La Madia Travelfood n. 329 - Luglio/Agosto 2018

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Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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ANNO XXXIII Luglio/Agosto 2018 - N. 329 - €E 4,00 Direttore ELSA MAZZOLINI

LA MADIA EDITORE




SOMMARIO - LA MADIA TRAVELFOOD n. 329 GOURMETFOOD

di

Antonietta Mazzeo

GOURMETFOOD

di

Giulia Gavagnin

pag. 34

pag. 42 HOTEL STAFLER

ISA MAZZOCCHI

Nell’Alto Adige lo chef Peter Girtler impone la sua personalità e una cucina gourmet pluripremiata.

Nel piacentino le sue ricette della felicità.

La cultura del benessere

GourmetFood

I nemici della salute: la mancanza di fibre

Ristorante Sensi ad Amalfi

di Primo Vercilli................................................................ pag. 8

di Claudio Mollo............................................................... pag. 50

TravelFood

Giovani Talenti

La Puglia è servita

Silvia Moro

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 9

di Antonietta Mazzeo....................................................... pag. 58

La scelta vegana

FashionFood

The vegetarian chance

Grand Hotel Tremezzo

di Silvia Bianco................................................................. pag. 10

sul Lago di Como

Il menu engineering

di Teresa Cremona.......................................................... pag. 68

Lo storytelling: un’americanata che noi italiani

Eventi

dovremmo padroneggiare

18° Festival della Cucina Italiana..................................... pag. 74

di Lorenzo Ferrari............................................................. pag. 16

Vinaria

Assaggi di Galateo

Il focus di Alessandro Rossi

Esistono ancora le regole del Galateo?

L’architettura del gusto

di Fabio Ferrantino........................................................... pag. 18

di Alessandro Rossi.......................................................... pag. 86

Golavagando

Deep Red Stories

L’eccellenza del Bistrot a Forte dei Marmi

di Andrea Grignaffini........................................................ pag. 88

di Claudio Mollo............................................................... pag. 22

La lettera Y di Yquem

Locanda Garzelli nel Livornese

di Marco Tonelli............................................................... pag. 92

di Claudio Mollo............................................................... pag. 26

Assaggio di libri

Chef di Spirito

di Giorgia Zucchi.............................................................. pag. 96

Antonio Danise di Sonia Leo..................................................................... pag. 30


Dr. Schär Foodservice è la divisione del gruppo Dr. Schär che dal 2009 risponde alle diverse esigenze dell’HoReca. In esclusiva per la ristorazione professionale ha creato le nuove Penne Schär nel formato da 1kg. Realizzate con materie prime gluten free di alta qualità sono perfette per la doppia cottura.

Sformato di penne alla parmigiana Ingredienti per 4 persone g. 500 di Penne Schär 2 melanzane g. 250 di parmigiano grattugiato Pan Gratí Schär q.b. Farina Food Service Mix Schär q.b. sale e pepe origano ml. 500 di passata di pomodoro ml. 60 di olio extravergine d’oliva basilico Procedimento Lavare le melanzane e tagliarle a fette. Passare le singole fette nella Farina Food Service Mix e friggerle nell’olio. Sgocciolarle e lasciarle asciugare sulla carta per fritti. Preparare il sugo soffriggendo in poco olio evo uno spicchio d’aglio schiacciato, da togliere non appena colora, e aggiungendo poi la passata di pomodoro e sale e pepe q.b. Cuocere le Penne in abbondante acqua salata per 3 minuti, scolare e amalgamare con metà del sugo. Oliare gli stampi per sformato, spolverare con il Pan Gratí e riempire a strati, posizionando una fetta di melanzana sul fondo, poi la salsa di pomodoro, abbondante parmigiano, quindi la pasta e così via, fino a riempire gli stampi; concludere con uno strato composto da una fetta di melanzana, salsa di pomodoro e parmigiano. Cuocere in forno a 170°C per circa 15 minuti e rovesciare lo sformato dallo stampo mantenendo la parte gratinata in alto. Cospargere con alcune foglie di basilico fresco, un po’ di origano e servire.

www.drschaer-foodservice.com



EDITORIALE di

Elsa Mazzolini

IL CONFORMISMO DELLA CRITICA La critica gastronomica - ormai non più critica, costituita com’è da un tipo di giornalismo orientato all’informazione pubblicitaria - non dovrebbe essere un cannocchiale puntato su un’unica stella: il macrocosmo culinario è fatto anche di splendide marginalità. Basterebbe volerle cogliere. Invece no. I giornalisti, oggi, - salvo alcune penne alla Gianni Mura, che celebra

“A ogni epoca la sua arte, ad ogni arte la sua libertà“

anche la trattoria, quando eccellente - temono che prendere in considerazione la tradizione culinaria più filologicamente classica li collochi automaticamente tra i “passatisti”, tanto per dirla con Marinetti. Non osano parlare fuori dal coro, non osano esporsi, forse per una oggettiva incapacità di capire che un tipico cappon magro ligure eseguito magistralmente e la botturiana patata che spera di diventare tartufo potrebbero essere valutati allo stesso modo. Di fatto la nostra critica sembra fluttuare in un limbo anacronistico, considerando l’attuale periodo storico: esalta solo la grande cucina creativa per pochi e sottovaluta vistosamente una cucina comunque di buona levatura, ma più accessibile anche dal punto di vista dell’approccio culturale. Come nell’alta moda, è fondamentale che si dia rilevanza a chi fa ricerca, innovazione e costosa qualità; analoga eco dovrebbe essere offerta anche a chi realizza un’ottima cucina di tradizione. In fondo, ogni espressione del genio di qualche grande chef, non è che il frutto di varianti più o meno eclatanti compiute su basi gastronomiche di stampo tradizionale, pertanto uno splendido piatto può essere tale sia nella sua versione estrosa, sia in quella più convenzionale. Ritengo pertanto assolutamente encomiabile che venga premiata la vivacità intellettuale che la nostra migliore enogastronomia sta attraversando grazie al traino di alcuni brillanti testimonial (grazie Bottura!) ma perchè limitarsi ad elogiare una sola corrente espressiva e non, piuttosto, ogni espressione gastronomica che tenda alla perfezione? Forse sarebbe ora di aggiornare il proprio concetto di cucina in modo più ecumenico, senza ghettizzare gli stilemi classici che affondano le radici nella nostra storia comune.

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LACULTURADELBENESSERE

Primo Vercilli Medico Dietologo a cura di

I NEMICI DELLA SALUTE:

LA MANCANZA DI FIBRE E dopo lo zucchero e i grassi saturi eccoci arrivati al terzo elemento fondamentale che va giudicato per capire se la nostra dieta è sana: la presenza o meno di fibre in quantità adeguata. Certo, tutti sanno che le fibre sono importanti, ma spesso viene effettivamente sottovalutata il loro ruolo fondamentale. Ricordo che anni fa, in una conferenza, un giornalista mi fece pubblicamente una domanda: “Ma è proprio vero che frutta e verdura fanno bene oppure è una trovata mediatica? Io sono anni che non mangio frutta e verdura e sto benissimo!”. Al di là dello sconforto nell’udire una domanda del genere, mi sono poi reso conto che, in effetti, il più delle volte sottovalutiamo l’importanza che hanno alcuni principi nutrizionali. Assumere poche fibre è come andare in moto ad alta velocità senza casco! Questo è il paragone che possiamo fare. Come a quel giornalista le cose possono anche andare bene senza introdurre fibre, ma è un rischio enorme: è come vivere sul filo del rasoio tutti i giorni. Ma quali sono queste tanto decantate proprietà? In primo luogo sono prive di calorie! Ebbene sì, per tutti coloro che pensano che la fibra (solo perché contenuta nei carboidrati) faccia ingrassare, possiamo tranquillamente dire che, al contrario, fa dimagrire! Le fibre non hanno calorie e contribuiscono ad aumentare il volume del cibo inducendo maggiore sazietà: ecco perché tra 2 cibi con le stesse calorie è preferibile quello con maggiori fibre; in questo modo, a parità di calorie, si ottiene un maggior senso di pienezza. Inoltre, qualche grammo di fibre in più contribuisce a tenere più stabile la glicemia, evitando picchi di insulina, che, a loro volta si tramutano in maggiore sensazione di fame. Ma i benefici delle fibre alimentari non si limitano a questo. Le fibre favoriscono l’aumento della massa fecale, migliorando il transito intestinale e contribuendo ad una maggior pulizia di tutto l’apparato digerente. In questa azione a livello intestinale, le fibre hanno una funzione di veri e propri spazzini, in quanto sono in grado di adsorbire diverse sostanze tossiche, che si formano nella digestione (o che assumiamo noi direttamente con il cibo) e contribuiscono al loro smaltimento. Non a caso la maggiore incidenza dei tumori del colon si ritrova proprio in quelle persone che hanno un apporto di fibre inferiore alla media. Molto importante è anche l’azione che le fibre hanno nei confronti della flora intestinale batterica. La microflora batterica è un complesso sistema di popolazioni di migliaia di tipi di batteri che popolano il nostro

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intestino: l’equilibrio di queste popolazioni è indispensabile per la nostra salute, non solo quella intestinale, ma in generale. Un intestino che non è in salute inevitabilmente eccede nell’assorbire prodotti tossici (che poi passano in circolo depositandosi in diversi tessuti) o inibisce l’assorbimento di principi nutritivi importanti, causando carenze e squilibri a livello generale. Tutto questo dipende dalla salute della microflora batterica e la salute della microflora dipende soprattutto da un adeguato apporto di fibre (oltre che da un cauto apporto di zuccheri e di grassi saturi!). Importantissima anche l’azione di riduzione del colesterolo e della glicemia, due parametri importantissimi per la salute. E, tutto sommato, non dovrebbe neanche essere molto difficile aumentare la nostra assunzione quotidiana di questi importanti alleati della salute. In primo luogo dobbiamo fare esattamente l’opposto di quello che faceva il giornalista di cui vi ho parlato: cominciamo a consumare quotidianamente frutta e verdura. L’Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia un’assunzione quotidiana di 4-5 porzioni di frutta e verdura. Purtroppo questo non è sufficiente: dovete pensare che un adeguato apporto di fibre dovrebbe essere circa di 1 grammo/100 KCal assunte; questo significa che, se assumiamo mediamente 2500 KCal al giorno dovremmo introdurre almeno 25 grammi di fibre! Ecco quindi che, per raggiungere il nostro obiettivo, ci vengono in aiuto altri cibi vegetali: cereali integrali e legumi. Un adeguato apporto di questi due tipi di alimento è fondamentale per raggiungere la quota ottimale di fibre. Poi, ovviamente, ogni caso va visto nella sua interezza: ci sono persone in cui un eccesso di fibre provoca disturbi di fermentazione intestinale, ma questo non significa che bisogna eliminare le fibre, piuttosto bisogna selezionare quelle adeguate o i cibi che contengono fibre, ma al tempo stesso non contengono altri componenti fermentativi (ma questo è il compito di un bravo nutrizionista). Ma allora, tutte quelle diete iperproteiche, dove ci tolgono tutti i carboidrati, tutta la frutta, la verdura, i legumi e ci fanno mangiare solo delle gran bistecche? Sì, proprio quelle diete che ci fanno perdere peso in un battibaleno? Io credo che, leggendo questo articolo, vi siate dati da soli la risposta: sono quanto di più dannoso ci sia per la nostra salute a lungo termine; come vi dicevo, è come guidare una moto ad alta velocità senza avere un casco!. Voi ve la sentireste di prendere una moto e sfrecciare ad alta velocità senza casco?


TRAVELFOOD

A SETTEMBRE

LA PUGLIA È SERVITA di

Antonietta Mazzeo

Cosa succede nella cucina di un ristorante di qualità? Ve lo mostra il Consorzio La Puglia è Servita con la seconda edizione di Cucine Aperte, l’evento che incoraggia i clienti a scoprire cosa avviene “dietro le quinte”, per valutare e riconoscere gli alti standard raggiunti dai soci, che annoverano alcuni dei migliori professionisti dell’ospitalità e della ristorazione di tutta la regione. Le strutture socie del consorzio, infatti, apriranno le porte delle proprie cucine ai partecipanti, che potranno visitare le cucine, approfondire la conoscenza delle materie prime, seguire laboratori, incontri d’autore, degustazioni tematiche, e naturalmente assaggiare le preparazioni a cura dei ristoratori soci, tra i migliori cuochi di tutta la Puglia. L’iniziativa ha già registrato un grandissimo successo di pubblico nella prima edizione, e dunque per il 2018 raddoppia: saranno infatti due le giornate di apertura, il 29 e 30 settembre. Anche per questa edizione, ogni struttura sceglierà il proprio “Prodotto nel piatto”, su cui incentrare la degustazione: i visitatori potranno quindi spostarsi da una struttura all’altra, assaggiando le diverse tipicità di ogni territorio. In degustazione anche i vini del Movimento Turismo del Vino Puglia, gli extravergine di Buonaterra - Movimento Turismo dell’Olio Puglia e i prodotti tipici raccontati direttamente dai produttori e dagli artigiani del gusto del territorio. In più, un ricco programma di attività animerà le strutture nel corso della due giorni: showcooking, incontri d’autore con scrittori e personalità del mondo della cultura, laboratori per i più piccoli, mostre e molto altro ancora. Una vera e propria festa, per celebrare la ricchezza della gastronomia pugliese: uno scrigno di tesori agroalimentari rinomati in tutto il mondo, che abbinati a un’antichissima tradizione culinaria regionale rappresentano una delle migliori motivazioni per un viaggio attraverso questa terra affascinante.


LA SCELTA VEGANA

a cura di

Silvia Bianco testimonial di cucina vegana foto di

VGiannella

THE VEGETARIAN CHANCE

L’ALTA CUCINA VEGETALE PER IL FUTURO DEL PIANETA “Mangia La Foglia Salva Il Pianeta” è questo il tema principale della Vª edizione del THE VEGETARIAN CHANCE, il Festival internazionale della cultura e cucina vegetale che si è tenuto il 12 e 13 maggio presso La fabbrica del vapore a Milano. Il Festival è nato da un’idea dello chef Pietro Leemann (suo il ristorante di alta cucina vegetariana Joia di Milano - unico ristorante vegetariano stellato in italia - anche presente al Mater Terrae dell’Hotel Raphael a Roma) e del giornalista Gabriele Eschenazi che cinque anni fa hanno ideato la manifestazione per divulgare la cultura della cucina vegetale, che non ha niente a che vedere con diete o con una cucina triste ed insipida, ma è un variopinto e ricco mondo di sapori e profumi animati da un profondo rispetto verso il Pianeta ed i suoi ospiti.

IL NOSTRO MODO DI MANGIARE INFLUENZA SEMPRE PIÙ I CAMBIAMENTI CLIMATICI Il Festival di quest’anno ha approfondito il tema della stretta correlazione tra cibo ed ambiente. Il clima di oggi presenta sempre maggiori anomalie; piogge e temperature aumentano e diminuiscono senza più seguire le stagioni. Abbiamo inverni più miti ed estati con clima simil-equatoriale calde, umide ed intervallate da rovesci violenti. Come se non bastasse, il riscaldamento globale sta causando l’assottigliamento delle superfici dei ghiacciai. Questi mutamenti rendono più difficile produrre cibo ed al contempo proprio la sua produzione è una delle cause principali di questi mutamenti, soprattutto perché vengono a mancare i criteri di sostenibilità produttiva, causando il riscaldamento del pianeta. Il Festival di quest’anno si è quindi promesso di mostrare come sia possibile interrompere questo ciclo vizioso iniziando con semplicissimi quanto efficaci gesti volti a ripristinare un rapporto più corretto, rispettoso e consapevole col nostro pianeta.

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LASCELTAVEGANA

“…LA CUCINA A BASE VEGETALE CHE FA BENE AL PALATO, ALLA SALUTE, AL PIANETA, ALLO SPIRITO ED ANCHE AL PORTAFOGLIO...” Questo è il filo conduttore che contraddistingue il Festival. Nella prima giornata significativo è stato l’intervento di alcuni agricoltori del Mercato della Terra Slow food che hanno messo in luce come il cambiamento climatico produca danni alle colture non solo distruggendo fisicamente le piante, ma anche scatenando la proliferazione di malattie e parassiti mai conosciuti sino a poco tempo fa. Si è parlato di biodiversità, spiegando quanto sia importante piantare, in contemporanea, varietà di frutti e piante diverse che hanno reazioni differenti rispetto a malattie e parassiti e a tal proposito sono state sconsigliate le monocolture. Se da un lato i produttori si stanno impegnando per imparare a sviluppare tecniche sostenibili e resilienti, è altresì importante che il consumatore faccia la sua parte scegliendo con consapevolezza cosa mangiare, difendendo la biodiversità e nutrendosi dell’ampia gamma di prodotti di stagione e locali che abbiamo a disposizione. Inoltre occorre eliminare il consumo di carne e prodotti lattiero-caseari che sono responsabili di circa il 60% delle emissioni climatiche legate al cibo, con dannose ripercussioni sul clima e sull’ambiente in generale.

IL CIBO VEGETALE INFLUISCE POSITIVAMENTE SULLA NOSTRA SALUTE L’ospite d’onore del Festival è il medico e ricercatore americano Neal Barnard, il faro dei medici vegani americani, professore di medicina della George Washington University e presidente fondatore del Physicians Committee for Responsable Medicine. La PCRM è un’organizzazione americana no profit che si prefigge di promuovere l’importanza della medicina preventiva, conducendo ricerche cliniche a riprova che la corretta alimentazione è efficace nella prevenzione ed anche nel trattamento delle più gravi e diffuse patologie. I risultati delle ricerche sono stati pubblicati sulle principali riviste medico-scientifiche internazionali e sono stati citati nelle linee guida ufficiali dall’American Diabetes Association e dall’American Dietetic Association. Durante il suo intervento, il Dott. Neal Barnard ha spiegato come i prodotti animali e un eccesso di consumo di grassi, anche vegetali, siano molto spesso la causa di salute precaria e di malattie croniche, ma che attraverso la sana alimentazione vegetale è possibile prevenire e curare. Il Festival si è concluso nella seconda giornata con il concorso internazionale di alta cucina vegetale che ha visto sfidarsi 8 cuochi provenienti da tutto il mondo che, a colpi di piatti, hanno trasmesso un messaggio di piena consapevolezza per le materie prime, rispettandole in funzione dell’ambiente e delle proprie origini. La giuria era presieduta da Pietro Leemann, Neal Barnard, Aimo Moroni, Cesare Battisti, Mariella Tanzarella, Leonardo Caffo. I piatti erano tutti bellissimi, raffinati, ideati e realizzati con creatività, passione ed amore per la materia prima. Piatti che stuzzicano le papille gustative anche di chi vegano non è, perché si sa che le ricette della cucina italiana sono spesso a base vegetale, con pasta, cereali, legumi senza implicare l’utilizzo di carne, pesce e derivati animali.

I MIGLIORI CHEF DI CUCINA VEGETARIANA PREMIATI AL VEGETARIAN CHANCE Al primo posto si è classificato l’italiano Antonio Cuomo, abile chef di origine napoletana ma da tempo chef al ristorante Hostaria Relais San Lorenzo dell’omonimo hotel a Bergamo. Per l’occasione Cuomo ha preparato la gustosa “Pasta con fagioli, albicocche e basilico” (foto a lato). La pasta scelta dallo chef sono gli ziti farciti con crema di fagioli cannellini, arricchiti da una crema di albicocche secche, una di noci di macadamia, guarniti con un’emulsione di basilico e mandorle e, per dare croccantezza al piatto, delle finissime cialde di noci di macadamia. È un piatto che ho particolarmente apprezzato perché, oltre che completo dal punto di vista nutrizionale, era meraviglioso nell’accostamento di colori e molto rappresentativo della tradizione. Assaporandolo era come sentirsi a casa, nella terra di origine dello chef. Con sapienza e creatività ha combinato ingredienti “poveri” realizzando un piatto specchio della cultura gastronomica italiana con un pizzico di originalità, sostituendo il pomodoro con l’albicocca dal gusto ugualmente agrodolce.

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LA SCELTA VEGANA

Il secondo piatto presentato da Cuomo “A me che non piace il sushi”, consisteva in candele trasparenti a base di acqua acidulata con aceto di riso, addensata con agar agar, riempiti con crema di peperone grigliato e posati verticalmente su una crema di riso acidulata con umeboshi e guarniti con verdurine come asparagi e funghi e chips di alga nori. Un piatto dall’estetica eccellente e perfetta ed al contempo equilibrata nel gusto, con note acidule molto delicate.

Yoshiko Hondo ha piacevolmente abbracciato giuria e pubblico portando una ventata di Giappone, la cui cucina è quella del non-gusto (usando pochi ingredienti), dell’essenzialità e dell’equilibrio. Ha presentato i suoi piatti come fossero una vera e propria cerimonia rituale, mettendo in luce i gesti con i quali approcciarsi a questi piatti e spiegando quali i riti che segue in ogni cosa che fa: prega e cucina. Nel primo piatto della tradizione “Alchimia Zen”, il rito richiedeva di spezzare le bacchette di legno che rilasciavano una polvere d’oro con un risultato visivo meraviglioso: le particelle d’oro cadevano sul piatto guarnendo dei piccoli tranci di verdure, fiori, erbe ed alghe (senza condimento), accompagnate da una zuppa di miso bianco con te matcha e bacca di goji. Il piatto era infine decorato con delle leggere pennellate di salsa di sesamo nero ed ognuna terminava con un fagiolo nero. Meravigliosa terra, il secondo piatto di Yoshiko, è un chirashisushi. Una sorta di piatto-scultura dove troviamo un’alga kombu arrostita a bassa temperatura che rappresenta un albero, simbolo dell’esistenza e troppo spesso violentato in tutto il mondo. E’ un piatto che invita a riflettere sulle trasformazioni del mondo, spesso causate dagli esseri umani: ed ecco che il prato di riso blu cotto nell’estratto di fiordaliso, vira al viola una volta bagnato da una spruzzata di succo di limone. A fianco un mattoncino di tofu vellutato con mandorle e miso (delle sfere trasparenti senza gusto, in realtà), ma tutto a rappresentare un mondo diverso, un altro pianeta.

Proprio gli ingredienti di origine nipponica utilizzati nel secondo piatto di Cuomo hanno involontariamente creato un ponte verso quella che è stata la seconda classificata, unendo la tradizione italiana a quella giapponese. Il secondo gradino del podio se l’è infatti aggiudicato Yoshiko Hondo (foto qui sopra), giapponese del ristorante Vegan dining Almonde di Tokyo che si è presentata con divisa e bandana di color lampone. Yoshiko ha lasciato tutti a bocca aperta sia per i suoi piatti, sia per i suoi modi delicati e gentili.

Il premio speciale “Le 13 erbe Ricola” dall’azienda Ricola partner della manifestazione, se l’è aggiudicato Matteo Carelli, chef del ristorante Etimo a Lugano per “…la sua sensibilità nel cogliere sapori e profumi trasformandoli in cibi buoni e naturali attraverso le sue creazioni culinarie presentate durante il concorso...” La prima delle sue ricette è “Lo gnocco”, a base di patate e farina bona (di mais) tipica del Canton Ticino, conditi con olio di Ceresio e poggiati su una crema di asparagi e gocce di aceto balsamico stravecchio ticinese e, per finire, una delicata polvere

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LASCELTAVEGANA

ispirazione romana “Fave e pecorino” è costituita da un finto pecorino di noci e nocciole, fermentato con rejuvelac di grano tenero ed accompagnato da crema di fave realizzata con le fave raccolte nel suo giardino e una cialda di mais rosso. Il secondo piatto “Del carciofo non si butta via niente” è un piatto gustoso ed anti-spreco allo stesso tempo che include ogni parte dell’ortaggio. Dei carciofi ha difatti utilizzato, oltre alle brattee, il gambo cuocendolo a bassa temperatura e l’estratto delle foglie stesso. I ravioli sono fatti con una pasta speciale, nata un po’ per caso una volta in cui lo chef aggiungendo troppa farina all’impasto di uno gnocco creò questo impasto “sbagliato” che invece si prestava per i ravioli. L’impiattamento è molto armonico, tutto disposto in forma a spirale e guarnito con fiori di raperonzolo, salvia e borragine. Walter Casiraghi, brianzolo ma da anni residente in Russia e chef del ristorante Orion Hall a Mosca. La cucina russa è per buona parte costituita da carne, ad eccezione della Quaresima, periodo in cui la carne viene esclusa per tradizione. E così lo chef ha presentato il suo “Borsch della Quaresima” costituito da un brodo di bucce di patata arrostite, barbabietola, carote, peperoni, cavolo cappuccio, porro, accompagnato dalla tradizionale salsa smetana rivista in chiave vegetale, a base di latte di mandorla, addensato con agar agar e delle chip di farina di frumento ed erbe aromatiche come aneto e prezzemolo. Lo chef è stato particolarmente apprezzato con il secondo piatto “Beet steak” ovvero un trancio di barbabietola grigliato e “al sangue” proprio come se fosse un filetto. Il risultato, davvero stupefacente, oltre all’impatto visivo molto colorato e caldo, era apprezzabile, in modo particolare, perchè l’ortaggio, cotto bene e fragrante, talmente buono da poter essere gustato anche da coloro che non sono amanti del sapore della barbabietola. bianca di sedano rapa essiccato. La seconda proposta in onore al tema del Festival, si chiama “Mangia la foglia”: costituita da un’insalatina di foglie fresche condite da un estratto a freddo di mela, cetriolo e lime, con un “formaggino” di mandorle, fermentato con rejuvelac di farro spelta e guarnito con chips d tapioca e semi lino, papavero e sesamo.

GLI ALTRI CHEF IN GARA Gli altri altrettanto bravissimi concorrenti hanno colto e dimostrato con i loro piatti quello che è lo spirito del concorso mostrando tutta la loro capacità, esperienza e tradizioni. Manfredi Rondina del ristorante Zaffo, a Frascati, è un giovanissimo chef molto legato al suo territorio e particolarmente attento al tema degli sprechi. E’ così che la sua prima ricetta di

Federica Scolta, abruzzese, precedentemente chef al ristorante “La Vimea” di Naturno (Bolzano) è prossima a traferirsi in un nuovo ristorante a Madrid. Il primo piatto presentato dalla chef è “Orzotto”, uno dei migliori che abbia mai mangiato in vita mia! Piatto presentato per la tradizione ed influenzato dai sapori dell’Alto Adige, è un connubio di dolcezza, femminilità ed eleganza. Con mela cotogna, barbabietola gialla, mela affumicata e mantecato con “burro” di mandorla, guarnito con asparagi selvatici e fiori di campo colti proprio dalla chef, specializzata in erbe spontanee, il piatto racconta come utilizzarle in cucina e quali le proprietà curative. Il secondo piatto per l’innovazione è “Zuppa dai mille colori”, una zuppa scomposta, con 4 diverse creme, di carote con sale e paprika affumicati, cavolfiori con latte di mandorla, di broccoli grigliati con zeste di limone e di cavolo rosso con semi di anice. Il tutto guarnito da una fetta di

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LA SCELTA VEGANA

pane abruzzese, germogli ed una “polpettina” di asparagi selvatici cotti in forno con farina di mais. Un piatto che era un quadro variopinto, talmente dolce e squisito, con un accostamento di colori così gradevole da avvicinare anche i più piccini che, normalmente, storcono il naso davanti ad una zuppa di verdure. Willy Berton chef del Vegan Gorilla di Nizza, ha presentato il suo primo piatto “I ripieni”, un piatto molto delicato e fresco, con ingredienti del territorio originario dello chef del Sud della Francia. Il piatto è costituito da tre verdure cotte e ripiene ognuna in modo diverso dall’altro: il pomodoro crudo, la zucchina gialla tonda cotta al vapore, la cipolla cotta all’agro ripiene con pesto di basilico e rucola e olive e nocciole. Il secondo piatto “Rigatoni di primavera” è bellissimo tanto quanto il primo, molto scenografico per la disposizione a cerchio e la scelta del piatto nero che fa risaltare il verde degli asparagi e dei piselli, gli ingredienti principali di questa creazione. Lo chef ha scelto dei mezzi rigatoni, senza glutine, preparati con asparagi croccanti, piselli freschi crudi, ripieni di crema di asparagi ed una crema di anacardi aromatizzata con aglio in polvere ed erba cipollina. Un sapore delicato in contrasto con quello delle fettine di carciofi arrostiti.

Ricetta dello chef Antonio Cuomo Ristorante Relais San Lorenzo - Bergamo

PASTA E FAGIOLI albicocche e basilico

INGREDIENTI per 10 persone

Per gli ziti farciti con crema di fagioli cannellini: g. 125 di fagioli cannellini, g. 250 di acqua, g. 10 di rosmarino, 1 spicchio d’aglio, sale q.b., g. 50 d’olio extravergine d’oliva, g. 250 di ziti di grano duro, g. 40 di fagioli neri.

Procedere come per una classica crema di fagioli; quando pronta metterla in un sac-a-poche e farcire gli ziti precedentemente cotti in acqua bollente per 4 minuti.

Per la crema alle noci di macadamia: g. 150 di noci di macadamia tostate, g. 120 di acqua, g. 37,5 di salsa di soia, g. 25 di aceto di riso.

Unire tutti gli ingredienti in un bicchiere del Pacojet, congelare e pacossare fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Servire caldo.

Per la crema di albicocche secche: g. 125 di albicocche disidratate, g. 30 di aceto di champagne, g. 20 di acqua.

Unire tutti gli ingredienti in un bicchiere del Pacojet, congelare e pacossare fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo.

Per l’emulsione di basilico: g. 50 di mandorle bianche, g. 33 di acqua, g. 26 di basilico.

Sbollentare il basilico come di consueto raffreddandolo in acqua e

ghiaccio, strizzarlo ed unire tutti gli ingredienti in un bicchiere del Pa-

cojet. Congelare e pacossare fino ad ottenere un composto liscio ed

Barbara Ghizzoni chef del Gea Ecostore di Cremona. Con un backgound di studi artistici, i piatti della chef sono proprio ispirati a dai grandi pittori: il primo piatto “La persistenza della memoria: la mia Cremona” è ispirato a Salvador Dalì con i suoi orologi molli, dove spicca il campanile della città di Cremona composto da uno sformato di ceci e cracker al sesamo, un croccante salato di semi di zucca, girasole e sesamo, un involtino di cavolo cappuccio con asparagi ed una salsa di zucchine. La seconda ricetta “Ai confini del blu” si ispira a Jackson Pollock: Barbara ha giocato su colori e consistenze utilizzando il preziosissimo riso rosso in agrodolce con porro, carote, cardamomo ed uvetta, accompagnato da una barchetta di carote, sedano rapa e cavolo cappuccio fermentate, sfere di carote, zenzero e zafferano poggiate su una maionese di soia all’alga spirulina e, per decorare, macchie di succo di rapa rossa.

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omogeneo.

Per la cialda alle noci di macadamia: g. 12,5 di farina 00, g. 30 di noci di macadamia, g. 1,2 di sale, g. 37,5 di acqua.

Frullare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo e liscio, stendere sui tappeti siliconici e cuocere in forno a 165°C per circa 8 minuti.

Comporre il piatto e guarnire con germogli Astina e qualche scaglia di noci di macadamia.



IL MENU ENGINEERING

a cura di Lorenzo Ferrari Direttore Marketing di RistoratoreTop

LO STORYTELLING

UN’AMERICANATA CHE NOI ITALIANI DOVREMMO PADRONEGGIARE SE AVESSIMO A CUORE IL FUTURO DEI NOSTRI LOCALI Lo Storytelling: un’americanata che noi italiani dovremmo padroneggiare se avessimo a cuore il futuro dei nostri locali. Diversi anni fa, in un’intervista, Oscar Farinetti disse quanto segue: “Un prodotto, un paesaggio, un monumento, un’opera d’arte, qualsiasi bellezza del nostro immenso patrimonio se non è narrata è come non esistesse. Noi Italiani deficitiamo in capacità di narrare, per esempio rispetto ai francesi. Ogni cosa che vogliamo offrire deve essere accompagnata da una descrizione narrativa che metta in campo facile comprensione, scienza, storia e pure un po’ di poesia”. Aldilà delle simpatie o antipatie per chi ha creato questa riflessione, chi scrive crede che contenga una grande verità. Un grande problema di noi italiani, specialmente dei Ristoratori italiani, è la non-capacità di raccontarsi. L’incapacità di attuare ciò che gli americani chiamano Storytelling: il raccontare la propria storia. Alcuni non si raccontano per incapacità manifesta: non lo sanno proprio fare. Altri perché non ne intuiscono il valore. Altri ancora per non dare nell’occhio, per non dare alla concorrenza l’opportunità di “ispirarsi”. Ma non raccontandosi, qualsiasi sia il motivo, è una grandissima opportunità persa. La realtà delle cose è che il vero valore aggiunto, oggi, non è in ciò che si FA, ma in ciò che si COMUNICA. E se questo è vero in termini generali, in quanto le “storie” dovrebbe essere – almeno secondo il parere di chi scrive – parte integrante del marketing e della comunicazione aziendale, è ancora più vero all’interno dello strumento di vendita più potente che ogni ristoratore ha a disposizione: il menù. Un noto marchio di pizzerie napolentane famoso in tutto il mondo riesce a vendere una pizza con pomodoro, mozzarella e qualche scaglia di formaggio a 9,80€, quando il prezzo medio nazionale è 4,50€. Come ci riesce? Beh, raccontandola. Questa è la descrizione che recita il menù: Filetti di Antichi Pomodori di Napoli, mozzarella di bufala campana DOP, EVO Penisola Sorrentina DOP, basilico e scaglie di Caciocavallo Podolico. Una descrizione del genere crea valore. Dona importanza ad ogni ingrediente. E dona anche l’opportunità di vendere una semplicissima pizza al

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doppio del prezzo medio nazionale. Una descrizione del genere richiama alla mente immagini romantiche e poetiche, fatte di artigianalità, territorio e un pizzico di sano campanilismo. E il segreto di questa descrizione è lo Storyelling. È il mettere a nudo gli ingredienti della pizza. Il raccontarli. Il dirlo al mondo intero che quella pizza è differente, e che quindi merita un’attenzione (ed un prezzo) differenti. Un altro esempio. Un notissimo pizzaiolo napoletano, per inaugurare una delle sue pizzerie a Milano mise all’ingresso un’impastatrice meccanica rotta, coperta da un nastro bianco e rosso, come se fosse inutilizzabile, inutile, superflua. Era un modo differente ed originale per dire che in quella pizzeria l’impastatrice non si usa: “qui l’impasto si fa solo a mano”. Chi scrive conosce decine e decine di pizzaioli che impastano a mano. Ma non hanno la metà del successo di chi, oltre a fare, racconta. E una delle tante ragioni è che si privano dell’opportunità di raccontarsi. E quindi privano i propri clienti dell’opportunità di saperlo. Chi scrive conosce centinaia di pizzaioli che usano prodotti di qualità, ma non lo raccontano. Che utilizzano ricette centenaria, ma che non vedono la ragione per informare i loro clienti di ciò. Che fanno la spesa nei mercati rionali, da piccoli allevatori e contadini, ma se lo tengono per sé. E che, purtroppo, mentre i loro clienti mangiano un capolavoro pensano di mangiare una normale margherita. La differenza fra un pizzaiolo di successo e un pizzaiolo qualunque è ANCHE lì, nella capacità di raccontarsi, di narrare una storia, di far sentire la propria clientela come parte di qualcosa di più grande. Questo è il potere dello Storytelling, il potere del marketing e della comunicazione: plasmare l’immateriale, per creare qualcosa di estremamente tangibile e concreto. Chi scrive vuole invitare chi legge a convincersi dell’importanza dello Storytelling, che non è affatto un’americanata ad esclusivo appannaggio di chi non è abbastanza bravo a fare, ma al contrario, un’imprescindibile strumento di marketing e business. L’invito è palese: non privarti di questa immensa opportunità, inizia a raccontarti. Farà la differenza!



Gala teo ASSAGGI DI

a cura di

Fabio Ferrantino Docente di Galateo presso Bon Ton Academy Professore di Enogastronomia IPSSAR Piobbico

ESISTONO ANCORA LE REGOLE DI GALATEO? CERTO, E SONO FONDAMENTALI. VEDIAMO PERCHÉ

Il galateo, overo de’ costumi, di Giovanni della Casa, pubblicato postumo nel 1558, appare ai più una realtà molto distante da quella moderna ed attuale. Certo, l’opera originale espone un trattato su regole e comportamenti corretti sul buon costume dell’epoca. Un dialogo platonico in cui il “Vecchio”, impartisce lezioni di vita al giovinetto, ossia Annibale, nipote prediletto dell’autore. Dunque un testo che enuncia una serie di regole comportamentali da rispettare in base alle circostanze (diverso dal Bon Ton, un concetto differente, nato nelle corti francesi del ‘600, identificato come “Grazia del saper vivere”). Quindi, più semplicemente, il sapersi porre, con la comunicazione verbale e non, in modo armonioso con il contesto e con le persone che ci circondano. La differenza si può spiegare in modo semplice con un esempio. Il galateo non prevede che si dica “buon appetito” a tavola; questo perché è un augurio, di origine medievale, che si lega alla mera necessità di mangiare, mentre il pasto deve rappresentare non solo l’azione fisiologica, ma anche l’atto conviviale dello stare insieme, della condivisione. Nel caso in cui, però, un commensale ci auguri “buon appetito”, arriva in soccorso

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il bon ton che, per conservare cortesia e armoniosità, ci suggerisce di rispondere cortesemente, magari con una formula differente per contraccambiare. Diverse sono le risposte che si possono adottare: “Altrettanto”, “Buon/a pranzo/cena”. Stessa cosa nel caso del “Cin-cin” per il brindisi, si risponderà con termini differenti es.: “Salute”. Possiamo dare risposta al titolo dell’articolo trasformando la parola “Regole” con la parola “Buone maniere”. Semplicemente perché le buone maniere, quando presenti, non si fanno notare, mentre, al contrario, non è così per quelle cattive. È alla base di ogni trattato di etichetta che le maniere corrette sono giuste perché logiche e rispettose. Certo vi sono comportamenti e regole che notiamo maggiormente ed altre meno in base allo scenario, ma in ogni situazione fanno enormemente la differenza. Ne è un esempio lampante la comunicazione che, se eseguita in modo corretto, modifica la percezione e cambia l’immagine del contesto. Certamente, il galateo o il bon ton non sono codici giuridici indiscutibili, dunque nulla accadrà se una buona maniera non verrà rispettata, ma la somma dei dettagli costruisce il complesso. Si potrebbero spendere intere giornate, come avviene ancora


ASSAGGIDIGALATEO

in qualche ristorante attento ai particolari, ad insegnare ad un cameriere come accogliere un cliente o indicare semplicemente in modo corretto e garbato dove è situata la toilette. Sembrano dettagli eccessivi, ma sono dettagli così importanti che, se fatti con cattive maniere, verranno subito notati. La logica delle regole la si nota maggiormente nella mise en place della tavola. Se si pensa alla disposizione della posateria, si noterà quanto essa sia funzionale e segua una razionalità dedotta in base alla sequenza dei piatti e all’uso delle mani per coltello, cucchiaio e forchetta. Medesime regole valgono per la comodità che va dedicata al commensale, dallo spazio del coperto, alla distanza dello schienale della sedia da un limite come il muro, fino a una composizione fiorita che non dovrà mai ostacolare la vista fra un ospite ed un altro. Dunque le regole esistono e se vi sono dei dubbi su quale sia la giusta scelta da compiere, è bene pensare all’atto più o meno logico. Nella comunicazione, queste buone prassi, rischiano ancor più di essere volatili. È necessario ricordare che la comunicazione è effettuata in primis in modo non verbale con i gesti del corpo. Un corpo, quello dello staff di sala, che deve trasmettere sicurezza e professionalità, che deve infondere serenità e gentilezza. Un fisico ed un viso annoiato e burbero vengono percepiti immediatamente come negativi. Una volta che lo staff di sala è capace di comprendere che cliente ha dinanzi, di conseguenza è capace di creare l’atmosfera che lo pone a suo agio e aumenterà da un punto di vista psico-economico anche la sua capacità di spesa. La discrezione è essenziale. Con la comunicazione verbale occorre essere in grado di soppesare ogni parola. È bene non intervenire a sproposito e se non interpellati. Quando percepite una difficoltà del cliente non comunicata, precedetela cortesemente senza essere invasivi. “Se posso permettermi…”, “Se posso consigliarla…” sono forme corrette per introdursi senza essere sgarbati. Anche la presenza intorno alla tavola deve essere equilibrata. Avere un cameriere che ronza costantemente intorno ai commensali per assicurare un buon servizio non è sinonimo di qualità, anzi. Lo staff di sala deve sempre avere un occhio sul tavolo, ma a distanza. Deve anticipare le esigenze fornendo un servizio puntuale, curato e leggero. Il cameriere è allo stesso tempo invisibile e presente; non domanda mai: “Procede tutto bene?”, “Come sta andando la cena?”. Dovrebbe invece aumentare la propria capacità di cognizione su punti critici e reazioni dei clienti per svolgere il suo mestiere in modo eccellente.




GOLAVAGANDO

L’ECCELLENZA DEL

BISTROT

A FORTE DEI MARMI fotoservizio di

Claudio Mollo

Della “dolce vita” romana ogni tanto si torna a parlare, attraverso tanti ricordi, immagini di momenti d’oro, racconti di vita comune e non, che ti riportano ad un periodo italiano fra i più floridi, fra i più scintillanti. Ecco, storie simili le potrebbe raccontare anche Piero Vaiani, capostipite di una famiglia di ristoratori che in Versilia, ormai, è diventata leggenda. Imprenditore, anzi, imprenditori della ristorazione lui e i figli David e Marco, senza ombra di dubbio, visti i locali che oggi gestiscono, tutti situati in un breve tratto di strada che termina nella piazza a mare e l’inizio del pontile, a Forte dei Marmi. Tutto ha inizio negli anni ‘40/’50 con il primo ristorante della famiglia, il Tre Stelle, uno dei ristoranti di quel tratto di costa gettonatissimo dalla “belle epoque” versiliese. Poi la scalata alla ristorazione di qualità, con il passaggio dal primo locale, all’attuale Bistrot, stella Michelin della Versilia e al bellissimo e intraprendente percorso che porta la famiglia all’apertura dell’Osteria del Mare, poi The Fratellini’s ed infine, qualche anno fa, l’inaugurazione di Pesce Baracca, luogo nel quale la formula mercato-cucina gli conferisce una unicità incontrastabile su tutta la riviera versiliese. E se degli altri locali si possono raccontare aneddoti e storie di clientela soddisfatta, qualità della ristorazione, servizi inappuntabili e quant’altro di positivo, quando si parla del Bistrot si fa riferimento alla vera eccellenza in cucina, allo straordinario servizio in sala, agli ambienti fascinosi nei quali si viene accolti.

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BISTROTRESTAURANT

SPAGHETTONI

aglio olio e peperoncino, battuto di gambero gobbetto, olive essiccate e bottarga di muggine INGREDIENTI per 4 persone

g. 360 di spaghetti, g. 100 di fumetto di pesce, 16 gamberi gobbetti, g. 100 di polvere di olive nere, g. 100 di polvere di olive verdi, g. 40 di bottarga di muggine, 2 teste d’aglio in camicia.

PROCEDIMENTO

Per il battuto di gambero: prendere 2 gamberi a persona e stenderli con l’aiuto di un coppapasta e della carta forno: batterli e comporre un carpaccio rotondo. Abbattere a -18°C.

Per la polvere di olive nere e verdi: essiccare le olive per una notte a 55°C, frullare e setacciare.

Per lo spaghetto: cuocere in acqua salata per 6 minuti. In una padella soffriggere l’aglio col peperon-

cino. Una volta dorato, levarlo dal fuoco e aggiungere

100 grammi di fumetto. Scolare la pasta e finirla di cuo-

cere in padella cercando di emulsionare bene e incorpo-

rare aria. Arrotolare un nido di pasta sul battuto di gambero e aggiungere la polvere di olive e la bottarga.

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GOLAVAGANDO

PANZANELLA DI TONNO INGREDIENTI per 4 persone

g. 360 di filetto di tonno rosso spagnolo, 1 cipolla rossa, g. 200 di gazpacho di pomodoro, 1 cetriolo, g. 100 di pane

integrale, g. 100 di aceto bianco, g. 100 di zucchero, g. 100 di acqua, g. 30 di sale, basilico, aglio, cipollotto. PROCEDIMENTO

Per il gazpacho: mettere i pomodori a marinare una notte

con olio, basilico, aglio e sale. Il giorno dopo frullare e setacciare.

Per le verdure marinate: far bollire in acqua l’aceto, lo zucchero e il sale. Una volta raffreddato il liquido, unirvi le verdure da crude e metterle sottovuoto.

In una fondina disporre a specchio il gazpacho, disporvi so-

pra una parte del tonno tagliato a cubetti condito con olio

e sale, i cetrioli e le cipolle marinate. Sbriciolarvi del pane integrale tostato.

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Dei tre uomini della famiglia, David Vaiani è il regista del rinomato ristorante stellato, situato sul viale principale di Forte dei Marmi, lato mare. Lo riceve in regalo dal padre al compimento del diciottesimo anno di età e da quel momento inizia a lavorare a testa bassa per realizzare il sogno di un locale tutto suo, particolare, bello e ricercato. Così, oggi, riuscito nell’impresa, David dispensa piaceri gastronomici e una raffinata accoglienza a tutti coloro che hanno la fortuna di cenare al Bistrot. Grande regista di una numerosa compagnia di professionisti della cucina e della sala, riesce a gestire con armonia e cordialità tutti i suoi collaboratori, ad iniziare dallo chef, Nicola Gronchi, dal ‘95 nelle cucine del Bistrot, per passare ai suoi collaboratori più diretti, preposti all’accoglienza degli ospiti al loro arrivo, dal sommelier, al maitre, ai numerosi camerieri che si muovono veloci tra i tavoli, permettendo di far scorrere con tempi giustissimi la prestigiosa sosta, anche con il tutto esaurito. Al Bistrot si va per mangiare “il pesce”, cucinato con fantasia e semplicità. Il crudo impera in fantastiche preparazioni e marinature, mentre l’abile mano dello chef, combinata a cotture delicatissime, ti fa apprezzare la qualità di una materia prima eccellente, tutta locale, che in cucina si trasforma in bellissime pietanze, interpretate con criterio nelle tante proposte presenti sul menu, in continuo aggiornamento. La famiglia Vaiani possiede anche una fattoria, curata dal padre di David, che aggiunge ancora più valore ai piatti del ristorante, offrendo primizie di stagione e prodotti di pregio, come l’olio extravergine d’oliva, delicato e particolarmente adatto alla cucina di mare. Il locale a dir poco raffinato, si trova a pochi passi dal mare; un buon numero di coperti si articolano comodamente nei due ambienti principali, elegantemente arredati. Gli spazi non mancano, neanche nello splendido e accogliente dehors, nel quale, in estate, trovare un tavolo diventa un’impresa quasi impossibile. I clienti più assidui sono i tanti proprietari di se-


BISTROTRESTAURANT

conde case che nei fine settimana e soprattutto nell’intero periodo estivo, tornano al mare. Italiani, ma anche molti stranieri. Tra loro non mancano i personaggi noti di varia estrazione: calciatori, attrici e attori, cantanti e tanti altri personaggi del jet set internazionale. Al Bistrot i tramonti salutano l’inizio di una festa dedicata al cibo e all’accoglienza, che ormai da molti anni si ripete in quella Forte dei Marmi, ultimo baluardo del nord della Versilia nottambula e festosa, alla quale il locale della famiglia Vaiani è legata a doppio filo.

BISTROT RESTAURANT

Via della Repubblica, 14

55042 Forte Dei Marmi (LU) Tel. 0584 89879

www.bistrotforte.it

bistrot@bistrotforte.it

CANNOLO DI RICOTTA liquirizia e rosmarino

INGREDIENTI per 4 persone

Per il gelato al rosmarino

g. 106 di zucchero, g. 23 di farina, g. 50

polvere, g. 24 di destrosio, g. 4 di stabilizzante.

Per la cialda di mandorla

di farina di mandorle, g. 23 di burro fuso freddo.

Mixare gli ingredienti secchi in planeta-

g. 516 di latte, g. 30 di rosmarino, g. 117 di panna, g. 100 di zucchero, g. 42 di latte in Mettere in infusione sottovuoto a 50°C il rosmarino nel latte per un’ora. Filtrare il latte e aggiungere il resto degli ingredienti portando a 50°C. Abbattere a -36°C.

ria; unire poco alla volta l’acqua e, per

Per la salsa di liquirizia

cuocere a 160°C per 6 minuti.

quirizia.

ultimo, il burro. Stendere sul silpat e

Spuma di mandorle

g. 250 di latte di mandorla, g. 100 di

g. 200 di zucchero, g. 40 di glucosio, g. 100 di acqua, g. 16 di cacao, 4 cucchiaini di liRealizzare un caramello con zucchero e glucosio, aggiungere il resto degli ingredienti. Mantenere in frigo.

panna, g. 25 di sciroppo 1:1, g. 4 di colla di pesce.

Scaldare lo sciroppo, unire la colla di

pesce precedentemente ammollata in acqua fredda, unire il latte e la panna. Versare nel sifone con 2 cariche.

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GOLAVAGANDO

NEL LIVORNESE

LOCANDA GARZELLI SI DISTINGUE PER L’ARTICOLATA BUONA OSPITALITÀ fotoservizio di

Claudio Mollo

La location è decisamente intrigante, posta com’è su una punta panoramica del litorale livornese, a Quercianella, a pochi passi dal mare. L’ambiente, elegante ma fresco, all’interno del quale si respira arte e buongusto, la sera prende vita e si trasforma in un locale accogliente e romantico, con tanto di pianoforte che suona musica jazz e candele accese ad arricchire un’atmosfera d’altri tempi. La Locanda è della famiglia Garzelli, proprietaria anche dello stabilimento balneare, con tanto di ristorante, “Il Tirreno”, situato qualche chilometro più avanti a Caletta di Castiglioncello. Federico e Alberto si alternano tra cucina e sala, accogliendo amici e clienti della locanda, mentre Valentina e Simone, altri componenti della famiglia Garzelli, sono gli artefici del successo della location di Caletta. La cucina della locanda è firmata da Ilan Catola, chef taciturno ma molto operativo, che propone piatti prevalentemente di mare, colorati e ricchi di sapore. Prodotti freschi, provenienti da piccoli pescatori locali e dalle aste del mercato del pesce di Livorno. Le piacevoli pietanze partono sempre da ricette della tradizione della costa livornese e finiscono in tavola sotto forma di nuove e accattivanti elaborazioni. Tradizione e innovazione si uniscono armoniosamente per offrire il meglio che il mare e la vicina campagna riescono ad offrire, in piena simbiosi con le stagioni. Una fornitissima cantina, altro motivo di orgoglio del locale, fa da degna cornice alla cucina, garantendo un’ampia scelta di vini e bollicine a copertura dell’intero territorio, resto d’Italia e oltre. Ma quando si parla di locanda, non si parla soltanto di cibo, ma anche

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GOLAVAGANDO

SPAGHETTO MARE CRUDO con foie gras di pescatrice INGREDIENTI

cuocerlo poi a 55°C per 50 minuti, abbatterlo e lasciarlo riposare altre 2 ore in frigo prima di utiliz-

scatrice, g. 7 di sale grosso rosa dell’Hi-

pescatrice e lasciarla soffriggere; salare, pepare, poi bagnare con l’acqua fredda e far bollire per

Per il foie gras: g. 300 di fegato di pemalaya, g. 7 di zucchero di canna, zeste di arancia, pepe di Sichuan.

Per le tartare: 4 gamberi rossi, 5 scampi piccoli, 2 mazzancolle.

Per il fondo di pesce: l. 5 di acqua

fredda, 1 testa di pescatrice, 1 sedano, 1 carota, 1 cipolla, cc. 100 di olio evo.

Per l’olio aromatico: g. 300 di olio evo,

ml. 100 di fondo di pescatrice, g. 50 di

vino, 1 testa d’aglio, 1 scalogno, 2 rametti di finocchietto. PROCEDIMENTO

Preparare il foie gras il giorno prece-

dente: metterlo a marinare sottovuoto 12 ore, poi arrotolarlo a mo’ di cilindro e

lasciarlo riposare altre 4 ore sottovuoto;

zarlo. Quano il foie gras sarà pronto, preparare il fumetto: soffriggere le verdure nell’olio, unire la

30 minuti abbondanti. Filtrare il fondo. Preparare l’olio aromatico con tutti gli ingredienti: far sobbollire per 10 minuti e lasciarlo in infusione. Per la tartare: sgusciare e tenere solo la polpa dei crostacei (priva dell’intestino); tritarla separatamente con un coltello e tenere da parte. Cuocere 300 grammi di spaghetti di buona qualità e di un

diametro abbastanza grande tipo spaghetto-

ne; in un’ampia padellla versare 250 grammi di

olio aromatico e 125 grammi di fondo di pesca-

trice. Nel frattempo preparre il piatto con le tartare

a mo’ di quenelle con l’aiuto di due cucchiai, condire con olio, sale e scorza di poco limone; quando mancheranno ancora 4 minuti alla fine cottura e la pasta sarà ancora al dente, porla nella padella e mantecarla bene facendole finire la cottura e rilasciare il

proprio amido. Se necessario, aggiungere del fondo

di pesce; posizionare al centro del piatto e mettervi sopra una scaloppa di foie gras.

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GOLAVAGANDO

MORONE IN OLIOCOTTURA

con verdure affumicate in salsa teriaki e acqua di riso venere

INGREDIENTI

PROCEDIMENTO

cottura del riso. Mettere da parte il riso e

dale di g. 130 grammi ciascuno, kg. 2 di

nata di sale bilanciato di zucchero e sale,

zero e soya, poi addensarla con 1 cucchiai-

4 tranci di pesce morone o ricciola di fonsale grosso, kg. 2 di zucchero di canna,

cc. 250 di olio evo, 1 testa d’aglio, zeste di

1 arancia, cm. 5 di zenzero fresco grattugiato, 4 buste sottovuoto.

Per le verdure affumicate: g. 250 di carote, 2 rametti di lemon grass, g. 125 di sedano, 1 porro, 1 cipolla rossa in quarti.

Per la marinata delle verdure: cm. 5 di

zenzero, g. 100 di aceto bianco, g. 30 di olio, g. 25 di sale, g. 60 di zucchero bianco, g. 30 di salsa di soya, cc. 20 di fumo liquido, 1 busta sottovuoto.

Per il corallo al nero di seppia: g. 10 di

farina, g. 90 di acqua, g. 40 di burro, 1 cucchiaino di nero di seppia.

Per l’aqua di riso: g. 200 di riso venere,

zenzero in polvere, 1 cucchiaino di gomma Xantana.

Per la crema di carote al curry: g. 500 di carote, 3 scalogni, cc. 200 di olio evo, 2 cucchiaini di curry.

Prima preparare il morone con la mari-

mescolare gli aromi allo zucchero e sale e coprirci i tranci; lasciarli riposare per 20 minuti.

Per l’olio aromatico: mettere olio, aglio e

zenzero in un pentolino senza che frigga; con un termometro controllare che non

superi i 70°C poi lasciarlo in infusione fino

no di Xantana e conservare a parte.

Per il corallo: mescolare tutti gli ingredienti con il burro sciolto, scaldare una

padellina antiaderente e versarne una piccola dose; aspettare che si formi il corallo e conservarlo.

Per la crema di carote al curry: cuocere

a quando non sarà utilizzato; sciacquare il

le carote soffriggendole e poi, aggiun-

da ed asciugarlo bene, mettetelo sotto-

con un frullatore fino ad ottenere una

morone dal sale bilanciato con acqua fredvuoto in 4 diverse buste con una tazzina da caffè di olio aromatico e chiudere le buste.

Cuocerlo in un roner a 55°C per 30 minuti,

gendo poca acqua, unire il curry e frullare

crema densa e omogenea; conservare nello squizer.

poi abbatterlo anche in acqua e ghiaccio

IMPIATTAMENTO

Per le verdure teriaki affumicate: taglia-

per 8 minuti a 60°C, nel frattempo saltare

sempre nella busta e conservarlo in frigo.

re tutte le verdure a bastoncino e le cipolle rosse divise in quarti, poi preparare la marinata mescolando tutto insieme;

mettere sottovuoto e cuocere a 96°C per 40 minuti, poi abbattere.

Per la l’acqua di riso venere: cuocere 200 grammi di riso in 500 di acqua fino a fine

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conservarne l’acqua condendola con zen-

Rigenerare il trancio sottovuoto nel roner le verdure nel wok e mettere l’acqua di

riso come base sopra le verdure saltate e

sopra il pesce. Da un lato con lo squizer

fare dei puntini con la crema di carota e

disporre sul piatto dei petali di cipolla con del corallo a decorazione e qualche fogliolina di menta fresca.


GOLAVAGANDO

L’ORTODOLCE INGREDIENTI

Per il gelato al basilico: g. 250 di latte, g. 250 di panna, g. 60 di zucchero, g. 30 di destrosio, g. 5 di glucosio, 10 foglie di basilico.

Per le verdure candite: carote baby raynbow (4 per colore), 2 coste di sedano bianco, 4 ravanelli, 2 finocchi baby, g. 500 acqua, g. 700 di zucchero, 1 cucchiaio di aceto bianco. Per il il terriccio: g. 100 di ganache di cioccolato fredda, g. 150 di cacao.

Per la gelatina al pomodoro: g. 500 di acqua, g. 500 di zucchero, g. 150 di pomodorini Pachino, 1 bacca di vaniglia, g. 20 di gelatina.

Per la polvere di olive nere: 1 barattolo di olive nere denocciolate in salamoia. PROCEDIMENTO

di accoglienza e infatti, a disposizione degli amanti del relax e della tranquillità, al piano superiore ci sono anche 6 camere, ciascuna con il nome di un vento (Grecale, Libeccio, Scirocco, Ponente, Levante, Maestrale), non molto grandi ma curatissime, nelle quali fermarsi dopo un’ottima cena, per soste di lavoro o per passare un fine settimana a due passi dal mare. Chi prima arriva può scegliere una delle tre che si affacciano su una bellissima terrazza, dalla quale si può godere un panorama d’eccezione e tramonti indimenticabili. Molto curata anche la colazione del mattino, all’inglese, accompagnata da un sobrio sottofondo musicale, ricca di cose sfiziose, dolci e salate che vengono servite nella veranda assolata, vista mare. La Locanda è molto frequentata da un pubblico locale, di passaggio e nella buona stagione da molti turisti, che affollano le liste di prenotazione, per passare piacevoli serate in compagnia della buona cucina.

Essiccare le olive in forno o in essiccatore a 45°C per 12 ore, poi preparare il gelato frullando lo zucchero con il basilico e unendolo a tutti gli altri ingredienti, portandolo a 80°C; abbatterlo a 3°C, porlo in una gelatiera e mantecarlo. Ora preparare le verdure:

mondarle e preparare lo sciroppo di zucchero. In un’altra pentola di acqua che bolle, leggermente salata, prima scottare le verdure poi, per ultimi, i ravanelli aggiungendo un po’ di aceto; a questo punto buttarle in acqua e ghiaccio per fissare il colore. Passarle

ora una ad una nello sciroppo di zucchero; conservarle separate, se necessario ripetere l’operazione di canditura una seconda volta (lo sciroppo non deve superare i 112°C).

Preparare il terriccio di cacao con la ganache fredda ed il cacao frullandolo fino a quando non diventa terriccio. Per la gelatina di pomodoro preparare lo sciroppo alla vaniglia

e ammollare la gelatina in acqua, poi, una volta ritirato lo sciroppo a 350 ml totali, frul-

larlo con i pomodorini e unire la gelatina. Filtrare il tutto e metterlo in un contenitore realizzando uno strato di 2 centimetri di altezza; mettere in frigo per due ore. Successivamente frullare le olive secche in un frullatore potente riducendole in polvere. IMPIATTAMENTO

Disporre il terriccio alla base, poi le verdure candite alternandole per tipo di forma e co-

lore; disporre tre palline di gelato al basilico, infine mettere la gelatina coppata a mo’ di dischetto. Spruzzare la polvere di olive qua e là e decorare con foglie di basilico fresco.

LOCANDA GARZELLI

Via Giovanni Pascoli, 32 Quercianella (LI)

Tel. 0586 491027

www.locandagarzelli.it info@locandagarzelli.it

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Antonietta Mazzeo foto di Niko Boi

GOURMETFOOD

di

ROMANTIK & GOURMET HOTEL

STAFLER

NELL’ALTO ADIGE LO CHEF PETER GIRTLER IMPONE LA SUA PERSONALITÀ E UNA CUCINA GOURMET PLURIPREMIATA

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HOTELSTAFLER

La strada è quella che un tempo univa il Brennero con Innsbruck, immersa nell’affascinante contesto naturalistico altoatesino tra le Dolomiti della Valle Isarco. L’ambiente è n quello che nel 1270 era una stazione di posta e fattoria: storici muri ospitano uno tra i migliori hotel gourmet dell’Alto Adige, il Romantik & Gourmet Hotel Stafler**** di Campo di Trens a Vipiteno (BZ), dove sembra che persino Goethe abbia trovato ospitalità e soddisfazione alle proprie esigenze culinarie. Divenuto locanda nel 1738, ha il pregio di una gestione familiare di lunga tradizione, a cui le diverse epoche storiche hanno conferito affidabilità e carattere, tanto che oggi l’hotel eccelle per l’ospitalità della famiglia Stafler. L’elegante stile alpino, fatto di stube, romantici erker, mobili d’epoca, soffitti a volta e maioliche, fonde armonicamente il passato con i necessari apporti contemporanei improntati ad elevata qualità, quali l’ampio programma wellness al centro Romantica, il ristorante “stellato” Gourmet Stoube Einhorn, il ben articolato contorno di dépendance, fattoria, stalla, stagno, parco e giardino delle erbe. Luogo ideale per partire alla volta di passeggiate tra borghi e musei, consente il più armonioso relax dopo giornate sulle piste da sci, escursioni tra malghe, boschi e vette della Valle Isarco: giusti presupposti per assaporare gli indimenticabili affascinanti piaceri dell’Alto Adige, in mirabile equilibrio tra raffinatezza, ospitalità e spettacolare dimensione alpina. Peter Girtler, da Vipiteno, classe 1972, è lo chef della “Gourmetstube Einhorn” (tradotto: Stube Gourmet Unicorno), due stelle Michelin, ma anche cinque cappelli Gault Millau e quattro posate Aral Schlemmeratlas. A 14 anni il suo grande sogno era quello di diventare meccanico, ma molti altri suoi coetanei avevano la stessa ambizione e, dunque, scelse di orientarsi verso la cucina, iniziando a fare il lavapiatti per poi diventare ap-

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GOURMETFOOD

prendista. Il suo talento emerse già durante l’esame finale di apprendistato, a cui seguirono esperienze qualificate in ristoranti di prim’ordine, quali il Vital Hotel Royal e l’Alpenkönig Hotel di Seefeld, l’Hotel Castel a Tirolo, il Parkhotel Laurin di Bolzano e la Residenza del grande Heinz Winkler ad Aschau. Un percorso formativo in cui Peter ha conosciuto chef ambiziosi, che lo hanno motivato e portato a credere in questa impegnativa professione. L’esperienza trascorsa al fianco dello chef Heinz Winkler gli ha fatto capire l’importanza del fattore gusto; quella successiva da Gerhard Wieser gli ha insegnato l’organizzazione; ma quelli che non potrà mai dimenticare sono gli insegnamenti ricevuti da Georg Lindner,

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HOTELSTAFLER

FILETTO DI SALMERINO AFFUMICATO

con insalata di finocchi INGREDIENTI per 4 persone

griglia e riporli in forno insieme alla farina

e pelle), un po’ di farina per affumicatura

10 minuti (a seconda dello spessore del

4 filetti di salmerino di g. 200 (senza lische con bacche di ginepro, alloro, pepe in grani, sale e pepe per condire.

PREPARAZIONE

Versare la farina per affumicatura in un

da affumicatura. Farli affumicare per circa

pesce) dopodiché estrarre dal forno. Utiliz-

zare i filetti immediatamente, oppure metterli sottovuoto e conservarli per qualche giorno (al fresco).

pentolino, metterlo sul fuoco finché la “fa-

Per l’insalata di finocchi:

Inserire nella pentola una griglia adatta,

rinarli con aceto balsamico bianco, olio

rina” inizia a fumare.

appoggiata su un supporto.

Condire i filetti di salmerino, disporli sulla

Tagliare i finocchi a strisce sottili e mad’oliva, sale e limone. Decorare a piacere con insalatine.

il maestro conosciuto durante il secondo anno di apprendistato, che lo ha, per primo, contagiato con l’amore per la professione e che gli ha mostrato quanto la cucina possa essere in continuo divenire.

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GOURMETFOOD

FILETTO DI BUE

in crosta di cipolle

INGREDIENTI per 4 persone

4 pezzi di filetto di manzo, g. 30 di mi de pain (pane bianco grattu-

giato), g. 10 di parmigiano grattugiato, g. 60 di burro ammorbidito, 1 cipolla tagliata e dadini e leggermente soffritta, 1 tuorlo d’uovo. PREPARAZIONE

Arrostire i filetti di bue in padella a fuoco moderato.

Per la crosta: mescolare tutti gli ingredienti, formare un rotolo e riporre al freddo. Tagliarle a fettine. Cospargere i filetti di bue arrostiti con le fettine di crosta di cipolle e gratinarli brevemente.

CONTORNI

Variazione di scorzonera: bollita e passata alla fiamma (in pezzi e tagliata); tagliata sottile e fritta come chips; bollita nella panna, passata come purè.

Variazioni della crosta: crosta di parmigiano e finferli; crosta di parmigiano e porcini; crosta di parmigiano e rosmarino; crosta di parmigiano e tartufo.

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HOTELSTAFLER

“ … dobbiamo imparare a conoscere e apprezzare il lavoro e l’impegno del contadino e del produttore: è il prodotto che dovrebbe attirare l’attenzione, non il cuoco.“ (Peter Girtler) Le preparazioni scaturiscono dal grande rispetto verso le materie prime, selezionate con cura e dovizia: sono utilizzati esclusivamente i prodotti locali e genuini dell’azienda agricola e dei masi Stafler, i poderi Nagelehof e Kerscherhof, dove si producono uova, yogurt, carni di qualità, ortaggi, erbe aromatiche alpine e piante, anche rare ed in disuso, impiegate per impreziosire creazioni eccellenti, che conducono ad un sapore culinario ben definito. Una cucina raffinata, elegante e creativa nell’espressione tecnica, nell’equilibrio e negli accostamenti. La forte impronta classica risente positivamente della fusione tra le due culture culinarie confinanti, quella del Trentino e dell’Alto Adige. La tradizione della cucina popolare altoatesina, rivisitata e mescolata alle tendenze gastronomiche più moderne che abbracciano anche la cultura mediterranea, danno vita a piatti originali, che conciliano sapore, leggerezza e qualità, valorizzando il gusto in tutta la sua essenzialità. A dispetto di tutti riconoscimenti, alla domanda su quale Peter consideri il più gratificante, la sua risposta è unica e semplice: “L’espressione di soddisfazione negli occhi dei miei clienti!”.

VENTRESCA

con mela, cetriolo, quinoa e fondo di yuzu INGREDIENTI

g. 400 di ventresca, 1 cetriolo da insalata (tagliato a fettine e scottato in acqua salata), 1 mela Granny Smith, sali alle erbe (sale, rosmarino, timo, aneto, un po’ di curry, erba limoncina tritata), quinoa (cuocere in acqua salata, quindi condire con aceto balsamico, sale e olio d’oliva), crescione (come decorazione).

Per il dressing di yuzu: g. 135 di succo di pompelmo, ml. 30 di succo di yuzu, g. 22 di olio d’oliva e limone, una spruzzata di salsa di soia. STAFLER

Mules Nr. 10

39040 Campo di Trens - Vipiteno (BZ) Tel. +39 0472 771 136 Fax +39 0472 771 094

Preparazione

Pulire bene la ventresca, tagliarla in pezzi di g. 80, condirla con sali alle erbe. Scottarla brevemente e riporla in forno per 10 minuti a 70°C.

www.stafler.com - info@stafler.com

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GOURMETFOOD

NEL PIACENTINO

ISA MAZZOCCHI E LE SUE RICETTE DELLA FELICITÀ di

Giulia Gavagnin

“Scrivilo! Le donne sono troppo intelligenti per stare in cucina! Hanno certamente troppe cose migliori da fare invece di consacrare il proprio tempo a rendere felice la gente…”. Isa Mazzocchi abbandona il suo naturale aplombe quando affronta l’annoso tema. Le ragioni sono piuttosto evidenti: è troppo intelligente lei stessa per tollerare l’aura di invisibilità che circonda l’essere chef-donna in Italia, un oggetto ancora misterioso e guardato con sospetto. Al di là delle inutili categorie che sono state spesso inventate per cercare una linea di demarcazione tra i caratteri della cucina maschile e quella femminile (l’una più razionale, l’altra più emotiva, come se non fosse già stata smentita abbastanza la favola dei due emisferi cerebrali), una cosa è certa: Donna è Vita, nel senso più primordiale dell’accezione. E Isa lascia il segno della Vita su tutte le sue creazioni, apponendo all’estremità di ogni piatto una goccia di latte, simbolo del primo nutrimento, quello da cui tutto ha origine. La sua, non può quindi che essere una cucina vitale, istintiva ed esplosiva, manierata dall’affinamento nella tradizione transalpina maturato durante l’apprendistato da Georges Cogny, il più piacentino tra i francesi. Isa Mazzocchi è la regina de “La Palta”, l’ex appalto dei Tabacchi di Bilegno, minuscola frazione della Valtidone, un luogo sperduto eppure magico nella sua

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ISAMAZZOCCHI

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GOURMETFOOD

UOVO IN CAMICIA

su crema di ricotta, storione marinato e caviale INGREDIENTI per 4 persone 4 uova

g. 150 di storione marinato in sale e zucchero g. 200 di ricotta

g. 20 di caviale di storione g. 20 di uova di salmone g. 50 di panna

stecca di vaniglia sale

pepe

olio extravergine d’oliva 1 cucchiaio di aceto PREPARAZIONE

Mettere a bollire l’acqua salata con l’ace-

to, tuffare l’uovo e cuocere per pochi minuti; il tuorlo deve risultare ancora crudo.

Montare la ricotta fino a raggiungere i 60°C, unire la panna liquida, aggiustare di sale ed olio. Tenere in caldo.

Affettare lo storione a fette sottili e condire con olio alla vaniglia.

Servire in piatti individuali mettendo al centro la crema di ricotta, lo storione affettato ed appoggiarvi l’uovo in camicia.

Condire con scaglie di sale, pepe ed olio; finire con le uova di pesce.

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ISAMAZZOCCHI

invisibilità. Un piccolo borgo, poche case, fuori i prati, qualche rudere da archeologia agricola, e il paesaggio fluviale con i suoi fagiani e le lepri che attraversano la strada di tanto in tanto. In questo luogo dove ogni coordinata spazio-temporale è priva di ogni significato, Isa e il marito Roberto Gazzola - sommelier di classe eccelsa - hanno trasformato i vecchi locali di famiglia in un ristorante prezioso, con ampie vetrate sul paesaggio padano e lo sguardo vigile della mamma di Isa, che ogni tanto si concede una partita a carte nell’anticamera, come nelle fotografie del Dopoguerra. Il quadro di famiglia è suggellato da una mano delicatissima e volitiva, impreziosita dalle influenze del già citato maestro franco-piacentino. Però, guai a dirle che la sua è una cucina francofila. Dalla scuola transalpina ha importato le tecniche, e molti ingredienti: lumache, piccione, foie-gras. Tuttavia, l’utilizzo

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GOURMETFOOD

UN SORRISO DI RAVIOLI

tra oriente e occidente, ravioli di riso alle erbe selvatiche su zuppa speziata al cocco INGREDIENTI per 10 persone

Per la zuppa di cocco

g. 200 di farina di riso integrale “Gli Aironi”,

g. 20 di lemongrass, g. 50 di galangal,

Per la pasta

g. 400 di farina 00, 2 tuorli, 4 uova intere, sale, olio extravergine d’oliva, acqua q.b.

Versare la farina 00 a fontana, porre al centro quella di riso insieme alle uova, il sale,

l’olio e l’acqua. Impastare partendo dal cen-

g. 250 di crema al cocco, g. 250 di brodo, g. 5 di foglie di lime, g. 5 di radice di co-

riandolo, g. 60 succo di lime, g. 30 di salsa di pesce, g. 10 di peperoncino “Bird Eyes”, g. 10 di coriandolo in foglie, g. 30 di scalogno.

tro e lasciare riposare per 40 minuti.

Mixare il cocco col brodo a fuoco lento. Ag-

Per il ripieno

radice di coriandolo e foglie di lime. Cuo-

g. 200 di cipolle novelle tagliate a julienne, g. 200 di erbe selvatiche pulite e lavate (ortiche, foglie di gelso, senape, acetosella),

g. 200 di pane raffermo grattato, g. 50 di

Grana Padano, olio extravergine d’oliva q.b.,

giungere lemongrass, galangal, scalogno, cere 10 minuti e passare al setaccio. Unire

la salsa di pesce, il succo di lime e il peperoncino tagliato sottile. Cuocere 10 minuti e passare al setaccio.

burro q.b., rosmarino q.b., alloro q.b.

g. 50 di crunchy di riso al pepe

Sbianchire le erbe in acqua bollente salata e

PREPARAZIONE

passire le cipolle con olio, burro, rosmarino

con l’aiuto di un coppapasta; richiudere su

raffreddare. In una padella antiaderente ape alloro. Unire le erbe, aggiustare di sale e frullare finemente. Aggiungere il pangrattato e raffreddare. Incorporare il Grana Padano e conservare al fresco.

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Tirare la sfoglia sottile e formare dei raviolini se stessi in modo da formare dei cappellini.

Cuocere i raviolini in acqua bollente salata; unirli alla zuppa, guarnire con foglie di coriandolo fresche e crunchy di riso al pepe.

di materie prime locali è imprescindibile, connaturato alla nascita in un territorio ancestrale come la goccia di latte sul piatto. “Non posso negare l’influenza decisiva di Cogny sulla mia cucina attuale. Però ci tengo a sottolineare che noi italiani abbiamo una memoria storica molto più ampia rispetto a quella dei francesi”. Quando Isa parla di “memoria storica” non si riferisce solo al localismo della tradizione, ma anche all’utilizzo della materia prima, spesso non codificato sul scala nazionale come in Francia. Per questa ragione, la sua è una sintesi riuscita di tecnica francese classica e valorizzazione dell’ingrediente locale, un “glocal” che batte doppio tricolore, italiano e transalpino. Impreziosito, peraltro, dalla stella Michelin ottenuta nel 2012, che sembra non essere l’ultimo traguardo, visti i risultati raggiunti in cucina. La coppa piacentina stagionata 15 mesi, i tradizionali tortelli di ricotta e spinaci, i tortelli di pisarei ripieni di anolini, costituiscono il naturale tributo al territorio. Ma quando osa di più, Isa


ISAMAZZOCCHI

rivela di essere un autentico “cavallo di razza”. Toast di lumache con chiodini e tuorlo d’uovo in camicia non è un antipasto, ma una lussuosa merenda nella quale la duplice grassezza dell’uovo e della lumaca è stemperata piacevolmente dalla nota lievemente amarotica del fungo. Gli “aperti” di capriolo sono una piccola pasta fresca ripiena su brodo di polenta abbrustolita e olio al ginepro, di una concentrazione accattivante, che a chiuder gli occhi sembra di essere ai piedi delle Dolomiti. Il piccione arrostito con liquirizia e cipolle rosse è di chiara derivazione francese, e nella sua semplicità sposa alla perfezione acidità e dolcezza. Non mancano i divertissement veri e propri, come gli ormai classici ravioli di riso tra Oriente e Occidente, eseguiti con farina di riso e riso Venere, ripieni di cipollotto, erbette e zenzero, conditi con crema di cocco e guarniti con crumble di riso. Tutti i sapori sono netti, distinti, valorizzati secondo le caratteristiche e la stagionalità. Isa non è “troppo intelligente per stare in

AGNELLO

firmato Val Tidone alla pizzaiola INGREDIENTI per 4 persone

Per la salsa di spinaci: sbianchire gli

g. 200 di patate bianche

con il mixer ad immersione con tre cu-

1 carrè di agnello

g. 100 di salsa di pomodoro fatta in casa g. 100 di spinaci puliti e lavati g. 30 di origano fresco sale

olio extravergine d’oliva pepe

PREPARAZIONE

Per le patate: cuocere le patate al va-

spinaci in acqua bollente salata, frullare betti di ghiaccio, le foglie di origano e

il sale. Passare al setaccio e ritirare in un biberon da cucina.

Per l’agnello: condire l’agnello con sale

grosso e pepe; rosolarlo in padella a

fuoco vivace e finire la cottura in forno. Lasciar riposare per 10 minuti.

pore, passarle al setaccio, montarle alla

Servire in piatti individuali mettendo sul

sale e tenerle in caldo.

origano; unire la purea di patate e l’a-

planetaria con olio extravergine d’oliva e

Per la salsa al pomodoro: cuocere la salsa di pomodoro fino a ridurla della

fondo la salsa di pomodoro e quella di gnello tagliato a pezzi. Finire con fondo di cottura e foglie di origano fresco.

metà; montare con il mixer ad immersione con olio extravergine d’oliva e ritirare in un biberon da cucina.

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GOURMETFOOD

CREMA

bruciata ai chiodo di garofano con cremoso alle mandorle INGREDIENTI per 8 persone Per la crema bruciata

g. 250 di panna, g. 100 di latte, 3 tuorli,

g. 50 di zucchero, 3 chiodi di garofano, 1 stecca di cannella.

Bollire il latte, la panna e le spezie tostate

in padella. Sbattere ii tuorli con lo zucche-

ro e quando il latte bolle unirlo poco alla

ceramica e cuocerlo al vapore per 9 minuti circa. Lasciare raffreddare. Per il cremoso

g. 80 di pasta di mandorle, g. 250 di pan-

na, g. 250 di cioccolato bianco, g. 2 di gelatina in fogli, alchechengi q.b., zucchero di canna q.b.

volta al composto di uova. Raffreddare e

Bollire la panna e versarla sulla pasta di

Filtrare il composto, versarlo in 8 ciotole di

passare al setaccio.

lasciar riposare per 12 ore.

mandorle e il cioccolato bianco; frullare e

cucina” è, piuttosto, intelligente abbastanza da aver capito che lasciarvi qualcun altro sarebbe stato un peccato. Alcuni dei suoi piatti si sposano alla perfezione con “Una”, malvasia ottenuta da acini raccolti tardivamente, frutto dell’ingegno del produttore Enrico Sgorbati di Torre Fornello e di Roberto Gazzola. I vigneti sono “localissimi”, distribuiti su meno di un ettaro vitato nei pressi di Ziano Piacentino, in un microclima unico dove riesce a svilupparsi la botrytis cinerea. Un vino carico di personalità, rappresentativo del territorio ma ottenuto grazie a una vocazione internazionale. Un prodotto “glocal”, come la cucina de “La Palta”, una realtà che ormai ha raggiunto la piena maturità.

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Quando il composto è ancora caldo unire

la gelatina ammollata in acqua fredda e

raffreddare. Frullare il composto con un mixer a immersione e ritirare in un sac à poche.

PREPARAZIONE

Cospargere le creme con zucchero di can-

na e bruciare la superficie col cannello.

Terminare con spuntoni di cremoso alle mandorle, con alcuni alchekengi e qualche goccia di salsa di frutti rossi.

LA PALTA

loc. Bilegno, 67

29011 Borgonovo Val Tidone Piacenza

Tel. 0523862103 - 3453360722 www.lapalta.it info@lapalta.it



di

Claudio Mollo

GOURMETFOOD

AD AMALFI ARIA NUOVA NELLE PROPOSTE DEL

RISTORANTE SENSI CON ALESSANDRO TORMOLINO

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RISTORANTESENSI

A pochi metri dalla celebre cattedrale di Amalfi, incastonato in uno splendido palazzo nobiliare del XVIII secolo, il ristorante Sensi offre ai fortunati visitatori della capitale della costiera Amalfitana una interessante sosta gourmet, piacevole alternativa alla cucina tradizionale, pur mantenendo nei piatti presenti in carta un’invidiabile ricchezza di prodotti del territorio. Ospitato all’interno dell’Hotel Residence, di proprietà della famiglia Gargano, vanta antichi arredi originali, scorci di pavimentazioni d’e-

RANA PESCATRICE

in crosta di menta e zenzero con carota e yogurt di bufala

INGREDIENTI per 4 persone

a 100°C per 2 minuti. Infine aggiungere

cadauno, cl. 30 di olio extravergine d’oliva,

teglia bassa in frigo.

4 filetti di rana pescatrice di g. 100 circa g. 100 di fagiolini.

Per il gel di carota: g. 150 di carote, g. 5

di zenzero, 1 foglio di colla di pesce, g. 1

la colla di pesce e lasciar riposare in una Per la crosta: in un frullatore inserire tutti gli ingredienti e frullarli.

di agar agar, sale q.b.

FINITURA

g. 50 di burro, g. 20 di menta fresca, g. 5

ciotolina, aggiungere i filetti di pesce e

Per la crosta: g. 250 di pane in cassetta, di zenzero.

PROCEDIMENTO

Per il gel di carota: in un casseruola sbol-

lentare le carote precedentemente pelate; raffreddarle. Aggiungere lo zenzero e l’a-

gar agar; frullare il tutto in un termomixer

Disporre il composto della crosta in una mescolare delicatamente.

In una padella, a fuoco lento, cuocere il pesce con un poco d’olio.

A cottura ultimata, in un piatto di portata,

adagiare i pezzi di pesce, la gelatina di carota tagliata a strisce, lo yogurt di bufala e i fagiolini leggermente sbollentati.


GOURMETFOOD

CALAMARO

a tagliatella, mozzarella, quinoa, alghe, piselli, frutto della passione INGREDIENTI

su della carta da forno oleata, farcirli ed

vegetale. A cottura ultimata, farlo raffred-

mozzarella, g. 30 di lattuga di mare, cl. 20

Per la farcia: cuocere in un pentolino la

Per il caviale di frutto della passione: in

Per la crema di piselli: g. 200 di piselli,

Una volta raffreddata, aggiungere la lat-

gli ingredienti. Una volta tolti dal fuoco,

kg. 1 di calamari

Per il ripieno: g. 200 di quinoa, g. 100 di di olio extravergine d’oliva, sale q.b.

g. 30 di cipollotto fresco, ml. 20 di olio extravergine d’oliva, sale q.b.

Per il caviale di frutto della passione: g. 100 di frutto della passione, g. 20 di zucchero, g. 1 di agar agar, 2 fogli di gelatina. PROCEDIMENTO

Per il calamaro: pulire i calamari, cuocerli sottovuoto per 14 minuti a 65°C vapore,

dopodiché tagliarli a julienne, stenderli

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avvolgerli in modo da formare un cilindro.

quinoa in acqua fredda per circa 20 minuti. tuga di mare e la mozzarella precedentemente tritate.

Amalgamare il tutto aggiungendo un

dare e frullarlo.

un pentolino portare ad ebollizione tutti aggiungere i fogli di gelatina precedentemente ammollata in acqua e ghiaccio

pizzico di sale e l’olio extravergine.

FINITURA

Per la crema di piselli: in una casseruola

lamaro, tagliarlo in tre pezzi ed adagiarlo

far stufare il cipollotto tagliato a julienne,

dopodiché aggiungere i piselli in precedenza leggermente sbollentati. A fuoco lento continuare la cottura con del brodo

In una padella scottare leggermente il ca-

sulla crema di piselli precedentemente

spennellata in un piatto da portata. Completare il piatto con il caviale di frutto della passione.


RISTORANTESENSI

poca, pregevoli pezzi d’antiquariato, l’aria signorilmente retrò dell’intera struttura, affiancati alle soluzioni moderne e funzionali della sala e della cucina. I colori utilizzati richiamano tonalità naturali, in sintonia con le straordinarie note cromatiche offerte dallo splendido panorama di quel tratto di Costiera che fa da cornice alla terrazza del ristorante. A dirigere Sensi c’è Vincenzo Calaudi, in società con Pasqualino Franzese nelle vesti di General Manager del ristorante. Alessandro Tormolino è ai fornelli. E se già da qualche anno Vincenzo e Pasqualino avevano in mente e nel cuore di riaprire il vecchio ristorante dell’Hotel Residence chiuso da diversi anni per scelta aziendale - la decisione finale arriva con l’incontro inconsueto tra Pasqualino e Alessandro in un locale di Londra: il Quattro Passi di Antonio Mellino, replica inglese dell’omonimo ristorante di Nerano. Una volta rientrati in Italia e ragionato sulla fattibilità del progetto, partono i lavori nella suggestiva location che si affaccia sulla baia di Amalfi. Nasce il ristorante Sensi.

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GOURMETFOOD

BACIO DI POMODORO E MELANZANA INGREDIENTI

kg. 1 di melanzana, g. 20 di basilico, cl.

20 di olio extravergine d’oliva q.b., sale fino, g. 150 di passata di pomodoro San

Marzano, g. 2 di agar agar, g. 50 gr fior di latte di Agerola, g. 20 di latte fresco, g. 10 di maizena.

PROCEDIMENTO

Per il ripieno: cuocere in forno a 180°C per 30 minuti le melenzane intere.

Raffreddarle, togliere la buccia e frullare la polpa aggiungendo sale olio e basilico

Per la glassa di pomodoro: in un pento-

lino portare ad ebollizione la passata di pomodoro e l’agar agar.

Fonduta di fior di latte: in un Termomix

frullare il fior di latte, il latte, la maizene e portarli a 85°C. FINITURA

Formare delle mezze sfere si melanzana,

glassarle e completare la decorazione con la fonduta.

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A questo punto la palla passa nelle mani di Alessandro Tormolino, a cui è affidato il compito di organizzare cucina e linea gastronomica del locale. La carriera di Alessandro inizia con l’Alberghiero di Vico Equense e le primissime esperienze lavorative in alcuni locali presenti sulla costa. Poi, terminati gli studi, iniziano i periodi formativi che segnano professionalmente Alessandro: sul suo curriculum ci sono esperienze in Francia e Inghilterra, periodi trascorsi in ristoranti stellati, come un anno al Buco di Sorrento, due anni da Don Alfonso 1890 a Sant’Agata sui Due Golfi e ben quattro anni nella cucina di Casa Vissani. La cucina di Alessandro è dunque il frutto di un processo ben strutturato, importante sul piano creativo, ricco di stimoli per la nuova avventura: si intensificano


RISTORANTESENSI

RISOTTO

con datterino giallo IGP, vongole affumicate e salicornia

INGREDIENTI per 4 persone

g. 280 di riso Carnaroli Az. Agricola Salera, g. 400 di brodo vegetale, g. 300 di von-

gole veraci, cl. 40 di olio extravergine d’oliva, g. 20 di burro di Normandia, g. 20 di salicornia, 1 spicchio d’aglio, sale q.b.

Per la salsa di datterino giallo: g. 180 di datterino giallo IGP, g. 40 di scalogno. Per l’aria di acqua di vongole affumicata: cl. 50 di acqua di vongola affumicata, g. 4 di lecitina.

Per la salsa di datterino giallo: in una casseruola far stufare lo scalogno, aggiungere il datterino giallo, portare a cottura a fuoco lento. Frullare il tutto.

Per l’aria di acqua di vongole affumicata: emulsionare l’acqua con la lecitina di soia in un apposito boccale con l’ausilio del frullatore ad immersione. PROCEDIMENTO

pertanto le ricerche di ciò che meglio può rappresentare il territorio, ingredienti e cotture vivono una felice fusione e la fantasia esalta i tanti prodotti offerti dalla terra e, naturalmente, dal mare. Crea i suoi piatti in una cucina di nuovissima concezione, a dir poco spaziale, creata dal kitchen designer Andrea Viacava in stretta collaborazione con lo chef, dove tecnologia e design raggiungono i massimi livelli. La cucina è situata nel piano sottostante la sala e costituisce non solo l’orgoglio dei tre soci ma è oggetto di visite da parte di molti clienti, ai quali viene illustrato l’intraprendente progetto, che lascia a bocca aperta. In uno spazio attiguo la cucina, uno spettacolare tavolo in legno massiccio e ferro con un massimo di 10 posti è disponibile per prenotare le Chef’s Table e vivere un momento unico a fianco dello staff di cucina per scoprire la genesi dei piatti, assistendo alla loro preparazione, accuditi e guidati dallo chef che illustrerà tutte le sue creazioni e dal sommelier che abbinerà i vini. Gli ambienti da scegliere, nei quali gusta-

In una pentola aggiungere olio EVO e l’aglio. Far rosolare e aggiungere le vongole. Una volta aperte, sgusciarle e conservare l’acqua dopo averla filtrata.

In una casseruola tostare il riso a fiamma bassa, salare e bagnare con una parte dell’acqua di vongole; proseguire la cottura con brodo vegetale.

Quando il risotto sarà quasi arrivato a cottura aggiungere le vongole.

Infine mantecare il risotto con il burro. Lasciare riposare coperto per un minuto.

In un piatto di portata posizionare la crema di datterino giallo IGP, il risotto e infine l’aria di vongole affumicata e la salicornia saltata leggermente in padella.

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GOURMETFOOD

re i piatti di Alessandro e i vini consigliati da Pasqualino, sono molteplici: dalla sala principale interna con 80 comodi coperti, alla fascinosa terrazza che si attiva nella buona stagione, allestita con 36 coperti, fino alla saletta privata a fianco della cucina. Da Sensi si può tornare più volte per vivere tutte e tre le ambientazioni invogliati anche dal fatto che il locale non è stagionale e chiude soltanto due mesi l’anno, a differenza di molti altri locali aperti soltanto nel periodo estivo. Non mancano quindi le occasioni per andare a conoscere l’accoglienza, i sapori e i colori che nel ristorante Sensi, in quello spicchio di Amalfi, ti fanno vivere una piacevole esperienza gastronomica, tutta mediterranea!

LA MELANZANA AL CIOCCOLATO INGREDIENTI

ringa, delicatamente, ed infine la panna

zane (per g. 125 di purea), g. 40 di merin-

che formare delle sfere e congelarle.

Per la mousse di melanzane: 4 melanga all’italiana, g. 25 di cioccolato bianco

Valhrona Opalis 31%, g. 2 di gelatina in fogli, g. 65 di panna fresca.

Per il sorbetto al lampone: cl. 310 di acqua, g. 200 di zucchero semolato, g. 25 di glucosio, g. 3 di stabilizzante, g. 400 di purè di lampone freschi.

Per la salsa al lampone: g. 125 di purè di

lampone, cl. 25 di acqua, g. 25 di zucchero semolato, g. 25 di glucosio.

Per il crumble di cioccolato: g. 100 di burro, g. 100 di zucchero di canna, g. 70 di

farina 00, g. 30 di cacao amaro, g. 100 di farina di mandorle, g. 2 di fior di sale.

Per la sfera di cioccolato: g. 100 di cioccolato fondente Valhrona Guanaja 70%.

Per il cioccolato soffiato: g. 250 di cioccolato fondente Valhrona Guanaja

70%, cl. 75 di olio di semi, g. 15 di panna fresca.

PROCEDIMENTO

Per la mousse di melanzane: cuocere le

melanzane in forno a 180°C per 20 minuti. Spellarle e frullarle per ottenere la purea.

Aggiungere la gelatina sciolta, poi la meSENSI RESTAURANT Via Pietro Comite, 4 84011 Amalfi (SA)

Tel. +39 089871183 www.sensiamalfi.it info@sensiamalfi.it

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semimontata. Con l’ausilio di un sac a poPer il sorbetto al lampone: mettere una

pentola sul fuoco con acqua, zucchero, glucosio e stabilizzante e portare il tutto ad ebollizione. Far raffreddare e aggiungere

la purea di lamponi. Mantecare in una sorbettiera.

Per la salsa al lampone: in un pentolino

cuocere lentamente il tutto per circa 10 minuti. Dopodiché, con un mix ad immersione, frullare.

Per il crumble di cioccolato: unire tutti gli elementi ed amalgamarli con burro pomata fino ad ottenere un composto omogeneo.

Stenderlo in una teglia e cuocerlo a 180°C in forno per 8-10 minuti.

Per la sfera di cioccolato: temperare il cioccolato e colarlo nelle forme per semisfere.

Per il cioccolato soffiato: a bagnomaria sciogliere il cioccolato, dopodiché aggiungere l’olio e la panna fresca; versare il tutto

in un sifone. Aggiungere due cariche e subito svuotare tutto il sifone in un con-

tenitore ghiacciato in moda da far subito solidificare.



Giovani talenti di

Antonietta Mazzeo Niko Boi

foto di

NEL PADOVANO, LA CUCINA SENSIBILE DI

SILVIA MORO Le Emozioni sono l’Origine e la Creazione di ogni Sapore che è essenza di ogni nostro Gesto. Cucinare unisce tutto questo. Le antiche mura Carraresi, di Montagnana (PD) - uno dei borghi più belli d’Italia - racchiudono, come in un castone, un “guscio di medioevo”, l’Hotel e Ristorante Aldo Moro, 78 anni di storia e passione, stile ed eleganza, iniziati con il nonno Aldo e giunti ora alla terza generazione. Nato nel 1940 come vecchia locanda “Moro Guadaldino”, l’edificio non era molto grande; nel corso degli anni sono state inserite nuove sezioni integrate con quelle esistenti che parallelamente sono state rinnovate; l’ultimo importante intervento di ristrutturazione risale al 2014 ed ha portato al totale rifacimento e ampliamento della zona cucina e alla sistemazione degli ambienti di reception e ristorante. Le sale da pranzo del ristorante sono tutte comunicanti e adiacenti ai giardini interni, gli ambienti sono arredati con complementi raffinati e una calda luce

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SILVIAMORO

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Giovani talenti si diffonde nelle sale grazie ai preziosi lampadari di Murano. Alcune stanze sono abbellite da un caminetto che riscalda l’atmosfera nei mesi invernali. Il Ristorante Moro rappresenta la storia di un lavoro e di una famiglia: oggi assieme ai genitori Marisa e Sergio lavorano i tre figli, Aldo, Elisa e Silvia. Silvia Moro, classe ’88, è la chef del Ristorante Aldo Moro dal 2013. Dopo il conseguimento della laurea in economia aziendale all’università di Padova, Silvia ha deciso di intraprendere una nuova strada, ossia seguire la sua passione gastronomica.

AGNELLO

caprino, barbabietola e lamponi INGREDIENTI per 4 persone

re a consistenza desiderata. Aggiustare di

coriandolo, ginepro, anice stellato e can-

Per il crostolo di patate: unire tutti gli

1 carré di agnello, senape di Digione, sale, nella, caprino, g. 150 di broccolo fiolaro

di Creazzo, g. 60 di purea di lamponi, lamponi e mirtilli, 1 barbabietola rossa.

Per il crostolo di patate: g. 100 di polpa di patate, g. 10 di aceto, g. 35 di albume, g. 20 di olio extravergine d‘oliva, g. 200 di farina forte, g. 80 di farina debole, g. 40 di acqua frizzante, g. 1 di lievito. PROCEDIMENTO

Per il carré di agnello: marinare il carré

con gli aromi per 5 ore. Successivamente condire con la senape di Digione e sale.

ingredienti e farli riposare per una notte in frigorifero. Stendere l’impasto ad uno spessore di 1 millimetro e friggerlo in olio caldo. Sgrassare accuratamente.

Per la salsa al caprino: emulsionare il ca-

prino con poca acqua e l’olio extravergine

d’oliva, ottenendo una crema liscia ed omogenea.

Per il broccolo fiolaro: mondare il broccolo mantenendo la parte centrale e sbianchirla in acqua salata. Raffreddare in abbondante acqua e ghiaccio.

Cuocere a 64°C per 2 ore. Ultimare la cot-

PRESENTAZIONE

Per la demi-glace di agnello: rosolare in

rea di lamponi, i lamponi e mirtilli, la salsa

tura in forno a 200°C per 17 minuti.

una casseruola gli scarti dell’agnello con

sedano, carota e cipolla. Deglassare con vino rosso e acqua. Filtrare il tutto e porlo in una casseruola alta con il ghiaccio. Far

sobbollire lentamente per 5-6 ore e ridur-

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sapidità.

Porre alla base del piatto l’agnello, la pual caprino e il broccolo fiolaro. Aggiun-

gere la barbabietola tagliata sottilmente e condita con olio extravergine d’oliva e sale. Ultimare il piatto con il crostolo di patate e la demi-glace di agnello.


SILVIAMORO

La sua formazione in questo ambito si è sviluppata prima con un corso di panificazione e pizzeria e successivamente con il conseguimento del diploma alla Scuola Internazionale di Cucina Italiana “Alma” di Colorno. Dopo un’esperienza di stage presso un prestigioso ristorante stellato, ha iniziato a collaborare nel ristorante Aldo Moro portando nuovi impulsi e un significativo sviluppo all’attività gastronomica della famiglia. La cucina del ristorante Aldo Moro è tradizionale, con incursioni di elementi creativi e moderni. Le preparazioni sintetizzano la storia, ogni elemento diventa fonte di ispirazione. Si tratta di una cucina “tramandata” che rispecchia il territorio, ma rivisitata in una veste nuova, immediata, fresca, genuina, rivelazione di una creatività in continua evoluzione. Per Silvia l’approccio con il cibo è un vero momento di piacere, il gioco dei colori e dei sapori trasmette la gioia della degustazione, dell’assaggio. L’abbinamento di diversi concetti e sapori nel piatto, sempre in armonia, definiscono un gusto semplice ma ricercato. Il menù offre la possibilità di tre differenti “percorsi”: “Classici”, i sapori tipici della tradizione, del territorio e della cucina nazionale, tra cui il prosciutto dolce e il baccalà preparato secondo la ricetta della nonna Luigia; “Natural-Mente”, natura, materia, elementi, paesaggi, persone, profumi, ingredienti e ricordi sono la fonte di ispirazione di questi piatti: la terra, la spiaggia e il mare, una giornata di pioggia, un quadro… e il menù degustazione “Mente e Mano Libera” (Tradizioni, Evoluzioni, Emozioni), un percorso emozionale in cui viene proposta una ricercata selezione di alcuni dei piatti del menu alla carta. L’attento servizio di sala è guidato dal sommelier Aldo Moro (fratello di Silvia) che consiglia e racconta con competenza gli abbinamenti proposti. La carta vini esprime un’accurata selezione dei prodotti enologici delle regioni più rappresentative dell’Italia vitivinicola, ma anche la Francia è ben rappresentata, dai più pregiati Champagne ai rossi di Borgogna. La carta offre inoltre un’interessante scelta di birre artigianali, che ben si accompagnano ad alcune preparazioni. Benvenuti a Montagnana, sonnecchiante città medioevale capitale della Sculdascia, ingentilita dal giovane, curioso e appassionato talento emergente della chef Silvia Moro.

CARDO

gamberi e frutto della passione INGREDIENTI per 4 persone

1 cardo, latte, zucchero, 8 gamberi dell’Adriatico, g. 50 di purea di frutto della passione, g. 200 di panna, g. 20 di senape di Digione, pane carasau, olio extravergine d’oliva, sale.

Per il terriccio alle nocciole: g. 100 di burro, g. 200 di farina 00, g. 150 di nocciole tritate, sale, g. 50 di zucchero, g. 20 di cacao. PROCEDIMENTO

Per il cardo: mondare il cardo tenendo la parte centrale ed eliminando la parte più esterna. Porlo in un sacchetto da cottura con latte, sale e zucchero e cuocere a vapore per 50 minuti.

Per la salsa: ridurre la panna in un pentolino e, fuori dal fuoco, aggiungere la senape di Digione, il sale, il pepe e del succo di limone.

Per il terriccio alle nocciole: unire tutti gli ingredienti e cuocere in

forno a 150°C per 15 minuti. Frullare il tutto ottenendo una polvere grossolana.

HOTEL RISTORANTE ALDO MORO Via Guglielmo Marconi, 27

35044 Montagnana (PD) - Tel. 0429 81351

www.hotelaldomoro.com - info@hotelaldomoro.com

PRESENTAZIONE

Porre alla base del piatto il cardo, i gamberi rosolati leggermente in

padella, la salsa alla senape di Digione e la purea di frutto della passione. Ultimare il piatto con il pane caldo carasau condito con sale ed olio extravergine d’oliva ed il terriccio di nocciole.

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Giovani talenti per

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Giovani talenti

SILVIA MORO INTERPRETA

TORTELLINI ALLA MODA DI BOLOGNA con carletti e bruscandoli

INGREDIENTI per 4 persone

Per la polvere di ragu alla bolognese: frullare a lungo il ragu alla bolognese e unirvi

Divine Creazioni Surgital

cialde fino ad ottenere una polvere.

g. 400 di Tortellini alla Moda di Bologna g. 150 di carletti

g. 150 di bruscandoli fiori eduli

erbe aromatiche di stagione

il glucosio. Stendere il composto nel silpat e seccare a 40°C per 4 ore. Frullare le Per le erbe selvatiche: mondare i carletti e conservare il germoglio.

Sbianchire in acqua salata i bruscandoli per pochi minuti e successivamente raffreddare il tutto in acqua e ghiaccio.

g. 200 di latte

PRESENTAZIONE

g. 50 di ragu alla bolognese

seruola e cuocere i Tortellini. Scolare e saltare i Tortellini

g. 100 di parmigiano reggiano g. 5 di glucosio

PROCEDIMENTO

Per la fonduta di parmigiano: portare a bollore il latte e, successivamente, unirvi il formaggio parmigiano grattugiato. Miscelare e aggiustare il tutto di sapidità.

Portare l’acqua precedentemente salata a bollore in una cascon burro fuso e salvia.

Disporre sul piatto i Tortellini, i bruscandoli e i carletti. Aggiungere i fiori, le erbe aromatiche e la polvere di ragu alla bolognese. Ultimare il piatto versando la fonduta calda di parmigiano reggiano.

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Giovani talenti

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Giovani talenti per

CASTELMAGNI

®

su crema di zucca e gamberi INGREDIENTI per 4 persone

sale, il latte e l’acqua, ottenendo una

Divine Creazioni Surgital

Per l’aria di barbabietola: frullare la

12 Castelmagni

g. 300 di zucca delica g. 10 di zucchero g. 15 di sale

crema liscia e omogenea.

centrifuga di barbabietola rossa con la lecitina di soia, per incorporare aria.

g. 50 di latte

PRESENTAZIONE

g. 1 di lecitina di soia

lata a bollore in una pentola e cuoce-

centrifuga di 1 barbabietola rossa 1 acciuga

punte di asparagi verdi

8 gamberi dell’Adriatico PROCEDIMENTO

Per crema di zucca: tagliare la zucca in pezzi di media dimensione e cuocerla in forno. Frullare il tutto con lo zucchero, il

Portare l’acqua precedentemente sare i Castelmagni. Scolarli e saltarli con

burro fuso e salvia. Disporre sul piatto i Castelmagni, la crema di zucca, l’aria di barbabietola e i gamberi scottati in padella con l’olio extravergine d’oliva.

Concludere la preparazione del piatto

con le teste di asparago crude tagliate a julienne e poca acciuga tritata.

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Giovani talenti

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Giovani talenti per

RAVIOLONI CON FORMAGGIO ASIAGO E RADICCHIO ROSSO DI TREVISO su crema di nocciola e caffè, funghi, pere e uva INGREDIENTI per 4 persone

mente il guanciale e cuocerlo in forno ren-

e radicchio rosso di Treviso

fino ad ottenere una polvere.

8 Ravioloni con Formaggio Asiago Divine Creazioni Surgital g. 150 di funghi pioppini 1 pera William uva nera

g. 100 di latte di nocciola g. 5 di caffè in polvere

dendolo dorato. Sgrassare bene e tritare

Per le erbe aromatiche, la pera, i funghi e l’uva: mondare le erbe aromatiche. Tagliare sottilmente la pera e l’uva nera.

Mondare anche i funghi pioppini e saltarli in padella con l’olio extravergine d’oliva.

olio di semi

PRESENTAZIONE

erbe aromatiche

a bollore in una pentola e cuocere i Ra-

g. 40 di guanciale

PROCEDIMENTO

Per crema di nocciola e caffè: frullare il latte di nocciola e il caffè aggiungendo a filo l’olio di semi fino ad ottenere una consistenza cremosa. Aggiustare di sapidità.

Per la polvere di guanciale: tagliare fine-

Portare l’acqua precedentemente salata violoni. Scolarli e saltarli con burro fuso e salvia.

Disporre sul piatto i Ravioloni, la crema di nocciola e caffè, l’uva e la pera.

Terminare la preparazione del piatto con le erbe aromatiche, la polvere di guanciale e la noce di burro e impiattarli come da foto.

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FASHIONFOOD

GRAND HOTEL

TREMEZZO SUL LAGO DI COMO di

Teresa Cremona

Il Grand Hotel Tremezzo sul lago di Como è 5 stelle romantico, hotel di leisure, di benessere, di cultura. Un indirizzo da Gran Tour. Costruito nel primo Novecento (1910) con vista su Bellagio e sulle montagne della Grigna, è sempre stato di proprietà della stessa famiglia. Oggi Valentina De Santis, terza generazione, è il General Manager che sta portando avanti un complesso programma di investimenti che ha ridato splendore e smalto a questa bella realtà. L’albergo, imponente per architettura, per posizione, e per la sua storia, ha conservato l’elegante facciata in stile Belle Epoque, a cui è stato aggiunto un ultimo piano moderno che ospita le nuove suites con terrazza privata.

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GRANDHOTELTREMEZZO

IL FASCINO DEL TEMPO E DEL CONFORT ATTUALE

Addolcisce il cuore l’unicità di questo indirizzo che conserva il sapore del tempo, nel confort attuale. L’albergo fa vivere le atmosfere scenografiche dell’antan nei suoi grandi spazi, nella molteplicità dei salotti, nella profusione dei velluti, dei mobili d’epoca dai legni patinati, tutto oggi reso nuovo, brillante di colori vivaci.


FASHIONFOOD

Nelle 90 camere e suite la linea d’arredamento è classica, rivisitata nell’ottica del benessere, e di un servizio che vuole sorprendere l’ospite con attenzioni ogni giorno diverse. Accanto all’edificio principale è Villa Emilia, elegante edificio settecentesco che ospita la modernissima TSpa, che ha vinto per il 2017 l’Award come migliore Spa dell’anno. TSpa di 1.000 mq. dedicati al benessere firmato ESPA, con anche una privatissima “Spa Suite” ed un Hammam di ispirazione orientale. A rendere la TSpa ancora più speciale, le sale d’epoca con affaccio sul lago, con

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soffitti affrescati, camino e pavimenti in ‘terrazzo’ veneziano, dove fare relax dopo i trattamenti. In un edificio adiacente, l’area dedicata al fitness, anche questa su vari piani. L’albergo ha un parco secolare, contiguo a quello di Villa Carlotta, che segue l’andamento della collina e si distende per 20.000mq con soluzione sceniche. Tre piscine: WOW (Water On the Water): quella galleggiante con la sua spiaggia privata e attrezzata con ombrelloni e con vera sabbia; la Piscina dei Fiori nella calma esclusiva del Parco, e l’Infinity Pool della T Spa, interna e riscaldata. 5 i ristoranti per un’offerta che può rispondere a tutte le esigenze, dal pasto leggero a quello gourmet, dall’ambiente informale o da ’spiaggia’ a quello elegante della sera. Il Ristorante La Terrazza - solo vetri e non pareti - è immerso in un panorama iconico, come sospeso nella perfe-


GRANDHOTELTREMEZZO

zione di un tempo ideale. L’Executive Chef è Osvaldo Presazzi, un curriculum professionale internazionale e una lunghissima collaborazione con l’hotel. La sua è una cucina classica tecnica e struttura sono espressione d’esperienze internazionali - impostata per soddisfare ospiti di Paesi diversi che vogliono conoscere la gastronomia italiana di tradizione e di qualità. Il ristorante La Terrazza ha avuto la supervisione di Gualtiero Marchesi, collaborazione che proseguirà ora con il Marchesino di Milano, quindi nel menu alcuni dei piatti simbolo di Marchesi, primo fra tutti il ‘risotto allo zafferano con foglia d’oro’. Nuovo è invece l’Escale (foto in questa pagina), ricavato nelle antiche cantine dell’albergo, un locale che è ad un tempo Enoteca, Wine Bar, Trattoria sofisticata. L’ambiente è moderno, informalmente elegante, e con l’aggiunta di un dehors panoramico e godibilissimo nella bella stagione.

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FASHIONFOOD

Chef dell’Escale è Martin Vitaloni, lombardo, già a Chateau Monfort e al Seta di Milano, consulente professionista in ristorazione, food designer e naturopata, spesso ospite di food show televisivi. Una cucina, la sua, che osa qualche accostamento insolito senza mai troppo spingere. Alle sue proposte si accompagna un’accurata scelta dei vini - circa 300 etichette raccontano il territorio - degustazioni di salumi e formaggi selezionati nella produzione di piccoli artigiani. Opposto e simmetrico alla Terrazza è lo spazio del Tbar, dove durante tutto il giorno si possono avere consumazioni light. Poi in stagione l’offerta gastronomica del Grand Hotel Tremezzo, si accresce con il Tbeach, ristorante e bar sulla piattaforma flottante, dove funzionano griglia e barbecue e con il Tpizza con forno a legna, che invece trova posto nel giardino.

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Tutti i ristoranti sono aperti anche agli ospiti esterni, un’offerta variegata, da hotel a 5 stelle e che indica l’attenzione della famiglia proprietaria ad un servizio realmente qualificato e da ospitalità di lusso. Concludiamo con un ultimo gioiello: la settecentesca Villa Sola Cabiati (foto qui sotto e nella pagina accanto) sulla Riviera Tremezzina del Lago di Como. Magnifi-


GRANDHOTELTREMEZZO

GRAND HOTEL TREMEZZO

Via Regina, 8 - 22016 Tremezzina Lago di Como

Tel +39 0344 42491

www.grandhoteltremezzo.com

reservations@grandhoteltremezzo.com

ca residenza estiva dei duchi Serbelloni, famosa per i suoi interni affrescati, per le preziose collezioni di porcellane, per gli arredi antichi. Era stato Giuseppe Parini, poeta, scrittore, protagonista dell’Illuminismo italiano, e precettore del duca Gian Galeazzo Serbelloni dal 1754 al 1762, a battezzarla “La Quiete”. Per la decorazione della villa, Gian Galeazzo chiamò Muzio Canzio, raffinato stuccatore della Val d’Intelvi, e Francesco Conegliani, allievo della bottega milanese del Tiepolo, che realizzò un ciclo di affreschi ispirati all’Eneide di Virgilio, tema probabilmente suggerito da Giuseppe Parini. Villa Sola Calbiati, è stata affidata in gestionei esclusiva al Gran Hotel Tremezzo. La Villa, che si affitta in toto, può ospitare cene romantiche, eventi esclusivi, o vi si può anche soggiornare in stanze padronali che conservano arredi originali.

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EVENTI

CALA IL SIPARIO SUL

FESTIVAL

DELLA CUCINA ITALIANA DI PESARO foto di

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Pasquale Spinelli


Gran finale del Festival, eccezionalmente con le Frecce Tricolori

Il Festival della Cucina Italiana ha omaggiato, nella sua edizione 2018, un grande della musica mondiale: Gioachino Rossini. È stato il grande compositore, a 150 anni dalla scomparsa, il fil rouge di uno degli appuntamenti enogastronomici più rilevanti del Paese, con il meglio del cibo, del vino e della cultura agroalimentare. Centro di gravità dell’evento, Pesaro, la città natale del compositore, per quattro giorni “battezzata” Rossini Food Festival (14-17 giugno 2018). Un incontro, Rossini-cibo, che non nasce a caso, per le testimonianze che hanno dipinto il musicista quale raffinato ed esigente gourmet, con una speciale predilezione: la preferenza a ricevere omaggi di natura enogastronomica provenienti da tutte le parti d’Italia e dall’estero. E su questa scia le Mariette, fedeli custodi delle ricette Artusiane e gli chef dell’Accademia Nazionale Italcuochi, coordinati da Gianfranco Vissani, hanno preparato piatti tipici delle varie regioni italiane declinati secondo lo stile Rossini. Tutto questo in pieno centro storico, vicino alla famosa “Palla“ di Arnaldo Pomodoro, con la coreografia eccezionale della Frecce Tricolori. Il Festival è stato coordinato da La Madia Travelfood, oggi inserita nel contesto di Cose Belle d’Italia. (www.cosebelleditalia.com).

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1 EVENTI

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Le Passioni di Rossini

COSE BUONE D’ITALIA E’ un fatto risaputo che Rossini si facesse spedire gorgonzola dall’omonima città, da Milano il panettone, da Napoli i maccheroni, dall’Emilia mortadella e zamponi, da Ascoli i tartufi…Ogni struttura ha ospitato un’eccellenza italiana, dai tartufi agli insaccati, dalle paste artigianali ai formaggi, declinando in versione popolare le passioni del grande Maestro. Giusto qualche assaggio del Festival: il pregiato salmone Upstream di Claudio Cerati con ricottina fresca Mambelli e salsa di spaccasassi Rinci (foto 2); le lasagne per Rossini con 5 formaggi realizzate dalle Mariette artusiane (protagoniste nella foto 3); cannoli siciliani in versione rossiniana dello chef Maurizio Urso (foto 5); le polpette fritte e al sugo realizzate da un macellaio doc (parenti delle olive ascolane che piacevano al compositore) (foto 1); la vera mortadella di Bologna di produzione rigorosamente artigianale (foto 4); (segue)

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EVENTI

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porchetta con mandorle, prodotta con maiali allevati allo stato brado nel parco della Majella; arrosticini di castrato di agnellone tagliati a mano, legati alla tradizione pastorale dell’Abruzzo, con la novità degli arrosticini di pancetta di agnello (foto 8 e 10); le emozioni al formaggio con i piatti e i taglieri Carlo Donzelli 1890 (foto 7), il panettoncino Rossini della pasticceria Cova di Milano (foto 11). Nel corso del Festival numerosi sono stati i locali che hanno presentato alcuni piatti ideati dal Maestro e che li proporranno durante tutto l’arco dell’anno.

6) Gli straordinari cocktail di Charles Flamminio; 7) Emozioni al formaggio, piatti e taglieri Carlo Donzelli 1890; 8) La rarissima porchetta alle mandorle del cuore del Parco Nazionale della Majella; 9) Associazione Le Donne Del Vino; 10) I tradizionali arrosticini abruzzesi.

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12) La birra artigianale La Cotta; 13) Il gran fritto di pesce Ajolfi; 14) Acqua e bibite Galvanina; 15) I sommelier dell’angolo Champagne e Bollicine; 16) I meravigliosi arancini siciliani degli chef Maurizio Urso e Concetto Rubbera (in foto).

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EVENTI

PREMIO NAZIONALE GALVANINA 2018

“Il cibo è parte di noi, rimane impresso nei nostri palati, ma anche nella nostra mente e nei nostri viaggi. Dedicare un premio ai protagonisti del cibo e del vino significa tributare questo mondo di esperienze”. Parole di Rino Mini, in apertura del Premio Nazionale Galvanina, uno dei momenti più alti del Festival della Cucina Italiana in questa edizione a Pesaro. E se è vero che il cibo oltre che buono deve essere anche bello, ecco che lo scenario di Palazzo Mazzolari Mosca con i suoi splendidi affreschi ben si prestava ad ospitare l’evento. Aperto dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci: “Questo è un premio importante, ancor di più nell’anno delle celebrazioni del cibo italiano. Noi abbiamo coniugato il binomio Rossini-food, a testimonianza che il cibo è soprattutto cultura”. Gli ha fatto eco il grande Gianfranco Vissani che ha parlato della necessità di “riscoprire il celebre filetto alla Rossini, una delle grandi delizie della nostra cucina che in pochi sanno fare”. A seguire le premiazioni, con l’ouverture affidata a Primo Vercilli Premio Galvanina alla Cultura. Volto noto nei canali Rai, tra

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i principali divulgatori delle tematiche sull’alimentazione, inventore del Metodo della Nutrizione Immuno Geno Funzionale. Il premio, consegnato dall’Assessore Daniele Vimini, gli è stato assegnato per la “grande e appassionata opera di divulgazione di un percorso alimentare educativo finalizzato al benessere della persona”. “Chi fa cultura ci mette la faccia e propone un metodo. - ha affermato il medico - In tutto questo un elemento è essenziale: mettere al centro di tutto la persona”. Sul “podio” del Giornalismo Daniele Cernilli, pioniere nel racconto del cibo e del vino, tra i fondatori del Gambero Rosso insieme a un altro visionario, Stefano Bonilli nel lontano 1986. “Il vino non è solo un qualcosa da bere; - ha affermato - è territorio, geografia, botanica... è una materia interdisciplinare. Negli ultimi tempi c’è stata più attenzione ai critici anziché al prodotto. Qualcosa per fortuna sta cambiando”. Il Premio gli è stato attribuito per “l’indiscutibile grande competenza e l’autorevolezza del suo ruolo nel mondo del vino”. A premiarlo il sindaco Matteo Ricci. L’estrosa Cristina Bowerman, miglior chef anno 2018, è stata premiata nella sezione Cucina, unica donna stellata nell’anno di grazia 2010, così come unica donna Chef Ambassador di Expo: il Galvanina le è stato assegnato per la sua “sorprendente cucina giramondo, basata su una instancabile ricerca, ricca di una femminilità intelligente, curiosa e intensa come lei”. A premiarla un’altra grande firma della cucina, Gianfranco Vissani, insieme a Verdiana Gordini presidente dell’Associazione delle Mariette. “Tre sono gli elementi cardine del cibo – ha detto – Anzitutto l’elemento culturale, ovvero esprime ciò che siamo. Poi imprenditoriale, sapere fare economia. Terzo, l’apertura altri altri, supporto e aiuto a chi ne ha bisogno”. Migliore Imprenditore è Simone Fracassi, conosciuto come il “Re della Chianina”. Maestro carnaiolo di quarta generazione (la prima è del 1927), ha dato dignità a ogni parte delle carni che propone. “Abbiamo fatto sistema e finalmente anche la ristorazione ha capito la qualità del nostro progetto – ha affermato – E’ stato un percorso lungo una ventina di anni, testimonianza che il lavoro paga”. Il Premio gli è stato consegnato “per aver saputo trasformare in arte l’antico mestiere del Maestro carnaiolo e per averla divulgata con passione e competenza”. A consegnargli il premio Andrea Manganelli presidente di Cose Belle d’Italia. Novità del Galvanina il Premio al migliore Imprenditore italiano all’estero. La “prima” volta è di Antonio Pirozzi, una istituzione nel Regno Unito, da 44 anni principale distributore dei prodotti d’eccellenza del made in Italy a ristoranti, hotel, alimentari gourmet, alcune catene della grande distribuzione. “Siamo partiti negli anni ’60 e siamo ancora là. - ha affermato Pirozzi - L’Inghilterra ha ‘fame’ di prodotti di qualità italiani, ecco la forza del nostro successo”. A consegnargli il riconoscimento Rino Mini, Presidente di Galvanina insieme ad Andrea Manganelli, Presidente di Cose Belle d’Italia.

“Il vino è un alimento dell’anima. È come un libro o un’emozione: lo si vuole condividere”. Queste la parole di Damijan Podversic, vincitore della sezione Vino, produttore decisamente non convenzionale. Personaggio di confine (friulano di minoranza slovena), il Galvanina gli è stato assegnato quale “viticoltore eroico che esprime l’identità di frontiera attraverso gli elementi necessari a un grande vino: una grande terra, un grande vitigno e il seme maturo”. A premiarlo il critico Daniele Cernilli insieme all’Assessore Daniele Vimini. Infine, il Premio Galvanina del Cuore a Donatella Cinelli Colombini, Presidente dell’Associazione Donne del vino. L’Associazione infatti ha deciso di aderire al progetto Sicurezzatavola, formando le associate con i corsi di disostruzione pediatrica. “La nostra Associazione è attenta al sociale - ha detto la presidente Fondamentale è l’azione formativa sul tema della disostruzione, troppo sottovalutato nel mondo della ristorazione”. Il riconoscimento le è stato assegnato per la “sensibilità dimostrata nella divulgazione delle pratiche di disostruzione da cibo tra le Donne del Vino”. A consegnarlo Maria Chiara Zucchi de La Madia Travelfood insieme alla giornalista Antonietta Mazzeo e a Paolo Guarnaschelli di Four. A tutti i vincitori è stata consegnata una coppa artistica in vetro di Murano realizzata da Vetrofuso di Cesena.

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ILFOCUSDIALESSANDROROSSI

a cura di

Alessandro Rossi esperto di vino, bon vivant, fondatore del Premio “Dire Fare Sognare”

L’ARCHITETTURA DEL GUSTO IL PALATO AL POPOLO

Nei regimi autoritari la dimostrazione della grandezza di chi comanda è una questione fondamentale e l’enogastronomia per certi versi è un regime a tutti gli effetti. Per questo vengono creati organi appositi che illustrano al mondo i successi del regime: libri, riviste e negli ultimi anni, soprattutto, la televisione. Il gusto, il palato hanno senza dubbio un’architettura, un’impalcatura specifica adatta a sostenere un piccolo artigiano come un’industria alimentare, ma in entrambi i casi tutto deve essere a misura del popolo. Sempre. Architettura è anche intesa come disciplina: deve promuovere uno stile nazionale, lo stile della nazione che abitiamo, la nostra Italia. Dal punto di vista enogastronomico l’arte e l’architettura contemporanea altro non sono se non l’espressione di una sottocultura e quella italiana è di stampo popolare, fatta di tradizioni, povertà e necessità alimentare. Il cibo e il vino erano e sono la base di questa subcultura sociologica e antropologica.

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Mio nonno mangiava per avere le forze necessarie per lavorare la terra, per vivere, e beveva vino per sopperire alle mancanze alimentari. Nulla di più. Le proporzioni monumentali solitamente dimostrano la grandezza di un impero, di un periodo storico e di una nazione. Se l’Italia potesse esprimere attraverso l’architettura, intesa come arte, il proprio patrimonio culturale enogastronomico, ecco, probabilmente sarebbe visionaria e imponente come il progetto sognato e mai realizzato da Albert Speer. La nostra cucina, i nostri vini hanno un rapporto molto stretto con il vernacolare, con la terra e la tradizione, come le costruzioni autoctone rivestono un ruolo fondamentale, infatti hanno il compito di diffondere i valori della patria. L’Italia è un paese diverso in tutto e per tutto partendo dalla geologia che è essenzialmente anti-urbana, per morfologia e per credo. Contrapporre i sani valori del vivere nelle campagne al caos delle metropoli crea spesso solo alienazione e sgomento, per questo la nostra è una nazione costruita con un linguaggio rurale.


ILFOCUSDIALESSANDROROSSI

Abbiamo imparato l’amore per la patria e per la storia che governa gli eventi, anche sotto il profilo enogastronomico. Amiamo i nostri vini e la nostra cucina a dismisura anche quando pecchiamo di presunzione. Siamo un popolo ancora giovane in tutto e per tutto, non possiamo copiare quello che non siamo in grado di riprodurre, dobbiamo sfruttare quello che Dio ci ha concesso: materie prime, intuizione, ma soprattutto fantasia. Siamo tra i popoli più fantasiosi e abbiamo l’obbligo di continuare. Bocuse ha detto: l’Italia spazzerà via la Francia quando capirà l’importanza delle materie prime che ha a disposizione. Enogastronomicamente siamo il più grande museo a cielo aperto, cristallizzato, dove il successo si esprime tramite ampi viali, piastrellati da materie prime e visioni intellettuali. L’enogastonomia in Italia fu fortunata, non infallibile. Ma se la teoria dovesse risultare vera, bisognerebbe incolpare qualcuno? A quale scopo? Credo sia molto più importante chiedersi quale è la responsabilità strutturale dei nostri successi o dei nostri insuccessi.

Questo è un segmento basata solo sulla competizione e l’individualismo dove conta solamente chi è più forte? Chi ha di più? Chi si vende meglio e solo chi arriva primo vince? Dunque, per forza qualcuno deve perdere? L’Italia non è questo, l’Italia è squadra, è amore per un obiettivo comune perché parliamo di eccellenza. Sempre più cuochi si spingeranno ad assumersi rischi maggiori e questo può portare a disastri di varie proporzioni perché l’individualismo non porta a niente. Esistono altre situazioni in cui si richiede prudenza, ma chi decide quando il rischio è accettabile? E come? Simili decisioni spettano alla collettività, alla nazione, al popolo. Credo poi che la storia possa sviluppare l’elemento fondamentale di questa scienza, il proprio senso critico, perché l’enogastronomia in fondo è una scienza interdisciplinare. E poi scienza non vuol dire per forza verità, certezze, ma scienza significa soprattutto riconoscere i limiti della nostra conoscenza. Ma secondo voi esiste una scienza nell’enogastronomia? Io non posso che rispondervi in modo estremamente scientifico: non si sa.

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VINARIA

NUOVE FORME DI DIVULGAZIONE ENOLOGICA di

Andrea Grignaffini

Un progetto innovativo, cucito interamente sulla figura di Alessandro Rossi ma totalmente avulso dal personalismo e dal protagonismo che, in maniera così ingombrante, così fisica, verrebbe da dire, abita questa nostra epoca. Perché del protagonista e ideatore di questa storia, come accadeva con le musicassette che si ascoltavano nei mangianastri negli anni ‘80, si sente solo la voce: simulacro reale, ma anche fantastico, perché fantasmatico, di un momento presente che è poi il “play” che, in questa storia, rappresenta l’estensione contemporanea di una precisa presa di posizione sull’hic e sul nunc, per dirla coi latini. Qui e ora, insomma, sono sospesi, messi in pausa dalla volontà di premere play sullo schermo del podcast di Deep Red Stories.

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DEEPREDSTORIES

Benché totalmente votata all’oggetto delle proprie storie, come nelle migliori storie, appunto, l’istanza narrante si evince qui solo analizzando criticamente la scelta di raccontare alcuni aneddoti in luogo di altri, di narrare personalità e storie che, in molti casi, han fatto la Storia, e di certo la memoria, dell’homo bibens contemporaneo. Storie passate, per lo più, e difatti il progetto richiama alla memoria la figura del cantastorie e tempi in cui al visuale si poteva ancora sostituire il sonoro senza perdere ne’ in suggestione ne’ in verosimiglianza, ma anzi demandando alla voce del protagonista la funzione di dare forma e colore, sostanza, appunto, alle cose. Se ci pensiamo, tutta una generazione di doppiatori s’è formata con questa ambizione, e certamente la qualità del timbro vocale, simile in questo caso a quella di Luca Ward, non è affatto da sottovalutare. A parlarci, è quello che per tutti è la nuova immagine elegante e raffinata del comunicatore in tutto e per tutto, commerciale e intellettuale. Un manager, insomma, così appassionato da serbare in nuce, e da sempre, pure la velleità di fare divulgazione. Una divulgazione socio-enologica, per dirla con lui, e uno stile, quello di queste Deep Red Stories, che benché serbando un approccio naturalmente didascalico non solo non vuole esser scolastico, ma rifugge anzi da qualunque pedanteria, da qualunque retorica, privilegiando un punto di vista critico, acuto, indipendente e personalissimo. Per chi ne ha memoria, diciamo subito che il suo podcast ci ha ricordato lo stile lucido e disincantato di Jack Folla in Alcatraz: erano i primi anni 2000 quando il Dj nel braccio della morte di Diego Cugia di Sant’Orsola sentenziava su una contemporaneità che già gli ispirava momenti satirici alternati ad altri più mesti, finanche più lirici, impastati di uno stile irriverente e indipendente, benché divulgativo.

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VINARIA

Nessuna lezione, dunque, ma solo frammenti di memoria storica enologica, condivisa e non, arrangiati in una risorsa molto audio e poco video fruibile in qualunque momento e in qualunque luogo poiché salvata nella memoria del dispositivo che la riproduce. Come tale, Deep Red Stories è asincrona, replicabile e fruibile infinite volte, senza alcun vincolo salvo quello dell’attenzione. Non sarà di certo difficile rimanere concentrati per i circa 10 minuti di narrazione tanto sono centrate, stimolanti e ben raccontate le storie di Alessandro Rossi. Per non parlare, poi, dei focus orditi su argomenti gustosi come quello del famoso “giudizio di Parigi”, che comincia con una serie di indizi atti a instradare l’ascoltatore proprio su quella che, a ragione, viene considerata una delle rivoluzioni più importanti nel modo non solo di percepire, ma anche di pensare il vino stesso. Chi di voi sa, venendo al punto, cosa successe, a Parigi, il 24 marzo 1976? Per scoprirlo, ascoltate il decimo episodio di Deep Red Stories; un episodio reso spassoso dalla licenza che Alessandro Rossi si concede di allargare lo zoom dei fatti e degli antefatti, raccontando per esempio come solo qualche settimana dopo, infatti, sarebbe nata, in California, la Apple; nello stesso anno, invece, avrebbe visto la luce Wine Spectator. Eccolo qui il contesto storico, culturale e sociologico nel cui seno si sono generati siffatti accadimenti, perché quel giorno, a Parigi, si consumò la più importante inversione prospettica di tutti i tempi, quella che decretò il vino americano migliore del vino francese dagli stessi degustatori e giornalisti di Francia che, ignari, s’erano prestati alla degustazione alla cieca. Ma non vogliamo anticiparvi ulteriormente perché la puntata è così succulenta da meritare, almeno, un ascolto per intero. E riesce pure nell’impresa d’esser leggera complice la fresca e stimolante regia, infarcita di siparietti musicali e di effetti

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sonori, di Marco Battistini, musicista, produttore e sound engineer legato a Rossi da un’amicizia antica. Venendo al loro scopo, s’è poi tanto parlato, negli ultimi anni, di storytelling: ovvero di quelle forme di comunicazione nate in seno ai nuovi mezzi di comunicazione che, appunto, le hanno ispirate. Ebbene, senza alcun fine di lucro quel che qui s’intende promuovere è una nuova ancorché antichissima forma di divulgazione; una cultura fondata sull’ascolto che gli appassionati tanto di vino quanto di altri appassionati di vino potranno esperire da un punto di vista più efficace, perché semplicemente più emotivo. Tra tutti i sensi, difatti, assieme all’olfatto quello uditivo è certamente il senso più legato al mondo delle emozioni, tanto che si è dimostrato che la prima forma musicale venne abbozzata per imitare il battito del cuore e che il primo imprinting emotivo sia un ricordo di tipo uditivo: il timbro e la frequenza della voce della madre. Richiamandosi a questo emisfero della percezione s’inserisce dunque, e in maniera originalissima oltreché efficace perché issato su elementi più funzionali da un punto di vista mnemonico, il progetto di Alessandro Rossi e Marco Battistini. Una narrazione, la loro, pensata per chi vuole esulare dal mondo delle lettere senza rinunciare all’apprendimento; fonte di aggiornamento, approfondimento e, più in generale, di conoscenza per gli amanti del vino e, per estensione, del genere umano. www.deepredstories.com



VINARIA

POCO MA PIÙ CHE BUONO

LA LETTERA Y

CONTRADDISTINGUE UNO DEI MIGLIORI VINI AL MONDO di

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Marco Tonelli


LETTERAY

Nell’alfabeto del vino ogni lettera ha un preciso riferimento. Se la B si divide tra Barolo, Borgogna e Bordeaux, sulla lettera Y, non ci sono dubbi. L’associazione più ovvia, ma al tempo stesso più legittima, è quella che rimanda a Yquem. Un mito con classica dotazione aristocratica con tanto di stemma e un castello dall’estetica poco offensiva, qui niente merli e ponte levatoio, ma molto difensiva rispetto al blasone portato in dote dalla storia. Quella dei libri ha portato qui, in veste di proprietari, due re (Francia e Inghilterra), oltre a una nobiltà ben assortita. Più a lungo di altri, sempre da padroni di casa, i Lur Saluces. Famiglia nobile ma non immobile, come testimonia il fatto che Yquem, sotto di loro, acquisisce prestigio ed ettari, gli stessi sui cui vengono per altro svolti i primi esperimenti relativi alla raccolta delle uve, da qui in poi mai più in un’unica soluzione, ma in più passaggi. Dopo la classificazione del 1855, Yquem si becca la patente di Premier Cru Supérieur. Un riconoscimento meritato, ma anche ribadito a suon di vendemmie. L’ultima dei Lur Saluces si compie alla fine degli anni ’90, quando il castello cambia proprietario. Come in tutte le favole non manca l’happy ending, grazie alla nuova proprietà, gruppo LVMH, che ha deciso - bravi! - di non fare punto e capo, ma di continuare nel solco della tradizione.

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VINARIA

Una fetta di eccellenza, di storia, ma anche di geografia. Una delle peculiarità che fanno di Yquem, Yquem, si deve all’appassimento d e l l e u v e , magari condito con eventuale presenza di muffa nobile sugli acini. Questo aspetto è in gran parte dovuto alla vicina presenza di due fiumi: la Garonna e un suo piccolo affluente, chiamato Ciron. Acqua per fare vino? Certo, visto che proprio i fiumi contribuiscono a formare, durante le fredde mattine autunnali, quell’umidità che rappresenta un fattore decisivo per la formazione della muffa nobile (botryte), un agente che condensa il sapore, rendendo il grappolo scuro, scarno, solo in apparenza ‘scrauso’. Un brutto ma buono che determina, a seconda delle quantità in cui è presente, il timbro gustativo dell’annata. Dopo le variabili passiamo alle costanti. Quelle di Yquem sono composte in primo luogo dai terreni: un misto di argilla, calcare e, in superficie, sassi (in totale poco più di 110 ha). I vitigni? In vigna, ma poi spesso anche nel blend in bottiglia, l’80% di Sémillon (bacca bianca dalla buccia sottile, fattore che agevola l’appassimento e la muffa nobile) è completato esclusivamente da Sauvignon, responsabile dell’equilibrio gustativo grazie alla sua caratteristica acidità (in altre aziende si utilizzano anche piccole percentuali di Muscadelle, uva che dona al vino sensazioni che ricordano la frutta tropicale). Dalla vigna, massima pretesa sia in fatto di raccolto - siamo nell’ordine di un bicchiere di Sauternes per pianta - sia rispetto alla qualità dello stesso. Per ottenere questi risultati bisogna essere duri e puri, scartando non tanti gli immaturi, ma addirittura i non perfetti e vendemmiando, in annate così così, passando tra i filari anche una dozzina di volte. In cantina perciò arriva

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poco, ma, di sicuro, più che buono. La vinificazione avviene in barrique nuove, utilizzate anche per l’affinamento, oggi assestato su poco meno di 3 anni. Il curriculum di Yquem va letto, in rapporto alle annate, con un occhio alla glicemia. Diciamo, in generale e con molta approssimazione, che da anni - complicità del global warming? - la quota di dolcezza di questo vino si aggira tra i 120 e i 140 grammi zucchero per litro. Tuttavia la morbidezza, nel caso di Yquem, va sempre letta con il palato e contestualizzata con aspetti come struttura, bilanciamento acido e tanto altro. Il blasone di Yquem è anche alimentato dalle rinunce. Da quelle relative ai grappoli scartati, a quelle riferite invece alle annate non prodotte, perché non aderenti all’eccellenza che quest’azienda pretende sempre di esprimere. Niente Yquem quindi nel 2012 come nel 1992, 1974, 1972, 1964, 1952, 1951, 1930, 1915 e 1910. La Y di Yquem dà anche il nome al vino secco dell’azienda. Roba tosta far meglio della versione dolce! Tuttavia l’ygrec, per scriverla come lo si pronuncia, mantiene il timbro dell’illustre parente, ma lo attualizza, per certi versi lo declina, ma, di certo, non lo scimmiotta. L’ Y secco sbertuccia invece tanti Bordeaux blanc sec prodotti magari a PessacLeognan, altra terra promessa per i Bordeaux bianchi. Per realizzarlo solo grappoli in parte attaccati da botryte e un uvaggio che ribalta quello del Sauternes, dando la precedenza (80%) al Sauvignon Blanc. Qui la scelta è di tenere alta l’acidità per far volare la beva. Allora no malolattica e legno solo per un terzo nuovo in affinamento. Yquem insomma tanto in versione morbida che in quella secca è un vino che non teme le mode, i tempi, compreso quello da trascorrere in bottiglia, valore cronologico che ce lo restituisce sempre diverso e sempre unico.


LETTERAY

LA DEGUSTAZIONE

Degustazione effettuata in occasione dell’Open Day Sarzi Amadé

CHÂTEAU D’YQUEM SAUTERNES 2014

CHÂTEAU D’YQUEM SAUTERNES 2013

Vendemmia all’inizio di settembre: strano per Yquem, per un’annata non particolarmente favorevole, ma che mette in luce un lato godibile e più acido. Naso che alterna fiore bianco a frutta bianca. In bocca è scorrevole, con il frutto bianco a dominare, completato da tocchi di agrumi e zenzero candito.

Primavera pessima ma estate superlativa. Botryte a manetta, come si percepisce anche al naso, che non lesina certo in sensazioni, specie su quelle di buccia di arancia candita e spezie. Bocca materica, che mescola zeste di agrumi e frutta tropicale sia fresca che disidratata. Persistenza post assaggio da paura.

94/100

97/100

CHÂTEAU D’YQUEM SAUTERNES 2010 Millesimo che, anche in questo caso, gioca sull’eleganza rispetto, ad esempio, all’annata 2009, più sulla potenza. Il naso rimane comunque molto goloso, con note di meringa e mandorla. Il frutto in questa fase fatica a emergere, trovando maggiormente il centro della scena in bocca, specie grazie a note di pera e ananas.

95/100

CHÂTEAU D’YQUEM SAUTERNES 2005

CHÂTEAU D’YQUEM BORDEAUX BLANC 2016

La pioggia, proprio a cavallo della vendemmia, non pregiudica un millesimo splendido, che ora inizia a svelare tutto il suo potenziale. Ci trovate, sia al naso sia in bocca, tanto, forse tutto. Prevalenza, ad oggi, di mandorla, miele, e quelle speziature che iniziano a rivelare quella nota di zafferano, che è una delle firme gustative di quest’azienda.

Da vigne allevate in gran parte su terreni in cui è più rilevante la quota di argilla. Al naso, sottile ma avvertibile il gelsomino, surclassato, in allungo e potenza, da pesca gialla matura e frutto della passione. La bocca deroga rispetto al fiore, a beneficio di una succosa sensazione agrumata. Speziatura finale dolce/balsamica di fava tonka e noce moscata.

97/100

94/100

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ASSAGGIO DI

LIBRI a cura di Giorgia Zucchi

SPUNTI E SPUNTINI LETTERARI

IL LIBRO DEL RISO ITALIANO

Dalla A di Abad Faciolince alla Z di Zucconi, in circa 250 pagine il volume va alla ricerca del cibo nella letteratura d’ogni tempo, radunando quasi 500 autori e 650 opere da cui sono state selezionate poco meno di 1400 citazioni attinenti al cibo.. “Spunti e spuntini letterari”, che ha l’autorevole prefazione di Licia Granello, è il frutto di una vera e propria scorribanda in un mare di libri (ai quali rinvia per la lettura in extenso dei testi originali) ed è diviso in tre capitoli: il primo si estende dall’antichità a tutto il Settecento, il secondo annovera opere nate negli ultimi due secoli dello scorso millennio, il terzo accoglie citazioni da autori/libri letti in edizioni italiane pubblicate nel periodo 2000-2017.

Gli autori hanno trattato l’argomento in modo ricco ed esauriente, attraverso un racconto semplice, illustrato da immagini a colori e infografiche chiarificatrici. Segue la rassegna delle principali varietà di riso italiane: dai risi storici, come Carnaroli e Arborio, ai risi neri e rossi integrali e agli aromatici italiani, alternativi al Basmati, fino ai risi di nuova generazione, utilizzati anche in nutraceutica, e i prodotti derivati senza glutine. Si conclude con 100 ricette di celebri cuochi e food blogger d’ogni parte d’Italia. Le preparazioni spaziano dai risotti vegetariani a quelli con carne o pesce; minestre e zuppe; prodotti di street food e insalate e piatti freddi; quindi ricette preparate con farina di riso e dolci.

di Rita Rutigliano - Editore R.R. - Collana Cibo. Sapere & sapori 247 pagine - Codice ISBN: 978-88-908989-2-1 in vendita on line su Amazon.it (http://bit.Iy/PaginaRR) a Euro 30,16 o Euro 9,00, secondo se in edizione cartacea o digitale.

DI CHE VINO SEI? Un grande conoscitore di vini spiega come scegliere il vino giusto, quello che, in base alle sue caratteristiche e al vostro palato, risuonerà maggiormente dentro di voi, si accorderà alla vostra anima; quasi un vestito fatto su misura. In base al vostro profilo, infatti, vi piacerà di più un vino che rifletta la generosità e il senso di nutrimento dell’Angelo custode oppure la forza e la resilienza del Guerriero o ancora l’inesauribile desiderio di conoscere e imparare del Saggio.

di Filippo Bartolotta - Giunti Editore - 176 pagine Codice ISBN: 978-88-09-86567-9 - Euro 12,90

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di Valentina Masotti e Massimo Biloni - Comunica Edizioni 320 pagine - Codice ISBN: 978-88-6052-857-5 - Euro 17,90

COME SOGNO COMANDA Inseguire i propri sogni e allenare la propria creatività per realizzare l’intima vocazione. Un libro che raccoglie tutti i motivi e le prove per credere in se stessi e nel potere dei propri desideri, e che Andrea Riccio racconta insieme ai “primi” 40 anni della sua vita ricca di amore e passioni, coltivate e custodite nonostante le delusioni.

di Andrea Riccio - Edizioni Neomediaitalia - 176 pagine Codice ISBN: 978-8895776-10-1 - Euro 16,00


LA CUCINA DELLE ERBE SPONTANEE

MANGIARSI LE PAROLE

Un libro per rileggere la tradizione e rispondere al forte richiamo delle radici e della vita regolata dalla natura. Un sapere maturato in anni di esperienza e di studio racchiuso in 60 schede botaniche, con i suggerimenti per la raccolta, la pulizia e la conservazione delle erbe spontanee, affiancate da 40 ricette d’autore con consigli per preparazioni semplici e creative.

Uno straordinario viaggio sensoriale tra arte culinaria e letteratura. Un’antologia di testi rari e spesso sconosciuti e al contempo un menù e un ricettario che raccoglie 101 ricette di scrittori e giornalisti italiani del Novecento, tra cui i due Nobel Deledda e Ungaretti. Tutti piatti si possono realmente cucinare e sono suddivisi in sette sezioni, ciascuna introdotta da un inedito di argomento culinario firmato da uno scrittore contemporaneo.

di Mariangela Susigan e Alessandro Gilmozzi Giunti Editore - 223 pagine Codice ISBN: 978-8809-86410-8 - Euro 25,00

SCENOGRAFIA DEL PIATTO

di Luca Clerici - Skira Editore - 183 pagine Codice ISBN: 978-88-572-3775-6 - Euro 29,90

COCKTAIL LOW ALCOOL

Anche l’occhio vuole la sua parte, soprattutto in cucina dove un piatto ben presentato è già degustato per metà. È per questo che Alexis Vergnory ha scelto di mostrare in questo interessante libro una serie di tecniche di presentazione per chi vuole imparare come presentare al meglio qualsiasi tipo di pietanza.

di Alexis Vergnory - Editore Bibliotheca Culinaria - 86 pagine Codice ISBN: 978-88-97932-69-7 - Euro 22,90

Come trasformare un’apparente limitazione in una grande opportunità? Questo libro riassume un’appassionante ricerca di miscelazioni alternative e poco alcoliche in grado di portare la clientela a gustare cocktail elaborati e gustosi più che l’inebriamento che ne può derivare. Una fonte d’ispirazione e una sfida alla realizzazione di ricette raffinate e inusuali per cocktail a basso tenore alcolico.

di Diego Ferrari - Editore Bibliotheca Culinaria - 128 pagine Codice ISBN: 978-88-97932-66-6 - Euro 24,00

UNA TORTA PER LA DOMENICA Caroline Lebar, che da oltre 30 anni lavora al fianco del suo mentore Karl Lagerfeld, raccoglie in questo volume 40 dolci ricette di torte tanto sofisticate quanto deliziose che sfilano, una dopo l’altra, come su una passerella d’alta moda. Volete ancora un po’ di torta? Ecco tante proposte dagli incredibili effetti cromatici e decorativi realizzate con ingredienti alla portata di tutti.

Volume 2 - di Caroline Lebar - Editore Bibliotheca Culinaria - 88 pagine Codice ISBN: 978-88-97932-68-0 - Euro 12,90

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enogastronomica italiana

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