La Madia Travelfood n. 322 - Novembre 2017

Page 1

Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

www.lamadia.com

NIKO ROMITO

L’ASSOLUTO IN CUCINA

LA MADIA EDITORE

ANNO XXXIII - Novembre 2017 - N. 322 - €E 4,00 - Direttore ELSA MAZZOLINI




SOMMARIO - LA MADIA TRAVELFOOD n. 322

GOURMETFOOD

di

Simone Rosti

GOURMETFOOD

di

Alessandra Meldolesi

pag. 32

pag. 40

NIKO ROMITO

ANTHONY GENOVESE

L’assoluto in cucina.

Al Pagliaccio con spirito francese, orientale e inglese.

GOURMETFOOD

di

Sara Favilla

VINARIA

di

Gianluca Ricci

pag. 50

pag. 88 CRISTIANO TOMEI

SOAVE

La sua cucina accessibile al Satura.

Nel paesaggio rurale di interesse storico, menzioni geografiche aggiuntive e non solo.


foto di copertina

© Francesco Scipioni e Alberto Zanetti

La scelta vegana

Lo chef... il piatto

Pollo “Made in Italy”

Enrico Crippa................................................................... pag. 65

di Silvia Bianco................................................................. pag. 8

GourmetFood

Assaggi di Galateo

Ristorante Gustu

Quella strana parola: e-mail

di Flavia Tomaello............................................................ pag. 66

di Fabio Ferrantino........................................................... pag. 12

Eventi

Progettare l’impresa

17° Festival della Cucina Italiana a Pesaro....................... pag. 74

Perché è sbagliato ricaricare i prezzi d’acquisto

Chef di Spirito

per ottenere i prezzi di vendita?

Michele Mauri

di Lorenzo Ferrari............................................................. pag. 14

di Sonia Leo..................................................................... pag. 80

Golavagando

Vinaria

Maìa e Battiston.............................................................. pag. 18

Il focus di Alessandro Magnum

Trattoria Trippa

Imparare a degustare: ogni vino ha il suo aroma

di Cristiana Lauro............................................................. pag. 20

di Alessandro Rossi.......................................................... pag. 86

Ristorante Cuore e Gusto

Rumâgna, dall’Albana di Romagna al Sangiovese,

di Cristina Vannuzzi.......................................................... pag. 24

passando tra Centesimino e Famoso

Prodotti Eccellenti

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 94

Bartolotti, tutto per il mondo del food service................. pag. 26 GourmetFood Il nuovo corso di Villa Igiea di Jerry Bortolan.............................................................. pag. 58



EDITORIALE di

Elsa Mazzolini

GLI INUTILI LAMENTI Siamo il popolo del lamento improduttivo e della protesta verbale che quasi mai si traduce con la pratica. Tra i più frequenti lai, quelli contro il governo ladro e quelli per la perdita dei nostri valori e della nostra identità. In entrambi i casi, a nessumo si possono attribuire responsabilità se non a noi stessi. I governi li eleggiamo noi, siamo noi che mangiamo sushi e sofficini, siamo sempre noi che disertiamo piazze e cortili affollando i centri commerciali per comprare insulse cineserie, a scapito dei piccoli negozi urbani che chiudono al ritmo di due ogni ora, tre al giorno a Genova, trecento al mese a Roma. Da alcuni anni i nostri centri storici si sono svuotati di botteghe e negozi al dettaglio, per la crisi, gli affitti che strozzano, la burocrazia, la pressione fiscale, la concorrenza degli ipermercati. Questi piccoli baluardi delle nostre identità chiudono nell’indifferenza di sindaci e amministratori, ben più sensibili alle sirene dei grandi gruppi e degli investimenti immobiliari che intanto snaturano le nostre città. E mentre noi, con il provincialismo mentale che spesso dimostriamo, ci riversiamo ancora nei “non luoghi” - spazi senza identità, né storia, né possibilità di relazione - già l’America li sta abbandonando a favore del luogo inesistente per eccellenza, ossia il web. Sembra incredibile che non ci si renda conto che i piccoli negozi e le botteghe artigiane possono essere per i nostri giovani opportunità economiche da rilanciare proprio su internet; che sono i piccoli borghi che conservano intatto il patrimonio completo dei propri bar, piccoli alimentari, verdurai, botteghe di fabbri, falegnami, ceramisti, i più frequentati dai turisti affascinati dalla vita vera che li anima. E pensare che persino Londra, capitale della grande finanza, protegge le piccole botteghe come patrimonio nazionale e che gli States stanno lasciando alle erbacce il 50% dei centri commerciali per tornare al piccolo commercio nel cuore delle città oppure per privilegiare acquisti on-line. Il futuro sembra dunque avanzare con un movimento retrogrado. Secondo me proprio quel passato fatto della incomparabile creatività italiana che ci ha

ME

resi famosi nel mondo potrebbe generare il nostro rinascimento. Basterebbe solo lavorarci su, senza lamentarsi inutilmente.

7


LA SCELTA VEGANA

a cura di

Silvia Bianco testimonial di cucina vegana

SVELATO IL VERO VOLTO DEL

POLLO “MADE IN ITALY” Nel settembre scorso è stata presentata da Animal Equality Italia l’ultima scioccante investigazione sull’industria della carne di pollo in Italia, una realtà di gran lunga opposta a quella mostrata dai grandi marchi del settore nelle loro pubblicità. Animal Equality è un’organizzazione internazionale per i diritti degli animali, registrata in Italia come Onlus; proprio Animal Equality Italia ha pubblicato la video inchiesta denominata “Pollo 100% italiano” che rivela atroci retroscena sulle condizioni di vita e di morte degli animali. I filmati contenuti in questa video-inchiesta sono stati registrati in allevamenti intensivi e macelli fra Emilia Romagna e Lombardia che riforniscono i maggiori produttori di pollo Made in Italy. L’inchiesta mostra immagini forti: si distinguono chiaramente animali con gravi problemi respiratori, con evidenti difficoltà di deambulazione causate dalle deformazioni alle zampe ed ossa, animali con piaghe profonde e gravi affezioni cutanee dovute alla scarsa mobilità ed alla precaria igiene dei capannoni sporchi in cui sono costretti a vivere.

8

L’inchiesta mostra anche le immagini dell’iter produttivo con gli operatori dell’industria che maneggiano gli animali con violenza, spesso causando loro delle fratture alle ali ed alle zampette: vengono afferrati malamente ed appesi a testa in giù, i polli si dimenano in maniera convulsa per tentare di liberarsi. Quelli che non rimangono storditi, rimangono coscienti e vengono così sgozzati e macellati ancora lucidi e lasciati morire tra più atroci sofferenze.

L’ECCELLENZA DEL NOSTRO PAESE NON VALE PIÙ DI UN CENTESIMO Per soddisfare una sempre maggiore richiesta di carni bianche a prezzi contenuti, nel corso degli ultimi decenni questi animali sono stati sottoposti ad una esasperata selezione genetica per ottenere un pollo che cresca ad una velocità incredibile: di fatto, dopo solo sei settimane di vita i polli raggiungono il peso di macellazione. Le ossa, i polmoni e il cuore di questi delicati ani-


LASCELTAVEGANA

mali non riescono a svilupparsi allo stesso ritmo della muscolatura, causando loro ogni sorta di deformità, difficoltà motorie, problemi cardiaci e respiratori, condannandoli ad una vita breve e piena di sofferenza. La video-inchiesta mostra come milioni di polli muoiono per malattia o stenti ancora prima di arrivare al macello: molti di loro sono infermi o talmente deboli da non riuscire a raggiugere le mangiatoie, ma gli operatori li lasciano morire di fame e sete; prestare cure agli animali che vivono in queste condizioni viene visto dalle industrie come una perdita di soldi. I loro corpi in avanzato stadio di decomposizione vengono lasciati per settimane sulla lettiera in mezzo agli animali ancora vivi, aggravando le già pessime condizioni igieniche. Il 95% della carne di pollo italiana che finisce sulle tavole delle famiglie del Bel Paese proviene da luoghi di allevamento intensivo come quello mostrato nella video inchiesta. Per l’esattezza, si tratta di 500 milioni di polli all’anno costretti a vivere in queste condizioni (dati dell’industria avicunicola). L’inchiesta “Pollo 100% Italiano” promuove una petizione sul sito www.polloitaliano.it rivolta ad Unaitalia, associazione di categoria che rappresenta il 90% della filiera avicunicola italiana, affinchè inizi un dialogo con i maggiori produttori del settore (tra cui Amadori, AIA e Fileni) per esortarli ad adottare politiche che quantomeno mirino a ridurre la sofferenza animale.

IL CONFINE TRA LEGALITÀ ED ETICA Tutto ciò che si vede nell’inchiesta è legale, o comunque non è perseguibile penalmente, tuttavia questo non significa che tutto ciò sia giusto e che non vada contrastato. Video-inchieste come questa servono a divulgare le informazioni in maniera trasparente. Ad oggi siamo bombardati da pubblicità ingannevoli ed è necessario fare chiarezza e mostrare la realtà dei fatti per sensibilizzare le coscienze delle persone che non sanno cosa si cela dentro quei capannoni-lager. Inoltre il consumatore DEVE avere voce in capitolo quando si parla della produzione di cibo che verrà consumato da loro e dai propri figli. È quindi necessario un cambiamento radicale da parte dei produttori italiani.

LA SOLUZIONE È SULLE NOSTRE TAVOLE La riduzione, ma ancor meglio l’eliminazione dei consumi di carne è il modo più efficace che hanno i consumatori di portare il cambiamento. Tutto ciò non è legato esclusivamente alla sofferenza animale nei cui riguardi non si può obbligare nessuno di esserne sensibili. La questione della produzione e del consumo di carne e dei derivati animali è profondamente legata agli equi-

9


LA SCELTA VEGANA

libri economici e politici, oggetto di importanti tavole rotonde a livello mondiale proprio perché esiste una correlazione forte con il riscaldamento globale ed il drenaggio delle risorse.

CERVELLO DA GALLINA Numerosi studi scientifici eseguiti negli ultimi decenni hanno dimostrato come il detto “cervello da gallina” sia del tutto infondato. È infatti dimostrato che hanno abilità cognitive, emozionali e sociali. Già nel 1996 la neuroscienziata Lesley Rogers dimostrò che i polli hanno capacità cognitive equivalenti a quelle dei mammiferi, sono dotati di memoria e possono passare informazioni da un generazione all’altra. Inoltre i polli si sono rivelati menti sofisticate, strateghe e comunicative, attraverso l’emissione di suoni, in base all’intensità ed alla durata possono avvertire il gruppo di un pericolo imminente, depistando il predatore, oppure i maschi emettono richiami che utilizzano per il cibo, ma

Silvia e gli esperti rispondono... Diventare vegana è veramente un’impresa: mangiare legumi tutti i giorni, per me, è improponibile: mi gonfiano anche se ne mangio in porzioni piccole. Come fare? Ariella - Salerno I legumi costituiscono un alimento indispensabile per una alimentazione sana: hanno un ruolo protettivo nei confronti di patologie cardiovascolari e dei tumori, poiché sono ricchi di fibre e di antiossidanti ed inoltre forniscono una grande varietà sia a livello nutrizionale che di sapori. E’ quindi importante consumare tutti i giorni i legumi e ridurre, ed anche eliminare, il consumo di carne. Le principali difficoltà che si possono incontrare quando si inizia una dieta 100% vegetale sono due: la presenza di alcuni anti-nutrienti nei legumi e le fibre. Tra gli anti-nutrienti troviamo i fitati e alcune anti-proteasi che riducono l’assorbimento di alcuni sali minerali e delle proteine. Tali molecole sono presenti in tutti i legumi ed anche in moltissimi cereali. La buona notizia è che le anti-proteasi ed i fitati vengono inattivati con l’ammollo (dalle 12 alle 24 ore) in acqua lievemente tiepida ed acida (aggiungere un cucchiaio di limone o di aceto), con la cottura, ma anche con la germinazione e con la fermentazione. I legumi sono ricchi di fibre ed alcune sono insolubili. Per ovviare a difficoltà di digestione che causano gonfiori, si devono ingerire piccole dosi di legumi e cereali, soprattutto quando non si è soliti assumerne, aumentando gradualmente il quantitativo nel tempo; eventualmente si può pensare di passare le bucce o filtrarle ed eliminarle. Inoltre eseguire un’accurata cottura e masticare bene sono elementi importanti al fine di favorire la digestione. Inviate le vostre domande a: lamadia@lamadia.com

10

VELLUTATA DI ZUCCA Chef Valerio Stumpo Osteria Mamma Rosa - Milano INGREDIENTI per 4 persone

kg. 1 di polpa di zucca, g. 200 di patate, brodo vegetale q.b., g. 80 di porri, g. 100 di carote, sale, pepe, olio extravergine d’oliva, noce moscata, cannella. PROCEDIMENTO

In una casseruola, mettere l’olio e i porri e far imbion-

dire, aggiungere la zucca, le carote e le patate naturalmente sbucciate e tagliate a cubetti; aggiungere il bro-

do vegetale preparato precedentemente e far cuocere il tutto per circa 45 minuti salando al punto giusto.

Terminata la cottura, frullare il tutto e passare al setac-

cio da cucina. Servire in un piatto fondo ben caldo e guarnire aggiungendo la noce moscata, la cannella e un filo d’olio extravergine d’oliva. A piacere accostare dei crostini di pane insaporiti al timo.

con lo scopo di attirare le femmine con l’inganno (queste però ignorano quegli individui maschi che ricorrono frequentemente a questo trucchetto). Altri studi hanno rivelato quanto i polli siano animali sensibili che provano emozioni come noia, felicità e frustrazione e che subiscono lo stato emozionale di chi li circonda, provando una forte empatia verso i propri simili. Tra i più recenti studi è stata dimostrata una spiccata intelligenza aritmetica e capacità logiche di questi animali che gli esseri umani non sviluppano fino ai sette anni (Lori Marino, neuroscienziata e senior scientist al “The Someone project”, studio “Thinking chickens: a review of cognition, emotion, and behavior in the domestic chicken”, Animal Cognition, Marzo 2017).



Gala teo ASSAGGI DI

a cura di

Fabio Ferrantino Docente di Galateo presso Bon Ton Academy Professore di Enogastronomia IPSSAR Piobbico

QUELLA STRANA PAROLA: E-MAIL ALCUNE REGOLE DI “NETIQUETTE”

Sembrerebbe scontato affermare che, ai tempi d’oggi, la comunicazione tramite posta digitale (in inglese e-mail) sia alla portata di tutti e dunque diventata di uso comune. Vi chiedo di provare, così per sfizio, a inviare 10 e-mail a 10 diversi ristoranti, chiedendo di proporvi un menù personalizzato per il vostro compleanno. Analizzate dopo un paio di giorni da quanti di questi riceverete un riscontro e una risposta adeguata. Pochi sanno che vi sono delle regole di etichetta anche nel mondo di internet e dunque anche nelle lettere digitali. Il galateo si è evoluto e viene applicato anche sul web. La netiquette, appunto. Un ramo di regole, che ci permette di essere adeguati anche nel mondo della comunicazione online. Partiamo, però, facendo un passo indietro. L’uso della posta elettronica, nella realtà ristorativa italiana, non è al passo con quella di altre nazioni. Ormai ogni locale deve avere il tablet per prendere le comande, ma in molti casi, se arriva un’email, nessuno la guarda e quindi risponde. Il settore ristorazione è uno di quelli che dalla cosiddetta local web search (lett. ricerca locale online) ha più da guadagnare, ma di cui ancora ha poca consapevolezza. Quando si fa presente ad un datore di lavoro che la parte online del ristorante non viene curata, in molti casi ci sentiamo rispondere con una domanda: “Ma con tutte le cose che ci sono da fare, anche questo?”. La risposta, al giorno d’oggi, deve essere scontata. Ci si deve abituare all’elemento digital web, imparare a conviverci, tenendo presente che si tratta di mettere insieme l’elemento comunicazione con la qualità del prodotto/servizio. Se in passato il successo di un ristorante era dovuto per il 50% alla cucina e l’altro 50% alla sala, oggi almeno il 10% va delegato sicuramente alla comunicazione e dunque anche al web.

12

Tornando alla netiquette, cerchiamo di capire quali regole seguire e quali errori evitare quando rispondiamo o scriviamo un’email. Per effettuare un’efficiente comunicazione di posta elettronica, è bene avvalersi di un servizio e-mail desktop, ossia un’applicazione o programma capace di scaricare la posta sul proprio computer per poterla organizzare al meglio. Questo ci permetterà di poter visualizzare i messaggi anche quando siamo offline, ossia senza rete internet e averli a portata di mano anche sul telefono con una semplice sincronizzazione. Iniziamo dall’oggetto dell’email che deve preannunciare sinteticamente ciò che il destinatario troverà nel corpo del messaggio. Usiamo poche parole per far comprendere al ricevente di cosa si tratta. Quando arriva un messaggio atto a chiederci informazioni, è fondamentale replicare tramite il tasto “rispondi”, in modo che, sotto a ciò che scriveremo, sarà incluso anche il testo del mittente. Tale pratica consentirà di mantenere un riferimento per le risposte successive e faciliterà la comprensione della conversazione. Rispondiamo sempre con un tono che rispecchi la nostra realtà ristorativa. Se siamo un pub che scrive a un ragazzo di 18 anni che vuole organizzare il suo compleanno, adotteremo un linguaggio più informale, diversamente sarà per un ristorante che riceve una richiesta da una persona di cui non si conosce l’identità. Come input si porge un saluto seguito dal nome di colui che ha firmato il messaggio originario. Se ci stiamo rapportando con un’azienda e dunque con un indirizzo generico di contatto, è bene inviare l’email specificando a chi è rivolta con delle frasi di apertura come: “Alla cortese attenzione (C.A.) di…”, “All’attenzione di…”. Usate un carattere di scrittura standard, ben leggibile, con una grandezza compresa fra 12 e 14.


ASSAGGIDIGALATEO

Attenzione ad usare caratteri maiuscoli e colori. I vocaboli scritti con carattere maiuscolo equivalgono a parole dette ad alta voce, segno di nervosismo. Se vogliamo far capire che è una parte di testo importante, è bene sottolinearla, lasciarla in minuscolo e non colorarla. Il colore, abitualmente, è sinonimo di errore. Attenzione con la punteggiatura, non utilizziamo spesso il punto esclamativo, in quanto potremmo apparire troppo emozionali o immaturi. Nelle risposte siate chiari e coincisi, evitando di avanzare delle battute umoristiche che, dato la freddezza dello strumento di comunicazione, potrebbero non essere percepite come tali. Quando scrivete un’e-mail o rispondete ad un messaggio ricevuto, togliete e inserite gli indirizzi dei destinatari nel campo corretto sempre all’ultimo. A volte potremmo sbagliare accidentalmente cliccando sul tasto invia mentre stiamo ancora scrivendo. Se avete fatto delle proposte specifiche, dove viene riportato anche il prezzo, è sempre bene stamparle o conservarle per ricordarsele al momento dell’incontro con il committente. Se tali proposte sono fatte in un file separato, è essenziale allegarlo e controllare la dicitura di quest’ultimo, l’estensione e le dimensioni, per evitare che un file troppo grande non arrivi a destinazione o impedisca l’invio dell’email stessa. È importante citare sempre nella parte conclusiva del messaggio ciò che alleghiamo, il ricevente, altrimenti, potrebbe non notare ciò che abbiamo inserito ulteriormente. Un altro elemento fondamentale e che ci farà apparire professionali nella risposta è la firma digitale. Tale sigla si può creare e memorizzare. Sarà posizionata alla fine

del testo che scriveremo, in modo automatico. Questa contiene tutte le informazioni fondamentali di contatto, ossia il nome e il titolo della persona che sta scrivendo l’email, il riferimento telefonico, di posta elettronica ed il logo dell’azienda. Eventualmente si può inserire anche l’indirizzo web del proprio sito. È bene rimanere sulle 4-5 righe massimo. Esempio pratico:

Mario Rossi Restaurant Manager 000.000000 | m.rossi@nomeristorante.it www.nomeristorante.it

Rileggete, in fine, sempre l’email inziale e quella di risposta, per comprendere se avete replicato adeguatamente, con tutte le informazioni inerenti e senza errori grammaticali. Spesso si risponde anche attraverso gli smartphone che potrebbero correggere in modo sbagliato le parole. Rispondete sempre a qualsiasi e-mail, con una tempistica ragionevole e in modo professionale. Questo farà la differenza per l’immagine della vostra azienda ed il possibile cliente che si sentirà considerato, apprezzerà la vostra prontezza anche nella comunicazione digitale.


PROGETTARE L’IMPRESA

a cura di

Lorenzo Ferrari Direttore Marketing di RistoratoreTop

PERCHÉ È SBAGLIATO

RICARICARE I PREZZI D’ACQUISTO PER OTTENERE I PREZZI DI VENDITA?

X3

X4

X5

Chi scrive gestisce un gruppo Facebook che conta più di 4.000 ristoratori iscritti. Recentemente si è parlato di un argomento molto ostico, che normalmente divide in due il pubblico: il RICARICO. Cioè quella strategia che consiste nel moltiplicare il costo della merce d’acquisto “per 3” o “per 4” per ottenere i prezzi di vendita. A giudicare dalla diffusione, sembrerebbe la tecnica di pricing (cioè la strategia con la quale si ottiene il prezzo di un piatto) più consigliata da tutti i commercialisti italiani e più utilizzata da tutti i ristoratori della nostra amata penisola.

14


PROGETTAREL’IMPRESA

Lo spaghetto alle vongole ti costa 3,00€? Lo si metta a menù a 9€. La bistecca viene acquistata a 1€ per chilogrammo? La mettiamo a 3,50€ al chilogrammo, oppure a 4,00€ al chilogrammo, a seconda di quanto la si vuole incentivare. Il problema? Che è una pratica estremamente sbagliata e dannosa per chi la applica. In primo luogo perché matematicamente scorretta. Si pensi a questi due piatti: pizza e filetto. Supponiamo che la pizza abbia un costo di 2,00€, e che venga venduta a 10,00€, applicando un ricarico del 500%. E supponiamo che la bistecca abbia un costo di 8,00€, e venga venduta a 20,00€, applicando un ricarico del 250%. Quale dei due piatti converrebbe vendere? Il 99% di chi risponde a questa domanda risponde in maniera sbagliata, perché paragona tra loro i ricarichi. E risponde: la pizza, perché il ricarico è maggiore. Giusto, ma sbagliato al contempo: perché la bistecca ha una marginalità (cioè la differenza tra il prezzo di vendita e il suo costo) di 12,00€, mentre la pizza di soli 8,00€. Se chi scrive dovesse scegliere quale dei due piatti vendere nel proprio ristorante, sceglierebbe sicuramente la bistecca, arrivederci e grazie. La lezione che ne consegue è una sola: si guardi sempre alle marginalità (che si misurano in euro) e non ai ricarichi (che si misurano in percentuali). Abbiamo appena visto un banale esempio di quali disastri possa arrecare una politica di pricing basata sul concetto di ricarico. Ma oggi, chi scrive, vorrebbe affrontare la situazione da un punto di vista differente. Infatti, ragionare in termini di RICARICO ci pone, già mentalmente, in una posizione sbagliata.

Perché ci fa vestire l’abito mentale di quelli che (chi scrive), chiama RivenditoriFlop: cioè persone che, acquistando una merce a “X”, la rivenderanno a “3X”, a “4X” o a “5X” sulla base di quanto vogliono guadagnare. Invece dovremmo vestire i panni di quelli che (chi scrive) chiama RistoratoriTop: cioè professionisti che acquistano merci a “X”, lo trasformano al meglio delle proprie possiblità e vi AGGIUNGONO il valore che ritengono più consono. Quella differenza di valore, tra prima e dopo la trasformazione, è il nostro margine, il nostro guadagno. È una sottile ma determinante differenza, visto che cambia tutto. Infatti, vestendo l’abito mentale del RistoratoreTop, si hanno esclusivamente vantaggi: 1) Innanzitutto, ci diamo la possibilità di guadagnare di più (perché siamo noi a decidere quanto guadagnare, e non il nostro commercialista o lo studio di settore!) e di decidere di nostra volontà quanto deve valere quel “di più”. 2) In secondo luogo togliamo di mezzo tutti quegli artifizi retorici de “i prezzi etici” o “i prezzi giusti” - in un libero mercato come il nostro, in una democrazia come la nostra, chiunque ha il pieno diritto di attribuire al proprio lavoro e ai propri sforzi il valore che pensa che meritino -. 3) Infine, punto più importante, ELIMINIAMO la correlazione tra il valore prima e dopo la trasformazione, concetti che nella mente del RivenditoreFlop sono invece legati indissolubilmente. Il valore di “qualcosa” è dato dalla nostra capacità di trasformarlo, di plasmarlo, di aggiungervi valore e di presentarlo nel migliore dei modi a nostra disposizione. E non dal suo valore di partenza.




GOLAVAGANDO

LA CUCINA DI CASA DA

MAÌA E BATTISTON ALLA SPEZIA Sono due maschere storiche del carnevale spezzino. Ma, per chi non la conoscesse, la storia dei coniugi Maìa e Battiston è raccontata sulle pareti del nuovo locale di Via del Torretto che onora, proprio a partire dal nome, due figure della tradizione cittadina. Battiston è il tipico spezzino verace che dice “pane al pane e vino al vino”: niente di meglio per un locale che parla la lingua della cucina di casa. Settanta metri quadri che ragionano in grande, per un’offerta modulata su tutto l’arco della giornata che porta in cucina uno chef sardo e uno friuliano. Il risultato? Piatti della tradizione spezzina si accompagnano a ricette di una cucina italiana di qualità: street food, panini e focacce gourmet, gastronomia, piatti di carne e pesce, salumi e una pregiata selezione di etichette italiane e internazionali per la cantina vini. E tutte le operazioni sono a vista, incorniciate dalla vetrata azzurra della cucina, a raccontare le storie di chi lavora con le mani e ricrea, trasformandola, un’atmosfera che profuma di casa e convivialità. A caratterizzare l’ambiente, l’accurato intervento di Costa Group e l’inserimento di materiali naturali e “caldi” tra cui legno, ferro e ceramica che si alternano e ripetono, restituendo tanto il colore quanto il calore dei prodotti offerti. Per un locale che sa far sorridere, onorando la tradizione della città.

MAÌA E BATTISTON

Via del Torretto 15 - La Spezia Progettazione e realizzazione

Costa Group - Flaviana Rimondi Grafica e comunicazione: TUB

18



© Marco Varoli

GOLAVAGANDO

A MILANO

TRATTORIA TRIPPA COLTIVA LA FILOSOFIA DELL’ACCOGLIENZA E DEL QUINTO QUARTO di

Cristiana Lauro

Diego Rossi è veneto, ha trentadue anni e i piedi ben piantati per terra. E’ un uomo materico e la sua è certamente una cucina di mercato. Trippa apre a Milano nel 2015 e si rivela all’istante, nel suo genere, un fenomeno gastronomico di interesse non solo locale. Una parte della fortunata formula vincente, consiste nell’intelligente lettura del concetto contemporaneo, fluttuante e un po’ confuso, di trattoria. Ma l’intuito senza cuore produce solo beni algidi, anime frigide di cristallo e tutto questo cos’ha a che fare con l’agio, il conforto e il sollievo, invero ciò che desidera quel cliente che chiede ristoro? Lucidità e viva presenza, saper marcare a uomo e in tempo reale non sono sufficienti a distinguere dagli altri, ad elevare, a posizionare Trippa al primo posto come migliore trattoria italiana secondo l’autorevole Guida de L’Espresso 2018.

20


TRATTORIATRIPPA

© Marco Varoli

Trippa, con anima e sostanza, supera il concetto di trattoria di stampo popolare solitamente regionale. Cortile, orto, pascolo e fucile sono i noti rudimenti della cucina tradizionale ben chiari a Diego Rossi, lavoratore instancabile insieme con Pietro, unico socio, che segue la sala, non privo di grazia e adeguata scansione di sorrisi cordiali. Può sembrare poco e invece non lo é. Diego comincia la sua felice storia professionale all’Oste Scuro, noto ristorante di pesce a Verona e dopo varie esperienze importanti in cucina si sposta a Milano per inseguire l’obiettivo - a quel punto naturale, se non necessario - di aprire un locale tutto suo. Vari investitori si sporgono, ma senza un impegno concreto e finisce che Diego resta solo col giovane Pietro, laureato alla Bocconi, food blogger (singerfood.com), vero appassionato di enogastronomia. I due si mettono in società e si lanciano con entusiasmo e tanta voglia di lavorare nella brillante avventura di nome Trippa. L’ambiente che ci accoglie da Trippa - a patto di trovare posto - è dei più semplici, bene curato, illuminato da luci calde e gentili. La

21


GOLAVAGANDO

© Marco Varoli

cucina a vista, dove le preparazioni variano a seconda della disponibilità del mercato del giorno, è giovane e divertente anche per chi capita da solo e ha voglia di scambiare due chiacchiere al bancone. Il senso dell’accoglienza - fondamentale se parliamo di ristorazione - da Trippa è reale e ben assimilato da tutti sia in sala che in cucina, con disinvolta e indubitabile attitudine al mestiere. Ma la straordinaria forza di Trippa risiede nel coraggio di cedere, in mezzo a una cucina di trattoria, il centro della scena alle frattaglie, al quinto quarto. Con attenzione a un’ etica che non possiamo più ignorare, Diego Rossi acquista solo materie italiane da piccoli produttori come Marco Martini di Cuneo, attento fornitore di vitella piemontese, oche e conigli. E poi Carlo Alberto Menini, per quanto riguarda le pecore e i montoni, ad esempio, dei

22


TRATTORIATRIPPA

NEL LUCCHESE

REGINI

HA ORIGINI LONGOBARDE E SPECIALIZZAZIONE IN “TORDELLI” di

© Marco Varoli

quali vengono utilizzate tutte le parti fino all’ultimo ritaglio, con vari fuori carta all’ordine del giorno che arricchiscono la proposta, secondo lo stile della casa tutt’altro che ordinario. Ancora, lo stoccafisso di Tagliapietra, il frutteto Casagrande e tutto ciò che mantiene un legame più stretto possibile col naturale. Lo stesso accade per la carta dei vini contenuta, ma dinamica, in linea con la filosofia del locale e col quinto quarto. La piccola cantina ha una ricerca accurata di etichette dove, in questo momento, la parte naturale prevale su quella convenzionale. Tutto ciò forse spiega solo in parte il successo di questa trattoria ma, di fatto, il fenomeno Trippa ha stimolato un bel po’ di aperture di nuove giovani attività ad essa ispirate, ovunque in giro per l’Italia. Curioso che la miccia si sia innescata a Milano e non nella capitale, giacché fu Roma, un tempo, col mattatoio di Testaccio, la patria del quinto quarto.

TRATTORIA TRIPPA

Domenico Acconci

Ristorante Regini. Il nome del locale si riferisce al cognome del gestore? No, deriva dal nome della località, una zona fra i paesi di Segromigno e Camigliano, in Lucchesia, in cui, secondo la tradizione popolare, esisteva il feudo di una “Regina” longobarda. Il che è possibile perché i longobardi ebbero estesi insediamenti in Lucchesia, dato che, per oltre due secoli, i vescovi di Lucca furono tutti longobardi: si erano convertiti al Cristianesimo - è la supposizione - per convenienza ricavandone alte cariche e possessioni, inoltre lasciarono tracce nei nomi di paesi (Vorno), in nomi di persona (Rinaldo), e cognomi (Valdrighi, da un lemma germanico per “boscaiolo”), non solo ma, usando in genere calzari di legno contribuirono a dare origine all’artigianato degli zoccoli, arrivato fino ai nostri giorni e che ha dato poi sfocio alla locale industria calzaturiera la cui evoluzione è raccontata nel bel libro “Paese mio” di Attilio Attilieni, calzaturiere egli stesso. Ma, parlando di cucina, una minestra primaverile lucchese a base di verdure varie ha un nome di derivazione germanica: “garmugia”. Però i longobardi non c’entrano niente con un piatto principe della cucina lucchese: i tortelli anzi - per riconoscerli ancor meglio - i tordelli che sono il marchio locale di questa pasta variamente ripiena, variamente condita - se si vuole - con solo burro e salvia, ma solitamente con ragù al pomodoro. E’ la specialità del ristorante Regini che ne fa in gran quantità, anche da asporto, tanto che è considerato il supermercato dei “tordelli”. Al ristorante Regini c’è al timone di comando Renzo Del Carlo, cuciniere di vasta esperienza, conosciuto anche come” artista della bistecca alla fiorentina” ma che ha anche il “pallino” per il pesce, così che nel suo locale le preparazioni ittiche non mancano mai, a cominciare dal “cacciucco”. La lista delle vivande è copiosa e comprende anche pizza e cecina, nonché assortimento di pasticceria e gelati. Vini e birre in vasta e accurata selezione. Il prezzo è conveniente: con circa 30 euro, escluse vivande, si può fare un buon pasto.

Via Giorgio Vasari, 3 - 20135 Milano Tel. +39 327 6687908 www.trippamilano.it

RISTORANTE REGINI

Segromigno - Capannori (LU) - Tel. 0583 928016 - Chiuso il mercoledì

23


GOLAVAGANDO

CUORE E GUSTO NEL CENTRO DI ROMA di

Cristina Vannuzzi - foto di Stefano Mileto

La cucina del nuovo Ristorante Cuore e Gusto si basa principalmente sulla materia prima, con il rito quotidiano della spesa fra le bancarelle del mercato, l’occhio attento ai prodotti della terra, la stagionalità della verdura e il pesce che arriva ogni giorno dalle barche dei pescatori. Nel locale totalmente white parlano i colori e i sapori; in cucina piatti della tradizione arricchiti dalla ricerca e dalle nuove tecniche, tanta attenzione al contemporaneo con il timone ben fermo sulla storia, per non farsi fagocitare da tendenze destinate a diventare moda da abbandonare di lì a poco. Gabriel Davide Cucco, il titolare, esordisce dicendo: “Amicizia, condivisione e buon cibo sono sempre andati di pari passo. Cuore e gusto, la cucina si fa con il cuore, coinvolgendo i ricordi; deve raccontare le esperienze di chi cucina ma anche i sogni, le emozioni. Ho voluto creare Cuore e Gusto dove il cibo avesse l’odore di casa mia: ogni volta che entro nel mio locale ritrovo sapori antichi, che fanno parte della mia vita, e mi accompagnano fra la gente”. Il giovane chef Devis Pinto realizza una cucina semplice, figlia della memoria, con i prodotti al centro del piatto, segnati con eleganza da tocchi d’inventiva: filetto di maiale in crosta di sesamo con coulis di melograno e infuso di ginseng, ribes e vaniglia; uovo tra sogno e realtà; baccalà in sousvide, con i coralli di mare. Ancora una volta la dimostrazione che la fantasia può trasformare i piatti della tradizione in momenti di rinnovata emozione.

24


GOLAVAGANDO

RISTORANTE CUORE E GUSTO

Via Codigoro 30 - Roma, zona Vitinia Tel. 06 52378038

UN UOVO... TRA SOGNO E REALTÀ INGREDIENTI per 4 persone

4 uova medie fresche, 4 patate medie, scalogno,

peperoncino, rosmarino, olio extravergine d’oliva, sale q.b., ml. 500 di panna fresca, pepe verde vanigliato q.b.

PREPARAZIONE

Prendere l’uovo e cuocerlo a bassa temperatura in un rooner a 65°C per 45 minuti. Estrarlo e abbatterlo per

evitare la prolungata cottura dell’uovo. Per la spuma di patate facciamo un soffritto con olio, scalogno, rosma-

rino, peperoncino e soffriggiamo le patate portandole poi a cottura con un brodo vegetale. Frullare il composto, aggiungere la panna, 1/3 della patata a seconda

della consistenza desiderata (se si vuole più densa va aggiunta più panna). Mettere il tutto in un sifone. caricare con una cartuccia e tenere da parte.

Sifonare la patata e ottenere quasi una nuvola. Inserire l’uovo privato del suo guscio sopra la spuma di patate,

adagiare coralli di prezzemolo e pomodoro, e per finire un pizzico di pepe verde vanigliato.


PRODOTTI ECCELLENTI

L’ECCELLENZA DI UN SERVIZIO COMPLETO

BARTOLOTTI

TUTTO PER IL MONDO DEL FOOD SERVICE CORSI INCLUSI La Bartolotti Srl si colloca fra le aziende leader del territorio romagnolo nel settore dei servizi per la ristorazione e l’alberghiero. Specializzatasi fortemente nel campo del breakfast e rivolta soprattutto a hotel, ristoranti e contract caterers, questa azienda nata negli anni Cinquanta (oggi condotta da Mauro Bartolotti) vanta prodotti selezionati, attrezzature specifiche e consulenze studiate su misura per ottenere la miglior tipologia di allestimento. Obiettivo primario della Bartolotti Srl, infatti, è riuscire ad essere sempre in grado di offrire le soluzioni più adatte alle esigenze della propria clientela: ciò è possibile grazie a una continua attività di aggiornamento sui prodotti in commercio, a un attento ascolto del cliente e a una passione per il mondo del catering che dura da più di sessant’anni. Una visita all’ampio e luminoso showroom, sviluppato su entrambi i piani della sede cervese, è il miglior modo di conoscere la Bartolotti Srl.

26


BARTOLOTTI

All’interno di questo spazio espositivo potrete trovare un’ampia gamma di articoli, alimentari e non: dalle ultime novità in fatto di prima colazione alle attrezzature più recenti per la sala, dagli intramontabili classici del catering ai prodotti per intolleranti e celiaci, da due intere sezioni dedicate al finger e al take away ai ripiani riservati ai più recenti arredi per la tavola.

27


PRODOTTI ECCELLENTI

LO SHOWROOM E I CORSI PROFESSIONALI Lo showroom della Bartolotti Srl ospita una cucina professionale che, ogni anno, è sede di corsi pomeridiani per la ristorazione: ad ogni appuntamento i migliori chef e pasticceri del territorio romagnolo - e non solo - affrontano argomenti di attuale interesse che rispecchiano la filosofia dei prodotti distribuiti dall’azienda. Di seguito gli eventi della stagione 2017/2018 (riportati più dettagliatamente sulla pagina Facebook e sul sito della Bartolotti Srl): 27/10/17 “Il mondo delle salse – completano un piatto, lo decorano e abbattono il food cost” Chef Samuele Zani in collaborazione con Unilever Food Solutions 07/11/17 “Il finger food al di fuori dell’aperitivo – come arricchire un buffet in pochi e semplici passi” Chef Debora Fantini 10/11/17 “La tradizione romagnola, ieri e oggi: pochi, buoni e rivisitati” Chef Debora Fantini 15/11/17 “Le zuppe e le minestre, un completamento economico del menù” Chef Samuele Zani in collaborazione con Unilever Food Solutions 17/11/17 “Open Day Demetra: presentazione dell’azienda Demetra-Wiberg” Chef Matteo Milani in collaborazione con Demetra e Wiberg 23/11/17 “I formati di pasta alternativi: l’Italia è il Paese dei mille formati di pasta, perché usare sempre gli stessi?” Chef Stefano Faccini in collaborazione con De Cecco 24/11/17 “Le torte della colazione: profumi e sapori di una volta incontrano tecniche innovative, ricette pratiche, veloci, gustose e capricciose allo stesso tempo” Pastry Chef Serena Paioli

28

30/11/17 “Naboo Sea Experience, dal mare alla tua tavola” Chef Erich Branchini in collaborazione con Lainox e Mazzotti Srl 04/12/17 “Pizze e focacce: a tutta lievitazione! – Un appuntamento dedicato al mondo delle pizze e delle focacce, dalla colazione alla cena” Chef Matteo Milani in collaborazione con Demetra Food Academy 07/12/17 “La pasta integrale: un percorso alla scoperta dei condimenti più adeguati” Chef Stefano Faccini in collaborazione con De Cecco 12/12/17 “A tutto cacao: un viaggio fra i dolci tradizionali del Natale ricchi di cioccolato, dalle torte alla biscotteria” Pastry Chef Serena Paioli

15/12/17 “Ok, il prezzo è giusto! Il prezzo ideale: definirlo, comunicarlo al meglio, capire come variarlo in base alla domanda, migliorare la sua percezione e aumentare le vendite” Dott. Mauro Santinato 18/12/17 “La colazione salata: chi ha detto che è solo brioche e cappuccino?” Chef Domenico Stefanía 11/01/18 “Naboo Meat Experience: un focus sui piatti a base di carne” Chef Erich Branchini in collaborazione con Lainox e Mazzotti Srl 12/01/18 “Il maiale dalla P alla O: diamo nuova luce ai tagli classici!” Chef Andrea Giuliani 18/01/18 “La biscotteria francese: ohlala, c’est super!” Pastry Chef Serena Paioli 26/01/18 “Il gluten-free salato: pietanze gluten free da semilavorati a marchio Knorr” - Chef Samuele Zani in collaborazione con Unilever Food Solutions 02/02/18 “Il menù integrale: dare importanza al gusto e al benessere” Chef Domenico Stefanía 05/02/18 “Il mondo delle verdure: contorni per la ristorazione, gli alberghi e la banchettistica” Chef Gaetano Ragunì


BARTOLOTTI

15/02/18 “I fritti: piccoli suggerimenti per prepararli al meglio” Chef Stefano Faccini 21/02/18 “Il finger food dolce: piccole porzioni, grandi risultati - Un corso sulla nuova pasticceria fresca realizzata secondo tecniche innovative” Pastry Chef Serena Paioli 22/02/18 “Le tecniche di cottura: il forno, il grill e tanto altro” Chef Erich Branchini in collaborazione con Lainox e Mazzotti Srl 02/03/18 “Il menù di ferragosto: usciamo dagli schemi comuni” Chef Debora Fantini 05/03/18 “Cucinare senza: la cucina per gli intolleranti” Chef Monia Amadori 08/03/18 “Gelati fatti in casa, sorbetti, gelati soft e altri dessert: pratici, buoni, economici” Chef Giuseppe Buscicchio in collaborazione con Carte d’Or 14/03/18 “Nuovi dolci gluten-free per tutti i palati: nuovi semilavorati a marchio Carte d’Or per gli intolleranti al glutine…e non solo” Chef Samuele Zani in collaborazione con Carte d’Or 16/03/18 “Il menù per i bambini: mettere a tavola i più piccoli è sempre un’impresa…” Chef Monia Amadori 22/03/18 “Tutti pazzi per le verdure” Chef Erich Branchini in collaborazione con Lainox e Mazzotti Srl

La peculiarità della Bartolotti Srl è essere anche agente in esclusiva di molte fra le più importanti aziende del settore della ristorazione sul territorio romagnolo: Knorr, De Cecco, Lipton, Calvè, Demetra, Pfanni, Kellogg’s, Monini, Natura Nuova, Golfera, Strega, CHS, Wiberg, Nutrifree, Tre Marie, Galbusera, Icat Food, Angelo Parodi e Del Monte, Grandi Riso, Carte d’Or, Donzela ed Hellmann’s. Per ciascuna di queste aziende, la Bartolotti Srl può proporre le migliori condizioni d’acquisto direttamente dal produttore oppure tramite un servizio di consegne giornaliere direttamente dai propri magazzini.

BARTOLOTTI SRL

Via Lesina, 23 - 48015 Cervia (RA) Tel. (+39) 0544.974243

Fax (+39) 0544.974244 www.bartolotti.com

bartolottisrl@bartolotti.com

LO SHOP ON-LINE La Bartolotti Srl è anche sul web grazie a www.bartolotti.com - il sito dell’azienda all’interno del quale è possibile trovare news, prodotti, servizi e cataloghi - e a Squisitaly (www.squisitaly.com), uno shop online con prodotti scelti, alimentari e non, dedicati agli appassionati di cucina che amano il gusto e lo stile italiano. Nato pochi anni fa, Squisitaly risponde a una comune passione per i prodotti di qualità e per la ristorazione. Oltre a una ricchissima proposta legata al mondo delle colazioni, questo shop online offre prodotti biologici, complementi d’arredo, alimenti gluten-free e ipocalorici, piccole attrezzature, prodotti per l’infanzia e molto altro.


30


31


GOURMETFOOD

NIKO ROMITO

L’ASSOLUTO IN CUCINA

di foto di

Simone Rosti

Francesco Scipioni e Alberto Zanetti Brambilla Serrani Photographers

foto dei piatti:

Il portone in ferro del Casadonna è alle nostre spalle: siamo appena usciti da uno dei templi mondiali della ristorazione e dell’accoglienza. La sensazione è quella di essere in quella sorta di limbo che precede il risveglio, quando è ancora labile il confine fra sogno e realtà. La suggestiva struttura bianca e austera del Casadonna si allontana, mentre si allarga l’orizzonte prospettico sui vigneti che la circondano. Qualche minuto dopo siamo nel cuore dell’Abruzzo con le sue imponenti montagne arrotondate; solo ora cominciamo a metabolizzare mentalmente l’esperienza vissuta da Niko Romito. Omen nomen - Romito: l’eremita.

32


NIKOROMITO

33


GOURMETFOOD

Niko Romito e Cristiana

L’isolamento anche geografico è una caratteristica evidente di questa zona dell’Abruzzo, è il suo limite e la sua forza. Ma Niko qui è nato, qui è restato, qui ha costruito il suo paradiso di (tre) stelle. Dunque il piccolo sacrificio necessario per arrivare a Castel Di Sangro rientra nella poetica di Romito che in qualche modo impone un viaggio nelle radici più profonde della sua terra. L’intento apologetico è evidente: “noi siamo il nostro territorio, noi siamo la nostra storia e le nostre tradizioni”. Un messaggio che passa attraverso la materia, la tecnica, la perfezione esecutiva dei piatti, la visione di una straordinaria cucina contemporanea, ma anche attraverso un’accoglienza straordinaria: un capolavoro assoluto. E qui volevamo arrivare, a quel capolavoro che è l’assoluto di cipolle con parmigiano e zafferano tostato, un piatto che racchiude tutta la sua visione, fatta di (pochi) sapori netti che si insinuano come lame, dove il concetto non prevarica mai la fruibilità, dove le idee non richiedono interpretazioni, dove la perfezione è declinata in modo comprensibile. Sì perché da Romito chiunque, anche chi non frequenta abitualmente cucine stellate, trova facilmente il proprio comfortfood tra le portate. Pensiamo alla spigola con capperi ed estratto di


NIKOROMITO

INFUSO

di funghi e cardoncelli INGREDIENTI per 4 persone

PREPARAZIONE

g. 50 di carota, 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio,

norm. Cuocere in forno a vapore a 100°C

Per l’infuso: l. 2 di acqua, g. 50 di sedano, g. 800 di funghi porcini, g. 110 di funghi porcini secchi, g. 6 di timo.

Per il servizio: peperoncino, timo, dragoncello, anice stellato, sale.

Per i cardoncelli: g. 500 di funghi, erbe (timo, maggiorana, prezzemolo, timo), g. 5,5 di sale, g. 10 di olio.

Cuocere in forno a vapore per 35 minuti a 68°C. Raffreddare.

Porre tutti gli ingredienti in una gastroper un’ora. Estrarre dal forno e passare alla etamina. Pesare 2 litri e 100 grammi di brodo e aggiungere 110 grammi di funghi

porcini secchi e 6 grammi di timo in infu-

sione per 30 minuti. Filtrare alla etamina strizzando bene. Degrassare.

Per il servizio: rimettere il brodo in infusione con peperoncino, timo, dragoncello, anice stellato e regolare di sale.

Montaggio del piatto: tagliare i funghi a pezzi e rigenerare per 7 minuti a 170°C.

Sistemare i funghi nella ciotola e versare l’infuso di funghi precedentemente filtrato.

prezzemolo: una disarmante semplicità con tre sapori che guidano una piccola sinfonia espressiva che resterà impressa nei ricordi. La sinfonia lascia poi spazio all’acuto del tenore, e così arriva la misticanza alcolica (con gin) con una crema di mandorle alla base. Portate di incredibile immediatezza che azzerano la distanza fra cibo e pensiero.

35


GOURMETFOOD

In senso orario, dall’alto: “i benvenuti” (soffice di pistacchio salato, ravanello marinato,

pomodoro arrosto glassato al miele, fagottino di pane e ragù, patata sotto la cenere, crosta-

tina con olive nere e olio extravergine d’oliva); “Cocomero e pomodoro”; “Infuso di capra, dragoncello e lamponi”; “Baccalà con peperone arrosto e rosmarino”; “Mandorle, yogurt, nocciole, salvia e limone”; “La colazione”.

36


NIKOROMITO

Romito ci conduce nel cuore della materia prima come una schioppettata, ma la tensione per ottenere tali risultati è estrema. La verza arrosto, ad esempio, ne è l’emblema, con i suoi 40 giorni di preparazione per un lungo processo di fermentazione che in bocca esplode in un’incontenibile concentrazione di sapore. Dopo gli straordinari pani serviti all’inizio (focaccia di saragolla, sfoglia croccante con farina di ceci e rosmarino, grissini con farina di solina e miele di castagno), a circa metà della degustazione del lungo menù, arriverà sul tavolo una pagnotta accompagnata da una perentoria raccomandazione: “questo è il pane dello chef, una portata a cui lui tiene molto”. Pensiamo che non ci sia analisi o dissertazione che possa far capire l’approccio di Niko Romito come l’affaire del pane: la straordinaria pagnotta di pane (con un

37


GOURMETFOOD

FETTUCCELLE

di semola, gamberi rossi e pepe rosa INGREDIENTI per 4 persone

in padella con la “base gambero”

g. 1 di dragoncello

cello, maggiorana, menta e le

5 gamberi rossi interi g. 2 di pepe rosa

g. 320 di fettuccelle di semola g. 1 di menta

g. 1 di maggiorana olio

sale

aggiungendo pepe rosa, dragoncode dei gamberi crudi. Aggiustare di sale. Impiattare e servire con ag-

giunta di olio a crudo.

PREPARAZIONE

Sgusciare i gamberi e asciugarli conservandoli in frigorifero. Con le teste dei

gamberi, preparare la “base gambero rosso” schiacciandole in una pressa elettrica.

Cuocere le fettuccelle in abbondante ac-

qua bollente salata, scolarle e mantecarle

ANIMELLE

panna, limone e sale INGREDIENTI per 4 persone

g. 0,5 di acido citrico

PREPARAZIONE

g. 300 di panna fresca

sale di Cervia

la piena d’acqua fredda per spurgarle.

g. 800 di animelle di agnello g. 0,5 di acido tartarico

buccia di limone

olio extravergine d’oliva

mettere le animelle a bagno in una pentoCuocerle a vapore per 50 minuti ad una

temperatura di 85°C. Una volta cotte, raffreddarle in acqua fredda.

Dividere le animelle in pezzi di circa 1 cen-

timetro e tostarle in padella con solamente un po’ di olio extravergine d’oliva.

Nel frattempo emulsionare la panna con

l’aggiunta dell’acido citrico e acido tartarico con un po’ di buccia di limone.

Adagiare un po’ di panna su un piatto piano e sopra appoggiarvi le animelle.

A questo punto salare le animelle e la par-

te esterna della panna, con l’aggiunta di un filo d’olio.

38


NIKOROMITO

impasto che riesce a combinare la crosta croccantissima con la fastosità della mollica) assurge a totem simbolico per la celebrazione del grano. Siamo di fronte ad un colpo ad effetto senza nessun fuoco d’artificio: solo materia. Niko Romito si pone davanti al proprio ospite scevro da sovrastrutture, e tutto scorre con sapori scolpiti nella pietra: pancetta e sedano rapa; calamaro pepe e lattuga; tortelli di pollo; fettuccine di semola con gamberi rossi e pepe rosa. Lenticchie, nocciole e aglio (piatto del 2017) rappresenta, a seguire, l’ennesima prodezza, per aver elevato l’aglio e le nocciole a protagonisti da red carpet. Pulizia totale ed equilibri impressionanti, fra dolcezza ed acidità, nella granita di liquirizia, aceto di vino, cioccolato bianco e aceto balsamico. Il servizio in sala - guidato da Cristiana Romito - è la sintesi fra precisione e discrezione: lo stesso leit motive della cucina. Nel bilancio, con tutte le voci stabilmente collocate nella colonna dei plus, balzano alla mente i benvenuti dalla cucina con i quali Romito ha voluto tracciare senza ambiguità le sua linea: soffice di pistacchio salato; ravanello marinato; pomodoro arrosto glassato al miele; fagottino di pane e ragù; patata sotto la cenere; crostatina con olive nere e olio extravergine d’oliva. Esperienza totalizzante, che include anche il soggiorno al Casadonna con le sue nove stanze di un lusso morigerato, senza eccessi, minimale e solare, in linea di continuità con la sala ristorante, e il giardino per l’aperitivo. E la colazione che, da sola, vale il viaggio!

CASADONNA - RISTORANTE REALE

Piana Santa Liberata - 67031 Castel di Sangro (AQ) Tel +39 0864 69382 - Fax +39 0864 840610 www.nikoromito.com

info@ristorantereale.it

39


GOURMETFOOD

IL PAGLIACCIO

ANTHONY GENOVESE LO FA CON SPIRITO FRANCESE, ORIENTALE E INGLESE di

40

Alessandra Meldolesi


ANTHONYGENOVESE

L

ui è quello che dal 2003 si esibisce al civico 129 di via dei Banchi Vecchi; dietro una facciata all’apparenza anonima del centro storico di Roma, balugina la targa dei Relais & Châteaux, sezione Grandes Tables, quasi fosse un cartellone sulla strada. La penombra svela interni contrastati: niente gabbie e trapezi, ma pavimenti originali, di cui ogni centimetro è vincolato, e una parete rosso pompeiano che cita la romanità; mentre sullo sfondo il giardino interno abbozza un altrove orientale con il suo delicato intrico di curve verdi. Dettagli che prima dei suoi piatti iniziano a raccontare chi è Anthony Genovese, chef che ad ogni servizio veste i panni del Pagliaccio. Forse il migliore di Roma , grazie a un mix di tecniche, tanto eclettiche quanto solide, e immaginazione, senso del gusto e rigore, ponderazione classica e diversione esotica. Sempre con la Francia sullo sfondo: l’Alta Savoia dove è nato da genitori calabresi, che l’hanno svezzato alla cucina meridionale, e la Provenza dei grandi maestri della cuisine du soleil, in largo anticipo su Alain Ducasse.

41


GOURMETFOOD

Jacques Maximin, per cominciare, mentore di Ferran Adrià, che ai tempi impartiva qualche sporadica lezione presso la scuola alberghiera di Nizza. “Me lo ricordo duro, esigente, intransigente. Permeato di grandeur francese”. Poi, fra gli altri, Dominique Le Stanc, allievo di Senderens che, prima di ripiegare sulla Merenda, cucinava a Eze Village. “Ed è stato il mio primo stellato: un colpo di fulmine per l’approccio, la qualità del prodotto, l’impiattato”. Soprattutto il tristellato Passédat a Marsiglia. “Ma io avevo qualche difficoltà, perché mi sono sempre sentito italiano in un ambiente sciovinista. Così nel 1990 ho rifiutato un posto di capo partita da Ducasse per lavorare da Pinchiorri con Carlo Cracco. E ricordo che tutti mi sfottevano: ‘Cosa vai a fare in Italia, gli spaghetti?’ Invece è stato

42

grazie all’Enoteca che ho conosciuto l’Asia, dalla Thailandia al Giappone, dove ho trascorso un anno”.

IL MELTING POT DELLA SUA FORMAZIONE Ed è ancora melting pot a Londra, dove per tre anni Genovese si ferma al Four Seasons, prima di scappare in Malesia al Mandarin. “Da lì ho conosciuto Singapore, Hong Kong e Pechino. Facevo cucina italiana, ma mi ritagliavo il tempo per visitare mercati e mangiare nei loro ristoranti; ce ne erano anche all’interno della struttura. Perché un cuoco deve essere curioso, sempre. E da quel mal d’Asia non sono mai guarito: adesso sto studiando le cucine del Vietnam, del Laos e della


ANTHONYGENOVESE

TRIGLIA

melanzane e finocchi INGREDIENTI

Per le melanzane

kg. 1 di pomodoro misto datterino

e marinarle in brodo di pollo, spellarle

Per l’acqua di pomodoro l. 1 di thè lapsang

Cuocere il tutto a 83°C per 2 ore. Per la crema di pomodoro

Filtrare l’acqua di pomodoro, aggiungere sale e pepe e legare.

Melanzane baby; friggerle le melanzane

e laccarle con la laccatura di melanzane, passare in salamandra. Per la laccatura

5 melanzane cotte a fiamma viva; recupe-

rare tutto il succo che ne fuoriesce dopo averle ben strette in etamina.

Ridurre il tutto con acqua e aceto. Per il finocchio

g. 300 di succo di finocchi g. 3 di agar agar

Frullare e ricavarne un gel. Per la polvere di squame

Friggere le squame della triglia, essiccarle con alga fritta, ricavarne una polvere.

43


GOURMETFOOD

Cambogia, che mi affascinano per il rispetto dell’ingrediente e la leggerezza, la valorizzazione del vegetale e delle erbe, le consistenze croccanti e le liquidità fresche. Sono ancora poco conosciute in Italia, contrariamente alla cucina cinese, che è molto più aggressiva, e a quella thai, nettamente più invadente”.

UNA CUCINA CON DOPPIO PASSAPORTO “Conoscendo bene la nostra tradizione, il matrimonio è naturale con un tocco di zenzero, lemongrass o alghe”, minimizza Genovese. Dopo la parentesi di Palazzo Sasso a Ravello, lo celebra da 14 anni al Pagliaccio, ristorante premiato con una e poi due stelle Michelin. Non chiamatela fusion, però: quella di Genovese è una cucina dal doppio passaporto, che dell’Asia esplora le zone d’ombra, oltre i cliché che imperversano sulle tavole dei giovani. Profumi infilati nella pancia dell’aereo, ma soprattutto un romantico amore dell’“altra riva”, per dirla con Mario Praz, dove l’esotismo è già erotismo, piacere puro. La lezione asiatica significa purezza del prodotto attraverso la tecnica e vibrazione della materia viva, grazie al rifacimento quasi quotidiano della linea, alla sistematica esclusione del sottovuoto e alla prevalente cottura diretta in padella. “Perché amo la fiamma viva, il profumo della carne e del pesce nell’aria, toccare, infornare, bruciacchiare. Schiumare il brodo è bellissimo. I miei cuochi devono avere innanzitutto il ‘manico’, tanto che per metterli alla prova chiedo una cotoletta alla milanese”. Senza dimenticare la lezione francese, nella struttura del piatto e nelle basi quali fondi e brodi. Anno dopo anno l’esuberanza, all’origine del nome, è stata sfron-

data per via di riduzione, cosicché in cucina si attua un doppio movimento: di espansione e contrazione, come di sistole e diastole, in modo da conciliare la pulizia con l’immaginazione, la stravaganza col rigore. “Perché una volta tentavo di colpire a tutti i costi, ero più irruento e provocatorio. Ma la maturità mi ha portato a ragionare di più, senza smettere di innovare”. Dopo 5 mesi di stop per il rifacimento della cucina (dove mancava perfino un forno performante), la ripartenza è avvenuta sotto il segno di Parallels, nuovo menu dove gli assi sono come sempre geografici, ma corrono anche fra sala e cucina, con la valorizzazione del servizio e degli abbinamenti a cura di Matteo Zappile (nella foto a lato con lo chef), storica spalla di Genovese, autore di una carta dei vini da 1400 referenze che non esclude

44


ANTHONYGENOVESE

BATTUTO DI PECORA E CAVIALE INGREDIENTI

PREPARAZIONE

1 uovo di quaglia

e salata per circa 8 minuti, raffreddare e

g. 200 di carne di pecora g. 50 di bulgur g. 5 di caviale

2 foglie di sesamo

g. 20 di funghi enoky 5 alici

g. 10 di senape in grani erbe miste

coriandolo menta

erba cipollina

Sbollentare il bulgur in acqua bollente condire con olio, sale, pepe, aggiungere

le erbe. Fare un battuto con la carne di pecora e condirla con olio evo, sale e pepe, senape in grani, fish sauce, aceto di lam-

poni. Utilizzare una foglia di sesamo larga per arrotolarvi il battuto.

Disporre i tre rolls di battuto in verticale

sul piatto, adagiarvi i funghi al di sopra e

aggiungere su un lato il tuorlo dell’uovo di quaglia.

45


GOURMETFOOD

46


ANTHONYGENOVESE

MOUSSE

ai frutti di bosco INGREDIENTI

PREPARAZIONE

2 uova

casseruola e farlo sciogliere a bagnoma-

Per il Pan di Spagna g. 60 di zucchero semolato g. 60 di farina 00 Per la glassa

g. 75 di panna liquida g. 20 di siroppo

Per la glassa: porre il cioccolato in una

ria, in un secondo pentolino riscaldare la

panna liquida con lo sciroppo e lo zucchero e, nel finale, aggiungere una stecca di vaniglia.

Aggiungere i fogli di gelatina.

g. 60 di zucchero semolato

Per la mousse: porre la gelatina in am-

g. 3 di gelatina in fogli

di bosco in un mixer aggiungendo il succo

g. 60 di cioccolato bianco

Per la mousse

g. 250 di purea di frutti di bosco g. 5 di gelatina in fogli

g. 5 di succo di limone

g. 12 di crema di cassis g. 40 di albume

g. 40 di zucchero semolato g. 50 di panna

mollo in acqua e ghiaccio. Versare i frutti

di limone filtrato e frullare il tutto, passare

al setaccio. Riscaldare un terzo della purea in un pentolino ed aggiungere la gelatina ben rappresa.

Unire il resto della purea e la crema di cassis. Fare una meringa con lo zucchero

cotto a 118°C. Montare la panna ed unirla

alla purea di frutta, aggiungere infine la meringa. Porre il tutto negli stampi in sili-

cone. Guarnire con frutti di bosco e parte della purea.

birre e sakè. I menu sono due: il Pagliaccio, con i suoi 8 classici a 150 euro, e per l’appunto Parallels, percorso che conta 10 corse a 170; ma ci sono anche il lunch a 75 euro e la carta. Alle ricette collabora tutta la brigata, con Genovese che stabilisce linee guida e ingredientistica e un confronto che si sviluppa a tutto campo, provando e riprovando insieme allo storico sous-chef Francesco di Lorenzo e ai diversi capi partita; né va diversamente per gli abbinamenti, ideati da Zappile e sottoposti a Genovese. Ne risultano sequenze di evoluzioni, capriole e salti eseguiti con fermezza, come stringendo le parallele dei ginnasti, ora simmetriche, ora ben distanziate. Fluttuando sospesi nell’aria.

47


GOURMETFOOD

LE MATERIE PRIME TRACCIATE Le carni arrivano dalla Bottega Liberati; il pesce da quattro fornitori, basati in Francia o a Nettuno; ma il sogno è un orto proprio dove toccare terra, come nei giochi dei bambini. Vari i grassi: tanto extravergine, poco burro, sugna e grasso d’oca, ma anche oli di avocado, zucca e sesamo in finitura. Fra i classici risaltano l’ostrica, proposta con mela e camomilla oppure litchi, la testina di maialino, la pasta e stoccafisso con la ‘nduja, in ricordo di nonno Fosso. Oppure il foie gras, marinato nel miso rosso invecchiato nel legno di ciliegio, abbattuto e affettato, servito crudo senza sale con la ricciola in tataki (per una similitudine fra burrosità) marinata in aceto di riso, acqua e zucchero, il battuto di arachidi, tamarindo e lemongrass al Pacojet per rinfrescare su note ancora nocciolate. E l’anatra di Bresse, quasi-laccata passando l’acqua bollente sulla pelle a più riprese, per

48

propiziare il croccante, e spennellandola di una miscela di glucosio, Sherry cinese, camomilla e spezie varie. Viene servita con una cassolette di rigaglie ai fagiolini, un involtino di pasta phyllo alle cosce e aromi, sali e pepi misti al limone nero iraniano. Composizioni che sono quasi sempre incentrate su un unico protagonista, attorno al quale si disegnano le orbite della trottola gastronomica. Con la classicità che sterilizza il caos e la possibile assuefazione della fusion, un uso parco quanto strategico delle spezie (“sto ancora studiando il pepe”), la predilezione ricorrente per i legumi, trait-d’union fra Italia e Asia. È strepitoso, fra i piatti più recenti, il benvenuto: un cilindro di nasello crudo glassato al jus di pollo e senape (pesci e carni bianche, come classicità comanda), servito con albume montato e passato al vapore, stile oeuf à la neige, frutto della passione e una lamella di finocchio arrosto. Dove per via di similitudine con la massa spumosa è la testura inverosimile del pesce, quasi di panna ben ferma a risaltare, grazie al passaggio in salamoia

e soprattutto all’insolito taglio spesso e parallelo alle fibre. Cosicché quello che sarebbe un difetto (la polpa poco soda) viene esaltato e riscattato, fino a diventare l’architrave del piatto, che finisce per comporre un soufflé di pesce in due tempi. Ma per freschezza, precisione e sensibilità gustativa centrano il palato anche i primi, come i fusilli ai cannolicchi, crema di mandorle e porri, più semplici e golosamente italiani, o i tortelli di carota e vitello in brodo infuso al fieno bruciato (foto in alto), non privi di souvenir di Francia. Più classici i dessert, opera di uno chef pâtissier francese strappato all’Enoteca Pinchiorri: mettono in sequenza un’idea di formaggio e l’opulenza di un biscotto pain de Gênes turrito di lamponi sopra il burro all’arancia.

IL PAGLIACCIO

Via dei Banchi Vecchi, 129/a - Roma Tel. 06 6880 9595

www.ristoranteilpagliaccio.com info@ristoranteilpagliaccio.com



GOURMETFOOD

SATURA

LA CUCINA ACCESSIBILE DI

CRISTIANO TOMEI di

Sara Favilla Lido Vannucchi

foto di

La creatività è una di quelle attitudini che mal si conformano a rigide classificazioni, a meno che non dichiari di aderire a movimenti manifesti, ovviamente. E quando si parla di creatività in cucina, si entra in un dibattito che è un mare magnum e che richiede una solida scialuppa di salvataggio per non annegare. Ben lo sa Cristiano Tomei, che di mare se ne intende – visto che la spiaggia di Viareggio è stata la sua prima culla da cuoco – e che con il suo Imbuto, traghettato a Lucca da ormai cinque anni, è una stella polare per i naviganti gourmet dell’ultima era.

50


CRISTIANOTOMEI

51


GOURMETFOOD

Una creatività debordante, quella dell’Imbuto, che sfugge a ogni regola e a ogni elenco (com’è noto, lo chef non ha mezze misure: o lo si odia o lo si ama) al punto che da un anno a questa parte si è pure moltiplicato. Biblicamente parlando, col rischio di sembrare blasfemi - ma Tomei ama le provocazioni, almeno verbalmente - l’Imbuto-Adamo ha generato Satura-Eva da una sua costola: una bellissima creatura, generosa e feconda. Nel linguaggio moderno si chiama spin-off, che Treccani ci spiega essere un “risultato o sviluppo positivo di un’azione, un’azienda o un prodotto”. E così è. Un capannone, un’ex fabbrica di ceramiche, con quell’allure da archeologia industriale, con le pareti ricoperte da scampoli di carta da parati, tavoli in fòrmica, una grande sala per eventi, ma soprattutto una cucina grande nella qualità, oltre che negli spazi, che possa fungere da incubatore, da laboratorio, uno spazio fisico e mentale più ampio a supportare le idee vorticose dello chef Tomei. Ma una costola con un’identità propria. A Satura infatti non si elaborano solo idee e piatti per l’Imbuto, ma anche una cucina ad hoc, prête-a-manger. Dopo un anno di attività frenetica e sperimentale, a spasso nel territorio, oggi questa è una cucina compiuta e decisamente attraente. Ripescando nella memoria imbutiana della prima epoca, oggi il menu di Satura ripercorre piatti storici che hanno contribuito a imporre Tomei all’attenzione con quel suo modo irriverente e sempre bonario di strizzare l’occhio alla tradizione. Il calamaretto con sedano e nero alla birra, col suo intenso profumo di salmastro, gioca sul ricordo dell’insalata tiepida di mare tipica dei pranzi in riviera, mentre la caprese viene proposta in forma di zuppetta a base di burrata con acqua di pomodoro e olio al basilico, per un equilibrio di sapori e una piacevolezza che istigano alla scarpetta.

52


CRISTIANOTOMEI

TAGLIOLINI

stracciatella, seppie e salvia INGREDIENTI

PREPARAZIONE

per kg. 1 circa di farina

tagliolini al coltello. Tagliare finemente la

Pasta fresca preparata con 16 tuorli nero di seppia birra Jaipur seppia

salvia fresca burrata

olio, sale e pepe q.b.

Stendere la pasta fresca e ricavare dei

seppia in striscioline sottili. In una padella sfumare il nero di seppia con la birra senza far ridurre.

Cuocere i tagliolini in abbondante acqua salata e mantecarli a fine cottura con le seppioline crude e un filo d’olio.

Montare il piatto adagiando sul fondo il nero di seppia, il cuore della burrata, i

tagliolini e rifinire con qualche foglia di salvia fresca.

53


GOURMETFOOD

ZUPPA CONTADINA INGREDIENTI

g. 840 di patate, g. 500 di fagioli borlotti, g. 80 di

porri, g. 100 di cavolo nero, l. 2 di brodo vegetale, rosmarino, salvia, alloro, radice di zenzero, olio

extravergine d’oliva, sale q.b., pepe nero q.b., crostini di pane abbrustolito. PREPARAZIONE

Sgranare i fagioli e mondare le verdure, quindi tagliare in piccoli pezzi. Stufare il porro in una pen-

tola con olio evo, quindi aggiungere tutti gli altri ingredienti (patate, zenzero, cavolo, le erbe aro-

matiche), fare rosolare per qualche minuto, quindi coprire con il brodo vegetale e far cuocere un paio

d’ore. Servire calda e guarnire con un filo di olio toscano a crudo e i crostini di pane abbrustolito.

Magnifica la rievocazione della scarpaccia viareggina (sorta di tortino salato a base di zucchine, di cui esiste pure una versione dolce tipica della vicina Camaiore) qui elaborata in forma di pancake salato con crema di zucchine, zucchine marinate con la nepitella, caprino grattugiato e senape. Un’esplosione di umami al palato suggellata al formaggio stagionato, per un piatto perfetto in cui tutte le componenti – la dolcezza della zucchina, la freschezza della nepitella, la sapidità del pancake e l’acidità della senape – sono orchestrate al punto da invogliare al bis e al tris.

BACCALÀ con le patate

INGREDIENTI

g. 800 di filetti di baccalà ammollato, kg. 1 di patate, kg. 2 di sale grosso, olio evo, sale e pepe q.b., rosmarino.

PREPARAZIONE

Lavare le patate con la buccia, asciugarle e ada-

giarle in una teglia da forno riempita di sale gros-

so. A fine cottura sbucciare le patate e frullarle con poco olio evo, sale e pepe fino a ottenere un

composto soffice ma compatto. Cuocere il baccalà a bassa temperatura per un’ora circa, quindi ro-

solarlo sulla piastra fino a quando la pelle diventa croccante. Comporre il piatto adagiando sul fondo

dell’olio aromatizzato al rosmarino, il filetto di baccala e il soffice di patate.

54


CRISTIANOTOMEI

CAPPELLACCI DI MELANZANE INGREDIENTI per 4 persone

PREPARAZIONE

concentrato di pomodoro

pat fino a renderlo molto sottile, quindi fare essiccare.

Per la sfoglia

Per la crema di cozze

g. 100 di cozze sgusciate g. 50 di acqua di cozze scorza di lime Per i ravioli

pasta fresca fatta a mano

(16 tuorli per 1 kg. circa di farina)

Per la sfoglia di pomodoro stendere il concentrato di pomodoro con una spatola sul silPer i ravioli, preparare la sfoglia, incidere le melanzane lasciandole intere e farle cuocere in forno senza condimenti.

Quindi sbucciarle, frullarle, lasciar sgocciolare tutto il liquido e reidratarle con succo di

yuzu, sale, olio e pepe quanto basta, quindi farcire la sfoglia stesa sottile e cuocere in abbondante acqua salata.

Preparare la crema di cozze frullando i mitili, unendo l’acqua di cozze e la scorza di lime. Quindi setacciare. Montare il piatto con la salsa di cozze alla base, il raviolo e rifinire con la sfoglia di pomodoro.

2 melanzane

succo di yuzu

olio evo, sale e pepe q.b.

55


GOURMETFOOD

ROVELLINA DI POLLO INGREDIENTI per 4 persone 1 petto di pollo intero Per la marinatura

olio, sale, rosmarino, scorza di limone, aglio,

2 uova, pangrattato q.b., farina q.b., kg. 1 di pomodori San Marzano, olio di semi per friggere, foglie e polvere di capperi. PREPARAZIONE

Mettere il petto di pollo in marinatura con tutti gli ingredienti in una busta per il sot-

tovuoto, quindi sigillare e cuocerlo a 73°C per un’ora.

A fine cottura, scolarlo, tagliarlo

in cubi, passarlo quindi una prima volta in farina, uovo

sbattuto e pangrattato e di nuovo in uovo sbattuto

e pangrattato per la doppia

panatura, quindi friggere in

olio di semi bollente.

Per la salsa, frullare 1 chilogram-

mo di pomodori San Marzano, la-

sciarli sgocciolare per una notte av-

volti in un canovaccio di lino in modo

che perdano la loro acqua, e far quindi

cuocere la purea in padella con olio e

aglio. Montare infine il piatto, adagiando i

cubi fritti, rifininendo con la salsa di pomodoro, le foglie e la polvere i capperi.

56


CRISTIANOTOMEI

Tra i primi, il tagliolino, nero di seppia, stracciatella, seppie e salvia è un piatto goloso e generoso nella quantità, bello per la masticazione in cui la consistenza affine del tagliolino e della seppia è resa più piacevole dalla cremosità della stracciatella. La rivisitazione di un piatto tipicamente lucchese – come la rivisitazione scabiniana della milanese nella cotoletta di Fassona al camino – è la rovellina di pollo con capperi (a lato), un cubo di polpa di pollo dorato in una doppia panatura che lo sigilla in un baule croccante mantenendone la carne tenera e quasi burrosa – cottura perfetta – con una salsa concentrata di pomodoro e capperi, per un piatto che spedisce dritti dritti alla tavola di mamma e di nonna in un pranzo dell’infanzia. Tra i dessert, la colazione da Satura è una tazzina con cremoso al biscotto, olio di elicriso, granita di fior di latte, miele di castagno e crumble di biscotto, da risveglio dei sensi. Un dessert che ricorda i profumi della pineta, fresco e goloso, in cui l’olio di elicriso, per la nota amaricante, smorza la dolcezza del cremoso senza stancare. Strepitosa anche la panna cotta alla pizzaiola, che riprende la caprese degli antipasti, chiudendo così il cerchio magico del pasto, con la polvere del cappero che esalta la dolcezza della panna cotta, arricchita dall’aromaticità dell’origano e uno splendido pomodorino candito (dell’Azienda Pachineat) come una ciliegina sulla torta. In cucina si alternano i ragazzi della brigata dell’Imbuto guidati dal resident Luca Del Padrone, sarzanese classe 1993, che ha lavorato per 4 anni in brigata al Lux Lucis con Valentino Cassanelli, e ora è spalla perfetta di Cristiano Tomei. Anche la sala è un buon punto fermo, grazie a Camilla Tomei – sorella dello chef – recentemente affiancata da Christian Farnocchia, che ha già lavo-

rato con Tomei ai suoi esordi nel 2001, sia in sala che in cucina, e che dopo numerose esperienze – oltre a vari ristoranti in Versilia, anche un anno in Messico – è tornato alle origini. Un locale – perché chiamarlo ristorante o osteria pare inappropriato – che con un menu a prezzi che spaziano dai 4 euro (negli antipasti) ai 15 (nei secondi) e due menu degustazione – uno da 4 portate a 25 euro e uno da 6 portate a 35 euro – ma con piatti che si possono tranquillamente definire gourmet, è sicuramente una meta in cui fare tappa fissa.

SATURA

Via Nazario Sauro, 513 55100 Lucca

Tel. 0583 48182

www.saturalucca.it info@saturalucca.it

Giorno di chiusura: domenica a cena

57


GOURMETFOOD

IL NUOVO CORSO DI

VILLA IGIEA A PALERMO

di Jerry foto di

Bortolan Giovanna Di Lisciandro

Buone, godibili, divertenti e raggiungibili. Sono le idee gastronomiche dello chef Carmelo Trentacosti, realizzate con provocazioni comprensibili che formano un cocktail equilibrato di sapori. E’ questo che fa la differenza della cucina e del suo chef a Villa Igiea, a Palermo. Carmelo Trentacosti, da due anni, è lo chef dello storico Hotel di Palermo in stile neogotico costruito alla fine dell’Ottocento come residenza privata dall’ammiraglio inglese Cecil Domville. Acquistato poi dalla famiglia Florio, che diede al palazzo il nome della figlia Igiea, fu ristrutturato e proposto come hotel di lusso e charme per la clientela della Belle Epoque e arredato con lo stile corrente del liberty dall’architetto Ernesto Basile, uno dei leader mondiali dell’Art Nouveau. La sua location a picco sul mare, il giardino esotico interno, la posizione particolare della piscina, incastonata tra alte colonne di marmo che le fanno da cornice e si affacciano sul golfo di Palermo, ne hanno fatto una meta fashion per il jet set internazionale sempre in cerca di un approdo esclusivo.

58


VILLAIGIEA

59


GOURMETFOOD

Nella creatività di Carmelo Trentacosti - un aitante quarantenne con un physique du ròle da star del cinema prestato per un ruolo di chef - c’è tutta l’esperienza maturata nel suo lungo percorso professionale, prima da autoditatta, poi affinata con studi e tecniche apprese nelle cucine di grandi chef. Per quattro anni è stato anche il “capitano” della nazionale dei cuochi italiani con una “squadra” composta da 10 chef, di cui sei titolari e quattro riserve, che si è confrontata al mondiale di Lussemburgo e alle olimpiadi di Basilea. Ma è nella sua Sicilia che lo chef ha approfondito e acquisito la capacità di estrarre il massimo del piacere dagli straordinari prodotti che la sua terra gli mette a disposizione e, attraverso idee e test continui, ha realizzato e realizza piatti unici, non esportabili fuori dal suo territorio. Nell’ultima visita, lo abbiamo accompagnato a fare la spesa nel folcloristico e variegato mercato del “Capo” - alternativo a quello della Vucciria, ormai scaduto per qualità e varietà del pescato -. E’ stata un’esperienza stimolante vederlo all’opera tra i

60


VILLAIGIEA

BACCELLO DI PISELLI INGREDIENTI per 4 persone

PREPARAZIONE

g. 10 di burro di cacao

lata. Una volta cotti, aggiungere pochissi-

g. 150 di fiocchi di patate g. 30 di acqua

g. 100 di piselli freschi

g. 10 di olio di oliva extravergine g. 2 di colla di pesce g. 5 di cipolla

g. 300 di olive nere essiccate denocciolate sale e pepe q.b.

g. 1 di germogli di piselli

Cuocere i piselli in acqua leggermente sama cipolla, aggiustare di sapore e frullare

aggiungendo la colla di pesce precedentemente ammollata.

Ottenuta la crema, ricavare delle piccole sfere con l’aiuto della pellicola trasparente e abbattere in negativo.

Per il baccello, mixare i fiocchi di patate

con il burro di cacao liquido e l’acqua, ricavando un composto medio morbido,

spalmare negli stampi e cuocere in micro-

onde per 1 minuto circa. Mixare le olive disidratate ottenendo la polvere di olive.

Riempire il baccello con le sfere e servire con la polvere di olive nere e i germogli.

61


GOURMETFOOD

TRIGLIA A BECCAFICO INGREDIENTI per 4 persone

4 triglie di media dimensioni, g. 100 di pomodorini ciliegia, g. 10 di aglio, g. 10 di cipolla, g. 5 di basilico, g. 5 di pinoli, sale e pepe q.b., g. 300 di olio di semi di ara-

chidi, g. 5 di uvetta sultanina, g. 5 di acciuga sott’olio, buccia di arancia grattugiata q.b., pane raffermo q.b., g. 200 di scampi, g. 5 di finocchietto, 2 uova intere, g. 10 di salicornia, g. 20 di farina. PREPARAZIONE

Squamare e diliscare le triglie facendo in modo da lasciare la triglia aperta a libro,

pararle e metterle da parte. Fare appassire la cipolla in un tegame con olio, acciughe, pinoli, uvetta e finocchietto selvatico. Una volta appassita, aggiungere gli scarti

delle triglie e pochissimo pane raffermo grattugiato; lasciare cuocere per 10 minuti e abbattere in positivo.

Riempire le triglie con il composto; panarle passandole prima nella farina, poi nell’uovo e infine nel pane raffermo (solo la crosta).

In un tegame mettere ad appassire la cipolla, il basilico e i pomodorini ciliegia, la-

sciare cuocere per 5 minuti, aggiustare di sapore e frullare ottenendo una salsa liscia. Sgusciare e tritare gli scampi, ottenendo una tartare; aggiustare di sapore. Friggere le triglie in olio di semi alla temperatura di 175°C.

Impiattare mettendo una quenelle di scampi al centro del piatto, adagiarvi sopra la triglia e guarnire con la salsa di pomodorino e la salicornia.

62

banchi, mentre si informava, guardava, toccava, annusava tutte le varietà dei prodotti e delle spezie alimentari del territorio siciliano. Prodotti che Carmelo Trentacosti impiega per le sue raffinate creazioni che legano tradizione e innovazione, ma semplici da capire e gustose. Nel suo percorso ci sono tutte le sfumature e la generosità che il pianeta mare produce: crostacei, pesce, alghe. Ha chiamato Terra d’Amare l’armonico e suadente risotto, realizzato con plancton, ricci di mare, formaggio caprino e mandarino verdello del suo giardino: un gioco di gusti che esalta i sapori nitidi dei suoi piatti senza creare complicazioni gratuite, ma in sintonia con l’atmosfera nella quale ci si immerge. Per questo la sua cucina è schietta, profonda, sensuale e regala emozioni forti, come con la triglia a beccafico - triglia farcita con crudo di scampi e crema di datterino -. Ma il piatto a cui tiene di più, perché moglie e figli ne sono golosissimi, è il baccello di piselli, crakers con sfere di piselli, realizzato con una rigorosa tecnica per riproporre l’autenticità del colore e la forma e per esaltarne il gusto con amido, farina, burro, grana padano. Con sapore di sale e sapore di mare, spaghetti di grano duro cotti in acqua di pomodoro, zucchine fritte gamberi di nassa e ostrica grattugiata, Carmelo sa modulare i sapori che ogni ingrediente apporta. Infine, con uno dei dessert che chiama rabarbaro, lo chef dà fondo al suo estro estetico e artistico: una vela bianca e rosa shoking, realizzata con rabarbaro in dolce cottura, gelato allo yogurt, meringhe all’anice stella e polvere di lampone. Un concentrato di “dolce” Sicilia per un viaggio sensoriale che risveglia ricordi passati.


VILLAIGIEA

RABARBARO

in dolce cottura, con meringhette all’anice stellato, gelato allo yougurt e polvere di lampone liofilizzata

VILLA IGIEA GRAND HOTEL

Salita Belmonte, 43 90142 Palermo

Tel. 091 631 2111

www.villa-igiea.com

INGREDIENTI per 4 persone

g. 400 di rabarbaro, g. 20 di zucchero di canna, g. 5 di anice stellato, 1 bacca di vaniglia, g. 100 di latte, cannella in stecca q.b., 3 uova, g. 30 di zucchero a velo, g. 20 di lamponi, g. 30 di sciroppo di zucchero, g. 250 di gelato allo yougurt. PREPARAZIONE

Lavare e pelare il rabarbaro, metterlo in un sacchetto sottovuoto con sciroppo di zucchero, anice stellato, cannella in stecche e farlo cuocere a bassa temperatura (62°C) per 40 minuti. Abbattere in positivo e mettere da parte.

Fare una classica crema inglese portando il latte a 72°C, aggiungere i rossi amalgamati con lo zucchero e la vaniglia e lasciare risalire alla stessa temperatura (72°C).

Per la meringa, montare i bianchi con lo zucchero a velo scaldando un attimo la base della

planetaria con un cannello da cucina: la meringa sarà pronta quando diventerà lucida. Spalmare il composto su dei silpat e lasciarli asciugare in forno alla temperatura di 30°C per una notte. Per la polvere di lamponi, lasciarli disidratare per 2 notti e mixare al cutter.

Impiattare: tagliare il rabarbaro a tocchetti piccoli e metterlo al centro del piatto fondo,

cospargere con la salsa inglese, adagiarvi sopra una pallina di gelato allo yougurt e le tegole di meringa; cospargere con la polvere di lamponi e servire.

63



LOCHEF Profumi d’Abruzzo Ingredienti per 4 persone g. 300 di riso carnaroli, g. 200 di acqua di pomodoro, g. 200 di acqua, g. 60 di lardo, g. 40 di pecorino, g. 10 di paprika dolce, pepe e sale q.b., olio di coriandolo, olio ai peperoni secchi di Altino, pistilli di zafferano e nero di seppia in polvere. Per l’acqua di pomodoro: g. 200 di pomodori ramati, g. 800 di datterini. Tagliare i pomodori i in quattro, salarli, schiacciarli recuperando il succo e poi filtrare con etamina. Procedimento: in una pentola tostare il riso, quindi bagnarlo con acqua di pomodoro e acqua normale, cuocendo per 15 minuti; a cottura ultimata mantecarlo con lardo, pecorino, olio di peperoni, olio di coriandolo, paprika, sale e pepe. Impiattare il riso, aggiungere pistilli di zafferano e spolverarlo con le polveri di paprika e al nero di seppia.

Enrico Crippa Classe 1971, è considerato uno dei più talentuosi cuochi italiani grazie a un background formativo di primissimo piano che parte dalla scuola alberghiera di Como e si sviluppa affiancando Gualtiero Marchesi, Michel Bras, Ferran Adrià e con esperienze internazionali che gli consentono di creare un suo stile originale e distintivo. Nel 2003 incontra la famiglia Ceretto con la quale inizia, nel 2005, il progetto del ristorante Piazza Duomo, ad Alba. Nel 2006 conquista la prima stella Michelin, dopo tre anni la seconda e nel 2012 la terza stella. RISTORANTE PIAZZA DUOMO Alba (CN) In collaborazione con

ILPIATTO


GOURMETFOOD

66


RISTORANTEGUSTU

RISTORANTE

GUSTU

SAPORI CHE MIGLIORANO LA QUALITÀ DELLA VITA di

Flavia Tomaello

Il ristorante di alta gastronomia boliviana Gustu punta a diventare uno dei motori del progresso sociale ed economico del Paese. La Bolivia è un paese che mantiene un profilo basso per quanto riguarda la gastronomia e il turismo: una specie di Cenerentola del Sudamerica, dove approdano solamente viaggiatori esperti o alcuni uomini d’affari che, di norma, si ritrovano a Santa Cruz de la Sierra. La sua stessa capitale, La Paz, rimane nascosta agli occhi dei più. Gustu può essere il primo passo per tentare di cambiare questa prospettiva. Il ristorante di alta gastronomia, che si trova tra i quartieri di Alto florida e di Calacoto, a pochi metri da uno dei viali più densamente popolati, la Avenida Costanera, si serve esclusivamente di prodotti che sono seminati, coltivati, provenienti, allevati, trasformati e processati da mani boliviane e dentro il territorio nazionale. Di fatto Gustu - che in lingua quechua significa “sapore” - parte dalla premessa che il Paese conta varietà naturali, culturali e geografiche che aprono un ventaglio interminabile di opportunità per lanciare nel mondo una “cucina boliviana” tout court.

67


GOURMETFOOD

AMARANTO CREMOSO

con pomodori confettati, zucchini caramellati ed erbe disidratate con yogurt INGREDIENTI

rietà Aribibi gusano, olio q.b.

in una pentola e coprire con acqua fredda.

g. 100 di formaggio fresco, g. 100 di par-

canna e il peperoncino Aribibi. Collocare

fuoco basso lasciando cuocere il tutto per

Per le rbe disidratate

migiano, g. 150 di yogurt, g. 1 di pepe ne-

ro, g. 200 di coriandolo, foglie di sedano e

Mescolare i pomodori con lo zucchero di

il tutto in una pentola e coprire con olio. Scaldare a 80ºC e cuocere per 20 minuti.

Scaldare fino a far bollire e lasciar bollire a un’ora. Ridurre.

Ritirare dal fuoco e lasciar raffreddare.

Per l’amaranto cremoso

giano, lo yogurt e il pepe nero in un frul-

Per i zucchini caramellati

ranto cotto, ml. 30 di vino bianco ridotto

i lati con la miscela ottenuta usando un

roppo di canna.

wacataya.

Miscelare il formaggio fresco, il parmi-

latore. Spennellare le erbe da entrambi pennello. Collocare su carta da forno

o silpat e lasciar disidratare in forno a 150ºC per 30-45 minuti. Conservare in luogo asciutto.

Per la salsa di verdure

1 cipolla bianca, kg. 3 di carote, 2 gambi di sedano.

Passare tutte le verdure in uno spremiagrumi per estrarne il succo. Ridurre il liquido al 10% del suo volume.

Per i pomodorini cherry confettati

kg. 2 di pomodorini cherry, g. 100 di zucchero di canna, g. 20 di peperoncino va-

68

kg. 1 di zucchini caramellati, g. 150 di sciRealizzare delle palline con le zuccchine (un cucchiaio “parisienne”). Ripulire le palline di zucchine fino a farle diventare morbide. Ridurre lo sciroppo fino a quando

diventa spesso. Aggiungere le palline ripulite allo sciroppo di modo che quest’ultimo le copra completamente. Raffreddare

ml. 70 di brodo di verdure, g. 70 di ama(50%), g. 15 di parmigiano grattugiato fino, g. 15 di burro, g. 30 di amaranto bollito.

Riscaldare l’amaranto bollito con il brodo

di verdure e versare il vino bianco ridotto. Aggiungere il formaggio e il burro e me-

scolare. Aggiungere l’amaranto. Correggere il sapore con il sale q.b.

e conservare.

PREPARAZIONE

Per il brodo di verdure

ranto cremoso. Decorare con 5 pomo-

g. 500 di porro, g. 300 di cipolla bianca,

g. 300 di carote, g. 100 di sedano, l. 4 di acqua.

Lavare, pelare e tagliare le verdure a da-

dini di media grandezza. Collocare il tutto

Coprire il piatto con 5 cucchiate di amadorini cherry confettati e 5 zucchine caramellate. Decorare con puntini di

salsa di verdure sopra l’amaranto cremoso. Coronare con le erbe disidratate. Servire caldo.


RISTORANTEGUSTU

L’obiettivo del ristorante non è solo quello di ricevere stelle Michelin o di arrivare a posizionarsi a ottimi livelli regionali: ha delle finalità molto più “altruiste”, come ad esempio quella di aiutare la precaria economia biliviana, produrre benefici per i produttori locali e dotare le varie comunità degli strumenti necessari per migliorare le proprie condizioni di vita. Tanto è che un piccolo progetto imprenditoriale come Gustu, potrebbe diventare, secondo le dichiarazioni dei suoi stessi ideologi, uno dei motori del progresso economico e sociale del Paese, e al tempo stesso ispirare tutta una nuova generazione ad interessarsi alla gastronomia e all’arte culinaria.

“Crediamo che sia possibile cambiare il mondo attraverso il cibo”, ci assicura la responsabile della cucina, Kamilla Seidler, nota per essere una persona semplice, innovatrice de elegante quando si tratta di esprimere le proprie proposte. Danese di origine (nasce a Copenaghen) e attualmente membro dell’Accademia di Gastronomia del suo Paese d’origine, ha studiato gastronomia presso l’Hotel & Restaurantskolen København e si è formata come chef in alcune delle cucine più importanti d’Europa, tra cui vale la pena ricordare Manoir Aux ‘Quat Saisons, Paustian, Geist e Mugaritz. L’imprenditore gastronomico Claus Meyer la contatta nel 2012 e le assicura

69


GOURMETFOOD

70


RISTORANTEGUSTU

di avere in mente il progetto per farle realizzare tutti i suoi sogni. E’ così che Meyer crea la fondazione Melting Pot, un’organizzazione senza fini di lucro e con l’obiettivo di creare migliori opportunità ed elevare la qualità della vita della popolazione, attaverso iniziative che vedano il cibo, il gusto e la capacità imprenditoriale come elementi fondamentali. E’ così che Seidler giunge a La Paz, dove sembra avere incontrato il proprio posto nel mondo. La dedizione verso il suo nuovo Paese d’adozione hanno fatto sì che la gente del posto la chiamasse “la danese delle Ande”. La spinta per portare avanti il progetto è stata data dall’IFU, il fondo danese che attua lo sviluppo di iniziative volte al rispetto dell’ambiente e alla nascita di valore aggiunto per le comunità locali, sulla base della responsabilizzazione e dell’istruzione.

LA BOLIVIA A TAVOLA Il ristorante ha aperto le sue porte nell’aprile del 2013. “Offre centinaia di prodotti tutti di origine boliviana e i cui aromi, sapori e colori vengono trasformati in piatti e bevande che conducono alla scoperta della ricchezza e della biodiversità della Bolivia”, assicura Seidler. Ogni piatto è parte di un’esperienza volta a risaltare con semplicità ed eleganza le qualità di ogni prodotto attraverso combinazioni innovative e orientate a soddisfare anche i palati più esigenti. Vengono offerti due menù: il menù “Clásico”, che, di fatto, è il primo approccio per addentrarsi alla scoperta dell’identità della biodiversità del Paese, e il menù “Bolivia”, che offre la possibilità di fare un passo avanti verso questa idea di perfezione. Il riconoscimento a livello internazionale non tarda ad arrivare.

71


GOURMETFOOD

PATATE DOC

in sale rosa con nasturzio e capperi di sambuco INGREDIENTI

Per le patate al forno: g. 300 di patata

lasciar raffreddare nel sale. Quando il sale

ml. 125 di acqua, g. 225 di patata “Huay-

di patata “Ajahuira”, kg. 2 di sale.

strato di sale e togliere le patate.

Per la crema di patate: g. 150 di latte, cha” o qualsiasi tipo di patata farinosa,

“Huaycha”, g. 300 di patata “K’aty”, g. 300

sarà raffreddato, rompere con cautela lo

g. 70 di burro senza sale, g. 3 di sale.

Lavare le patate senza danneggiarne la

PREPARAZIONE

estrattore di succo. Cuocere a bassa tem-

fondo con un leggero strato di sale. Alline-

mescolando continuamente senza farla

Pelare le patate, lavarle e metterle in un peratura il succo delle patate per due ore,

scuotendolo ogni 5 minuti. Aggiungere il latte, il sale mescolando bene e continuare la cottura a fuoco lento per altre due ore. Togliere dal fuoco, aggiungere il burro e mescolare bene con un miscelatore a mano.

72

scorza. In un recipiente da forno, coprire il

are le patate sopra il sale e coprirle com-

pletamente con il sale. Ripetere il procedimento quante volte sia necessario fino a

coprire tutto il recipiente da forno, e assicurandosi che le patate siano ben coperte. Mettere in forno a 200°C per 30 minuti e

Scaldare la crema a bassa temperatura, attaccare. Scaldare le patate al forno in

una padella asciutta fino a quando diven-

tano bianche. Servire, versando prima la crema di patate, sopra di essa allineare

le patate e decorare con capperi e fiori di nasturzio.


RISTORANTEGUSTU

Nel 2013/2014, Gustu ottiene il primo posto nel premio Cono Sur, come miglior ristorante della regione che comprende Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Perù, Uruguay e Venezuela. Dal 2014, inoltre, è entrato stabilmente nella prestigiosa classifica Latin America’s 50 Best Restaurants della rivista Restaurant Magazine, dove occupa il 14° posto in America Latina e il primato assoluto nel suo paese. Nel 2016 riceve il premio Where in the World to Eat Award da parte di CondeNast Traveler, come uno degli undici ristoranti più eccezionali del Centro e del Sud America. Anche la rivista Forbes, dal canto suo, lo posiziona tra gli otto ristoranti dell’America Latina che devono essere visitati. Quello stesso anno, Seidler viene premiata come miglior chef donna dell’America Latina ed arriva in finale al Basque Culinary World Prize, un premio che riconosce il lavoro dei cuochi di tutto il mondo che spingono la società verso cambiamenti positivi attraverso la gastronomia. Quest’ultima onorificenza le è stata conferita ex equo con Michelangelo Cestari, il responsabile generale di questa fatica imprenditoriale. La cucina non è l’unico bene dell’”essenza boliviana” che Gustu si propone di mostrare al mondo.

Nella sua area bar ha infatti deciso di dare maggior risalto ai produttori nazionali di vino, di singanis (una grappa d’uva tipica del Paese), di birra, di liquori e distillati di qualità. La sua cantina, completamente dedicata ai prodotti boliviani, ospita 112 nomi di diverse vendemmie e dà visibilità a 25 imprese di trasformazione provenienti da quattro aree di produzione, oltre a 8 piccoli produttori di birra artigianale e a circa 30 distillerie.

GUSTU

Ave Costanera 10, La Paz, Bolivia

Tel. +591 2 2117491

www.gustubo.restaurantgustu.com

73


EVENTI

FOTOCRONACA DAL

17° FESTIVAL DELLA CUCINA ITALIANA A PESARO

La 17esima edizione del Festival della Cucina Italiana, quest’anno è stata organizzata in “outdoor” nella suggestiva cornice del centro storico di Pesaro e si è conclusa nella serata di domenica 24 settembre, facendo registrare grande affluenza e grande soddisfazione da parte di staff organizzativo e sponsor. Migliaia gli ospiti che si sono intrattenuti agli stand disposti ai lati della splendida Piazza del Popolo assaggiando specialità provenienti da tutta Italia, suddivise per regione. Dalla polenta della Lombardia agli arancini siciliani, passando

Nella foto, con gli chef dell’Accademia Nazionale Italcuochi,

da sinistra, Gianfranco Vissani, il Sindaco di Pesaro Matteo Ricci, l’Assessore alla Vivacità e alla Bellezza Daniele Vimini e l’Assessore al Dialogo Luca Bartolucci.

74


per la “Pappa al Pomodoro” toscana e l’immancabile pizza napoletana a cura del Maestro Maurizio Leone: un delizioso viaggio culinario lungo lo stivale accompagnato dagli ottimi vini esposti negli stand dedicati, mentre una via del centro è stata dedicata ai piccoli produttori artigianali di grandi eccellenze. La Madia Travelfood ha inoltre coinvolto i due blasonati chef Davide Oldani e Gianfranco Vissani: i “Maestri” si sono prodigati ai fornelli per decine di ospiti presso il Ristorante Lo Scudiero, a pochi passi dalla Piazza centrale.

75


foto di

Claudio Mollo

EVENTI

TONNO AL RAGÙ DI PECORA

e cotto di fichi, scampi battuti con wafer di formaggio di Montebore al muschio

DALLE CENE ESCLUSIVE GIANFRANCO VISSANI - DANIELE PATTI/MATTEO AMBROSINI CRUDO DI CARNE BOVINA

farina di mele, bottarga di tonno, spaccasassi Rinci, crema di mandorle e spugna di peperone di Altino, thè Damman

76

MONDO DI PASSIONE morbido di pistacchio con croccante e visciole


TRIGLIA “A GHIOTTA”

cremoso di albicocche e zafferano

A 4 MANI... DAVIDE OLDANI - DANIELE PATTI/MATTEO AMBROSINI RISO RISERVA SAN MASSIMO

pane, pepe nero e Marsala

SAN PIETRO

laccato al melograno con insalatina Orto Gourmet

77


EVENTI

PREMIO NAZIONALE GALVANINA Il Premio Nazionale Galvanina, riconoscimento tra i più prestigiosi nel panorama enogastronomico italiano, è un vero e proprio omaggio all’innovazione nel mondo del cibo. Cinque le sezioni del Premio (Cultura, Giornalismo, Cucina, Imprenditoria, “Cuore”), nelle edizioni passate assegnato a personaggi dello spessore di Tonino Guerra, Gualtiero Marchesi, Vittorio Sgarbi, Pierluigi Celli, Andrea Scanzi, Carlo Cracco, Niko Romito, Gianfranco Vissani, solo per citare alcuni nomi.

78


Il Premio Galvanina è parte integrante del Festival della Cucina Italiana giunto alla 17ª edizione, uno degli appuntamenti enogastronomici più longevi e rilevanti sul cibo e il vino, per la prima volta a Pesaro. Questi i cinque protagonisti del Premio Nazionale Galvanina. Il Premio alla Cultura viene conferito ad Antonio Attorre, tra i primi a scandagliare il rapporto tra il cibo e il cinema, tanto da raccontare una inedita storia del grande schermo che attraversa Hitchcock, Wilder e Chabrol. Docente universitario nella Politecnica delle Marche e alle Scienze Gastronomiche di Pollenzo, è autore di diversi saggi sul rapporto cibo e la settima arte. Per il Giornalismo viene premiato Davide Paolini, il “gastronauta” per eccellenza dell’enogastronomia italiana. Il suo è un racconto lontano dai luoghi comuni, alla ricerca di ristoranti, prodotti tipici, ricette, impervi territori della cucina poco battuti dai più. Paolini è ideatore di numerosi eventi e divulgatore su numerosi media nazionali.

Se in Italia esiste una cucina Pop, Davide Oldani è il suo antesignano. Un innovatore a tutto tondo, cresciuto alla scuola di quattro mostri sacri della cucina mondiale (Gualtiero Marchesi, Albert Roux, Alain Ducasse, Pierre Hermé); è cuoco di fama internazionale (aperture di locali a Manila e Singapore), maestro egli stesso, salito in cattedra persino ad Harvard. Inevitabile assegnargli il Premio alla Cucina. Se Oldani è un innovatore in Cucina, Fabio di Gioia lo è nel mercato, quello dell’e-commerce, con la fondazione di Foodscovery, sistema che consente di ordinare prodotti icona della gastronomia regionale direttamente da contadini, pescatori, allevatori, trasformatori, piccoli produttori più rappresentativi della tradizione locale saltando tutti i passaggi della distribuzione tradizionale. Un sistema che applica l’innovazione del mezzo (internet) alla tradizione agricola italiana. A lui viene assegnato il Premio nella sezione Imprenditoria. Il Premio del “Cuore” coniuga cibo e solidarietà. In questa edizione viene consegnato a Francesca Matace-

na, ideatrice del progetto “Rossinimania”, dove la musica si mette al servizio di chi è in difficoltà esistenziale. Il progetto di recente ha sostenuto Enrico Mazzaroni, chef in odore di stella Michelin proprietario del Tiglio di Montemonaco (Ascoli Piceno), locale gravemente colpito dal tremendo sisma nelle Marche.

79



81


82


83




ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM

a cura di

Alessandro Rossi esperto di vino, bon vivant, fondatore del Premio “Dire Fare Sognare”

IMPARARE A DEGUSTARE: OGNI VINO HA IL SUO AROMA È sicuramente interessante, e in qualche caso divertente, analizzare i riconoscimenti olfattivi, gli aromi e gli odori, che i giornalisti enologici attribuiscono ai diversi vini, principalmente sulla base delle caratteristiche peculiari del vitigno piuttosto che sull’intervento umano in cantina. Diamo quindi un’occhiata a questi descrittori, limitandoci ad alcune delle tipologie più diffuse. Chardonnay: nocciola tostata, mela, pera, miele di acacia, tiglio, burro, caramello, ananas, cedro, cera. Gewürztraminer: buccia d’arancia, acqua di rose, litchi, frutto della passione, mango, muschio. Pinot Bianco: pesca, mela, fiori bianchi, pera, prugna, limone, ananas, noce. Riesling: limone, pera, mela verde, mela cotogna, frutta candita, ortica, petrolio, pietra bagnata. Sauvignon: limone, lime, ribes nero e rosso, pompelmo, frutto della passione, melone verde. Verdicchio: anice, mela, rosmarino, mentuccia, fiori bianchi, erbe di campo, cedro. Vermentino: cedro, mela, melone, menta, timo, anice, fiori bianchi, macchia mediterranea. Barolo (e vini invecchiati a base di uva nebbiolo, dal Barbaresco allo Sfurzat di Valtellina): rosa appassita, catrame, tabacco dolce, rosmarino, cenere, terra bagnata, basilico, liquirizia, radici. Brunello di Montalcino (e vini a base di sangiovese, dal Chianti

86

Classico al Romagna Sangiovese): viola passa, prugna, liquirizia, ciliegia, balsamo, pelle, tabacco scuro. Cabernet Sauvignon: lampone, ribes nero, peperone, sigaro, cioccolato, pelle, animale, tabacco scuro, erbaceo. Merlot: ribes nero, prugna, mora, ciliegia, funghi, pelle e pelliccia, liquirizia, catrame, tabacco dolce. Pinot Nero: frutti rossi, ribes nero, lampone, ciliegia, fragola, pelliccia, sangue, susina, pepe. Syrah: terra asciutta, pepe, animale, piccoli frutti neri, lampone, cumino, cannella, cioccolato. Da tenere presente che, nei vini più importanti, si arrivano a contare più di 300 diversi descrittori, per cui c’è anche chi preferisce – forse un po’ semplicisticamente ma non troppo – limitarsi a dire che il Taurasi sa di Taurasi e che il Brunello sa di Brunello, senza aggiungere aggettivi. Ora, questo è il primo passo fondamentale, per affrontare tecnicamente una degustazione. Esistono certamente tanti modi di degustare, ma il migliore per essere meno influenzati dalle etichette è la degustazione coperta o alla cieca (blind tasting per gli inglesi, dégustation à l’aveugle per i francesi). La degustazione alla cieca consiste nel coprire (meglio ancora se si travasano in una caraffa in un locale separato, per evitare di vedere se si tratta di una borgognotta o di una bordolese o


ILFOCUSDIALESSANDROMAGNUM

di una renana) le bottiglie che si intendono assaggiare, al fine di non essere condizionati dal tipo di vino, dalla zona di provenienza, dall’annata e soprattutto dal produttore. È infatti normale che ognuno di noi, vuoi per proprio gusto personale, vuoi grazie agli opinion leader che scrivono su riviste e blog, vuoi grazie a particolari esperienze personali, abbia all’interno del proprio bagaglio degustativo qualche produttore che apprezza più di tanti altri. Non sapere che cosa e chi stiamo degustando rende certamente più professionale, affascinante e imparziale l’assaggio, anche se questo genere di allenamento è particolarmente faticoso e difficile. È comunque importante esercitarsi in questo modo perché le varie sensazioni, i profumi e i sapori che un vino esprime durante una degustazione coperta affinano il nostro curriculum sensoriale e imprimono maggiormente le varie sfaccettature di ogni singolo vino nella nostra memoria. La degustazione coperta è considerata un metodo di lavoro, un mezzo per far parlare liberamente un vino e non essere condizionati da niente e nessuno, per imparare a esprimere un proprio giudizio personale non inficiato da valutazioni già espresse da altri. Non mancano però degustatori che sono contrari a questo metodo e che preferiscono vedere l’etichetta in modo da poter più facilmente individuare un territorio d’origine e farsi un’idea immediata sulla tipicità del prodotto. Soprattutto, quando si assaggia alla cieca, non bisogna avere paura di sbagliare, a volte anche in modo clamoroso: succede a tutti, anche ai più bravi.

Esistono comunque due principali tipologie di degustazione comparativa: quella orizzontale e quella verticale. La degustazione orizzontale consiste nella comparazione di vini della stessa annata. Questo tipo di degustazione deve avere un comune denominatore, per esempio il vitigno o la zona di produzione, infatti di norma ci si limita alla stessa annata una singola denominazione (ad esempio Taurasi 2009 o Chianti Classico Riserva 2001). Lo scopo di questa degustazione è quello di confrontare vini con caratteristiche comuni, ad eccezione del produttore. Tra gli addetti ai lavori questo tipo di assaggio è importantissimo per capire quali sono, all’interno di uno stesso territorio di produzione, le cantine di maggior interesse. Ovviamente si possono assaggiare vini di annate recenti ma anche lontane, in questo caso per aggiungere un giudizio sulla capacità evolutiva del vino, sulla vendemmia e sull’abilità delle aziende. La degustazione verticale consiste invece nella comparazione di un vino dello stesso produttore ma di annate differenti. Si tratta dunque di una valutazione storica di una particolare etichetta prodotta da un’azienda vinicola. È sicuramente una degustazione molto affascinante, dove si ripercorrono la vita più o meno lunga di un vino, i possibili mutamenti dello stile produttivo nel corso delle varie annate, ma soprattutto la storia e le potenzialità dei diversi millesimi. In entrambi i casi l’approccio al vino è molto professionale. Adesso, cari lettori, sta a voi capire come affrontare questa materia. Buon divertimento e buona degustazione.


VINARIA

88


SOAVE

SOAVE

NEL PAESAGGIO RURALE DI INTERESSE STORICO MENZIONI GEOGRAFICHE AGGIUNTIVE E NON SOLO di Gianluca Ricci Foto Archivio Fotografico Consorzio del Soave - fotografo Charley Fazio

Tra qualche mese, a meno di imponderabili complicazioni burocratiche dell’ultima ora, il Soave compirà un altro, importante passo verso la sua definitiva consacrazione. Dopo aver ottenuto il riconoscimento ufficiale di “paesaggio rurale di interesse storico” per le sue colline vitate da parte del Ministero delle Politiche Agricole, il Soave punta infatti all’inserimento in disciplinare delle “menzioni geografiche aggiuntive”, quelle che in Francia chiamerebbero più poeticamente cru: il termine originale non consente traduzioni semplici ed immediate, visto che ogni zona d’oltralpe lo addomestica secondo convenienza; tuttavia per cru si può intendere a grandi linee un singolo vigneto o un singolo territorio coltivato a vite che assume, pur all’interno di una medesima produzione vinicola, caratteristiche qualitative particolarmente significative, al punto da concentrare su quella microarea produttiva l’interesse degli appassionati e quello dei produttori, che si vedono moltiplicare le rese economiche per ogni singolo grappolo conferito.

89


VINARIA

I francesi hanno poi esagerato, al solito, elaborando anche una scala dei cru, ovvero un sistema di valutazione su base percentuale che permette di classificare la produzione dei singoli villaggi o dei singoli vigneti all’interno di una stessa denominazione e di sottoporre al consumatore una fotografia quanto più possibile oggettiva dell’offerta qualitativa di ogni vino. In Italia il massimo consentito dalla normativa è la menzione aggiuntiva, ovvero la specificazione in etichetta del singolo vigneto o della singola frazione, in modo che il consumatore più esperto possa apprezzare le sfumature organolettiche in grado di differenziare un vino da un suo omologo. Il Consorzio del Soave, forte di ben 64 areali di produzione diversi e distinti, è convinto che il vino prodotto nelle cantine degli associati

90

sia sufficientemente complesso per garantire un adeguato campionario di sapori e profumi e sia per questo pronto al grande balzo. Già, perché in Italia a tutt’oggi ad avere ammesso in disciplinare la possibilità di citare la menzione geografica aggiuntiva sono stati solo Barolo, Barbaresco e pochissimi altri, a testimonianza dell’implicita investitura nell’empireo dei vini che l’operazione garantisce. Lo conferma lo stesso Arturo Stocchetti, presidente del Consorzio: “Si tratta di un processo importante sia perché le nostre vigne storiche ottengono un riconoscimento ufficiale all’interno del disciplinare, differenziando in tutta sostanza vigneto da vigneto, terroir da terroir, sia perché viene così certificata la maturità di un sistema in grado di competere per qualità, storia e vocazione con le zone vitivinicole

più blasonate del mondo. È una strada che può percorrere solo chi ha una storia vera alle spalle: basti pensare ai numerosi nostri vigneti di collina, dove coltivare la vite è più faticoso, dove si trovano le vigne più vecchie, dove la Garganega si è acclimatata da secoli e dove ogni appezzamento di terreno dà vita a profumi e sapori distinti e originali”. Costeggiola, Campagnola, Pressoni, Montetenda e Froscà, tanto per citare solo alcune delle menzioni che diventeranno ufficiali fra qualche mese, saranno valori aggiunti per un vino che all’innegabile forza espressiva contenuta in ogni singola bottiglia sta affiancando riconoscimenti e blasone unici e invidiabili. Manovre che se da un lato permettono di certificare la bontà di un prodotto che non ha certo più bisogno di ulteriori implementazioni,


SOAVE

dall’altro potenziano a dismisura le armi a disposizione delle politiche di commercializzazione. Il Soave, per rimanere concorrenziale sul mercato dei prodotti di qualità, necessita di strategie di questo tipo: che nel Veronese ci si stia dando da fare in questo ambito lo dimostrano le numerose iniziative studiate per promuovere la denominazione veneta nel mondo. Dopo il Soave Preview, una sorta di anteprima per far conoscere agli acquirenti provenienti da tutto il pianeta le specificità dell’annata, ecco “Summer of Soave”, tasting guidati nei locali più trendy di Londra, Leeds, Manchester ed Edimburgo; e poi “Soave by the glass”, manifestazione studiata proprio per preparare gli appassionati al futuro delle menzioni, e “Soave versus”, evento organizzato proprio sulla falsariga del precedente. Non è un mistero che la conquista dei mercati esteri passi oggi dal perfezionamento dei processi qualitativi e quella del cru è una strada che può garantire ampliamenti e consolidamenti di quote importanti. Ma a Soave non ci si vuole fermare qui: è ufficiale infatti anche la candidatura del vino veneto all’ingresso nel “Globally Important Agricultural Heritage System (GIAHS)”, il programma avviato dalla Fao e sottoscritto dall’Italia nel 2016 per valorizzare i territori ricchi di biodiversità dove l’a-

91


VINARIA

gricoltura sostenibile produce tipicità. Si tratta di un programma che a livello mondiale punta alla nascita di processi di produzione sostenibili: ecco che allora individuare alcune aree specifiche in grado di rispettare questi principi diventa una priorità. A Soave da anni si sta lavorando per riuscire a mantenere paesaggi di particolare interesse estetico e socio-culturale grazie alla continuità delle tecniche agricole tradizionali, che permettono, proprio come pretende la Fao, l’adattamento della comunità antropica con l’ambiente e viceversa, in uno scambio all’insegna del rispetto, della conservazione dinamica e dello sviluppo sostenibile. “L’ingresso nel Giahs – commenta il presidente del consorzio Arturo Stocchetti – rappresenta la naturale conseguenza del riconoscimento ministeriale di primo paesaggio rurale di interesse storico in Italia. Se tutto andrà come speriamo, diventeremo i primi nel nostro Paese a poterci fregiare di questa prestigiosa conquista”. Non per nulla il Soave ha elaborato da qualche tempo un particolare “modello di difesa avanzata”, rigido strumento di analisi a disposizione del consorzio per validare l’intero ciclo produttivo secondo i principi della biodiversità. Perché un conto è fare chiacchiere, magari intorno ad una buona bottiglia proprio di Soave, un conto è elaborare strategie concrete per aumentare visibilità e autorevolezza in un mondo, quello del vino, che si sta ampliando a dismisura e, per questo, costringe il consumatore a distanziare il punto di vista per comprendere quante più realtà possibili: saranno allora quelle che si faranno riconoscere, come sembra essere intenzionato il Soave, le protagoniste delle prossime stagioni enologiche.

92



VINARIA

RUMÂGNA

DALL’ALBANA DI ROMAGNA AL SANGIOVESE, PASSANDO TRA CENTESIMINO E FAMOSO

di

Antonietta Mazzeo

Il legame che unisce un vitigno al territorio d’appartenenza si esprime in un sorso … Il vino è il prodotto del lavoro della terra e della gente che la vive, nel bicchiere ritroviamo fattori ambientali e storici, insieme alla sapienza e al carattere di chi l’ha prodotto. I vini sono uno, dei prodotti caratteristici della Romagna, questo territorio rappresenta la fonte di un’elitaria produzione di vino, la cui struttura e le peculiari note aromatiche concorrono a caratterizzare il patrimonio viticolo. Non vi è dubbio che il Sangiovese Romagna rappresenti la radice sulla quale si è costruita la vitivinicoltura romagnola, non solo perché consente di ottenere in purezza ottimi vini fruttati e idonei all’invecchiamento, ma anche perché oggi viene utilizzato come ba-

94


RUMÂGNA

se di uvaggi soprattutto con il Cabernet Sauvignon e, in misura più limitata, con uve di antichi vitigni come il Verucchiese e il Marzabino. Fra le uve a bacca rossa troviamo interessanti e significative interpretazioni di vitigni del territorio nel Centesimino, nella Cagnina Romagna, nel Bursôn, e nel Tundè. La popolazione varietale dei vitigni con uva a bacca bianca è alquanto ampia: Albana, Trebbiano, Pagadebit, Famoso, Biancame e Rebola rappresentano i capostipiti della produzione di vini bianchi ottenuti sia con la vinificazione in purezza che mediante uvaggi, prevalentemente con lo Chardonnay e il Sauvignon. Per la celebrazione dei trent’anni dal conferimento della menzione DOCG all’Albana di Romagna, che ricordiamo è stato il primo vino bianco Italiano a ricevere tale riconoscimento nel 1987, Italia nel Bicchiere in collaborazione con Strada della Romagna, alcuni tra i più rappresentativi produttori e organi istituzionali, ha organizzato il press tour “Bionda, poliedrica e con una grande personalità: Albana di

nel 1978. La grande passione per questa “arte” viene da una forte tradizione tramandata dal nonno, già esperto vitivinicoltore dalla metà del secolo scorso. L’azienda ricade nella zona di produzione del Romagna DOC, nel comune di Mercato Saraceno. La varietà principale è il Sangiovese, insieme a Cabernet Sauvignon, Trebbiano, Famoso e altri vitigni autoctoni bianchi. La novità di Tenuta Casali, è Ondina 33 la versione “sottomarina” dello spumante di Sangiovese Villa Zappi. Dedicate a uno dei protagonisti del Dirigibile Italia, 200 bottiglie sono state affinate per un anno in fondo al mare Adriatico a 50 metri di profondità dentro il relitto sommerso “Cargo Anni”, dove l’assenza di luce, la temperatura fredda e costante e il moto ondoso hanno fornito le condizioni ottimali per l’affinamento dello spumante. Nel centro storico di Bertinoro sulle colline dell’entroterra di Forlimpopoli, si trova l’Osteria Enoteca Cà de Bè, ossia la casa del bere. Locale storico nato negli anni ‘60 nelle intenzioni originali doveva Silvia Casali - Tenuta Casali

Romagna, una… trentenne in grado di stupire” che ha portato, pochi selezionati partecipanti, alla scoperta di alcuni tra i tesori artistici, culturali ed enogastronomici della Romagna. Baruccia, Palazzina, Galassino e Le Grete, sono i poderi della Tenuta Casali, Valerio e Paolo hanno avviato la propria attività

essere un museo-enoteca, la gestione attuale a partire dal 2010 ne ha fatto un ristorante, la cucina, tipicamente romagnola, utilizza unicamente materie prime locali, con l’obiettivo principale di valorizzare il legame tra territorio, vino e cibo. Dalla splendida terrazza panoramica, non per niente definita “il balcone di Roma-

95


VINARIA

gna”, da dove si domina tutta la valle, dalle colline fino al mare, campeggia anche la Campana dell’Albana (qui a lato), donata dal Tribunato di Romagna in onore del riconoscimento della DOCG, suonata per indicare l’inizio della vendemmia e su cui sono raffigurate tutte le fasi della vinificazione. Su una dolce collina che guarda il mare e la rocca di Bertinoro, sorge la Tenuta Diavoletto, impresa fortemente familiare in cui il legame con il vino si snoda lungo tre generazioni. Nell’azienda agricola di Bertinoro, la famiglia Girardi si è trasferita da Caldaro (BZ) nel 2003 quando era alla ricerca di un terreno per proseguire la tradizione vitivinicola del bisnonno romagnolo. L’ambiente in cui sorge l’azienda è ricco di storia e di cultura, nel rispetto di questo prestigioso passato è stato scelto di recuperare le viti storiche, evitando così di perdere sapori affermati. Albana, pagadebit, trebbiano, un po’ di chardonnay e soprattutto sangiovese sono le uve da cui nascono i loro vini, caratterizzati da profumi netti e vivaci, freschezza, mineralità e un profilo elegante. Nel Cuore della Romagna, alle porte di Faenza, il paesaggio si apre attraverso i colli di Oriolo dei Fichi, San Mamante e Castel Raniero: offrendo magnifici scorci e, dai punti più alti, ampi panorami che raggiungono il mare. Oriolo dei Fichi è un piccolo nucleo abitato situato sui primi contrafforti dell’Appennino romagnolo. Il

territorio circostante è prevalentemente coltivato a viti e seminativi che si alternano a scarpate boschive. All’ombra della Torre medievale di Oriolo dei Fichi, sulle colline tra Forlì e Faenza, Rio del Sol coltiva con sapienza ottime albicocche, pesche tabacchiere, nettarine, susine, kiwi, mele e pere, e una straordinaria varietà di frutti nutraceutici come melagrane, mirtilli e lamponi. Succhi dissetanti e confetture genuine, rispecchiano i sapori tipici del territorio romagnolo e racchiudono la passione di chi coltiva questa splendida terra. In questo angolo di Romagna poco noto, si è recuperato e valorizzato un vitigno forse ancor meno noto, il Centesimino, un raro vitigno autoctono romagnolo a bacca rossa, con matrice aromatica. La sua storia è curiosa: venne scoperto nel giardino del palazzo di proprietà di Pietro Pianori, dove era rimasto protetto dalle mura casalinghe superando l’epidemia della fillossera; da qui fu portato nella residenza di campagna della famiglia, a Oriolo dei Fichi.

Il nome deriva dal soprannome storico del Pianori, che veniva chiamato Centesimino probabilmente per la sua parsimonia. In seguito il centesimino trovò diffusione nelle campagne circostanti, partendo dal podere di Montebarbato. In quel periodo era chiamato savignǒn rosso, probabilmente perché non conoscendone la provenienza lo si voleva “innalzare” di rango con un nome francese; i recenti studi dell’enologa Luisa Fontana sul DNA del vitigno hanno escluso provenienze straniere, e il centesimino è stato iscritto come varietà unica al Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 2004. L’Agriturismo e Azienda Agricola La Sabbiona (qui sotto), posizionata sulle colline che circondano l’antica Torre di Oriolo dei Fichi, dispone di 28 ettari di terreno, 16 dei quali sono destinati ai vigneti di Centesimino, Sangiovese, Famoso, Albana, Trebbiano, Syrah, Chardonnay e Malvasia. Nella restante parte si coltivano cereali, frutta e ulivi, con una particolare attenzione alle varietà autoctone. La Sabbiona è l’espressione della grande passione della famiglia Altini per la propria terra, vissuta come luogo di incontro e condivisione di sapori buoni e genuini. Il vino parla la lingua della sua terra, e in Romagna … parla in diletto, linguaggio unificante, espressione culturale che riassume con straordinaria efficacia le genti e i luoghi della sua origine. Racconta , come nessun altro potrebbe fare, la storia del suo territorio, di una grande passione per le tradizioni, che qui sono il punto di riferimento fisso, il posto dove tornare.



EDITORE La Madia srl Sede legale: Via E. De Amicis, 53 - 20123 Milano (MI) Sede operativa: Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 23821 - Fax 0547 25809 Internet: www.lamadia.com - E-mail: lamadia@lamadia.com

CONFEDERATION EUROPEENNE

DES GOURMETS La famiglia dei Gourmets europei si è data una nuova dimensione per valorizzare

il piacere

della convivialità e della cultura

enogastronomica italiana

Direttore responsabile: Elsa Mazzolini La Madia srl è parte del Gruppo Cose Belle d’Italia www.cosebelleditalia.com

REDAZIONE Caporedattore: Maria Chiara Zucchi Impaginazione: Andrea Amadori Stampa: D’Auria Printing SPA - (AP) Webmaster: Giorgia Zucchi Redazione e centro di distribuzione in Gran Bretagna: ALIVINI Company Limited - London - Tel. +44 20 8880 2525

COLLABORATORI Domenico Acconci, Giovanni Angelucci, Silvia Bianco, Daniele Briani, Teresa Cremona, Giulia Gavagnin, Giuseppe De Girolamo, Claudia Deb, Maurizio Di Dio, Gianni Di Lorenzo, Fabio Ferrantino, Lorenzo Ferrari, Luigi Filippi, Roberta Filippi, Lisa Foletti Lucy Gordan, Verdiana Gordini, Carla Latini, Cristiana Lauro, Giuseppe Lo Russo, Giovanni Mastropasqua, Antonietta Mazzeo, Alessandra Meldolesi, Claudio Mollo, Alessia Pellegrini, Giacomo Pilati, Alessandro Ricci, Gianluca Ricci, Alessandro Rossi, Simone Rosti, Flavia Tomaello, Marco Tonelli, Primo Vercilli. Fotografi: Nikoboi, Pasquale Spinelli, StudioGraf, Lido Vannucchi Illustratori: Patrizia Zavatti

PUBBLICITÀ

CONTATTI: Romano Lambri - Presidente Cell. 393.9815078 Mauro Marelli - Console della Stampa Cell. 392.3591439 www.cegourmet.eu - info@cegourmet.eu

adv@belviveremedia.com - Tel. 02.4816353 Via Lanzone, 31 - 20123 Milano Upper & So.ge.co B.M. Srl Novate Milanese (settore Food) Claudio Bettinelli 348 27 22 719

SERVIZIO ARRETRATI PER NON ABBONATI 2 copie + spese di spedizione 10 euro e La Madia Travelfood TM sono marchi registrati di proprietà.

è vietata la riproduzione in toto o in parte di testi e foto pubblicati

ORGANO DI INFORMAZIONE UFFICIALE

Spedizione Postatarget Magazine Aut. del Trib. di Milano n. 222 del 10/07/15




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.