “vinalia”, nome della festa fatta come buon auspicio per l’imminente vendemmia. Situato a pochi passi dal Duomo di Cecina nel pieno centro storico della cittadina, il locale, al suo interno, conta una ventina di posti a sedere, collocati in un’atmosfera calda ed accogliente. Nel periodo estivo c’è anche la possibilità di sfruttare un piccolo spazio esterno, adiacente a una piazzetta privata immersa in un giardino zen. Nell’affollato panorama della ristorazione del litorale livornese, un locale “alternativo” ci sta proprio bene e Vinalia incarna in pieno questo aggettivo. Immaginando chissà quali preparazioni riferite ad uno chef giapponese, è veramente singolare la presenza di piatti della cucina livornese che Simone ha fortemente voluto in carta e stupisce la bravura di Kazuyo nel realizzarli: dal cliente occasionale a chi ha sentito parlare di questa coppia ed è andato a conoscerli,
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AL VIA IL 108 DI RENÉ REDZEPI IL NUOVO RISTORANTE URBANO VICINO ALLA NATURA, AI MIGLIORI PRODUTTORI E ALL’ENERGIA DI COPENAGHEN foto di
fino agli amici più affezionati, gli apprezzamenti non mancano mai. Le persone tornano per assaggiare cose sempre diverse, sanno che a tavola è difficile annoiarsi tra un umido di mare profumato di labronicità, una frittura in tempura realizzata ad arte o un sashimi presentato con i dovuti rituali, abbinati a salse, alghe, marinature e altre preziose interpretazioni di arte culinaria orientale. Il menù propone un po’ di questo e un po’ di quello, mentre per fare un’intera cena giapponese, perlomeno a piccoli gruppi, bisogna prenotare con un po’ di anticipo a causa delle lunghe preparazioni che questa richiede. I vini da abbinare ai piatti scelti abbondano e, visti i trascorsi di Simone, c’è da stare tranquilli e lasciarsi guidare tra le tante etichette: dalle più note a quelle più interessanti e nuove. Non mancano interessanti birre artigianali, sakè giapponese e tè verde.
RISTORANTE ENOTECA VINALIA Vicolo San Leopoldo, 13 Cecina (LI)
Tel. 0586 682330
Hannah Grant
Ha aperto il 108, ristorante frutto della partnership tra Renè Redzepi e il team del Noma con lo chef Kristian Baumann (foto qui sopra). Da gennaio ad aprile di quest’annno, lo staff, capitanato da Baumann durante la trasferta australiana di Redzepi, ha offerto agli appassionati della nordic cuisine un primo assaggio del 108 nel Pop Up restaurant “108 at Noma” che ha occupato i locali del Noma. Da aprile lo staff del 108 ha lavorato alla ricerca degli ingredienti migliori nella regione di Copenaghen e instaurato uno stretto rapporto con agricoltori e produttori di eccellenza per continuare a far crescere l’idea di una cucina tipica a Copenaghen. L’obiettivo del 108 è infatti quello di creare un ristorante urbano a stretto contatto con la natura e al tempo stesso con l’energia e il dinamismo della città. Una novità del locale sarà il “livretter” – in danese “piatto preferito”: si tratta di porzioni formato famiglia per un intero tavolo, un grande pesce grigliato, o spalla di agnello brasata, o ancora verdure ai ferri servite con una varietà di salse. Il ristorante, in Strandgade 108 nello storico porto di Christianshavn, in tipico design danese e luminosissimo grazie alle meravigliose finestre a tutta parete, offre una vista mozzafiato sui vecchi canali di Copenaghen e ha al suo interno anche uno spazio dedicato a caffè e vino; al mattino inoltre espresso e cappuccino e, da mezzogiorno in poi, winebar. 108
Strangade 108 - København K 1401 - Danimarca
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GOLAVAGANDO
A PESARO
CAFÈ DEL MONTE ENOTECA E GASTRONOMIA CON CUCINA A TUTTE LE ORE di
Giorgia Zucchi
A pochi mesi dall’inaugurazione di Cafè Del Monte, enoteca gastronomia, incontriamo Daniele Patti, chef patron de Lo Scudiero di Pesaro. Pesaro è terra di gourmet. Il mare di fronte, ponte con la cucina dell’Adriatico e del Mediterraneo, va a sposarsi con un entroterra alle spalle che affonda le radici nel centro dell’Italia e con tutte le sue tradizioni gastronomiche ed enologiche fatte di formaggi, carni, vitigni autoctoni, e gemme preziose quali il tartufo. Non per niente il concittadino più illustre dei pesaresi fu Gioachino Rossini, strepitoso compositore e pianista, vanto italiano nel mondo, nonchè rinomato gourmet. Vi dice nulla il filetto “Alla Rossini”? Da qualche tempo a questa parte in città si nota fermento dal punto di vista dei ristoranti e dei locali di ristorazione: rinnovo di locali storici, nuove aperture, nuove gestioni, nuovi format, in linea con quanto accade nel mondo. Daniele Patti non è una novità nel panorama della ristorazione pesarese, come non lo è il suo Scudiero, storico tempio della buona cucina pesarese, a due passi da Piazza del Popolo. Le novità sono i nuovi progetti di Daniele e del suo staff, che nonostante la giovane età dimostrano di non temere nuove sfide.
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GOLAVAGANDO
A MILANO In che cosa consiste la tua nuova avventura? Si tratta di un bar pasticceria, di una gastronomia con piatti caldi, di un’enoteca. È un negozio in cui poter fare la spesa, sia al banco con prodotti come formaggi e salumi, sia dagli scaffali che abbracciano il locale e arrivano fino al soffitto. È un cocktail bar. È una tisaneria. Ci piace pensarlo come l’unico luogo di Pesaro che per sei giorni a settimana offre ai suoi ospiti cibo, bevande e servizio di altissima qualità, con prodotti da tutto il mondo. Anche “il locale di Pesaro con il menù più grande” è una buona definizione. Dove si trova? Al primo piano di palazzo Baldassini – Del Monte, proprio sopra a Lo Scudiero, a due passi da Piazza Del Popolo. Perché un locale così, a Pesaro? Per due motivi: da un lato, c’è un approccio al cibo e alle bevande di qualità molto trasversale e omnicomprensivo: ogni giorno un numero sempre maggiore di persone
sceglie di mangiare cose buone e sane, riconoscendo loro il giusto valore, e i pesaresi non sono da meno; dall’altro i limiti stimolano la creatività. I limiti aiutano a migliorarci. A Lo Scudiero ho carta bianca, il locale ha un pubblico preciso che da noi si aspetta il meglio, per questo la richiesta maggiore è quella relativa alle nostre degustazioni. Per uno chef, un campo aperto. Ma come declinare quel “meglio” in una colazione? In una tisana? In un aperitivo? In un pranzo di lavoro che deve essere rapido e rimanere nell’ambito di un certo budget? Cafè del Monte ci offre questa possibilità, e ne siamo felici. Ecco perché penso che i limiti aguzzino l’ingegno e stimolino la creatività.
ADA E AUGUSTO È IL PRIMO “FARM RESTAURANT” PER GOURMET Alle porte di Milano è nato il primo ‘farm restaurant’ per gourmet. Si chiama Ada e Augusto, una “bomboniera” nel recinto di Cascina Guzzafame, a Gaggiano, pochi chilometri a sud della città. Un ristorante gourmet, nel cuore di una fattoria - sulla scia dell’esempio di René Redzepi che ha trasferito il suo Noma in un’azienda agricola nella periferia verde di Copenaghen - guidato dal talentuoso chef Takeshi Iwai che utilizza i prodotti della cascina per realizzare la sua cucina italiana moderna a km 0. Ada e Augusto è un nome che si lega alla storia della famiglia Monti, pioniera dell’agricoltura lombarda. Il ristorante gourmet con una carta unica, dove il 70 per cento dei prodotti utilizzati per i piatti sono di Cascina Guzzafame: la carne di manzo e maiale dello storico allevamento che viene lavorata anche per fare salumi, il pollame di altissima qualità, il riso Carnaroli, le farine per realizzare la pasta, il pane e i dolci, le verdure e gli ortaggi bio, il latte che nel caseificio interno diventa burro, yogurt e formaggi, le uova, il miele e i fiori edibili.
ADA E AUGUSTO
Cascina Guzzafame, 20083 Gaggiano (MI) Tel. +39 331 6383207
Organizzate anche serate? Assolutamente sì. La qualità va condivisa, così il suo valore raddoppia. Il giovedì e la domenica c’è il nostro aperitivo con dj set e buffet di pesce, preparato sempre fresco: dalle ostriche al risotto, vogliamo vedere gli ospiti sazi e felici. Il venerdì invece abbiamo creato un appuntamento per sole donne, Tacco e Drink: un drink e tre tapas gourmet ad un prezzo fisso, l’ideale per chiacchierare con le amiche e dedicarsi un po’ a se stesse.
CAFÈ DEL MONTE
Via Baldassini, 2, 61121 Pesaro (PU) - Tel. 0721 165 1804 - www.cafedelmonte.it
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C CKTAIL... a cura di
Daniele Briani foto di
StudioGraf IL BARTENDER
PANINO AL CACAO CON LOMBO D’AGNELLO E UOVO DI QUAGLIA INGREDIENTI
Charles Flamminio Bartender mixologist
Panino al cacao, carrè d’agnello, uovo di quaglia, spinacino tenero, sale, pepe, menta, olio extravergine, cacio fuso.
Per il panino: g. 500 di farina 00, g. 225 di acqua, g. 13 di lievito di birra, g. 13 di cacao amaro, 1 uovo, g. 25 di burro, g. 7 di sale.
Mescolare la farina al cacao, sciogliere il lievito nell’acqua a
Belludi 42 Riccione
30°C e impastare, poi unire il burro e le uova.
Formare dei panini da 30/35 grammi e fare lievitare. Cuocere a 175°C per 12 minuti circa.
LO CHEF
PREPARAZIONE
Disossare il carrè d’agnello e tagliare dei medaglioni da mettere in marinatura con sale, pepe, olio extravergine e
foglie di menta e spennellare con senape. Lasciare in frigorifero a riposare.
Pulire e lavare gli spinacini quindi metterli ad asciugare
su un panno. In una padella cuocere l’uovo di quaglia e in un’altra il medaglione.
Tagliare il panino mettendo sulla base lo spinacino condito,
il medaglione e porre sopra l’uovo di quaglia irrorando con
Fabio Drudi
una salsa al cacio.
“Curiosità, passione e tenacia sono gli ingredienti dei miei piatti”
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“
Dal pre dinner all’after dinner, nasce un nuovo modo di giocare tra solido e liquido. L’alchimia del bere miscelato sposa la cucina con sapori che rimbalzano dall’una all’altra preparazione, in una esperienza sensoriale pienamente coinvolgente.
MOSKOVANDA cl. 3 di Carambola,
Heargray al bergamotto,
cedrata, Cherry, lavanda, violetta cl. 6 di Rum cl. 1 di lime
cl. 5 di Ginger Beer
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”
Faccio cose... ...vedo gente a cura del direttore Elsa Mazzolini
DIRE, FARE, SOGNARE! A CESENA I PROTAGONISTI DELLA CULTURA DEL CIBO E DEL VINO IN EMILIA ROMAGNA E MARCHE PREMIATI AL TEATRO VERDI TEATRO VERDI - CESENA (FC)
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Cesena capitale dell’enogastronomia per un giorno al Teatro Verdi. L’occasione è stato l’epilogo di “Dire Fare Sognare”, tributo ai protagonisti del cibo e del vino di Emilia Romagna e Marche promosso per il quinto anno da Partesa. Due i momenti della giornata: il premio a cinque protagonisti che hanno lasciato un’impronta a livello nazionale; il riconoscimento per provincia a un cuoco o a un operatore del territorio. A sceglierli tre importanti firme del giornalismo enogastronomico nazionale: Andrea Grignaffini, Elsa Mazzolini e Alessandra Meldolesi. Alessandro Rossi, responsabile vino di Partesa, ha premiato i cinque protagonisti della scena nazionale: il cuoco riminese Gino Angelini, chef di fama internazionale che da circa un ventennio ha conquistato il palato dei vip di Hollywood nel suo ristorante a Los Angeles; il pasticciere bolognese Gino Fabbri, che oltre a essere stato eletto pasticciere
dell’anno nel 2009, nel 2015 è stato capo della delegazione che ha accompagnato la squadra italiana alla Coupe du Monde de la Patisserie conquistando la medaglia d’oro dopo 18 anni di assenza dal podio; il cesenate Luca Gardini, miglior sommelier del mondo nel 2010 nel concorso promosso dalla Wsa (Worldwide Sommelier Association), fondatore insieme ad Andrea Grignaffini del Biwa (Best Italian wine awards) che premia i migliori 50 vini d’Italia, primo italiano a entrare nel gotha della critica mondiale del Wine-Searcher; Ivan Albertelli dell’Hostaria da Ivan a Fontanelle di Roccabianca di Parma, locale a due passi dalla casa natale di Giovanni Guareschi, inventore della ‘Salumoterapia’, un innovativo percorso sensoriale per apprezzare gli effluvi dei salumi; Primo Vercilli, tra i principali divulgatori delle tematiche sull’alimentazione, inventore del Metodo della Nutrizione Immuno Geno Funzionale. Questi i vincitori suddivisi per provincia: Fabrizio Timpanaro Quartopiano (Rimini), Mattia Borroni chef del Ristorante Alexander (Ravenna), Angelo Asirelli Trattoria Bolognesi (Terra del Sole), Martina Mosco del Ristorante Apelle (Ferrara), Agostino Iacobucci Ristorante I Portoci (Bologna), Stefano Corghi de Il Luppolo e l’Uva (Modena), Antonio Torino Ristorante Mammarosa (San Polo d’Enza di Reggio Emilia), Gianluca Melegari del Ristorante Castello dell’Elfo (Reggio Emilia), Renato Besenzoni del Ristorante da Giovanni (Piacenza), Sabrina Tuzi Ristorante Degusteria del Gigante (San Benedetto del Tronto).
Qui sopra, da sinistra, Alessandro Rossi, ideatore del Premio, il sommelier Luca Gardini, Ivan Albertelli dell’omonima Hostaria, il pasticciere Gino Fabbri, la giornalista Alessandra Meldolesi, Il Dott. Primo Vercilli, ME, lo chef Gino Angelini, e il giornalista Luca Bonacini che ha sostituito Andrea Grignaffini nella consegna dei premi. Sotto, ME con gli chef (da sinistra) Sabrina Tuzi, Angelo Asirelli, Mattia Borroni e Fabrizio Timpanaro.
Nelle foto sotto, da sinistra, i premiati Gianluca Melegari, Antonio Torino, il giornalista Luca Bonacini, Renato Besenzoni, gli chef Agostino Iacobucci, Martina Mosco, Stefano Corghi e la giornalista Alessandra Meldolesi.
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Faccio cose...
...vedo gente
L’OSCAR DELLE BIBITE A GALVANINA PARCO GALVANINA - COVIGNANO (RN) Oltre 400 invitati, maestranze degli stabilimenti di Rimini - dove si imbottiglia l’Acqua Galvanina -, e Apecchio - dove è ubicato lo stabilimento dell’Acqua Valdimeti -, partner commerciali e tanti ospiti per la Festa d’estate del Gruppo Galvanina, voluta dal patron Rino Mini per sottolineare la recente vittoria del prestigioso premio Sofi Award 2016 consegnato a New York alla Galvanina per la bibita analcolica biologica al gusto di “Arancia rossa, Carota nera & Mirtillo” della linea Century. “In America esportiamo oltre il 50% della nostra produzione” - spiega Rino Mini -. “I successi internazionali - a fronte di un export pari al 90% dei prodotti Galvanina - riguardano in primis gli Stati Uniti, dove i prodotti sono presenti in tutti e 50 gli Stati, ma anche in Canada dove è confermata la leadership di Galvanina e la recente penetrazione nei mercati asiatici, con la grande performance in Giappone e in Korea, oltre che in Australia e Nuova Zelanda”. Per tutta la serata, dunque, al centro dell’attenzione la grande intuizione della linea Century, nata per festeggiare i 100 anni di puro gusto Italiano e naturalmente i 100 anni di storia produttiva di Bibite Analcoliche, lanciate sul mercato italiano ed internazionale. E’ stata anche una bella occasione per brindare con la nuova linea “Acqua Minerale Century”, creata per celebrare la passione e la tradizione di sempre. Una linea di ispirazione vintage che, anche nel nome, rimanda agli anni in cui tutto è incominciato.
ME con DAVIDE SCABIN Geniale e propositivo come sempre, Davide Scabin rivoluziona la tradizionale scala del gusto che parte dai sapori meno intensi per poi arrivare a quelli più impegnativi, facendo l’esatto contrario: con un sistema che ha chiamato “Up and down” parte dai piatti forti quando i succhi gastrici non sono ancora affaticati dalla sequenza delle portate, per approdare, sul finale, alle proposte più light. Una nuova sfida da affrontare al Combal.Zero del Castello di Rivoli (TO). 28
I locali
on
Trésor
Scopriamo insieme quali sono i locali che racchiudono piccoli grandi tesori...
Ogni ristorante, locanda o trattoria, famosa o meno, può vantare il proprio “Mon Trésor”, un personalissimo tesoro fatto di attenzione per i dettagli, cura dei propri ospiti, professionalità in cucina e in sala. Noi abbiamo individuato alcuni di questi “Mon Trésor” e li segnaliamo nelle prossime pagine...
golavagando montresor di
Claudio Mollo
A COLONNATA
DA MATTI
PROPONE SALUMI E FORMAGGI DELLE APUANE Mattia Baratta, giovanissimo e grande appassionato di cucina, dopo l’alberghiero e qualche esperienza nelle cucine di alcuni locali della zona, decide di rilevare questo locale di Colonnata. Lui in cucina insieme a Simone Baldassini, suo fidato aiutante, portano avanti un simpatico locale, defilato dalla confusione che di solito regna nella piazza di Colonnata, dove tutto sembra perfettamente incastrato nei pochi spazi disponibili, tra bar, negozi e ristoranti. “Da Matti” è aperto da un anno e mezzo e funziona davvero bene, sotto lo sguardo attento del resto della famiglia, soprattutto di Fabio Baratta, il padre che, con Mattia, ha impostato i criteri e le modalità di lavoro di questo piccolo rifugio gastronomico posto sulle Apuane. Gestione familiare, quindi, ma solo per il tempo necessario per avviare al meglio l’attività; poi sarà solo Mattia a continuare la strada. Aperti tutto l’anno, a differenza della precedente gestione, la clientela sembra apprezzare molto questa scelta, anche se d’inverno il movimento cala un po’ ma, comunque sia, il riscontro rimane positivo. Nel menu si trova una bella selezione di prodotti del territorio circostante, naturalmente il lardo fa la parte del leone e c’è da dire che quello “di casa” è davvero invidiabile: stagionato almeno
per 7mesi, viene speziato e affinato personalmente seguendo i dettami di un’antica ricetta di famiglia e il risultato è notevole. Insieme a questo, altri salumi, formaggi di pastori locali, di mucca, bufala, capra e speciali erborinati. Poi tante verdure grigliate e solo su ordinazione anche qualche piatto di cucina locale e toscana. Quindi, taglieri di salumi e formaggi abbinati a polente e formaggi accompagnati da ottime confetture e salsine studiate su misura. Il grosso dei clienti che frequentano il locale, disposto in più ambienti interni ed esterni, proviene dalla costa e dai paesi vicini. In estate, Colonnata, con i suoi quasi 600 metri di altitudine, rappresenta una vera oasi di fresco, e lo spazio all’aperto disponibile rende il locale una tappa molto gettonata. Il cibo è abbinato a tante bollicine, vini toscani e anche di altre zone d’Italia, scelti dall’intero gruppo di lavoro al quale piace il buon vino e quindi anche in questo senso non si rimane per niente delusi. C’è da dire che la strada per arrivare a Colonnata è un po’ tortuosa, ma alla fine si è ripagati della pazienza che serve per arrivare in una delle più famose patrie del marmo italiano.
DA MATTI
Via Giardino, 7 - Carrara (MS) Tel. 0585 758050
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Trésor
Il Mon Tresor è... IL “CIBO CON VISTA” Il tesoro più grande è sicuramente la posizione, rispetto agli altri locali, defilata dalla piccola piazza, sulla strada principale di Colonnata. La bellissima vista di cui si gode mangiando nella penisola più alta del locale, con i canaloni di marmo sullo sfondo, in più all’ospitalità familiare che i titolari cercano di trasmettere ad amici e clienti, perché “Da Matti”, rimanga tra i ristoranti preferiti, quando si ha voglia di ricavarsi un momento piacevole in compagnia dei migliori prodotti che le Apuane e la passione dei giovani di cucina e sala, riescono ad offrire.
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golavagando montresor di
Giovanni Angelucci
NEL COMASCO
VILLA MARIA
FA RIVIVERE LA TRADIZIONE IN UN ANTICO CROTTO Adagiato sulle sponde del Lago di Lugano, Porlezza è un paesino circondato da verdi montagne, natura e prati per il pascolo. È meta di numerose escursioni e passeggiate, e conserva una spiccata vocazione turistica non solo per la bellezza della zona, ma anche per la strategica posizione geografica al confine con la Svizzera. Qui oggi, come una volta, continuano a vivere i magici crotti: cavità naturali tipiche delle regioni montuose delle Alpi, in particolare delle zone del lago di Como, della Valchiavenna e del Canton Ticino. I crotti sono stati e sono ancora usati per conservare
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salumi e formaggi, e spesso fungono da cantina naturale per ospitare i vini. Oggi alcuni sono diventati taverne che offrono i più tipici prodotti della zona, prima su tutti la polenta che qui è conosciuta come taragna o uncia, conservando però la loro anima tradizionale. Rivestono notevole importanza nella gastronomia e nell’etnografia del territorio, tanto da diventare nel corso degli anni il punto di riferimento per i numerosi turisti che passano da qui e che vogliono provare qualcosa di genuino e identitario come solo il patrimonio gastronomico italiano (seppur a due passi dalle frontiere svizzere)
può offrire. Il ristorante Villa Maria di Porlezza incarna appieno l’essenza del crotto, non solo perché è stato costruito al suo interno ma perchè continua a mantenere la filosofia che più gli appartiene. “Questo è un vecchio crotto di centotrent’anni dove una volta ti portavi da mangiare e qui ordinavi il vino, o al massimo qualche formaggio”. È la voce di Adriano Sala detto il “Rosso”, instancabile alpino che ha passato una vita nella ristorazione. Sei anni fa, insieme alla compagna di vita e moglie Nicoletta Sciacca, decide di ristrutturare questo storico luogo e creare il loro ristorante. Circondato dal verde della natura, è un locale molto ampio dalle grandi vetrate scorrevoli, perfetto per un pranzo all’aperto durante la bella stagione. Ottanta coperti all’interno, ben duecento nelle terrazze su piani alternati che affacciano sul panorama agreste e una cinquantina nella cantina (unica zona rimasta tal quale) perfetta d’estate o per iniziare con un aperitivo il percorso enogastronomico di Villa Maria. La cucina schietta, ricca, condita, non risparmia sapori decisi e veraci: è quella del luogo basata sulle ricette della tradizione e sui piatti che gli abitanti del luogo sono sempre stati abituati a mangiare. Sì perché, a parte le ondate di turisti, questo rimane un ristorante per chi abita la zona. E se è vero come è vero che ci si può fidare degli indirizzi scelti dagli “autoctoni”, allora
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Trésor
della casa”. Qui è maestria prepararla: si inizia utilizzando le farine bicolore macinate a pochi metri dal Villa Maria e poi si scelgono le migliori varianti, dalla polenta con gli ossibuchi a quella con il brasato o con lo stinco al forno, dai funghi alla meravigliosa polenta uncia (unta, e non per dire). I vini con cui accompagnare tutto questo ben di Dio sono quelli spontanei e autentici della zona, specchio della cucina preparata da un alpino doc.
non c’è rischio che si corra iniziando a sfogliare il menu. La polenta con stufato d’asino è storia e tradizione nel piatto, nonché cavallo di battaglia della cucina. Ma partiamo come è uso iniziare: tomino alla griglia; bresaola della Valtellina; lumache; carpione di lago e taglieri su cui compaiono i migliori salumi, formaggi e verdure del territorio. Primi piatti classici soprattutto per accontentare i palati dei turisti che spesso scelgono le icone italiane tra cui arrabbiata, carbonara, pesto ma anche degli squisiti pizzoccheri della Valtellina e tagliolini con i freschi funghi porcini che qui intorno vengono raccolti d’estate fino a settembre. E poi c’è la carne a cui Aldo è particolarmente legato, tanto da avere uno spazio con griglia a vista che affianca il forno a legna per eventuali amanti della pizza. Filetto, braciola, costolette d’agnello, galletto, costata ed entrecote. Non finisce qui, in padella si alternano piccata di vitello, cordon bleu e cotolette. Ultima ma non ultima, anzi per molti versi è la protagonista del ristorante, la polenta che compare nel menu alla voce “piatti
Il Mon Tresor è... I VALORI DEL TERRITORIO Il Mon Trésor è la memoria e il folclore che seppur non presenti in carta, vengono serviti ad ogni portata. Inoltre la natura e l’incontaminato che circondano il ristorante giocano un ruolo centrale nella buona riuscita delle ricette, ancor più apprezzate se in un crotto originale vecchio centotrent’anni.
VILLA MARIA
Via Calbiga, 18 - 22018 Porlezza (CO) Tel. 0344 72483
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golavagando montresor di
Giovanni Angelucci
SUL LAGO DI COMO
RISTORANTE VAPORE RISPETTA LE TIPICITÀ LOCALI, SOPRATTUTTO ITTICHE
Non c’è forse nessuno più autoctono di Carlo Vaccani, proprietario del ristorante Vapore a Faggeto Lario. Siamo sul Lago di Como, esattamente in Via alle Rive, stradina calma e tranquilla che costeggia il lago. In dieci minuti da Como si arriva in questo ristorante tipico che vive all’interno dell’omonimo hotel che è qui da sempre. Così come la famiglia Vaccani, una vita dedicata alla ristorazione con un locale storico prima a Como e poi all’Hotel Ristorante Belvedere di Torno. Mamma di Bellagio e papà di Nesso, Carlo e la sorella Laura sono di Torno e da sei anni, insieme alla madre Ivonne Pavesi, gestiscono il Vapore con la cordialità che li contraddistingue. “Io sono proprio di
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qui”, ci tiene a precisare Carlo, quarantasettenne appassionato di motonautica, che è riuscito negli anni a costruirsi una clientela di prestigio e rinomata. Un piccolo attracco per chi arriva in motoscafo è proprio di fronte al ristorante, ma è possibile raggiungerlo comodamente anche in automobile. Incorniciato dalle montagne e dalla vegetazione circostante, il locale dispone di un’ampia sala all’interno con cento coperti e di una piacevole terrazza raccolta con vista lago che ospita fino a quarantacinque persone. E’ l’ambiente ideale dove organizzare ricevimenti di matrimoni e ricorrenze, ma è anche il perfetto luogo in cui gustare i piatti tipici del Lago di Como.
Se si desidera l’autenticità lacustre, l’indirizzo è quello giusto: piatti invitanti che raccontano la tradizione gastronomica di un territorio affascinante come il Lario. Immancabili gli agoni in carpione grigliati con polenta di grano saraceno servita a fette, più comunemente chiamati misultin. La cucina segue la stagionalità e tutti i piatti, mai discostandosi dalla tipicità, variano durante l’anno, soprattutto il pesce del lago comprato settimanalmente dai pescatori della zona. Per godere del panorama e della fresca brezza notturna, il periodo migliore è certamente tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate fino ad ottobre, mesi in cui non vi è nulla di più gradevole di un
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Trésor buon risotto con filetti di pesce persico impanati e fritti, da assaporare con un calice di vino bianco fresco delle numerose etichette presenti in cantina, ma ancora meglio con le bollicine di Montresor. Si inizia con gli abbondanti antipasti della casa tra cui la trota salmonata affettata, una leggera fritturina mista di persico, agone, salmerino e lavarello, e ancora agone in salsa verde, il suo paté e il persico in carpione. Si continua assaporando i tagliolini conditi con sugo di pomodoro e carne di pesce di lago che varia in base al pescato, i ravioli al persico e gli speciali gnocconi di patate della casa ai formaggi (non propriamente estivi). Con i secondi c’è da divertirsi: trota al cartoccio; agone e lavarello al burro o alla griglia; filetto di pesce persico, di branzino e di salmerino al forno. Per chi invece volesse variare con piatti di carne, la qualità è garantita dall’utilizzo di sola varietà piemontese declinata attraverso tagliate, bistecche, carpacci, filetti e cotolette. Per chi non conclude la cena senza un buon dessert, basta ordinare il tiramisù della casa o il sorbetto all’amaro Braulio.
RISTORANTE VAPORE
22020 Como - Lago di Como Tel. 031.309866 Fax 031.378686
www.hotelvapore.com info@hotelvapore.com
Il Mon Tresor è... L’AMBIENTE CHE ISPIRA LA CUCINA Il Mon Trésor è il Lago di Como servito in tutte le sue forme da assaporare con i cinque sensi: la meravigliosa panoramica dalla terrazza che vi si affaccia, il gusto dei piatti realizzati con i prodotti a “km zero”, il profumo dei fiori spontanei che crescono sulle sue sponde, il canto delle numerose specie volatili che scelgono la zona per nidificare e la sensazione di avere i piedi nell’acqua. Esiste più tipicità di così?
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GOURMETFOOD
L’INCANTO DE
LA SUBIDA UN PICCOLO PARADISO FRIULANO di
Marina Tagliaferri
Fra i vigneti e i boschi del Collio goriziano, appena fuori Cormòns, La Subida è un microcosmo di gusto, relax, cose vere. Un Country Resort composto da tante, intriganti, anime: il ristorante stellato Al Cacciatore, l’Osteria dall’anima contemporanea, le case nel bosco dove alloggiare nel più totale silenzio, l’Acetaia di Josko Sirk, il maneggio e angoli inconsueti per un relax del tutto particolare. A rendere veramente unico questo luogo, magico nella sua elegante semplicità e naturalezza, non sono però le cose, ma le persone che le hanno create (e continuano a progettarle), Josko Sirk e la sua famiglia. Senso innato, e cultura, dell’ospitalità è la loro: valori e modi che Josko ha saputo trasmettere ai figli Tanja e Mitja, oggi impegnati – con la madre Loredana - a portare avanti, evolvendolo e attualizzandolo, il suo progetto di fare della Subida un luogo di vacanza nella natura in cui l’ospite potesse godere di esperienze per lui inusuali, di cibi eccellenti, di atmosfere autentiche.
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LASUBIDA
LA CUCINA, LA CANTINA, L’ACETAIA Ecco che allora, invece di stanze dove far dormire i suoi ospiti, Josko creò piccole case in pietra nel bosco, arredate con rustici mobili della nonna e riscaldate da grandi fogolar, simbolo stesso della casa friulana. E, senza fretta, attingendo dalla grande sapienza culinaria della madre Emma, fece in modo che la genuina cucina del territorio della trattoria di famiglia, diventasse quella di un raffinato ristorante con solide radici nella tradizione. Merito di Alessandro Gavagna, talentuoso chef stellato il cui nome si è affermato di pari passo con quello de La Subida, dove è cresciuto e di cui è oggi una delle (creative) anime, dato che la sorte fortunata ha voluto che si innamorasse di Tanja. Ora abita con lei nella casa in legno dal moderno ed essenziale design
accanto al ristorante. Tanja (foto sotto) è il volto sorridente e gentile de La Subida, che illustra a chi si siede a tavola i menù preparati dal marito quasi fossero golosi racconti, o accoglie gli ospiti del resort, accompagnandoli nelle deliziose casette nel bosco dove soggiorneranno. Compiti che condivide con il fratello Mitja (foto sotto), che – con Michele Paino, da anni attento e appassionato sommelier del ristorante - segue con passione e competenza la ricca cantina (che lascia fuori tutto ciò che è moda e standardizzazione, aprendo le porte alle espressioni più vere, e talvolta limitate nella quantità, del territorio e delle sue molteplici suggestioni, spaziando dal Friuli alla vicina Slovenia, con il Collio che fa da protagonista), altro testimone passatogli dal padre.
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GOURMETFOOD
Josko, infatti, dopo anni dedicati al ristorante, si è concesso il lusso di dedicarsi anima e corpo al suo amatissimo e finissimo aceto, che produce in modo naturale dalle migliori uve del Collio, nella sua scenografica Acetaia a gradoni, che ha voluto costruire accanto alle case per gli ospiti, al limite fra bosco e vigna. E guarda, sereno, al realizzarsi - giorno dopo giorno – dei nuovi tasselli del suo mondo, che intercettano gusti, tendenze, nuove esigenze e diversi modi di intendere il relax e la vacanza.
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LE CASETTE NEL BOSCO Le nuove case in pietra squadrata, ad esempio che si aprono sulla natura con le pareti retrostanti (a garantire la privacy) in vetro, l’arredo essenziale fra il nordico e l’orientale e i mille dettagli di stile, i grandi spazi guadagnati al benessere con enormi vasche, percorsi e saune insoliti. Ognuna diversa dall’altra, in tutto e per tutto, per il piacere degli ospiti di scegliere quella che più si confà al proprio gusto o all’estro del momento, in un piacevole gioco. Oppure il Nido, la “piccola stanza nel bosco” tutta di legno con una parete in vetro, completamente apribile su una terrazza che dà su una valletta appartata, dove rifugiarsi dopo una piacevole cena: un grande letto, una grandissima vasca e nulla più. Proprio quello che ci si aspetta in un nido: in una semplicità ancestrale, il sentirsi protetti, il caldo, l’intimità. “Vogliamo far provare ai nostri ospiti l’esperienza di “sentire” il bosco - racconta Tanja - Perciò facciamo calzare loro delle morbide babbucce in pelle, in modo che sentano la terra sotto i piedi, e li accompagniamo lungo un sentiero senza usare torce, ma lasciando che i loro occhi si abituino poco alla volta e riescano a intravedere la natura che li circonda. Il silenzio è d’obbligo, per sentire i rumori del bosco. Una volta arrivati, li invitiamo a non accendere la luce, per provare la piacevole sensazione di dormire abbracciati dalla natura.” Svegliarsi al canto del gallo, con la luce dell’alba, è invece l’esperienza che si può provare dormendo nel grande letto collocato, sotto un ampio baldacchino, nel fienile. Il profumo è quello, inebriante e rilassante, del fieno. I tappeti, la cassapanca dipinta e il grande candelabro in cristallo creano un piacevole contrasto.
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Così come, piacevolissimo e sicuramente estraniante e insolito, può essere un bagno tiepido nella vecchia vasca da bagno smaltata che i Sirk hanno sistemato nel folto di alte felci, nel cuore del bosco. “Natura e relax, il vivere consapevole, il lusso del meno: è questo, secondo noi, il benessere, e lo vogliamo condividere con i nostri ospiti” dice sorridendo Tanja “Stiamo pensando anche ad altri progetti, tutti in linea con questa filosofia.” Ma questa è un’altra storia. Che vi racconteremo.
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GOURMETFOOD
I GIRINI
Briciole di pasta buttata condite dall’orto. Funghi porcini, quasi crudi INGREDIENTI Per i girini 4 uova
g. 150 di farina 00 Per le verdure
g. 120 di zucchine piccole g. 80 di funghi porcini 8 fiori di zucca
Per il condimento
formaggio caprino stagionato burro
olio extra-vergine d’oliva del Carso sale e pepe
4 foglie di vite PROCEDIMENTO
Rompere le uova in una terrina e mescolare, quindi lasciare in riposo una decina
di minuti. Aggiungere la farina setacciata e con l’aiuto di una frusta mescolare vigo-
rosamente. Lasciare riposare ancora 15 minuti, versare l’impasto ottenuto nel cola-
pasta e colare i girini così formati in acqua
bollente. Appena vengono a galla scolarli in acqua fredda.
Mettere una padella sul fuoco, far sciogliere il burro, aggiungere i funghi e le zucchi-
ne tagliati molto fini, i fiori di zucca aperti in quattro e insaporire di sale e pepe. È
IL RISTORANTE AL CACCIATORE
molto importante che le verdure siano ap-
Sapori di confine che interpretano, sul fil rouge dei sapori, l’anima di queste terre di confine, da sempre crogiolo di popoli e punto d’incontro fra civiltà mediterranee e mitteleuropee. Il ristorante Al Cacciatore de La Subida rappresenta al meglio lo spirito di questi luoghi. Una cucina resa attuale – e questa è l’alchimia che ti conquista - senza aver perso la sua origine, e che ha saputo rendere nobile la semplicità della tradizione. Merito di Alessandro Gavagna (foto qui sopra), chef stellato di rara sensibilità, che la caratterizza con firma sicura. Erbe spontanee, fiori, prodotti dell’orto, carni e formaggi di piccoli artigiani locali sono gli ingredienti principe dei piatti di Alessandro, che ha il dono di saper interpretare ad arte le mille suggestioni che arrivano in que-
i girini. Per ogni commensale prendere un
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pena scottate e non cotte.
A questo punto fare saltare nelle verdure
piatto piano (in ristorante Alessandro Ga-
vagna utilizza un vaso ermetico). Adagiare
la foglia di vite ben lavata ed asciugata e
disporre quindi i girini. Bagnare con un filo di olio e aggiungere qualche scaglia di formaggio caprino.
A piacere aggiungere, come guarnizione,
alcune foglie di origano o basilico, o i fiori di aglio ursino.
LASUBIDA
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GOURMETFOOD
DADOLATA DI CERVO
il finocchietto selvatico e i vecchi aceti INGREDIENTI
PROCEDIMENTO
1 spicchio d’aglio
ture e dalle pellicine. Mettere quindi a ma-
g. 210 di filetto di cervo 1 rametto di timo e maggiorana g. 5 di pepe nero schiacciato Per il condimento
g. 3 di paprika dolce sale
1 cucchiaio di aceto di vino invecchiato olio extravergine d’oliva del Carso Per guarnire
fior di sale marino
finocchietto selvatico tritato grossolanamente
Asperum (aceto balsamico friulano) Per l’insalata di finocchi 1 radice di finocchio
succo di ¼ di limone 1 pizzico di sale
1 filo di olio extravergine d’oliva
Privare il filetto di cervo da tutte le nervarinare la carne con l’aglio, il pepe, il timo e
la maggiorana; chiuderla in un sacchetto sottovuoto e lasciarla riposare per almeno 24 ore. Pulire e lavare il finocchio e
tagliarlo a fettine sottili. Condire l’insalata
così ottenuta con il succo di limone, l’olio extravergine d’oliva e il sale. Tagliare il
filetto già marinato a piccoli dadi, condirlo con la paprika, l’aceto di vino della Subida
invecchiato, l’olio extravergine di oliva e il sale. Mescolare quindi la carne così
condita con un cucchiaio fino a che tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati.
Per comporre il piatto, disporvi un bel ciuffo d’insalata di finocchi nel centro.
Adagiare una quenelle di dadolata di cervo e guarnire con il fior di sale, il finoc-
chietto tritato, un filo di olio extravergine d’oliva e qualche goccia di Asperum.
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sta terra di confine dalla gastronomia friulano-veneta, slovena e austriaca che rielabora con raro equilibrio, senza nulla concedere alle mode effimere e senza tradire il passato. Ed ecco così, dal Menu d’inizio estate 2016, ecco fra i primi Girini, Briciole di Pasta Buttata (con fiori di zucca, zucchine e i primi porcini), Zlikrofi, Piccoli Tortelli della Valle d’Idrija (ripieni di patate ed erba cipollina, con sugo d’arrosto e le scaglie di Montasio vecchio), Fresca e umida notte estiva (gnocchetti di ricotta e finocchietto selvatico con guazzetto rosso di rane), I Fiori nel Bosco (pasta ripiena di fiori di zucca e funghi porcini con crema di peperone rosso). Fra i secondi, Il Cervo, la Trota e il Pistacchio (filetto di cervo scottato alla brace, con uova di trota e aroma del pistacchio), Il Capriolo, l’Aglio Orsino e il Finocchietto Selvatico (coscia rosata di capriolo in crosta di polenta con porcini e l’aroma dell’aglio orsino), Percorrendo l’Alto Isonzo insieme a Faronika... (raro trancio di Temolo, che finisce la sua cottura in tavola, sulla pietra di Aursina rovente), L’Agnello in Vaso (bocconcini di agnello scottati al tegame, serviti caldissimi al profumo di timo con olive del Carso). I dolci sono un golosissimo capitolo a parte e vengono raccontati in un menu ad essi dedicato: una poesia che fa cadere in tentazione anche chi goloso non è. D’estate si pranza nella fresca veranda dalle pareti in vetro da cui entra prepotente il verde del bosco o all’ombra di un frondoso albero secolare; d’inverno al calore del fogolâr, il tradizionale camino simbolo della casa friulana, dove viene preparato ogni giorno una fumante polenta. “Questa è la nostra casa - dice Tanja Sirk - e qui vogliamo che i nostri ospiti si sentano a casa”. Come in una casa arredata con amore, le decorazioni e fiori, solo di campo e di orto, cambiano con le stagioni e ogni volta stupiscono per la loro semplice eleganza e raffinatezza.
LASUBIDA
LA LEPRE E LE CASTAGNE
briciole di fave di cacao, purea di mele e finocchi INGREDIENTI
seruola e mettere a cucinare il finocchio.
g. 100 di fave di cacao sbriciolate
Lasciar cucinare per una decina di minuti a
g. 800 di lombo di lepre marinata g. 80 di burro
20 castagne lessate e spellate Per il purè
3 mele seuke (o mele acide) 1 finocchio medio-piccolo 1 noce di burro sale e pepe
PROCEDIMENTO
Il giorno prima curare la carne in modo
molto scrupoloso e marinarla con pepe e maggiorana.
Per il purè di mela e finocchi, lavare, pelare e tagliare le mele a pezzetti, quindi
procedere nello stesso modo anche per
i finocchi. Sciogliere il burro in una cas-
Dopo qualche minuto aggiungere le mele. fuoco moderato, salare, pepare e passare il tutto al mixer.
Rosolare la sella di lepre nel burro a fuoco
vivo assieme alle castagne; girare e salare la carne man mano, in modo che si formi
una croccante crosticina di rosolatura. La cottura dev’essere rosata, tendente al sangue. Una volta cotta, lasciarla riposare per alcuni minuti. Farla rotolare nella granella di fave di cacao sbriciolate, facendo in modo che le briciole vi si attacchino.
Scaloppare la sella e disporla su un piatto
piano a scalare. Condire con un filo del suo burro di cottura, guarnire con le ca-
stagne e accompagnare la carne con una generosa cucchiaiata di purè.
LA SUBIDA
Via Subida, 52 - Cormòns (GO) Tel. 048160531
www.lasubida.it
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NIKITASERGEEV
A PORTO SAN GIORGIO L’ARCADE DI
NIKITA SERGEEV È RIVOLUZIONE RUSSA IN SALSA ITALIANA di
Alessandra Meldolesi Cinzia Camela
foto di
Scarpe da ginnastica, jeans attillati, sorriso contagioso. Non passa inosservato, Nikita Sergeev, nelle file dei nostri cuochi under 30. Tanto che i flash dei media si sono già accesi sui suoi capelli biondi. Per l’entusiasmo, innanzitutto, con cui affronta la professione del cuoco: una passione totalizzante che si è tradotta in una crescita professionale accelerata. E per le singolarità di una biografia che celebra a tavola i propri percorsi tortuosi. Cominciando da quel nome sul passaporto, traslitterato dal cirillico di mamma Russia. I natali cadono infatti a Mosca nel fatidico 1989. Un anno di cambiamenti rivoluzionari, non a tavola però: ci vorrà molto tempo prima di poter apparecchiare di nuovo dopo il lungo digiuno socialista. La cucina di casa è quella della bella mamma Ekaterina, di professione estetista, e soprattutto di nonna Tamara, che nei giorni di festa si esibisce nei suoi piatti forti, come anatra e maialino. Sapori che si imprimeranno sulla tavoletta dello stile, con le loro punte acide e affumicate, indagate tornando a casa con la memoria. Tutt’intorno con gli anni inizia a prender forma una ristorazione embrionale, che colpisce l’immaginario del giovane Nikita con la solennità un po’ fané del guéridon. L’idea di farne una professione tuttavia è quanto mai remota, tanto che gli studi si compiono in Scienze Politiche, con una tesi in diritto tributario e il diploma appeso al chiodo nel 2010.
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GOURMETFOOD
“In Italia sono arrivato in vacanza con i miei genitori. Poi sono tornato per l’Erasmus e per studiare la lingua, ed è stato uno choc scoprire che la mia laurea non era riconosciuta, perché maturata fuori dall’Unione Europea, quindi avrei dovuto ricominciare da capo. Se volevo restare, per ragioni di visto, dovevo inventarmi una nuova professione: ed è stato così che sono finito sui banchi di Alma per 12 mesi con professori come Luciano Tona, Andrea Grignaffini, Silvio Salmoiraghi, Paolo Lopriore e un rettore del calibro di Gualtiero Marchesi. E ho scoperto un mondo”. Con un pizzico di incoscienza è subito Arcade, il ristorante aperto nel 2013 con la mamma in sala, appassionata autodidatta, a Porto San Giorgio, luogo della joie de vivre, dopo il diploma da cuoco e lo stage al Tramezzo di Parma. Appena sette tavoli in un ambiente sobriamente classico, lontano dai bagnasciuga di Cedroni e Uliassi, con una cucina che si è fatta striminzita per le ambizioni di Nikita, attenzionato dalla critica nonostante qualche peccato di impazienza. Nel 2015 arriva anche il titolo di Emergente per il centro Italia nel concorso indetto da Luigi Cremona. “Sono sempre stato affascinato dalla cucina italiana, che forse non è la migliore del mondo, ma è equilibrata e democratica, buona per il ricco e per il povero”, mette in chiaro Nikita. “Ho voluto comunque indagare anche le mie origini, leggendo libri e scomodando direttamente mia nonna. Ad esempio per approfondire la tecnica della fermentazione degli ortaggi e del latte, che da noi è assai comune a causa delle lunghe stagioni fredde.
SPAGHETTO porri e peperone
INGREDIENTI per 4 persone
g. 200 di spaghetti Mancini, g. 400 di porro fresco con la parte verde, g. 7 di colatura d’alici di Cetara, sale, pepe bianco q.b., olio extra vergine Leccino q.b., polvere di peperone crusco q.b.
PRESENTAZIONE
Passare all’estrattore i porri e ridurre leggermente in una padella il succo ottenuto.
Nel frattempo cuocere a 3/4 gli spaghetti, scolarli e finire la cottura nel centrifugato del porro.
A cottura ultimata e dopo aver ottenuto una cremosità gra-
devole, aggiustare di sapore e fuori dal fuoco aggiungere la colatura d’alici; mantecare con l’olio extravergine.
Impiattare in in una fondina calda e cospargere con della polvere di peperone crusco.
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CANOLICCHIO
PRESENTAZIONE
INGREDIENTI per 4 persone
e ripetere l’operazione per un minimo di 5 volte. Alla quinta volta,
20 cannolicchi freschi dell’Adriatico, olio extravergine di media intensità q.b., polvere al nero di seppia q.b., polvere di prezzemolo q.b., crema di limone al naturale q.b. Per salsa all’aglio bianco
ml. 50 di panna fresca, ml. 50 di acqua, g. 10 di aglio Massese, sale q.b., pepe bianco q.b.
Per la salsa all’aglio, unire panna, acqua e aglio in un pentolino; portare ad ebollizione, quindi buttare il liquido; sciacquare l’aglio
invece di buttare il liquido di cottura, aggiustarlo di sapidità e pepe e frullarci l’aglio. Far raffreddare in frigorifero.
Sbollentare per 10 secondi i cannolicchi e raffreddarli subito. Pulirli dalla sabbia e dividere la testa con la tasca del fegato, tenen-
dola da parte. Emulsionare i fegati con un goccio di olio extravergine fino ad ottenere una crema liscia ed omogenea.
Impiattare quindi mettendo sul fondo la crema di fegati, qualche
ciuffo di crema al limone al naturale, riportare a temperatura le teste dei cannolicchi e disporli in una maniera caotica. Aggiungere le polveri e alla fine, a schizzo, la salsa all’aglio.
RISOTTO VERDE al cardamomo e ostrica INGREDIENTI per 4 persone
g. 200 di riso carnaroli, g. 400 di prezzemolo fresco, g. 20 di cardamomo verde, g. 10 di amido di riso, sale, pepe bianco q.b., vino bianco q.b., 4 ostriche Marennes-Oléron. PRESENTAZIONE
Passare il prezzemolo attraverso un estrattore a freddo. Frullare a freddo il succo ottenuto con delle bacche di cardamomo verde, filtrare e mettere in un barattolo del Pacojet. Abbattere a -18°C e pacossare. Tostare il
riso, sfumare con del vino bianco, portare a cottura con
dell’acqua. Prima di mantecare, aggiungere l’amido di
riso disciolto in un po’ d’acqua fredda. Aggiustare di sapi-
dità. Mantecare il risotto fuori dal fuoco con un filo d’olio e
granita di prezzemolo. Servire su un piatto piano e appoggiarvi sopra un’ostrica.
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GOURMETFOOD
La contemporaneità poi continuo a batterla andando a mangiare dai colleghi, nello sforzo di comporre il puzzle di una cucina personale”. Spesso lo accompagna Ekaterina, desiderosa di carpire i segreti della professione sul campo, puntuale ed elegante nel volteggiare femminilmente fra i tavoli. A completare la squadra sono il giovanissimo secondo Edoardo Corpetti e il sommelier Leonardo Niccià, che cura con lo chef, chino sui testi AIS, una carta composta da 400 etichette in gran parte marchigiane e naturali, predilezione nata sorseggiando i vini della Georgia, prototipici della moda dell’anfora. Le materie prime sono in gran parte locali: il pesce adriatico di una pescheria di fiducia come gli ortaggi dei contadini della Valdaso, raccolti sotto le finestre di casa Sergeev, protagonisti di un piatto per portata; più qualche ricetta di carne, soprattutto frattaglie e selvaggina. Nasce così il menu Libera Ispirazione (60 euro), volto a far assaggiare quanto viene reperito giorno per giorno al mercato (ma i fuori carta e i fuori programma abbondano ovunque, favorendo il ricambio). Gli fanno concorrenza i tre degustazione a sorpresa, con 4, 5 e 6 portate a 38, 48 e 55 euro; Percorso Nikita a 70 euro e una breve carta, composta di 3 corse per categoria elencate senza partizioni. Sono disponibili anche due formule di abbinamento al calice, a 25 e 32 euro. La cucina negli anni si è fatta più pulita e più precisa, sfrondando qualche barocchismo giovanile. Più influenze orientali, secondo un trend che sta prendendo il sopravvento fra i nostri giovani cuochi, e anche gusti arditi, alla ricerca dello spigolo in bocca e di sinergie primarie; per quanto Nikita resti un cuoco vocato all’eleganza e all’equilibrio, interpretato in chiave contemporanea. L’anima è russa, nella profondità fantastica e in qualche struggimento della nostalgia; il pensiero, come il paniere, italiano; il risultato un piacevole pluristilismo, che mantiene desta l’attenzione con i suoi sconfinamenti. Si comincia con gli appetizer: lo zito fritto con salsa al prezzemolo, la sfogliatina di gambero rosso e pepe rosa, il crostino di pane carasau all’acqua di polpo, la tartelletta con ricci di mare e salsa carpione, efficace sinergia sapido-acida. E si entra nel vivo con gli antipasti. Il cannolicchio, per esempio, praticamente una monografia dedicata al mollusco, che viene sbollentato e aperto, per poi recuperare le interiora, mondate ed emulsionate al momento del servizio con pochissimo olio di vinaccioli, fino a ottenere una salsa lucida come una maionese che spara iodio in bocca. Completano il piatto due punti di crema amarissima di limone, cotto nello sciroppo e frullato intero, e una salsa lattica all’aglio, per il richiamo alla tradizione e la morbidezza sui contrasti. La polpa è croccante, i gusti netti e ortogonali. Oppure i gamberi rossi con vermut, coriandolo e olivello, dove i crostacei di Mazara sono proposti crudi con tre salse: l’estrazione dell’erba leggermente addensata all’agar-agar; il vermut per
RISTORANTE L’ARCADE
Via Giordano Bruno, 76
63822 Porto San Giorgio (FM) Tel. +39 0734 675961
www.ristorantelarcade.it info@ristorantelarcade.it
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NIKITASERGEEV
la dolcezza, la speziatura e l’alcol crudo che ripulisce; la bacca quale spia nostalgica della Russia. “Grassa e acida, la adoro. Da noi viene usata come marmellata; io l’ho portata sul salato e sul pesce, al posto della spruzzata di limone italiana”. Risalta per via di paradosso il comparto dei primi piatti, dove Nikita, a dispetto delle origini, mostra una mano particolarmente felice, che si tratti di risotti, paste secche o ripiene. Sono la scacchiera per una mossa del cavallo, che attraverso l’italianità può condurre al recupero delle origini russe, come avviene negli squisiti tortelli di anguilla affumicata alla barbabietola, ricetta che non smette di evolversi. Non sono da meno i tortelli di coniglio in brodo di patate arrosto e rafano fermentato, nati per traslare un secondo in primo piatto. Corroboranti e molto confort, sono preparati con una sfoglia tutta tuorli e una farcia di polpa saltata allo Sherry; vengono tuffati in un brodo ottenuto per via di infusione da patate arrostite con aglio e rosmarino, lucido e ambrato come un consommé; più qualche punta di paté di fegatini. La nota contemporanea e spiazzante arriva dai dischi di rafano, ingrediente ben presente nelle tradizioni russe, che viene però lasciato fermentare con poco sale, per mitigare il piccante e guadagnare acidità, in modo da stimolare a mangiare, spezzando la rassicurante tendenza dolce. Anche i risotti sono eccellenti: quello ai sapori di mare come il risotto al cardamomo verde e ostrica, preparato marchesianamente senza soffritto e all’acqua. Viene mantecato con un “sorbetto” di prezzemolo e cardamomo (frullati insieme, abbattuti e pacossati), che grazie allo choc termico propizia l’esplosione dei profumi erbacei e speziati, rimpiazzando il burro freddissimo. L’ostrica di Marennes-Oléron porta la sensazione salata e quasi tannica, che bilancia la morbidezza pseudograssa con un effetto di pulizia in bocca. Fra i secondi la faraona con pastinaca e alga kombu, dove il volatile è smontato in ottavi e passato a bassa temperatura (tecnica cui Nikita solitamente preferisce cotture espresse e italiane), poi rosolato in padella. Dalle ossa arriva il classico jus, sul piatto con la purea a tendenza dolce della pastinaca e una spolverata di alga sapida, reidratata dalla succulenza della carne. Oppure il baccalà con creste di gallo, gioco di consistenze sul collagene. Quello del pesce confit viene echeggiato dalla polenta, sotto forma di spuma senza aggiunte, e dalle creste di gallo, splendidamente gelatinose dopo la cottura a 100°C. I dessert sono comfort. Per esempio la zuppa inglese, grande classico destrutturato come crema pasticciera alleggerita dalla panna, gelato all’alchermes e biscotto al cacao quasi ghiacciato per il cioccolato. Un piatto contemporaneo e bilanciato nei suoi contrasti di consistenze e temperature. Oppure il cioccolato bianco, sorbetto al cardo e bottarga, con la ganache all’infusione di pepe di Giamaica, il gelato amarotico e leggermente tannico, preparato in stagione col carciofo estratto a crudo, la spolverata di bottarga per il contrasto sapido e l’umami, qualche bacca pungente per l’acidità. In cerca dei gusti primari.
GAMBERI ROSSI
zenzero, corriandolo e olivello spinoso INGREDIENTI per 4 persone
8 gamberi rossi di Mazara di prima scelta, sale Maldon q.b.,
pepe lungo di Sri-Lanca q.b., olio extra vergine, di oliva Ascolana Tenera q.b., g. 4 di zenzero in salamoia, g. 100 di coriandolo fresco.
Per salsa all’olivello spinoso
ml. 100 di succo d’olivello spinoso, g. 0,8 di agar–agar. Per la salsa al pepe di Jamaica
ml. 100 di acqua, ml. 10 di succo di limone, g. 15 di pepe di Jamaica+
g. 1 di sale, g. 0,9 di agar-agar. PRESENTAZIONE
Per la salsa all’olivello spinoso, far bollire una piccola parte del
succo, aggiungere l’agar-agar e farlo agire, unirlo quindi al succo rimanente e farlo tirare in frigorifero. Prima del servizio emulsionare con un mixer a immersione.
Per la salsa al pepe di Jamaica, unire l’acqua, il succo di limone, pepe di Jamaica e sale. Portare a 80°C e lasciare in infusione per un’ora. Trascorso il tempo, frullare il pepe e passare allo chinois. Portare il liquido ottenuto ad ebollizione e legare con l’agar-agar. Emulsionare con un mixer prima del servizio. Per il succo di coriandolo, passare le foglie del coriandolo all’estrattore e utilizzare al naturale.
Pulire i gamberi, condirli con sale Maldon, Pepe di Jamaica e qualche goccia d’olio. Disporli quindi su dei piatti piani e
aggiungere le salse, lo zenzero tagliato a juliene e il succo di coriandolo.
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GOURMETFOOD
A BARI
LA BUL
È IL NUOVO PUNTO DI RIFERIMENTO PER I GOURMET di
Sandro Romano - foto di Ezio D’Onghia
Il ristorante La Bul di Bari è un sicuro avamposto gourmet dove l’ottima materia prima, la cultura gastronomica storica pugliese e il rispetto della tradizione - viste come base di partenza per una rielaborazione spinta ma rispettosa - trovano la giusta armonia con la creatività, l’estro e la sensibilità dello chef Antonio Scalera, cuoco certamente innamorato della sua terra, ma impegnato in una continua ricerca di un’espressione di cucina più moderna finalizzata all’esaltazione dei sapori con giuste e, spesso, rapide cotture. Al suo fianco Francesca Mosele, compagna di vita di Antonio, sommelier e contitolare; è lei che aggiorna periodicamente la carta - scritta a mano - arricchendola con etichette di piccole aziende selezionate, evitando grande distribuzione e vini convenzionali. Il ristorante La Bul può ospitare soltanto 40 coperti, piccoli numeri che consentono di coccolare e seguire con estrema attenzione il cliente offrendo un servizio di eccellente qualità; ancor meno coperti d’estate - circa 35 - quando il ristorante La Bul si trasferisce nel cortiletto interno nel quale il gelsomino fiorito regala il suo inebriante profumo e ti aiuta a sentirti lontanissimo dal caotico centro di Bari, appena fuori dalla porta del ristorante.
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LABUL
LA STORIA Se non fosse per un piccolo ma decisivo particolare, questa potrebbe essere una storia come tante altre, la storia di un ragazzo con la passione per la cucina che, dopo gli studi alberghieri, parte all’inseguimento del suo sogno: imparare il mestiere del cuoco, proponendosi a ristoranti in giro per l’Italia e per il Mondo. Ma non è questa la storia di Antonio Scalera. Il piccolo decisivo particolare è che il giovane ragazzo in questione non fece studi alberghieri ma si laureò, invece, in Giurisprudenza. Un “dottore” dal quale tutti si aspettavano una brillante carriera da avvocato, ma che, invece, mollava tutto proprio il giorno successivo alla laurea per partire per Roma a far gavetta nella Città del Gusto del Gambero Rosso. Così nasce il cuoco Antonio Scalera. Quello che succede subito dopo la sua laurea è storia: la sua irrefrenabile passione per la cucina lo porta a cimentarsi in diversi importanti ristoranti italiani come Paolo Teverini a Bagno di Romagna, Quinzi e Gabrieli e Al Presidente a Roma e Grotta Palazzese a Polignano a Mare. Significative, inoltre, le sue esperienze madrilene presso il Viridiana, il Cuenllas e la Trattoria Toscana dell’Hotel L’Andana di Castiglione della Pescaia, nella quale ha imparato il rigore e l’organizzazione del grande maestro francese Alain Ducasse. “Per me il più grande di tutti” ci tiene a far sapere Scalera.
LA FILOSOFIA DI VITA E LA FILOSOFIA IN CUCINA: ANTONIO SCALERA SI RACCONTA Ascoltando una storia così inusuale, è stato naturale chiedere ad Antonio il perché abbia scelto di fare il cuoco dopo aver tanto studiato giurisprudenza. Spontanea, quasi beffarda la sua risposta: ”Non lo so”. “Gli studi – dice - sono importanti, nella vita come nel lavoro. Certo per fare il cuoco è più giusto partire da quelli alberghieri, ma poi la realtà, il lavoro, sono tutt’altra cosa. C’è un bagaglio da riempire, giorno dopo giorno. Da riempire di esperienze partendo dalla gavetta, quella gavetta che ti rende più solido a forza anche di umiliazioni, perché quando parti da zero sei davvero l’ultima ruota del carro. Poi sta a te non scoraggiarti e far capire quello che vali, a piccoli passi, conquistandosi la fiducia dei colleghi e dei superiori. Questo è un lavoro che fai bene solo se lo ami, se la passione ti sostiene sia quando attraversi momenti di esaltazione per una giornata che ti ha particolarmente soddisfatto, sia quando ti prende lo sconforto perché è andata male. Passione e cultura, insieme, ti aiutano a mantenere la rotta quando pensi di avere le idee chiare, quando credi di aver maturato un’idea vincente di cucina ma i risultati stentano ad arrivare. La mia compagna Francesca ed io abbiamo tenuto duro quando tutto poteva far pensare ad una necessaria inversione di rotta, e ora, finalmente, possiamo dire di avercela fatta. La Bul, per chi ama la cucina fatta con prodotti di qualità, che attinge dalla dispensa della tradizione per modernizzarla, alleggerirla e giocare con le cotture e nuovi intriganti abbinamenti, è diventato davvero, a Bari e in Puglia, un sicuro punto di riferimento.”
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E già, è proprio così, infatti. Perché Bari è una città facile per il turista, spesso alla ricerca della tradizione più pura, quella gustosa e più che dignitosa delle orecchiette e cime di rapa o delle fave e cicorie, ma può diventare complesso trovare una cucina più creativa e moderna, slegata da schemi tipici e basata su estro e tecnica.
AMBIENTE E ATMOSFERA Intrigante il locale che quasi si fa fatica a notare, celato dietro un vecchio portone in legno recuperato a nuovo splendore, in una strada defilata, via Villari, in pieno centro di Bari e parallela al trafficatissimo Corso Vittorio Emanuele. Appena entrati, la sensazione immediata è quella di essere in un luogo non convenzionale, arredato sui toni del grigio con originali e moderni quadri alle pareti e con il pavimento di cemento industriale in aperto e studiato contrasto con le antiche mattonelle decorate e la classicità delle alte volte bianche. In fondo al locale una saletta riservata con gradevole vista sulla cucina, separata
ANIMELLE
di vitello con emulsione al tartufo nero della Murgia e carciofi violetti
solo da un’ampia vetrata. Gentilmente e professionalmente accolti dal personale di sala ci si accomoda sulle sedie anni 50, tutte diverse fra loro, e Francesca Mosele, vicentina, contitolare e sommelier di rango, si occupa subito di farti sentire a tuo agio, consigliando i piatti in base alla disponibilità della giornata. Infatti la cucina di Antonio Scalera, pur partendo da un menù preorganizzato in base alla stagione e alla disponibilità dei prodotti, si distingue principalmente sulla creativa elaborazione della spesa quotidiana, scelta forse impegnativa, ma
INGREDIENTI per 4 persone g. 350 di animelle di vitello 4 carciofi violetti
2 pietre di tartufo nero
g. 30 di burro chiarificato olio q.b.
1 rametto di rosmarino
1/2 bicchiere di Armagnac 1/2 cipolla di Tropea
g. 30 di burro al tartufo nero PREPARAZIONE
Pulire bene le animelle e le cipolle
e iniziare a soffriggerle dolcemente
con metà del burro e olio. Continuare
la cottura delle animelle finché non saranno dorate su tutti i lati. Sfumare con Armagnac e continuare la cottura
per circa 15 minuti. Aggiungere il ro-
smarino. Cuocere i carciofi al vapore;
condirli con olio, sale e pepe. Tenerli in caldo. Preparare l’emulsione a ba-
gnomaria con burro al tartufo, acqua, olio e sbattere con una frusta fino ad
ottenere una salsa cremosa. Scottare i
carciofi in padella fino a renderli croccanti. Salare.
Finitura: mettere le animelle calde nel
piatto, guarnire con i carciofi e nappare con la salsa al tartufo.
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UOVO
cotto a bassa temperatura con spuma di genovese INGREDIENTI pr 4 persone 4 uova di gallina
4 cipolle bianche
g. 15 di burro chiarificato olio evo q.b.
g. 500 di carne di maiale misto tra cui macinato carré e coscia 2 cariche di sifone
germogli e verdure di stagione a piacere
PREPARAZIONE
intelligente e certamente appagante per il cliente e stimolante per il cuoco. Non da meno i vini, scelti con accuratezza da Francesca tra prodotti naturali di piccole aziende selezionate soprattutto in Puglia, Italia e Francia: “Nei nostri vini troverete una terra pulita – sostiene con orgoglio Francesca - un produttore suo custode e imprevedibili emozioni”.
COSA MANGIARE Il menù, com’è giusto che sia per un posto di questo tipo, cambia continuamente, ma la cucina di Antonio Scalera segue un preciso filo conduttore che cerca l’essenza nei sapori della memoria per riproporla in chiave moderna, come nei cappellacci con scorza di parmigiano reggiano e polpo in tre cotture (ragù, sottovuoto e croccante) o nel risotto al peperone crusco, polvere di alici e stracciatella. Pietanze che richiamano antiche preparazioni ma le rivisitano con leggerezza e spingono sul gusto e sull’esaltazione degli ingredienti; ne sono esempi la variazione di coniglio della Valle d’Itria, che racchiude in un sol piatto più modi di gustarne le tenere e saporite carni, o – parlando di pesce – la ventresca di ricciola con acqua di tre pomodori e friggitello ripieno di ricotta e pistacchi, in cui la delicatezza del pelagico e la sua morbidezza contrastano gradevolmente con l’acidità dei pomodori e la croccantezza della frutta secca. Tra gli antipasti non c’è che l’imbarazzo della scelta: passatina di ceci con uova di quaglia e funghi pioppini; tartare di cavallino gelatina di cipolla di Tropea e ricotta di pecora; carpaccio di tonno con pomodoro
Cuocere l’uovo con il guscio in forno 63°C misto vapore e statico per 18 minuti. Tenerlo in caldo.
Preparare la genovese di maiale: pulire le cipolle e soffriggerle con il burro e l olio per circa 20 minuti senza farle
dorare. Aggiungere brodo vegetale, se necessario. Dopo aver tagliato a picco-
li pezzi la carne, aggiungerla al soffritto cuocerla per 2 o 3 ore fino a quando avrà raggiunto un colore bruno.
Frullare, passare la genovese e caricare il sifone tenendolo in caldo.
GOURMETFOOD
confit e noci; sgombro affumicato con gelèè di friggitelli e fichi caramellati. Quest’ultimo piatto, riuscitissimo, è quello che mette alla prova i palati più allenati, con un rimbalzo di gusti che parte dall’affumicato per cercare contrasti dolci, acidi e sapidi. Dopo tanto girovagare tra sapori conosciuti, riconosciuti e, a volte, meno noti, diventa necessario abbandonarsi a qualcosa di rassicurante come un buon dolce d’ispirazione tutta pugliese come il pasticciotto scomposto, un dessert fusion come il crumble di mandorle oppure, allontanandosi completamente dal collegamento territoriale, il bicchierino ai tre cremosi e bacio di dama. Volendo evitare la carta è possibile optare per tre tipologie di menù degustazione: 3 portate con 2 calici a € 35, 5 portate con tre calici a € 55, oppure 7 antipasti vini esclusi a € 50; tre modi diversi e divertenti per cogliere la filosofia culinaria de La Bul e per conoscere a fondo la cucina di Antonio Scalera, senza alcun dubbio una tra le più ricercate e ambiziose della città di Bari, il cui chef patron ha validamente rappresentato la Puglia a Expo 2015.
I DINTORNI Dopo aver gustato i piatti di Antonio e i vini selezionati da Francesca, appena fuori dal bel portoncino in legno, c’è il Borgo Murattiano, tutto da visitare: l’imponente Castello Svevo, i negozi delle brulicanti via Sparano e Corso
Vittorio Emanuele, i prestigiosi teatri Petruzzelli, Piccinni e Margherita. A pochi passi c’è Bari Vecchia con la Cattedrale di San Sabino, la Basilica di San Nicola, dedicata al Santo Patrono della città, e le sue tante antiche chiese. Ma la città vecchia è bella e pulsante con la movida barese concentrata sulle piazze Mercantile e Del Ferrarese, nei loro locali e sulla passeggiata della Muraglia che gode di un affaccio privilegiato sul suggestivo Lungomare, uno tra i più belli d’Italia. Inoltre, se siete in zona di mattina, non perdetevi una visita a N-dèrre a la lanze, il pittoresco luogo in cui i baresi, come da antica tradizione, vanno a mangiare il pesce crudo. Spesso anche per colazione!
RISTORANTE LA BUL
Via Pasquale Villari, 52 - 70122 Bari Tel. 080 523 0576
www.ristorantelabul.com
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Buone Nuove
le novità del mese
ARRIVANO LE NOVITÀ DELVERDE
IL SALE SENZA SALE
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Delverde rivoluziona il mondo della pasta con il lancio di ben cinque nuovi prodotti che saranno presto a scaffale in Italia e all’estero. Riconosciuto leader nel segmento salutistico come precursore nel mondo della pasta integrale e bio, ancora una volta il pastificio di Fara San Martino (Chieti) sceglie la strada dell’innovazione e lo fa con la gamma di paste realizzate con farine speciali ai ceci e ai semi di lino, e con i soli ed unici spaghetti da 250 grammi nel formato a nido a sezione rettangolare, confezionati negli originali pack a tubo. I nuovi ingredienti vengono aggiunti alla semola di grano duro in una percentuale consistente (il 30% per quanto riguarda i ceci, il 24% per i semi di lino) tale da apportare ulteriori elementi nutritivi alla pasta.
www.delverde.eu
Aquasalis, la prima soluzione salina iposodica con il 75% in meno di sodio, é destinata a rivoluzionare il comparto dei condimenti alimentari. Con il gusto deciso del sale, ma senza le controindicazioni associate al consumo dell’“oro bianco” in grani, Aquasalis nasce dall’incontro fra la purezza dell’acqua elvetica (la start-up è infatti svizzera) ed il sapore deciso di una selezione dei migliori sali. Il prodotto offre al mercato una soluzione naturale al 100%, con solo lo 0.029% di cloruro di potassio. Ma non solo: grazie alla sua composizione, Aquasalis favorisce l’assunzione di un apporto di sodio conforme alle linee guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), che raccomandano un consumo giornaliero di sale inferiore ai 5 grammi e di 3.510 mg di potassio per una persona adulta. Peso: 130 gr. per 100 ml. Prezzo: 3,60 euro per il flacone da 100 ml.
www.aquasalis.eu
FINALISSIMA GIN MARE A settembre Andrea Zapis del Barrumba di Rimini rappresenterà l’Italia nella finale mondiale del Mediterranean Inspirations. La competizione organizzata da Gin Mare è arrivata alla sua sesta edizione e tra gli otto finalisti italiani che hanno cercato di conquistarsi il lasciapassare per la finale di Ibiza è emerso un riminese doc, che da quindici anni si dedica anima e corpo alla mixology art. Strabiliante il numero dei partecipanti alle selezioni italiane, più di settanta concorrenti, tra i più alti nel mondo da quando è nato questo challenge. Merito sicuramente di Gin Mare e della capacità di organizzare una disfida su più livelli. I concorrenti infatti dovevano presentare due ricette: il Mare Nostrum Cocktail che traeva ispirazione dai quattro valori fondamentali del brand e il Gastrobartender Drink legato all’uovo, che rappresenta sicuramente un elemento fondamentale della nostra cultura gastronomica. Nella speranza di festeggiare il ritorno in patria di Andrea con la corona d’alloro che gli cinge la testa, pubblichiamo la ricetta del suo Mediterranean fizz Ispirato ai quattro valori fondamentali di Gin Mare: stile di vita, cibo, clima e concetto di evasione. (D.B.)
Mediterranean fizz (sfida: Mare Nostrum) - Gin Mare 5 cl - Liquore alle arance profumato con timo 3 cl - Sciroppo di olio d’oliva 1,5 cl - Soda profumata al rosmarino 5 cl - Spremuta di lime all’acqua marina 2 cl - Garnish: scorza di limone e lime
EVENTI
IL FESTIVAL DELLA CUCINA ITALIANA APPRODA A CESENATICO DAL 23 AL 25 SETTEMBRE 8 Chef stellati, la Scuola di pasta sfoglia, food truck con cucina d’autore, degustazioni di grandi vini, un mare di bollicine e la Salumoterapia: il meglio del cibo e del vino in una kermesse di altissimo livello, accessibile a tutti, in un Museo del Mare di straordinaria bellezza.
COSE BUONE D’ITALIA Ci sono i formaggi, gli oli e i salumi, ma ci sono anche le tradizionali terraglie della Calabria e gli straordinari gioielli di uno dei suoi orefici più famosi, quello Spadafora che per Papa Ratzinger creò una preziosa croce e che in Italia e all’estero ha lavorato per principi e attori ed esposto nei più grandi musei del mondo. Ci sono i classici arrosticini e la ventricina abruzzese, ma c’è anche una porchetta locale unica al mondo con copertura di mandorle che soltanto al Festival si potrà degustare senza macinare troppi chilometri. E poi il primo tartufo bianco delle colline cesenati, frutta e verdure biologiche, salumi di Mora Romagnola…
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EVENTI
FOOD TRUCK FESTIVAL Solo eccellenze e solo grande qualità al Festival della Cucina Italiana (23-25 settembre) - organizzato dal mensile specializzato La Madia Travelfood facente parte del Gruppo Cose Belle d’Italia e patrocinato dal Comune di Cesenatico dove persino lo Street Food vanta chef diplomati all’Alma di Gualtiero Marchesi e dove si potranno trovare caffè e pralineria di cru speciali, i tortellini dei grandi cuochi bolognesi annaffiati dai vini dei Colli, il fritto di pesce dell’Adriatico, le olive ascolane, i panini d’autore, la gamma delle famose birre Amarcord, ma anche quelle prodotto con il Pinot Noir dell’Oltrepò Pavese. E per gli amanti dei cocktail, il famoso bartender Charles Flamminio offrirà in degustazione gratuita 5 creazioni speciali realizzate con la Prugna d’Agen Igp, oltre, naturalmente, aperitivi classici e pestati con spezie e distillati di erbe.
Al Festival della Cucina Italiana l’aperitivo è firmato dal bartender mixologist Charles Flamminio che, oltre a proporre splendidi cocktails classici o, soprattutto, con l’uso personalizzato di spezie, fiori ed essenze naturali, offrirà gratuitamente creazioni con la Prugna d’Agen Igp.
I COCKTAILS PRUGNAS Gin, sciroppo di prugne, lime; “IL SOLITO” ALLE PRUGNE succo di prugne, Vermouth, Franciacorta; KAIPIPRUGNA Lime, zucchero, marmellata di prugne, wodka, soda; MA CHE PRUGNA! Whisky, Vermouth, sciroppo di prugne; LA PRUGNA DI CHARTREUSE succo di lime, Chartreuse, sciroppo di prugne, Ginger Beer
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8 STELLE X 8 PADELLE Contestualmente è presente l’alta cucina, però accessibile, di 8 Chef stellati - Massimiliano Mascia, 2 stelle al San Domenico di Imola, Beppe Aversa del Buco di Sorrento, Riccardo Agostini del Piastrino di Pennabilli, Gregorio Grippo della Buca di Cesenatico, Maurizio Urso della Terrazza sul Mare di Siracusa, Enrico Croatti del Dolomieu di Madonna di Campiglio, Alberto Faccani del Magnolia di Cesenatico, Simone Ciccotti dell’Antica Trattoria San Lorenzo di Perugia - : ciascuno propone uno dei propri piatti cult al prezzo popolare di 10 euro, condizione economica irripetibile nei loro stessi ristoranti (degustazione di tutti gli otto piatti solo per gruppi e solo su prenotazione sul sito www.festivaldellacucinaitaliana.it).
“LE MANI IN PASTA” E LA SALUMOTERAPIA E per chi vuole imparare le basi della cucina, cosa si propone? Ebbene torna con il Festival a grande richiesta la Scuola di pasta fresca “Le Mani in Pasta” dove le Mariette Artusiane insegneranno passo passo come preparare perfette sfoglie con il matterello, regalando poi ai corsisti tutti i vari formati da loro realizzati (prenotazioni sul sito del Festival). Ma a furor di popolo si ripropone anche la famosa Salumoterapia di Ivan Albertelli, dove l’istrionico patron dell’omonima osteria del parmense sottoporrà gli ospiti a vere e proprie sedute dove, a capo coperto, verranno pervasi dagli effluvi provenienti da culatelli, prosciutti con stagionature diverse, coppe, salumi di Felino… accompagnati dalle bollicine straordinarie che lui seleziona.
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EVENTI
UN MARE DI BOLLE E il vino? “Un mare di bolle”! Si chiama infatti così la sezione del Festival allestita tra le barche antiche del Museo della Marineria di Cesenatico – per l’occasione visitabile con ingresso gratuito dove degustare le migliori bollicine italiane e alcuni selezionati vini fermi. In più, il campione del mondo dei sommelier Luca Gardini, i giornalisti specializzati Andrea Grignaffini e Marco Tonelli, guideranno degustazioni dei vini più rari e prestigiosi, affiancati dal Wine Manager Alessandro Rossi.
PREMIO NAZIONALE GALVANINA PREMIO NAZIONALE GALVANINA Si va verso una degna chiusura domenica 25 settembre quando, nel bellissimo Teatro Comunale di Cesenatico, presenti le autorità, verranno conferiti i riconoscimenti del Premio Nazionale Galvanina per la Cultura, per il Giornalismo, per la Cucina, e per l’Imprenditoria. Premio Speciale del Cuore a Mirko Damasco per l’impegno profuso nel progetto “SicurezzAtavola” (http://www.sicurezzatavola.it) e per la realizzazione dei primi video europei per la prevenzione del soffocamento da cibo nei bambini.
Il Festival di Cesenatico chiude alla mezzanotte di domenica 25 settembre, ma non finisce perché si sposta in un’altra città di mare, la bellissima Siracusa dove, dal 21 al 23 ottobre si svolgerà la seconda parte dell’evento con un format diverso ma affascinante, sulla nuova e luminosa Marina di Ortigia.
INFO www.festivaldellacucinaitaliana.it info@festivaldellacucinaitaliana.it Orari: venerdì 23 dalle 17 alle 24 sabato 24 e domenica 25 dalle 12 alle 24 INGRESSO GRATUITO Prenotazioni alberghiere Ufficio IAT Cesenatico Tel. +39 0547 673287 - N. Verde 800 55 69 00 info@cesenaticoturismo.com
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GLI ESPOSITORI* 8 STELLE X 8 PADELLE Massimiliano Mascia - San Domenico di Imola; Beppe Aversa - Buco di Sorrento; Riccardo Agostini - Piastrino di Pennabilli, Gregorio Grippo - La Buca di Cesenatico; Maurizio Urso - Terrazza sul Mare di Siracusa; Enrico Croatti - Dolomieu di Madonna di Campiglio; Alberto Faccani - Magnolia di Cesenatico; Simone Ciccotti - Antica Trattoria San Lorenzo di Perugia. COSE BUONE D’ITALIA • AperiFestival Cocktail in degustazione gratuita con la Prugna d’Agen Igp • TerraeTartufo (tartufo - formaggi e latticini - vini e liquori - frutta e verdura - carni e insaccati - farine e pani - ristorazione e ospitalità) • Azienda Agricola Rio Del Sol Frutta e verdura nutraceutica, succhi e confetture biologici • Azienda Agricola Rio Del Sol Frutta e verdura nutraceutica, succhi e confetture biologici • La Salumoterapia di Ivan Albertelli Vini e salumi in degustazioni guidate • Littamè – “Oca in onto” • Accademia della Cucina Calabrese FOOD TRUCK FESTIVAL • Birra Amarcord • Foodstock Truck – Peace & Food • Birrificio Oltrepò • Lady Cafè • Pentole Agnelli (Polenta Taragna con moscardini) • Consorzio Vini Colli Bolognesi (Pignoletto Docg, mortadella e tortellini) • Azienda Agricola Biagi - Vini • La Mascionara Formaggi e Salumi d’Abruzzo • Pizza Genuina • Pata Truck • Luca Street Food - Pesce dell’Adriatico LE MANI IN PASTA • Scuola di pasta sfoglia a cura delle Mariette Artusiane UN MARE DI BOLLE Azienda Agricola Luretta; Cà di Frara; Cantina Monsupello; Colmello di Grotta; Tenuta Pernice; Strada della Romagna; Italia nel Bicchiere; Villa Franciacorta; Cà Rugate; Umani Ronchi; Dorigati; Marcalberto; Felsina; Drappier (champagne); Massana Noya (Cava) VINARIA • Degustazione di grandi vini e champagne a cura di Alessandro Rossi *
dati aggiornati al 6 agosto 2016 65
FASHIONFOOD
A VENEZIA L’HOTEL
BAUER
FA RIVIVERE LE ATMOSFERE DI UN TEMPO CON LE COMODITÀ DI OGGI
di
Maria Chiara Zucchi
La Venezia aggredita dalle grandi navi che la violano fino al cuore, assalita dalle torme di un turismo straccione e irrispettoso, la Venezia che fu dei Dogi e delle cortigiane, del Tiepolo e di Tiziano, del Canaletto e del Bellini, riesce ancora ad essere la città che tutto il mondo sogna di visitare per il suo inattaccabile incanto seduttivo. Segreta e pubblica, vive silenziosa tra le calli strette e severe, più chiassosa nelle piazze che ogni cartolina ha immortalato, riservata ed elegante all’interno degli splendidi palazzi sull’acqua. Tra questi, il Palazzo Bauer è una delle residenze più affascinanti in assoluto con lo stile neogotico della sua facciata ottocentesca e l’enorme terrazza bagnata dalle acque del maestoso Canal Grande, alla quale si può accedere se si arriva via mare.
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HOTELBAUER
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L’accesso posto sulla terraferma è invece a due passi da Piazza San Marco con il suo celebre Duomo, i bar storici e i negozi di lusso, e confina con l’inestricabile dedalo di viuzze che costituiscono l’attrattiva più pittoresca della città lagunare. Il suo elegante aspetto attuale si deve alla felice commistione tra la solidità del primigenio albergo Bauer – Grünwald datato 1880, i successivi e sostanziali lavori apportati negli anni ’40 dal nuovo proprietario, Arnaldo Bennati, e il rinnovamento che sua nipote Francesca, oggi presidente della struttura, ha apportato fin dal 1997. Ne risulta un insieme di ambienti raffinati caratterizzati da antichi mobili di pregio, tappeti importanti, suppellettili di buon gusto: tutte le stanze, pur conservando i magnifici arredi anni ’40 e uno stile prettamente veneziano, sono dotate dei comfort contemporanei indispensabili: l’armonia e l’equilibrio sono le prime cose che un cliente abituato ai comfort percepisce con immediatezza. Adiacente al Bauer, si trova Casa Nova, un magnifico esempio di casa del XVI secolo dove si può assaporare tutta l’atmosfera della vita veneziana. Gli eleganti appartamenti e suites sono attrezzati con piccola cucina e ideali sia per i brevi che lunghi soggiorni. Nelle suite “Penthouse” c’è una bellissima terrazza in legno chiamata “altana” da cui si ha una vista mozzafiato della città e del Canal Grande.
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FASHIONFOOD
Il Palladio Hotel & Spa (foto sopra), ultimo nato, si trova dall’altra parte del Canal Grande sull’isola della Giudecca. A disposizione dei clienti c’è un servizio navetta che lo collega direttamente al Bauer. Dopo una giornata in città i clienti possono rilassarsi nella terrazza affacciata sul Canal Grande del ristorante gourmet De Pisis o con un cocktail al B bar (foto qui sotto).
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RISOTTO bianco e nero di seppia
HOTELBAUER
INGREDIENTI per 4 persone
g. 320 di riso vialone nano, g. 500 di seppioline fresche, fumetto di pesce q.b., 1 bicchiere di vino bianco secco, 1 scalogno, erba cipollina q.b., burro acido q.b., olio extravergine q.b., sale q.b. PROCEDIMENTO
Pulire le seppioline e tagliarle a pezzi irregolari , avendo l’accortezza di conservarne la sacca con il nero. Rosolare lo scalogno in
un padellino, aggiungere il nero e far cuocere per 15 minuti lentamente (se necessario aggiungere del fumetto di pesce).
Frullare e setacciare bene la salsa. Tostare il riso in casseruola e bagnarlo con il vino, far evaporare e procedere con la cottura co-
me per un normale risotto aggiungendo il fumetto poco alla volta. Aggiustare di sale. A cottura ultimata, mantecare il risotto con bur-
ro acido e erba cipollina tritata. Salare e rosolare le seppie in una padella rovente per pochi istanti. FINITURA E PRESENTAZIONE
Adagiare sul fondo del piatto un cucchiaio di salsa al nero di sep-
pia, versarvi sopra il risotto ed ultimare posizionando le seppie rosolate.
Per qualificare anche l’offerta gastronomica dell’Hotel Bauer la proprietà ha scelto lo chef imprenditore Andrea Ribaldone (foto a lato). «Ho deciso di affidare il ristorante del Bauer Palazzo allo chef Ribaldone e al suo team - precisa Francesca Bortolotto Possati - dopo aver apprezzato la sua cucina e aver condiviso le linee guida che contraddistinguono da sempre la proposta culinaria del Bauer, aperta alle novità ma fedele alle radici lagunari. La nostra filosofia di hotelle-
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IL VINO DEL BAUER
rie, infatti, vuole continuare a proporre ai nostri ospiti internazionali the true Venetian lifestyle come elemento culturale imprescindibile». Andrea Ribaldone, classe 1971, dopo un’importante esperienza in Francia nel ristorante Lucas Carton del celebre chef Alain Senderens, inizia un percorso di ricerca della qualità che porta il suo ristorante La Fermata di Alessandria alla stella Michelin, nel 2003. Nell’autunno del 2013 inizia la collaborazione con JSH Group, società di gestione alberghiera, prima come consulente, poi come F&B Director. Nell’estate del 2014, apre quello che oggi è considerato il suo ristorante, I Due Buoi di Alessandria.
HOTEL BAUER
S. Marco, 1459 - 30124 Venezia Tel. 041 520 7022
www.bauervenezia.com info@bauervenezia.com
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L’Azienda agricola Colmello di Grotta nasce nel 1965 per la volontà e la passione di Luciana Bennati, che riesce in breve tempo a ristrutturare, nel più totale rispetto della tradizione locale, un vecchio ed abbandonato piccolo borgo, creando oltre agli uffici e la casa del custode, una foresteria per gli ospiti, una piccola sala per la degustazione ricavata da una vecchia cucina, una cantina per la maturazione e l’invecchiamento in legno, ed un’altra cantina di razionale ed avanzata tecnologia per la vinificazione e lo stoccaggio dei vini. La dimensione è volutamente piccola ed intima, la produzione di livello qualitativo elevato, il cui consumo è stato limitato ai familiari, agli amici e a pochi clienti. Dopo la scomparsa di Luciana Bennati, l’Azienda è condotta da sua figlia Francesca Bortolotto, legata anch’essa a Colmello di Grotta dalla stessa passione della madre, con l’intenzione di portare l’Azienda ai vertici della produzione friulana, e con la consapevolezza che per raggiungere questo obiettivo è necessario impegnarsi continuamente, cercando nuovi modi di migliorare tutti gli aspetti dei prodotti dell’Azienda. La filosofia applicata, dalla vigna alla bottiglia confezionata, è molto semplice: curare e armonizzare continuamente i dettagli del ciclo di produzione per portare il prodotto finale a livelli sempre più alti. L’Azienda si estende su una superficie di circa 16 ettari di vigneto, esposti perfettamente a Sud, ad una altitudine tra i 40 e gli 80 metri sul livello del mare. I vigneti sono distribuiti in superficie equivalente tra le due zone DOC Collio e Isonzo, che malgrado siano vicinissime tra di loro, presentano strutture dei terreni completamente differenti. Questa duplice personalità è forse la caratteristica principale dell’Azienda, che riesce a produrre vini con due personalità che si completano perfettamente: affascinanti e femminei i vini dell’Isonzo, potenti e mascolini i vini del Collio. Il terreno calcareo-ghiaioso dell’Isonzo dà vita a vini dotati di struttura eleganti, a cui si unisce una concentrata intensità di profumi. I terreni marnoso-arenari del Collio invece esaltano la complessità dei profumi e la struttura prorompente al palato. Per ottenere un’ottima qualità vinicola sono state operate precise scelte, che solamente applicate tutte insieme hanno permesso di arrivare a dei risultati eccellenti. E’ stato necessario dunque contenere le rese del vigneto e selezionare l’uva durante la vendemmia.
PRODOTTI ECCELLENTI
UN CUORE DI LEGNO PER RECUPERARE PALLET E PERSONE CON L’ARTIGIANATO SOCIALE di
Giorgia Zucchi
Pallet usati, assi di recupero provenienti da barrique o da masi, scarti di briccole veneziane o di tessuti d’autore: sono le parti residuali di materiali anche molto poveri o non più utilizzabili a stimolare la creatività di Avanguardia, associazione culturale no-profit che dà all’artigianalità più ingegnosa un fine etico e ne comunica i valori. Aderendo all’ANSPI (circoli oratoriali italiani), Avanguardia pone un taglio cattolico e di contenuto a ciò che fa, impegnandosi senza riserve per offrire un lavoro ai disoccupati, mettere in connessione progettisti e artigiani, creare indotti nel territorio.
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PRODOTTI ECCELLENTI
“Nel 2011 ho deciso di dare una svolta alla mia vita seguendo il cuore e ciò che il Signore vuole da me. – afferma Giuseppe Padovani, architetto, vicepresidente di Avanguardia – Fino ad allora la nostra cooperativa Il Maggiociondolo - che opera in un vecchio capannone nella zona ZAI di Verona Sud - recuperava esclusivamente bancali; oggi recuperiamo persone per toglierle dalla dipendenza da droghe e da alcol e anche detenuti a pene alternative. Proprio partendo dai pallet mi è venuta l’idea di creare un progetto sociale che mettesse al centro le persone e i loro bisogni, riqualificando la loro vita attraverso il lavoro. I pallet diventano così oggetti di riuso per l’arredo e il packaging: sgabelli e poltrone, tavoli e scaffali, piccole serre, banchi per negozi…” “Abbiamo aperto il nostro primo negozio a Verona (in via Centro
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AVANGUARDIA
27/A- Borgo Roma) dove vendiamo principalmente le nostre creazioni, realizzate con materiale di recupero, e anche quelle di altri artisti e artigiani locali: è il primo del genere in Italia. – spiega Francesca, presidente di Avanguardia, figlia e braccio destro di Giuseppe - Lo abbiamo aperto in un quartiere popolare, così che possa diventare anche un centro di ascolto per la gente che ci vive. Non sappiamo se funzionerà, ma il cuore ci ha detto di farlo e abbiamo trovato i soldi per realizzarlo. Chi compra le nostre cose diventa un amico perché partecipa alla nostra storia e ci aiuta a farla conoscere”. Nella crisi di valori che la nostra società sta evidentemente vivendo, Avanguardia ha dunque sentito la necessità di ricercare nuovi modelli esistenziali e lavorativi, replicabili in ogni parte d’Italia. Il legno è appunto lo strumento che dà vita a storie, progetti e collaborazioni in arti e mestieri e Avanguardia è l’espressione di una vera scuola al servizio del territorio.
AVANGUARDIA
Via Centro 27/A - 37135 Verona - Str. della Genovesa, 104 Verona Tel. 045 8767095 - Fax 045 8765251
www.avanguardiaverona.it - info@avanguardiaverona.it
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FASHIONFOOD
A EZE SULLA COSTA AZZURRA
CHATEAU EZA È IL CINQUE STELLE PIÙ ROMANTICO AL MONDO di
Luigino Filippi
A 427 metri di strapiombo sul mare della Costa Azzurra con vista sul vicino Cap Ferrat, le mura di questo villaggio situato nell’ex Contado di Nizza furono costruite circa 400 anni orsono, ma è stato nel 1923 che Guglielmo di Svezia (1884-1965) acquistò alcune case sulla sommità di questo nido d’aquila per farne la sua quieta dimora, da allora popolarmente chiamata “Chateau du Prince de Suède”. Qui visse per 30 anni, s’ispirò per alcuni romanzi, visitato a più riprese dalla sua famiglia reale, con la compagnia della mitica Bella Otero, deceduta la quale, nel 1953, il complesso fu venduto e suddiviso in alloggi. Dopo alterne vicende questi furono acquistati e riaccorpati da André Rochat, ginevrino, che creò un albergo/ristorante di prestigio. Fu solo nel 1994 che arrivò un altro nuovo proprietario, Terry M. Giles, che fece del sito un hotel mitico, oggi 5 stelle lusso,
CHATEAU EZA
Eze Villge
Rue de la Pise
Tel. +33 (0)493 41 12 24 www.chateaueza.com
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tra i più romantici del mondo, con un ristorante rinomato, rinnovandolo poi ancora, nel 2010, con una spesa di 3 milioni di euro assicurandone modernità, eccellenza, lusso ed eleganza. Per facilitare l’accesso degli ospiti a questo ritiro dorato c’è un addetto all’accoglienza dabbasso ai contrafforti; fino a pochi anni fa c’era una … stalla (“spolveratissima”) con asinello che poteva portare a destinazione il “turista” amante del pittoresco. Ora c’è invece un efficiente voiturier che si occupa delle auto e dei bagagli e che raccomanda di prendere con calma, come una passeggiata, la bella ma impegnativa salitina che porta in cima alla rocca, dove sorge, appunto, questo dorato eremo. L’ingresso è un fondo vicolo dove sorge la reception, poi ci sono dei salottini, poi ancora diverse scale che portano sia alle camere che a salette, bar, salottini e, ovviamente, al ristorante. Le camere sono tematiche, una assai differente dall’altra e costano dai 150 ai 170 euro, le junior suite 220, le suite 250, ovvero prezzi quasi imbattibili rispetto ad altre strutture di pari blasone e fascino dell’intera Cote. Nove offerte speciali e forfait, reperibili sul loro sito Internet, da 190 ai 730 euro, offrono invitanti “pacchetti”. La sala ristorante dalle vetrate mobili e le sue terrazze a strapiombo, tra le quali una privé con un solo tavolo, offrono una vista impressionante e incantevole, soprattutto al tramonto, quando
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cambiano i colori ad ogni istante, il mare s’oscura, l’orizzonte s’infuoca, per lasciar posto alle luci scintillanti della Cote a perdita d’occhio e, più tardi, anche al cielo stellato. Qui, dal ’90 in poi, si sono succeduti cuochi conosciuti, tra i quali Dominique Le Stanc, Andret Signoret nei primi anni ’90 fino al ’95, poi Thierry Bagnis fino al 2007 e, dal 2008, Axel Wagner proveniente dal famoso Georges Blanc a Vonnas (3 stelle Michelin). Accomodarsi qui significa anche avere al tavolo un restaurant manager (Antonio) e il somelier, entrambi italiani. Ecco un menu serale: amuse-bouche; cube de pasteque aigre doux et fine tranche de boeuf facon carpaccio, crustilles de jambon; homard «passion et poivres rares», un lit de jeunes pousses d’épinard; granite de Litchi au gingembre frais, quelques pétales de roses; epaule d’agneau confit au foin de Crau A.O.C., olives ligures et aubergines en condiment; selection de fromages francais affinées par monsieur Hervé Mons, meilleurs Ouvrier de France 2000; declinaison de fraise et rhubarbe. Il tutto al prezzo di 120 euro. Al mezzodì sono disponibili due dignitosi menu a 52 e 62 euro, che fanno impallidire per la loro convenienza molti concorrenti sulla Cote. Le carte vini sono due, di cui una dedicata solamente agli Champagnes. La carta dei “fermi” ha circa 400 etichette, a partire da 90 euro e i vini vengono serviti anche a bicchiere a 10 euro. La carta Champagne elenca solo millesimati, una cinquantina, a partire da 190 euro e una coppa di Deutz 2006 costa 28 euro. Una casa con personalità unica, con i profumi dei cespugli del “sauvage” sottostante dardeggiato dal solleone, profumi che la notte si trasformano in intriganti umidori. Sedersi qui al bar d’angolo terrazza significa non trovare mai l’ora giusta per ritirarsi.
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GOURMETFOOD
DARIO
PICCHIOTTI IL MARE NELLA CAMPAGNA BOLOGNESE
foto di
Niko Boi
Devoto alla cucina di pesce come pochi, Dario Picchiotti è comunque un frate laico nel panorama degli chef che amano cimentarsi con le specie ittiche perché il suo approccio è tendenzialmente trasgressivo, rispettoso sì della materia prima, ma con quella sottile vena di provocazione tipica di chi si mette sempre in gioco e in gioco vuole mettere i suoi ospiti là, nella campagna bolognese, dove l’Antica Trattoria di Sacerno è il piccolo tempio pagano per nuove perdizioni.
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DARIOPICCHIOTTI
SPAGHETTI alle briciole di mare INGREDIENTI
g. 350 di spaghetti
pastificio Gentile di Gragnano
Per il pesto di aglio ursino
Sbollentare in acqua salata le foglie, raffreddarle e frullarle con olio evo.
10 gamberi rosa
Soffriggere il peperoncino in quantità moderata sulla vostra tolleranza al piccante, at-
20 vongole
peperoncino, aggiungere il pesto di aglio ursino e tenere il tutto bello bavoso. Una volta
10 gamberi rossi 30 cozze
5 calamari
tenzione l’habanero è molto potente!!! Saltare la pasta, precedentemente bollita, con il impiattato gli spaghetti cospargerli a piacere con le briciole di frutti di mare.
1/2 peperoncino habanero 1/2 cipolla
10 foglie di aglio ursino PREPARAZIONE
Per le briciole di mare
Pulire i gamberi e conservare le teste. Aprire i gusci con del brodo vegetale.
Una volta aperti, togliere le conchiglie e conservare i mitili nel brodo.
Tagliare la mezza cipolla finemente e saltarla con le code di calamari, precedentemente puliti e tagliati, i mitili e le teste dei gamberi. Quando è tutto ben rosolato, togliere le teste e schiacciarle con uno
schiacciapatate, raccogliendone
il succo nella stessa padella da dove
li avete tolti e aggiungere anche il bro-
do dei gusci, continuare a far cuocere sul
fuoco finché non si asciuga bene. Mettere il “sugo” ben asciutto nell’essiccatore a
40°C per il tempo necessario a renderlo ben croccante, poi pestare il tutto nel mortaio fino ad ottenere delle briciole.
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GOURMETFOOD
MILLEFOGLIE dolce di alici marinate, puntarelle, ketchup e maionese INGREDIENTI
g. 100 di albume, g. 100 di burro, g. 100
Per le alici marinate: pulire le alici e abbatterle per almeno 24 ore ad
farina di mandorle, g. 300 di alici, ml. 550
in freezer per 48 ore. Decongelarli e coprirli con mezzo litro d’ ac-
di zucchero, g. 100 di farina 00, g. 100 di di aceto di vino bianco, l. 0,5 d’acqua, g.
100 di puntarelle, 3 tuorli, 1 cipolla dorata,
g. 300 di pelati, olio q.b., sale q.b., olio semi q.b., limone q.b., tabasco. PREPARAZIONE
una temperatura di -25°C, in mancanza di abbattitore lasciare i filetti qua, mezzo litro di aceto e 60 grammi di sale poi coprire il recipiente con una pellicola e lasciare in frigo per altre 24 ore.
Per la maionese: mettere in un bicchiere da mixer i tuorli, 50 grammi di aceto, sale q.b. e mixare versando a filo l’olio di semi.
Per il biscotto dolce: ammorbidire il bur-
Per il ketchup: soffriggere con un filo d’olio la cipolla tritata, aggiun-
rina di mandorle e zucchero poi lasciare
frullare aggiungendo a piacere qualche goccia di tabasco.
ro e impastarlo con albumi, farina 00, fariposare l’ impasto almeno tre ore in frigo.
Con l’ aiuto di un silpat stendere degli strati molto sottili del nostro impasto forman-
do dei rettangoli lunghi cm. 15 e alti cm. 5, poi cuocerli in forno a 170°C per 5 minuti.
gere i pelati e correggere con il sale. Quando il pomodoro è cotto
Per le puntarelle: tagliarle a julienne, meglio con l’ aiuto di un tagliapuntarelle, e condirle con olio, sale e limone.
In un piatto piano posizionare al centro un biscotto, sopra qualche filetto di alici mari-
nate sufficienti a coprire lo strato sottostante, un cucchiaio di ketchup e uno di maionese
poi nuovamente biscotto, alici e salse in fine guarnire la cima del “millefoglie” con una manciata di puntarelle. Per dare colore alternare sul piatto macchie di ketchup e maionese.
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DARIOPICCHIOTTI
CALAMARI scottati, finta scamorza affumicata e broccoli croccanti INGREDIENTI 8 calamari
g. 100 di broccoli
un mixer aggiungendo salsa di soya fino a raggiungere il punto di salatura gradito.
g. 300 di riso
Per i broccoli: tagliarli a pezzi piuttosto
soya q.b.
acqua salata, scolarli e condirli con olio,
l. 0,5 di latte di soya sale q.b. olio q.b.
piccoli e sbollentarli per trenta secondi in sale e limone q.b.
limone
Scottare i calamari, puliti precedentemen-
PREPARAZIONE
lo d’olio, posizionarli sul piatto, adagiare
Per la finta scamorza: stracuocere il riso nel latte di soya, lasciar raffreddare e passare il tutto in affumicatore, poi frullare con
te, in una padella antiaderente con un fiqualche pezzo di broccolo a temperatura
ambiente ai lati dei calamari e finire con qualche macchia di finta scamorza.
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ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM
a cura di
Alessandro Rossi esperto di vino, bon vivant, fondatore del Premio “Dire Fare Sognare”
CUCINA E VINI RITORNO ALLE TRADIZIONI
La storia della cucina che si sviluppa dai primi dell’800 fino ad oggi, come tutte le storie che si rispettino, è composta da tappe e percorsi fondamentali. Si parte dalla grande cucina di Auguste Escoffier, uno dei precursori, il primo ad abbandonare le cucine borghesi delle case francesi creando la grande rivoluzione alberghiera, che passa dall’estro e dalla nouvelle cuisine di Fernand Point prima e successivamente a quella di Paul Bocuse, colui che inventò le piccole porzioni nei grandi piatti e la “cucina di mercato”, ovvero una cucina che dipendeva dalla spesa e non una spesa che dipendeva dal menù. Questo lungo percorso ci conduce ovviamente alla cucina sperimentale di Ferran Adrià che molti, erroneamente, definiscono “padre della gastronomia molecolare”, forse più l’alfiere di un modo di fare cucina tutto in cortocircuito tra creatività e prodotto. La cucina italiana nasce dalla “fame”, la fame delle famiglie del primo e secondo conflitto mondiale, dove si campava di solo pane o poco più. Qui nascono i piatti poveri della tradizione Italiana più volte rivisitati anche da grandi chef. La cucina del Belpaese vanta una realtà gastronomica unica ed è probabilmente ancora oggi un punto di riferimento, una cucina che è riuscita ad adattarsi nel corso della sua storia ad una serie di importanti influenze; da quella dell’Antica Grecia a quella Araba, passando per quella Bizantina, riuscendo a mediterraneizzare prodotti alimentari provenienti dal Nuovo Mondo (patate e pomodori su tutti) tramutandoli in pilastri della tradizione italiana.
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L’Italia ha all’interno del suo DNA una “pura cucina tradizionale popolare povera”, che nel corso dell’ultimo ventennio ha subito evoluzioni in chiave moderna, dove si è cercato di riprodurre, alcune volte anche con ottimi risultati, la ricetta di una rivisitata nouvelle cuisine. Mestiere non proprio nostro. Oggigiorno, soprattutto in concomitanza con la crisi economica con la quale stiamo convivendo, ahimè, oramai da qualche anno (troppi), tutto è cambiato. C’è un veloce ritorno alle tradizioni, ai piatti semplici e poveri, ai gusti classici, alla scissione dei sapori in bocca e alla reale percezione di ciò che si sta mangiando, insomma si cerca di rovinare il meno possibile ciò che la terra ci ha dato, tornando alle cose di un tempo, ad una cucina più sana e salutare che non vuol dire per forza un conto più basso (anche perché le materie prime costano) ma sicuramente più onesto a livello intellettuale. Logicamente la valorizzazione delle nostre materie prime porta anche ad una riscoperta degli artigiani che producono queste eccellenze (caseifici, allevamenti di razze italiane, produttori di salumi, ecc.. ). Mai più vera fu l’affermazione di Ferdinand Point che diceva che il miglior risultato lo si ottiene dai prodotti di stagione. Tutto questo fa sì che le materie prime (come il latte, l’olio, la carne, i formaggi, le farine, le verdure per esempio) spesso e volentieri siano l’unico attore principale di un piatto dove i sapori ben distinti tornano a regnare. Il vino sta seguendo lo stesso percorso, se vogliamo: negli anni
’80 e ’90 i vini che si consumavano sulle tavole dei ristoranti o di casa erano stilisticamente l’opposto di quelli che stiamo bevendo adesso; il punto di bevuta è completamente cambiato in brevissimo tempo. Siamo stati abituati per oltre un ventennio a convivere con vini morbidi, burrosi, densi, conditi da speziature legnose più o meno dolci e assemblati con vitigni internazionali (merlot e cabernet su tutti). Insomma vini da concorso, pronti subito e che ammiccavano all’American Style (Wine Advocate e Spectator) che tanta fortuna ha portato a tanti produttori e, considerando che buona parte dei vini di Bordeaux sono caduti in questa trappola, possiamo dire di essere stati in buona compagnia. Oggi fortunatamente il consumatore ha capito che i vini devono avere un’acidità elevata per durare nel tempo (l’opposto della morbidezza), devono essere sapidi o minerali per avere ancora di più la possibilità di abbinamento al cibo, devono avere sicuramente meno legno per rendere riconoscibile il o i vitigni che compongono il blend, ma soprattutto devono avere una tracciabilità, una denominazione che permetta al consumatore, scegliendo la bottiglia, di sapere esattamente cosa sta per bere e, per fortuna, solitamente le denominazioni tendono a preservare il patrimonio genetico dei vitigni autoctoni italiani. Se consideriamo poi che nell’arco di 8/10 anni in Italia il consumo dei vini bianchi e bollicine è slittato più o meno al 60%, mentre i vini rossi sono scesi paurosamente nei consumi, logicamente anche la nostra enologia si è riadattata. Alla luce di tutto ciò, non possiamo che affermare che nell’ambito eno-gastronomico sono state ridefinite tante regole, tanti paletti sono stati spostati e il ritorno alle tradizioni è in corso, con la speranza che questo Italian Style possa riemergere e riprendersi quel podio che da sempre gli spetta.
VINARIA
GIAPPONE
QUALI VINI ESPORTARE di
Angelo Gaja
Il mio primo viaggio lo feci nel 1980. Sembrava allora un paese triste nonostante l’economia macinasse successi, i servizi pubblici avessero un livello di grande efficienza, l’organizzazione della società fosse curata con minuzia. Le donne indossavano vestiti di un blu mesto, gli uomini in grigio o nero di ordinanza: era un Paese che amava l’isolamento e non gradiva la presenza dei forestieri. A Tokyo erano allora 48 i locali che proponevano cucina italiana: svettava Sabatini, originario romano. Da allora, il paese è molto cambiato. La grande rivoluzione l’hanno vissuta le donne, guadagnando considerazione nell’ambito familiare, rispetto, libertà e bellezza. Non è più l’uomo giapponese ad essere al centro del creato. Per osservare alcuni dei molteplici aspetti della
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Tokyo di oggi merita immergersi nella vivacità e nei colori di Omotesando, passeggiare nella quiete mistica del vicino parco di Meiji Jingu, godere del pullulare di gioventù e dei gradevoli luoghi di intrattenimento che sono nel complesso delle librerie di Tsutaya, nel quartiere di Daikanyama. L’atteggiamento del Paese ad isolarsi, a restare chiuso all’immigrazione si è modificato. L’accoglienza ai turisti è molto migliorata e gode di nuovi incentivi. E’ del 2016 la concessione ai cittadini di Tokyo di affittare le loro abitazioni ai turisti esteri anche per pochissimi giorni. Il che non toglie che ad un giapponese che scorge un mozzicone di sigaretta perso su di un marciapiedi immacolato venga da pensare che a buttarlo sia stato un cinese. Amici non lo diventeranno
mai, ma i cinesi che arrivano spendono, riempiono i negozi ed i ristoranti. Tocca sopportarli. Ora nella Tokyo metropolitana i locali che propongono cucina italiana sono più di 5.000, in larga maggioranza con cuochi di origine giapponese che vantano un percorso in Italia a praticare la nostra cucina. Il successo della cucina italiana ha contagiato Osaka ed altre città, e si è esteso gradualmente anche alla provincia. Si deve a questi ristoranti la diffusione e la conoscenza dei prodotti dell’agro-alimentare italiano, vino incluso. Ho goduto nel mio ultimo viaggio anche di una visita al mercato del pesce, Tsukiji, il più grande al mondo, frenetico, con moltissime varietà di pesci che gli europei non si sognano neppure di consumare, permeato dal profumo del mare. Occupa una vasta area a fianco della centralissima Ginza. Entro l’anno Tsukiji verrà trasferito per fare posto alle installazioni che dovranno accogliere le olimpiadi del 2020. I giapponesi, degli asiatici, sono quelli che hanno più gusto per il bello e per il buono. All’Italia guardano con grande interesse, ammirano le nostre bellezze, il made in Italy e la nostra gastronomia, molti dei nostri scrittori sono tradotti e siguarda con grande curiosità all’arte italiana. Nell’export dei vini in termini di valore la Francia è prima e l’ultimo è il Cile. Il primato in volume del Cile è dovuto ai bassi prezzi, ai pochi nomi varietali indicati in etichetta (Cabernet, Chardonnay, …) in grado di facilitare le scelte dei consumatori occasionali che costituiscono la maggioranza, ad una promozione efficace ed al vantaggio imputabile ad una tassazione leggermente più favorevole. Cosa deve fare l’Italia per far crescere l’export di vino verso il Giappone? Avere conoscenza del fatto che il vino italiano, così come molti prodotti dell’agroalimentare di casa nostra, gode già in Giappone di ottima immagine e non si farebbe un buon servizio al nostro Paese proporlo di qualità modesta ed a prezzi svaccati. Si deve invece continuare a costruire domanda in favore del vino italiano, come
già si sta facendo; favorire l’accesso su quel mercato dei produttori che ancora non ci sono arrivati, attingendo anche al vasto numero di importatori di dimensione medio-piccola, ideali per fare conoscere i vini di produzione artigianale; porre maggiore attenzione a penetrare nei ristoranti di cucina giapponese che hanno aperto al vino come soltanto 15 anni fa appariva improbabile; accogliere con cura i giapponesi che vengono in visita alle cantine italiane, affascinarli, fare affidamento sulla loro fidelizzazione. Con la consapevolezza che in Giappone il vino ha il vento in poppa. Il consumo annuale pro-capite è superiore a 3 litri e può soltanto crescere. Negli ultimi 15 anni la birra - la bevanda nazionale preferita dagli uomini unitamente agli spiriti - ha avuto un calo di consumo del 15%. IL Saké è in caduta libera. Il Whisky dà segni di lenta ripresa dopo anni di rallentamento dei consumi. Il vino è l’unico a crescere con tassi annuali superiori al 5% Al vino si sono avvicinate le donne, che gli riconoscono la valenza di bevanda culturale. Le ditte giapponesi produttrici di birra, Asahi, Suntory, Kirin, Sapporo, da tempo hanno fiutato l’aria che tira ed investito acquistando aziende distributrici di vino. E’ successo anche per l’importatore Enoteca - www. enoteca.co.jp - acquisito da Asahi, che continua ad operare con elevata professionalità. Il Giappone è per il vino italiano il mercato asiatico più importante. I consumatori conoscitori sono numerosi, i sommeliers sono molto preparati. E’ stata una delle prime volte, nel mio recente viaggio, che ho raccolto critiche non più velate nei confronti di produttori che praticano l’uso molto limitato, se non anche l’eliminazione, di anidride solforosa per vini che storicamente godevano del riconoscimento di spiccata longevità. Perché longevi non lo sarebbero più, manifestando già, nel primo decennio di vita, i segni di una prematura ossidazione (premox), una maturazione accelerata. Anche gli importatori cominciano a diffidarne assumendo atteggiamenti di cautela.
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A CURA DI GIANLUCA RICCI
E-WINE Che la commercializzazione del vino per le vie del web stenti a decollare è noto. Tuttavia gli esperti stimano che nei prossimi anni - se gli imprenditori sapranno adeguarsi alle nuove metodologie e se i legislatori riusciranno a semplificare le normative legate agli scambi via internet il traffico potrebbe addirittura decuplicare, offrendo nuove opportunità ai produttori italiani. Durante l’ultima edizione di Vinitaly il premier Matteo Renzi e Jack Ma, patron del network cinese di e-commerce Alibaba, hanno discusso della possibilità di veicolare parte della produzione italiana di vino attraverso le maglie informatiche del suo impero web. Oggi il vino venduto in rete rappresenta lo 0,2% del fatturato globale del settore: un’inezia. Un’inezia anche se rapportata al commercio elettronico nel suo complesso: 24 milioni annui il vino, 17 miliardi tutto il resto. Eppure sono in molti, basandosi su quanto già accaduto per altre categorie merceologiche, a scommettere sulla prossima esplosione, tanto che si stanno già predisponendo le prime piattaforme con cui poter soddisfare un mercato che dovrebbe aumentare del 40% già nel prossimo quinquennio. In Francia parte del percorso è già stato affrontato e negli ultimi otto anni le transazioni enoweb sono aumentate del 30% all’anno. Si tratta dunque di una opportunità da non sottovalutare, ma anzi da iniziare a considerare come sostanziale per rivitalizzare un mercato del vino che, non dimentichiamolo, rimane comunque sempre in grande attività.
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VINARIA
C’ERA UNA VOLTA ...
IL CASTELLO DI VERRAZZANO E C’È ANCORA, PER IL TURISTA DI OGGI di
Cristina Vannuzzi
C’era una volta... vedo occhioni sgranati e bocche infantili aperte, sorpresi, incuriositi a ragione, perché non è facile trovare un castello che risale al decimo secolo capace di mantenere intatto il fascino della sua storia, evidenziata da un attento e continuo restauro, oggi reinterpretata in chiave moderna. Tra bellezza e natura la passione disegna i sogni, quelli di Luigi Cappellini che ha saputo dare una nuova anima e incredibile bellezza a questo straordinario luogo. Non si può che cedere alle emozioni che portano alla poesia vivendo le immagini variegate che la natura offre in questo posto, immagini sospese nel tempo, disegnate dal passare delle stagioni, il verde che muta, i colori che cambiano, i profumi che fanno un concerto, appagante, unico. Della famiglia Cappellini, il primo proprietario del castello, Luigi Cappellini, lo acquistò nel 1958: era il padre dell’attuale proprietario, Gigi per gli amici, un turbine di simpatia, ironico, divertente, fiorentino…e con questo si dice tutto! Oggi Luigi, il figlio, è un imprenditore pieno di entusiasmo e talento che vuol fare del Castello di Verrazzano il testimone di un nuovo turismo, la strada per conservare
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A CURA DI GIANLUCA RICCI
FURBETTI DELLA CANTINA
un patrimonio storico di grandissimo valore mantenendo l’equilibrio tra la tutela del posto e la necessità di renderlo vivo e fruibile al turista, evidenziandone le peculiarità, come la produzione di vino e olio. Come dice Luigi Cappellini percorrendo le sue vigne... “L’atmosfera in vigna è unica, un grappolo d’uva è un capolavoro della natura, è fatto da tanti cerchi, piccole sfere. In giapponese la parola cerchio è tradotta in ens, e significa illuminazione, forza, universo. In 220 ettari di terra, di cui 52 adibiti a vigneto, noi riusciamo a produrre 250 mila bottiglie di vino l’anno e il vino è per noi il punto fermo dell’Azienda. La sa la storia del castello? Qui è nato Giovanni da Verrazzano, e da qui è partito per la sua importante scoperta dell’America, insieme a Cristoforo Colombo. Fu proprio Verrazzano che scoprì la baia di New York. Nel ponte, costruito e inaugurato nel 1964, a cui hanno dato il suo nome, sono incastonate 4 pietre del castello nel quale, a sua volta, sono incastonate 3 grosse pietre del ponte stesso. Un legame di reciprocità che tuttora permane.” FATTORIA CASTELLO DI VERRAZZANO Via Citille, 32 - Località Greti - 50022 Greve in Chianti (FI) www.verrazzano.com
Al recente Concorso Mondiale Enologico di Bruxelles due cantine di cui non è possibile conoscere il nome (e mai lo sarà) hanno partecipato inviando campioni completamente diversi rispetto ai vini poi commercializzati. Un trucchetto da sagra paesana che non ha impedito però a due aziende di grande prestigio internazionale (entrambe si sono aggiudicate una medaglia d’oro di cui continuano peraltro a fregiarsi in etichetta) di ricorrervi pur di assicurarsi gli onori del premio. La procedura non è nuova, tanto che da qualche anno ormai sono state previste per regolamento procedure di intervento in casi simili o addirittura, come accaduto a Bruxelles, controlli a campione. Ma evidentemente è ancora troppo poco per i furbetti della cantina. Furbetti che peraltro non mollano: secondo i dati elaborati dall’Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, nelle quali rientrano le indicazioni geografiche, nel 2014 ben il 9% dei vini venduti è risultato falso. In metà dei casi si è trattato di imitazioni di prodotti tutelati dal marchio di valorizzazione e protezione, nell’altra metà di prodotti che riportavano in etichetta indicazioni fuorvianti rispetto all’origine delle uve. Per capire la portata del fenomeno, giova ricordare che il 9% corrisponde a 4 miliardi e mezzo di euro.
IL MIGLIOR SOMMELIER DEL MONDO Incredibile ma vero: il miglior sommelier del mondo è uno svedese. Si chiama Jon Arvid Rosengren, ha 31 anni e lavora nel ristorante newyorkese Charlie Bird. A decretarlo è stata l’Asi-Association de la Sommellerie Internationale nella finale del Mondiale per sommelier svoltosi recentemente in Argentina. Rosengren ha battuto la concorrenza di 60 colleghi e in finale ha superato il francese David Biraud e l’irlandese Julie Dupouy. Ma non è stato un colpo di fortuna: il giovane vichingo ha già un invidiabile palmares, essendosi aggiudicato il titolo di miglior sommelier della Scandinavia nel 2009, di Svezia nel 2010 e nel 2011 e d’Europa nel 2013. Evidentemente il ragazzo ci sa fare, nonostante provenga da una terra in cui l’uva è vista solo come un frutto tropicale.
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VINARIA
ALL’ISOLA D’ELBA
MONTEFABBRELLO PORTA LA NATURA IN TAVOLA di
Stefano Bramanti
Da Portoferraio, con 8 minuti di auto, è possibile raggiungere il piccolo Eden dell’agriturismo del Montefabbrello. Basta aver scelto, come fanno circa tre milioni di turisti ogni anno, di fare una vacanza nell’Arcipelago Toscano e specificamente nella natura verde e blu dell’Elba, dal 1996 parco nazionale. Sbarcati con una delle navi delle 4 compagnie marittime che fanno servizio in estate, c’è da far rotta verso Porto Azzurro e, curva dopo curva, godendo di panorami unici dell’ampio golfo della fortificata città medicea e napoleonica, capiterà di sfiorare sulla sinistra i ruderi della villa romana delle Grotte, aperta al pubblico; in lontananza ci sorveglierà il castello medievale del Volterraio, visitabile ogni sabato. Va quindi lasciata la provinciale che porta allo Schiopparello e presto appariranno indicazioni per la tenuta agricola che produce, oltre i 13 vini Doc, anche il grano per avere in tavola pane, pasta e dolci genuini. La fattoriaparadiso, creata da Dimitri Galletti e sua moglie Nelly Famà (foto qui sotto), è dotata di un ristorante nel quale ogni portata è un concentrato di salute, dai sapori invitanti. La materia prima, infatti, fa un viaggio breve. Parte dai vicini campi coltivati con tecniche biologiche e arriva al cuoco Mauro Santucci, coadiuvato da Carmine Marinaccio.
L’AGRICOLTURA COME NEL PASSATO “Sì, produciamo il grano Senatore Cappelli, una cultivar di grano duro autunnale – spiega Dimitri - ottenuto agli inizi del 1900 e dello stesso periodo è il Gentil
Rosso antico, grano tenero che pure vediamo nascere. Li raccogliamo, li maciniamo nel nostro molino a pietra e la semola che si ottiene dal Cappelli ha ovviamente il germe di grano.Non possiamo conservarla a lungo, è viva, mentre la grande industria elimina il germe di grano e produce farine a lunga scadenza, molto raffinate con varie elaborazioni chimiche. Il nostro prodotto è ricco di proteine, aminoacidi, vitamine e sali minerali. Il “Rosso” contiene pure un’ampia gamma di proteine, digeribili e nutrienti e con tali farine facciamo pane, pasta e dolci a chilometro zero”. Dimitri conta di arrivare a oltre 200 quintali di grano tra
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MONTEFABBRELLO
tenero e duro: un ritorno all’agricoltura del passato, quando le spighe dorate riempivano i terreni di varie parti dell’isola. Al Montefabbrello è quindi in atto una scelta radicale: via il cibo industriale dalla propria tavola. Dimitri realizza quattro formati di pasta corta: fusilli, sedanini, pennette rigate e caserecce e tre lunghi: tagliatelle, tagliolini e pap-
- e gli affettati sono di aziende artigianali biologiche della nostra regione. Il pesce è quello fresco del mare dell’Arcipelago”. Il fattore è innamorato del suo mestiere e Nelly, una ex cittadina del nord appassionata di moda, lo ha seguito al 100%. Hanno iniziato una nuova vita, rinnovando i vigneti piantandone di nuovi e attrezzando la cantina con botti e macchinari d’avanguardia, producendo ora ben 13 tipi di vino, tra bianchi, rossi e passiti, anche se in piccole quantità. Tutti sono ottenuti con metodo biologico e venduti anche all’interno della fattoria. “La nostra è un’azienda - conclude Nelly – che ha radici nella tradizione agricola elbana, ma ci apriamo alle novità e ai giovani. Amiamo quello che facciamo e proviamo a comunicarlo agli ospiti e in
pardelle. Il prodotto ha un colore scuro, tendente al bronzo ed è ricco di fibre. Il successo è crescente. Molti stanno scoprendo questo mondo fatto di cibi naturali e vanno da Nelly e suo marito a chiedere la semola o la farina, per farsi anche loro pasta e pane in casa.
tanti ci confermano la loro presenza. Da 7 anni gestiamo pure la “Festa della vendemmia”, intorno alla fine di settembre. E’ un grande incontro con circa 300 persone ospitate per alcune ore e si attua la zampicata dell’uva Ansonica, per produrre il vino tradizionalmente. Donne, bambini e uomini schiacciano i grappoli a piedi nudi, nel palmento in granito che abbiamo fatto ricostruire. Nasce un vino d’eccellenza e dai guadagni della sua vendita, togliamo un euro a bottiglia per donarlo al mondo del volontariato. Lo scorso anno il contributo è andato all’associazione culturale del circolo Sandro Pertini, che agisce con le scuole e nel sociale, mentre quest’anno penseremo alla parrocchia di Santo Stefano alle Trane, che deve costruire una nuova canonica”. Montefabbrello paradiso nel paradiso elbano, è un ambiente dal clima familiare dove si riscoprono i valori, la bontà dei cibi e il relax autentico. Il tutto all’insegna della semplicità e della solidarietà, in un’isola dal mare più blu del Tirreno.
I VINI ISOLANI L’agriturismo ha inoltre incrementato le tradizionali produzioni di vini Doc, con l’Aleatico Docg in testa, ma anche l’olio extravergine, quindi orti e frutteti, per avere verdura e frutta fresca sempre pronte. “Ci riforniamo di carne di origine toscana controllata - precisa Dimitri
MONTEFABBRELLO - AZIENDA AGRICOLA BIOLOGICA
Loc. Schiopparello, 30 - 57037 Portoferraio (LI) - Isola d’Elba Tel. +39 0565 940020 - +39 339 8296298
dimitri@montefabbrello.it - www.montefabbrello.it
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ASSAGGIO DI
LIBRI a cura di Giorgia Zucchi
ALLA SCOPERTA DEL GUSTO ITALIANO
PIATTI VEGGIE E INSALATE GUSTOSE
L’autore Davide Paolini, ci accompagna in un viaggio alla scoperta dei prodotti tipici dello stivale e degli artigiani che con il loro lavoro tradizionale rendono ancora possibile l’esistenza di questi veri e propri beni gastronomici. Organizzato in ordine alfabetico, il volume raccoglie cinquanta produttori a cui l’autore dedica una scheda in cui si illustra l’importanza e la tipicità del prodotto e la sapienza artigiana per cui è stato selezionato. Spaziando dai pistacchi di Bronte alla “nduja di Spilinga, dal cioccolato di Modica all’aceto Balsamico di Modena, dal prosciutto di Parma al salame di Mortara, dal pesto alla Genovese al Castelmagno cuneese, Davide paolini ci racconta di tradizioni gastronomiche e tecniche produttive artigianali che rendono l’Italia unica al mondo. Il libro è arricchito da suggestive fotografie realizzate appositamente per la pubblicazione ed include focus tecnici e suggerimenti per imparare a riconoscere l’eccellenza.
Questi due volumetti, quanto mai attuali, sono particolarmente piacevoli da vedere e facili da utilizzare perché, a fianco di ogni singola foto del piatto, sono fotografati tutti gli ingredienti utilizzati: un aiuto visivo molto più efficace dello sterile elenco testuale. Ciò permette più agilmente di realizzare ogni ricetta, sia vegana che vegetale, con un assemblaggio anche esteticamente corretto.
di Davide Paolini - 24 Ore Cultura - cm. 17x24 200 Illustrazioni Cartonatonato - Euro 19,90
NON SI GIOCA A TAVOLA Chiara Balzarotti ha ideato 18 progetti utilizzando le confezioni dei cibi e a ciascuno di questi ha abbinato una ricetta associata al prodotto della confezione stessa. Grazie a queste idee di riciclo creativo, un contenitore di tortellini si trasforma in uno squalo, una scatoletta di tonno in un’astronave, un vasetto di yogurt in una ballerina. E ancora, una bottiglia di latte diventa un salvadanaio e una vaschetta di polistirolo un portafoto. Per questi oggetti fai da te sono sufficienti pochi materiali di recupero, alcuni semplici strumenti (colla, forbici, pennarelli, ecc), un po’di manualità e tanta fantasia.
di Chiara Balzarotti e Guido Quarzo Editoriale Scienza - Euro 12,00
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Piatti Veggie - di Virginie Garnier e Caspar Miskin Prêt à Cuisiner - 192 pagine - Euro 9,90 Insalate Gustose - di Sue Quinn Prêt à Cuisiner - 192 pagine - Euro 9,90
QUINTO QUARTO Che cos’è il quinto quarto? Gli animali nella macellazione vengono suddivisi in quattro parti pregiate: due anteriori (da cui si ricavano tagli come il collo o il girello) e due posteriori (da cui si ricavano ad esempio tagli come il filetto o lo scamone). Il quinto quarto è ciò che resta, ossia le interiora e le altre parti non pregiate ma ugualmente commestibili come la testa, coda e zampetti. Da sempre la cucina povera di tuta Italia, di Roma in particolare, ha nel quinto quarto ingredienti imprescindibili per i propri piatti, ma mai un libro gli era stato interamente dedicato. Ci hanno pensato due gastronomi - lei tedesca, lui svizzero - appassionati dell’Italia che affiancando una vera custode della cucina classica romana, Anna Dente dell’Osteria di S. Cesario, hanno assorbito e poi trasferito nel libro un patrimonio inedito di informazioni, storia e ricette.
di Cornelia Schinharl e Beat Koelliker - Giunti Editore 224 pagine - Euro 24,00
ATLANTE DEL VINO ITALIANO L’Atlante del Vino italiano nasce per essere tra le opere più complete per quanto riguarda le mappe tematiche dedicate al vino del suolo nazionale. Un atlante ricco di informazioni che permette di districarsi tra le contorte vie del vino italiano. L’autore è Vittorio Manganelli considerato tra i più grandi mappatori e conoscitori del vino italiano.
di Vittorio Manganelli e Alessandro Avataneo - Atlante del Vino Italiano - Edito da Libreria Geografica - Euro 29,00
ROSCIOLI IL PANE, LA CUCINA E ROMA Situato nel cuore di Roma - vicino a Campo dei Fiori - e fortemente radicato nella realtà cittadina, Roscioli è uno dei più antichi forni della capitale. Da quando il capostipite Marco lo ha aperto nel 1972 sull’impianto di un antico forno del 1824, la famiglia Roscioli lo ha rinnovato, ampliato, fatto evolvere, trasformato in una realtà di primo piano nel panorama gastronomico nazionale. Per un paradosso tipicamente italiano Roscioli, notissimo a Roma, è conosciuto all’estero più che nel resto d’Italia. Questo libro ne mostra l’anima e racconta storia, protagonisti e ricette di un locale emblematico dell’Italia in generale e di Roma in particolare.
TIRAMISÙ Il Tiramisù è ormai un simbolo dell’Italia gastronomica, al pari di pizza e spaghetti; è nei menu di tutto il mondo, come parola è presente in 23 lingue (in Cina è il termine italiano più conosciuto) e sia in patria che all’estero lo si trova citato in canzoni, romanzi, film. Tutti lo conoscono, lo amano, lo hanno portato in tavola almeno una volta, ma la sua origine è avvolta nel mistero. Mancavano, finora, versioni univoche e ufficiali della sua creazione. Qui per la prima volta vengono codificate le autentiche quattro ricette originali. Nella seconda parte del volume Clara Padovani propone 17 preparazioni originali create anche con la collaborazione di amici di varie nazionalità e 23 interpretazioni d’autore firmate da grandi chef italiani e stranieri.
di Clara e Gigi Padovani - Giunti Editore 160 pagine - Euro 18,00
COME TI CUCINO UN’EMOZIONE Gli alimenti ci parlano e, se compresi, possono trasformarsi in una sinfonia di emozioni servite a tavola, infatti ogni prodotto, in natura, è unico e le sue qualità specifiche sono la sua carta d’identità ispiratrice di emozioni che solleticano il gusto e la fantasia di chi cucina. L’autrice si diverte a cercare le emozioni che può smuovere il pomodoro sulla pizza o capire perchè è più materno un soufflè di un’insalata verde. Leggendolo scoprirete qual è il piatto del pensionato o del licenziato, oppure dell’idealista: trenta stati d’animo analizzati per trovare il piatto adeguato ad ognuno di essi.
di Elisa Menduni - Giunti Editore - 256 pagine - Euro 25,00
PAPALE PAPALE
di Elisabetta Boninsegna - Historica Edizioni 174 pagine - Euro 13,00
“Papale Papale” indica l’ovvio, e per lo chef scrittore Fabio Picchi, il profondamente bello e giusto che di Fabio Picchi c’è negli ingredienti semplici, di stagione, non artefatti né alterati da manipolazioni dettate dalla produGiunti Editore zione intensiva. Il volumetto, che assomiglia ad un breviario con tanto di segnalibro in seta, ben defini256 pagine sce il tono schietto dell’autore che - fra tanto parlare di cucina ovunque e comunque - sente l’urgenza Euro 20,00 di fermarsi a celebrare i piatti capaci di nutrire il corpo e lo spirito e i piccoli e grandi rituali della tavola di ogni giorno. Le ricette - cento - sono state in parte create appositamente per queste pagine e in parte attinte dal cassetto dei ricordi d’una vita. Chiude il libro il testo di Diavolacci, Città e Giardini Paradiso, pezzo teatrale portato in scena da Maria Cassi e Fabio Picchi, molto amato dal pubblico ma mai pubblicato prima. Una chiusura apertissima, fra prosa e poesia, in cui l’autore sintetizza la sua visione del mondo, del cibo che ne è la metafora, dell’uomo che siamo tutti noi.
EDITORE La Madia srl Sede legale: Via E. De Amicis, 53 - 20123 Milano (MI) Sede operativa: Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 23821 - Fax 0547 25809 Internet: www.lamadia.com - E-mail: lamadia@lamadia.com
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