La Madia Travelfood n. 339 - Luglio/Agosto 2019

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Mensile Sped. In Abb. Post. - Gruppo III° - 45% - Art.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Fil. Forlì - Tassa Pagata - Taxe Perçue - Reg. Trib. Di Forlì N.653 - Del 14/6/84 - Dir. Resp. Elsa Mazzolini - La Madia Srl - Via Pacchioni, 365 - Cesena - Euro 4,00 - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

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ANNI

www.lamadia.com

ANNO XXXVI Luglio/Agosto 2019 - N. 339 - €E 4,00 Direttore ELSA MAZZOLINI

e tutto quello che di buono c’è dentro

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LA MADIA EDITORE

°

compleanno

La Madia!

10 luglio 1984 - 10 luglio 2019

la prima rivista italiana per la ristorazione di qualità:

festeggiamo il nostro primato!




Sommario LA MADIA TRAVELFOOD N. 339

Golavagando

di

Claudio Mollo

Golavagando

pag. 34

pag. 38

pag. 56 LE AGAVI

DAI GALLETTI

A Positano, la cucina di Luigi Tramontano.

La cucina romagnola autentica di Gianmarco Casadei.

Travelfood

Vinaria

pag. 57

pag. 96 SPECIALE VIAGGI

PINOT NERO

Spagna, Giappone, New Mexico, Perù, Austria.

Ovvero, il bisbetico domato.

di

Mario Federzoni


In copertina, una parziale riproduzione della prima cover de La Madia del 1984

La cultura del benessere

La Vecchia Mola

L’identikit della dieta perfetta - Parte 2

di Jerry Bortolan...................................................................... pag. 50

di Primo Vercilli......................................................................... pag. 16

Chef di Spirito

La scelta vegana

Matteo Sivero

Bangkok accoglie ed abbraccia la realtà vegan

di Sonia Leo............................................................................... pag. 52

di Silvia Bianco.......................................................................... pag. 18

Buone Nuove............................................................................... pag. 56

Il menu engineering

Speciale Viaggi

Quando la ristorazione non coincide con la cucina

La Galizia

di Lorenzo Ferrari..................................................................... pag. 24

di Maria Chiara Zucchi......................................................... pag. 58

EVO - L’olio extravergine di oliva

Yakage, in Giappone

L’olio extravergine, cosmetico naturale

di Teresa Cremona................................................................. pag. 66

e ottimo alleato della tintarella estiva!

New Mexico

di Antonietta Mazzeo............................................................. pag. 28

di Luigi Di Fronzo..................................................................... pag. 72

Golavagando

Perù

Ristorante Franco Mare a Marina di Pietrasanta........ pag. 32

di Flavia Tomaello................................................................... pag. 80

Ristorante Coho a Firenze

Bio-Hotel Stanglwirt in Austria

di Cristina Vannuzzi................................................................ pag. 33

di Maria Chiara Zucchi......................................................... pag. 86

Buone Nuove................................................................................ pag. 44

Vinaria

Golavagando “Mon Trésor”

Il focus di Alessandro Rossi

Il Gusto della Vita

Malico e legno, c’eravamo tanto amati

di Fabrizio Salce....................................................................... pag. 46

di Alessandro Rossi................................................................. pag. 94

La Tuga

Pinot Nero

di Claudio Mollo....................................................................... pag. 48

di Mario Federzoni.................................................................. pag. 96



Editoriale di

Luigi Cremona

35 ANNI UN PRIMATO CHE CONDIVIDIAMO CON GLI AMICI Mi ricordo ancora, con emozione, la festa per la presentazione di una nuova rivista, La MADIA. Non conoscevo Elsa, mi ci portò Gino Angelini, in quegli anni lo chef di riferimento di tutta la Riviera romagnola, oggi al top a Los Angeles. Da allora con La Madia non c’è stata solo una collaborazione, ma una condivisione di indirizzi, problematiche, gioie e qualche inciampo, come sempre capita nella vita. Più che una nuova rivista, era la prima rivista del settore. Intendiamo qualcosa c’era stato pure prima. Ma era o troppo raffinato per essere considerato rivista di settore (pensiamo a La Gola), o semplice sciatta fanzine acchiappasoldi nel mercato crescente dell’industria alimentare. Il nome era forse fin troppo tradizionale, ma per il resto era invece estremamente innovativa per quei tempi, per la curata veste grafica, per l’approccio moderno alla figura dello chef, subito vista come centrale e protagonista della ristorazione. E pensare che dietro non c’era alcun editore potente, alcun mecenate, ma una semplice figura femminile (notizia ancor più sconvolgente) che doveva avere la forza di interloquire con un mondo prettamente maschile (lo è ancora

oggi, figuriamoci allora). Ho vissuto tutti i primi anni, e non solo, della rivista e sono stati importanti anche per il sottoscritto. I primi servizi sui grandi chef, i tour gastronomici all’estero raccontando le stelle Michelin di tutta Europa, i primi servizi sulla nascente cucina spagnola che nessuno in Italia ancora conosceva. Sono nati anche stili e modi di raccontare diversi, attenzione alla sala e alle attrezzature di cucina, annotazioni su come organizzare il menù, su come si scelgono i prodotti. Non c’erano modelli precostituiti ai quali riferirsi, ma in compenso c’era l’incoscienza e la libertà di scrivere qualcosa di nuovo e originale, e devo ringraziare Elsa di avermelo sempre concesso senza alcuna limitazione. 35 anni fa noi eravamo più giovani, ma anche la ristorazione italiana era appena nata. Difficile dire quando, per qualcuno, quando è nata la critica (Guida Espresso 1977) e quindi la consapevolezza di esistere, per altri quando è nata Linea Italia in cucina, la prima associazione responsabile dei ristoranti (dalla quale nasceranno Le Soste). È comunque indubbio che La Madia è cresciuta con essa e nel mio piccolo sono contento di aver vissuto e condiviso fin dagli inizi quest’avventura.

Ed ecco, in ordine di arrivo, gli auguri di alcuni amici...

Madia, a 35 anni sei la

rivista dei record di longevità, at-

tualità, contenuti. In questo pazzo mondo

della gastronomia, ma quante sono nel mondo

le riviste di gastronomia professionale che possono

vantare una così lunga permanenza in questo settore?

Grazie di cuore per tutti i sacrifici che probabilmente hai

dovuto fare, ma grazie anche per le moltissime soddisfazioni

che dai ai tuoi lettori. Complimenti al tuo direttore per il suo attaccamento a te, Madia: è la sua grande professionalità ad averti preso per mano da neonata e ad averti fatta diventare la signora della gastronomia, senza mai lasciarti. Anche questo è un grandissimo record mondiale! Happy Birthday!

Gino Angelini

“Cara Elsa, con piacere festeggio i 35 anni de La Madia. Tu hai tracciato e indicato una linea dove qualità, rispetto e accoglienza diventano irrinunciabili nel mondo della buona ristorazione. Hai anticipato i tempi con serietà ma anche con quel pizzico di ironia che, insieme, fanno la differenza. Nel trattare di volta in volta gli argomenti, hai saputo leggere e interpretare il cambiamento, senza mai rinunciare a quel “cuore” che ci completa se vogliamo essere veri professionisti.” DAVIDE OLDANI - Ristorante D’O - Milano

OSTERIA ANGELINI - LOS ANGELES

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Da trentacinque anni rappresentate un punto di riferimento per il mondo della ristorazione italiana. Il Pastificio Andalini è orgoglioso di figurare tra le più famose aziende italiane presenti sul vostro mensile. Siamo grati per aver trovato in voi un valido alleato, ricevendo cura e attenzioni appropriate alla nostra immagine aziendale. I servizi che ci avete dedicato hanno fatto conoscere la nostra pasta nelle sue qualità gourmet. Vi auguriamo di mantenere vivo il vostro entusiasmo continuando a lavorare con passione, valorizzando la nostra cultura culinaria, di cui ognuno di noi è custode. Pastificio Andalini Cento (FE)

35 anni di amicizia fraterna, di stima, di lavoro comune e di crescita, sempre al nostro fianco. Tu ci hai scoperto e ci hai valorizzato. Grazie di esistere.

Elide Pastrani e Flavio Cerioni

Ristorante Alla Lanterna Fano (PU)

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Cara Elsa, tanti Auguri per i vostri 35 anni di continuità, correttezza e professionalità dedicata al mondo della gastronomia. Un grande complimento a tutta la la direzione che da 35 anni informa, insegna e dà lustro alla ristorazione. Ricordo, con piacere, i primi numeri della rivista consegnatici dallo chef Moras... quanti anni sono passati! IIdo Migliari - Ristorante La Chioccola - Quartiere (FE) Mi ricordo una donna molto bella, bionda con i capelli lunghi, le pantacollant grigie e la giacca da cuoco che girava per la cucina all’interno dell’hotel Des Bains per imparare a conoscere il mondo dei cuochi dall’interno. Io avevo 15 anni e correva l’anno 1989. Lei è rimasta sempre molto bella e si chiama Elsa Mazzolini. Stefano Ciotti - Ristorante Nostrano - Pesaro “Gaetano, Giovanni Trovato e tutto lo Staff di Arnolfo, fanno i migliori auguri per i 35 anni de La Madia. Ringraziamo tutti i collaboratori per aver diffuso la passione per la grande cucina italiana di qualità”. Un abbraccio. Gaetano Trovato - Ristorante Arnolfo - Colle Val d’Elsa (SI)

Due radici si sono intrecciate e sono diventate

una pianta sola. Quest’anno ricorre il 35° anniversario di attività della vs. azienda e siamo felic i di rivolgere un pensiero a voi che avete preso parte alla nostra stori a.

Sono stati anni di obiett ivi mirati, di impegno costa

nte e tante soddi-

sfazioni. Vogliamo considerare questo anniversario solo una tappa del percorso, convinti che ve ne siano molte altre da raggiungere, con lo stesso entusiasmo e la stessa tenacia che ci hanno motivato fin dagli inizi e che ci hanno permesso di incontrar ci e arrivare fin qui con voi. In questi anni abbiamo creduto in voi e voi in noi. Ci avete reso partecipi sia con il vostro professionale lavoro che con il vostro successo, siamo fieri del raggiungimento di questo importante traguardo. Guar diam o con entu sias mo al futur o, consapevoli che per aver e buoni frutt i è necessario prendersi cura di ciò che si semina. Antonio Gervasio - Spirito Contadino - Foggia


Madia ha accompagnato la grande ristorazione italiana per tanti anni, sostenendola e promuovendone la qualità. Elsa Mazzolini, cara amica, ne è l’appassionato motore. Le sono riconoscente di esserci stata e felice che mi sarà vicina in futuro. Grazie! Pietro Leemann - Ristorante Joia - Milano Realizzare un sogno non è sempre facile, oggi più che mai! Siamo felici di condividere con Te questi primi 35 anni del tuo sogno, del NOSTRO sogno, perché c’è un po’ di ognuno di noi nella tua creatura, La Madia!!! E allora, tanti auguri!! Ad maiora! Grazie davvero di condividere con noi questo prestigioso traguardo, ti aspettiamo a Viareggio per un brindisi. Roberto Franceschini Ristorante Romano - Viareggio

Riuscire a portare avanti un’attività per così tanti anni e sempre con grandi e soddisfacenti risultati è un risultato superbo! È un’arte rara avere la capacità di rinnovarsi sempre, credere fermamente in ciò che si fa e trasmetterlo alle persone che ci stanno intorno o ci leggono o, nel nostro caso, che mangiano i nostri piatti. Auguri di cuore e, sinceramente, vi facciamo i nostri più grossi complimenti. Barbara, Cristiana, Cristian, Maria e Natascia de La Tenda Rossa - Firenze

DA: MAURO ULIASSI

La Madia di Donn a Elsa ha sempre surfato le onde più alte della gastronom ia rac co nt an do sto rie di cu cin e e cuochi, di came rieri, pro dotti e produttori. Scrisse di noi appe na aperti, attraverso la penn a di Luigi Cremona. E lei, be lla come il sole, veniva spes so a ren derci omaggio. Yeah !!!

Ris torante Uliassi Senigallia (AN)

“Grazie Elsa, la tua Madia ha dato forza alla gastronomia e coraggio a tutti noi”. Michele, Lucia, Emanuele, Valerio e Maicol Izzo Ristorante Piazzetta Milù Castellammare di Stabia (NA)

La Madia, un’ama nte, u na mogl ie, un’amica. Un viaggio che dura nel tempo tra confronti, intuizioni, consigli, sfoghi, però con la serenità di non essere mai traditi. Giuseppe Aversa Ristorante Il Buco – Sorrento (NA)

Vorremmo avere tutti 35 anni, e l’età della Madia è quella giusta per essere sempre in sintonia con l’attualità del mondo della gastronomia e del bere bene!

Tanti auguri, cara “La Madia”! I 35 anni sono un’età ragguardevole per una rivista dell’accoglienza e della ristorazione, infatti tu sei la più longeva e la più amata. Hai accompagnato la crescita dell’offerta italiana aiutandola a sprovincializzarsi e a puntare in alto. Hai insegnato e guidato gli chef, i maitre, i direttori d’albergo, le imprese dell’agroalimentare... e noi del mondo del vino, con mano dolce ma occhi esperti, senza rimproveri ma diffondendo entusiasmo e voglia di fare. Ci hai spinto a migliorare, a non avere paura delle grandi sfide… Cara “La Madia”, grazie e tanti auguri. Donatella Cinelli Colombini - Presidente de Le Donne del Vino

Ciao Elsa, tanti auguri di cuore al giornale che racconta passione e verità da 35 anni. “Viva La Madia”. Matias Perdomo Ristorante Contraste - Milano

Un grazie di cuore e lunga vita.

Stephane Montjourides

Laurent Perrier

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“Fin da l tempo degli an tichi Greci, l’Ospite, sep pur sconosciuto, era sa E così nei nostri tempi, cro a Zeus. un Ospite, seppur scono sciuto, dovrebbe comun la sacra lità della Genti qu e sentire lezza di chi lo riceve. Infatti, la differenza tra un servizio e l’atto inv il vendere ece più puro di Ospitar e e regalare un’esperie proprio nel mantenere nz a unica, sta vivo un impegno teso a rendere onestamente gio po che un visitatore pa ioso il temssa nel Ristorante in cu i è ricev uto. L’accoglien timità, persona le e seg za nell’inreta del cibo, la condiv isione della gioia del ris momento unico e irripe toro, di un tibile, la sensazione di far parte di una storia tribuire a crearla: La Ma e an zi di condia compie 35 anni e a tutta la redazione e all mio augurio e ringraziam o staff va il ento grande, per il con tributo che la riv ista ha ad ora nel raccontare i dato fino protagonisti della Ristor azione, la loro terra, la ne; ma sopratutto per loro passioaver dato luce illustre al mondo dell’Ospita lità fa parte del nostro DNA il cui spirito ed è tratto fondante di chi scegli di fare il nostr Filippo Saporito - Risto o mestiere. rante La Leggenda dei Frati - Firenze

Volendo dedicare un augurio a La Madia, ho chiesto a Maria Chiara se dovessi scrivere qualcosa in particolare, oppure... NON MI HA FATTO FINIRE LA FRASE... Mi ha semplicemente detto: “Nessuna indicazione... come preferisci”. Ecco, qui sta l’essenza di queste donne meravigliose: liberi di pensare e di fare, nel rispetto di quell’etica che da sempre le contraddistingue nel dire e nel fare. Ho conosciuto Elsa Mazzolini oltre 15 anni fa grazie ad un amico comune, un gran Maestro della cucina italiana, Paolo Teverini, che semplicemente mi disse: “Vedrai, ti piacerà e vi capirete al volo”. Ecco, da allora non mi perdo un suo editoriale su La Madia, sempre preciso, pungente e veritiero. Grazie belle donne, La Madia siete voi! Simone Fracassi - Macelleria Fracassi - Rassina (AR)

L’augurio di poter custodire il lievito e di saperlo impastare con il presente. Massimiliano Alajmo

Da oltre vent’anni siamo fieri di apparire e essere rappresentati dalla rivista La Madia e da altrettanti anni ammiriamo Elsa Mazzolini, chiedendoci come abbia potuto, senza appartenere ad alcun gruppo editoriale, prati-

IAN IEL CANZ ilano DA: DAN anzian - M C te n ra Ris to no diio brasilia rb e v ro p Un , p er come è ia c s a L ce : “ ane”. Un ome rim vedere c o per su olto bell m o d n o m ma p o c he e e le re pera M adia stile. L a tenere lo uguro è stile! A d o o lf e v Tra a nni d i altri 3 5 i o v i tt a tu i. success

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Una delle mie frasi preferite è: “TUTTI HANNO IL DIRITTO DI MANGIARE BENE”, intendo chi ha meno soldi o tanti soldi. E La Madia ha sempre diffuso questa democratica filosofia. Tanti auguri. Bernard Fournier Ristorante Da Candida - Campione d’Italia (CO)

camente da sola, a realizzare, ormai da 35 anni, questa magnifica rivista che, nel campo della prima Cucina al mondo - quella italiana - e della nostra grande tradizione enologica, non conosce rivali. Imperdibili i suoi editoriali, che introducono al piacere di ogni pubblicazione della ormai storica testata alla quale

“Era il 1984 e stavo “studiando” da Oste, avrei aperto il mio primo locale a fine ‘85. La tua rivista, pur essendo allora alle prime pubblicazioni, mi è stata di grande aiuto: ha rappresentato la prima forte novità nel settore editoriale della eno-gastronomia, per me utile per prendere maggiore confidenza con il mondo che da allora abbiamo condiviso. Un abbraccio!” Stefano Bartolini Ristorante La Buca - Cesenatico (FC)

collaborano anche le figlie Maria Chiara e Giorgia. Ancora complimenti per il 35° compleanno da parte del Direttivo nazionale e di tutti i Confrères della Confèdèration Europèenne des Gourmets, con l’augurio di poter festeggiare ancora tanti e tanti di questi anniversari. Romano Lambri Presidente Confèdèration Europèenne des Gourmets


Mi trovo in difficoltà. Proviamo con l’anagramma: MA DAI, 35 aaaanni, non è possibile... Rimangono le strette e polverose strade che Dominedio ci ha insegnato a percorrere dai tempi della spagnola: il politicamente corretto, il cortese, l’affettato (pare si dica così). La matematica, certo, non ci avevo pensato: 35x365=12775 giorni pieni di speme e di gioia, qualche volta di fatica o di noia.Tant’è. Nell’84 macellavo tori a Poggio Berni, e per la strada il poco alitare del mare mi dava sensazioni di fiori, dalle tue parti, nei tuoi posti, e non sapevo che nell’incipiente sera, nascosta nei tuoi giardini, per opporti al buio avresti acceso le duemila lampade dei tuoi kaki e, togliendo la lasagna dal forno, avresti sussurrato alla finestra estiva: “Venite ragazze, è pronto. Ho messo tutto nella madia. Cominciate pure da sole... a me, è venuta un’idea”. Era l’84. Nasceva La Madia... Felice Salamini Azienda Agricola Luretta Gazzola (PC)

35 anni fa inizia la storia della rivista La Madia ma non solo... inizia la riscossa dell’Enogastronomia italiana!

Elsa Mazzolini nel corso degli anni ha condotto con determinazione questa rivista sempre con grande rispetto delle aziende

coinvolte nel settore e la sua passione per il cibo ed il vino è stata il filo conduttore del suo meraviglioso percorso.

Livia Iaccarino

Ristorante Don Alfonso 1890 Sant’Agata sui Due Golfi (NA)

La Madia, in 35 anni, con le sue pubblicazioni, ha permesso a tutti noi che facciamo parte dell’affascinante mondo della ristorazione un contatto, anche se solo virtuale, tra amici e colleghi, ma soprattutto un confronto e una costante informazione che ha prodotto una crescita culturale. Grazie Elsa per la tua creatura e per tutto quello che con essa ci hai donato. Daniele Repetti - Ristorante Nido del Picchio - Carpaneto Piacentino (PC)

merav iglioso. Gli tanto complesso quanto La Cucina è un univer so cos titu iscon o un a ltà che tratta no il cib o app rocci alle divers e rea ora da scopri esplorate e altrettante anc ilità ssib po di ia ass gal a ver ... pu ò mo str are ins egn ata , spe rim ent ata re. La Cu cin a pu ò ess ere Alle spalle de La div isa col mo nd o pe rso nal e o ess ere con e imo int più o lat suo il nava all’ Madia e di questa sua avvincente sap ori ali ant ich e o tec nic he e intero. Tra diz ion i cul tur tuo (il zio storia, c’è la grande esperienza di Elsa ini suo via gg io che ha il gu ard ia, la Cu cin a è un re glie Mazzolini, e, da un po’ di tempo, anche di sua e sce ’arte), ma no n una fin e primo passo ver so qu est figlia Chiara che ha saputo intelligentemente seguiria. ina ord si è un’impresa stra di descriverne alcuni percor che re le orme della madre. oro po rtante e cos tante lav Str aordinario è inf atti l’im Un ti. Noi La Madia la consideriamo - anche per i suoi 35 anni di lta risu ann i con gra nd i “La Ma dia ” svo lge da 35 le trincea - un patrimonio culturale che ha sempre camminato pri re ale gra zie al qu ale sco ver o rife rim ent o cul tur alla sui margini dell’autentica cultura enogastronomica. ate leg sol o str ett am ent e mil le sfa cce tta tur e no n il La Madia è, per noi, un inedito e affascinante capitolo della orn o: to ciò che le ruo ta att Cu cin a, ma anc he a tut to storia della ristorazione e dell’enogastronomia italiana, che get pro ni le tec no log ie e og ser viz io, l’ac cog lien za, ti ha saputo sempre fornire una speciale chiave interpretatie. Tan qu est a str aor din aria art che possa pro mu ove re mio Il va e di cronaca dei caratteri, delle situazioni sociali, dei ria. ito a isti tuz ion e dell’ed i tem i trattati da qu est ui rituali quotidiani, dei substrati della nostra cultura contin pubblico de “La Madia” sincero augurio è che il che ale alimentare. Auguri, fieri! tur cul gra nd e con trib uto a cre sce re, con sci o del Baldassare e Angelo Agnelli questo progetto offre. pro vi bra Pentole Agnelli - Lallio (BG) di ff sta nto è rivolto allo Il mio grande ringraziame re off che porto ” e al loro pre zioso sup fessionis ti de “La Madia de gli sfo rzi che e ori div isio ne dei val un ’ec cez ion ale via di con e a tanta passione. quest’arte racchiude assiem L’Erba del Re - Modena Luca Marchini - Ristorante

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Carissima Elsa, il 1984 è stato un anno importa nte per gli appassionati di cibo e di vino, per la cultura del la buona tavola , per i golosi e i curiosi di novità agli albori del la nouvelle cuisin e. Per loro, finalmente, una rivista che per prima in Italia affront a temi enogastronomici con la collaborazione di amici e profess ionisti del settore. Prima non esisteva una rivista dedicata alla rist orazione. Sono passati trentacinque anni, cara Elsa , e sei ancora al coma ndo del la tua bel lissima e invidiata cre atura. Ti faccio tanti auguri per una lunga vita ricca di gra ndi soddisfazioni, ricordandoti che qua ndo sia mo partiti eravam o come i gra ndi, i gra ndissimi vini che nascono imperfetti ma sen ti che c’è qualcosa in loro di straordinario e quindi vanno aiu tati a crescere, a migliorare anno dopo anno fino a raggiunger e la perfezione assoluta. Così è oggi la tua, la nostra Madia. Un abbraccio. P.S. Il 1984 è stato anche per me un anno mer aviglioso con la nascita del mio nipote Elia che oggi, guarda cas o, è cuoco ed ha fatt o cultura anche attraverso le pagine del la Madia. Gia nfranco Bolognesi - Castrocaro Terme (FC) Gli chef hanno la missione e il privilegio di usare il proprio lavoro per raccontare storie, quelle di ogni prodotto con cui lavorano, trasmettendone il significato culturale, storico e umano, sempre con il massimo rispetto. Il sostegno dei media, come quello

35 anni di attività per una rivista come la vostra, bella, fruibile e sempre aggiornata, non è da tutti. Siete la prova che con la preparazione, la determinazione e la passione si possono ottenere risultati brillanti e mantenerli nel tempo. Tanti auguri di cuore. Peppe Guida Ristorante Nonna Rosa - Vico Equense (NA)

Ciao Elsa, ill tuo bellissimo traguardo merita ogni “brindisi” alla tua salute e alla tua lungimiranza. Felicitazioni infinite. Con affetto. Mattia Vezzola Cantina Costaripa - Moniga del Garda (BS)

Un caro augurio per il traguardo raggiunto che sottolinea la vostra professionalità e il vostro impegno. Un grande abbraccio. Ugo Alciati Ristorante Guido - Serralunga D’Alba (CN)

Auguri per altri 35 anni, con una filosofia basata su valori professionali, gastronomici e umani che rappresentano il nostro territorio, la cultura, il paesaggio e la responsabilità in tutto ciò che facciamo. “Umanizzando l’eccezionale”.

de La Madia, è essenziale per raggiungere questo scopo. Complimenti!

Marsia Taha - Ristorante Gustu - Bolivia

Alex Olmedo The Waterfront Boutique Hotel Isole Falkland

Ma che bella questa 35enne! Ancor più intrigante, ammaliante e addirittura “patinata”!

Certo i complimenti se li merita tutti, al pari della mia amica Elsa, che ha fondato e dirige ancora, con grande passione e competenza, questa pubblicazione unica nel suo genere.

Sì, perché certi “mestieri” (così mi piace chiamare il lavoro di chi, in quel che fa, ci mette corpo ed anima) si

possono fare e, passatemi il termine, sopportare solo se si è animati da grande volontà e da un amore innato per

il proprio fare. La madia era, nell’antica tradizione contadina, un contenitore che custodiva pane, farina, ma sopratutto

il lievito, ed è esattamente quello che è diventata questa bella rivista… “La Madia”: un contenitore di cultura enogastronomica a tutto tondo, che continuamente lievita per portarci novità e cultura gourmet da tutto il mondo, con perizia e

grande professionalità. Nell’attesa di poter brindare a questo ragguardevole traguardo con tutta la redazione, valga comunque il mio (per ora) solitario...Prosit!

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Mario Federzoni - Premiere - Modena


“Ognuno di noi ha il proprio passato chiuso dentro di sé, come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo. Voi avete scritto tante pagine, tanti libri e tanti ancora ne scriverete, ma tutti portano e porteranno in dote il profumo della vostra vita vissuta con passione e dei vostri sogni ancora da vivere… Ma la cosa ancora più grande è che avete condiviso la vostra vita e i vostri sogni con tutti i vostri amici. Auguri Elsa, auguri sinceri per i vostri successi passati, presenti e futuri!” Gianni Babbi Babbi 1952 - Bertinoro (FC)

Cara Elsa e Chiara, caro Staff, negli anni il lungimirante e continuo impegno ha oltrepassato, attraverso le linea sottile tracciata dalla vostra penna (oltre che dalle superlative immagini), il desiderio di continua voglia di fare Ristorazione, di comunicare Novità, di sostenere la Tradizione… dalla cucina all’accoglienza, il talento de La Madia è entrato in ogni lettore come un fuoco vivo, pronto ad accendere nuove Passioni, nuovi Sapori, nuove Provocazioni… pagina dopo pagina. Un Augurio sincero per i vostri primi 35 anni di stimatissimo lavoro, ma soprattutto “GRAZIE” a tutti voi per quello che quotidianamente date alle nostre aziende e ad ogni singolo lettore che, fiducioso, sa di aprire e leggere La Madia e trovare una nuova Casa, ancora e fortunatamente, dal Sapore Italiano. Luca, Gianfranco e tutta Casa Vissani - Baschi (TR)

A nome dell’Associazione Nazionale Donne dell’Olio, di cui sono presi-

Per i 35 anni della Madia, che poi sono anche quelli della Madonnina, solo cose belle, e poi il nostro primo articolo su carta stampata non si scorda mai. Tanti cari auguri! Moreno Cedroni Ristorante Madonnina del Pescatore Senigallia (AN)

dente, con estremo piacere rivolgo i migliori auguri alla rivista “La Madia”, che quest’anno festeggia il trentacinquesimo compleanno, e che, nel corso degli anni, si è fatta interprete e acuta osservatrice dei profondi mutamenti verficatisi nel mondo dell’enogastronomia, cogliendo e raccontando il profondo, indissolubile legame tra i prodotti e i territori di cui sono espressione. La nostra Associazione ha inoltre un motivo specifico d’apprezzamentore per “La Madia”, dovuto alla grande attenzione che la rivista dedica al mondo dell’olio da olive. Un ringraziamento particolare va alla giornalista Antonietta Mazzeo, “innamorata dell’agroalimentare italiano d’eccellenza” (come lei stessa

Buon compleanno alla Madia! Il nome del mio ristorante nasce proprio da questa rivista. 35 anni coincidono con l’inizio della mia professioni di cuoco, già da allora aspettavo questa rivista ogni mese proprio perché era quella che mi faceva un po’ vedere il Don Alfonso, il Marchesi, ossia i modelli a cui ognuno di noi si è ispirato. Grazie e auguri. Pino Cuttaia Ristorante La Madia - Licata (AG)

dice di sé), collaboratrice di “La Madia” e membro del nostro Consiglio Direttivo, che con maestria, competenza e professionalità riesce a trasmettere a chi la legge o l’ascolta amore per l’olio e per la conoscenza di questo meraviglioso e indispensabile alimento. Gabriella Stansfield Presidente Associazione

La Madia Magazine ha attraversato molti cambiamenti negli ultimi 35 anni! Ma la passione è sempre la stessa.

Dalla carta al web fino ai social, 35 anni sempre sulla tavola dei locali. Happy birthday Madia!

Charlie Arturaola

Nazionale Donne dell’Olio

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La Madia Travelfood ha fatto negli ultimi 35 anni un grandissimo lavoro professionale con immensa continuità. Non solo nel settore food, ma anche nel settore cultura, La Madia è diventata l’organizzazione più completa e influente. Ha portato avanti la cucina italiana tanto in Italia quanto all’estero. Ringrazio tutti collaboratori de La Madia per il lavoro che hanno fatto e sono sicuro che porteranno ancora molto avanti questa organizzazione nel futuro. Carissimi saluti dall’Alto Adige! Norbert Niederkofler Ristorante St. Hubertus - San Cassiano (BZ)

Sono già 35 anni! In questa occasione si potrebbe ricordare il grande ruolo che “La Madia” ha svolto nell’ambito della promozione e della valorizzazione della Cucina Italiana, si potrebbe evidenziare quanto significato

35 anni di storia sì, ma soprattutto 35 anni di coerente e leale amore per l’enogastronomia e l’accoglienza vestite quasi esclusivamente di verde, bianco e rosso. Ho avuto l’onore e il piacere di conoscere Elsa, Chiara e Giorgia nel 2010, anno in cui avevamo deciso di pubblicizzare il nostro portale sulle prestigiose pagine de La Madia. Non ce ne fu bisogno: Elsa vide nel nostro progetto l’opportunità di mescolare le reciproche esperienze - la nostra più vocata al world

abbiano avuto per gli associati - in particolare per noi del Sud - tutte le attività collegate, una fra tante il Festival della Cucina Italiana, si potrebbe richiamare la valenza culturale e formativa delle rubriche della rivista... si potrebbe dire tanto

wide web, la sua proiettata a fare il bene del turismo attraverso il peso e l’autorevolezza della

altro ma forse, in piena coerenza con la

carta -. In questi anni non ho mai visto la redazione de La Madia scendere a compromessi con

sinteticità e l’efficacia degli editoriali della

chef o fornitori, mai un passo indietro quando era necessario redarguire anche i personaggi più famosi, fossero, questi, anche amici stretti. 35 anni di cammino fatto sempre a testa alta, un grande esempio in un Paese in cui il sentimento della vergogna è scomparso per sempre.

sua Direttrice e Fondatrice, basta solo dire GRAZIE! Gli Associati dell’Accademia della Cucina Calabrese

È davvero confortante che esistano persone così, ed è bellissimo che siano tre donne a dare il buon esempio di come si fa giornalismo, impresa e comunicazione. Fiero di collaborare con voi, belle fanciulle! Giovanni Mastropasqua - Oraviaggiando

Da quella sera sulla terrazza dell’Hotel Waldorf di Rimini luglio 1984. la presentazione del numero 1 della Madia a oggi la tua creazione caro direttore è stata quello strumento che ci ha spronato e essendo sempre avanti e stata l’ingrediente in più che ha fatto crescere tutti noi. GRAZIE e auguri. Luigi Sartini - Ristorante Righi - San Marino

Già 35 anni? Sembra una rivista del futuro. Come sempre grandi contenuti innovativi. È nel mio cuore da sempre. Igles Corelli

Onore e gratitudine ad Elsa e ai

suoi collaboratori,

che da 35 anni coLa Madia per me come professionista non è una rivista di settore ma è la compagna che affianca, che consiglia, che ti supporta e che ti aiuta a fare confronto e squadra che sono gli unici elementi per alzare il livello ed essere competitivi sul mercato e reggerlo! “ Grazie ad Elsa ed a tutto lo staff.

Gino Fabbri Pasticcere Bologna

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municano chef e stili della

ristorazione con occhio attento e mai di parte, facendo

viaggiare fin da tempi non sospetti i più curiosi nelle cucine di tutto il mondo. Con stima.

Riccardo Agostini Ristorante Il Piastrino Pennabilli (RN)



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a cura di

Primo Vercilli Medico Dietologo

L’IDENTIKIT DELLA DIETA PERFETTA CRITERI OGGETTIVI PER POTER SCEGLIERE IL GIUSTO MODELLO NUTRIZIONALE - PARTE 2 Cari amici, la scorsa volta ci eravamo lasciati a metà strada di un percorso ideale alla scoperta della dieta perfetta. Se ricordate, l’ultimo passaggio discusso la scorsa volta riguardava la presenza o meno, in allegato alla dieta, di integratori alimentari che vengono proposti con “finalità dimagranti”. La verifica però non è ancora finita. Infatti, il punto successivo è estremamente importante ed ha serie implicazioni con la salute. Quindi la domanda che ci dobbiamo porre è: c’è la certezza che il regime proposto abbia un basso impatto infiammatorio e non generi carenze o eccessi nutrizionali? Vi assicuro che è una domanda la cui risposta non è sempre affermativa quando si seguono certi regimi dietetici. Infatti, controllare durante la dieta alcuni parametri infiammatori e/o biochimici permette meglio di capire se la direzione presa è quella giusta. Non fidatevi di semplici slogan: cercate sempre di andare a fondo del problema. Studi epidemiologici hanno accertato che diete ricche di alimenti di origine vegetale contribuiscono a prevenire molte patologie, quali malattie cardiovascolari, malattie metaboliche, malattie neurovegetative e patologie infiammatorie. Eccessi alimentari di grassi saturi, zuccheri semplici, prodotti industriali, carni processate portano invece ad un maggior assetto pro-infiammatorio. Da qui già si capisce come una dieta iperproteica, che ammette l’uso incondizionato di grassi saturi e carni processate, a volte anche riducendo l’introito di frutta e verdura, alla lunga non può avere un impatto benefico sul nostro organismo. Una sana alimentazione dovrebbe essere comunque discretamente povera di proteine animali e comunque privilegiare proteine magre, quali il pesce, la carne bianca, il latte e l’albume d’uovo ed evitare il più possibile altre fonti di proteine animali, quali la carne rossa e i formaggi

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(da consumare con estrema moderazione). Questo, in fin dei conti, non è altro che lo schema della vera alimentazione mediterranea, dove le proteine totali non dovrebbero rappresentare più del 15% dell’introito calorico totale; dovete però considerare che, in una vera dieta mediterranea, quell’introito totale di proteine va suddiviso al 50% tra animali e vegetali: ecco quindi che l’introito totale di proteine animali che andrebbe assunto in una vera dieta mediterranea non supera il 7.5%. Non vorrei spaventarvi, ma sapete a quanti grammi di proteine ammontano il 7.5% di calorie in un uomo con un consumo medio di 2000 KCal al giorno? Solo a 37 grammi. Considerate che 100 grammi di pollo contengono circa 23 grammi di proteine, quindi, se non prendete latte, se non prendete formaggio, se non prendete yogurt allora vi potete permettere 150 grammi di pollo o pesce al giorno. Nulla di più. Il resto deve venire dalle proteine vegetali e soprattutto dai cereali. A proposito di cereali, guai a confondere i cereali (zuccheri complessi) con gli zuccheri semplici! Ma non mi dilungo. Arriviamo così ad un ultimo punto, il fondamentale, quello senza il quale tutto questo percorso si potrebbe rivelare totalmente inutile: il regime che ci apprestiamo a seguire è fattibile per noi? Questo è sicuramente il punto di svolta: possiamo avere fra le mani la dieta tecnicamente perfetta, ma se non è fattibile per noi, tutto è destinato al fallimento. Quando un regime alimentare è fattibile per noi? Quando entra il più possibile nella nostra quotidianità. Questo è lo scoglio più grosso nel seguire la dieta e non a caso è stato lasciato per ultimo: senza la fattibilità nessun regime alimentare (per quanto nutrizionalmente corretto) potrà mai essere punto di partenza per un percorso di cambiamento. La dieta perfetta è quella che la persona


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riesce a far meglio. Nell’entrare nella quotidianità della persona dobbiamo, noi nutrizionisti, chiederci se la persona è, ad esempio, in grado di controllare in modo attento la quantità degli alimenti: la presenza di grammatura nei piani alimentari molto spesso demotiva le persone e offre l’alibi di un abbandono precoce. Negli ultimi anni ci sono stati alcuni tentativi di superamento della barriera della grammatura attraverso la grammatura facilitata o attraverso il ricorso ad altri volumi, quali il proprio palmo della mano o pugno per poter controllare determinate quantità. Nuove e recentissime esperienze stanno comunque identificando sistemi di controllo calorico non basato sulla grammatura degli alimenti, che aumentano notevolmente l’adesione alla dieta. Altro punto fondamentale relativo alla fattibilità è quello di non fornire schemi rigidi, ma sempre più opzioni di scelta.Questo elemento non è appena fondamentale per dare maggiori possibilità di gestione alimentare, ma è fondamentale che il piano alimentare educhi alla scelta. Infatti sarebbe opportuno non dare sempre alternative nutrizionalmente equivalenti, ma piuttosto emozionalmente equivalenti: se ci sono due alimenti che piacciono molto alla persona è bene metterli in alternativa in modo da obbligare la persona a scegliere cosa è bene per lei in quel momento. A questo si collega il terzo punto della colonna della fattibilità: la presenza nella dieta di tutti gli alimenti che piacciono. Se non ci sono indicazioni cliniche particolari, che prevedano l’esclusione di qualcosa, è bene dare la possibilità alla persona di “dialogare” con il cibo in modo completo e non frustrante: solo in questo modo si potrà acquisire una maggior capacità gestionale. Per ultimo, tranquillizzare la persona sulla possibilità di trasgressione. È praticamente impossibile che, durante una dieta, non ci si trovi di fronte a situazioni in cui non si può, non si riesce o non si vuole seguire quanto prescritto. Siccome è nella natura umana che ci sia questa tendenza, l’importante è far sì che la trasgressione non diventi un alibi per abbandonare un programma alimentare. Ecco perché è fondamentale porsi in modo costruttivo fornendo alla persona delle modalità di recupero da effettuare nei giorni seguenti al giorno in cui si è trasgredito. Ecco quindi il nostro percorso al completo:

Come farci aiutare e da chi farci aiutare per compiere i passi giusti? Sicuramente medici e nutrizionisti, ma mi permetto di dire che sarebbe auspicabile una collaborazione tra questi professionisti del settore e altri, che apparentemente “remano” addirittura contro le diete: gli chef. La dieta, per essere perfetta deve essere piacevole, mai triste, mai routinaria e deve stimolare la fantasia. Esperienze gastronomiche, in accordo con chef, su come trasferire le nozioni nutrizionali acquisite in forma gustosa e stimolante nel piatto permettono sicuramente di fare quest’ulteriore passo che è fondamentale per dare quella definitiva continuità al percorso di crescita. Infatti, non dimentichiamo mai che la Gastronomia deve rendere bello e piacevole quello che per la Nutrizione è necessario.

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Silvia Bianco testimonial di cucina vegana

BANGKOK

ACCOGLIE ED ABBRACCIA LA REALTÀ VEGAN

TRA MISTICISMO E CONSUMISMO Bangkok è la città degli estremi, delle forti contraddizioni che convivono come se fossero un’identità unica. È una città affollata e rumorosa, sporca ma eccitante e vibrante, con un’importante storia, ricca di cultura, dove la bellezza unica e mistica dei templi splende accanto a vecchi e fatiscenti edifici. Appena si esce dall’aeroporto, sull’autostrada a 12 corsie, si leggono tabelloni che sentenziano “do not get tattoo of Buddha! Buddha is sacred“ ovvero “Non tatuarsi l’immagine del Buddha. Buddha è sacro!” Immediatamente dopo si susseguono pubblicità ed annunci video delle più grandi aziende, posizionati su condomini e cartelloni pubblicitari. Come l’annuncio che appare su uno schermo gigante posizionato su un grattacielo che annuncia l’ultimo modello di telefono cellulare di tale marca. Sopra il grande schermo si vede l’immagine del re e le parole “Long live the King” (“Lunga vita al re”): in Tailandia il Re è considerato come una divinità, tanto da essere sempre presente: dalle immagini sbiadite appese alle porte, agli adesivi che portano le sue sembianze, al suo viso intonacato persino sopra gli estintori. Bangkok è una metropoli tentacolare, travolgente e vivace ed è la perfetta combinazione di moderno e tradizionale, vecchio e nuovo. Tantissimi i centri commerciali di lusso, che poco fuori sono affiancati da modesti locali e vecchie case. Scintillanti templi buddisti ed enormi centri commerciali di lusso si susseguono uno accanto all’altro, intervallati da mercati colorati, bancarelle di frutta fresca, tipici ristoranti all’aperto, dove i tailandesi sorseggiano zuppe, bevono birra e chiacchierano fino a notte fonda. Non è un caso che questa

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città sia considerata nel mondo come una delle capitali dello shopping. Statisticamente, la Tailandia è un Paese in cui ben oltre il 90% dei suoi abitanti è buddista. Tuttavia, anche se la Tailandia è prevalentemente buddista, la libertà religiosa è pienamente accettata e in tutta Bangkok esiste una rappresentanza di diverse religioni. Passeggiando per Bangkok, ad esempio, si incontrano templi buddisti tailandesi, poi ci si può imbattere in un tempio taoista cinese, una cattedrale cattolica, una moschea musulmana e un santuario indù.

VEGANI A BANGKOK? SI PUÒ! Si potrebbe pensare che Bangkok e la Tailandia non siano i luoghi adatti ad un vegano, ma non è cosi. Oltre ad ospitare annualmente un festival quasi totalmente vegan durante il mese di Ottobre, un numero crescente di ristoranti si rivolge ai vegetariani e vegani ed un numero sempre più importante di locali come caffetterie e ristoranti apre, offrendo un menu 100% plant-based. Ciò che colpisce è proprio l’enorme quantità di ristoranti tra i più trendy, che sono vegan friendly, senza dimenticare che esistono ristoranti 100% vegani che offrono un’esperienza gastronomica anche delle più raffinate, con una vasta gamma di piatti con ingredienti biologici di qualità e stili di cottura innovativi. Il Raw food, cibo crudo, è una tendenza in forte crescita da alcuni anni in tutta la Tailandia, soprattutto grazie alla influenza occidentale. Negli ultimi anni sono nati tantissimi resort, dove il cibo crudo vegan è una parte integrante importantissima dei loro programmi benessere, di disintossicazione, purificazione, ritiri yoga e turismo green. Il cibo crudo vegetale è interpretato come un modo per stare in forma ed in salute ed è così che la presenza di molti espatriati e stranieri interessati a questo stile di vita ha incrementato il diffondersi del crudismo. Così in questi resort, ma anche tantissimi locali vegan o vegan friendly preparano sushi vegan crudo con verdure e pasta di noci di macadamia, involtini

primavera crudi e vegani confezionati con verdure croccanti, pad thai di zucchine, tartufini energetici a base di datteri, cocco, noci e gelato crudista a base di banane congelate. La vera essenza di un piatto tailandese perfetto include il salato, il dolce e lo speziato ed è buffo quanto Bangkok sia simile ad una deliziosa porzione di pad thai. Cosa è il pad thai? Ecco una lista dei migliori piatti tailandesi di tradizione 100% vegetale (o quasi) che si possono gustare per le strade di Bangkok: - Pad Thai - quando si parla di cibo tailandese, il primo piatto che viene in mente è proprio questo. Si tratta essenzialmente di spaghetti saltati in padella mescolati con tofu, uova, gamberetti essiccati, peperoncino rosso, aglio e zucchero di palma. Naturalmente si può chiedere una versione senza gamberetti e uova sostituendo con altre verdure, come fiori di banana, rape, germogli di soia, etc… - Roti Sai Mai - lo zucchero di canna prelevato ad Ayuthaya nel nord di Bangkok, viene trasformato e tirato manualmente in fili lunghi, sottili e setosi, in una sorta di nuvoletta di zucchero filato avvolto in un roti non dolcificato e normalmente fatto con semplice farina, sale, acqua e foglie di pandano. - Chinese Dragon’s Beard Candy (Caramelle di barba di drago cinese) - Un altro snack dolce nato in Cina e poi diffuso in tutta l’Asia dell’Est. È una caramella di sciroppo di zucchero che si trova molto spesso nelle bancarelle della Chinatown di Bangkok. Con lo sciroppo vengono create delle ciambelline che vengono poi tirate fino a creare una sorta di fili (la barba) e poi pressate nella farina di riso e mais e arrotolate con un ripieno di arachidi tostate, cocco e sesamo. - Chao Kuai - una gelatina costituita da gambi e foglie essiccati di una pianta cinese simile alle piantine di menta. È un dolce molto rinfrescante, viene servito freddo con una spolverata di zucchero di canna. - Khao Lam - è uno street food dolce, costituito da riso glutinoso, fagioli rossi, zucchero, cocco grattugiato e latte di cocco, preparato all’interno di canne di bambù, che vengono cotte a

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vapore fino a quando il riso è cotto e la parte superiore inizia a caramellare. La ricetta tradizionale prevede anche le uova, ma basta chiedere e si può trovare la versione vegan. - Khanom Dok Jok - questi biscotti croccanti, vengono preparati con una pastella a base di farina di riso, latte di cocco e semi di sesamo nero. Si immerge uno stampo a forma di fiore di loto nella padella con olio bollente, lo stampo ben caldo viene poi immerso nella pastella ed immediatamente dopo nell’olio per la frittura, fino a quando la pastella si indurisce e si separa dallo stampo. Tradizionalmente vengono utilizzate le uova, ma spesso lo troviamo nella versione vegana. Oltre ad essere delizioso, è uno snack molto carino ed elegante. - Sa Koo - appetizer molto gustoso, appare come una pallina di perle di tapioca cotte al vapore. Generalmente il ripieno è costituito da carne di maiale, ma la versione vegana sta spopolando come valida alternativa, al suo posto vengono usati funghi shiitake o rapa. Questa sorta di dumpling vengono poi caramellati e guarniti con arachiti tostate, fiocchi di peperoncino e coriandolo. - Khao Niew Ma Muang - altro dessert estremamente popolare in Tailandia che nasce 100% vegetale è il riso glutinoso con mango. Vengono servite delle fettine di mango fresco su riso glutinoso, cotto prima a vapore e poi unito al latte di cocco e zucchero. Guarnito con sciroppo di zucchero, il latte di cocco avanzato dalla cottura e una spolverata di semi di sesamo o fagioli mung gialli. Qui di seguito trovate alcuni dei ristoranti che soddisfano le necessità di chi segue uno stile di vita 100% vegan, ma in realtà le opzioni e possibilità a Bangkok sono davvero tante ed aumentano sempre più. Ve ne parlerò con un’altra uscita della rivista. BAREFOOD BANGKOK 26 Soi Sukhumvit 61, Khlong Toei Nuea, Bangkok Barefood Bangkok è considerato il miglior fornitore di formaggi vegetali di Bangkok. Lo staff di questo locale prepara, con dedizione, una straordinaria selezione di formaggi a base di anacardi fermentati e altre noci. In questo ristorantino dall’atmosfera informale e gestito da una coppia italo/thailandese molto cordiale e disponibile, si possono ordinare taglieri di formaggi veg (affumicato, al tartufo, spalmabili, etc. …) serviti con pane tostato e frutta, oppure si può optare per le specialità di formaggi del giorno declinate nelle varie proposte del loro menu occidentale. Oltre ad insalatone, troviamo un burger di zucchine, barbabietola e funghi con formaggio di anacardi, melanzane grigliate e cipolle caramellate in un soffice panino integrale, oppure lo stesso burger guarnito con formaggio affumicato, crauti fermentati, ketchup e salsa aioli. Ogni ingrediente, dal burger, al formaggio, ai crauti, alle salse e al panino sono autoprodotti da questa straordinaria ed appassionata coppia. Nel loro menu troviamo anche bruschette, lasagne, primi di pasta e riso esclusivamente plant

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based ed arricchiti delle loro proposte di formaggi del giorno. Proprio in virtù delle disponibilità del formaggio, il loro menu varia giornalmente. Il locale si trova nella modaiola zona di Ekkamai, alla periferia del centro di Bangkok, impossibile lasciarselo sfuggire! BO.LAN - ESSENTIALLY THAI Soi Sukhumvit 53, Wattana Bangkok Bo.lan è un posto molto speciale, un ristorante di alta cucina thai raffinata, arredato nientemeno che in stile thai: il legno la fa da padrone nel parquet, nelle colonnine decorative, nelle applicazioni sul soffitto completato da drappeggi in tela di canapa, sedie ed altri elementi decorativi come le grandi ceste copri vaso per le piante in rattan. Un’atmosfera semplice, ma con stile. Gli chef, nonché proprietari, sono una fantastica coppia: Dylan Jones, di Melbourne, da cui proviene la seconda parte del nome del ristorante “lan” e la moglie tailandese, Duangporn Songvisava, anche conosciuta come “Bo”, da cui si forma la prima parte del nome del ristorante Bo.lan.

Non è un ristorante vegano, ma hanno un menu degustazione “Bo.Ian Botanicals” interamente vegetale, che permette di fare un viaggio magico nella cucina tailandese plant based.. Bo.lan è un paradiso per il palato e gli occhi, con le sue squisite creazioni e stupefacenti presentazioni delle portate. Per ingannare l’attesa degli antipasti, viene servito del succo di lemongrass e pandano accompagnato da un ciotolino di arachidi cotte al vapore. L’inizio della cena del menu vegetale Bo.ian Botanicals viene scandito con un calice di un whisky thai servito con frutta locale acida, da consumare bevendo prima il whisky e poi mangiando dei pezzetti di mango con curcuma e terminando spruzzando autonomamente in bocca (con apposito spruzzino elegante poggiato sul piatto) l’acqua di foglie di pandano. Una combinazione elettrizzante e rinfrescante, che risveglia i sensi passando dai sapori alcolici, a quelli aspri. A seguire gli


antipasti: “ Bo.Ian amuse bouches” una serie di prelibatezze dai deliziosi sapori tailandesi, dolci, speziati e freschi: come l’insalatina di lemongrass e cocco fresco; uno gnocchetto morbido di riso e cocco; dei funghetti locali salati ed aciduli; una galletta di riso croccante condita con erbe fresche locali, ed infine un’insalatina esclusivamente di erbe locali condita con una ricca crema di cocco. Il piatto unico del giorno è costituito da spaghetti di riso e fiori di banana da condire autonomamente con una salsa di cocco molto cremosa, dolce ed al contempo speziata e piccante, accompagnata da un’insalatina di erbe locali. Non esistono un primo e un secondo piatto, ma più piatti principali vengono serviti contemporaneamente per poter vivere il momento della cena esattamente come i locali sono abituati a fare, condividendo le varie pietanze insieme. Tra i piatti in condivisione: l’insalata di felce edibile locale con un condimento piccante di lemongrass e peperoncino; melanzane saltate con fagioli gialli e basilico thai; un curry con cocco preparato secondo la tradizione del nord della Tailandia dalla consistenza ricca e cremosa, con verdure locali, aneto e basilico thai

freschi e con note speziate di semi di coriandolo, cumino, noce moscata e cannella; fagioli gialli croccanti e speziati con lemongrass, curcuma e menta ed infine una vellutata leggera di cocco aromatizzata al galangal. Per dolce, un cremoso di cocco con perle di tapioca ed un pezzetto di Jackfruit nascosti sul fondo della coppetta, accompagnata da chips di patate dolci e, a seguire, un piatto di pasticcini locali uno più buono dell’altro: una “caramella” a base di arachidi; un toffee di banana al caramello poggiato su una sottile e croccante galletta di riso tostata; una torta a strati a base di pandano ed infine una tavoletta di “cioccolato bianco thai” a base di cocco. Insomma un meraviglioso e colorato tagliere di dolci accompagnato da piccoli frutti locali e gelatine di agaragar piccanti e salate. Il menu varia in base alla stagione ed alla disponibilità delle materie prime, rigorosamente fresche e locali. È decisamente un’esperienza raffinata, che offre una grande varietà di piatti della cucina thailandese in chiave 100% vegetale, una cucina curata e sapientemente equilibrata che tocca sapori dolci, speziati, piccanti, acidi e salati con eleganza e maestria.

VEGANERIE Soi Methi Niwet, Klong Ton, Klong Teoy, Bangkok, Thailand Veganerie ha quattro filiali in tutta Bangkok - due a Phrom Phong e altre due nella zona di Chitlom e Siam. Ha iniziato la sua attività nel 2016 come piccola panetteria e pasticceria vegana e da subito ha avuto un grande successo aprendo tra il 2017 ed il 2018 ben altre tre filiali, con servizio ristorante completo. Lo spirito di Veganerie è quello di promuovere un’alimentazione vegan e cruelty free ed una maggiore consapevolezza verso le tematiche ambientali. L’arredamento di tutte le filiali è moderno, luminoso e arioso, con cucina a vista e graziose piante sospese che scendono dal soffitto. La prima location di Veganerie è situata al quarto piano del centro commerciale Mercuryville, di Chitlom, un’area estremamente popolata con un susseguirsi di centri commerciali uno dopo l’altro. In questa sede si può gustare tutta la linea delle loro creazioni dolci, le migliori torte ed i dessert vegani più goduriosi di Bangkok. Veganerie offre frappè, gelati, pasticcini, torte, biscotti friabili con cannella e uva passa; granole; pane; panini

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alla cannella; torte; brownies; waffle; parfait allo yogurt di soia; croccanti Waffles di cioccolato fondente, morbidi all’interno e serviti con uno stupefacente gelato al cioccolato e al sesamo nero; banoffee waffle alla banana e panna montata con banana fresca, salsa al caramello, salsa al cioccolato e gelato al cioccolato; frullato al cioccolato fondente con pezzettini di un biscotto al cioccolato e panna montata e gelato. Le torte sono davvero molto buone. I must-try sono la velvet cake, dolce con un deciso sapore fruttato e con un cremosissimo frosting; la banoffee pie la cui estrema dolcezza della copertura viene bilanciata dal base lievemente salata; la torta di carote con una glassa davvero invitante al solo sguardo; le innumerevoli e divine cheesecake a base di yoghurt di soia fatto in casa, perfettamente acido ma equilibrato, cremoso, dolce e ricco. Veganerie Concept situato dietro il Parco di Benjasiri, è la seconda location inaugurata nel 2017 e offre un servizio ristorante completo oltre alle deliziose dolci creazioni per cui sono famosi. Gli interni sono in stile industriale e le proposte offerte dalla cucina sono incredibili. Il menu è ampio, 100% veg abbraccia la cucina occidentale, tailandese e fusion. È possibile scegliere tra colazione inglese, brunch, tè del pomeriggio o cena. La vasta offerta prevede un menu disponibile tutto il giorno che include pancake; crepes; bowls; buddha bowls; una linea di frullati, sandwich ed insalate pensate appositamente per gli sportivi; veg burger; club sandwich; pasta; riso; piatti tailandesi; roti e curry; invitanti pasticcini; torte e coppe e una gamma completa di caffè, tè, milkshake e bevande a base di erbe e succhi. Veganerie Concept è l’unica sede sita al di fuori di un centro commerciale ed è ideale per cene romantiche. Veganerie Soul, situato nella food court del centro commerciale Siam Paragon, è una versione più “compatta” di Veganerie Concept ed offre i favoriti della selezione di Veganerie Concept con qualche piccola novità. Veganerie EmQuartier è un negozietto ubicato nella food court dello sfarzoso centro commerciale EmQuartier, offre tutta la gamma di dolci di Veganerie e funge principalmente da servizio take away. BROCCOLI REVOLUTION 899 Sukhumvit Road, Soi 49 Klongton-nua, Vaddhana Broccoli Revolution nasce nell’agosto 2015 nel quartiere di Thong-Lor a Bangkok, in un bellissimo edificio ad angolo. Il locale ha un’allure industriale, a partire dagli apparecchi di illuminazione in stile industrial, agli interni realizzati in mattone e legno, alle grandi vetrate che rendono il locale molto luminoso e dal suggestivo abbinamento tra soffitti alti ed enormi felci su vasi pendenti che scendono a cascata, ricreando un po’ l’effetto di giungla urbana. Questo locale così cool attira una fetta di clientela un po’ chic ed al contempo green, principalmente costituita da giovani Tailandesi ed expat benestanti. Questo ristorante e caffetteria moderna in pieno stile hipster ha una cucina 100% vegetale e pone particolare attenzione a

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proporre una selezione di piatti sani e gustosi. Ci si alza da tavola soddisfatti, con la sensazione di aver mangiato veramente bene, ma senza una sensazione di pesantezza. L’offerta della cucina di Broccoli Revolution vanta prodotti freschi, una cucina onesta e buona, che offre un sostanzioso menu 100% vegetale di piatti mediterranei, occidentali e sud-est asiatico. Tra i piatti internazionali troviamo le mezze; un gustosissimo Broccoli Quinoa Burger farcito appunto con un delizioso burger di quinoa, broccoli ed aneto, una salsa di pomodoro e mango, guacamole, in un panino al carbone e mirtilli rossi, morbido all’intero e croccante all’esterno. Tra le specialità tailandesi e vietnamite, troviamo il Tom Kha hed, una zuppetta di funghi locali al latte di cocco, aromatizzata con lemongrass, galangal, cipollotti e prezzemolo locali; funghi saltati in padella con riso nero, una gustosa tempura di funghi (sì i funghi sono una loro specialità); Gyoza alla piastra con ripieno di melanzane, funghi e glass noodles da condire con una salsa agrodolce e piccante; linguine di riso piccanti con tofu e proteine e soia TVP soffiata; un delizioso tempeh fritto in puro stile indonesiano; melanzane grigliate al miso; cruditè di verdure (broccoli, peperoni, cetrioli, zucchine, ravanelli) da intingere in una salsa cremosa di anacardi e miso; tofu giapponese freddo con perle di soia; riso fritto con Kimchi coreano, Pad Thai, e Pho noodle (zuppa vietnamita) e tanto altro ancora. Inoltre c’è una vasta gamma di succhi e frullati di frutta e di verdura spremuti a freddo, alcuni indovinate un po’ con broccoli! Infine propone un’ottima selezione di dolci che vanno decisamente a ruba, perché provengono da “Veganerie” il numero uno in termini di dolci vegan a Bangkok. Broccoli Revolution è talmente apprezzato che in meno di due anni, ha inaugurato una nuova sede al 6° piano del centro commerciale Central Embassy nella Open House area. L’arredamento ed il design mantengono lo stile moderno e minimalista, con un’ampia sala di posti a sedere in condivisione con una libreria, sempre in open space, dove si possono acquistare libri oppure leggerli in loco. Il menù è il medesimo della prima sede, cibo fresco, molto buono, anche se non economico rispetto gli standard di Bangkok. REFLECT RESTAURANT AT BANGKOK TREE HOUSE Bang namphueng, Moo 1, Samut Prakarn, Greater Bangkok Bangkok Tree house è un eco-resort situato sulla riva del fiume Chao Phraya, considerato il polmone verde di Bangkok, una vera e propria oasi magica, dove il ritmo della vita è delicato e dolce, lontano anni luce dalla caotica città. “La casa sull’albero” è un progetto ecologico realizzato con materiali sostenibili e recuperati in mezzo alla giungla e assolutamente privo di sottoprodotti in pelle o animali e situato a meno di 10 Km dal centro della città di Bangkok. Per ogni prenotazione presso la Tree House, un chilo di rifiuti viene rimosso dal fiume: è una delle iniziative ecologiche alla base di questo grande progetto eco sostenibile.


Chef Max Noacco - Ristorante Al Tiglio - Noruzzo (UD)

Il ristorante Reflect, in piena armonia con la natura, si sviluppa su più piani; tutto in bambù e costruito su di una piattaforma rialzata, permette una vista mozzafiato sulla non lontana giungla. Reflect non è un ristorante vegan, ma ha un menu vegetariano con ingredienti biologici, locali e diverse opzioni vegane come l’insalata speziata con anguria ed altra frutta estiva locale e cipolle rosse; Sandwich Massaman curry; Tortino di patata dolce in salsa curry rossa e riso integrale germinato; ananas con scalogno, radici di coriandolo e zucchero; tofu larb su bastoncini di lemongrass, ovvero polpettine a base di tofu, funghi, riso tostato, germogli, menta, coriandolo, basilico thai servite con una salsa agrodolce a base di succo di lime, salsa di soia, zucchero di cocco e peperoncino; infine il classico mango sticky rice. I piatti sono tutti presentati con eleganza, il menu segue le stagioni con variazioni giornaliere in quanto i prodotti freschi provengono dai frutteti locali e da produttori di dolci artigianali della zona. MAY KAIDEE’S THAI VEGETARIAN AND VEGAN EXPERIENCE 59 Tanao Road, Bang-lam-phu, Bangkok Questo ristorante vegetariano e vegano è un locale semplice, senza troppi fronzoli, dall’atmosfera serena e rilassata. Situato su Tanao Road, non lontano dal Grande Palazzo reale e da Wat Pho, il tempio buddista conosciuto anche come il Tempio del Budda Sdraiato. La proprietaria, nonché chef, Sommay Jaijong, è dolcissima, sempre disponibile e con il sorriso. Organizza corsi di cucina tailandese, crudista, di intaglio della frutta, di dolci, e tanto altro ancora, con corsi express della durata di poche ore, o sessioni di diverse giornate per corsi di approfondimento e formativi. I corsi sono molto seguiti ed apprezzati sia per la professionalità dimostrata, sia per il clima pacifico e di collaborazione che si respira durante le giornate di corso, anche quelle più intense. Sommay Jaijong ha pubblicato ben 3 libri di cucina Thai, dove ritroviamo tutta la sua passione per la buona cucina tradizionale e 100% vegetale. Il menu di May Kaidee è incentrato chiaramente su piatti tailandesi della tradizione con particolare attenzione nell’evitare l’utilizzo di salsa di pesce, glutammato monosodico e tanti altri prodotti di origine animale. Tra i must-try ci sono i glass noodles con funghi shiitake, aglio, coriandolo, zenzero e tofu; il pad thai; il curry massaman; il riso fritto con ananas, carote, patate dolci, taro, tofu ed uvetta; la classica Tom Yam Soup dal sapore agrodolce con kaffir lime, galangal, lemongrass, coriandolo, tofu e la loro buonissima e piccantissima salsa di peperoncino completamente veg (la ricetta originale prevede la salsa di pesce). Le porzioni sono generose a prezzi decisamente onesti. May Kaidee ha un’altra filiale più grande sempre a Bangkok per contenere sino ad un centinaio di ospiti; un’altra a Chiang Mai; un’altra in attesa di riapertura a Phnom Penh in Cambogia ed una anche a East Broadway, New York.

CARCIOFI ALL’ARANCIA E MANDORLE INGREDIENTI per 2 persone 3 carciofi, g. 20 di mandorle a scaglie, g. 40 di succo di limone, olio evo, sale. Per la spuma di arancia: g. 500 di succo di arancia, g. 50 di olio evo, g. 20 di amido di mais, 1/3 di cucchiaino di gomma di Xantana, sale. Per la maio all’arancia: ml. 250 di latte di soia, ml. 100 di succo d’arancia, 1 cucchiaio di arancia amara in polvere, 1 cucchiaino di curcuma in polvere, 1 cucchiaio di senape in pasta, 1 cucchiaio di aceto balsamico, 2 cucchiai di agave, 2 cucchiaini di sale, ml. 650 di olio di girasole. PREPARAZIONE Lavare e curare i carciofi, tagliare un terzo della punta e togliere le foglie più spesse e più verdi; con uno scavino eliminare la barba, immergerli subito in una terrina con acqua e succo di limone. Mettere a bollire dell’acqua con una manciata di sale grosso in una pentola e cuocere i carciofi per 10 minuti; toglierli e raffreddarli subito in acqua ghiacciata. In un pentolino portare a bollore il succo di arancia con il sale, aggiungere l’amido e la Xantana sciolti precedentemente con un pò di succo freddo e, sempre cuocendo, mescolare bene con una frusta. Far raffreddare e successivamente, facendo attenzione a filtrare bene con un colino fino, mettere il liquido in un sifone da 500 ml, caricare con la bomboletta e conservare in frigo. Per la maio all’arancia: frullare tutti gli ingredienti con un minipimer e aggiungere l’olio a filo. In una padella tostare le scaglie di mandorle a fiamma viva per qualche secondo; fare attenzione a non bruciarle. Al momento di servire, prendere i carciofi e saltarli in padella 1 minuto per lato con un filo di olio evo e un pizzico di sale. Formare con il sifone una base di spuma sul fondo del piatto e porvi sopra i carciofi; dosare la maionese in qualche goccia qua e là, completare con una manciata di mandorle, qualche fogliolina di prezzemolo o altro e un filo di olio evo.

© Roberto Casasola

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Lorenzo Ferrari Direttore Marketing di RistoratoreTop a cura di

QUANDO LA RISTORAZIONE NON COINCIDE CON LA CUCINA È un dato di fatto sotto gli occhi di tutti: di questi tempi i riflettori sono tutti puntati sul settore della Ristorazione. Parte della colpa - o del merito? - è dei cuochi italiani. Stellati o non stellati, famosi e meno famosi, bravi oppure incompetenti, di questi tempi spendono più tempo davanti alla telecamera rispetto a quello speso dietro i fornelli. Prima che il lettore lo sottolinei, vuole farlo chi scrive: quella appena fatta è una semplice constatazione, perché chi scrive crede che gli chef-superstar rappresentino un bene. Chi scrive non riempie le fila di quelli che vogliono i cuochi dietro alle stufe, a spadellare, spignattare e sfilettare finché morte non li separi dai loro affilati coltelli. Anzi, questa esposizione mediatica rappresenta un beneficio per i cuochi stessi: è giusto che portino la loro professionalità e la loro personalità al grande pubblico e che sia il pubblico stesso a giudicarli. Ma non solo. Infatti, io credo che più si parla di cibo, più si parla di prodotto, più si parla di qualità e meglio è per il consumatore finale, che può acculturarsi riguardo al nostro settore, farsi un’opinione più accurata e aprire la mente verso orizzonti che fino all’altro ieri nemmeno si sarebbe sognato di prendere in considerazione. Tuttavia, dobbiamo guardare l’altra faccia della medaglia. Infatti, se è vero che i riflettori puntati sul nostro settore da un lato stanno contribuendo ad un miglioramento dello stesso, è altrettanto vero che dall’altro stanno facendo passare dei messaggi sbagliati, fuorvianti e lontanissimi dall’essere corretti. Il principale, e più pericoloso, a mio avviso, è che la Ristorazione coincida con la Cucina. Questo messaggio non è esplicito, ma è esattamente ciò che passa. Del resto, in tutti i programmi televisivi che affollano il palinsesto si propongono gli stessi stereotipi di sempre: lo chef urlante che si infuria con i concorrenti quando non assaggiano ciò che stanno cucinando, il rifacimento del menu come unica leva di rilancio dell’attività, la lavorazione delle materie prime e la loro trasformazione in deliziosi manicaretti ecc. ecc. Insomma, il 90% delle scene sono girate in cucina, riguardano il prodotto e sono impersonate da cuochi. Ma, come ribadito più volte in questo spazio, non è così che stanno le cose. Infatti la Cucina sta al Cuoco come la Ristorazione sta all’Imprenditore. Un Ristorante non è una cucina. Ma un’azienda. Un ristorante è un organismo complesso composto da decine di professionalità, unità e reparti che cooperano tra loro per soddisfare i clienti e - diciamolo senza vergogna alcuna - le tasche del Ristoratore.

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Tra le tante professionalità, unità e reparti che contribuiscono al successo di un ristorante, c’è anche la cucina. Ma quando si parla di ristorazione, quando si parla di quel sistema complesso, variegato e stratificato che prende il nome di Ristorante, allora si deve distinguere tra le due figure, tra la figura del ristoratore e quella del cuoco. Il ristoratore è l’imprenditore. Colui che detiene la visione - cioè è sempre in grado di aggiustare la rotta e indirizzare la barca in base a dove crede sia meglio dirigerla - e il controllo dei numeri attraverso dei KPI -cioè degli Indicatori di Performance - che egli stesso sceglie. Si pensi al confronto tra Food Cost preventivo (quello che si ipotizza si realizzerà) e il Food Cost Consuntivo (quello che si è effettivamente speso in materia prima). È un dato importante, fondamentale, che DEVE essere controllato dal ristoratore prima di ogni altro. Il cuoco, quando intendiamo “chef”, cioè la figura in comando della cucina, non è solamente l’incaricato della “qualità” o del “far bene da mangiare”. Questa è una definizione parziale, persino sminuente. Chi si occupa di cucina è ben di più. Si deve occupare in primo luogo di ideare ricette e menu COERENTI con l’identità del locale a cui fa capo - in questo senso, si pensi ad un buonissimo e golosissimo piatto di linguine allo scoglio: sarebbero perfette per un ristorante di pesce, ma totalmente fuori luogo in una steakhouse TexMex; in questo senso le ricette devono essere “coerenti” con il locale in cui vengono servite. Ma soprattutto si occupa di organizzarle e gestirle. Una ricetta “buona” è soltanto un decimo di ciò che dovrebbero essere. Perché a latere serve che quel piatto sia standardizzato, partendo dagli acquisti della materia prima fino alla produzione, sia ricettato, dal food cost, alle grammature, agli scarti e sfridi, sia ingegnerizzato, cioè sia possibile farlo realizzarlo senza la presenza di colui che lo ha ideato, magari in altri punti vendita. E poi sia profittevole, ma questo si fa coinvolgendo tante altre figure. Poi, vogliamo parlare di passione, estro e genio? Ben vengano, davvero, ma dopo tutto quanto detto. È bene prima di ogni altra cosa imparare le regole e le basi, poi, e solo poi, è possibile prendersi la liberta, che appartiene solo ai migliori, di trasgredirle e di fare le magie. Purtroppo i tanti programmi televisivi e i riflettori mediatici puntati sui ristoranti hanno confuso le idee di molti, pensando che un organismo complesso e variegato come il ristorante possa essere ridotto all’impiattare in modo contemporaneo, ad usare il sifone o sfoggiare una foltissima barba d’ordinanza. Non è così. La cucina, come la ristorazione, è ben altro.




Buon compleanno Madia!

Rino Mini, Presidente Gruppo Galvanina S.p.A.


Antonietta Mazzeo Tecnico ed Esperto degli Oli d’Oliva Vergini ed Extravergini a cura di

L’OLIO EXTRAVERGINE

COSMETICO NATURALE E OTTIMO ALLEATO DELLA TINTARELLA ESTIVA! L’Olio Extravergine di oliva è alla base della cultura e della bellezza popolare. Prezioso e prelibato in cucina, le proprietà salutistiche cosmetiche di questo alimento sono ben note all’uomo fin dall’antichità: veniva considerato prima di tutto un elisir di bellezza. In virtù delle sue proprietà antiossidanti è ancora oggi identificato come il migliore, per i suoi benefici, tra gli oli vegetali. I benefici non si fermano alla salute interiore del nostro corpo, ma si estendono anche a quella esteriore. L’olio d’oliva è, infatti, ampiamente impiegato in cosmetica per donare nuova linfa a pelle, capelli e unghie. Date le sue notevoli capacità idratanti, protettive ed emollienti, l’olio mantiene la pelle elastica grazie agli antiossidanti naturali come i polifenoli e la vitamina E, si contrappone alla formazione di smagliature e macchie epidermiche, facilita il rinnovamento cellulare rendendo la pelle più morbida e migliorandone l’aspetto; può essere utilizzato per il trattamento della pelle irritata o che presenta screpolature, per la cura delle labbra, delle mani, per idratare la pelle secca e matura o in caso di pelle sensibile con eczema, psoriasi, herpes, sulla pelle dei neonati e durante la gravidanza. L’olio d’oliva è uno dei più ricchi di acido oleico (circa il 62%), il più abbondante tra gli acidi grassi monoinsaturi presenti nel nostro corpo, con grandi proprietà nutrienti ed emollienti per la pelle. Oltre all’acido oleico, l’olio d’oliva contiene circa il 15% di acido linoleico, il 15% di acido palmitico e il 2% di acido stearico. Contiene inoltre una frazione insaponificabile che va dall’1 al 2 % e che fornisce a questo olio una significativa concentrazione di ingredienti attivi antiossidanti tra cui: composti fenolici, clorofilla, Vitamina E, fitosteroli con azione riparatoria e antinfiammatoria e squalene. Nel corso del tempo gran parte delle popolazioni del Mediterraneo lo hanno impiegato all’infuori della dimensione prettamente culinaria, sin dai Fenici, che lo consideravano talmente prezioso

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da appellarlo come “oro liquido”, utilizzandolo come trattamento di bellezza. Gli antichi egizi - una delle civiltà più all’avanguardia rispetto ai tempi - ne traevano grande beneficio. Cleopatra, la Regina fra le regine, cultrice della cosmesi, impiegava preparati a base di olio d’oliva ed essenze su corpo, capelli e viso per esaltare la sua mitica bellezza. L’olivo era il più importante simbolo e prodotto della cultura greca; primariamente utilizzato per la pulizia e la cura del corpo, gli atleti dell’antica Grecia lo adoperavano (quasi come moderni membri di uno staff tecnico) per massaggi e frizioni localizzate a temprare e scaldare i muscoli. L’olio di oliva applicato sul viso, insieme alla biacca di Rodi, copriva di bianco il volto delle donne, come simbolo di nobiltà, era inoltre indispensabile per ottenere la tipica acconciatura femminile greca. Anche per i romani l’olio di oliva era l’ingrediente base in cosmesi, a cui riconoscevano un ruolo importantissimo nella cura della pelle, era impiegato sul viso come “antirughe” o sui capelli come lozione rinforzante e, dopo il bagno, lo applicavano sulla pelle: miscelandolo ad essenze. Il contenuto di squalene (un idrocarburo particolarmente utile per nutrire e rigenerare la pelle) lo contraddistinguono dagli altri oli. Contrasta l’invecchiamento delle cellule causato dai radicali liberi, dagli agenti atmosferici e dai raggi UV, a cui spesso la nostra pelle è sottoposta. L’olio d’oliva può essere applicato puro o miscelato con altri oli o oli essenziali: ad esempio con qualche goccia di olio essenziale di lavanda, si rafforza l’azione riparatrice dell’olio d’oliva nel caso di pelle screpolata. Una buona maschera antirughe per pelli impure si ottiene mescolando l’olio con un cucchiaio di argilla in polvere e una goccia di olio essenziale di lavanda. Spalmare il composto ottenuto su tutto il viso ad eccezione del contorno occhi e sciacquare via con acqua tiepida dopo circa dieci minuti di posa. Un semplice olio lenitivo doposole può essere preparato


mescolando 30 millilitri di olio extravergine d’oliva con 20 millilitri di cera liquida di Jojoba e 50 gocce di olio essenziale di lavanda. Per un effetto antirughe massaggiate il viso con qualche goccia di olio extravergine d’oliva puro, per favorire una azione ringiovanente è possibile invece utilizzarlo come base di uno scrub viso e corpo delicato: tre cucchiai di olio d’oliva extravergine con cinque cucchiai di farina di cocco, tre di olio di girasole e un cucchiaino di zucchero di canna. Mescolando l’olio ad un cucchiaino di succo di limone appena spremuto, è possibile creare un’emulsione che aiuta a prevenire l’invecchiamento della pelle delle mani e la formazione di macchie scure tipiche dell’avanzamento dell’età, rinforza le unghie, che risulteranno più resistenti. Le sue virtù benefiche e protettive non si limitano alla pelle ma si estendono anche ai nostri capelli, nutre protegge il colore e la brillantezza, lenisce il cuoio capelluto, rendendoli più forti e sani, ha infatti un portentoso effetto anti-crespo: gli impacchi di olio di oliva puro o in aggiunta al balsamo abituale rilasciano componenti antiossidanti, emollienti e nutrienti che vengono assorbiti dal nostro corpo e messi in circolo, donando giovamento a tutto il fisico. “Un impacco lenitivo per il cuoio capelluto si prepara mescolando due cucchiai di olio extravergine di oliva con quattro cucchiai di burro di karité precedentemente sciolto a bagnomaria e aggiungendo al composto intiepidito, cinquanta gocce di olio essenziale di cipresso”. L’olio di oliva è ottimo per abbronzarsi sia “dall’interno”, partendo dall’alimentazione sia “all’esterno” usandolo come vera e propria lozione solare da spalmare sulla cute. L’abbronzatura perfetta comincia a tavola con l’olio di oliva. Condire verdure e alimenti con l’olio d’oliva extravergine, favorisce l’assorbimento

del beta-carotene, un nutriente che aiuta ad avere una sana e duratura abbronzatura, stimolando la produzione di melanina. Il beta-carotene, un antiossidante naturale presente in alimenti come frutta e verdura di colore arancio e rosso, è un precursore della vitamina A, una vitamina liposolubile, ovvero, una vitamina il cui assorbimento è reso possibile e potenziato grazie alla presenza di sostanze lipidiche, cioè grasse, come l’olio d’oliva; per questa ragione, al fine di aumentare l’assorbimento di betacarotene, sarebbe ottimale condire verdure e alimenti ricchi di beta-carotene con olio d’oliva, possibilmente a crudo. L’Olio Extravergine di Oliva è un’ottima lozione solare, i suoi minerali garantiscono notevoli proprietà idratanti che rendono la pelle non solo liscia, ma anche morbida e luminosa. Ma con il sole non bisogna mai scherzare: prima di utilizzare l’olio come abbronzante vanno attuate tutte le dovute precauzioni e bisogna osservare alcune raccomandazioni; per evitare le scottature, la prima cosa da fare è valutare la propria tipologia di carnagione. Se si è di carnagione scura, dopo le prime esposizioni con crema solare protettiva adatta alla propria pelle, si può utilizzare l’olio come abbronzante per accelerare l’abbronzatura; Se si è di carnagione chiara, è raccomandabile utilizzare l’olio solo dopo le prime graduali esposizioni con crema solare protettiva ad alta gradazione: non si rischia così di scottarsi e l’abbronzatura risulterà perfetta. Non è consigliabile l’utilizzo dell’olio extravergine di oliva per chi ha la pelle grassa, a tendenza acneica o con l’acne: l’olio potrebbe peggiorare lo stato di salute della pelle. Le proprietà e i benefici dell’olio extravergine d’oliva sono davvero molteplici: in un mondo nel quale sempre più spesso ci si dimentica come i prodotti semplici e genuini siano i migliori, “l’Oro Verde” ce lo ricorda ogni giorno grazie alla sua bontà e ricchezza.




Golavagando

AL RISTORANTE

FRANCO MARE LA CUCINA DELLO CHEF ALESSANDRO FERRARINI E’ nel cuore della Versilia, rinomata zona turistica per le bellezze naturali, culturali ed artistiche del territorio circostante, che da oltre un decennio la famiglia Stefanini accoglie i propri ospiti lungo la passeggiata del Lungomare Roma fra le realtà ricettive più rinomate di Pietrasanta. Era il 2005 quando la famiglia intraprese l’avventura come operatrice balneare, Bagno Franco Mare, ma sono i figli Davide e Nicola Stefanini che nel 2010 hanno sviluppato l’attività realizzando il ristorante gourmet “Franco Mare” (aperto a cena) ed il Bistrot “il Corallo” by Franco Mare (aperto a pranzo), due realtà ristorative ben distinte per tipologia di cucina, ma che hanno in comune lo stesso ambiente e, soprattutto, il lavoro dello chef Alessandro Ferrarini. E’ col calar della sera, con l’attenuarsi delle luci e con lo spegnersi del giorno che lo scintillio del mare lascia spazio all’eleganza della sala che, così come il personale, cambia mise, ed in cucina la materia prima, sempre scelta fra le migliori e secondo la stagione, viene lavorata in maniera più sofisticata

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e meticolosa, per regalare agli ospiti un’esperienza gastronomica da ricordare. Il viaggio di Alessandro inizia a Varese: 1983 il suo anno di nascita, l’alberghiero “De Filippi” l’istituto nel quale consegue il diploma, i ristoranti cittadini il palcoscenico delle prime esperienze. Nel 2002 inizia a lavorare come capo partita nella cucina del Ristorante Stellato Schuman di Ispra a servizio dello chef Silvio Battistoni, passando poi a Forte dei Marmi dal maestro Gioacchino Pontrelli dello storico Ristorante Lorenzo. Altri due passaggi importanti nel percorso professionale di Alessandro sono l’apertura del prestigioso Grand Hotel Imperiale di Forte dei Marmi e il ristorante il Quirinale di Ginevra gestito dalla famiglia Reale Savoia con la carica di sous chef. L’ingresso di Ferrarini al Franco Mare avviene come sous chef nel 2017. E’ grazie all’intraprendenza, alla buona costruzione di rapporti con i componenti della cucina e alle capacità organizzative, che nel marzo del 2019 i fratelli Stefanini


RISTORANTE COHO25

Viale Mazzini 25/27 R - Firenze - Tel. 055 269 34 53

affidano la cucina nelle mani del giovane chef. Questa nuova sfida con un rinnovato entusiasmo, la passione verso la ricerca dei dettagli, l’interesse nella tradizione così come la sua evoluzione, e sopra ogni cosa la volontà di esprimersi finalmente in prima persona e mostrare le proprie capacità oggi muovono la mano dello chef verso una cucina di gusto e di sperimentazione, di territorio e di contaminazione. Una carta costruita da ingredienti riconoscibili ed apparentemente semplici, ricchi però di dettagli, dove sapore e tecnica giocano un ruolo fondamentale che vuole emozionare e farsi ricordare. A disposizione per l’ospite una carta composta da due percorsi “Classica” da 6 e “Contemporanea” da 8 portate, oltre la possibilità di scegliere alla carta che prevede piatti di carne, pesce e vegetariani.

NAPOLI A FIRENZE

RISTORANTE COHO25 di

Cristina Vannuzzi - foto di Jessica Ferraro

Coho 25 (l’ “h” del nome sostituisce la “c” aspirata dei fiorentini) in Viale Mazzini, una delle strade più chic di Firenze, offre l’occasione di incontrare Napoli e la sua gente, tanto è stata la bravura del proprietario Nicola, architetto napoletano, e della moglie Angela, storica dell’arte e napoletana anche lei: entrando, si percepisce il profumo di una delle cucine più ricche e saporite del mondo! Elegante, luci soffuse con pareti dai morbidi colori pastello che si armonizzano con i colori dei quadri della Pop Art... ecco il mood del locale. E poi le ricette segrete dei proprietari, quelle antiche partenopee delle famiglie storiche, quelle soprattutto dei piatti di pesce, la pasta e i dolci simbolo della tradizione campana: la pastiera, il babà, zeppole e casatielli, spaghetti, maccheroni, cannelloni, lasagne, ragù, caprese e olio d’oliva…

ORECCHIETTE AL NERO DI SEPPIA INGREDIENTI per 4 persone

g. 500 di semola “rimacinata”, cl. 300 di acqua, g. 15 di nero di seppia.

Per il condimento: 1 scalogno, 10 calamaretti, vino RISTORANTE FRANCO MARE aperto a cena dalle 20 alle 23

Bistrot “il Corallo” by Franco Mare aperto a pranzo dalle 12.30 alle 15 Via Lungomare Roma, 41

55045 Marina di Pietrasanta (LU) Tel: 0584 20187

www.ristorantefrancomare.com info@ristorantefrancomare.com

bianco, prezzemolo fresco, sale q.b. PROCEDIMENTO

Preparare l’impasto e lasciarlo riposare mezz’ora; formare degli gnocchetti che verranno “stirati” a orecchietta. Mettere l’acqua a bollire, intanto appas-

sire lo scalogno in olio, aggiungere calamari tagliati a julienne, alzare la fiamma sfumando con il vino, unire le orecchiette e servirle con caviale rosso, prezzemolo fresco e una cialda al nero di seppia.

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Golavagando fotoservizio di

Claudio Mollo

A POSITANO

LE AGAVI E LA CUCINA DI LUIGI TRAMONTANO Nel cuore della Costiera Amalfitana, Le Agavi è il primo hotel che s’incontra appena si arriva a Positano. Più che un hotel, un piccolo paese, è proprio il caso di dire, incastonato in uno dei promontori più belli della costiera, che dal mare si innalza quasi fino alle nuvole. Il panorama si fonde con la bellezza di questo cinque stelle e la sua particolare struttura è a terrazzamenti sui quali sono disposte le varie suite, tutte realizzate con arredi moderni e luminosi e dotate di ogni confort. Si raggiungono attraverso una funicolare che dalla reception scende per 300 metri di dislivello, quasi fino al mare, accompagnando i clienti nei rispettivi alloggi. Nel nucleo principale, situato in alto, si trovano la reception, un primo nucleo di camere e i saloni principali, compreso il ristorante. In questi ambienti, mobili moderni si combinano con gusto ad arredi di epoca ottocentesca. Tra il fascino e la singolarità di una simile struttura non poteva mancare una cucina di classe, frutto di grande creatività ed estro che lo chef, Luigi Tramontano, traduce quotidianamente in piatti ricchi di colori e sapori mediterranei. All’interno, il ristorante gourmet “La Serra”, con il suo numeroso staff: 18 collaboratori in cucina e altre 15 persone che si occupano della sala nei loro diversi

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LeAgavi

NASTRINE ALLE ALGHE RICCI DI MARE, TARTUFI, ERBA CIPOLLINA E POMODORI CONFIT INGREDIENTI

Per la pasta fresca: g. 800 di semola rimacinata, g. 200 di farina 00, g. 700-800 di tuorli d’uovo, g. 50 di olio extravergine (facoltativo), 1 pizzico di sale, g. 300 di alghe di mare.

Versare la semola e la farina nella planetaria aggiungervi il sale; cominciare ad impastare. Pian piano aggiungervi i tuorli, lasciare rapprende-

rer dopodiché lavorare la pasta alla sfogliatrice in modo da ottenere un pasta liscia (in questo caso abbiamo bisogno di una pasta molto

asciutta poiché aggiungiamo le alghe dissalate, scolate bene e tritate).

Di nuovo lavorare la pasta alla sfogliatrice in modo che le alghe e la pasta diventino tutt’uno. Dopo aver fatto riposare la pasta, stenderla

con la sfogliatrice ad un spessore di 0,5 cm. Ottenere della sfoglie dei

cannelloni da stendere sulla chitarra in modo da ricavarne dei tagliolini e formare dei nidi.

Per la salsa di ricci di mare: g. 250 di polpa di ricci di mare, g. 100 di olio extravergine, g. 20-30 di succo di limone, g. 300 di tartufi aperti

e sgusciati, g. 100 di pomodori confit (vedi ricetta), brodo di pesce, acqua dei tartufi q.b., erba cipollina tritata sottilmente, cimette per decorazione.

ruoli, per un massino di 35-40 coperti. Luigi è artefice di una cucina che non tradisce le sue origini e le esperienze fatte a fianco di grandi nomi. Una grande cucina d’autore, pensata e realizzata da “un ragazzo che tenta di fare lo chef”, come lui ama definirsi. Originario di Gragnano e figlio d’arte, come scuola sceglie l’alberghiero di Vico Equense e in più, durante l’estate, inizia a lavorare nel locale di famiglia e in altri locali della zona. Terminati gli studi, il Quisisana di Capri segna il vero avvio della carriera di Luigi, al fianco di Nazareno Menghini, al quale si affeziona particolarmente seguendolo poi anche al De Russie di Roma. Felicemente avviato ad una appagante carriera di chef, due anni dopo decide di tornare in costiera e riesce a realizzare un altro grande sogno, quello che forse a quel tempo, tutti i giovani chef della Campania avrebbero voluto raggiungere: andare a lavorare nel famoso ristorante Don Alfonso 1860, a Sant’Agata sui Due Golfi, il primo grande ristorante di pregio, che in quel periodo sovrastava qualsiasi altro nome della ristorazione del sud Italia.

Mescolare la polpa con olio e succo di limone finché non diventa una salsa omogenea. Al momento del servizio fare un piccolo soffritto con

olio e aglio, bagnare con l’acqua dei tartufi, togliere dal fuoco e aggiungere la salsa di ricci di mare, i pomodori, l’erba cipollina tritata e i

tartufi. Mantecare il tutto con i tagliolini, disporre nel piatto e decorare con le cimette di erba cipollina.

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DENTICE AFFUMICATO AL TABACCO CON SPUGNA DI PAN BRIOCHÈ SALATO ALLA CANNELLA, SALSA DI YOGURT DI BUFALA E ANETO INGREDIENTI

sto nel sifone e caricare con due capsule

dentice sfilettato, g. 50 di sale grosso,

Lasciar riposare in frigo per circa 3 ore.

Per la marinatura del dentice: kg. 1 di g. 60 di sale affumicato, g. 105 di zucche-

ro di canna, scorze di limone e d’arancia, stecca di cannella, anice stellato, bacche di ginepro, aneto e menta, finocchietto selvatico pestato.

Lasciar marinare per 12-18 ore in frigorifero il dentice ben coperto dal composto

(dose per sifone da mezzo litro).

Prendere dei bicchieri di plastica.

Praticare tre piccoli tagli all’estremità inferiore seguendo il disegno in alto.

Riempire i bicchieri con il composto fino alla metà e cuocerli nel microonde, capovolti e riposti su un foglio di carta forno, per 40 secondi a 900w.

della marinatura. Trascorso tale tempo,

Per il caviale di cantalupo: formare con

rire almeno per un giorno prima di utiliz-

melone messe in uno sciroppo leggero

mettere i filetti sottovuoto e lasciar insapozarli. Al momento del servizio tagliare dei

veli sottili e batteteli con il batticarne. Per

un scavino molto piccolo tante perle di con liquore di melone.

l’affumicatura istantanea, bruciare i trucioli

Per la salsa di yogurt di bufala e aneto:

fumo nella campana apposita. Servire.

montata, g. 20 di succo di limone, sale,

di faggio con l’affumicatore ed inserire il

Per la gelatina di lamponi: g. 300 di lam-

g. 100 di yogurt di bufala, g. 50 di panna pepe e aneto tritato.

poni congelati, g. 250 di sciroppo (g. 100

Per il servizio: adagiare la gelatina di lam-

di agar agar.

misticanza piccolina e germogli, condita

di zucchero, g. 300 acqua a 85°C), g. 2,8

Intiepidire lo sciroppo con i lamponi congelati, frullarli e filtrare il composto. Aggiungere l’agar-agar e portare ad ebollizione. Eliminare la schiuma che si forma e colare nell’apposito stampo.

Per la spugna di pan

briochè salato alla cannel-

la: g. 105 di farina di mandorle,

g. 60 di zucchero, 3 uova, g. 25 di

farina (sifone da l. 0,5, 2 ricariche da sifone).

PREPARAZIONE

Frullare insieme gli ingredienti fino ad ottenere una crema liscia. Versare il compo-

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pone coppata nel piatto. Sistemare della con citronette. Aggiungere i conetti di

dentice affumicato, salsare con la salsa di yogurt e la spugna alla cannella. Guarnire con zeste d’arancia candita.

Rimane al Don Alfonso per 5 anni, arrivando ad essere secondo di cucina, poi una piccola parentesi al Relais Blu, di Massa Lubrense e un successivo passaggio a Villa Cimbrone a Ravello, dove, a sorpresa, soltanto due mesi dopo il suo ingresso, il locale riceve la prima “Stella Michelin”. Lascia Villa Cimbrone e si sposta al Grand Hotel Excelsior Vittoria di Sorrento. Fortunatamente la stella Michelin lo segue quasi subito e per i successivi quattro anni Luigi miete un successo dopo l’altro. Nel 2017, con un altro salto di qualità, decide di lasciare Sorrento per passare all’Hotel Le Agavi di Positano, dove tutt’ora dirige con successo, sia il ristorante gourmet che il “Remme se”, altro ristorante dell’hotel, conosciuto per la sua


LeAgavi

Da Le Agavi, vero e proprio gioiello di accoglienza, si possono raggiungere in breve tempo altri centri abitati, situati nel meraviglioso territorio della Costiera Amalfitana, riconosciuto patrimonio mondiale dell’Unesco, dove ogni paese è un mondo a sé, ogni scoglio ha una tradizione da tramandare e non c’è bottega uguale all’altra. Paesaggi, tradizioni e stili di vita, unici; come la cucina di Luigi Tramontano.

HOTEL LE AGAVI

Via G. Marconi - Positano (SA) Tel. 089 875733 www.leagavi.it

cucina della tradizione napoletana e della costiera Sorrentina e Amalfitana, situato proprio sulla spiaggia, a disposizione degli ospiti che lo possono raggiungere attraverso un’esclusiva discesa a mare, dotata di ascensori privati. Il ristorante è aperto anche alla clientela esterna, costituita da numerosi naviganti e turisti che invece lo raggiungono via mare, in quel punto della costa dove panorama e atmosfera non mancano.

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A SANTARCANGELO DI ROMAGNA

DAI GALLETTI

LA CUCINA ROMAGNOLA AUTENTICA DI GIANMARCO CASADEI

Immaginiamo una ipotetica famiglia Galletti, una famiglia romagnola che viveva proprio di fianco alla Rocca di Santarcangelo. Di loro si sa poco, di certo c’è che quello che ora è il ristorante, una volta era la falegnameria dei Malatesta. Verosimilmente il signor Galletti si occupava di questo, e della signora Galletti si sa che era bravissima in cucina… il profumo dei suoi sughi infatti, delle patate arrosto, e del galletto al mattone, si diffondeva nei giorni di festa lungo tutte le Contrade. Partendo da questa storia - e dal fatto che ci sono piatti della cucina romagnola che hanno in sé una storia importante da raccontare, - è nato Dai Galletti, Premiata Trattoria Romagnola. L’idea alla base è semplice: un buon piatto lascia per molto tempo un ricordo permanente di sensazioni straordinarie. Il desiderio è quindi quello di far vivere alle persone esperienze uniche, a partire dai migliori prodotti che offrono le realtà locali. Lo chef Gianmarco Casadei è giovane, classe 1988, ma da tanti anni lavora nel mondo della ristorazione spinto dal desiderio autentico di far conoscere quella che è la cucina del suo DNA: quella romagnola, con negli occhi quella passione che, come sempre capita in Romagna, gli è stata trasmessa da sua mamma, al cui fianco ha lavorato per anni, attingendo segreti, tecniche collaudate, informazioni preziose. Il menu presenta i piatti tipici della tradizione, compresi quelli un po’ dimenticati e che ora è difficile ritrovare nei ristoranti: dalle polpette al sugo di piselli, alle zucchine ripiene cotte al forno alla maniera di una volta.

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DaiGalletti

Vengono valorizzati i produttori della zona e i prodotti autoctoni come la cipolla dell’Acqua di Santarcangelo, che in pochissimi conoscono: non tutti sanno infatti che i santarcangiolesi erano conosciuti in Romagna come “I Cipolloni”. La cucina è sincera, autentica e generosa, realizzata con mano felicissima e rara sensibilità: i sapori delle materie prime sono rispettati e valorizzati, le cotture sono semplicemente perfette, le presentazioni sono eleganti e attraenti. I primi sono sempre i classici della tradizione, dalle tagliatelle al ragù con ragù e piselli aggiunti a parte (tra le più buone mai assaggiate), alle tagliatelle al piccione, fino ai cappelletti in brodo.

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Due sono I Galletti in carta: alla cacciatora, rosso come vuole la tradizione, e al mattone. Fra i piatti consigliati dalla Famiglia Galletti (che sul menu hanno un galletto dorato a fianco, simbolo del locale, che ne è letteralmente invaso) c’è lo spiedone della Famiglia Galletti, e la gran grigliata di Santarcangelo, con salsiccia, costine e coppa di maiale; fegatello di maiale nella rete e costoletta o braciolina di castrato. Anche i dolci sono quelli classici della tradizione: dalla ciambella agli scroccadenti, al latteruolo romagnolo secondo la ricetta di Artusi, al Margot all’amaretto. DAI GALLETTI

Via della Rocca, 1 - Santarcangelo di Romagna (RN) - Tel. 0541 206591 - www.daigalletti.it

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BUONENUOVE!

Fiordiprimi®, due nuove ricette Fiordiprimi®, la linea di piatti pronti monoporzione surgelati dedicata al canale bar, da ora si arricchisce di due nuove ricette e si rinnova nella grammatura. La prima novità riguarda l’introduzione di una referenza molto amata dalla clientela estera, gli Spaghetti al ragù bolognese, una proposta che Surgital rivolge soprattutto ai locali situati in zone turistiche, oltre che al mercato oltreconfine. Altra golosa new entry è il ripieno dei Ravioli al pomodoro e basilico, un classico sempre molto apprezzato, il cui sugo è da oggi a base di squisiti pomodori datterini 100% italiani, ancora più dolci e prelibati. Nuovo ingrediente, nuovo nome: Ravioli ai pomodori datterini e basilico. Da oggi la grammatura passa dai canonici 300 grammi a porzioni da 350 grammi.

www.surgital.it

Secondo flagship store dei Fratelli la Bufala a Milano-San Babila Dopo Napoli, Fratelli la Bufala sceglie Milano per inaugurare il suo secondo flagship store che ha aperto i battenti in zona San Babila. Una location nel cuore della città, completamente rinnovata coerentemente con il restyling dell’immagine del marchio che sta cambiando volto sia in Italia che all’estero. Con la consueta ironia e leggerezza, Fratelli la Bufala dedica a Milano “Gli alberi delle mozzarelle verticali”, una delle sue bufaland stories: racconti fantastici, sospesi tra mito e realtà di cui sono presenti alcune citazioni sulle pareti dei nuovi flagship store. Fratelli la Bufala San Babila ha in menu una serie di proposte dedicate che riservano particolare attenzione ad una materia prima di altissima qualità, a partire dalla mozzarella di bufala, proveniente da caseifici selezionati in aree di eccellenza come Aversa, Battipaglia e Caserta; la mozzarella di bufala è proposta in ben 6 versioni DOP, una scelta straordinaria e senza precedenti! Assolutamente raccomandata la selezione di salumi e formaggi di bufala da accostare a focaccia calda, miele e composte.

Fratellilabufala.com

Oscar del Gusto: si premia l’eccellenza alimentare

 A rr i va i n I t a l i a l ’ I n te rn a t i o n a l Ta s te Awards, premio per produttori alimentaristi, aperto a qualunque prodotto gastronomico o bevanda di qualità, al di là della scala aziendale. I prodotti saranno sottoposti ad una rigida procedura di valutazione alla cieca che si svolgerà a novembre; premiazioni a gennaio 2020. Iscrizioni aperte fino al ‪30 ottobre 2019.
In Giuria, riunite alcune fra le più importanti Associazioni di Assaggiatori e Degustatori d’Italia, adiuvate da professionisti del settore food, giornalisti e gourmet.
Un’occasione unica per Certifica-

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re la qualità dei propri prodotti, differenziarsi dai competitors e conquistare l’interesse dei clienti, oltre ad ottenere preziose indicazioni su come e dove migliorare il proprio prodotto.
Ai vincitori, Oro, Argento e Bronzo in base ai punteggi dei Giudici; Premio della Giuria per chi avrà ottenuto il punteggio più alto nella propria categoria, ed infine i migliori cinquanta premiati con il Top 50 Award.

www.internationaltasteawards.com



I locali

on

Trésor

Scopriamo insieme quali sono i locali che racchiudono piccoli grandi tesori...

Ogni ristorante, locanda o trattoria, famosa o meno, può vantare il proprio “Mon Trésor”, un personalissimo tesoro fatto di attenzione per i dettagli, cura dei propri ospiti, professionalità in cucina e in sala. Noi abbiamo individuato alcuni di questi “Mon Trésor” e li segnaliamo nelle prossime pagine...

golavagando montresor di

Fabrizio Salce

IL GUSTO DELLA VITA AMORE E PASSIONE IN CUCINA E NELLA VITA

Nella terra dei grandi maestri mobilieri una storia di amore e cucina, sacrifici e passione, coraggio e soddisfazioni. E’ la storia di vita di Elena Picchiotini e Dhian Singh e del loro ristorante “Il Gusto della Vita”: una storia che un tempo si sarebbe scritta con la penna d’oca su preziosa pergamena. Dhian è indiano e a 16 anni ha lascia la famiglia a New Delhi e raggiunge l’Europa in cerca di un futuro migliore. Approda in Germania a Francoforte e dopo vari umili lavori entra nella cucina di un ristorante italiano di proprietà di una famiglia campana. Lava i piatti tutti i giorni, ma

ha voglia di lavorare e di imparare; è un attento osservatore e alla prima occasione che si presenta per fare un salto in avanti non si tira indietro. C’è un’emergenza ai fornelli, lo chef ha un battibecco con la proprietà e molla il tutto, i clienti attendono le loro ordinazioni, Dhian si propone, ha l’ok della proprietà, si butta ai fornelli e per lui ha inizio una nuova vita. A Francoforte in quello stesso periodo c’è anche una giovane italiana che studia lingue e alla sera lavora per non gravare troppo economicamente sulla famiglia. Si chiama Elena e arriva da Seregno non lontano da Milano. Il lavoro al ristorante è davvero tanto sia per il personale di cucina


Il Mon Tresor è... IL PIATTO IDENTITARIO Voglio consigliarvi di tutto cuore di assaggiare i paccheri di Gragnano al pesto di pistacchio e gamberi di Mazara: piatto strepitoso che Dhian prepara ormai da tempo e che credo non smetterà in futuro perché se lo assaggi ne rimani entusiasta. Il piatto è di solito abbinato al Müller Thurgau di Wallenburg.

che per quello di sala, ma c’è il tempo anche per innamorarsi e accendere la luce di una favola che si trasformerà in una meravigliosa storia di vita. Elena deve rientrare in Italia e Dhian la segue, accetta anche nel nostro paese lavori umili e mal pagati ma non perde mai la speranza di tornare presto ancora a cucinare come piace a lui. La fortuna lo abbraccia e arriva la possibilità di lavorare all’Hotel de la Ville di Monza. Passano alcuni anni, fino al 2003, l’anno in cui con Elena decide di compiere un altro salto: si mette, anzi si mettono in proprio, Elena fino a quel momento era impiegata presso una azienda. Da quel momento ancora tanto lavoro, sacrifici e buona volontà a iosa. E così che è nato “Il Gusto della Vita” prima con sede a Monza e ora dal dicembre 2018 a Meda non lontano dal centro storico cittadino. E’ un ristorante dalla location moderna, semplice ma decisamente elegante, curato nei dettagli, luminoso e accogliente. La cucina di Dhian è fondamentalmente una cucina a base di pesce, salvo per qualche

eccezione come l’anatra, è raffinata e di alta qualità. Il pesce arriva tutti i giorni e la scelta delle materie prime è attenta e severa. Elena negli anni, oltre ad essere diventata moglie dello chef e mamma di una bimba e di un bimbo, è diventata una brava sommelier, cura la cantina e propone i giusti vini ai clienti in abbinamento ai piatti di Dhian. La carta dei vini è interessante con ottime proposte da varie regioni d’Italia sia per i rossi che per i bianchi. Tra gli antipasti delizioso è il carpaccio di capesante con la cipolla di Tropea candita, succo d’ananas ed erbe aromatiche da abbinare al Millesimato Brut Montresor 2015. Un primo piatto molto piacevole è il risotto Carnaroli riserva al profumo di limone impreziosito dalla zuppetta di pesce (crostacei e molluschi). Per questa creazione dello chef Elena propone in abbinamento il Sauvignon Blanc Fumé delle cantine Wallenburg. Per secondo vi segnalo il delicatissimo dentice servito con purè di carote, fave e pomodoro confit. Anche per questo piatto possiamo conti-

nuare con il Sauvignon Blanc Fumé. Non c’è che dire, il nostro chef che arriva dalla magica terra indiana, dove i colori, gli odori, la spiritualità sono ingredienti unici al mondo, in Europa ha realizzato il suo sogno di uomo e di chef, di padre e di lavoratore. Dhian è bravo e sono certo che la sua ricerca verso una cucina sempre più godibile non finirà mai. Ottimi anche i pani che escono dal suo forno: dal classico bocconcino al pane al nero di seppia, dall’integrale a quello con i cereali. Un semifreddo con croccantino arricchito da una salsa di lamponi, gelatina di zenzero e granita alla tonica completa un pranzo di ottimo livello. “Il Gusto della Vita” è il ristorante per il pranzo di lavoro, per una pausa più veloce, per una serata in tutta calma o una ricorrenza importante. E’ il ristorante che si fa ricordare per la buona cucina, la competenza e la gentilezza delle persone.

IL GUSTO DELLA VITA

Corso Matteotti, 103 - Meda (MB) Tel. 0362 173 1008

www.ilgustodellavita.it Coperti 30

Chiusura domenica sera e lunedì tutto il giorno

Menu degustazione 40 euro 4 portate 45 euro 5 portate bevande escluse Lunch Menu:

primo, secondo, coperto, acqua - 18 euro

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golavagando montresor di

Claudio Mollo

A SAN VINCENZO

LA TUGA

PROPONE UNA CUCINA DI MARE TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE Da bambino, il negozio storico di famiglia, di prodotti alimentari di qualità; in seguito gli studi fatti per navigare intorno al mondo e poi la grande passione per la cucina che, in poco tempo, ha decisamente la meglio sul resto. Approfittando della necessità del suocero - titolare di un ristorante a San Vincenzo dal 1988 - di trovare qualcuno fidato che si occupasse della cucina, fatte le valige, si trasferisce con la moglie Marta sul litorale livornese e inizia a frequentare attivamente le cucine di famiglia, prendendo in poco tempo le redini gastronomiche del locale. Dopo un proficuo e positivo periodo nelle cucine del suocero, la decisione di aprire un proprio locale e la scelta ricade su una struttura posizionata strategicamente molto bene, con vista su parte del porto turistico di San Vincenzo. Un locale che un tempo aveva ospitato un nome noto della ristorazione litoranea toscana, La Bitta, secondo solo al famoso Gambero Rosso. La Tuga rinasce così da queste ceneri, spinta dalla passione e dall’amore verso la buona cucina, con grossi impegni personali da parte di Nicola e Marta, compreso un discreto esborso economico per rilanciare questa struttura, lasciata abbandonata dalla vecchia gestione, ormai da

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Trésor diversi anni. Nell’Aprile del 2017 La Tuga - nome proviene da una parte della barca a vela, scelto per dare continuità a quello precedente, facente parte anch’esso del gergo marinaro - apre i battenti al pubblico. I tanti contatti con nomi noti della cucina Toscana e i corsi fatti per entrare sempre più nel merito di una cucina di mare di un certo pregio, fanno partire subito a gonfie vele La Tuga, oggi molto conosciuta e in costante sviluppo, con la sua cucina prettamente di mare, i suoi ambienti tutti in legno e vetro, moderni e piacevolmente accoglienti. La cucina è tutta opera di Nicola, mentre la sala e il coordinamento generale spettano a Marta. Le materie prime, in particolar modo il pesce, arrivano da Livorno, dall’Argentario e dalle campagne circostanti che offrono allevamenti, ortaggi e frutta. La freschezza è la parola d’ordine, e il menu cambia ad ogni stagione. Sempre presenti, però, anche tante proposte del giorno. Andando controtendenza rispetto ai ritmi dei locali affacciati sul mare, La Tuga di San Vincenzo è aperta tutto l’anno, sia a pranzo che a cena. Semplicità e qualità, per una cucina che sta perfettamente a metà tra tradizione e innovazione cercando di evitare, nei piatti, luoghi comuni.

Discreta anche la carta dei vini, quasi tutti locali, con circa 200 etichette tra le più rappresentative delle vicine DOC: Bolgheri, Montescudaio e Val di Cornia. Prevalentemente bianchi, vista la tipologia di cucina, ma sono presenti anche diverse pennellate di rosso, di tutto rispetto. Da Pasqua parte il periodo lavorativo più importante dell’anno e continua fino ad ottobre, ma anche nel resto dell’anno i clienti non mancano. RISTORANTE LA TUGA Via Trento, 2

57027 San Vincenzo (LI) Tel. 0565 1796040

Il Mon Tresor è... IL LOCALE SUL MARE XXXXXX

È rappresentato sicuramente dalla location, dotata di un suggestivo panorama. Sia i 35 coperti interni, comodamente disposti, che i 20 disponibili nel dehors esterno, offrono la possibilità di mangiare con vista su barche e mare, offrendo cene colorate dalle bellissime luci dei tramonti, di uno dei più bei tratti di litorale della parte più a sud della provincia di Livorno. Una sosta più che opportuna per assaggiare un’ottima cucina di mare.

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golavagando montresor

LA VECCHIA MOLA PERPETUA LA VERA TRADIZIONE ROMANA di Jerry

Bortolan

Ci sono ristoranti dove si va per assaggiare e imparare cose nuove e ci sono ristoranti dove si va solo per stare bene, per lasciarci dietro pensieri e problemi, spinti dalla voglia di passare un paio d’ore piacevoli a “coté” di una tavola imbandita con piatti gustosi. A circa 25 km dal centro di Roma, verso nord percorrendo la Cassia, si entra nel borgo medievale di Cesano di Roma, la terra degli Etruschi. In Piazza Francesco Caraffa, in pieno centro storico, si affacciano le porte de La Vecchia Mola - un solido e piacevole ristorante per il suo format “old style” di trattoria tradizionale - dove non si viene per scoprire i nuovi orizzonti della cucina, ma per ripercorrere un viaggio sentimentale dei ricordi di una cucina senza tempo: quella romana. Non inventiamo aggettivi per lodare la bontà di questi piatti: chi sa leggere un menu capisce subito che le proposte confermano l’essenzialità e la filosofia che si fondono solo con prodotti di qualità. A realizzare questa cucina ci ha pensato Damiano, il patron che controlla e guida la sala ma, quando serve, anche “souf chef” di Elena, la cuoca. Insomma, una cucina a quattro mani da dove, a rotazione e senza soluzione di continuità, escono leccornie per palati che praticano la vera tradizione romana e laziale. I fagioli con le cotiche, la cipollata piccante, la coratella di abbacchio, e la trippa alla

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Il Mon Tresor è... LE LUMACHE UBRIACHE La chicca da non perdere sono le lumache ubriache, in umido al pomodoro, antica ricetta che richiede una lunga lavorazione: tre giorni di trattamenti per depurarle e almeno sei ore di lavorazione prima di essere cotte in un sugo particolare. Fantastiche.

romana sono serviti come starter in piccole terrine, giusto per stimolare la golosità e l’appetito, per poi tuffarsi nei tanti primi. Si spazia dai rigatoni con la pajata alle fettuccine La Vecchia Mola, piatto storico della casa, fatti con pasta fatta a mano e con farine biologiche. E poi tanta carne, dal cinghiale al coniglio, ma anche potenti e grandi tagli di tomahawk di scottona polacca e Blak Angus americano al tartufo fresco. Tutti sapientemente cotti su una brace ardente. Dove c’è fumo c’è arrosto, dice il proverbio, e dove c’è arrosto bisogna bere vino. A questo ci pensa Damiano che cura la carta con le giuste etichette e il giusto abbinamento come con l’Amarone della Valpolicella di Montresor, perfetto per la tenuta e i giusti tannini per le carni rosse. Infine, i dolci, anche loro tutti fatti in casa: semplici come le crostate e i tiramisù. Super. Questo posto, con questi piatti, vale il viaggio perché è una garanzia per chi ama le cose comprensibili e una sicurezza economica per i gestori, per cui il gioco, se è valido e “gustoso”, vince.

LA VECCHIA MOLA

Piazza Francesco Caraffa, 5 - 00123 Cesano (RM) - Tel. 06 8765 9376

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BUONENUOVE! a cura di

Gianni Di Lorenzo

Parmigiano Reggiano “Halal” per il mercato alimentare islamico

La Regia Specula, eccellenza abruzzese La docg Colline Teramane è una delle più recenti denominazioni abruzzesi che ha portato l’intera area a compiere un notevole balzo qualitativo. Il suo rigoroso disciplinare di produzione impone lunghi tempi di vinificazione e affinamento, regalando complessità aromatica e finezza al Montepulciano. Complessità e finezza che si esaltano in questo La Règia Specula 2016. La “specula” era il luogo dal quale si scrutava, in passato, il possibile arrivo di briganti o pirati dal mare e la collina della Regia Specula era dunque di grande importanza strategica; la stessa che mantiene ancor oggi perché luogo di produzione di questo grande Montepulciano. Abbiamo degustato in anteprima l’annata 2016: equilibrio tannico, potenza, eleganza e rotondità. Cosa chiedere di più? La Regia Specula 2016 - Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo docg Azienda Agricola Orlandi Contucci Ponno

Che il Parmigiano Reggiano sia un’eccellenza del territorio emiliano e della produzione gastronomica italiana nel suo insieme non è certo una novità. Da sempre alla ricerca di occasioni per distinguersi dalla concorrenza, Agrinascente -Parma2064 ha visto nel lancio di un nuovo prodotto accettato dalla religione musulmana e provvisto della certificazione halal, uno stimolo e un modo per portare un sapore unico a un pubblico ancora più vasto. Approcciando per prima uno spazio di mercato sconosciuto per il Parmigiano Reggiano, la cooperativa, nel sito produttivo di Fidenza (PR), è in grado di produrre a partire dal 2016 la variante halal del proprio Parmigiano Reggiano. Oltre a rispettare il disciplinare del Consorzio del Parmigiano Reggiano, la produzione si distingue per alcune caratteristiche specifiche che riguardano gli ingredienti - dal caglio al sale, tutti certificati halal - e anche voltatura, pulizia e stagionatura avvengono separatamente dalle altre forme non halal in magazzino. Premiato ufficialmente nel 2017 al Taste of London, nell’ambito del World Cheese Award, con una presentazione esclusiva nel programma ufficiale, il Parmigiano Reggiano “Halal” è un prodotto proveniente da filiera unica, certificata da “Halal International Authority”, che amplia radicalmente il mercato del Parmigiano Reggiano oltre i suoi confini più tradizionali. Oggi acquistabile nei punti vendita di Fidenza e Soragna, il Parmigiano Reggiano “Halal” di Agrinascente - Parma2064 può essere degustato finalmente anche da un consumatore islamico che prima si vedeva privato dalla possibilità di conoscere ed apprezzare questa eccellenza del made in Italy.

Per informazioni: Agrinascente - Parma2064

Giovani Talenti per Divine Creazioni È stato presentato in anteprima a TuttoFood il volume “Giovani Talenti” che racchiude 67 ricette inedite in cui la fantasia di 21 giovani chef esalta la perfezione della gamma premium Divine Creazioni®, composta da 31 referenze pensate per l’alta cucina. L’azienda di Lavezzola lo ha realizzato in collaborazione con La Màdia Travelfood.

www.surgital.it

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Non mi dire quanto sei educato e colto, dimmi quanto hai viaggiato. (Maometto)

I sentieri si costruiscono viaggiando. (Franz Kafka)

Il mondo è un libro, e chi non viaggia legge solo una pagina. (Sant’Agostino)

SPAGNA - GIAPPONE - NEW MEXICO - PERÙ - AUSTRIA

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LA GALIZIA I SUOI COLORI, I SUOI SAPORI, I SUOI PAESAGGI STRAORDINARI di

Maria Chiara Zucchi

La Galizia viene facilmente identificata attraverso il celeberrimo cammino che conduce a Santiago di Compostela, città Patrimonio dell’Umanità, millenario percorso che circa 300.000 pellegrini, con ostinazione e fede, percorrono ogni anno per raggiungere la Cattedrale, costruita per custodire le spoglie di San Giacomo il Maggiore (uno dei 12 apostoli di Gesù). Ma la settima regione autonoma per dimensione - ben 30.000 km quadrati di estensione nella parte nord occidentale della Spagna - potrebbe essere meta di un vero e proprio pellegrinaggio enogastronomico: pare essere proprio questa l’ambizione che muove i giovani chef galiziani. La ricchezza gastronomica della Galizia viene infatti onorata da circa 600 sagre dislocate in ogni angolo della regione durante tutto l’anno, dai numerosi locali tipici che propongono con orgoglio le ricette più tradizionali, dagli chef dei ristoranti più rinomati e dai numerosi giovani talenti per i quali varrebbe la pena affrontare il viaggio.

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UN TERRITORIO MAGICO La Galizia offre paesaggi di incommensurabile bellezza, come le isole Cíes (foto qui sopra) - appartenenti al meraviglioso Parque Nacional das Illas Atlánticas - le cui spiagge sono state definite dal quotidiano The Guardian come le più belle al mondo. Spettacolare, a nord-ovest della Penisola Iberica, la spiaggia As Catedrais (in alto a destra): la si visita con opportuni permessi in quanto accessibile soltanto con la bassa marea, con la possibilità di camminare tra gli alti archi di pietra formati dal mare nei secoli. O Courel (foto a fianco) è una delle più grandi riserve di fauna e flora della Galizia, dove vivono volpi, cinghiali, lupi, caprioli, galli cedroni e addirittura orsi. Spiccano per la loro buona conservazione i castri di Baroña (foto sotto) risalenti alla colonizazione della Penisola Iberica da parte dell’Impero Romano. Le spiagge di Covas, Valdoviño, Pantín o Vilarrube sono ideali per passeggiare in qualsiasi stagione, ma predilette anche dagli amanti del surf (in basso a destra).

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PRODOTTI IRRIPETIBILI La Galizia è famosa per l’abbondanza di prodotti enogastronomici naturali e di qualità. È circondata da vigneti che danno origine a cinque denominazioni: Rías Baixas, O Ribeiro, Ribeira Sacra, Valdeorras e Monterrei, con varietà bianche o rosse (foto 1-2). Tra le varietà dei formaggi più noti, il Queixo Tetilla con la sua particolare forma a cono, l’Arzúa-Ulloa, il Cebreiro o il San Simón da Costa (foto 3). L’eccellenza delle materie prime induce i migliori chef a includerle nei loro menu: i numerosissimi ristoranti e trattorie galiziane offrono soprattutto i crostacei (foto 10) e i frutti di mare noti in tutto mondo (da allevamenti situati in mare aperto) (foto 7-8-9), oltre al classico polpo (foto 4), al merluzzo, a vari pesci a carne bianca. Imperdibili i percebes (foto 5) estratti dalle pericolose rocce di O Roncudo e i longueirón, ossia i nostri canolicchi (foto 6).

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© Mero Afonso

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UNA CUCINA GIOVANE

GRONGO ALLA BRACE E BRODO DI PESCE INGREDIENTI per 4 persone

PREPARAZIONE

brodo “gallego” (galiziano) di pesce.

20 minuti per ottenere una semi-sala-

g. 320 di grongo alla brace, g. 200 di

Per il grongo alla brace: 1 grongo di circa kg. 2, olio extravergine d’oliva.

Tagliare il grongo in due parti e mette-

re da parte la coda e la parte centrale per il brodo. Utilizzare l’altra parte per

cucinarla a bassa temperatura. Fare

LUCIA FREITAS “La mia cucina cresce e cambia con me in modo naturale” - ci racconta la chef Lucia Freidas, classe 1982. - “Credo fermamente che l’alta cucina sia orientata verso un percorso che definirei di regressione, di riflessione, un ritorno alle origini, alla manualità, in concomitanza con il progresso tecnologico. Dovremmo rivalutare maggiormente i nostri prodotti e le nostre cucine ancestrali, riproponendo ricette e stili di vita dimenticati, in modo contemporaneo”. Partendo da queste convinzioni, Lucia offre addirittura menu realizzati con prodotti acquistati al mercato insieme ai propri ospiti. Le sue basi sono solide: dopo la Scuola Superiore di Ospitalità di Artxanda. Ha selezionato i ristoranti in cui lavorare per imparare tutto ciò che le interessava di più. E’ stata al Celler de Can Roca (Girona) per conoscere da vicino la pasticceria di Jordi Roca; nel ristorante il “Bohío” ha imparato tutto sul mondo della carne da Pepe Rodríguez; ma è stato al Mugaritgz (ErrenteriaGipúzcoa) che ha scoperto il mondo degli ortaggi e della frutta e ha assorbito quella filosofia e quei valori che ruotano attorno al prodotto e che caratterizzano oggi la sua cucina stellata.

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porzioni da 80 grammi e metterle sottovuoto con un goccio d’olio. Prepararle in confit a 65ºC per 4 ore.

Per il brodo gallego di pesce: parte centrale e coda del grongo, g. 50 di

Inserire il grongo nel sale grosso per tura. In seguito eliminare il sale in eccesso, riporre il grongo in una pentola

con acqua e coprirlo con l’alga kombu, la lattuga marina, lo strutto e la pancetta. Portare ad ebollizione e, in seguito,

abbassare la fiamma e cuocere per 25 minuti. Trascorso questo tempo,

filtrare e cuocere le fave nel brodo (il tempo di cottura dipenderà dalla qualità delle fave, se sono fresche, secche o reidratate). Quando le fave saranno

tenere, aggiungere il resto delle alghe e cuocere il tutto per altri 4 minuti.

alghe kombu secche, g. 60 di lattuga

FINITURA

di pancetta stagionata, g. 120 di fave

porlo sulla brace o piastra dalla parte

di mare fresca, g. 5 di strutto, g. 10 bianche, g. 24 di salicornia, g. 15 di alghe Aonori, g. 20 di alghe Codium, sale grosso.

© Roi Martinez

Estrarre il grongo dal sottovuoto e ridella pelle per sigillarne i succhi.

Versare il brodo gallego in un piatto fondo. Porre in cima il filetto di grongo ben dorato e croccante.


DAL CUORE ANTICO

COZZE DELLA GALIZIA SCAPECE AL LIMONE E ZUPPA DI LENTICCHIE ROSSE INGREDIENTI per 4 persone

20 cozze alla scapece, g. 300 di zuppa di lenticchie rosse, g. 120 di carote baby, g. 80 di pak choi, g. 40 di pompelmo, g. 40 di arancia rossa, foglie di coriandolo, di carote e di basilico, 1 cucchiaio di scorza d’arancia.

Per le cozze alla scapece al limone: 2 porri, 3 carote, 3 cipolle, l. 1 di olio d’oliva delicato, 1 testa d’aglio tagliata a metà, 1 limone

(e il suo succo), 10 granelli di pepe, 4 granelli di cardamomo ver-

de, 1 rametto di citronella, 2 foglie di kaffir lime, g. 15 di zenzero, g. 15 di galanga, ml. 150 di vino bianco, ml. 250 di aceto di mele, g. 25 di paprika, g. 500 di cozze (senza guscio).

Tagliare i porri, le carote e le cipolle alla julienne. Farle cuocere a confit in olio per 20 minuti a fuoco basso con l’aglio, il limone, le spezie, lo zenzero e la galanga. Una volta pronti questi ingre-

dienti, fermare la cottura, aggiungere il vino e l’aceto e portare ad ebollizione. Togliere dal fuoco ed aggiungere la paprika. Lasciare

riposare una notte e il giorno seguente filtrare il composto con una etamina. Mettere da parte le verdure. Aprire le cozze utilizzando il vapore e immergerle nella marinatura per almeno 24 ore.

Per la zuppa di lenticchie rosse: g. 300 di lenticchie rosse, l. 1 © Roi Martinez

di brodo vegetale, 2 cucchiaini di curcuma in polvere, 1 foglia di alloro, 1 pomodoro, 1 cipolla, 2 spicchi d’aglio, g. 35 di zenzero,

1 cucchiaino di cumino in grani, 1 cucchiaino di senape in grani,

1 peperoncino, 1 manciata di coriandolo fresco, 1 cucchiaino di paprika dolce, 1 cucchiaino di garam masala, 1 cucchiaino di salsa Jang (salsa fermentata).

Cuocere le lenticchie con il brodo, la curcuma e la foglia d’alloro. Fare un soffritto con le verdure tritate fini, le spezie e il coriandolo

tritato. Finire aggiungendo la paprika, il garam masala e la salsa Jang. A continuazione, incorporare le lenticchie e fare cuocere per altri 10 minuti. Tritare, filtrare e mettere da parte. PREPARAZIONE

Tritare le verdure avanzate dal filtraggio della scapece fino ad

ottenere una crema. Scottare le carote baby ed il pak choi e con-

dirli con il liquido della scapece. Disporre nel piatto alcuni punti di crema della scapece, appoggiarvi le carote, il pak choi e le cozze.

Decorare utilizzando alcuni spicchi di pompelmo e di arancia ros-

sa, qualche fogliolina di coriandolo, carota e basilico. Grattugiare la scorza dell’arancia e versare la zuppa di lenticchie.

© Ovidioaldegunde

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JORGE GAGO USUZUKURI DI CAPASANTA DI CAMBADOS INGREDIENTI

1 capasanta di Cambados senza guscio, l. 1 di acqua, g. 33 di sale.

Immergere la capasanta per 10 minuti in acqua e sale. Toglierla, asciugarla e metterla da parte. Per la salsa di soya per decorare

g. 500 di acqua, g. 200 di soya, g. 60 di Mirin, g. 15 di Sake, 1 cucchiaio di Xantana.

Mescolare tutti gli ingredienti e conferire una consistenza compatta ma fluida con la Xantana.

Altri ingredienti: alghe Codium, salicornia, uova di trota.

IMPIATTAMENTO

Tagliare la capasanta molto sottile nell’usuzukuri e disporla in un piatto da portata lungo.

Aggiungere un filo di salsa di soya e disporre le alghe e le uova di trota a piacere.

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Jorge Gago García, classe 1988, è lo chef e co-propietario del Ristorante A Maceta in Rúa de San Pedro a Santiago di Compostela, fin dalla sua apertura a giugno 2016. Dopo aver studiato e lavorato in altri settori, decide di realizzarsi nel mondo della cucina. La sua curiosità lo porta a studiare al CIFP Compostela, dove per caso conosce Beatriz Sotelo, sua mentore. Dopo aver lavorato nelle cucine di A Estación a Cambre, A Curtidoira e O Manso, arrivano i suoi primi successi e il titolo di “Cociñeiro Novo 2017”, assegnato dal Forum Gastronomico di A Coruña, nonché il premio della giuria per la miglior tapas (Sugarello San Simón) al IX Concorso di Tapas a Santiago de Compostela. In cucina, i prodotti galiziani della più alta qualità si fondono con diverse influenze internazionali, con il risultato di ottenere piatti audaci e ricchi di sfumature. Sicuramente un grande talento, un fuoriclasse oggi supportato da uno staff alla sua altezza.


BASILICO E AGRUMI INGREDIENTI

Per il Pan di Spagna di mandorle: g 500 di di zuc-

chero a velo, g. 350 di farina di mandorle, g. 100 di

farina di grano, g. 30 di baking (lievito), g. 600 di albume, g. 200 di di zucchero.

Montare a neve ferma gli albumi con lo zucchero.

Aggiungere il resto degli ingredienti e mescolare in modo che il composto rimanga omogeneo. Mettere

la carta da forno su una teglia fonda, aggiungere la pasta del Pan di Spagna e coprirla con un altro velo di carta da forno.

Cuocere in forno per 22 minuti a 180ºC. Per la ganache di basilico: g. 30 di basilico, g. 150 di panna, g. 300 di cioccolato bianco Zephir.

Unire le foglie di basilico alla panna. Nel frattempo fare sciogliere il cioccolato bianco.

Tritare il basilico con la panna calda. Proseguire aggiungendo poco a poco, e in 3 volte, il cioccolato,

la seconda volta la crema si separerà, ma nella terza

fase tornerà ad essere lucida e omogenea. Inserire tutto in una sac à poche e riporre in frigo.

Per il brodo agli agrumi: 2 arance, 2 limoni, 2 lime, 1 cucchiaio di TPT.

Spremere gli agrumi e aggiungere una quantità di TPT uguale a quella del succo di agrumi. Riporre in frigo.

Per il gel al frutto della passione: g. 200 di purè di

frutto della passione, 1 cucchiaio di amido di mais modificato.

Con l’aiuto di un frullatore aggiungere l’amido fino

ad ottenere un composto con la consistenza di gel. Dev’essere fluido, senza grumi e molto lucido. IMPIATTAMENTO

Disporre diversi punti di gel del frutto della passio-

ne. Tagliare il Pan di Spagna di mandorle in forma quadrata. Disporre in cima una bella quantità di

ganache di basilico e realizzare una piccola cavità aiutandosi con un cucchiaio caldo. Sopra, riporre

una pallina di gelato al limone o al lime. È necessario che la qualità del gelato sia la più alta possibile, quando si parla di agrumi.

Terminare aggiungendo il “brodo” di agrumi.

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IN GIAPPONE

YAKAGE

ERA ANTICA CITTÀ DI SOSTA OGGI GLI ALBERGHI DIFFUSI NE RIVELANO IL FASCINO di

Teresa Cremona

Conoscete Yakage? Yakage è in Giappone, sulle rive del fiume Oda, nella prefettura di Okayama, ed è la prima città in Asia ad ospitare un Albergo Diffuso, iscritto all’ADI - Associazione degli Alberghi Diffusi, nata in Italia, da un’idea del Professore Giancarlo Dall’Ara -. Yakage è oggi una moderna città di 15.000 abitanti, ma fu nell’Era Edo (1603-1867) una “città di sosta” e di quell’epoca conserva un borgo storico praticamente intatto, ed unico. Nel 1603, dopo la vittoria nella Battaglia di Sekigahara, lo schogunato Tokugawa pianificò una politica di unificazione del Giappone, ed imposte ai Daimyo - i 220 turbolenti signori feudali che per secoli si erano combattuti - di avere una residenza a Edo (l’odierna Tokyo) con l’obbligo di risiedervi ad anni alterni, mentre le loro mogli e i loro familiari vi dovevano rimanere in permanenza, praticamente ostaggi del potere egemone. Tutte le spese di mantenimento e di trasferimento erano a carico dei Daimyo; in questo modo si toglievano risorse a chi avrebbe potuto finanziare congiure e rivolte.

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Sankin Kotai fu il nome dato alla Presenza Alternativa che contribuì allo sviluppo dell’economia nazionale, migliorò le vie di comunicazioni, fece prosperare la classe dei mercanti che si arricchirono fornendo ai daimyo quanto necessario sia a Edo che lungo il tragitto dai loro feudi, e consentì al Giappone di ottenere pace e stabilità per circa 260 anni.

L’APPARATO FEUDALE Lungo la Edo Road, la via che arrivava fino ad Osaka e poi proseguiva per Edo, fu pianificata la creazioni di alcune “città di sosta” che dovevano fornire ospitalità adeguata ai Daimyo ed al loro seguito nei trasferimenti fino alla capitale. Questi signori feudali si muovevano in gruppi molto numerosi; le dimensioni del seguito testimoniavano la loro ricchezza, e il loro viaggio doveva essere la manifestarzione simbolica del loro potere e della loro autorità. Procedevano a piedi, percorrendo circa 10 km al giorno; un cavaliere precedeva il corteo ordinando alla gente comune di prostrarsi al passaggio del signore, i pochi che osavano disubbidire, venivano giustiziati. Ciascun corteo era composto da circa 600 persone, ed era annunciato con largo anticipo per consentire alle stazioni di sosta e alle locande di rifornirsi dei generi alimentari necessari e di preparare gli alloggi. L’ospitalità era organizzata in abitazioni più o meno importanti a seconda del ruolo, del grado e della posizione sociale di appartenenza. La Honijn di Yagage (foto in questa pagina) (iniziata nel 1613 e successivamente ampliata), bella e importante, era desitanata al Daimyo e agli aufficiali di alto ran-

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LA SUGGESTIONE DELLE CASE DI SOSTA

go, circa 50 persone, gli altri componenti erano sistemati in abitazioni più semplici dislocate lungo gli 800 metri di strada che attraversano il borgo. Yakage è oggi l’unica ‘città di sosta’ rimasta, con circa 200 case d’epoca che sono state quasi tutte restaurate: i lavori iniziati nel 1993, sono proseguiti per 25 anni. Le case che datano dal XVII al XX secolo, hanno caratteristiche architettoniche omogenee; legno e pietra sono i materiali di costruzione, i tetti hanno tegole di ceramica grigia e angoli rialzati; facciate, porte e finestre rispondono a canoni stilistici identici. All’interno pannelli scorrrevoli (shoij) si aprono su verande che affacciano su corti e giardini.

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Nel 2015 una delle case più antiche di Yakage è stata restaurata su progetto di uno studio di architettura locale, per divenire l’albergo Yakage.Ya Inn, oggi Albergo Diffuso. 15 camere su doppio livello ospitate in costruzioni basse e antiche formano quasi un borgo; nel borgo, gli ingressi alle camere aprono su un succedersi di corti esterne dove si alternano zone attrezzate e verdi. Le scarpe si tolgono entrando nella minuscola anticamera, poi c’è un angolo cottura e bagni super funzionali; l’arredo è lineare ma con dettagli che richiamano la tradizione, i letti sono all’occidentale, ma in mansarda c’è il futon. Nelle stanze comuni, Ristorante e Sala Colazioni, i tatami ricoprono il pavimento, le pareti sono a mobili e si aprono su spazi dove alberi e acqua raccontano di un rapporto costan-

te con la natura, e l’atmosfera che si vive è quella dell’accoglienza di una casa giapponese. C’è anche un onsen (fredda perchè Yakage non ha sorgenti termali) e poiché in epoca Edo si usava fare il bagno con l’acqua di sorgente, questa tradizione è stata ripresa nella Yakage Ya. Inn. La reception è invece un salotto facilmente accessibile dalla strada, con


bar all’occidentale e un piccolo negozio di souvenir. L’albergo offre anche un servizio di affitto di kimono, che si indossano con l’aiuto di signore del luogo. E’ un’esperienza da fare, per la complessità rituale della vestizione, per il condizionamento posturale che deriva dall’abito, per il senso estetico, formale da cui si è pervasi. Altre case storiche, restaurate nel borgo, offrono ospitalità più semplice, per gruppi di giovani, in stanze comuni. A Yakage la storia si rivive ogni anno nella seconda domenica di novembre, con lo Shakuba Festival - manifestazione ideata 40 anni fa che ripropone il Daimyo Gyoretsu, (foto in questa pagina) il corteo feudale che sflla lungo la strada principale -. Come allora, il loro lento procedere

è ossessivamente scandito, ogni 5 secondi, dall’imperioso comando vocale ‘Shitaaaa ni’ (Inchinatevi). Gli 80 partecipanti al corteo, sontuosamente vestiti con costumi ispirati all’epoca Edo, sono cittadini di Yakage, ma anche i turisti stranieri possono domandare di partecipare: è sufficiente iscriversi con un certo anticipo. Dayno Gyoretsu è un evento che richiama oltre 30.000 spettatori e la cittadina si anima con stand, palchi, spettacoli, bancarelle che preparano cibo di strada, spesso di aspetto molto invitante.

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LA CONDIVISIONE DELLE ABITUDINI LOCALI Come sempre accade nei borghi dove sono gli Alberghi Diffusi, gli ospiti hanno un contatto facilitato con i residenti e le comunità locali si attivano con iniziative culturali e commerciali. A Yakage c’è una Sala della Cultura che è luogo d’incontro e di informazione. Poi lungo la strada principale pub e ristoranti (ce n’è anche uno che fa una discreta cucina italiana). Piatto tipico di Yakage sono i Black Udon, noodle scuri che si ottengono dal riso nero e gli Yubeshi dolcetti morbidi e delicati, serviti in accompagnamento al thè verde,

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sono fatti con lo Yuzo, un agrume simile al mandarino, tipico di questa zona. I piccoli negozi espongono vestiti e oggetti non di serie e non banali, talvolta antichi o di design; ci sono pasticcerie e fiorai, c’è Ishi (foto in questa pagina), una piccola antica fabbrica artigianale di soia, c’è Shin be Midori, che propone gelati e altre delizie alla menta e una selezione di profumati oli mentolati, c’è una scuola di calligrafia dove imparare a scrivere gli ideogrammi con inchiostro e pennello (tutt’altro che facile). In tutti i locali è dato risalto allo stile e al carattere unico e antico dell’architettura. Yakage è una destinazione di ‘nicchia’, fuori dagli itinerari turistici conclamati, permette a chi è interessato di entrare in contatto con un Giappone ‘quotidiano’, di approfondire la conoscenza del paese e di avere un contatto con gli abitanti. Colline, risaie, campi coltivati, parchi naturali e monasteri, come i Tempi Tosho-ji e Daitsu, ji (foto pagina accanto), dove si è accolti anche per brevi periodi per meditazioni zazen (un tipo di meditazione zen). In questi monasteri vi spiegheranno i ritmi che scandiscono la giornata dei monaci e degli allievi e come anche i giardini siano parte integrante del tempio, progettati secondo i canoni precisi del buddhismo zen, con le pietre, gli alberi, l’acqua disposti secondo regole di equlibrio e di estetica che favoriscono la meditazione. A 40 km da Yakage, le molte isole dell’ “Arcipelago Ksaoka”,


offrono la meraviglia di panorami incontaminati e la possibilità di crociere con soste in semplici e veri villaggi di pescatori. Dalle spiagge del Mare Interno Seto, inizia un sentiero di 72 km, anticamente percorso in 12 ore per portare il pescato fresco in montagna alla citta di Kutkiya, dove risiedeva il signore feudale: il fish trail oggi è di nuovo percorribile. Sulle pendici dei monti alle porte di Yakage, in un panorama di boschi dove aceri, cedri e lecci in autunno si infiammano in una sontuosa, indimenticabile, commovente tavolozza, uno stupendo, solitario, itinerario fa ripercorrere il sentiero di ‘Shugendo’, sentiero dei monaci Zen della setta di Shariraimon, la cui tradizione risale a VIII secolo, qui la preghiera di meditazione è composta dai 72 ideogrammi scolpiti su 72 rocce di granito, e solo trovandole tutte viene concluso lo “shugen”. Questa tradizione ascetica nacque dall’assimilazione delle credenze religiose autoctone giapponesi agli insegnamenti buddhisti, e trae origine dall’antico culto giapponese della montagna considerata sacra in quanto dimora di divinità agresti e di spiriti ancestrali. Era infatti credenza comune che gli eremiti e gli asceti acquisissero parte del loro potere sovrannaturale attraverso rigorose pratiche di meditazione condotte in luoghi selvaggi. Ma lungo il sentiero di Shugendo molte delle rocce incise con gli ideogrammi sono ancora da scoprire, nascoste nella profonda vegetazione. www.yakage-kanko.net - www.albergodiffuso.com Un grande ringraziamento a Harry Kaneko, instancabile nel raccontare la sua città, che ci ha accompagnato alla scoperta del patrimonio naturale ed artistico di questo territorio.

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TravelFood © ph Atsme

NEW MEXICO

IL PIÙ SPETTACOLARE E AFFASCINANTE STATO AMERICANO di

Luigi Di Fronzo Patrizia Boschetti

foto di

Canyon spettacolari battuti dal vento, deserti costellati di cespugli olivastri e cactus, altopiani a 2 mila metri sui quali troneggiano pittoreschi pueblos arcaici con le loro costruzioni in stile adobe tutto fango, argilla opaca e sabbia giallastra; un’incredibile alternanza di prati verdi punteggiati da pini di montagna dove si inerpicano lunghe strade diritte capaci di perdersi all’orizzonte, sotto un cielo turchese e una luce immacolata, tersa; e manco a dirlo, piccole città d’arte in cui s’intrecciano i segni delle due civiltà dominanti (nativi e ispanici) che hanno preceduto gli americani. Incastonato al centro di quella regione del Southwest sul quale vivono tuttora diciannove comunità di indiani sopravvissute alla violenza dei colonizzatori, il New Mexico è una sorpresa continua, accecante agli occhi dei visitatori. Specie per quello scenario infinito, fra passato lontano e luccicante presente che ti folgora ad ogni ora del giorno. Una calamita pacifica, incantevole, capace di attirare da quasi un secolo schiere di creativi perdigiorno, pittori eccentrici e artisti bohémien, tutta gente che sembra uscita da una canzone di Bob Dylan o un quadro di Edward Hopper. Insomma, chi ha voglia di lasciarsi alle spalle i soliti stereotipi d’America, persino snobbando i grattacieli di Manhattan e dribblando le spiagge assolate di Miami, non dovrebbe perdersi questo incanto fortunosamente alieno da omologazioni, tour collettivi e riti sfrontati del turismo di massa. Poco più di 300 mila chilometri quadrati, 33

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© ph Margaret Barnes © ph Khlnmusa

contee e una popolazione complessiva (meno di 2 milioni) che si attesta su circa la metà della provincia di Milano, questo stato denso di natura e arte mescola tracce del passato e segni di fiammante postmodernità. Tra scenari da vecchio West (proprio qui è nato il bandito Billy the Kid) lo sguardo può facilmente posarsi su dimore che hanno ospitato intellettuali, letterati e artisti come David Herbert Lawrence, Jung, Aldous Huxley, Leopold Stokowski e la pittrice Georgia O’Keeffe, oggi autentica gloria nazionale. Da est a ovest occhieggiano le insegne colorate della Route 66 disseminata di botteghe o piccole gallerie, dove l‘Art Deco si lascia contaminare dai sapori messicani e indios in un tripudio di bizzarre fantasie Kitsch, caravan color argentati, Cadillac color confetto e treni che procedono nel deserto a passo lento. Nell’insieme è un’America che scorre più assonnata, come si vede nella storica città di Albuquerque con il suo intrigante Museum of art & History, oppure nelle altre due città dove risiedono pittori, scultori, poeti in odore di cultura alternativa, artisti di strada e appassionati cultori di pratiche yoga. In primo luogo fra le città da vedere c’è Santa Fe, 2130 metri sul livello del mare con i suoi edifici in creta e paglia che risalgono al XVII secolo: sede di uno spettacolare festival estivo all’aperto, con vista mozzafiato di stelle e deserto dove la natura fa da sfondo scenografico, ma pure di una curiosa St.Francis Cathedral con bella facciata in stile romanico francese. Altra tappa imperdibile è Taos che sorge ai pendici delle vette delle Sangre de Cristo Mountains, costruita dagli spagnoli e fortificata dopo la Rivolta del Pueblo nel 1680: si visitano musei, case con porte di legno fatte a mano, ranchos e haciendas in perfetto stile messicano come quelle del sito Patrimonio dell’Unesco in cui tuttora vivono 150 famiglie, senza elettricità e acqua corrente. Ai margini, poi, ecco gli altri punti di interesse. Agglomerati di abitazioni come Acoma Pueblo (comunità di

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© ph New Mexico Tourism

ceramisti sin dall’XI secolo, oggi soprannominata Sky City, il cui isolamento permetteva di sottrarsi al dominio spagnolo) e centri vibranti di energia come Gallup. Qui, in questo luogo di scambio tra le tribù Navajo e Zumi, si svolge d’estate un importante Inter-Tribal Ceremony che mostra l’autenticità di danze indigene tra botteghe d’epoca, pow wow dove c’è poco di turistico, sfilate di costumi locali e naturalmente rodeos in vecchio stile Far West. Insomma, una delizia. Tappe a sé meritano poi il Kasha-Katuwe Tent Rocks National Monument, piramidi di roccia scolpite dal vento nei secoli (alte fino a 30 metri) e la piccola Las Vegas con eleganti cassette vittoriane dove si acquistano collane, pietre preziose disegnate da artisti locali e oggetti vintage. Poco più in là immancabile una breve tappa a Ghost Ranch, a ridosso dell’incantevole villaggio di Abiquiu, dove tra fattorie di legno e spettacolari paesaggi rocciosi si colloca la casa stile adobe di Georgia O’Keeffe, fonte d’ispirazione per i suoi quadri più affascinanti. E ancora il rapinoso Chaco Culture National Historic Park, con il profilo di roccia del misterioso Shiprock (roccia alata al centro della Riserva Navajo) e ancora più a sud l’incantevole White Sands National Monument: 800 kmq di gessose dune imbiancate quasi tutte di un chiarore abbagliante, esplorabili attraverso sentieri a piedi, percorsi in automobile o semplici scivolate su appositi dischi di plastica noleggiabili all’ingresso. Terra ricca di tesori e di attrazioni da vedere, il New Me-

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© ph Visit Fort Worth

xico può anche essere considerato anche una base esplorativa per qualche rapida escursione negli stati vicini. Se si arriva dall’Europa nel vicino Texas (magari Dallas o Houston) due tappe imperdibili sono Forth Worth e Amarillo. Emersa alla notorietà negli anni d’oro dell’allevamento del bestiame (visitabile ancor oggi lo Stockyards National Historic District, con i suoi recinti originali) Fort Worth si lascia attraversare due volte al giorno dalle uniche mandrie al mondo di longhorn e nei molti locali tipici suggerisce di abbandonarsi al ritmo di musiche country western. Amarillo invece sorge a due passi dal Palo Duro Canyon, un selvaggio agglomerato di gole, fiumi e pinnacoli di roccia. Ancora, se si viene da nord passando per il Colorado, la tappa ideale può essere Durango, con la sua tipica ambientazione per sogni hollywoodani fra treni storici e saloon. Ma poi c’è anche la Mesa Verde, abitata dai Puebloan per più di 700 anni con il suo spettacolare cunicolo di tunnel, abitazioni in pietra, tortuosi percorsi panoramici e fortificazioni difensive. Infine chi viene da ovest (a parte il must della Monument Valley con le sue selvagge e iconiche formazioni rocciose) non può mancare un assaggio di Arizona a Tucson, dove nel Saguaro National Park si adagiano distese di cactus alti fino a 18 metri. Manca soltanto una vecchia diligenza, un po’ di sabbia aurifera tra i capelli e qualche scontro a fuoco per rivivere l’atmosfera da vecchia frontiera. La stessa che i grandiosi scenari delle pellicole di John Ford hanno consegnato alla storia del cinema.


GLI HOTEL Santa Fe - ELDORADO Potrebbe sembrare un castello di sabbia nel deserto lo sfavillante Eldorado Hotel & Spa di Santa Fe: 219 stanze e suites, localizzato a pochi passi dalla piazza principale e dalle principali attrazioni come il Museo O’Keeffe, il Palazzo dei Governatori, la Loretto Chapel, la Basilica di san Francesco d’Assisi e Canyon Road con le sue botteghe d’arte e i negozi dove acquistare oggetti di artigianato locale. Completo di ristorante e di un suggestivo club, Casa España, organizza eventi aziendali, pranzi e cerimonie di matrimonio nella sua Wedding Chapel. Punto forte la terrazza da dove ammirare i tetti della città. E per gustare un pranzo locale, a base di Red & Green Chile e Margarita, imperdibile una sosta al Tomasita’s Restaurant. www.eldoradohotel.com Heldorado Hotel & Spa

Albuquerque ELAINE’S BED AND BREAKFAST Sulle Sandia Mountains,costruita nel 1979, la casa di Elaine è uno splendido ranch nel bosco, a due passi dalla storica (e scenografica) Torquoise Trail che collega Albuquerque e Santa Fe. Con una dimora living room tra camini e biblioteche, l’ampio terrazzo con vista sulla valle e la possibilità in ogni stagione di compiere attività all’aperto dal nature hiking al golf, dal cavallo allo sci durante i mesi invernali. www.elainesbnb.com

Elaine’s Bed & Breakfast

© ph Eldorado Hotel

Heldorado Hotel & Spa

© ph Eldorado Hotel

Taos CASA GALLINA Cinque casitas in puro stile old Mexican. Spaziose, coloratissima, a pochi passi dal centro ma già immerse nelle campagne della valle. Richard Spera (arrivato anni fa dal caos di New York) ne ha fatto un delizioso Eden con ampi locali rifiniti dei minimi dettagli, al di fuori un enorme giardino dove scorrazzano galli e galline. Nell’orto si colgono liberamente prodotti biologici, verdure fresche, naturalmente uova a volontà. E vicino al ruscello c’è anche una piccola area di

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meditazione dove distendersi dopo la colazione di burro, marmellate di stagione, focacce calde e frutta di stagione servita dal proprietario. Rifugio imperdibile per chi ama il relax (si organizzano durante il giorno anche corsi di tango) dopo l’irrinunciabile visita al Pueblo locale. https://casagallina.net

lywood, Katharine Hepburn e Spencer Tracy. Oggi è stato trasformato in un ampio resort di squisita eleganza fra ariosi giardini, angoli ombreggiati e fontane di acqua scrosciante. E l’atmosfera vintage si rivive degnamente prenotando la magica Casita Grande prediletta dai due attori, equi-

Casa Gallina

Tucson HACIENDA DEL SOL Da non perdere a Tucson questo delizioso ranch coloniale ritagliato nel cuore profondo dell’Arizona: antica missione spagnola che negli anni ’4 0 era diventato il buen retiro di una coppia glamour del cinema di HolHacienda del Sol

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Graham WILDCATTER RANCH & RESORT Un ranch in perfetto stile western per scoprire la bellezza del North Texas Wild Country e intraprendere svariate attività in questa terra di 1.500 acri, 90 miglia da Forth Worth. Oltre alle lunghe cavalcate nella selvaggia campagna circostante, corse sui carri da Wildcatter Ranch & Resort

paggiata di ogni accessorio. Un must da non perdere è ovviamente il bagno in piscina, magari al rosso tramonto del deserto e coccolati dal vento caldo con la vista che si perde in lontananza sotto la catena delle Santa Caterina Mountains. www.haciendadelsol.com

fieno, gare con il lazzo, show a cavallo, gite in canoa, bike, tiro con l’arco e bird watching si può assaggiare dell’autentica cucina texana come la cena cowboy «chuck-wagon» con barbecue, carni alla griglia e insalate. E’ di fatto un luogo sepolto dalla memoria degli anni, visto che nei dintorni si può anco-


ra visitare Fort Belknap, l’insediamento fondato nel 1851 per proteggere la prima comunità di pionieri dalle tribù di indiani, principalmente Comanche e Kiowa. www.wildcatterranch.com Durango GENERAL PALMER HOTEL A pochi passi dalla downtown animata da negozi, gallerie e ristoranti della cittadina del Colorado, sorge questo fastoso edificio d’epoca vittoriana costruito intorno al 1898, che unisce il comfort della vita moderna al fascino d’altri tempi. E tra arredi originali, lampade stile ‘800 e persino l’ascensore d’epoca con sportello, griglie in metallo e morbidi velluti, l’hotel sembra offrire un momento di ristoro, magari dopo la classica escursione sul vecchio trenino a vapore. Generalpalmerhotel.com Mesa Verde CORTEZ - RETRO INN Camere pulitissime e decorate a tema in questo motel, con statua di Elvis Presley che campeggia in bella vista davanti a una classica roulotte anni Cinquanta/Sessanta. Miti che s’incrociano tra fotografie appese alle pareti

Retro Inn

General Palmer Hotel

e oggetti d’arredo che richiamano i fasti gloriosi del mondo di Happy Days, oltre a tante altre icone della cultura americana da Marilyn Monroe a Jerry Lee Lewis, Michael Jackson e l’immancabile John Wayne. Per un ideale immersione nel regno sfavillante del kitsch, con tanto di Walmart aperto anche tutta notte di fronte all’edificio più un’area picnic e intrattenimenti d’epoca da Lawn games ai Ferri di cavallo, Bowling, Badminton, Volleyball, scacchi giganti e giochi da tavola. www.retroinnmesaverde.com Alamogordo - WHITE SANDS, GRANTS Si chiama Koa Campgrounds ed è la rete di campeggi (oltre 500) più ampia degli Stati Uniti, un modo per girare il Paese con eccellenti e pratiche soluzioni low cost. Tende, ma anche solide cabine di legno, persino di lusso, immerse nella natura, RV (recreational vehicles), roulettes, teepees simili a quelli usati dai pellerossa costituiscono una rete strategica prenotabile stato per stato, anche per tipologia. Ottimo terreno di rifugio per saccopelisti, ma anche viaggiatori alternativi e famiglie con bambini, destinato soprattutto a chi ama la natura e gli spazi sconfinati del grande continente. Dove, insomma, comincia l’avventura. www.koa.com

Koa Campgrounds

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ALTRI INDIRIZZI

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A TAVOLA Fra Texas, New Mexico, sud Colorado e Arizona, l’area culinaria di riferimento è quella texmex, versione anglo-americana dei tradizionali piatti messicani: cucina parecchio fantasiosa, carica di spezie e sgargiante di molteplici colori che affonda le sue lontane radici nei Nativi Americani, a loro volta fornitori di un’eredità poi lasciata a Maya e Aztechi. Furono dunque gli indios a elaborare nei secoli questa serie di piatti derivati da coltivazioni ricorrenti - mais, cacao, zucca, pomodori, peperoncini, patate, fagioli e vaniglia - accostandoli a molti prodotti importati in Messico dai conquistadores come frutta, verdure, formaggi e farina di grano. Una

fratellanza spesso spericolata, ma per il palato stuzzicante che in una svariata combinazione di sapori ha dato luogo a tutto il ricco filone tex-mex che include svariate declinazioni. E soprattutto nelle salse a base di peperoncino si presentano anche piccole varianti fra i due mondi: sostanzialmente in Messico molti piatti sono a base di pomodoro (con l’aggiunta di qualche spezia), mentre nel Southwest risultano con una base di peperoncino fresco. Sta di fatto che nelle scorribande fra un ristorante e l’altro la scelta è comunque e sempre gustosa. Alla base di molte ordinazioni tipiche troviamo innanzitutto le tortillas: frittelle di granoturco o frumento (farcite o arrotolate, più morbidi o croccanti) ben accostate a manzo e pollo; a volta farcite di formaggio o fagioli, spesso comparse di sale e (manco a dirlo) peperoncino. Una prima variante è il burrito in versione arrotolata, mentre le flautas sono fritte e le enchiladas (pure arrotolate) si presentano ben farcite di formaggio. Alla medesima famiglia appartengono i tacos riempiti di manzo, fagioli, cipolla, pomodori, lattuga o formaggio grattuggiato, spesso accompagnati dal guacamole (salsa fredda e speziata di pomodori, cipolla, peperoncino, erbette e spezie) che ormai troviamo regolarmente anche nei nostri supermercati. Altro piatto a base di peperoncino è il chile relleno, mentre ottimi secondi sono la carne asada (arrosto o alla griglia), la carne seca (vale a dire di manzo, prima essiccata al sole e poi cotta), o le carnitas: manzo o maiale rosolato nel peperoncino verde e poi sminuzzato, per essere servito con tortilla di farina. Durante alcune feste si offrono frequentemente piatti di coniglio fritto o stufato di carne, fagioli e zucchine, ma in molti ristoranti una buona alternativa (meno popolare) della carne è rappresentata dal pesce e e dai frutti di mare. Tipico street food è invece il pane indios – fritto, servito con miele e altre farciture – oppure i tacos navajos fatti con una base di pane fritto. Usuale anche il pane hopi piki, impasto di granoturco e acqua bollente cotto su una base caldissima. Fra i dessert da assaggiate senza dubbio la sopaipillas, frittella di pasata servita con miele, mentre chi vuol accompagnare

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Fra le strutture dove soggiornare a Taos il Touchstone Inn con un edificio in stile adobe (www.touchstoneinn. com) classificato ai vertici da Usa Today e il Blue Sky Retreat, immerso nella natura (www.blueskyretreatcenter. com), a Gallup l’accogliente Best Western Plus Inn & Suites, ben arredato a con camere spaziose. Ancora nel Texas il sofisticato e minimalista Courtyard by Marriott Forth Worth (www.marriott. it) ad Amarillo il favoloso Big Texan, motel a brillanti colori gialli e blu con un’imperdibile Steak House: la n.1 dello stato dove si gustano bistecche da 72 once in un’atmosfera da vecchio west (www.bigtexan.com). Per consigli e approfondimenti prima del viaggio, indispensabili i contatti con alcuni siti: www.santafenm.gov; www.santafe. org; www.newmexico.org; www.galluprealtrue.com; www.mesaverdecounty.com; www.durango.org; www. fortworth.com; www.visithoustontexas.com; www.wiechmann.de

questi piatti con del vino sappia che la tradizione risale addirittura ai primi missionari spagnoli. Non a caso in tutta la zona si organizzano diversi tour di degustazione. Sul fronte dei cocktail invece, irrinunciabile l’assaggio del Margarita (a base di Tequila) con il classico bicchiere orlato di sale, mentre un ottimo rimedio per i palati infuocati è rappresentato dalle numerose cervezas come Corona, Tecate o san Miguel. Chi può avere un paio di settimane in più, oltre a limitarsi ad assaggi e degustazioni può frequentare sul posto alcuni corsi di cucina tex-mex. Fra gli indirizzi utili, segnatevi la Santa Fe School of Cooking. Non è detto che si possa raggiungere in poco tempo la fama da chef di Bobby Flay, ma ci sono discreti programmi che approfondiscono la conoscenza di questa cucina regionale in netta crescita nella mappatura di gusti e tendenze contemporanee.



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IN PERÙ

SI METTE IN MOTO LA GASTRONOMIA “MACHUPICCHEÑA” Proprio mentre la gastronomia peruviana sta vivendo il suo momento di splendore a livello internazionale, nell’entroterra del Paese esistono altre significative espressioni di recupero di primigenie esperienze culinarie. di

Flavia Tomaello

La cultura incaica ci ha fatto dono di una grande eredità distribuita in decine di aree geografiche. È da poco tempo che molte di queste conoscenze cominciano ad emergere grazie alla voglia di allinearsi ad una visione più attenta del passato, all’attenzione del pianeta e alla riscoperta di antiche pratiche più sostenibili e responsabili per il territorio. È così che si sono scoperte più di 100 varietà di patate e dozzine di qualità di mais; combinazioni di lusso che nascono dall’unione di ingredienti e metodi che legano insieme il mondo dell’agricoltura in un equilibrio d’amore con la terra che ci dà la vita. Proprio a una di queste combinazioni si deve, ad esempio, l’invenzione del pop corn: la leggenda vuole che l’eccessivo calore del fuoco, a contatto con il mais, lo abbia fatto scoppiare, facendolo diventare di un colore bianco intenso e

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di una consistenza quasi spugnosa. D’abitudine gli Incas non bevevano l’acqua, perchè si considerava che questa fosse destinata all’irrigazione e che appartenesse alla terra. Allo stesso tempo, si prodigavano nella creazione di una bevanda chiamata “bacón” che proveniva da una radice commestibile e ricca di zuccheri. All’interno di questa fioritura “indigena”, è da sottolineare anche la commistione che si è verificata in Perù grazie all’immigrazione e che ha dato vita, in gastronomia, a ricette estremamente variegate, pur se innestate su un solo ceppo originario. Questo fenomeno ha convertito l’offerta gastronomica peruana in un’alternativa unica al mondo e soprattutto esclusiva. La sua caratteristica internazionale ha premiato questa cucina con numerose stelle Michelin e allo stesso tempo l’ha

inserita nell’empireo dei 50 migliori ristoranti del mondo. L’epicentro dell’universo Inca ha il suo ombelico nel corridoio Cusco/Machu Picchu, identificabile come una grande pentola dove si cuoce la pasta madre di questa civiltà. Per vari anni queste località sono state trattate come luoghi di passaggio, alle quali giungevano i turisti in pellegrinaggio verso il santuario di fama universale, per continuare poi il loro tragitto. Tuttavia, proprio a causa di un nuovo tipo di turismo, di un maggiore interesse per esperienze diversificate e dello sviluppo silenzioso e costante della cucina locale, queste destinazioni si sono trasformate in attrazioni importanti, molto oltre le rovine per le quali tutti le conoscono. I percorsi culinari sono oggi una realtà e c’è chi trova alloggio in una città o nell’altra, spinto dall’interesse per degustazioni, prodotti, piatti tipici e nuovi sapori. Uno dei precursori originari della zona è Sumaq, a Machu Picchu Pueblo. Ribelino Alegría Peña, il suo chef, è nato a Curahuasi, provincia di Abancay (Apurímac). La sua passione per la cucina, fin da piccolo, è stata molto forte, la sua grande motivatrice è stata la madre, Doña Nicolaza Alegría che, con i suoi insegnamenti sulla cucina tipica del suo paese natale, Apurimac, ha trasmesso a Ribelino un’impronta indelebile della cucina. Ribelino giunge a Sumaq nel 2008, quando l’hotel festeggiava il suo primo anno di attività. Mantiene per due anni questo primo impiego come aiuto cuoco, ma il suo talento rende la sua ascesa quasi immediata, tanto che dopo tre anni è già chef executive.

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CAPPUCCINO DI TUBERI DUXELLE DI FUNGHI E SCHIUMA DI PACHAMANCA INGREDIENTI per 4 persone

alla salsa insieme al fondo di verdure e allo

g. 300 di cipolle bianche, tritate molto

e passare al setaccio. Alla fine, aggiungere

Per il cappuccino

fini, g. 200 di pasta di peperoncino giallo, g. 150 di olio d’oliva, g. 150 di vino bian-

co, g. 200 di patate locali, g. 200 di patate

gialle, g. 200 di camote giallo, g. 200 di olluco, g. 200 di oca, 2 rametti di Huaca-

tay, ml. 100 di panna da cucina, g. 100 di burro, sale, pepe.

Per la duxelle di funghi

g. 100 di funghi ostrica tagliati a brunoise,

g. 50 di cipolla bianca tagliata a brunoise,

g. 50 di olio d’oliva, g. 50 di vino bianco, g. 5 di prezzemolo tritato, sale.

Per la schiuma di pachamanca

g. 500 di base o salsa di pachamanca,

ml. 100 di panna da cucina, g. 15 di lecitina di soia in polvere, sale. PREPARAZIONE

huacatay; lasciar bollire per un’ora, frullare la panna da cucina e lasciar bollire per 2 o

3 minuti. Aggiungere il burro, aggiustare il sapore e mantenere in caldo.

Per la duxelle di funghi: in una padel-

la, lavorare per 5 minuti la cipolla bianca con un po’ d’olio d’oliva; deglassare con

vino bianco. Aggiungere i funghi ostrica e saltare a fuoco alto per 1 minuto. Alla fine

aggiungere il prezzemolo e mantenere caldo.

Per la schiuma di pachamanca: riscaldare e correggere il sapore della salsa,

aggiungere la panna da cucina. Unire la lecitina e sbattere con un mixer o un frullatore a immersione, inclinando la pen-

tola o la casseruola in modo che si formi una schiuma.

Per la crema di cappuccino di tuberi: in

PRESENTAZIONE

polla bianca, la pasta di peperoncino gial-

la crema di tuberi, poi collocarvi la duxel-

un pentolino, realizzare la salsa con la cilo e l’olio d’oliva. Lavorare bene per 7 minuti e deglassare con vino bianco. Pelare

e tagliare tutti i tuberi a fette e aggiungerli

In una tazza da cappucciono, servire prima

le di funghi e alla fine contornare con la schiuma di pachamanca. Decorare con una foglia fresca di huacatay.

La stretta connessione con l’hotel e con i prodotti della zona, oltre che l’esperienza acquisita durante gli anni, hanno fatto sì che in breve diventasse il brillante chef dell’hotel stesso. “C’è una storia che vogliamo condividere con il cliente che ci visita - ci dice - per esplorare insieme l’eredità che la Pachamama (la madre terra) generosamente ci offre per connettersi a lei. La cucina è un veicolo in più nella connessione che l’Inca aveva con il suo mondo: lo rispettava, interagiva, se ne serviva e restituiva ciò che aveva preso. Utilizzava con cura e con naturalità ciò che veniva dall’ambiente, perchè considerava il suo spazio, una parte di se stesso”. Tra gli scopi primari dello chef c’è sicuramente quello di aiutare l’hotel nella ricerca di nuovi ingredienti provenienti da produttori sostenibili che risiedono nelle comunità di Cusco e Apurímac. A Cusco, per sempio, ha visitato Qusipata dove ha scoperto tre tipi di fragole biologiche e pomodorini tipo Cherrys, che compra spesso per i piatti del ristorante. A Piric, in Ollantaytambo, compra fiori edibili, erbe per tisane e a Quillabamba si rifornisce di succose arance e melograne.

GASTRONOMIA CON COSCIENZA LOCALE La gastronomia in Perù è ampiamente riconosciuta dagli esperti in alimentazione come una delle cucine più vivaci e squisite al mondo. Grazie ad una forte fusione di sapori e di ingredienti provenienti da vari piatti di Spagna, Africa, Cina

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CEVICHE DI TROTA INGREDIENTI per 1 persona

PREPARAZIONE

grattugiato, aglio tritato fino, sale, pepe, peperoncino, lime trita-

collocarli in una bowle. Aggiungere sale, pepe, aglio, peperonci-

1 filetto di trota fresca, peperone Piquillo, succo di limone, Kion to, cipolla rossa tagliata a julienne. Per la guarnizione

Chicchi cotti di mais, camote cotto a fette. Per la decorazione

Lattuga, fili di camote croccanti.

Pulire la trota e tagliare il filetto a dadi uniformi di 2 centimetri, no, lime e kion: mescolare il tutto.

Aggiungere il succo di limone, il peperone Piquillo, il coriandolo e la cipolla e mescolare bene.

Servire subito in un piatto e accompagnare con il mais e il camote. Decorare con una foglia di lattuga e dei fili di camote.

e Italia e di cibi peruviani autoctoni, le creazioni della cucina peruviana offrono una commistione di aromi e sensazioni generate da vari alimenti millenari. La cucina del Sumaq usa queste influenze per dare più risalto alla cucina peruviana, facendo proprie le radici andine e l’eredità culinaria degli Incas, fondendole con tecniche gastronomiche contemporanee in un menu dal taglio esclusivo. Ribelino è un’uomo dedicato alla cucina e alla sua squadra; chi lo conosce non può che confermare il fatto che ci troviamo di fronte ad un uomo appassionato di ciò che fa. “Per me è decisamente gratificante contare su una forte squadra di rinnovatori della cucina, proprio nel cuore di Machu Picchu – dice con entusiasmo –. La squadra del

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Sumaq è composta da giovani di talento, provenienti da Cusco e da Apurímac. Come me, vedono l’opportunità di mettersi in risalto e di creare un futuro migliore per se stessi, per le nostre famiglie e per le nostre comunità”. I suoi alimenti preferiti sono la quinoa, le patate di Cusco, le erbe aromatiche, la trota, la carne di alpaca e la gallina da cortile. Ha realizzato alcune recenti esperienze di scambio tra varie realtà, come il Ristorante Malabar, l’IPG (Istituto Peruano di Gastronomia), e il Rafael di Rafael Osterling. Ha creato una rete di produttori locali cercando in tutti i modi di portare a compimento il progetto di ingredienti a Km 0. Si spende nella formazione di nuovi cuochi usciti dalle schiere locali, li invita a conoscere il mondo e a tornare per creare. “Mi interessa prendere contatto con gli artigiani e i coltivatori locali – spiega – perchè non solo posso scoprire ingredienti nuovi, ma posso anche apprendere i loro processi produttivi per capire meglio come unire ingredienti o recuperare vecchie ricette dei nostri avi”. Ma non vuole che nessuno se ne vada senza aver imparato qualcosa... “Non si tratta solo di degustare – ci spiega – ma voglio che ogni visitatore porti via con sè qualcosa di noi. Un’insegnamento nuovo. Per questo motivo abbiamo organizzato un’agenda di corsi volti alla preparazione dei piatti

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tipici peruviani più gustosi, come la trota marinata con succo di agrumi e peperoncino”. Chi lo volesse, avrà inoltre la possibilità di sorseggiare il cocktail simbolo della zona, il Pisco Sour, o potrà godere di un cocktail esotico con frutta autoctona raccolta nel territorio, imparando i passi necessari per ricordare, una volta che sarà tornato a casa, i sapori del Perù.

SUMAQ

Av. Hermanos Ayar Mz. 1 Lote 3, Machu Picchu, Perù Tel. +51 84 211059

www.sumaqhotelperu.com

reservations@sumaqhotelperu.com



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A GOING, IN AUSTRIA

STANGLWIRT

È UNO DEGLI HOTEL PIÙ LUSSUOSI AL MONDO. MA CON ANIMO CONTADINO.

di

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Maria Chiara Zucchi


Sono numerosi i primati eccellenti di cui si può fregiare lo Stanglwirt, nel piccolo borgo di Going, a poca distanza da Kitzbühel: è Bio - Hotel certificato dal 1980, in questo precursore del concetto di bioedilizia in campo alberghiero; è il primo e unico hotel dell’Austria presente nella lista d’oro Condè Nast Traveler tra i 142 migliori del mondo; è un raro esempio di hotel di lusso con una esibita anima contadina, tanto che le finestre di uno dei ristoranti si affacciano sulla stalla modello, comprese le mucche ruminanti, e i corridoi costeggiano il deposito di prezioso letame, utile all’ecosistema della struttura. Ma quello che sorprende è soprattutto un gigantismo che, al contrario, si offre in una dimensione raccolta, intima: nonostante i 12.000 mq di spa e l’estensione su 12 ettari di verde, nonostante le 145 stanze e suites particolarmente accoglienti (tutti i muri e tutti gli arredi hanno angoli smussati, perché ogni dettaglio risulti morbido e inclusivo), l’impressione è quella di vivere in un microcosmo a propria misura, quasi protetti da questa struttura circolare che avvolge in un caldo abbraccio.

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Le strade, i rumori, gli stress stanno fuori perché qui tutto è costruito per donare benessere e comfort assoluto. Le attività sportive, come ogni altra cosa, sono compatibili con questi must: i sei campi da tennis interni sono inglobati nel contesto complessivo in modo tale che, dall’esterno, sembrano piccole colline verdi; il maneggio è a vista sulla hall principale e sul bar; le piscine saline coperte e scoperte a 37°, immergono e si immergono in un paesaggio da cartolina.

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Da oltre 250 anni non si registra un solo giorno di chiusura: grazie alle molteplici attività che è possibile praticare dentro e fuori la struttura, una vacanza qui è possibile in qualunque periodo dell’anno. A partire dalla prestigiosa Peter Burwash Academy con 6 campi da tennis all’interno e 8 all’esterno, tanto che l’hotel è stato premiato come uno dei 5 “Best Tennis Resorts” al mondo e il numero 1 in Europa dal sito americano www. tennisresortsonline.com. Nel maneggio coperto, ispirato alla scuola d’equitazione viennese, si esibiscono 25 purosangue lipizzani.

Gli stessi spazi per i bambini sono organizzati in modo tale da offrire relax a tutta la famiglia che ha a disposizione oltre 1000 mq di specchi d’acqua con idromassaggio, grandi scivoli - di cui uno lungo ben 180 metri - schermi giganteschi per guardare film d’animazione giocando o nuotando, aree giochi e salette per le neomamme, con un programma fitto di attività, laboratori e una fattoria a misura di bimbo. Un vero e proprio paradiso, un luogo magico dove è sempre vacanza.

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UN PATRIMONIO DI FAMIGLIA La storia di questo incredibile Eden viene da lontano e sancisce una vocazione all’ospitalità che ha radici centenarie. Fondato nel 1609 dalla famiglia Hauser che ancora ne è proprietaria, in oltre 400 anni ha sviluppato il proprio modello di accoglienza nel rispetto più totale della natura e dell’ambiente. Tutti gli edifici del complesso sono in legno e malte naturali, riscaldati con biomasse da oltre quarant’anni, con il 100% di energia green supportata da pompe di calore e fonti geotermiche che permettono un risparmio annuo di ben 430.000 litri di gasolio. La propensione all’ecosostenibilità si accompagna anche all’orgoglio di valorizzare ed esaltare la propria anima contadina: ecco dunque l’autoproduzione di formaggi e yogurt bio ricavati da latte di mucche e pecore della proprietà, la coltivazione di frutta e verdura, la realizzazione di marmellate, miele e derivati vari, di prossimità reale.

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Ospitalità significa qui infatti cibo naturale, tracciabile, di alto livello e a questo proposito va evidenziato che allo Stanglwirt vige una bella forma di libertà gastronomica che fa vivere l’albergo quasi fosse un piccolo borgo ricco di ristoranti diversi: volendo, si prenota solamente il pernottamento e la prima colazione, scegliendo poi liberamente dove consumare la cena: a pranzo si mangia “à la carte” presso la “Kaminstube”, mentre per la sera si può scegliere tra diverse soluzioni come il menugourmet internazionale, previsto nell’ambito della mezza pensione, oppure la “Stangl-Alm”, la baita tutta in legno dove si cena a lume di candela, o il “Kuhstall” con vista sulla stalla. I sapori sono quelli tradizionali, rivisitati con leggerezza e con una cura certosina nella scelta delle materie prime, tutte tracciabili e di provenienza indicata nei menu. Ma fin dalla prima colazione iniziano le coccole, con proposte per tutti i gusti, con il grande e ricchissimo buffet dolce e salato che offre prodotti del territorio e ogni mattina qualche specialità gastronomica appositamente preparata.

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TravelFood

BELLEZZA E BENESSERE Al benessere culinario si affianca quello estetico: l’area sauna, unica nel suo genere, si affaccia su un laghetto naturale balneabile (estivo) di 512 mq., a cui è collegato un centro estetico esclusivo, per soli adulti, con trattamenti di Dr. Barbara Sturm, beautyguru, scienziata molecolare e chirurga estetica, molto amata dalle donne più affascinanti del pianeta, i cui trattamenti hanno conquistato Kim Kardashian, Emma Roberts, Irina Shayk, Ellen Pompeo e Chiara Ferragni e che, a intervalli regolari, riceve in hotel.

BIO UND WELLNESSHOTEL STANGLWIRT Kaiserweg, 1

Going am Wilden Kaiser - Austria Tel. +43 5358 2000

www.stanglwirt.com

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ilFocusdiAlessandroRossi

a cura di

Alessandro Rossi esperto di vino, bon vivant, fondatore del Premio “Dire Fare Sognare”

MALICO E LEGNO, C’ERAVAMO TANTO AMATI! QUANDO I DUE PROTAGONISTI SI SCAMBIANO LE PARTI E BISTICCIANO COME AMANTI Partiamo dall’inizio: cos’è la fermentazione malolattica? In realtà non si tratta di una vera e propria fermentazione, bensì di una conversione grazie alla quale si ottiene un vino più morbido. Tutto qui; facile eh? In passato sottovalutata perché poco conosciuta, la fermentazione malolattica è un processo enzimatico grazie al quale l’acido malico viene trasformato nel più delicato acido lattico. Oggi è utilizzato anche nei vini bianchi caratterizzati da importanti processi di affinamento in barrique (ma non solo), dove per altro avviene questo tipo di fermentazione. In passato si scoprì come questo fenomeno riducesse drasticamente l’acidità nel vino grazie alla bonifica di alcuni batteri presenti nel mosto che, riattivati in un secondo momento, trasformavano l’acido malico in lattico. La fermentazione malolattica è molto importante quando si vogliono ottenere vini più equilibrati e morbidi, più rotondi e di corpo. Spesso l’evoluzione malica porta a sfumature di vaniglia, note casearie, burro, noce e, a tratti, note tostate. E quindi? Cosa c’entra con l’evoluzione in legno? Che cosa hanno in comune? Ovviamente niente, ma sovente capita che una buona evoluzione malica possa assumere, soprattutto nei vini bianchi che partono con una buona base acida (esempio Chablis), alcune fattezze evolutive come se si fossero soffermate, anche per poco tempo o una parte, in barrique o in qualche legno evolutivo. Dicevamo, soprattutto nei vini bianchi la trasformazione del

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malico è un processo che può distorcere la degustazione. Io per primo ci sono incappato più volte. L’evoluzione del vino in barrique o in legni di dimensioni più grandi è un argomento da anni particolarmente dibattuto, spesso con il confronto tra filosofie contrapposte, seguendo alti e bassi di popolarità dal punto di vista commerciale e del marketing. Spieghiamolo in modo sintetico a chi non sapesse quali sono gli effetti dell’affinamento in legno senza perdersi in eccessivi tecnicismi. Durante la sua maturazione nel legno il vino subisce dei processi chimico-fisici che contribuiscono alla sua evoluzione sotto molti punti di vista. La microporosità della botte/barrique consente un’evoluzione più veloce e una cessione di note più o meno vanigliate o tostate (dipende dalla tipologia di legno utilizzata) che altera o contribuisce all’evoluzione gustativa del vino facendogli assumere così caratteristiche differenti dalle originarie. Può capitare che quando il vino svolge appunto la fermentazione malolattica, le molecole mutino e il vino assuma note più complesse e una trasformazione strutturale che, come raccontavamo prima, può far insorgere a volte in dubbi sulla sua permanenza o no all’interno di legni per l’evoluzione. Questo perché anche i più esperti, a volte, possono sbagliare. Siamo esseri umani e abbiamo l’obbligo di non essere macchine. Ma siamo così sicuri che la barrique e l’acido malico vadano sempre a braccetto soprattutto nei vini bianchi? Chissà, qui il campo si accorcia e la geologia la fa da padrona. Provate a chiedere a lei.



Vinaria

PINOT NERO OVVERO IL BISBETICO DOMATO di

Non c’è identità di vedute su quale sia l’origine degli attuali Pinot e del Pinot Nero in particolare. Alcuni studiosi sostengono il primato della Vitis Alloborgica, mentre i latini Plinio il Vecchio e Columella, citano l’ Helvolae e l’ Helvinium minusculum. Il Pinot nero, infatti, ha un patrimonio genetico molto antico e per due terzi di origine selvatica, quindi è intuibile che sia anche progenitore di parecchie altre specie viticole. Già 2000 anni fa i Romani piantarono vigne con uve a bacca rossa nelle zone delle Gallie conquistate all’impero.

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Mario Federzoni

Sia come sia tutti quanti, nei loro antichi scritti, descrivono questo vitigno, soprattutto quello a frutto più scuro, come produttore di ottimi vini, specie contenendone la resa. Anche se il Pinot Nero ha, ed ha avuto diversi sinonimi, a seconda delle zone di piantagione (in ordine alfabetico: Auvernat, Auvernaut noir, Blauburgunder, Blauer Spätburgunder, Blauer, Blauer-Klävner, Clävner, Franc Pineau, Franc Noirien, Möhrchen, Morillon, Morillon Noir, Noirien, Nürnberger e Nagyburgunder, Pineau de Bourgogne, Plante Doré, Salvagnin, Schwarzer

Riesling, Schwarzer Burgunder, e Vert Doré), il nome Pinot è sicuramente riconducibile alla forma dei suoi grappoli, che sono piccoli e a forma di pigna. Il Pinot noir è pianta assai difficile da coltivare e, da questo punto di vista, la scelta del terroir è fondamentale, e per terroir intendo compresa anche l’opera dell’uomo, che proprio in funzione della scontrosità di questo vitigno, dovrà essere un viticoltore più che abile, perché se è vero che in un caso si possono ottenere vini eccezionali, nell’altro in zone meno adatte e con viticoltori meno esperti, si otter-


PinotNero

ranno vini mediocri e di scarso interesse, inoltre il risultato della sua vinificazione varia considerevolmente di annata in annata persino nelle posizioni ad esso più adatte. La sua vinificazione è complessa e rappresenta forse la sfida maggiore per un enologo, che in genere riesce a ottenere in media una buona annata su cinque. C’è poi chi sostiene, e spesso a ragion veduta, che se si vuole ottenere un vino di grande qualità, sia meglio avere vigneti policlonali, cioè molti cloni dello stesso tipo di cultivar; ciò esalterebbe al massimo le caratteristiche varietali e porterebbe maggiori benefici alla conduzione del vigneto stesso. Il Pinot nero, infatti, è una delle varietà più geneticamente instabili e il numero dei suoi cloni è infinito, solo in Borgogna ne sono stati censiti più di 40 tipi diversi. I cloni più comuni sono due: i cosiddetti Pinot noir “droit”, con sviluppo eretto, assai diffusi in California, Oregon e Australia, e i Pinot noir “tordu” a sviluppo cadente, che hanno rese più contenute. Questi ultimi sono più diffusi in Borgogna, dove per la verità si

trovano anche alcuni droit, ma assolutamente mai nei premiere e grand Cru. Il Pinot Nero è sicuramente il padre genetico e spirituale di molti vitigni come il Pinot Gris, lo Chardonnay e il Pinot Blanc, non a caso tutti i pinot che conosciamo sono versioni mutate del Pinot Noir che, in alcuni casi, si è fuso con altri vitigni, strada facendo; la sua uva è caratterizzata dalla ridotta quantità di pigmenti, ma ha molti vinaccioli (più di 2 per acino), che in maturità dell’uva apportano tannini utili a fissare il colore conferito dai pochi antociani stabili. Se vinificata in rosso, quest’uva è ricca di note fruttate: amarena, mirtillo, ribes, lampone e, sul finale persino profumi di fiore di zagara.Le statistiche riportano il Pinot noir come decimo vitigno più coltivato al mondo; la Francia è il paese che ne ha di più (oltre 26.000 Ha.) seguono nell’ordi-

ne Moldova, USA, Svizzera e Italia. In Francia, come abbiamo detto, è coltivato, oltre che nella Champagne (circa 13.000 Ha - specie sulle colline di Reims e nella zona dell’Aube), con molto successo nella Borgogna Cote d’Or (oltre 10.000 Ha), zona della Francia che gode del clima ideale per garantirne l’ottimale sviluppo e l’esaltazione delle peculiarità. Personalmente credo che questo vino (che se fosse una donna definirei bisbetica e scontrosa) una volta ben “domato” sia uno dei più eleganti e raffinati che io abbia mai bevuto, specie in Borgogna, dove pare abbia trovato il suo habitat perfetto. Pur essendo diffuso anche in altre località francesi, il prodotto vinicolo finale di ognuna di esse esprime caratteristiche differenti, per l’estrema sensibilità di risposta della vite alle diverse condizioni ambientali e climatiche.

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EDITORE La Madia srl Sede legale: Via E. De Amicis, 53 - 20123 Milano (MI) Sede operativa: Via Pacchioni, 365 - 47521 Cesena (FC) Tel. 0547 23821 - Fax 0547 25809 Internet: www.lamadia.com - E-mail: lamadia@lamadia.com

CONFEDERATION EUROPEENNE

DES GOURMETS La famiglia dei Gourmets europei si è data una nuova dimensione per valorizzare

il piacere

della convivialità e della cultura

enogastronomica italiana

Direttore responsabile: Elsa Mazzolini La Madia srl è parte del Gruppo Cose Belle d’Italia www.cosebelleditalia.com

REDAZIONE Direttore: Elsa Mazzolini Caporedattore: Maria Chiara Zucchi Stampa: D’Auria Printing SPA - (AP) Web e Social: Giorgia Zucchi Impaginazione: Andrea Amadori Redazione e centro di distribuzione in Gran Bretagna: ALIVINI Company Limited - London - Tel. +44 20 8880 2525

COLLABORATORI Domenico Acconci, Giovanni Angelucci, Silvia Bianco, Daniele Briani, Teresa Cremona, Mario Federzoni, Giulia Gavagnin, Giuseppe De Girolamo, Giorgia Giuliano, Maurizio Di Dio, Gianni Di Lorenzo, Lorenzo Ferrari, Luigi Filippi, Lisa Foletti, Lucy Gordan, Verdiana Gordini, Giuseppe Lo Russo, Furio Lottatori, Giovanni Mastropasqua, Antonietta Mazzeo, Alessandra Meldolesi, Claudio Mollo, Alessia Pellegrini, Alessandro Ricci, Gianluca Ricci, Alessandro Rossi, Simone Rosti, Flavia Tomaello, Marco Tonelli, Primo Vercilli. Fotografi: Nikoboi, Pasquale Spinelli, Andrea Amadori, Lido Vannucchi, Claudio Mollo, Riccardo Marcialis Illustratori: Patrizia Zavatti - Valentino Menghi

PUBBLICITÀ CONTATTI: Romano Lambri - Presidente Cell. 393.9815078 Mauro Marelli - Console della Stampa Cell. 392.3591439 www.cegourmet.eu - info@cegourmet.eu

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