La Madia Travelfood n. 311 - Ottobre 2016

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Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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MASSIMILIANO

ALAJMO

QUANDO TRE STELLE NON BASTANO PIÙ

FERNANDO RIVAROLA

A BUENOS AIRES UNA CUCINA ECCELLENTE “SENZA FRONTIERE”

SUPERTUSCAN

DEGUSTAZIONE ALLA CIECA

LA MADIA EDITORE

ANNO XXXII - Ottobre 2016 - N. 311 - €E 4,00 - Direttore ELSA MAZZOLINI




SOMMARIO - LA MADIA TRAVELFOOD n. 311

GOURMETFOOD

di

Alessandra Meldolesi

GOURMETFOOD

di

pag. 44

pag. 59

MASSIMILIANO ALAJMO

GRAND HOTEL ANGIOLIERI

Quando tre stelle non bastano più.

Aria di una casa elegante.

GOURMETFOOD

Teresa Cremona

di

Flavia Tomaello

VINARIA

di

Alessandro Rossi

pag. 86

pag. 64 FERNANDO RIVAROLA

SUPERTUSCAN

A Buenos Aires una cucina eccellente “senza frontiere”.

Degustazione alla cieca.


La cultura del benessere

Golavagando “Mon Trésor”

Sappiamo cosa mangiamo?

Ristorante Pizzeria Eden

di Primo Vercilli................................................................ pag. 10

di Giovanni Angelucci...................................................... pag. 34

La scelta vegana

A Beccafico

Mangiare Vegan ad alta quota

di Daniele Briani............................................................... pag. 36

di Silvia Bianco................................................................. pag. 12

Palazzo Riccucci

Assaggi di Galateo

di Gianni Di Lorenzo......................................................... pag. 38

Colazione o pranzo? Meglio il brunch!

Prodotti Eccellenti

di Fabio Ferrantino........................................................... pag. 15

Upstream, il salmone made in Parma

Progettare l’impresa

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 72

Il “problema” più grande delle pizzerie italiane

Giovani Talenti

di Lorenzo Ferrari............................................................. pag. 16

Giovanni Lorusso

Golavagando

di Giovanni Mastropasqua............................................... pag. 74

Zesteat............................................................................. pag. 20

Vinaria

Pizzeria su ruote a Bike & Bake a Copenaghen

Il focus di Alessandro Magnum

di Maria Chiara Zucchi...................................................... pag. 22

Vino: la teoria del caso

Dar Darma Marrakech...................................................... pag. 23

di Alessandro Rossi..................................................... pag. 84

Hamburgeria e Macelleria da Gigione.............................. pag. 24

Garganica

Hotel Milano Scala........................................................... pag. 25

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 92

La Taverna del Farneto

Azienda Vitivinicola Ciù Ciù.............................................. pag. 94

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 27

Soave Preview

Cocktail... and more Negroccolato

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 96 Faccio cose... vedo gente...

Cracker alle olive con zucca gialla,

a cura del direttore Elsa Mazzolini................................... pag. 97

burrata e porro croccante a cura di Daniele Briani.................................................... pag. 32



EDITORIALE di

Elsa Mazzolini

LE PROSSIME MACERIE La polvere e i calcinacci dell’ennesimo disastro evitabile hanno coperto con la loro tragica pesantezza le oziose dissertazioni estive sul burkini o sui vegani definiti “una setta” da Vissani. Oggi, dopo aver contato ancora una volta il numero impressionante di vittime incolpevoli, ci si trova di fronte a una realtà purtroppo avvilente: dovremo necessariamente fare il nostro dovere di cittadini consapevoli ed essere vigili noi tutti per evitare che ancora una volta politica e potere giochino sulla vita delle persone e dell’ambiente. Cominciando dai comuni nei quali ognuno di noi risiede. Ai nostri stessi amministratori dovremmo, infatti, chiedere perché, per soddisfare una parte di elettorato e gli appetiti inesausti delle imprese edili, si continua a consumare suolo, invece di incentivare con opportuni sgravi la riqualificazione e la messa in sicurezza di ogni centro storico, di ogni periferia degradata. Sul futuro delle nostre città e dell’ambiente in cui viviamo pesa tutto il nostro passato, soprattutto quello sbagliato. Al mondo che guarda la periodica distruzione di intere comunità e di patrimoni artistici di inestimabile valore, alle migliaia di vittime di tutti i terremoti e di tutte le nefaste speculazioni perpetrate fino a oggi, ai sopravvissuti, dobbiamo un cambiamento. Definitivo. Le prossime macerie dovranno essere quelle di un sistema corruttivo da far crollare.

ME

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LACULTURADELBENESSERE

a cura di

Primo Vercilli Medico Dietologo

SAPPIAMO COSA MANGIAMO? Credo che la domanda sia d’obbligo, ma ahimè ho paura che la risposta sia alquanto scontata. Mentre pensiamo che basti navigare in qua e in là in internet per farci una sana cultura nutrizionale e gastronomica, la verità è che siamo fondamentalmente vittime della comunicazione e del marketing e non abbiamo assolutamente idea di quello che stiamo mangiando. Se sentiamo dire che l’olio di palma fa male, troviamo in internet 2 o 3 articoli che ne parlano e poi cominciamo a demonizzare l’olio di palma, magari senza farci grossi problemi se invece consumiamo un po’ di maionese o una salsiccia. Se sentiamo dire che c’è un prodotto con “zero” grassi pensiamo già di essere più magri, senza magari andare a vedere in etichetta che le cose stanno un po’ diversamente. Il problema della conoscenza corretta di ciò che mangiamo è comunque un problema che ha centinaia di sfaccettature e, proprio per questo, di difficile soluzione. Intanto si sta avvicinando una data molto importante: dal 13 dicembre 2016 diventerà obbligatorio inserire sulla confezione di ogni alimento una tabella nutrizionale standard, che specifica non solo il contenuto energetico, ma anche il contenuto di altri nutrienti, quali grassi totali, grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Ma basterà tutto questo? Anche qui, purtroppo, la risposta è scontata. Non basterà assolutamente per 4 motivi principali: 1) anche se la gente vede in etichetta queste informazioni, si ferma il più delle volte sulle calorie, ma difficilmente si interroga su sodio e grassi saturi e in più non riesce a inserire quelle informazioni in un più ampio contesto: cioè, anche se io so che i miei biscotti hanno 1 grammo di sodio, cosa posso sapere di quanto sodio c’è nel pane che ho comprato dal fornaio o se il potassio

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che assumo con la verdura è sufficiente per contrastare l’effetto del sodio? Quando avrò la certezza di aver superato la soglia dell’apporto di sodio piuttosto che dell’apporto di grassi saturi? 2) Nonostante l’etichetta, per noi sono più importanti i cosiddetti “claims”. Biscotti che combattono il tal disturbo, yogurt che fanno questo, acque che fanno quest’altro, chewing-gum miracolosi: i prodotti alimentari promettono sempre di tutto e di più: purtroppo queste promesse salutistiche sono sempre più gonfiate. Proprio per questo motivo l’Unione Europea ha emanato dieci anni fa un regolamento per i “claims”, che possono essere utilizzati solo se corretti e non ingannevoli. Ebbene l’EFSA (organo di controllo per la sicurezza alimentare), in questi ultimi anni ha bocciato il 94% dei “claims” che le Aziende Produttrici hanno proposto! Il problema è che spesso i “claims” vengono ugualmente utilizzati sulle confezioni dei prodotti: a quel punto, anche se un domani ci dovesse essere una denuncia al Garante per la concorrenza e il mercato o ci dovesse essere un’azione dei NAS o dei Nuclei Antifrodi o altri organismi, intanto il prodotto è stato già per mesi ampiamente pubblicizzato con “claims” ingannevoli e, anche quando l’Azienda fosse costretta a modificare le diciture, ormai il gioco è fatto: la nostra percezione di quel prodotto è legata a quel claim ingannevole anche se non c’è più in etichetta. 3) Le etichette studiate ad hoc che non dicono nulla, ma che vogliono far credere che si tratti di un prodotto migliore: tipico è l’esempio di una dicitura come “olio extravergine di prima spremitura” o “spremuto a freddo”, che identificano oli in niente differenti rispetto ad un normale olio extravergine di oliva. Oppure


LACULTURADELBENESSERE

il dado “senza glutammato aggiunto”, che, di per sé non vuol dire nulla, in quanto, anche se il glutammato non è stato aggiunto è comunque contenuto in grosse quantità in quanto è fatto con ingredienti (tipo l’estratto di lievito) che lo contengono. 4) Poi ci sono poi gli opinion leader: basta una trasmissione televisiva, un articolo ad hoc sui giornali, un intervento in un’associazione benefica e il gioco è fatto. Attenzione: ormai gli opinion leader in campo nutrizionale non sono solo i cosiddetti esperti (?) in nutrizione, ma sono anche blogger, chef di grido, semplici giornalisti. Tutti possono essere esperti e tutti dicono la loro. Pensate semplicemente all’impatto mediatico che ormai hanno certi chef: non dimenticherò mai un breve colloquio con un famosissimo chef che mi rimproverava perché avevo creato una ricetta (qualche volta mi diverto in cucina) facendo un petto di quaglia farcito, condito con una riduzione di birra. Ebbene, questo famosissimo chef, dall’alto del suo sapere, mi disse che non andava bene perché la quaglia è una carne bianca e con la birra non ci sta bene. Ora, che una mia ricetta non piaccia ad un famoso chef ci sta, anzi, ci deve stare (anche se il pollo, che è una carne bianca, viene spesso abbinato alla birra); ma che uno chef mi rimproveri perché la quaglia è carne bianca, non sapendo che invece è rossa, questo è molto grave! 5) ci sono infine le istituzioni da una parte e le industrie dall’altra: ognuno che fa una parte, ma nessuno di noi capisce che parte stanno facendo. Prendo un settore, ma potrei fare esempi in tutti i campi: AIDEPI è l’Associazione delle Industri del Dolce e della Pasta Italiane. Curano un sito: merendineitaliane.it: se mi promettete di non farvi persuadere, vi consiglio di andarlo

a vedere. È fatto, a mio avviso, molto bene ed è convincente: attraverso delle banali verità quasi quasi vi inducono ad utilizzare le merendine. Intendiamoci, io non sono un demonizzatore delle merendine (anzi, a volte, sono anche opportune nella nutrizione di un adolescente), ma non sopporto le manovre di marketing che servono esclusivamente ad inculcare nella mente delle persone la convinzione che un prodotto sia innocuo. La manovra è chiara: l’obiettivo di un’azienda è rendere un prodotto familiare e tranquillizzante e per ottenere questo obiettivo è chiaro che metterà in atto qualsiasi forma di comunicazione lecita, al fine di convincerci a consumare quel prodotto. Dall’altra parte della barricata ci sono le istituzioni. L’amara conclusione è che in Italia tutti parlano di sicurezza alimentare e di dieta mediterranea, ma poi i cittadini sono lasciati all’improvvisazione. Il Ministero si limita a proporre nelle scuole il programma “Frutta nelle scuole” che si rileva spesso essere un enorme spreco di fondi europei e di cibo essendo slegato dalla realtà quotidiana. E allora, siamo veramente certi di sapere quello che mangiamo? Ormai credo che sulla risposta siamo tutti convinti. Cominciamo con il leggere con estrema attenzione le etichette, stando più attenti al contenuto di sodio, grassi saturi e zuccheri; cominciamo a non fidarci di tutti quelli che si riempiono la bocca parlando di nutrizione (magari lasciamoli parlare di gastronomia, che però è un’altra cosa!), cominciamo con il mangiare tutto variando il più possibile e cominciamo a giudicare chi sono veramente gli esperti in nutrizione: evitiamo quelli con conflitti di interessi, quelli che appaiono troppo, ma al tempo stesso scegliamo chi la nutrizione l’ha veramente studiata e non l’ha letta su internet.


LA SCELTA VEGANA

a cura di

Silvia Bianco testimonial di cucina vegana

MANGIARE VEGAN AD ALTA QUOTA Volare è quel qualcosa che alcuni vegani temono, anche se in realtà oggi non è più un problema e basta essere ben preparati ed informati, specialmente prima di prendere un volo a lungo raggio. Sia che si scelga di usufruire dei pasti in aereo, sia che ci si gestisca autonomamente preparando a casa il proprio cibo, ci sono alcuni in suggerimenti in anni ed anni di viaggi per il mondo che vi voglio trasmettere affinché il brontolio della pancia non vi tormenti rovinando l’inizio della vostra vacanza o del vostro viaggio di lavoro.

COME ORGANIZZARSI PRIMA DI PARTIRE Prima di tutto bisogna tenere in considerazione che spenderemo tante ore fuori casa prima di giungere a destinazione: dal momento in cui oltrepasseremo l’uscio della nostra casa sino a quando ci siederemo comodamente in aereo, trascorreranno diverse ore e quindi ancor prima di pensare a ciò che mangeremo a bordo, non dovremo dimenticarci del languorino che sopraggiunge durante l’inevitabile attesa negli aeroporti. Ben venga portarsi un frutto che non richieda l’utilizzo di coltello e forchetta per essere consumato, mela, banana, mandarini, uva, pere sode, sono perfetti, della frutta secca e frutta essiccata, oppure delle barrette vegane autoprodotte composte da poca frutta essiccata, per non avere picchi glicemici che aumentano

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la voglia di sgranocchiare qualcosa (uvetta, datteri, albicocche, mango, ananas, fichi, etc) e da noci varie (mandorle, nocciole, macadamia, del brasile, etc) o semi oleosi (di zucca, girasole, sesamo, etc) accompagnate da una tisana o un cappuccio con latte vegetale che oramai troviamo nella maggior parte dei bar anche in aeroporto. Si può optare per degli snack salati composti ad esempio da frutta secca ed arachidi, molto proteiche e con una buona percentuale di grassi che favoriscono la sensazione di sazietà, accompagnati da finocchi e/o carote già lavati, mondati e tagliati precedentemente a casa e conservati in un sacchettino apposito per la conservazione degli alimenti, facendo attenzione, in caso si viaggi con dei bimbi, a fare delle mini porzioni in linea con le linee guida della sicurezza a tavola (www.sicurezzatavola.it). Questione importante da tenere presente per qualsiasi alimento confezionato sia a casa o comprato è chiedersi se passerà i punti di controllo di sicurezza aeroportuale. Il limite di trasporto dei liquidi pari a 100ml vale anche per il cibo, pertanto se pensate di portarvi del cibo da casa da consumare a bordo dell’aereo come dei simil stufati con del sugo o salse pseudo liquide avete due opzioni: potete scolare il liquido in eccesso prima del confezionamento oppure ancora meglio potete completare il vostro piatto aggiungendo del riso o altri cereali in chicco (quinoa, grano saraceno, amaranto, miglio, etc) che assorbiranno la parte liquida e completeranno a livello nutrizionale le vostre verdure stufate con legumi o tofu ad esempio. Viaggio ed ho


LASCELTAVEGANA

viaggiato molto in tutta Europa, Nord America, Asia, Australia e Medio Oriente anche con compagnie aeree sprovviste di una reale offerta vegan, ma con questi piccoli accorgimenti, il cibo portato da casa non mi è mai stato sequestrato dal personale dei controlli di sicurezza. L’unica cosa a cui dovete porre attenzione è assicurarvi che le normative doganali della vostra destinazione non abbiano divieti particolari: in alcuni paesi introdurre alcune tipologie di cibo non è consentito. Questo normalmente vale per alcune varietà di cibi tropicali e non certo per pasta, riso e la frutta occidentale.

IL PASTO A BORDO Come si comportano le principali compagnie aeree e come fare richiesta di un menu vegan? Ormai quasi tutte le principali compagnie aeree del mondo sono attrezzate per servire quelli che vengono definiti “pasti speciali”, menu vegani compresi. Se si opta per il pasto in volo fornito dalla compagnia aerea prescelta, prima di partire è bene conoscere le regole del vettore per inoltrare per tempo la vostra richiesta per un menu speciale vegan. Per questo, è sempre utile consultare il sito internet della compagnia, se si effettua una prenotazione online, oppure far presente le proprie preferenze alimentari all’agente al momento della prenotazione qualora si usufruisca di un’agenzia viaggi. I vettori hanno regole diverse per quanto riguarda il tempo di preavviso per la richiesta del pasto speciale, si va da un minimo di 24 ore (come ad esempio per Emirates, Qatar airlines, Ethiad, Qantas, Alitalia, Lufthansa, etc) ma anche 72 ore o più a discrezione della compagnia. In generale il mio consiglio è quello di richiedere il pasto all’atto della prenotazione on-line o con l’agenzia di viaggi e contattare la compagnia 4/5 giorni prima del vostro volo per assicurarvi che la vostra richiesta pasto sia stata inserita correttamente nel sistema di prenotazione e farvi riconfermare la scelta ancora una volta al momento del check-in in aeroporto, poiché in caso di disguidi (se avete seguito i precedenti suggerimenti è raro che accadano), abbiate la possibilità di acquistare qualche snack vegan (ad esempio tramezzini, barrette, frutta secca ed essiccata) negli innumerevoli shop e bar presenti in aeroporto. Le tipologie di pasti vegan presenti a bordo e le loro sigle per riconoscerli: a bordo di molte compagnie ci sono innumerevoli pasti speciali anche non vegan. Vediamo nel dettaglio quelli disponibili, vegan e quali le sigle con cui vengono contraddistinti per una facile consultazione: Pasto vegetariano (VGML) - Conosciuto anche come VEGAN, questo pasto è totalmente privo di prodotti animali o sottoprodotti come uova o latticini. Contiene uno o più dei seguenti

ingredienti: tutti i tipi di ortaggi e frutta fresca, legumi, pasta, riso. Non contiene alcun tipo di carne, pesce o prodotti e sottoprodotti animali come uova, latte, formaggi. Pasto latto-ovo vegetariano (VLML) - Si tratta di un pasto vegetariano che può contenere anche uova e latticini. Contiene uno o più di questi ingredienti: verdure, frutta fresca, uova, latticini e legumi. Non contiene alcun tipo di pesce o carne. Pasto vegetariano orientale (VOML) - Si tratta di un pasto vegetariano ma presumibilmente vegan (VGML) cucinato in stile medio orientale o cinese . Pasto vegetariano asiatico (AVML) - Questo pasto è per i passeggeri vegetariani. E’ molto aromatico e speziato con influenze e sapori proprie del sub-continente indiano. Contiene uno o più dei seguenti ingredienti: tutti i tipi di ortaggi, frutta fresca e latticini. Non contiene alcun tipo di carne, pesce o uova. Pasto vegetariano Jainista (VJML) - Questo pasto è per i membri della comunità Jainista che sono vegetariani puri (quindi vegan). Si prepara con una selezione di condimenti indiani, contiene frutta e verdura a gambo che non crescono sottoterra. Non contiene prodotti animali e derivati e tutte le verdure a radice come cipolle, funghi, zenzero, aglio, patate, carote, barbabietole, ravanelli, etc. Pasto con verdure crude (RVML) - Questo pasto è costituito esclusivamente da verdure crude e insalate. Piatto di frutta (FPML) - contiene diversi tipi di frutta fresca di stagione. Queste sigle e descrizioni sono quelle riconosciute dalla maggior parte delle compagnie aeree, ma suggerisco sempre di verificare con la vostra compagnia che normalmente inserisce sul proprio sito la lista completa dei pasti indicando la sigla e la relativa spiegazione. Le compagnie aeree affidano a servizi di catering la preparazione di tutti i pasti ed è bene sapere che il personale di bordo non necessariamente è preparato e conosce esattamente la composizione di tutti i pasti. Se il vostro pasto ordinato, presumibilmente vegan, includerà per errore dei prodotti lattiero caseari (un ciotolino con il burro o uno snack con dei formaggi) è bene farlo presente all’equipaggio, ma non è il caso di arrabbiarsi troppo con loro che non sono gli addetti diretti alla preparazione del vostro pasto speciale. Vi suggerisco di fare delle foto del vostro vassoio includendo la presenza dei prodotti non graditi ed inviare una mail in un secondo momento alla compagnia aerea e alla società di catering di cui si avvalgono per esprimere i propri suggerimenti su come potrebbero migliorare le loro offerte vegan. In ultimo, anche se avete ordinato un pasto speciale vegan, abbiate sempre l’accortezza di avere con voi qualche piccolo spuntino veg poiché talvolta, soprattutto durante i viaggi lunghi, gli snack serviti tra un pasto speciale e l’altro possono non essere totalmente vegan.

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LA SCELTA VEGANA

PASTI VEGAN DI DEFAULT SU OGNI COMPAGNIA AEREA Non è utopica l’idea che in aereo si possano trovare esclusivamente pasti a base vegetale. E’ una proposta che vorrei accogliessero tutte le compagnie, le quali ne trarrebbero dei grossi vantaggi, vediamone alcuni: - agevolazione organizzativa: l’elenco dei pasti speciali (vegan e non) va da un minimo di 10 sino ad arrivare a 20. Molti dei pasti per intolleranti, allergici o con preferenze come quelle religiose potrebbero essere benissimo coperti da pasti vegan. Sarebbe meglio non unire tutto in un’unica tipologia di pasto onde evitare di ottenere un unico menu del tutto insapore. - abbattimento dei costi: i pasti vegan sono di per sè molto più economici di altri, inoltre la quantità degli ordini per i medesimi prodotti aumenterebbe decretando una diminuzione dei prezzi. - inferiore impatto ambientale e ciò può essere promosso dalla compagnia aerea facendole ottenere una visibilità internazionale da tutti i media aumentandone la popolarità e quindi il proprio business - la sicurezza alimentare favorita dal menu vegetale. Il piatto vegetale non presenta gli stessi rischi di insalubrità di un piatto di carne per causa di problemi di refrigerazione, conservazione e trasporto Così come la richiesta ed introduzione dei pasti vegan cresce in larga scala in ogni settore alimentare ed anche le imprese ed i governi sono diventati più sensibili alla questione climatica ed ambientale ed ai problemi di salute, anche istituire il pasto totalmente a base vegetale come opzione predefinita in aereo può essere una proposta realistica ed attuabile. Sono fiduciosa che presto ciò avverrà.

SFOGLIE CROCCANTI alla crema pasticcera e frutta

Chef Mirco Berti - Ristorante vegan Gorilla Bianco -Lucca INGREDIENTI: g. 300 di farina tipo 2, g. 110 di zucchero di canna, g. 15 di latte vegetale, g. 225 di margarina veg senzan olio palma, g. 100 di nocciole, 1 pizzico di sale, zeste di arancio q.b. Per la crema pasticcera: l. 1 di latte vegetale, 1/2 bacca di vaniglia, g. 30 di Maizena, g. 80 di zucchero di canna, 1 pizzico di sale. Per la guarnizione: g. 250 di more, 2 rametti di ribes, g. 250 di arance pelate al vivo, foglioline di menta. PROCEDIMENTO: impastare lo zucchero con la margarina (a pomata). A parte mescolare il latte vegetale con il sale e zeste di arancio ed incorporare all’impasto precedente. Aggiungere per ultimo la farina e metà delle nocciole ridotte in polvere e lavorare delicatamente ma velocemente finché l’impasto non risulti omogeneo. Lasciare riposare per qualche ora nel frigorifero, nel frattempo preparare la crema pasticcera, inserendo tutti gli ingredienti a freddo in una pentola. Mescolare bene, mettere al fuoco e portare ad ebollizione a circa 82°C. Togliere dal fuoco e far raffreddare. Riprendere dal frigorifero l’impasto e lasciarlo stemperare prima di lavorarlo. Stendere l’impasto, cospargerlo con le restanti nocciole tritate finemente, ritagliare l’impasto e cuocere in forno a 180°C per 15 minuti. Una volto cotto, lasciare raffreddare e comporre il dolce in una coppetta mettendo la crema pasticcera sulla base, quindi le cialde, decorando poi con la frutta di stagione.

Silvia e gli esperti rispondono...

Inviate le vostre domande a: lamadia@lamadia.com

Negli ultimi mesi ho notato una crescita esponenziale dell’offerta di prodotti sostitutivi della carne nei supermercati. Non saranno dannosi? Roberta. Generalmente tutti questi prodotti creati come alternativa alla carne sono a base di soia e sottoprodotti come tofu e tempeh, lupini, proteine del pisello, glutine di grano lavorati con altri prodotti vegetali come le verdure. Molti prodotti preconfezionati e quindi anche quelli NON vegan contengono zuccheri e conservanti, ma recentemente ne ho trovati alcuni vegan “più freschi” che hanno degli ottimi ingredienti, senza conservanti e zuccheri aggiunti e quindi con una scadenza a breve termine. Sebbene consiglio sempre l’autoproduzione creando ad esempio delle crocchette con verdure, cereali e legumi, è possibile consumare i prodotti confezionati scegliendoli accuratamente tra la vasta offerta del supermercato, prediligendo quelli “più naturali” possibili e senza troppi ingredienti consumandoli con parsimonia durante la settimana o lasciandoli come opzione quando non si ha troppo tempo per cucinare.

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Gala teo ASSAGGI DI

a cura di

Fabio Ferrantino Docente di Galateo presso Bon Ton Academy Professore di Enogastronomia IPSSAR Piobbico

COLAZIONE O PRANZO? MEGLIO IL BRUNCH! Quello che ormai un po’ tutti sanno è che il termine brunch è un neologismo americano ottenuto fondendo le parole breakfast, colazione del mattino e lunch, colazione del mezzogiorno. Nasce originariamente come rito domenicale e la sua funzione è quella di evitare alla padrona di casa, almeno in questo giorno, di trascorrere la mattinata a cucinare. Diventa dunque un pasto unico dal quale spesso non sappiamo cosa aspettarci. Negli ultimi anni questa tradizione importata da oltreoceano è divenuta una trovata di marketing accattivante, ma che comunque costituisce un’importante occasione conviviale talmente diffusa che è possibile vedere l’insegna “Brunch della domenica” dall’hotel a cinque stelle al piccolo bistrot sotto casa. Solitamente a buffet, questo intermezzo fra colazione e pranzo viene servito in linea di massima dalle 10:00 alle 12:00 con la possibilità di un prolungamento vista la non troppa formalità del momento. Oltre ai tipici elementi di una colazione dolce continentale - dove il caffè non può assolutamente mancare nelle sue versioni americano ed espresso accompagnato da tè e succhi di frutta - sarà bene servire preparazioni di carni fredde, salumi, formaggi, torte dolci e salate, oltre alla frutta. Saranno presenti inoltre preparazioni tipiche della colazione americana, dal bacon alle uova in tutte le loro espressioni culinarie, ma anche crostacei e pesce affumicato, oltre a insalate rinforzate. Nel nostro Paese l’espressione migliore per la cucina di metà mattinata è data dall’arte bianca, quindi diamo uno spazio rilevante ai prodotti da forno sia dolci che salati. Il brunch, come gran parte dei pasti, segue la stagionalità delle materie prime e le tipicità del territorio. Considerata la durata temporale e l’unione di questi due momenti della giornata, è un’occasione unica per mostrare a un possibile cliente di passaggio o a un turista la qualità e il servizio di ciò che offriamo, dunque un’importante realtà di fidelizzazione.

Se si ha poco spazio da destinare ai tavoli da buffet, ricordiamoci che un tavolo si può allungare anche in altezza, non solo in larghezza o lunghezza. Esistono dei sistemi di alzate molto eleganti che permettono di recuperare preziosi spazi dove inserire pirofile e altri strumenti per i commensali. Spesso sono sistemi che integrano anche chafing dish capaci di tenere in caldo o al fresco alcune preparazioni. Il brunch è essenzialmente un evento informale in quanto nasce dall’ambiente familiare e come tale va organizzato: è bene scegliere tinte tenui per l’occasione, delle tovagliette all’americana o dei runner andranno benissimo e, se presente, il centrotavola dovrà essere basso e di modeste dimensioni. A livello di posateria, porcellane e cristalli, non dovranno mancare gli elementi tipici di entrambi i pasti, colazione e pranzo: dalla tazza al calice, tutto quello che potrà servire per mangiare. Questi andranno apparecchiati in maniera meno rigida rispetto a quanto visto in una normale tavola, magari lasciando pochi elementi disponibili soprattutto perché non ci sarà un ordine prefissato con cui i commensali andranno a degustare le varie pietanze. Per rafforzare un’atmosfera casalinga, si possono mettere a disposizione dei tostapane o delle piccole salamandre dove riscaldare le pietanze. Se organizzeremo il brunch in terrazzo o in giardino, è bene predisporre delle sedute comode per mangiare, dunque non troppo basse anche per quanto riguarda eventuali divani. Il tocco in più può essere donato dalla musica: un accompagnamento musicale è fondamentale per far iniziare la giornata ai nostri ospiti nel migliore dei modi, soprattutto in un giorno dedicato al relax; perché non farlo allora con dei suoni autentici come un pianoforte suonato dal vivo? Alcune piccole accortezze accompagnate da una semplice eleganza faranno il successo del vostro brunch della domenica.

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PROGETTARE L’IMPRESA

a cura di

Lorenzo Ferrari Direttore Marketing di RistoratoreTop

QUELLO CHE POSSIAMO IMPARARE DAGLI AMERICANI PER RISOLVERE

IL “PROBLEMA” PIÙ GRANDE DELLE PIZZERIE ITALIANE Un ristorante non è solamente una cucina. E’ “anche” una cucina. Ma prima di ogni altra cosa un’azienda, un business. E questo gli americani lo hanno imparato molto prima di noi. Non è un caso se discipline come il menu engineering, il marketing e altre materie più “commerciali” legati alla ristorazione sono nate e sono state sviluppate proprio negli USA. Certo, dal punto di vista culinario possiamo considerarci qualche anno luce avanti - anche se, in sordina, la cucina americana sta evolvendosi bene e velocemente - ma, dal punto di vista prettamente business, non possiamo fare altro che stare a guardare e cercare di apprendere. Ciò che secondo noi è maggiormente da apprezzare riguardo al loro approccio al menu engineering è la razionalità con la quale analizzano un menù e i risultati che genera. Per loro non esiste un piatto “migliore” di altri a prescindere. Loro credono che il piatto migliore sia quello che viene ordinato più spesso - quindi che piace di più al pubblico - e quello che genera le marginalità migliori - quindi che piace di più al ristoratore. That’s it. Chi scrive crede che, specialmente in pizzeria, sia questo l’approccio vincente.

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Si dovrebbe considerare come piatto “migliore” quello che genera le maggiori marginalità e che viene venduto maggiormente all’interno dei propri locali. In Italia, però, le pizzerie hanno un grande problema al riguardo. Il grande problema si chiama “margherita”. Questo perché la margherita è la pizza più popolare in Italia. Statisticamente, infatti, in 9 pizzerie su 10 la margherita è la pizza che va per la maggiore. E’ quella che si vende di più. E il fatto che sia la pizza che si vende di più di solito mette d’accordo i clienti (che spendono poco ricevendo in cambio un prodotto di indubbia qualità) e i ristoratori, che pensano di vendere un oggetto sul quale guadagnano bene. In realtà, se volessimo usare una terminologia corretta, la margherita potrebbe avere un buon “ricarico”, ma una pessima “marginalità”. Mediamente, infatti, la margherita in Italia viene venduta ad un prezzo di 5,00€. Pare ovvio che scorporando da questi 5 euro il costo delle materie prime, degli affitti, del personale, delle utenze e via discorrendo il guadagno risulti essere davvero minimo. In poche parole, con la margherita non si guadagna granché. E


PROGETTAREL’IMPRESA

questo può diventare un problema quando questa è la pizza più venduta di tutto il menù. Gli americani hanno intuito questo problema, e l’hanno risolto in maniera davvero semplice ed intelligente. Propongo a chi legge due soluzioni che hanno implementato loro stessi, e che permetteranno di trasformare la margherita da “potenziale problema” a “piatto molto interessante”. L’upsell è lo strumento fondamentale per il pizzaiolo che vuole aumentare le proprie marginalità. Upsell è un termine tecnico che indica una vendita aggiuntiva ad una precedentemente fatta, allo scopo di aumentare la spesa. Effettuare un upsell sulla margherita è davvero semplice, e il consiglio è di effettuarlo sistematicamente, ponendo poche e semplici domande: «Margherita, ottima scelta. Noi la proponiamo solo con mozzarella fiordilatte fresca. Vuole aggiungere fiordilatte extra per soli 1,00€?» Supponendo un prezzo base di 5,00€, in caso di risposta affermativa il totale si porterebbe a 6,00€. Anche se può sembrare un incremento irrisorio, in realtà non lo è. Si tratta di un +20% rispetto alla spesa precedente.

E ancora: «Margherita, fantastica scelta. Proprio questa mattina è arrivata una mozzarella di bufala campana DOP di un piccolo produttore del casertano; se crede, può provarla per soli 2,00€.» E questo lo si può fare con qualsiasi ingrediente che non modifichi eccessivamente la natura stessa della margherita. Quelli descritti finora sono quelli che nel sistema MENUENGINE definiamo Upsell Verticali, cioè realizzati verticalmente su un unico prodotto, in questo caso la margherita. Ma l’Upsell può essere anche orizzontale, cioè realizzato abbinando un altro piatto a quello ordinato dal cliente. Un esempio pratico: «Benissimo, per lei Margherita. In attesa delle pizze, posso proporre una piccola entrèe da condividere? Con 4,00€ a persona avrete modo di assaggiare le nostre specialità fatte in casa e di ingannare il tempo mentre attendete le pizze. Se credete, abbiamo un ottimo Franciacorta da abbinare agli antipasti…». Ogni occasione è valida per far incontrare due bisogni: quello del cliente, che vuole vivere un’esperienza fuori dal comune assaggiando le specialità del locale, e quello del titolare, che vuole rendere profittevole la propria attività. Così facendo anche la margherita non sarà più un grande problema, ma una grande opportunità.

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GOLAVAGANDO

SOCIAL EATING DA

ZESTEAT AL BODIO CENTER DI MILANO

Al Bodio Center, il business park milanese, è stato recentemente inaugurato ZestEat, lo sharing and eating place dallo stile contemporaneo dove poter mangiare, lavorare, organizzare riunioni, leggere e rilassarsi. Il nuovo spazio multifunzionale, collocato all’interno dell’edificio La Vela al primo piano, racchiude al suo interno un ristorante, una caffetteria, un food lab, una sala meeting con strumenti tecnologici innovativi ed una terrazza coperta per veri momenti di relax. Per la progettazione e la realizzazione di questo locale dal concept assolutamente innovativo, il gruppo Elior, numero uno della ristorazione collettiva, si è affidato a Costa Group, la quale ha interpretato lo spirito e creato magicamente lo spazio ricco di contenuti originali ed esclusivi. Lo spazio, circa 120 mq circondati da vetrate, è stato reso

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ZESTEAT

Viale Luigi Bodio 37 - 20158 Milano Aperto dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 18.00

Design e Arredo

Costa Group, Marta Romboli


GOLAVAGANDO

multifunzionale grazie all’utilizzo di elementi di arredo differenti a seconda dell’occasione di utilizzo: tavoli individuali, ampi e rotondi o sociali ed ancora sedie, poltroncine o divani. La sala riunioni sono attrezzate per presentazioni, conferenze audio e video wireless e lavagna interattiva. Il food lab, invece, è lo spazio ideale per degustazioni, corsi di cucina, e show cooking. I separè in fibra naturale dividono gli ambienti e garantiscono la privacy alle occasioni che la richiedono, nei perimetri è inoltre possibile trovare delle station in cui ricaricare gli smartphone. Le vetrate sono strutture verticali mobili che rendono l’illuminazione flessibile ed adattabile alle diverse esigenze, come ad esempio quella di oscurare per poter utilizzare il proiettore. Ma ZestEat è anche mangiare e rilassarsi, la sua filosofia è quella di offrire ai propri clienti proposte gastronomiche con ingredienti sempre freschi e stagionali, in linea con i nuovi stili alimentari, a tutte le ore lavorative. Un menu equilibrato, gustoso ed innovativo, ricco di proposte vegane, vegetariane e glutenless, ma anche di piatti a base di carne e di pesce che si adatta alle esigenze di chi vuole fare uno spuntino veloce o di chi invece ricerca tutte le comodità e le qualità di un ristorante. L’utilizzo di materiali rustici e metropolitani come il legno, il ferro, la lamiera ed il granito, nonché le lampadine “nude” che pendono dal soffitto, rendono ZestEat un luogo non convenzionale in cui poter vivere il proprio tempo in un’atmosfera rilassante, confortevole ed amichevole. Quello di Bodio Center è il primo locale della catena ZestEat, ma Elior assicura che non resterà l’ultimo.


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PIZZERIA SU RUOTE

BIKE & BAKE A COPENAGHEN di

Maria Chiara Zucchi Da giornalista a chef di strada, dall’Italia a Copenaghen. Michele Lucarelli, 35 anni, marchigiano di San Costanzo (PU), ci ha messo poco a realizzare che con la tastiera del pc non avrebbe potuto campare e che una qualsiasi attività, in Italia, è resa oltremodo difficile dal carico burocratico che presuppone. Così ha deciso, da spirito libero e forte di un master in sociologia e di uno in enogastronomia, di inventarsi qualcosa in giro per il mondo. La scelta, quasi fatalmente, è caduta su ciò che nel mondo ci rappresenta da sempre, ossia la pizza, che lui aveva imparato a fare fin da ragazzo,

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GOLAVAGANDO per mantenersi agli studi. Ma poiché di pizzerie è pieno ogni angolo della terra, Lucarelli ha deciso che la sua sarebbe stata “ambulante”. Il nostro mancato giornalista si è inventato infatti un negozio/laboratorio su ruote in grado di fermarsi nelle piazze, nei parchi e ovunque si possano attirare compratori con l’irresistibile magico richiamo del profumo di pizza appena sfornata. Il fantasioso progetto ha preso vita appunto a Copenaghen, dove Michele si è trasferito per amore di Kristine, conosciuta in Nuova Zelanda proprio grazie al suo peregrinare come pizzaiolo “a domicilio”. In breve un’azienda siciliana ha realizzato un forno a legna, che un ingegnere danese ha installato su una speciale bicicletta. “Ogni giorno – dice Lucarelli – mi porto appresso 400 chili di peso, pedalando per alimentare la batteria del frigo e per raggiungere i diversi luoghi di lavoro - ”. Iniziativa non poteva tuttavia essere più azzeccata nella Patria che privilegia in assoluto gli spostamenti su due ruote. E infatti il Comune di Copenaghen non solo gli ha concesso gratuitamente la licenza in virtù di un bando apposito indetto per favorire lo streetfood, ma gli ha concesso in uso uno spazio in pieno centro, a pochi passi dal Palazzo Amalienborg dove risiedono i reali danesi e dove, in occasione del compleanno della regina Margrethe, Lucarelli ha potuto servirle la sua pizza. Pizza Margherita, of course.

L’AUTENTICA

CUCINA MAROCCHINA CON CHEF MARIA A DAR DARMA

Gli amanti della buona tavola e i veri foodies non possono non fare un viaggio tra i sapori a Marrakech, città dagli inebrianti profumi, aromi decisi e dai vivaci colori che si ritrovano anche nei gustosi piatti tradizionali. Le tante spezie, tra cui zafferano, cumino, coriandolo, zenzero e cannella, sono gli ingredienti privilegiati dei piatti locali, e conferiscono alla cucina sapori decisi e unici. A chi desidera avvicinarsi al mondo culinario marocchino, il riad Dar Darma offre una cucina deliziosa e autentica grazie alla maestria di chef Maria. In un ambiente intimo e confortevole, i suoi piatti hanno ingredienti sempre freschi e di stagione. Tra i grandi classici preparati da Maria ci sono la zuppa harira, le diverse tajine di carne o verdure, il cous cous, il pollo al limone, le torte sempre fresche e i dessert a base di frutta e spezie. I pranzi e le cene si possono degustare in tutti gli esclusivi ambienti interni o sulle terrazze del riad, che regalano scorci mozzafiato sulla vibrante città imperiale, i tetti della Medina, e la catena dell’Atlante. Il ristorante è aperto anche agli ospiti esterni, su prenotazione. Maria organizza corsi di cucina nel riad, un’esperienza divertente per prendere confidenza con la cultura marocchina e con gli ingredienti e le spezie tradizionali e cimentarsi nella preparazione di ricette da riproporre agli amici al ritorno a casa. I piatti preparati potranno essere degustati a pranzo sulle terrazze ombreggiate del riad per un’esperienza gastronomica unica. Le lezioni di cucina hanno un costo a partire da 40 euro a persona. Dar Darma (www. dardarma.com) è un lussuoso Riad del XVIII secolo situato nel cuore della Medina, a pochi passi dal Museo di Marrakech. Le 4 lussuose suite (2 Patio suite, la suite degli Specchi e la Orange suite) e i 2 appartamenti (Blu e Rosso) sono superbamente arredati e ricercati nei decori. Offrono sale con camino, una o due camere da letto e servizi. Le aree dining, le terrazze con salotti ombreggiati, zone sole e piscina completano l’esclusiva offerta della maison.

DAR DARMA - Marrakech

www.dardarma.com - info@dardarma.com – reservation@dardarma.com

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HAMBURGERIA & MACELLERIA

DA GIGIONE

QUANDO IL PANINO È UN VIAGGIO NELL’ITALIA DEI SAPORI

Gastronomico, biologico, vegano: tutti pazzi per il panino 100% italiano, nuova frontiera dei gourmet. In provincia di Napoli, Da Gigione Hamburgeria & Macelleria è il pioniere di una moda che dilaga: da tre anni celebra la cultura del panino d’autore. Solo ingredienti di alta qualità, carni certificate a filiera chiusa e controllata, Marchigiana e Chianina Igp; pane prodotto in esclusiva, anche gluten free; salumi e formaggi delle migliori selezioni a marchio Dop. E poi dressing gourmand come la mostarda d’arancia, il caviale di aceto balsamico, i patè e le salse bio, per citarne alcuni. La carta è un viaggio nei grandi sapori italiani, dall’Alto Adige alla Sicilia, con qualche presenza estera d’eccellenza; propone ricette esclusive (come il panino SUD, l’Oca in Ciabatta, il Chianino in Fossa) e la possibilità di comporre a proprio gusto il panino giocando con ingredienti, salse e abbinamenti di contorni o insalate. Da Gigione è stato il primo a proporre la personalizzazione del panino attraverso la compilazione di un menu/form, ed il primo ad utilizzare per il panino da asporto un packaging completamente biodegradabile ed ecosostenibile. Il menu è attento alle esigenze di tutti: celiaci, vegetariani e vegani con una legenda dedicata. Per ogni ingrediente proposto viene riportato il produttore e spesso si tratta di piccoli artigia-

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GOLAVAGANDO

HOTEL MILANO SCALA PRIMO HOTEL “ALLERGY FREE” DI MILANO ni del gusto: la N’duja di Spilinga artigianale di Luigi Caccamo; i prosciutti crudi di Sant’Ilario, i salumi di nero casertano di Mastro Enrico. Ci sono prodotti rari, presidi Slow Food, produzioni bio e a denominazione di origine protetta. Ricerca e qualità sono la filosofia del posto che nasce nel 2013 da un’idea dei fratelli Gennaro, Raffaele e Alberto Cariulo. Un’idea semplice: fare panini con la carne della macelleria di famiglia, carne di qualità, selezionata e lavorata da papà Luigi con le ricette di mamma Antonietta, utilizzando come ingredienti tutte le materie prime in vendita presso la bottega di famiglia. A tre anni dall’apertura si conferma un brand di successo, un indirizzo nelle agende dei foodies di mezza Italia che ne apprezzano innovazione e cultura gastronomica, carta dei vini e delle birre.

Prosegue il percorso di attenzione e scelte ecofriendly per l’Hotel Milano Scala, eco-chic hotel situato nel cuore di Brera, art district di Milano. Dopo essere stata la prima struttura a “Zero Emissioni” della città (l’hotel non emette CO2 nell’ambiente), oggi l’hotel è il primo Allergy Free Hotel di Milano con l’adesione al protocollo Allergy Free Hotels. A disposizione degli ospiti un intero piano totalmente libero da allergeni, dove poter soggiornare in tutta tranquillità, eliminando i disagi dovuti alle allergie. Il progetto è il primo in Europa riconosciuto dalle più importanti certificazioni mediche e marchi di qualità come risposta alle esigenze di 2 milioni di persone che soffrono di allergie respiratore in Italia e 150 milioni in Europa. Un sistema di profilassi naturale ed ecologico che, attraverso l’utilizzo di materiali anallergici e tecnologie di purificazione dell’aria, permette di eliminare microrganismi e allergeni potenzialmente presenti nell’ambiente in una stanza d’albergo. HOTEL MILANO SCALA

Via dell’Orso, 7 - 20121 Milano

Tel. +39 02 870961 - Fax +39 02 87096096

www.hotelmilanoscala.it - info@hotelmilanoscala.it

DA GIGIONE Braceria & Hamburgheria

Via Roma, 307 Pomigliano d’Arco (NA) - Tel. 081 8844599 Macelleria Hamburgheria Take Away

Via Trieste, 71 Pomigliano d’Arco (NA) - Tel. 081 80300 48

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NEL BOLOGNESE

LA TAVERNA DEL FARNETO PROPONE UNA CUCINA IN VOLO TRA TRADIZIONE E NUOVE INTERPRETAZIONI di

Antonietta Mazzeo foto di Niko Boi

Sperduta tra i calanchi e il verde della val di Zena, sull’Appennino bolognese, collocata al margine della strada in una frazione “… cullata tra i fianchi un pò molli della signora Bologna... ” (F. Guccini 1981), la Taverna del Farneto era in origine un’antica bottega, trasformata in ristorante nel 2000. Con il restauro e l’ammodernamento del 2012 sono state create tre sale ed un ampio spazio esterno: la sala principale, che è anche l’ingresso nel locale, con il bancone in mattonelle spagnole, è la più tradizionale; la sala del legno, recentemente rinnovata, con teck,

tatajuba, garapa, rovere e abete, è più avvolgente: durante la stagione fredda viene riscaldata da una stufa in maiolica, mentre nella stagione estiva. può essere aperta diventando un tutt’uno con il giardino estivo. La saletta bottega, ristrutturata dell’architetto Silvio Sacchetta, ospita quella che è stata per anni una meta fondamentale del Farneto: La Bottega Spensieri. Sapientemente arredata, accoglie con fierezza “Frappa”, opera della più famosa artista emergente del paese, Francesca Pasquali. La porta della sala si apre a libro eliminando così, durante la stagione estiva, la barriera tra l’esterno e l’interno. Fabrizio Boccafogli, lo chef “volante”, bolognese di Castel San Pietro con la passione per le Harley Davidson, e un talento gastronomico affinato accanto a maestri come Gianfranco Vissani, si innamora di “questo mestiere” a 13 anni, quando incontra Massimiliano Poggi – ancora oggi suo mentore e guida: quando Fabrizio racconta del suo primo incontro nelle cucine di Massimiliano i suoi occhi brillano, con affetto.

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RAVIOLI

di funghi porcini, il culatello e tartufo

INGREDIENTI

g. 250 di ricotta mista, g. 80 di funghi porcini, g. 25 di par-

migiano reggiano stagionato 30 mesi, g. 25 di pecorino toscano, 1 tuorlo, sale e pepe, pasta all’uovo, culatello, tartufo nero.

PREPARAZIONE

Cuocere i funghi in padella con olio extravergine d’oliva;

correggere di sale e di pepe, aggiungere il prezzemolo fresco, tritando il tutto. Unire la ricotta, il tuorlo, il parmi-

giano, il pecorino grattugiati. Creare dei ravioletti quadrati con questo ripieno e cuocerli in acqua bollente salata.

Scolarli e saltarli in padella con burro di malga, culatello tagliato finemente a julienne e scaglie di tartufo nero.

“ … io amo la cucina, da impazzire. Amo l’ordine ed il rigore dei piani in acciaio che sopportano tutta la nostra invadente creatività. Amo conoscere tutti gli ingredienti, studiare i piatti, i particolari, immaginare ricette che non cucinerò mai (forse). Amo la golosità dei piccoli frutti del bosco, la forma ed i colori della frutta tropicale, il candore e la fragranza di un finocchio d’inverno ed il profumo dei pomodori d’estate.

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TAVERNADELFARNETO

BATTUTA

al coltello di “erba” con maionese, capperi e senape INGREDIENTI

g. 400 di filetto ben pulito di manzo alimentato esclusivamente

ad erba medica, 3 tuorli d’uovo a temperatura ambiente, 3 capperi frullati, un cucchiaino da te di senape, parmigiano reggiano. PREPARAZIONE

Tagliare il filetto con un coltello ben affilato per ricavare quattro porzioni di tartara; condire con olio extravergine d’oliva prove-

niente da olive Coratina e Cerasuola. Poche scaglie di Fleur du sel affumicato e pepe di Sechuan appena macinato. Nel contempo

preparare una maionese leggera ed aggiungere i capperi frullati

ed il cucchiaino di senape. Correggere di sale. Con il parmigiano,

dopo averlo grattugiato, procedere a creare delle cialde da cuocere pochi minuti in forno a 180°C. Coppare la tartara e guarnire con la crema, le cialde di parmigiano e germogli a piacere.

Amo il profumo di mare che giunge insieme al pesce freschissimo, la tradizione e la passione dei salumi artigianali, le tagliatelle, i tortellini e tutto ciò che si può fare con farina (grazie Dio per aver creato il grano) ed un po’ di uova. Amo la fiorentina, ma anche i brasati. Impazzisco per il profumo del cioccolato, cibo degli Dei, tagliarlo, scioglierlo, assaggiarlo... Amo tutto del cibo ed anche ciò che gli sta intorno, adoro un coltello ben affilato, corteggio il mio bel forno per tutto l’aiuto che mi dà ogni giorno, instancabilmente. Mi nutro dell’adrenalina del sabato sera in cucina, insieme con i miei ragazzi a correre per cucinare in fretta, e bene... Con la musica “a palla” e il gioco di squadra. Amo sistemare tutto e riassettare, affinché la creatività non litighi col disordine. Tornare in sala, osservare il locale ormai vuoto e sospirare soddisfatto. Amo la cucina … “ - Dedicato a tutti i cuochi , eterni bambini (Fabrizio Boccafogli)

Fabrizio, propone una cucina in equilibrio tra ricerca e tradizione, precisa e convincente; le preparazioni seguono l’andamento delle stagioni, gli ingredienti sono sempre freschi, scelti con grande attenzione tra le eccellenze I.G.T. e I.G.P per lo più locali e regionali e in alcuni casi anche di origine biologica. Le carni, tra cui la cinta senese e lo scozzese Angus “Black Gold” di Aberdeen, provengono esclusivamente da allevamenti

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GOLAVAGANDO

eticamente corretti, solo alimentazione naturale e pascoli alternati. Le paste sono preparate artigianalmente e il pescato gode della stessa cura riservata alle carni; e diverse preparazioni sono pensate per diventare vegetariane. A completare la brigata di cucina la passione e la creatività dell’aiuto chef Stefano Ginosa, Luca il pasticcere e Ornella, l’occhio attento delle preparazioni e delle guarnizioni. L’accoglienza, precisa e puntuale e sempre attenta ai particolari è merito di Carlotta, Matteo, e Dario. Con un sorriso passione, allegria, raccontano e descrivono le preparazioni, sempre sensibili alle diverse esigenze. La Taverna non possiede una carta vini, ma la scelta è davvero molto ampia, dalle nobili bollicine francesi, ai rossi italiani di grande struttura, per arrivare ai passiti e alle birre artigianali. La scelta può essere fatta” al calice”, offrendo ai commensali la possibilità di abbinare ad ogni piatto il vino più appropriato, per un corretto equilibrio gustativo. Il progetto futuro della Taverna del Farneto: il ritorno alla cucina del passato, fatta da ingredienti poveri ma scelti con grande cura.

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LA TAVERNA DEL FARNETO Via Jussi 188

San Lazzaro di Savena (BO) Tel. +39 0516251236

www.latavernadelfarneto.it


Grand Hotel Ortigia a Siracusa dal 1890

La cultura dell’accoglienza

Viale Giuseppe Mazzini, 12 - 96100 Siracusa - Tel. 0931 464600 www.grandhotelortigia.it


C CKTAIL... a cura di

Daniele Briani foto di

StudioGraf IL BARTENDER

CRACKER ALLE OLIVE CON ZUCCA GIALLA, BURRATA E PORRO CROCCANTE

INGREDIENTI

cracker, zucca gialla, 1 burrata, 1 porro, 2 rametti di timo Per i cracker

ml. 160 di acqua, g. 100 di olio extra-

vergine di oliva, g. 500 di farina, g. 15 di

sale, g. 8 di lievito di birra, 30 olive tritate finemente.

Charles Flamminio Bartender mixologist Belludi 42 Riccione LO CHEF

Fabio Drudi “Curiosità, passione e tenacia sono gli ingredienti dei miei piatti”

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Dal pre dinner all’after dinner, nasce un nuovo modo di giocare tra solido e liquido. L’alchimia del bere miscelato sposa la cucina con sapori che rimbalzano dall’una all’altra preparazione, in una esperienza sensoriale pienamente coinvolgente.

Mettere in una planetaria tutti gli ingre-

dienti e impastare. Ottenuto l’impasto, farlo riposare per 30 minuti.

Stendere l’impasto e forarlo; tagliare dei quadrati e spenellarli con olio di semi. Infornare a 190°C per 12 minuti.

Pelare la zucca, tagliarla a fette e passarla

sulla griglia; metterla in un contenitore e condirla con sale, pepe e timo.

Pulire il porro, lavarlo e asciugarlo. Tagliarlo finemente e friggerlo a 160°C. Metterlo ad asciugare su carta assorbente, così ottenendo piccoli ciuffi biondi.

Disporre sul cracker la zucca, la burrata, il porro croccante, un’altra fetta di zuc-

ca gialla e ricoprire con un’altra fetta di cracker.

NEGROCCOLATO 1/3 di Vodka al cocco e cioccolato semi di zucca

1/3 di Bitter Rosso

1/3 di Vermouth Rosso

buccia di pompelmo rosa

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I locali

on

Trésor

Scopriamo insieme quali sono i locali che racchiudono piccoli grandi tesori...

Ogni ristorante, locanda o trattoria, famosa o meno, può vantare il proprio “Mon Trésor”, un personalissimo tesoro fatto di attenzione per i dettagli, cura dei propri ospiti, professionalità in cucina e in sala. Noi abbiamo individuato alcuni di questi “Mon Trésor” e li segnaliamo nelle prossime pagine...

golavagando montresor di

Giovanni Angelucci

RISTORANTE PIZZERIA

EDEN

IN VALTELLINA, I VALORI LOCALI E pensare che voleva fare il carrozziere. Ivan Sutti oggi ha trentatre anni ed è un padrone di casa caparbio, preparato e appassionato, ma quindici anni fa non voleva saperne di studiare e il suo sogno più grande era diventare carrozziere. Il papà, pensando di piegargli la schiena e farlo tornare sui banchi di scuola, lo fece lavorare con lui: la punizione però si trasformò in illuminazione e da allora Ivan non uscì mai più dal ristorante di famiglia, l’Eden. Quando si dice “tramandare di padre in figlio”, soprattutto in Italia è un concetto radicato nelle famiglie, un valore importante che caratterizza le diverse realtà dello stivale e le differenzia nel mondo. Quella della famiglia Sutti è una storia che inizia quasi un secolo fa, nel 1927 i trisnonni di Ivan comprarono il famoso “pezzo di terra” a Regoledo di Cosio Valtellino (SO) e vi costruirono una locanda. Venivano serviti i piatti semplici della zona, nella cantinetta qualche damigiana di vino era prodotta, si dormiva nelle stanze al piano superiore, il giuoco delle bocce viveva quotidianamente nel cortile esterno. Durante gli anni della seconda guerra mondiale il nome venne cambiato in Aurora dal regime fascista, ma solo per qualche tempo, poi tornò ad essere l’Eden di sempre, quello che


ancora oggi. Beh, in realtà qualcosa è cambiato, ma l’aria di casa e di famiglia è rimasta fresca e si respira. Le stanze in cui soggiornare non ci sono più, lo spazio esterno è stato usato per un piacevole dehors e l’ampiamento graduale del locale ha portato ad avere tre sale interne in cui ospitare fino a 110 persone. Ivan lavora con i genitori, ma la vita del ristorante è nelle sue mani, è lui che seleziona i prodotti, che se la sbriga con i fornitori, che varia il menù e che sperimenta in cucina.

ri dalla valle. Dunque una proposta sì legata al territorio e alle tradizioni, ma di più ampio respiro italiano. Ivan è curioso e, nel giro di pochi anni, cresce e fa crescere l’Eden. Diventa sommelier, segue corsi di cucina, frequenta l’Accademia della Pizza e tutt’ora è nei corsi dell’Università della Pizza. Predilige evidentemente lievitati e vino: a Cosio, paesino di 3000 abitanti, arrivano i migliori prodotti sul mercato, quelli che a lui piacciono (vedi il fiordilatte in acqua apparentemente impossibile da far arrivare fino alla cucina dell’Eden). In questo è stato il primo della zona e dopo di lui pare che anche altri ristoratori si siano accorti dell’importanza di proporre una cucina certamente ferma su alcune tradizioni e tipicità ma viva e variegata. Specchio ne è un menù curato e pensato che porta la sua firma con proposte molto personali come la Valtellina marinara: i gustosi sciatt della valle con salmone norvegese e pesce spada affumicati serviti tra gli antipasti. Lo stesso vale per la brisaola artigianale della macelleria Del Curto o per il polpo di Porto Santo Spirito cotto in acqua di mare e servito con code di gamberi, pomodorini, capperi e cipolla rossa. Tra i primi i pizzoccheri alla valtellinese sono un tripudio di concretezza e sapori, legame indissolubile con il territorio. Volendo spa-

“Io non mi sento né un cuoco, né un direttore di ristorante, io sono un ristoratore e per esserlo devi conoscere tutti i ruoli all’interno della tua attività. L’insegnamento più importante di mio padre è stato proprio questo, farmi lavorare in cucina, in sala e sbrigare le faccende logistiche. Oggi posso dire di conoscere il mio mestiere e comprendere chi lavora nella mia squadra”. L’ingresso di Ivan nell’Eden porta ad una serie di innovazioni e mosse vincenti, prima su tutte la scelta di uscire dai soliti giri, andare oltre il cortile di casa e cercare prodotti e fornitori fuo-

ziare da nord a sud il riso e pesce persico o gli spaghettoni tricolore di Gragnano con crema di aglio, olio, peperoncino e cuore di tartare di gamberi rosa sono la scelta ideale. Poi ci sono le pizze, tra i cavalli di battaglia del ristorante, che seguono la vecchia scuola, quella basata sui lieviti e sull’impastamento: Ivan propone un metodo biga con maturazione di settanta ore e cottura in un vecchio forno a legna classe ’87 tra cui regna la pomodoro, fior di latte, basilico, burrata, acciughe del Cantabrico, e una pizza dall’impasto Crunch (il metodo dello chef e pizzaiolo Renato Bosco), croccante e ad altissima lievitazione (85%) realizzata con farina di tipo 1 macinata a pietra. La carta dei vini conta circa duecento etichette e spazia tra le regioni italiane fino in Francia, insieme ad una buona proposta di birre artigianali di Italia, Belgio ed Inghilterra. Benvenuti nell’Eden della Valtellina.

RISTORANTE PIZZERIA EDEN

Via Bernasconi, 60 - 23013 Cosio Valtellino (SO) - Tel. +39 0342 635769 www.ristorantepizzeriaeden.com

Il Mon Tresor è... IL GIOVANE IVAN Il Mon Trésor è il giovane Ivan che ha saputo fare le giuste scelte riscontrabili dalla clientela nei piatti proposti: la cultura della buona pizza, gli ingredienti selezionati, i vini a disposizione. La lunga storia di una famiglia che continua a vivere grazie alla voglia e alla passione.


golavagando montresor di

Daniele Briani

LA SICILIA A VENEZIA CON IL RISTORANTE

A BECCAFICO

Che magia offre sempre Venezia! Ciò che è inusuale diventa regola. Variopinta e multietnica, mette in scena ogni giorno la sua recita come in una commedia di Goldoni. Invidiata da tutto il mondo, affascina e stupisce sorprendendo continuamente perché qui l’eccezione diventa prassi. Ecco perché, scendendo dal ponte dell’Accademia e svicolando in Campo Santo Stefano, non ci si stupisce di andar A Beccafico a mangiare siciliano. Non ci si stupisce perché chi s’innamora di Venezia vi mette radici portando con sé le sue tradizioni. E una volta radicate, le tradizioni diventano parte di quest’anfratto di mondo, sopravvivendo oltre chi le ha generate. Da nove anni A Beccafico porta in tavola il sud al nord, anzi l’estremo sud d’Italia, con i suoi sapori forti e decisi leggermente ammorbiditi nei toni. Si comincia dagli antipasti, che spaziano dai salumi dei Monti Nebrodi ai capperi di Salina, dalla ricotta salata ai pinoli delle capesante “ca muddica” senza dimenticarsi de “la mongolfié”, come pronunciano i francesi.

Tra i numerosi primi non potevano mancare le Millerighe alla Norma affiancate a dei Cavatieddi al pesto delle Lipari o alle Busiate del pescatore. Tra i secondi ci piace citare lo spiedino di sarde a beccafico servito assieme ad una leggerissima caponata di melanzane. Un piatto sfizioso e gustoso che ti proietta nella semplicità della cucina di mare sicula: piccoli bocconi di sarde arrotolate con pane, un pizzico d’aglio, prezzemolo e pinoli. Una cucina che non stanca, che si fa apprezzare anche nel tempo dell’attesa per-

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ché rigorosamente espressa e lontanissima dalle logiche della ristorazione prettamente turistica che caratterizza da sempre la città dei Dogi. Qui la pasta è servita al dente checché ne dica il turista d’oltreoceano che spesso la vorrebbe più cotta. Forse anche per questo motivo A Beccafico è ben frequentato proprio dai veneziani, che si sono innamorati di questa pasta trafilata al bronzo o anche della sola focaccia salata. Anche se la Sicilia interpreta in maniera mirabile una cucina di pesce, qui non si dimentica chi preferisce mangiare carne. La tartare di manzo composta con ricotta salata, pomodorini, capperi, pistacchi e mentuccia accontenta anche i palati più esigenti e non fa rimpiangere la Sicilia a chi non ama il pesce. I dolci non sono indicati nel menù ma questo non significa che non ci siano, anzi. Raccontarli a voce li impreziosisce di quelle sfumature che solo l’inflessione vocale di un bravo cameriere sa dare. E così chi vuole stare sul classico sceglie il Cannolo siciliano mentre chi vuole osare sceglie il Tiramisù, che per assecondare il suo nome si presenta dentro un vaso da conserva di generose dimensioni. La sua caratteristica principale comunque non è l’abbondanza, bensì la presenza nell’impasto di alcuni amaretti che lo rendono meno stucchevole del solito. La carta dei vini ne conta circa una sessantina per la maggior parte siciliani, di cui almeno una quindicina serviti al calice e, tra questi, anche due passiti. Il locale dispone di un’unica sala interna di cinquanta posti mentre il dehors di Campo Santo Stefano è generoso nelle dimensioni e con i suoi centocinquanta posti a sedere rappresenta la sala estiva, cinta dalle mura dei palazzi storici veneziani e invasa dell’atmosfera artistica del vicino conservatorio e del teatro de La Fenice. Provate a immaginarvi seduti a uno di

Il Mon Tresor è... ZUPPA DI COZZE A BECCAFICO

questi tavoli, appena tornati da teatro, con ancora nelle orecchie qualche lirica famosa, assaporando nell’attesa un cocktail di benvenuto, lasciar vagare la vostra mente ai ricordi di una Callas che in questo Campo veniva a imbucare le proprie lettere per il suo amato Onassis, nell’ufficio postale di allora che oggi si chiama A Beccafico. Anche questa è Venezia.

Prima l’abbiamo citato di sfuggita, lasciandovi nel dubbio di cosa sia questa “mongolfié”, nella più classica pronuncia dei turisti d’oltralpe. Si tratta della “Zuppa di cozze A Beccafico” una classicissima zuppa di cozze, poco pepata e dal sapore marcatamente gentile. Presentata con una coreografia unica nel suo genere, che vede la terrina di porcellana chiusa con un coperchio di pasta da pizza che, per effetto del calore della zuppa, si gonfia a mo’ di mongolfiera, per l’appunto, generando un senso di stupore tra i commensali e una proliferazione di richieste al maitre. Una volta tolto il coperchio con le mani, il pane caldo viene utilizzato per inzupparci il brodo e poi si procede ad aprire le cozze. Sicuramente un piatto che coinvolge tutti i cinque sensi, perché oltre ai classici vista, tatto, gusto, olfatto, anche l’udito, per lo stupore che genera, ne favorisce l’apprezzamento.

A BECCAFICO

Campo S. Stefano, 2801 30124 Venezia

Tel. 041 527 4879

www.abeccaficovenezia.com

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golavagando montresor di

Gianni Di Lorenzo

L’ACCOGLIENZA A 360° DI

PALAZZO RICCUCCI A MONTAPPONE, BORGO MEDIEVALE MARCHIGIANO

Esiste una stretta relazione tra il grano antico - lo stesso che oggi viene recuperato dagli agricoltori perché più sano e meno saturo di glutine - e la fortuna, anche recente, di Montappone, piccolissimo borgo marchigiano appollaiato su un colle dell’Alto Piceno. Furono infatti gli steli delle spighe di grano jervicella, o del calvigia, o del carusella, una volta seccati e diventati paglia, a essere raggruppati in trecce che, abilmente cucite a mano, andavano a creare i cappelli che hanno reso famoso il paesino e gli hanno dato prosperità. Ancor oggi il Museo locale del cappello e una trentina di aziende semi artigiane testimoniano l’importanza di questa produzione. Ma è anche la bellezza, oggi recuperata, del borgo medievale a confermare un solido passato, così come l’imponenza di certi suoi antichi edifici, tra i quali spicca, sulla suggestiva piazzetta centrale, l’elegante Palazzo Riccucci, dal 2014 divenuto Boutique Hotel in virtù dell’accurata ristrutturazione che gli ha donato una bellezza più attuale.

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Il Mon Tresor è... BOCCONCINI croccanti di filetto di maiale su crema allo zafferano INGREDIENTI

1 filetto di maiale di g. 600/700, 1 bicchiere di vino cotto, 3/4 spicchi d’aglio, rosmarino, salvia, sale e pepe q. b., fettine sottili di guanciale.

Per la panatura: pane casereccio raffermo, olio extravergine d’oliva, 1 spicchio d’aglio, 1 mazzetto di prezzemolo, sale e pepe q. b.

Per la crema allo zafferano: 1 bicchiere di panna fresca, 1 bustina di zafferano in polvere o in pistilli, 1 cucchiaio di besciamella, sale q. b. PROCEDIMENTO

Tagliare il filetto di maiale a bocconcini delle stesse dimensioni, insapori-

La locale famiglia Riccucci, che da 35 anni attraverso i coniugi Franco e Gabriella opera nel settore food, se ne è presa cura con rara sensibilità e ne ha ricavato 12 belle stanze spaziose e arredate con gusto con vista mozzafiato a 360°, nonché un ristorante del quale si occupano i figli Maicol in cucina e Cristiano in sala. Impresa familiare, dunque, corroborata anche del prezioso apporto delle nuore Fabiola ed Elisa, la prima in sala dove esprime la sua preparazione di sommelier e la seconda nella difficile arte della pasticceria. Uno staff giovane e dinamico, a cui il maitre Emanuele Caraceni (laureato in economia ormai definitivamente votato alla ristorazione) offre un supporto competente e appassionato. La sala accogliente e, all’occorrenza, i sottostanti locali dell’antico granaio con splendidi soffitti a botte che si affacciano sul giardino, sull’orto del ristorante e sulla tranquilla piscina che guarda la vallata, sono il teatro di una cucina prodiga di sapori, di equilibrio e, soprattutto, di amore per il territorio e la tradizione. Si avverte infatti nei piatti di Maicol una passione autentica per valori del passato da rilucidare e rimettere in vetrina, per prima cosa i cappelli di paglia, ora trasformati

re con sale e pepe e lasciare macerare una giornata con vino cotto, aglio

schiacciato, rosmarino e salvia. Tagliare al coltello il pane raffermo in pezzi

piccolissimi e tostare in una padella antiaderente con olio extravergine d’oliva, sale, pepe e un trito di aglio e prezzemolo.

Avvolgere i bocconcini con una fetta sottile di guanciale, quindi panarli

con il pane casereccio tostato e cuocere in forno a 180°C per 8/10 minuti. Ridurre a fuoco lento la panna con la besciamella, lo zafferano e un pizzico

di sale, mescolando continuamente. Versare la crema allo zafferano su un

piatto fondo e adagiare sopra i bocconcini di maiale. Concludere con un filo di olio extravergine d’oliva a crudo e un rametto di rosmarino.

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golavagando montresor

in divertenti portapane (foto sotto), e poi le farine di grano jervicella che servono per fare a mano i celli de li frati, una sorta di lunghi strozzapreti alla gricia con fonduta di pecorino dei Sibillini (foto sopra al centro). Perfetta nella cottura la quaglia con fonduta di taleggio e tartufo dei Sibillini (foto qui sopra a sinistra) e rappresentativi del territorio gli gnocchi (foto in alto a destra) realizzati con le patate locali coltivate nell’orto, con ragù di anatra, ma valgono il viaggio i bocconcini croccanti di filetto di maiale macerati nel vino cotto e aglio,

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su una brillante crema di zafferano marchigiano che Maicol definisce un ricordo del ciauscolo e che è un’esplosione di profumi e sapori della memoria. Sorprendente, tra le portate intermedie, un bicchierino di fricandò realizzato cuocendo, su padelle diverse e aromi differenti tra loro, gli ortaggi locali di stagione che vanno a comporre una scala di gusti perfettamente mixati eppure assolutamente distinguibili. Ai menù, proposti a prezzi più che accessibili e convenienti, si abbinano vini di una carta comprendente 130

etichette, il 50% delle quali marchigiane. Completa l’accoglienza l’offerta delle 12 camere allocate ai piani superiori, con porte dipinte a mano, piccoli affreschi murari, alcuni pezzi antichi ben affiancati alle comodità più attuali e grandi bagni luminosi, a prezzi contenuti rispetto all’elevato standard offerto.

PALAZZO RICCUCCI

Via Palazzo, 36 - 63835 Montappone (FM) Tel. 0734 761175

www.palazzoriccucci.com





© Mario Reggiani

GOURMETFOOD

MASSIMILIANO

ALAJMO

QUANDO TRE STELLE NON BASTANO PIÙ di

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Alessandra Meldolesi


MASSIMILIANOALAJMO

© Wowe

1996, 2002: più giovane due stelle e tre stelle della storia Michelin, rispettivamente a 22 e 28 anni. Si fatica a immaginare che traguardi possa ancora tagliare Massimiliano Alajmo, il quale nei suoi primi quarant’anni non ha più scale su cui misurare un processo di perfezionamento, che pure avanza su binari del tutto personali. A partire da un ristorante che si è trasformato man mano in una grande maison dall’atmosfera francese, con la selva fitta delle toques che disegna ordinate coreografie oltre il vetro della cucina, fra arredi recentemente rinnovati. Sempre sulla strada provinciale 11, in una delle location meno allettanti della cucina italiana. Lo stormo delle Calandre nel frattempo è diventato una flotta: oltre all’adiacente Calandrino, bar pasticceria con ristorazione veloce, al prospiciente Hotel Maccaroni e al Golf Club la Montecchia, dove

con papà Erminio si è fatto le ossa Enrico Bartolini, ci sono il ristorante Quadri di Venezia, già stellato, e il nuovo spin-off parigino, il Caffè Stern, tanto che fra uffici e produzioni il numero di dipendenti ha sforato le 200 unità. Massimiliano Alajmo però è inamovibile dalla sua postazione in cucina, da mattina fino a tarda notte. Un esempio di abnegazione con pochi eguali in Italia. Era tutto già scritto, probabilmente, nella vocazione di un bambino inseparabile dalla divisa di mamma Rita, formidabile scultrice di torte e prima cuoca a conquistare una stella Michelin al ristorante di famiglia. Il 1990 fu l’anno della svolta, con il pellegrinaggio folgorante nei grandi ristoranti francesi, L’Espadon, il Buerehiesel, soprattutto Paul Bocuse, e il desiderio di emulazione condiviso dal fratello Raffaele, per tanti anni sommelier delle Calandre, oggi guida del

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GOURMETFOOD

APPARENZA INGREDIENTI per 4 persone

Per il dentice “cotto” a freddo

g. 100 di acqua minerale naturale g. 1,8 di sale

g. 100 di polpa di dentice crudo Preparare la salamoia sciogliendo nell’acqua il sale. Tagliare il dentice a fette dello spessore di mezzo centimetro e porlo in un

sacchetto sottovuoto con la salamoia. Sigillare e “cuocere a freddo” in frigorifero a 4°C per 24 ore.

Sigillare e “cuocere” a freddo in frigorifero a 4°C per 24 ore. Scolare e conservare la salamoia.

Per la crema di dentice e calamaro

g. 20 di dentice e calamaro “cotti” a freddo

g. 20 di salamoia di dentice “cotto” a freddo g. 4 di succo di limone

g. 1 di alga Dulse dissalata e tritata

g. 5 di olio extravergine di oliva delicato

Scolare e conservare la salamoia.

Frullare il dentice e il calamaro con la salamoia,

Per il dentice e calamaro “cotti” a freddo

a filo l’olio.

g. 100 di acqua minerale naturale g. 1,8 di sale

g. 30 di calamari crudi a rondelle spesse cm. 0,4 g. 70 di dentice crudo a cubi di cm. 1,5

Preparare la salamoia sciogliendo il sale nell’acqua. Porre i cala-

mari e il dentice in un sacchetto per il sottovuoto con la salamoia.

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il succo di limone e l’alga. Emulsionare unendo

Per la schiuma di salamoia

g. 40 di salamoia di dentice e calamaro “cotti” a freddo Frullare con il frullatore a immersione la salamoia a 4°C, incorpo-

rando più aria possibile. Recuperare la schiuma che si forma in superficie.


© Sergio Coimbra

Per gli spaghettini g. 60 di spaghettini

g. 5 di salamoia del dentice “cotto” a freddo

g. 5 di olio extravergine di oliva delicato 1 pizzico di sale

g. 1 di erba cipollina tagliata finemente

g. 1 di cipolla rossa fresca tritata

g. 5 di calamari “cotti” a freddo tritati g. 2 di alga Dulse dissalata e tritata g. 1 di salsa di soia g. 2 di caviale

2 foglie d’ostrica tagliate finemente

MASSIMILIANOALAJMO

© Wowe

gruppo. Quindi i lunghi stages da Alfredo Chiocchetti, maestro di passione e di umiltà; Marc Veyrat, estroso ma burbero al punto da farlo quasi fuggire; Michel Guérard, con la sua organizzazione a horlogerie. Dopo di che nel 1994, a soli 20 anni, è arrivato il cambio della guardia fra generazioni. In tutti questi anni la cucina di Alajmo si è avvitata in una serie di magnifiche ossessioni, per un singolo ingrediente, per una tecnica, per un filone creativo, come il Gioccolato o i cappuccini. Tutte approfondite fino all’esaurimento o alla temporanea sospensione. Resta tuttavia immutata la direzione di una cucina, la cui prima ispirazione è la nostalgia dell’infanzia, in una fuga di motivi originari. Perché i bambini detengono la verità e, come si legge nell’ultimo libro, Fluidità: “La cucina deve spogliarsi dell’inutile per ritrovare la stessa innocenza che il bimbo ha nel raccontare il suo piccolo mondo”. Che significa familiarità, piacere, divertimento, calore.

Lessare gli spaghettini al dente, raffreddarli sotto l’acqua fredda e

asciugarli con un foglio di carta as-

sorbente. Salarli e condirli in un recipiente di vetro con i restanti ingredienti.

Per terminare

8 mezzi gusci concavi di ostriche ben lavati

g. 50 di crema di dentice e calamaro g. 100 di dentice “cotto” a freddo g. 16 di schiuma di salamoia g. 12 di caviale

g. 1 di erba cipollina tagliata finemente COMPOSIZIONE

Dividere gli spaghetti in 2 mezzi gusci di ostriche, guarnire con la crema

di dentice e calamaro e con il dentice “cotto” a freddo.

Rifinire con la schiuma, il caviale, co-

spargere con l’erba cipollina e con un cucchiaino di salamoia del dentice. Servire su ghiaccio tritato per

degustare direttamente dal guscio, come fossero ostriche vere.

CIÒ CHE DIVENTA, ERA. I piatti delle Calandre sono quindi risolutamente italiani, con richiami a una memoria gustativa quasi banale, rassicurante fino al comfort e inevitabilmente incline all’understatement. Lo dicono i nomi sulla carta, dalla battuta di vacchetta piemontese al maialino da latte arrostito, passando per una sfilza di straordinari primi piatti, punto fermo su cui si incardinano pasti mobilissimi. Nessuna provocazione neanche in bocca, dove il gusto si conferma materico e rotondo, pienamente appagante nei suoi molteplici livelli di lettura, tanto per il profano che per il gourmet. Non senza lampi di irresistibile ironia e spirito ludico. Vedi i ricorrenti giochi di parole, i sistemi di fruizione ancestrali o semplicemente regressivi, con liquidi da spruzzare in bocca, fluidi da aspirare a mo’ di cerbottana e bocconi da mangiare con le dita, prima che diventasse di moda, sempre a fini organolettici. “Ciò che diventa, era” recita il motto degli Alajmo. Lo stesso impulso porta a privilegiare ingredienti fortemente simbolici, quindi l’uovo e il latte,

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GOURMETFOOD

la cui sensazione viene ricercata altrove, per esempio nelle mandorle o nel riso, in un’instancabile reductio ad originem del cibo. Soprattutto nell’acqua, che è al centro di questa fase creativa alle Calandre. In primo luogo nell’elaborazione delle salse, che dall’emulsione con l’elemento neutro guadagnano non solo pulizia, ma anche una paradossale intensificazione. Lo schema è quello omeopatico della diluizione per il potenziamento, quasi che i gusti leggermente disciolti nell’acqua, “ambasciatrice di sapori” rivitalizzante e sgrassante, forse vettrice di memoria, diventassero più affini al nostro corpo e ai suoi organi, quindi più facilmente percepibili. Provare per credere. Ma l’acqua è anche l’elemento su

SPAGHETTINI FREDDI con salsa di conchiglie INGREDIENTI per 4 persone Per le conchiglie

g. 250 di cozze, g. 300 di vongole, kg. 1 di tartufi di mare ben spazzolati, g. 250 di garusoli (murix brandaris), g. 40 di

olio extravergine d’oliva delicato, 1/2 spicchio di aglio, g. 10 di prezzemolo fresco tritato, g. 25 di vino bianco.

Spurgare le conchiglie in acqua e sale. Ricoprire i garusoli con acqua fredda e cuocerli a calore moderato per 40 mi-

© Wowe

nuti. Eliminare l’acqua di cottura, sgusciarli e pulirli. Scottare separatamente le cozze, le vongole e i tartufi di mare in padella con l’olio e l’aglio. Unire il prezzemolo, sfumare con il

vino bianco, coprire e cuocere a calore vivace per 2 minuti.

Sgusciare le conchiglie, conservare l’acqua di cottura e filtrarla all’etamina.

Per la salsa di conchiglie

g. 60 di cozze cotte e sgusciate, g. 70 di vongole cotte e sgusciate, g. 90 di tartufi di mare cotti e sgusciati, g. 35 di

garusoli cotti e sgusciati, g. 75 di acqua di cottura delle conchiglie filtrata, g. 50 di olio extravergine d’oliva delicato, g. 20 di succo di limone, 1 goccino di salsa di soia, 1 pizzico di sale, 1 macinata leggera di pepe nero di Sarawak.

Versare i frutti di mare nel bicchiere del Pacojet insieme all’acqua di cottura; congelare a -20°C e pacossare. Emul-

sionare la purea ottenuta con il frullatore a immersione con l’olio, il limone, la salsa di soia, il sale e il pepe.

cui fa leva il forno a pressione per variare le strutture degli alimenti in cottura: l’innalzamento del punto di ebollizione, rallentando l’esplosione interna, esalta infatti la succulenza, con testure che nel caso del maialino si lasciano paragonare solo a una terrina, sotto il vetro della cotenna; aiuta a liberare il collagene e ad estrarre i grassi, come quello del rombo, che viene utilizzato per mantecare uno straordinario risotto alla marinara dai profumi mediterranei. L’altra polarità della cucina delle Calandre è infatti la tecnica, che riposa su solide basi scientifiche. Quella che Alajmo sta praticando è a tutti gli effetti una cucina paramolecolare, o transmolecolare, che i composti chiama appunto per nome, nel tentativo di trovare una spiegazione razionale alle trasformazioni della materia. “Ma la tecnica non è mai il mio obiettivo. La scienza è una parte della conoscenza, non quella definitiva”. L’attenzione per il dettaglio è maniacale, il controllo totale, il virtuosismo sottile e ubiquo.

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Per il crudo di pesce

g. 60 di code scampo crude, g. 60 di code di gamberi cru-

de, g. 60 di astice crudo, g. 40 di dentice crudo, g. 40 di triglie crude, g. 25 di olio extravergine d’oliva delicato,

g. 5 di succo di limone, sale q.b., 1 macinata di pepe nero di Sarawak.

Tagliare i pesci a dadini e condirli con l’olio, il succo di limone, il sale e il pepe.

Per gli spaghettini freddi

g. 160 di spaghettini di grano duro Benedetto Cavalieri, 1 pizzico di sale, g. 16 di succo di vongole legato con poco

amido, g. 18 di olio extravergine d’oliva delicato, 10 gocce di salsa di soia, g. 3 di prezzemolo fresco tritato, 1 macinata di pepe nero di Sarawak, g. 3 di succo di limone.


MASSIMILIANOALAJMO © Sergio Coimbra

Lessare gli spaghettini per 3 minuti e mezzo in acqua salata. Scolarli, raffreddarli in acqua

fredda, asciugarli con un foglio di carta assorbente. Salarli e condirli in un recipiente di vetro con i restanti ingredienti. COMPOSIZIONE

Porre su un piatto uno stampo circolare oleato (diametro cm. 8,5) e riempire con gli spaghettini e il pesce crudo. Togliere lo stampo e guarnire con la salsa di conchiglie. Per gli spaghettini freddi

Il crudo di pesce può variare a seconda della disponibilità di stagione. Questi spaghettini sono ottimi anche con i calamari, le seppie, la ricciola, ecc.

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BRODO ORO INGREDIENTI per 4 persone

Cuocere le guance sottovuoto insieme a tutti gli ingredienti (tranne

l. 1 di brodo di gallina freddo

per 4 ore e mezza. Filtrare il liquido di cottura con l’etamina e aroma-

Per il brodo di guancia

g. 400 di guance di vitello ben pulite g. 25 di carote a cubetti

g. 25 di cipolla bianca a cubetti precedentemente sbollentati g. 20 di sedano a cubetti

il ristretto di zafferano e la polvere liquirizia) in forno a vapore a 90°C tizzarlo con lo zafferano liquido e la liquirizia. Per terminare

4 fogli di oro alimentare a 24 carati

g. 5 di sale grosso

COMPOSIZIONE

g. 1 di stecca di cannella

d’oro.

g. 4 di pepe nero di Sarawak in grani 1/2 foglia di alloro

Versare il brodo caldo in un piatto fondo e guarnire con una foglia

1 chiodo di garofano

Nota: le guance utilizzate per preparare il brodo possono essere con-

1 goccia di zafferano liquido

alcune gocce di ristretto di zafferano e servite su un letto di insalata di

1 pizzico di sale

1 traccia di liquirizia nera in polvere

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dite con olio extravergine d’oliva, sale grosso, un pizzico di liquirizia, verdure bollite, come carote, rape rosse, patate e sedano rapa.


MASSIMILIANOALAJMO

GOURMETFOOD

IL GUSTO E LA MATERIA AL CENTRO DELL’ISPIRAZIONE Il sottotesto però è tutt’altro. “Sto lavorando molto sull’intenzione, perché chi fa piegamenti a terra pensando di spostare il pavimento, riesce ad attivare una muscolatura diversa. Vale in ogni campo ed è per questo che la cucina della mamma è la migliore: perché c’è un’intenzione: l’amore. In quanto cattolico praticante, la mia è far star bene le persone, conoscere il mondo e migliorare me stesso. Quindi cerco di avere un atteggiamento di scoperta nel rapporto con la materia, che contiene una parte interiore e una parte esteriore: è insomma lo specchio riflesso di una dimensione ulteriore, dove possiamo trovare molte risposte, e anche alcune domande. Se ci soffermassimo a capire cos’è una coagulazione, probabilmente scopriremmo molto dell’uomo”. Spessori mai esplicitati, perché sono i piatti a dover parlare, magari facendo leva sul simbolismo, senza però fuoriuscire dallo specifico culinario né rinnegare una piacevolezza persino carnale. Non c’è traccia di ascetismo in questa spiritualità, perché “a tavola cerchiamo tutti il piacere, ma il piacere è quello che racconta la bellezza e la bellezza dovrebbe indicare il sentiero giusto”. Era già così per gli alchimisti, dice una scuola di pensiero: era l’oro della trasformazione interiore che cercavano, attraverso la metafora della crisopoiesi. Gli effetti sono anche sull’estetica, quanto mai naturale, perché “quando faccio un piatto cercando di convincere qualcuno, diventa artificioso. E un dressage appariscente è fin troppo facile da realizzare”. Meglio porre al centro il gusto, anzi la materia, vera autrice delle sue elaborazione. “La nostra filosofia è quella di seguire e servire l’ingrediente; sono le sensazio-

ni che desta a dettarci il piatto, suggerendo gli accostamenti più opportuni”. Degustando una determinata varietà di capperi, per esempio, è stato concepito il risotto al caffè; mentre un’altra ha suggerito lo splendido spaghetto con lavanda, orzo e salsa di cipolla oggi in carta. Come si legge nel precedente libro Ingredienti, il cui titolo descrive una marcia verso il nucleo delle cose: “Bisogna intervenire il meno possibile. Non intervenire è il momento massimo, il sogno di un cuoco. Quando arrivi a far questo, probabilmente sfiori la conoscenza pura”. O forse la cucina va interpretata come attività non agente, secondo quanto insegnano le discipline orientali.

L’ITALIANITÀ DEI PIATTI Non è facile sfilare qualche piatto dal gomitolo dei menu 2016, colorati e avvolgenti come la lana a centrotavola. I degustazione sono tre: il Classico, Max e Raf, tutti composti di 11 corse a 225 euro. Per accompagnarli c’è una carta dei vini da 1500 etichette, che privilegia, da tempi non sospetti, i naturali, amministrata da Raffaele Alajmo (foto qui sotto) con il sommelier Matteo Bernardi. Ma il lavoro è anche sui sistemi di beva: vedi i bicchieri che omaggiano Gravner, ripristinando il gesto dell’offerta verso l’alto, e in generale la gamma a forma di ombra, che varia solo nelle dimensioni, sul modello del calice delle osterie venete.

© Wowe

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CONIGLIO CROCCANTE con sorbetto di ketchup di albicocche INGREDIENTI per 4 persone Per la tempura

g. 180 di farina debole, g. 60 di amido di mais o fecola di patate, g. 200 di acqua minerale gassata fredda, g. 200 di ghiaccio.

Mescolare la farina con l’amido, diluire con il ghiaccio e l’ac-

qua. Mescolare delicatamente. Qualora dovessero formarsi

in eccesso e lasciare raffreddare. Unire alla polpa di coniglio 20 grammi di zenzero grattugiato e rotolarla appena nella farina.

Immergere i cubi nella tempura ben fredda e friggerli a 180°C fino a doratura. Scolare dal grasso in eccesso su carta assorbente, salare e profumare con 2 nebulizzazioni di essenza di zen-

zero. Tagliare le frattaglie a pezzetti, asciugarle su carta assorbente, cospargerle con il restante zenzero grattugiato, peparle e infarinarle. Immergere le frattaglie nella tempura ben fredda, friggere in immersione in olio a 180°C e cuocere sino a quando

la pastella non sarà dorata e croccante. Scolare dal grasso in eccesso su un foglio di carta assorbente, salare e profumare con 2 nebulizzazioni di zenzero.

dei grumi non stemperarli, perché durante la frittura diventeranno delle piccole spumiglie croccanti.

Per il coniglio croccante

Per le melanzane

oliva delicato, g. 3 di sale, g. 40 di zenzero fresco grattugiato, g. 40

mm. 4, g. 20 di farina debole, olio extravergine d’oliva per

g. 180 di cosce di coniglio disossate, g. 40 di olio extravergine di

di farina debole, 4 nebulizzazioni di essenza di zenzero, g. 135 di frattaglie di coniglio (cuore, fegato, cervella, guance, milza, lin-

gua), g. 6 di pepe nero di Sarawak, olio extravergine d’oliva per friggere.

Tagliare la polpa delle cosce in piccoli cubi da 3 centimetri e tostarli in padella rapidamente nell’olio. Salare, eliminare il grasso

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g. 20 di bucce di melanzane viola, tagliate dello spessore di friggere, 1 pizzico di sale, 4 nebulizzazioni di essenza.

Tagliare a julienne le bucce di melanzana, infarinarle e immergerle nella tempura ben fredda.

Friggerle in immersione nell’olio a 180°C e scolare dal gras-

so in eccesso su carta assorbente. Salare e profumare con l’essenza di zenzero.


MASSIMILIANOALAJMO

Per il ketchup di albicocche

g. 450 di albicocche fresche denocciolate, g. 45 di aceto di vino bianco, g. 6 di zenzero fresco a fette, g. 60 di zucchero di canna integrale biologico, g. 3 di sale 1 pezzetto di 1 anice stellato, g. 0,5 di stecca di cannella.

Porre sottovuoto le albicocche e cuocerle in forno a vapore a 102°C per 30 minuti.

In una casseruola riunire le albicocche con gli altri ingredienti e cuocere il com-

posto riducendolo a 350 grammi di peso. Frullare e setacciare. Porre il ketchup in vasi di vetro, chiudere ermeticamente e pastorizzare in acqua bollente.

Per il sorbetto di ketchup di albicocche

g. 170 di ketchup di albicocche, g. 90 di acqua minerale naturale fredda. Diluire il ketchup con l’acqua (sino a quando raggiunge 20°C Brix) e gelarlo con l’azoto liquido a consistenza cremosa. COMPOSIZIONE

Infilzare la polpa e le frattaglie del coniglio in spiedini d’acciaio (o di legno),

alternandole con le bucce di melanzana. Servire con il sorbetto di ketchup di albicocche. Suggerire di intingere gli spiedini nel sorbetto prima di degustarli.

Nudo e crudo gioca la carta dell’ironia, a cominciare dal servizio su una tovaglietta trasparente che, destando un sentimento di mancanza, sviluppa un surplus di sensazioni. La serie delle crudités inizia dal calamaro di pasta alla barbabietola con calamaro crudo, dentice e crema di litchi, sullo schema bulliano del frutto esotico sposato ai cefalopodi; prosegue nella carne sottilissima, a velo sul pan biscotto con crema di crostacei, caviale e foglia ostrica; passa per il gambero rosso impanato ma non cucinato con salsa di pistacchi al caffè e misticanza; si conclude nello spaghettino di soia al miso con anguilla affumicata, pasta di curry, ananas e ancora calamaro. Moeche e asparagi spicca per la sua salsa a base di curcuma fresca, lavorata in crema, poi stemperata con una “maionese” diluita a base di soia e olio: la prima prova del potere di definizione del gusto da parte dell’acqua, che rende il composto avvolgente ma non invasivo, leggero senza risultare penitenziale. Sul modello giocoso di una comune maionese, condisce i granchi e i vegetali, passati entrambi in una pastella molto liquida di farina, amido e acqua gassata, poi cosparsi di mais semisoffiato per un crunch arioso; la frittura viene svolta in extravergine di nocellara del Belice. O ancora l’irresistibile scarpetta, servita nel contenitore appositamente confezionato dal mastro vetraio Lunardon a forma di calzatura, riempito di borragine con i suoi fiori, agretti, asparagi crudi con balsamico alla rosa e mimosa d’uovo, salsa di cipolla rossa, sorbetto di senape dalla sensazione lattica e ovviamente pane; più uno spaghetto-spago passato nel forno a pressione per una maggiore plasticità e solubilizzazione della salsa, sempre di cipolla. La tecnica non è mai stata così divertente.

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© Sergio Coimbra

GOURMETFOOD

Fra i primi la tagliatella primavera, in omaggio a Sirio Maccioni, impastata con farina di piselli secchi passata a diverse temperature e acqua, poi trafilata; viene condita con ortaggi freschi di stagione, una leggera spolverata di spezie e un’altra salsa epurata all’acqua, questa volta a base di pistacchi. Il dotto, o morone, è per Alajmo il nostro black cod: grasso grazie alla

© Wowe

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profondità, sodo e sfogliato. Cotto in padella con mais e carbone, viene servito con una crema di barbabietola all’anguilla e bottarga. Oppure il pollo “arrosto”, le cui cosce e ali sono passate nel forno a pressione, per una testura fondente e succosa che rovescia il conosciuto senza alterarlo, con l’osso che si sfila dalla polpa. Vanno mangiate con le dita, per portare al naso il profumo crescente delle erbe e fare entrare l’ospite nella fase di cottura; sul piatto con il petto scaloppato, patatine “fritte” e una concia di pomodoro leggermente piccante, che richiama la cucina americana. Come nel risotto ormai storico allo zafferano e polvere di liquirizia, accompagnato dalla recente rilettura all’incenso, si insinua la spia di un’ispirazione religiosa nelle papillotes commestibili di ostia. Dopo il pipa libre di frutta tropicale, da aspirare giocosamente al tavolo, è imperdibile la mozzarella di mandorle: nelle sembianze sdrammatiz-

zanti di un trompe-l’oeil, reinventa il mandorlato, specialità di Cologna Veneta, attraverso il trait-d’union del lattico comune a mandorle e formaggio. Ecco quindi il guscio vitreo, friabile e sottile di torrone, farcito di una crema all’acqua di mandorle e condito con olio, sale, pepe, capperi e peperoncino candito. Tecnicamente un virtuosismo, nelle testure e nella purezza gustativa; simbolicamente una fuga di motivi primigeni, che riconduce alle origini stesse della famiglia Alajmo, dal Veneto alla Sicilia, terra di pasticceria all’olio, passando per la Campania. Sotto il segno dell’italianità, senza perdere la gola né il sorriso.

RISTORANTE LE CALANDRE Via Liguria, 1

35030 Sarmeola di Rubano (PD) Tel. 049 630303 www.alajmo.it



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GOURMETFOOD

GRAND HOTEL

ANGIOLIERI ARIA DI UNA CASA ELEGANTE CON I PROFUMI DI UNA NUOVA CUCINA di

Teresa Cremona

E’ un albergo elegante, ha carattere e personalità. In un tempo lontano fu monastero, in tempi recenti divenne l’hotel Seiano, che poi fu trasformato in casa di riposo. 10 anni fa, acquistato da una famiglia di imprenditori marchigiani, fu completamente ristrutturato per diventare un hotel a 5 stelle, affiliato alla Catena SHL Small Luxury Hotel. E’ affacciato sul mare, con una strepitosa terrazza; nell’arredo delle stanze e degli ambienti conviviali si respira uno stile mai strillato, le linee dei mobili sono classiche, i colori neutri, i dettagli raccontano più di casa che d’albergo.

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GOURMETFOOD

Qui il clima è generoso, la vegetazione sembra non rispettare il ciclo delle stagioni: le bouganville sono fiorite anche in autunno, e forse anche in inverno, i limoni sembrano esserci tutto l’anno e un muro di gelsomini fa da morbida e compatta tappezzeria ai confini del giardino; si accede al bar da questa barriera di profumi, e si è accolti dall’intimità di un salotto con grandi vetrate spalancate sulla terrazza e sul golfo.

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GRANDHOTELANGIOLIERI

PASSEGGIANDO CON IL TONNO (variazione di tonno)

INGREDIENTI per 4 persone

Tonno tataki con pane alla paprika, zenzero e lime: preparare un pan grattato bianco con zenze-

rosso, g. 2,5 di elastic Sosa, g. 100 di for-

Sushi roll di tonno, caprino e alghe, velo di peperoni rossi: sbianchire i peperoni rossi e frul-

g. 800 di tonno rosso, g. 400 di peperone maggio caprino, alghe disidratate, g. 400

di peperone giallo, 1 foglio di alga Nori, ml. 50 di aceto bianco, g. 50 di zucchero,

g. 50 di senape Dijon, paprika dolce, pane bianco disidratato, zenzero, lime, g. 100

di tonno sott’olio, g. 25 di albume d’uovo,

succo di mela verde, 1 foglio di colla di pesce, salsa di soia, sale e pepe. PROCEDIMENTO

Preparare il tonno per le varie lavorazioni, quindi tagliare i pezzi a misura per ogni tipo di elemento.

ro grattugiato e scorza di lime grattata. Scottare il tonno tataki e avvolgerlo nel pane aromatizzato.

larli, unire la crema ottenuta con l’elastic su fiamma. Stendere la crema con una spatolina a caldo.

Mescolare il caprino con le alghe e stendere su un foglio di pellicola; adagiarvi al centro il pezzo di tonno e arrotolare tipo sushi. Avvolgerlo quindi nel velo di peperoni preparato in precedenza. Tagliare i rolls a seconda delle esigenze.

Mousse di tonno sott’olio: sgocciolare il tonno e frullarlo con sale e pepe; aggiungere la colla di pesce sciolta a bagnomaria e unire l’albume montato delicatamente. Versare negli stampi desiderati e lasciar raffreddare.

Tartare di tonno alla soia in alga nori: tagliare un pezzo di tonno tipo tartare, formare un cilindro aiutandosi con un coppapasta, avvolgerlo in alga nori e condire con salsa di soia. PER DECORARE IL PIATTO

Sbianchire i peperoni gialli e frullarli. Recuperare la crema. Preparare uno sciroppo con aceto e zucchero, unirlo alla crema di peperoni e aggiungere la senape. Usare la crema per guarnire il piatto con aggiunta di verdure croccanti.

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GOURMETFOOD

Al ristorante ‘Accanto’ da gennaio c’è il nuovo giovane chef Mauro del Sorbo (foto a lato), campano, di Gragnano; nelle sue precedenti esperienze ci sono Villa Cimbrone a Ravello e il San Pietro di Positano. Negli ultimi 3 anni è stato sous-chef all’Angiolieri, e oggi la direzione dell’hotel ha deciso di dare a lui la guida della cucina. La sua mano è leggera, i suoi piatti sono freschi, privi di pesantezze, esaltano il sapori di stagione delle tante verdure dell’orto. Nelle sue ricette il pesce è anche azzurro, c’è frutta locale o anche esotica, e curcuma, cumino, e zenzero si mischiano al peperoncino, al caviale di basilico, ai profumi della costiera. Le sue preparazioni risultano lievi e saporite. Non c’è voglia di stupire con insoliti accoppiamenti, ma un uso saggio, tecnico e gradevole di quanto la campagna circostante mette a disposizione. Mauro Del Sorbo è istintivamente sagace nel gioco coordinato delle texture, che nei suoi piatti si alternano in piacevoli successioni. In terrazza il servizio è perfetto, professionale con quel tocco di affettuosa cura che è tipica di questa costa. Una citazione anche per Giovanni Starace, sommelier, presente in hotel da molti anni; il suo servizio è assiduo senza essere invasivo, i suoi sono consigli che nascono dalla conoscenza delle piccole aziende locali, che meritano di essere valorizzate.

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GRANDHOTELANGIOLIERI

COSTATA DI VITELLO

cotta a bassa temperatura, laccata con prugne e miele, funghi e porro, la salsa tonnata di una volta

INGREDIENTI per 4 persone

kg. 3 di carrè di vitello, g. 50 di prugne secche, g. 30 di miele, g. 100 di funghi porcini, g. 100 di funghi galletti, g. 100 di funghi chiodini, g. 100 di porro, g. 100 di tonno

sott’olio, 2 acciughe dissalate, capperi, brandy, carote, cipolle, sedano, concentrato di pomodoro, aglio, g. 50 di maionese, pepe in grani, chicchi di caffè, peperoncino.

Menu degustazione a 140€ Millefoglie di gamberi rossi e fior di latte, zuppetta al Bloody Mary, pralina fondente al peperoncino; Battuto di fassona, tuorli d’uovo in oliocottura, caviale di balsamico, crauti, senape e cumino; Risotto al profumo dell’orto mantecato allo yogurt, emincée di spigola e maracuja; Tortelli ripieni di salsiccia e cime di rapa e cremoso di provola affumicata; Scelta tra: Triglia in spirali di patate di Agerola, cannoli di gamberi e bietola e salsa di mozzarella di bufala oppure Tagliata di petto d’anatra ‘CBT’ cicoria rossa al Taurasi e miele, purea di pastinaca e zenzero, riduzione di arancia; La mia sanit honorée. Degustando il mare 110 € Zattera di alici e asparagi, crema di gnocchi arrostiti e curcuma; Carpaccio di ricciola, uovo di quaglia, verdure croccanti, gazpacho di fragole, di pomidorini datterini; Gnocchi agli agrumi e pomodori confiti, vongole, cavolfiore, prezzemolo; Paccheri di Gragnano con baccalà, fave e tartufo nero; Cubi di merluzzo nero, spuma di ceci e neve di limoni; Sfumature di agrumi mare. La Tradizione 80€ La pizza di scarola; Mischiato di pasta e piselli, seppie profumate di limone; Totani carciofi e culatello; La pastiera.

PROCEDIMENTO

Dissossare il carrè di vitello facendo attenzione a lasciare la corona alla carne. Recu-

perare le ossa e gli scarti per fare una demiglace con cipolle, carote, sedano e concentrato di pomodoro. Porzionare il carrè in bistecche singole, imbustarle sottovuoto e cuocerle per 3 ore a bassa temperatura nel roner. A parte stufare il porro a julienne e aggiungere i funghi. Soffriggere l’aglio con i capperi, le acciughe e il tonno. Sfumare con il brandy.

Aggiungere la demiglace di vitello. A freddo unire la maionese.

Sciogliere il miele; aggiungere le prugne e frullare. Unire i chicchi di caffè, il pepe in grani e il peperoncino. Una volta pronta la carne, asciugarla e rosolarla in padella, quindi laccarla con la glassa al miele. Passare in forno per 3 minuti.

Servire con il contorno di funghi e la salsa tonnata.

GRAND HOTEL ANGIOLIERI Via Santa Maria Vecchia, 2

80066 Seiano di Vico Equense (NA) Tel. 081 802 9161

www.grandhotelangiolieri.it

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GOURMETFOOD

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FERNANDORIVAROLA

ESOTISMO AUTOCTONO

FERNANDO RIVAROLA

A BUENOS AIRES UNA CUCINA ECCELLENTE “SENZA FRONTIERE” foto

di Flavia Tomaello © Pablo Baracat Photography

L’argentino Fernando Rivarola fa affidamento sui pesci di fiume e sulle carni veramente argentine e poco tradizionali come lo nandù o il caimano jacarè, recuperando i sapori della sua infanzia.

Cos’hanno in comune il caimano jacarè, il lama e la viscaccia? Per lo meno due cose. La prima, sono che tutti animali autoctoni dell’Argentina. La seconda, che fino all’arrivo di Fernando Rivarola nessuno chef aveva osato servire la carne di questi animali nel proprio ristorante. In meno di dieci anni Rivarola ha trasformato il suo rifugio “El Baqueano” - che si trova nel tradizionale quartiere di San Temo (Chile 495), a Buenos Aires - in un sinonimo di esotismo. Oltre che in uno dei migliori ristoranti al mondo: alla fine del 2015 si è classificato 15° per la rivista Restaurante 18° per The World’s 50 Best Restaurants America Latina. Le questioni che hanno motivato Rivarola sono semplici: prodotti 100% autoctoni argentini, tecniche moderne della gastronomia internazionale e sapori che rimandano ai piatti preparati dalla nonna. Perfino nei dettagli: la senape che viene servita nel Baqueano deriva da un’antica ricetta che mescola i semi bianchi e neri, li macina non completamente e vi aggiunge sale, un aceto

speciale e un po’ di miele. Nessuno può uscire dal suo ristorante senza aver assaggiato i diversi tipi di carne che sono protagonisti dei menù del giorno: l’unica alternativa è quella di perlustrare il menù in cinque o sette passi in modo da esplorarne tutte le opzioni. Tuttavia non esistono menù semplici che possano offrire delle scorciatoie per ordinare un piatto che abbia la parvenza di apparire più “normale”. Rivarola è nato 39 anni fa a San Cayetano, una piccola località balneare che si trova a circa 500 chilometri dalla città di Buenos Aires. Le carni non tradizionali erano, in quell’epoca, un elemento quotidiano della cucina: suo padre andava a caccia in quell’area e in casa si mangiava quello che lui portava. Senza remora né distinzione. “Ricordo di aver viaggiato nella piccola utilitaria, una Fiat 128, con un nandù nel baule; osservavo dal vetro posteriore le piume che uscivano e si disperdevano lungo la strada a causa del vento”, ricorda Rivarola.

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GOURMETFOOD

INCONTRO COL DESTINO Appena compiuti i vent’anni, ha deciso di emigrare, portando con sé tutta la sua creatività e la sua curiosità. La prima fermata è stata a pochi chilometri da casa; all’ISAC (Instituto Superior de Artes Culinarias) che si trova nella città di Mar del Plata, il principale centro turistico argentino, a circa 80 chilometri dal suo paese d’origine. Le sue prime armi le ha affilate in un hotel che si trova nella stessa località: l’esclusivo (e all’epoca da poco inaugurato) Costa Galana, dove ha iniziato la sua formazione con professori argentini e francesi. Nell’anno 2000 ha deciso

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di continuare il suo viaggio in direzione dell’Italia, per lavorare e studiare presso una scuola di Lavagna, vicino a Genova. Dopo questa esperienza è stata la volta della Spagna, dove ha vissuto per 7 anni. Qui, ha portato il suo talento in diversi ristoranti di diverse città spagnole (Malaga, Torremolinos, Marbella, Valencia e Palma de Mallorca) oltre a passare un periodo a Toro, un piccolo paese di tradizione vitivinicola della zona di Zamora, tra le regioni di Castilla e di Aragona. Il destino gli si è presentato in tutta la sua evidenza: “Lavoravo in un posto dove si serviva solo


FERNANDORIVAROLA

carne di selvaggina e lì ho capito che era proprio quello che io volevo fare”, racconta. A questo punto ha completato la sua specializzazione sul tema insieme alla famiglia Lera Collantes, una famiglia di cuochi rinomati della provincia. “Questo ha rappresentato per me il punto di svolta nella mia carriera perché lì ho capito lo sforzo che serve per ottenere una stella Michelin in un ristorante con solo 5 dipendenti e con un budget limitato”, racconta. Alla fine è tornato nella capitale argentina per dare inizio al suo progetto. Con l’esperienza acquisita, e insieme a sua

moglie, la sommelier Gabriela Lafuenta, si è lanciato alla ricerca del piacere e della perfezione gastronomica. E’ così che è nato El Baqueano. “Mi sento estremamente orgoglioso, perché in qualche modo sento di essere un rappresentante della gastronomia argentina”, dichiara spesso. E a ragione: ama portare le sue “creazioni” ai convegni gastronomici che si organizzano in varie parti del mondo, posizionandosi nei posti alti delle classifiche; El Baqueano è stato il primo ristorante argentino ad apparire nei quaderni a diffusione mon-

diale Apicius, pubblicati in Spagna. Rivarola inoltre è a capo di un progetto che si chiama “Cocina Sin Fronteras” (Cucina Senza Frontiere), insieme con il messicano Pablo Salas (proprietario del ristorante Amaranta di Toluca) e al suo connazionale Martín Molteni (del ristorante Pura Tierra, di Buenos Aires). Questo gruppo si propone come obiettivo lo scambio di esperienze tra chef di tutto il mondo per la “pluralità della gastronomia e la divulgazione dei prodotti autoctoni, tipici e regionali”, come descrive la pagina Facebook dell’associazione.

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GOURMETFOOD

SPEZZATINO DI CONIGLIO

INGREDIENTI

g. 700 di cuori di coniglio, miscela di peperoncino panka (per la marinatura), g. 50 di

peperoncino panka in crema, ml. 50 di aceto di vino, g. 10 di cumino, g. 25 di pasta di aglio, ml. 30 di salsa di soia, ml. 5 di olio di girasole.

In una recipiente collocare tutti gli ingredienti

tranne l’olio. Con un mixer, mescolare aggiungendo l’olio fino ad ottenere una crema

vellutata. Marinare i cuori con la miscela di peperoncino panka per 24 ore.

Per le patate colorate: kg. 1 di patate, 4 rape, sale qb.

Ottenere un succo di rape, passarlo al setaccio e cuocere le patate con la buccia, spezzettare in questa miscela, fino a quando non diventano tenere.

Per la crema di mais viola: ml. 200 di latte, ml. 400 di olio di girasole, g. 40 di farina di mais viola, ml. 100 di acqua.

Mescolare in una pentola la farina con l’acqua.

Portare a fuoco medio fino ad ottenere una

consistenza cremosa, come se fosse polenta. Lasciar raffreddare e mettere da parte. In un va-

so da mixer, versare il latte e la miscela ottenuta

e aggiungere poco a poco l’olio fino ad ottenere una specie di maionese. Sale e pepe q.b.

Per i ravanelli sottaceto: g. 100 di ravanelli,

ml. 150 di aceto di mela, ml. 50 di acqua, g. 20 di zucchero.

Tagliare con la mezzaluna i ravanelli in fettine

sottili. Collocare in una casseruola l’acqua, l’aceto e lo zucchero. Mettere sul fuoco fino a sciogliere lo zucchero. Aggiungere i ravanelli e lasciar raffreddare. Conservare a temperatura ambiente.

PREPARAZIONE

Cuocere i cuori in una padella calda. Mettere

da parte. Realizzare con la miscela di rape un disegno nel piatto e collocare alternando le

patate, i cuori, la crema di mais viola e le fet-

tine di ravanelli. Decorare con germogli e fiori commestibili e colorati.

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FERNANDORIVAROLA

TRA LEPRI E PERNICI Quali sono le altre offerte “carnivore” che offre El Baqueano? Nandù, lepre, pernice, cinghiale, quaglia, cervo, anatra e… “qualsiasi altra cosa”, come recita l’imprecisa definizione dello chef. “Mangiare solo carne di manzo o di pollo è una questione prettamente culturale: a livello di salute e nutritivo le carni esotiche sono altrettanto buone, quando non addirittura migliori, di quelle tradizionali”, afferma Rivarola. “Il caimano jacarè ha tutti le componenti nutrizionali, viene da allevamento, e di solito gode di ottima salute oltre ad avere tutti i certificati sanitari… Direi che non esiste alternativa migliore

al pollo di questa!”, dice con enfasi. Allo stesso modo, Rivarola ha dato inizio ad una crociata in favore dei pesci di fiume che, come per la carne, restano fuori dalle mire della maggior parte dei cuochi più importanti in Argentina: il pacu, il surubí, la lampuga, il patí, il chanchito de mar, il pesce re, la palometa e la corvina. “Abbiamo cominciato una ricerca in cui abbiamo notato che la pesca di fiume ha delle problematiche proprie e viene mal vista dalla comunità, ma ha un immenso valore e per questo ci stiamo muovendo in sua difesa”, spiega. Di fatto, nel Baqueano in varie occasioni si è scom-

messo sul pacu, il cui lombo era l’attore principale del piatto “prosciutto di fiume” del menù invernale, e della “falsa bistecca di manzo”, una sorta di sfida nei confronti dei conservatori di questo tradizionale taglio di vitello. “Il mio stile di cucina si basa sui prodotti tipici, autoctoni e regionali, siano essi allevati per questo scopo o si trovino nel territorio; siamo curiosi per natura e divulgatori per vocazione, dato che mio padre cacciava, pescava e cucinava ciò che per la gente poteva sembrare una stranezza, ma che per me ha sempre avuto il sapore dell’infanzia”, conclude.

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GOURMETFOOD

SORBETTO SCHIANTATO INGREDIENTI

Sciogliere il glucosio, l’acqua e il succo

Correggere il colore con colorante vegeta-

succo di pomodoro, g. 500 di sciroppo

te gli elementi non liquidi e aggiungere

po si vedrà quando sarà ben raffreddato.

Per il sorbetto di pomodoro: g. 500 di (base: ml. 210 di acqua, g. 146 di destro-

sio, g. 90 di zucchero, g. 4 di addensante, g. 50 di succo di limone).

Mescolare a temperatura ambiente l’acqua con il destrosio e poi riscaldare fino ad

arrivare a 40°C. Aggiungere l’addensante

e lo zucchero. Mescolare sul fuoco fino ad arrivare agli 80ºC. Raffreddare rapidamente fino ad arrivare a 4ºC. Aggiungere il succo di limone e il succo di pomodoro. Lasciare raffreddare in congelatore.

Per il cono croccante di pomodori:

g. 100 di burro cremoso, g. 170 di zucchero a velo, g. 30 di glucosio, g. 70 di succo spesso di pomo-

doro, g. 70 di acqua, g. 100 di farina.

di pomodoro. Mescolare dall’altra parlentamente il burro con una spatola fi-

le rosso. La consistenza finale dello scirop-

no ad ottenere un composto omogeneo.

Per le meringhe croccanti di pomodoro:

formino grumi. Raffreddare in frigorifero.

di aceto di mela, g. 50 di zucchero, g. 50

Aggiungere poi il liquido evitando che si

Stendere il preparato su un silpat formando dei cerchi con un cucchiaio. Mettere in

4 albumi d’uovo, g. 30 di zucchero, g. 10 di isomalt, g. 8 di polvere di pomodoro

forno a 180°C per 3 o 4 minuti. Sfornare e

Sbattere gli albumi con i 30 grammi di

di. Togliere dal silpat ancora caldo e dare

fuoco lo zucchero, l’isomalt, l’acqua e l’a-

attendere qualche secondo che si raffred-

forma di cono. Lasciar raffreddare fino a che diventa duro (prima di mettere in

forno si può anche spolverare con semi di sesamo rosso).

Per la crema di pomodoro: g. 150 di succo spesso di pomodoro, g. 150 di acqua, g. 300 di zucchero.

Mescolare i tre ingredienti e mettere a fuoco basso fino a quando si sciolgono gli elementi e si forma una purea leggera.

zucchero. Allo stesso tempo, mettere sul ceto. Portare a ebollizione fino a che si for-

mi una glassa a 121°C. Quando gli albumi sono ben montati a neve, aggiungere la glassa a 121°C in forma di filo. Smettere di

sbattere solo quando la ciotola dello bat-

titore sarà fredda. Aggiungere la polvere di pomodoro e stendere su una superficie antiaderente. Spolverare sopra la polvere

di pomodoro e mettere in forno per 12 ore a 55°C.

PRESENTAZIONE

Collocare nel centro del piatto una base di

crema di pomodoro. Servire il sorbetto in

un cono croccante nello stile tradizionale del gelato in cono e gettarlo sulla base della crema di pomodoro. Deco-

rare con meringa croccante di pomodoro.

EL BAQUEANO

Chile 499, Monserrat - Buenos Aires 1066 Argentina

Tel. +54 11 4342-0802

www.restoelbaqueano.com

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PRODOTTI ECCELLENTI

UPSTREAM IL SALMONE MADE IN PARMA di

Antonietta Mazzeo

Upstream, ovvero, “contro corrente”. E’ risaputo che il salmone, durante il periodo della riproduzione, risale dal mare fino al fiume natio con spettacolari balzi che gli permettono di superare rapide ed ostacoli prima di raggiungere i freddi corsi d’acqua montani dove deporre le uova. Ma contro corrente, nel caso di Upstream, è anche la scelta di Claudio Cerati, un imprenditore parmigiano molto sensibile all’ “estrema” qualità dei prodotti enogastronomici, il quale ha scelto le acque incontaminate dell’arcipelago delle Faroe Island, tra l’Islanda e la Scozia, per far riprodurre i suoi salmoni. Qui un sistema di acquacoltura controllata è attivo dal 1967 per evitare gli sfruttamenti selvaggi e qui esiste una delle legislazioni più rigorose in materia di sostenibilità ambientale, tanto che i salmoni allevati in queste acque sono totalmente privi di antibiotici e ricchissimi, invece, di omega 3.

LA MARINATURA E L’AFFUMICATURA Appena pescato, il salmone viene trasferito in Irlanda, dove avviene la sua sua immediata lavorazione. Nel corso degli anni Claudio Cerati ha messo a punto una speciale marinatura a 4 fasi alternate con sale marino e zucchero. Durante ogni passaggio il salmone perde liquidi, subendo un calo del peso finale del 20-25% rispetto al prodotto fresco. Questa tecnica consente a una materia prima eccezionale di mantenere il giusto equilibrio tra sapore e morbidezza. Anche l’affumicatura è “made in Parma” ed è eseguita con un mix di legni, principalmente faggio, interamente raccolti nei boschi dell’Appennino Parmigiano. Un’affumicatura aromatica e delicata, proprio come quella “di casa”. Prima del confezionamento sottovuoto, viene posta una foglia di alloro, come simbolo e richiamo agli aromi dell’affumicatura.

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SALMONEUPSTREAM

IL PACKAGING Corredato di QR Code, Upstream dialoga anche mediante il packaging. La scelta del nero e dell’argento, due sfumature cromatiche che richiamano la pelle del salmone, anticipano un prodotto non comune, che si differenzia già a partire dall’elegante vassoio di colore nero, ideale per essere portato in tavola. Il salmone Upstream viene poi confezionato sottovuoto e posto in una scatola priva di finestre, che lo protegge dalla luce.

LA DEGUSTAZIONE Ogni parte del salmone ha una sua caratteristica, che consente una diversa degustazione. Per assaporarlo al meglio Claudio Cerati suggerisce questo percorso: anteriore: a fette, puro, per poi passare a giocare con poco burro e pepe; parte centrale: a piccoli tranci, come una tagliata al naturale con forchetta e coltello; posteriore: come preparazione per condire una pasta, senza cuocerlo e aggiunto a fine cottura, amalgamato con condimenti delicati e non invasivi per esaltare il sapore del salmone. Ideale che per una tartare, condita con whisky torbato, pepe e un pizzico di zenzero fresco. Il salmone Upstream è dunque una produzione artigianale. La sua complessa lavorazione manuale richiede delle tempistiche da rispettare così come il suo l’approvvigionamento. Come fare per avere Upstream? Il cliente privato può ordinarlo sul sito www.upstreamsalmons.com, direttamente collegato alla piattaforma www. foodscovery.com, il market place di eccellenze italiane che gestisce la vendita di questo salmone on-line.

Per informazioni commerciali: info@upstreamsalmons.com

PERCHÉ MADE IN PARMA? Dopo svariate prove, nell’intento di ottenere un’affumicatura più gentile e dolce, Cerati ha scelto di inviare in Irlanda un particolare legno di un faggio italiano, proveniente da una zona montana sopra Parma. L’affumicatura viene eseguita con fumo raffreddato alla temperatura di massimo 20°C, che non cuoce perciò il filetto (coagulazione delle proteine) e ne stabilizza ulteriormente la conservabilità. L’utilizzo di questo varietale favorisce una maggiore eleganza del prodotto finale e una sensazione di grande delicatezza, molto apprezzata dai conoscitori più sofisticati.

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Giovani talenti A BISCEGLIE

GIOVANNI

LORUSSO RINNOVA IL CONCETTO DI BELLEZZA IN CUCINA di

Giovanni Mastropasqua Ezio D’Onghia

foto di

Classe 1989, Giovanni Lorusso è uno dei giovani talenti più apprezzati nel panorama gastronomico italiano. Componente della Nazionale Italiana Cuochi, Lorusso è stato Cuoco dell’anno 2011, campione europeo global challenger 2012 ed executive chef “responsabile” dell’ottenimento dei 5 Baci Bibenda nel 2015, quando dirigeva la cucina presso Le Lampare Al Fortino di Trani. Appassionato di informatica e di chimica, scopre la sua

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GIOVANNILORUSSO

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Giovani talenti

vera vocazione durante gli studi presso l’istituto alberghiero della sua città. “La cucina - dice - è qualcosa di profondo, che deriva dall’esperienza e dalla capacità di trasmettere sensazioni differenti in un piatto. L’eleganza è bellezza in cucina. Voglio riuscire a far capire il ‘dentro’ e il ‘fuori’ di una portata. Secondo me, la buona cucina non è solo buona da mangiare, ma anche buona da pensare”. Dotato di finissima tecnica e spiccata creativo, Giovanni Lorusso propone una cucina di territorio rivisitata, fatta con materie prime di assoluta eccellenza. Nella sua cucina sono molti i prodotti provenienti da fornitori locali anche se non disdegna affatto l’uso di grandi prodotti esteri. Per apprezzare la sua cucina bisogna “deviare” per Bisceglie... la sua nuova sfida si chiama Memory Resort.

MEMORY RESORT

Via Pan. Umberto Paternostro, 239 - 76011 Bisceglie (BT) - Tel. 080.398.01.49 www. memoryresort.it - info@memoryresort.it

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GIOVANNILORUSSO

LA MIA MARGHERITA DI COZZE INGREDIENTI per 4 persone

depurata di mare), asciugarle e spolverarle

a porzione totale 16, g. 70 di parmigiano,

realizzata precedentemente.

Elementi principali: 4 cozze pelose pulite

g. 30 di pecorino, g. 1 di pepe in grani al mulinello, 16 piccole fette di prosciutto di Parma tagliato a mano (4 per piatto).

Per il pane morbido alla rapa rossa e prezzemolo: g. 200 di pane bianco, g. 20 di rapa rossa, g. 2 di prezzemolo spezzettato.

Per l’acqua viola di cavolo, patata e carote: g. 1000 di acqua, g. 200 di carota

violetta, g. 200 di cavolo rosso, g. 200 di patata vitelotte.

Per la purea di cavolo rosso, patata vio-

la e carota violetta: g. 500 di purea (ricavata dalla preparazione precedente),

g. 100 di burro, g. 50 di succo di limone, g. 200 di patata gialla cotta.

Per l’elisir al limone per acqua viola:

(questa quantità va moltiplicata per il numero delle porzioni), g. 25 di riservadimare®, g. 15 di succo di limone.

Per la finitura: 8 foglie di acetosella rossa,

8 petali di fiori sul viola, 8 petali di fiori sul giallino o arancio.

PROCEDIMENTO

Per gli elementi principali: pulire, lavare bene e sistemare le cozze. Dopo averle aperte e lavate in riservadimare® (acqua

con la miscela di parmigiano e pecorino

Per la finitura: sistemare germogli e fiori e conservare in frigo.

Grattugiarvi il pepe e gratinare a 220°C

SERVIZIO

Sistemare le fettine di prosciutto crudo su

temperatura ambiente. Porvi sopra le coz-

per 1 minuto.

un piattino di servizio e conservare in frigo.

Per il pane morbido alla rapa rossa e prezzemolo: frullare il pane con la rapa

rossa. Aggiungere il prezzemolo semitritato. Continuare a frullare per qualche

minuto e setacciare. Recuperare la parte più sottile.

Adagiare al centro del piatto la purea a

ze spolverate prima di pane rosso. Siste-

marvi il prosciutto e mettere all’interno del

piatto 100 grammi di acqua violetta. Posi-

zionare germogli e fiori. Disporre a parte il bricchetto con l’elisir al limone, che verrà versato a tavola.

Per l’acqua viola di cavolo, patata e carote: portare a bollore tutti gli ingredienti

ed abbassare la fiamma; continuare a cuocere fino a quando l’acqua non si riduca a 500 grammi; nel frattempo gli ortaggi saranno cotti. Frullarli a parte e procedere con la purea. Raffreddare il liquido (servirà ben freddo).

Per la purea di cavolo

rosso,patata viola e ca-

rota violetta: frullare la

purea con i restanti ingredienti.

Per l’elisir al limone per acqua

viola: mescolare la riservadimare®

con il succo di limone e versarlo in un bricchetto.

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Giovani talenti

GIOVANNI LORUSSO INTERPRETA

BAULETTI ALLA MEDITERRANEA gambero rosso, stracciatella e pesto

INGREDIENTI per 4 persone

PREPARAZIONE

Divine Creazioni Surgital per porzione

nuti; scolarli e saltarli in poco fondo vegetale e olio.

3/4 Bauletti alla Mediterranea (circa g. 300/400 totale)

g. 20 di polvere di patata viola g. 120 di stracciatella

g. 80 di gamberi rossi sgusciati Per il pesto di basilico Pacojet g. 60 di basilico in foglie g. 30 di rucola

g. 10 di prezzemolo g. 60 di mandorle

g. 100 di canestrato o parmigiano g. 200 di ghiaccio

g. 100 di olio d’oliva g. 10 di sale

g. 20 di zenzero o 1 pizzico di pepe Mettere il tutto nel Pacojet. Abbattere e pacossare. Ripetere l’operazione per 3 volte.

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Cuocere i Bauletti in abbondante acqua salata per 5 miLasciar restringere e servire adagiando i gamberi e la stracciatella. Riscaldare leggermente il pesto e condire la portata.

Dressare con dei germoglietti freschi e la polvere

di patata viola ottenuta dall’esiccazione del tubero sbollentato.


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Giovani talenti per

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Giovani talenti

GARBUGLI

al trapassato di pomodoro INGREDIENTI per 4 persone

12 nidi di Garbugli Divine Creazioni Surgital Per la trapassata di pomodoro

Per i pomodorini gialli 16 pomodorini gialli

Cuocere in forno i pomodorini gialli con abbondante sale e pepe.

kg. 2,5 di passata di pomodoro

Per la finitura

g. 100 di basilico

2 foglioline di basilico

Frullare con

g. 100 di cipolla cotta in forno

4 pomodorini semi dry

g. 100 di olio extravergine d’oliva

PREPARAZIONE

1 cucchiaino di bicarbonato

larli, saltarli con la passata di pomodoro e servire. Guarnire con

g. 20 di sale

Ridurre la passata di pomodoro al naturale da kg. 2,5 a kg. 1. Quando è pronta, frullare con gli ingredienti rimanenti.

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Cuocere i Garbugli in abbondante acqua salata per 2 minuti. Scobasilico, pomodorini gialli e pomodorini secchi.


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Giovani talenti per GARBUGLI

cacio, pepe, ricci di mare

INGREDIENTI per 4 persone

12 nidi di Garbugli Divine Creazioni Surgital Per la salsa al caciocavallo g. 70 di caciocavallo g. 30 di parmigiano

Frullare il tutto con un 10% di riduzione di vino bianco e pepe in grani. Aggiungere, se necessita, fondo vegetale. Fondere a 60°C nel Bimby.

Per la maionese di riccio g. 120 di polpa di riccio

g. 80 di olio di semi di girasole Montare con un mixer la polpa di riccio con l’olio. g. 20 di polvere di alghe di mare PREPARAZIONE

Cuocere i Garbugli per 2 minuti in acqua bollente salata; scolarli e

saltarli nella salsa di cacio, regolando di sale. Servire con la maionese di riccio e spolverare con la polvere di alghe.

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Giovani talenti

GARBUGLI in brodo

INGREDIENTI per 4 persone

12 nidi di Garbugli Divine Creazioni Surgital Per il brodo di cipolla: g. 200 di pomodorini, g. 250 di foglie di porro, g. 30 di scorza o scarti di parmigiano, g. 10

di foglie di limone, g. 5 di prezzemolo, g. 15 di aglio in spicchi, g. 1 di origano, g. 100 di olio d’oliva, pepe, g. 200 di acqua dolce, g. 800 di riservadimare®.

Mettere tutti gli elementi assieme e portare a bollore, cuocendo per 30 minuti. Spegnere e lasciar riposare. Ab-

Essiccare in disidratatore o in forno a 80°C per 8 ore circa. Per la cipolla cotta al forno: 2 cipolle, pepe, olio extravergine d’oliva, sale.

Pulire le cipolle e condirle. Avvolgerle in carta alluminio e cuocerle a 180°C per 40 minuti.

Per le zeste di limone candito: 1 limone, g. 100 di acqua, g. 100 di zucchero.

battere ed eliminare il grasso. Decantare.

Pelare il limone, recuperare la parte della buccia e privarla della

Per le gelatine di prezzemolo: g. 450 di acqua dolce,

Conservare nello sciroppo di zucchero preparato precedentemen-

g. 150 di foglie di prezzemolo, g. 4 di gellan o agar.

Sbollentare le foglie di prezzemolo e raffreddarle. Frullare

tutti gli ingredienti e portare ad ebollizione. Preparare un

recipiente con olio di semi ben freddo e versarvi gocce di

parte bianca. Sbianchirla 3 volte. te con acqua e zucchero.

Per la finitura: polvere di porcini secchi, sfoglie di pecorino canestrato fresco.

gelatina. Raccogliere.

PREPARAZIONE

Per il pomodoro dry: 4 pomodorini ciliegino, spezie e

dori e la cipolla e adagiarli nel piatto; aggiungere la pasta all’olio;

condimenti a piacere.

Tagliare i pomodorini in quattro e condire con le spezie.

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Cuocere i Garbugli per 2 minuti; saltarla all’olio. Tritare i pomounire le sfere di prezzemolo e il brodo.

Spolverare con la polvere di porcini e completare con le sfoglie di pecorino e il limone candito.


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Giovani talenti per PANCIOTTI CON MELANZANA E SCAMORZA con bottarga, caviale e aria di limone

INGREDIENTI per 4 persone

12 Panciotti con melanzana e scamorza Divine Creazioni Surgital

Per la base: g. 100 di burro della Normandia, g. 10 di bottarga fresca di tonno, 4 foglie di salvia fresche. Fondere il tutto lentamente.

Per la finitura: g. 20 di uova di salmone selvatiche, g. 8 di caviale Asturia.

PREPARAZIONE

Cuocere i Panciotti per 7 minuti in acqua ben salata e passarli

nella base di burro. Saltarli e lasciar agire gli amidi. Servire con i caviali e l’aria di limone.

Per l’aria di limone: sciogliere 2 grammi di lecitina in 60 grammi di acqua; miscelare e portare a 70°C; aggiungere 180 grammi di succo di limone. Raffreddare e montare con l’areatore.

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ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM

a cura di

Alessandro Rossi esperto di vino, bon vivant, fondatore del Premio “Dire Fare Sognare”

VINO

LA TEORIA DEL CASO I MILLE AFFRONTI SUBITI DAL VINO PER IGNORANZA O CATTIVA INFORMAZIONE Ristoratori, trattori e locandieri: mi preoccupa molto questa categoria, in questi ultimi anni. La critica, non quella stampata, ma quella sotterranea, quella fatta di consumatori in qualche modo esperti (o che si ritengono tali, ma non lo sono), quella critica che può condizionare una scelta attraverso il passaparola, attraverso blog, forum, social o programmi di critica a mezzo web, si sta scatenando. Quelli che ancora oggi - nonostante questa maledetta crisi che sembra forse essersi dimenticata, per un attimo, della ristorazione (per fortuna), possono o vogliono spendere per stare bene - si lamentano spesso e con ragione. Vorrei scrivere questo articolo percorrendo e cavalcando un tema filosofico, il tema del caso all’interno del mondo del vino, argomento che vale per molti, ma non per tutti. Dunque, è un caso che ancora oggi vengano ignorate volutamente le temperature di servizio consigliate e ci troviamo a bere vini bianchi sotto la soglia dello zero e vini rossi a 30°C?

? È un caso che ai nostri giorni vengano utilizzati calici così piccoli e inadatti al vino che a stento andrebbero bene per la Famiglia Cuore della Barbie, quando è semplicissimo reperire bicchieri considerati universali e adatti a tutti i tipi di vino?

? È un caso che tanti bicchieri vengano serviti (senza essere controllati) con quello sgradevole odore di uovo marcio a causa di un cattivo impiego della lavastoviglie? Oppure con quella sublime nota di legno polveroso gentilmente donata al bicchiere dalla conservazione degli stessi in splendide credenze fine ‘700?

? È un caso che il decanter ancora oggi venga proposto su qualsiasi vino e si ignori il tecnicismo di questo oggetto utilizzandolo solo per fini scenici?

? È un caso che i cestelli del ghiaccio vengano serviti con quattro cubetti e pochissima acqua e quindi solo un 6% della bottiglia venga effettivamente raffreddata?

? È un caso che ancora oggi vengano servite al tavolo bottiglie già aperte o stappate lontano dal cliente?

? È un caso che vengano serviti pseudo prosecchi d’entrata o bollicine dozzinali in flute “Calipso” anni 80, considerati dal bon ton perseguibili dalla legge?

? È un caso che spesso nella “mise en place” i bicchieri da vino ? È un caso che molti addetti alla sala controllino il tappo annuvengano posizionati rovesciati e quindi all’olfatto si percepisca quel triste sentore di tovaglia appena uscita dalla lavanderia?

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sandolo più come rito che per constatare effettivamente se esiste un reale difetto?


ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM

? È un caso che non venga considerata fondamentale la conservazione del vino sia per quanto riguarda le temperature, ma soprattutto l’umidità (anche nella scelta di produttori di macchine atte alla conservazione, strumenti fondamentali per chi non dispone di cantine adeguate)?

? È un caso che la profondità d’annata di qualche vino venga percepita come un investimento sbagliato e quindi un errore di gestione e soggetta a smaltimento nel più breve tempo possibile?

? Ed è un caso che, ahimé, molti ristoranti, trattorie o osterie, non propongano una lista di vini seppur modesta? Tutte queste coincidenze sono frutto del caso? Odio pagare il coperto, ma lo pagherei volentieri se tutti mi permettessero di bere il vino come meriterebbe, il che farebbero anche di una Trattoria dispersa nella campagna, un luogo di culto per gli amanti dello star bene. Non per caso...


VINARIA

SUPERTUSCAN DAL BICCHIERE ALLA PENNA di

Alessandro Rossi

Un mio approfondimento di qualche numero fa, proprio su La Madia Travelfood, aveva questa prefazione: “Siamo negli anni ’80 e il mondo si alza in piedi per applaudire un capolavoro assoluto, un vino italiano di cui da diversi anni si sente parlare ma che quasi mai, soprattutto nelle versioni sperimentali, è uscito dai cancelli della tenuta in cui viene prodotto, ovvero la Tenuta San Guido di Bolgheri in provincia di Livorno. Siamo più precisamente nel 1985 e il Sassicaia del Marchese Mario Incisa della Rocchetta, che recita in etichetta come denominazione “vino da tavola di Sassicaia” da uve Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, viene eletto miglior vino del mondo. Nascono un mito e una nuova epoca per i vini toscani e Italiani”. La fortuna dei Supertuscan coincide con questo fantomatico 1985 che, ovviamente, ha aperto le porte (ma più che altro i mercati) anche a chi, già dalla fine degli anni ‘70, aveva sperimentato ed ottenuto successi importanti e rilevanti impiantando vitigni alloctoni francesi. Non parleremo nuovamente di Supertuscan: basta andare indietro di qualche numero de La Madia Travelfood, oppure scorrere la pagina web del sito, per leggere la storia di questo fenomeno che ha caratterizzato un ventennio di vino italiano, ma abbiamo deciso di assaggiare alcune di queste produzioni volutamente nelle ultime versioni per studiarne l’evoluzione e percepirne i cambi stilistici ad oggi. Una premessa è comunque doverosa: sono ritenuti Supertuscan, e fanno parte

I NOSTRI DEGUSTATORI Tutti i vini sono stati giudicati nel corso di una degustazione alla cieca da un panel composto da: da sinistra, Carlo Catani, enogastronomo; Roberto Racca, consulente strategico per aziende vinicole; Alessandro Rossi, Wine Manager; Gianni Di Lorenzo, giornalista enogastronomico.

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SUPERTUSCAN

di questa categoria, i vini prodotti in questa regione che utilizzano principalmente uve quali Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Syrah, ma vengono ritenuti facenti parte di questa categoria anche una ristretta cerchia di vini prodotti con 100% sangiovese, che rispecchino lo stile di vinificazione ed evoluzione che rende questi vini riconoscibili e unici. Tutti questi vini sono accomunati dall’utilizzo, a livello formale, dell’Indicazione Geografica Tipica Toscana (in quasi tutti i casi) e non delle Docg Chianti, Chianti Classico o Brunello di Montalcino. La degustazione, eseguita alla cieca, ha evidenziato comunque come i vitigni internazionali (soprattutto il Cabernet Sauvignon) abbiano assunto un’identità ben precisa nel territorio toscano, mentre il sangiovese sempre di più stia tornano alla carica recuperando ettari e identità dedicati in passato proprio ai vitigni francesi. Hanno partecipato alla degustazione: Roberto Racca, Alessandro Rossi, Gianni Di Lorenzo, Carlo Catani (foto nella pagina a fianco).

LA DEGUSTAZIONE CASALFERRO 2011

BRANCAIA IL BLU 2011

Barone Ricasoli

Brancaia

L’azienda Ricasoli è la storia della Toscana. Il Casalferro del 2011 è un Merlot in purezza. Il naso è sicuramente profondo, si possono percepire note di spezie (cacao e pepe su tutte) e frutta rossa, ravvivato da una fresca nota balsamica sul finale. La bocca è di spessore e addolcita dal legno utilizzato per l’evoluzione.

I vini di Brancaia non sono mai stati banali e hanno sempre espresso uno stile ben preciso perseguito nel tempo. Il Blu è un taglio di Sangiovese, Merlot e una piccola parte di Cabernet Sauvignon. Al naso si colgono spiccate note di frutta rossa di sottobosco e spezie come il pepe nero. La bocca è molto equilibrata, vellutata ma vibrante, un vino molto fresco sul vinale.

92/100

93/100

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VINARIA

AVVOLTORE 2011

CEPPARELLO 2012

Morisfarms

Isole e Olena

L’Avvoltore 2011 è un taglio di Sangiovese (75%), Cabernet Sauvignon (20%) e Syrah. All’olfatto si possono riconoscere principalmente frutta rossa matura, frutta nera, ribes, ciliegia e spezie tostate. La bocca gioca molto sulla succosità e sapidità ed una piacevole chiusura fresca che ne aumenta la bevibilità.

Il Cepparello 2012 rivela il grande potenziale del Sangiovese: potenza, eleganza, verticalità e propensione all’invecchiamento. Il colore è rosso rubino intenso. La bocca è caratterizzata da note di frutta rossa di sottobosco, ribes, spezie e grafite. Un vino di buona struttura, elegante e persistente, di grande propensione all’invecchiamento.

90/100

BALIFICO 2011

NAMBROT 2012

Castello di Volpaia

Tenuta di Ghizzano

Il Balifico 2011, nasce da un taglio di Sangiovese (65%) e per il rimanente da Cabernet Sauvignon (35%). Al naso sono interessanti le note di spezie, amarena e mora su tutti. La bocca è molto succosa, morbida, armonica e saporita. Molto lungo sul finale con tracce balsamiche in chiusura.

91/100

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91/100

Il Nambrot è composto da 60% Merlot e 40%, equamente suddiviso tra Cabernet Franc e Petit Verdot. L’annata 2012 propone un vino aromaticamente complesso, erbaceo, fresco su una base fruttata molto percepibile e nitida. La bocca è molto elegante e bilanciata oltre che complessa con un finale in crescendo.

90/100


SUPERTUSCAN

SUMMUS 2011

FONTALLORO 2011

Castello Banfi

Fèlsina

Il Summus 2011 nasce dall’unione di Sangiovese al 40%, Cabernet Sauvignon al 35% e per il restante Syrah. Al naso sono distinguibili gli aromi di prugna, amarena, ribes e liquirizia oltre al tabacco e cioccolato. La bocca è piena e avvolgente, ben annodata dal rovere utilizzato per l’evoluzione.

Il Fontalloro è un grande sangiovese in purezza. Gli aromi di questo vino ricordano principalmente la frutta nera, lampone e mora su tutti, oltre fiori di campo come la violetta. La bocca è molto strutturata, piena e ricca, con tannini ben articolati che donano freschezza ed acidità in chiusura.

92/100

91/100

MAESTRO RARO 2012

GIUSTO DI NOTRI 2013

Fèlsina

Tua Rita

Il Maestro Raro è uno dei fiori all’occhiello di questa azienda: parliamo di un Cabernet Sauvignon in purezza. Questo 2012 esprime profumi di frutta rossa molto intensi (frutta di sottobosco e mora) e ben definiti. La bocca è cremosa, materica, ancora giovane ma ben definita con un finale molto lungo e succoso.

Il Giusto di Notri nasce da Cabernet Sauvignon per il 60%, Merlot per il 30% e un piccolo saldo di Cabernet Franc: le note balsamiche incensate sono estremamente percettibili, così come il frutto nitido e cristallino che sorregge l’impalcatura. La bocca ha ovviamente un passo da grande vino, tannini fitti ed un grande finale in crescendo.

94/100

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VINARIA

IL MERLOT 2012

SASSICAIA 2012

Torre A Cona

Tenuta di San Guido

Il Merlot in purezza di Torre a Cona è l’ultimo nato di questa nuova realtà toscana. E’ un vino intenso e suadente, caratterizzato da frutta nera, giocato in sottrazione ed ingentilito dalle note speziate da legno molto equilibrate. In bocca si può assaporare un tannino fitto ed elegante, dal finale lungo e aromatico.

Il Sassicaia è un taglio di Cabernet Sauvignon (85%) e Cabernet Franc (15%). L’eleganza di questo vino dalle note inconfondibili di macchia mediterranea, menta, sandalo, cassis e mirtillo è notevole. Al palato il tannino è fresco e vibrante, compiuto e preciso, a tratti più morbido e disteso. Il finale è decisamente aristocratico, fresco e dal bel ritmo gustativo che regala grandi soddisfazioni.

93/100

LE PERGOLE TORTE 2012

PERCARLO 2011

Montevertine

San Giusto a Rentennano

Le Pergole Torte è un Sangiovese in purezza che ha fatto la storia di questo vitigno e della Toscana stessa. L’impatto visivo è un rosso rubino intenso, il naso di questo vino è molto elegante, note balsamiche e erbe officinali la fanno da padrone. Il tutto sorretto da una frutta rossa succosa e croccante. In bocca l’architrave tannico è molto importante. Vino godibile e persistente.

Il Percarlo dell’azienda San Giusto a Rentennano è prodotto da uve Sangiovese al 100%. Visivamente è un vino dalla tonalità rubino brillante. I profumi che caratterizzano questo vino sono principalmente di frutta rossa di sottobosco (amarena e mora su tutte) supportata da intense note balsamiche ed erbacee. La bocca è molto espressiva condita da tannini vivi ma eleganti, un vino fresco e persistente sul finale.

94/100

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SUPERTUSCAN

ORNELLAIA 2012

TIGNANELLO 2013

Tenuta dell’Ornellaia

Antinori

L’Ornellaia 2012 è un vino composto da 56% Cabernet Sauvignon, 27% Merlot, 10% Cabernet Franc ed il restante 7% da Petit Verdot. Nonostante sia stata un’annata siccitosa, il naso esprime frutta rossa, spezie (soprattutto pepe bianco), caffè in grani e tostatura da legno. In bocca è molto bilanciato, dai tannini levigati, calibrato e di lunga persistenza.

Il Tignanello 2013 è composto da Sangiovese 85%, Cabernet Sauvignon 10%, Cabernet Franc 5%. Dal colore rosso rubino intenso, al naso ritroviamo note di frutta scura, caffè e spezie. Al palato il bouquet che si apre a ventaglio è elegante e fine, con tannini perfettamente fusi nella struttura e con una vibrante persistenza aromatica che si prolunga su una chiusura succosa e asciugante al tempo stesso.

94/100

93/100

GRATTAMACCO 2013

DUEMANI 2012

Podere Grattamacco

Duemani

Il Grattamacco è un vino composto da 60% Cabernet Sauvignon, 20% Cabernet Franc, 10% Merlot e 10% Sangiovese. Un vino visivamente molto intenso, impenetrabile. Al naso si riconoscono note di frutti di bosco (mora e mirtillo su tutte) perfettamente integrate nei tratti erbacei e anche balsamici. In bocca è un vino di grande coerenza, lungo e persistente grazie ad un chiusura ampia e morbida. Un vino di grande vitalità.

Il Dumeani 2012 è un cabernet franc in purezza, uno degli ultimi grandi vini che questa terra ha sfornato. Un vino elegante e d’impatto. Al naso predomina la frutta rossa sicuramente, poi le spezie e le note di tabacco, oltre a quelle balsamiche e di grafite. In bocca è lungo, un crescendo, potente ma elegante al tempo stesso. Un vino persistente e di stoffa.

93/100

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GOURMETFOOD

GARGANICA ALLA SCOPERTA DEI VINI VULCANICI DEL GAMBELLARA DOC di

Antonietta Mazzeo

Oltre 50 etichette italiane provenienti da territori di natura vulcanica sono state le protagoniste a Montebello Vicentino di degustazioni, incontri, abbinamenti e attività culturali, nell’ambito della manifestazione “Garganica”, organizzata dal Consorzio Tutela Vini Gambellara, dalla Strada del Recioto e dei vini Gambellara Doc e dalla Pro Loco di Montebello, per promuovere la produzione enologica del suggestivo territorio Veneto, confrontandola con i vini italiani che ne condividono l’anima e la provenienza vulcanica. “ … il “fattore vulcano”, quando si parla di vino, rappresenta una vera e propria “spina dorsale” in grado di collegare tutta l’Italia enologica, si è rivelata una chiave di comunicazione chiara e vincente, sia per esperti che per neofiti, in grado di superare barriere linguistiche e confini territoriali …” (Aldo Lorenzoni) Le violente eruzioni vulcaniche avvenute nel corso degli anni hanno anche creato un interessante substrato terrestre di notevole rilievo per l’agricoltura e soprattutto per la viticoltura.

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In Italia sono presenti diversi distretti vulcanici dislocati in particolar modo in regioni come Veneto, Toscana, Umbria, Lazio, Campania, Sardegna e Sicilia. Vini “figli del fuoco”, frutto di condizioni climatiche ed ambientali che, oltre ad interagire con il ciclo biologico della vite, influiscono in maniera rilevante sull’aspetto, sul colore, sull’aromaticità e sulla ricchezza gustativa di un vino. La celebrata Garganega è vino bianco secco, fermo, ottenuto da uva garganega al 100% proveniente esclusivamente dalla zona collinare di Gambellara. Di colore giallo paglierino tenue, profumo fresco e delicato, dal sapore asciutto, di medio corpo e giusta acidità, con la sua freschezza e mineralità esprime al meglio le caratteristiche del territorio. Operatori e appassionati per tre giorni hanno potuto scegliere nell’ampia scelta degli eventi in programma, tra press tour, tavole rotonde, cene a tema con degustazione di vini vulcanici abbinati a piatti tipici del territorio, eventi sportivi, musicali e di intrattenimento. Nata nel 2015 come manifestazione itinerante nei comuni che fanno parte del Consorzio Tutela Vini Gambellara, al suo secondo anno Garganega si conferma significativa occasione per ragionare sui terroir, sui vitigni storici, sulla longevità e sull’incredibile fascino delle, seppur differenti, terre vulcaniche.


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VINARIA

I VINI CIÙ CIÙ E LA RISCOPERTA DELLE ERBE SPONTANEE

Nei 150 ettari di vigneti di proprietà la rinascita della vegetazione spontanea, indice di un ambiente sano e genuino I vini dell’azienda vitivinicola Ciù Ciù di Offida (AP) sono ormai da vent’anni prodotti con metodo biologico nei 150 ettari di vigneti di proprietà che si estendono dal Mare Adriatico fino alla fascia collinare del Piceno. Il terreno ha a mano a mano ricreato il suo naturale ecosistema: è stato così possibile che fra i filari dell’azienda tornassero a vivere in maniera naturale molte delle erbe spontanee che da sempre avevano accompagnato la nascita e la crescita dei grappoli d’uva ma che l’intervento massiccio dell’uomo, negli ultimi decenni, e il conseguente incremento dell’inquinamento avevano fatto scomparire. Crespigna, borragine, portaluca, ortica, tarassaco, pimpinella, cicoria selvatica, farinello: sono solo alcune delle piante che crescono nei vigneti Ciù Ciù. Al tempo stesso è accresciuto anche il numero di insetti che abitano l’ambiente della vigna, contribuendo al suo arricchimento. I vini biologici e bio vegan Ciù Ciù nascono così nei terreni di proprietà della famiglia Bartolomei dove il patrimonio della biodiversità vegetale e animale è ormai sconfinato e in con-

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tinuo incremento da un punto di vista delle varietà presenti. E proprio l’apporto di queste piante spontanee è fondamentale per i vigneti anche a livello nutritivo: basti pensare alla fase della concimazione che avviene attraverso la tecnica del “sovescio” di leguminose che crescono fra i filari e conferiscono il giusto nutrimento ai vitigni, senza dover ricorrere all’apporto di concimi chimici. Una filosofia produttiva molto più che a chilometri zero e che si sta avviando sempre più verso l’agricoltura biodinamica. Un connubio strettissimo fra tradizione e innovazione che ripercorre e riscopre le antiche tecniche contadine italiane che hanno sempre avuto il massimo rispetto dell’ecosistema del vigneto e del suo naturale equilibrio. E così tra i filari crescono rigogliose le più svariate erbe spontanee, indice di un ambiente genuino e sano e di una vitalità che arricchisce poi anche i frutti della terra stessa, quei grappoli d’uva che possono così mantenere integre tutte le loro caratteristiche naturali. In poco più di dieci anni i vigneti di proprietà dell’azienda sono passati da 60 a 150 ettari e questo ha permesso e permette ogni giorno di poter avere un controllo meticoloso e costante dei terreni e di tutto l’ambiente che circonda i filari. In questo


CIÙCIÙ

L’AZIENDA VITIVINICOLA BIOLOGICA

CIÙ CIÙ

modo è possibile conoscere e geolocalizzare l’esatta particella di terra da cui nascono i grappoli che daranno poi origine al vino che il consumatore potrà degustare, una volta terminata la fase di produzione, invecchiamento e affinamento. Una tracciabilità che accompagna così la completa storia di ogni vino. L’appassionato estimatore dei vini Ciù Ciù può così seguire, attraverso un vero e proprio percorso di storytelling, l’intera vita dei vigneti e scoprire anche quali erbe spontanee ne hanno accompagnato la crescita. E come un fil rouge che tutto collega, le stesse piante sviluppatesi in maniera naturale fra i filari possono essere utilizzate per preparare pregiati piatti, dai primi fino ai dolci, da abbinare ai vini Ciù Ciù. E sarà proprio questo il filo conduttore di una serie di prestigiosi eventi che vedranno protagonisti nei prossimi mesi le etichette dell’azienda marchigiana.

Nelle incantevoli e seducenti colline marchigiane, il tempo sembra essersi fermato per raccontare a tutti la storia, le proprie origini. Un piccolo mondo antico dove il passato vive nel presente, e la solidità delle sue tradizioni si fonde con la forza delle innovazioni, nella ricerca costante della qualità. L’azienda vitivinicola biologica Ciù Ciù, di proprietà della famiglia Bartolomei, nasce nel cuore delle colline picene, ad Offida (AP), nell’area di produzione del Rosso Piceno Superiore e si estende su oltre 150 ettari. Fondata nel 1970 dai coniugi Natalino (al centro nella foto in basso) ed Anna, l’azienda è oggi gestita dai fratelli Massimiliano e Walter Bartolomei (foto in basso), con tutta la passione ed il bagaglio di saggezza del papà Natalino. L’azienda, pur rimanendo strettamente familiare, è aperta ad un gruppo tecnico che da anni si impegna con l’obbiettivo di ripristinare l’eredità vitivinicola ed enologica dei vini delle Marche. La cura scrupolosa e sistemi di coltivazione dei vigneti a basso impatto ambientale, hanno portato i vini Ciù Ciù a quei vertici di qualità che li hanno resi famosi sia nel mercato nazionale che in quello internazionale. “Crediamo che il vino debba essere l’espressione più autentica del territorio in cui nasce – affermano Massimiliano e Walter Bartolomei - La nostra filosofia produttiva muove da sempre da questo concetto ed è grazie ad esso che negli anni abbiamo potuto ottenere risultati soddisfacenti ed una crescita costante. Quasi la totalità della nostra produzione è data da vitigni autoctoni, proprio a testimoniare questo stretto legame con la nostra storia ed il nostro territorio”. La selezione dei vini che Ciù Ciù produce e distribuisce, è espressione autentica dell’impegno e della tradizione vinicola dell’azienda, frutto di ricerca e qualità sia in vigna che in cantina, ma anche di un ecosistema viticolo naturale di qualità con un “terroir” (microclima, suolo e sottosuolo) unico ed insostituibile. Nascono così vini di altissimo livello dai vitigni autoctoni delle Marche Passerina e Pecorino e dai più tradizionali Sangiovese, Montepulciano, Cabernet e Chardonnay. Tra essi Merlettaie, Offida DOCG Pecorino, Oppidum Marche IGT Rosso, Esperanto Offida DOC Rosso e Gotico, pregiato rosso piceno superiore DOP. CIÙ CIÙ AZIENDA VITIVINICOLA

Contrada Ciafone, 106 - Offida (AP) - Tel. 0736 810001 www.ciuciuvini.it

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VINARIA

SOAVE PREVIEW AMBIENTE E BIODIVERSITÀ AL CENTRO DELL’EVENTO di

Origine, stile, valore sono state le direttrici di Soave 2015 Preview “all’ombra del Vulcano”, l’anteprima organizzata dal Consorzio del Soave, evento inserito nell’ambito di Volcanic Wines, forum internazionale dei vini da suolo vulcanico. La manifestazione è stata ideata per cogliere in anticipo i tratti distintivi dell’ultima annata del Soave, per descrivere il paesaggio e le biodiversità, con annesse tematiche quali la gestione integrata del vigneto e l’etichetta verde per le produzioni a basso impatto ambientale: il paesaggio, a testimonianza che il Soave è, insieme al Conegliano Valdobbiadene, l’unica zona viticola italiana ad aver ottenuto l’importante riconoscimento di paesaggio storico rurale d’Italia dal Ministero

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Antonietta Mazzeo

delle Politiche Agricole e Forestali; le biodiversità, in relazione agli incoraggianti risultati riscontrati nell’area di produzione del Soave in base al protocollo “Biodiversity Friend”, messo a punto nel 2010 dalla World Biodiversity Association. L’internazionalità e stata un altro degli elementi caratterizzanti questa terza edizione di Soave Preview che ha registrato la presenza di oltre 150 giornalisti e buyer esteri provenienti da Giappone, Germania, Polonia, Inghilterra, Nord Europa, Stati Uniti. A deliziare il pubblico degli appassionati, le suggestive ambientazioni del Chiostro del Palazzo Vescovile di Monteforte d’Alpone (VR), e le oltre 100 referenze di Soave in assaggio in anteprima, sia nelle degustazioni guidate che nei banchi d’assaggio, presentate da esperti sommelier pronti a svelare i segreti e a descrivere la nuova annata. Nel calice l’annata 2015 si presenta in maniera“classica”: grande equilibrio tra le componenti acide, zuccherine e sapide, senza che nessuna prevalga sulle altre. In termini di corredo aromatico, spiccano i sentori floreali di sambuco e quelli fruttati di pesca e albicocca. Anche a livello di corpo e alcolicità, i vini mantengono uno slancio e una snellezza che riavvicinano la tipologia a standard più tradizionali, e quindi improntati a una maggiore bevibilità. Soave Preview si evidenzia come un’anteprima dal carattere sicuramente originale; non limitandosi all’analisi della singola annata, in un’ottica di complessiva valorizzazione del comprensorio produttivo, si distingue per la sua modernità nella scelta dei temi e per l’impegno nel guardare a tematiche importanti, che hanno un’eco oltre i confini nazionali.


Faccio cose... ...vedo gente a cura del direttore Elsa Mazzolini foto di Walter Silvestrini

VISSANI È SEMPRE VISSANI Ristorante La Terrazza sul Mare - SIRACUSA L’apertura è stata fatta con una spatola fritta alla mollica di pane, puntini millecolori di Pachino e julienne di buccia di melanzana fritta; a seguire mezze maniche con calamari, gelato di ricci di mare e avocado, quindi risotto ai gamberoni rossi di Sicilia in tre modi, poi il filetto di branzino di lenza porchettato, erbe aromatiche, mirepoix di olive taggiasche e mango, con ventaglio di fegatini, e per finire una splendida bavarese di mandorle con cuore liquido di more e salsa di Zibibbo, abbinati a vini di cantine siciliane. Questo lo splendido Menu che il celebre chef Gianfranco Vissani ha realizzato a Siracusa insieme a Maurizio Urso, suo collaboratore per vari anni e da qualche tempo chef executive del Ristorante La terrazza sul Mare, fiore all’occhiello del prestigioso Grand Hotel Ortigia. Una cena indimenticabile, sia per la sua formula “a quattro mani” che ha visto impegnati ai fornelli due professionisti di indubbio valore in una sorta di gara di abilità dove ciascuno di loro ha dato il meglio, sia perché gli amanti della grande cucina hanno avuto la possibilità di assaporare i piatti di Vissani senza recarsi in Umbria, dove il Maestro opera abitualmente, ma sedendosi piacevolmente ai tavoli del roof garden dell’Hotel, guardando il mare. Piatti stupefacenti, sorprendenti nei sapori e negli accostamenti, frutto di quell’estro e di quel talento naturale che solo i grandi artisti possiedono e che è comune a pochi altri chef al mondo.

Con ME, lo chef Maurizio Urso e, con Gianfranco Vissani, le organizzatrici della serata (da sinistra, Teresa Gasbarro, Pina Gallo, Silvia Gasbarro, e Maria Luca dell’associazione Elisir).

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EDITORE La Madia srl Sede legale: Via E. De Amicis, 53 - 20123 Milano (MI) Sede operativa: Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 23821 - Fax 0547 25809 Internet: www.lamadia.com - E-mail: lamadia@lamadia.com

CONFEDERATION EUROPEENNE

DES GOURMETS La famiglia dei Gourmets europei si è data una nuova dimensione per valorizzare

il piacere

della convivialità e della cultura

enogastronomica italiana

Direttore responsabile: Elsa Mazzolini La Madia srl è parte del Gruppo Cose Belle d’Italia www.cosebelleditalia.com

REDAZIONE Caporedattore: Maria Chiara Zucchi Impaginazione: Andrea Amadori Stampa: D’Auria Printing SPA - (AP) Webmaster: Giorgia Zucchi Redazione e centro di distribuzione in Gran Bretagna: ALIVINI Company Limited - London - Tel. +44 20 8880 2525

COLLABORATORI Domenico Acconci, Enza Bettelli, Silvia Bianco, Daniele Briani, Teresa Cremona, Giuseppe De Girolamo, Maurizio Di Dio, Gianni Di Lorenzo, Luigi Filippi, Roberta Filippi, Lucy Gordan, Verdiana Gordini, Giuseppe Lo Russo, Giovanni Mastropasqua, Antonietta Mazzeo, Alessandra Meldolesi, Claudio Mollo, Alessia Pellegrini, Giacomo Pilati, Alessandro Ricci, Gianluca Ricci, Alessandro Rossi, Simone Rosti, Flavia Tomaello, Primo Vercilli. Fotografi: Nikoboi, Pasquale Spinelli, StudioGraf, Lido Vannucchi Illustratori: Patrizia Zavatti

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